È risaputo che i Greci scrivevano la consonante nasale velare [ŋ] ricorrente davanti a /k/, /g/, /kh/ usando il carattere γ. Così si hanno le sequenze γγ [ŋg], γκ [ŋk] e γχ [ŋkh]. Questa nasale era chiamata dai grammatici ἄγμα /'agma/.
Accio propose di seguire l'esempio dei Greci e di esprimere questo suono gutturale in latino usando la lettera g anziché n: aggulus per angulus; aggens per angens; iggerunt per ingerunt; agceps per anceps. Questa è la citazione tratta da Varrone:
Ut Ion scribit, quinta vicesima est litera, quam vocant agma, cuius forma nulla est, et vox communis est Graecis et Latinis, ut his verbis: 'aggulus', 'aggens', 'agguila', 'iggerunt.' in eiusmodi Graeci et Accius noster bina g scribunt, alii n et g, quod in hoc veritatem videre facile non est. Similiter 'agceps', 'agcora.'
(Varro ap. Prisc. i. p. 30 H.)
(Varro ap. Prisc. i. p. 30 H.)
È evidente che se fossero esistiti suoni palatali seguiti da vocale anteriore in parole come angens, ingerunt, anceps - come i nostri avversari sostengono - la proposta di scrivere la nasale come -g- non sarebbe mai potuta sussistere, perché la presenza di una nasale velare prima di suoni affricati sarebbe a dir poco assurda e senza fondamento.
Nessun commento:
Posta un commento