Il verbo coepi "io inizio" (tr.), "io ho origine" (intr.), è morfologicamente un perfetto (II pers. s. coepisti, etc.), ma ha il significato di un presente. È un verbo difettivo ed anomalo, anche se è chiara la sua derivazione da coepio, coepis, coepere, di identico significato. Dal sostantivo derivato coeptum "opera intrapresa" (anche coeptus, gen. coeptus, IV decl.), deriva il causativo coepto, coeptas, coeptavi, coeptatum, coeptare "iniziare, intraprendere" (tr.), "cominciare, avere inizio" (intr.). L'origine dei vocaboli in questione non è misteriosa:
coepi < *kom-apei
coepio < *kom-apio:
coeptum < *kom-aptom
coeptus < *kom-aptus
coepto < *kom-apto:
coepio < *kom-apio:
coeptum < *kom-aptom
coeptus < *kom-aptus
coepto < *kom-apto:
La base di queste forme è la stessa radice del verbo apio, apis, apere "allacciare, legare" con il derivato aptus "legato, connesso, associato, unito; pronto" (donde le parole italiane atto (agg.), adatto) e di apto, aptas, aptavi, aptatum, aptare "adattare, preparare" (donde l'italiano riattare). Cos'è successo nel corso dei secoli durante la fase che dal latino arcaico ha portato al latino classico? Semplice: la vocale -a- si è indebolita in -e-, poi si è formato un dittongo secondario. Nella pronuncia ecclesiastica queste forme hanno /če-/: /'čepjo/ e /'čepto/. È evidente che la pronuncia ecclesiastica si è generata senza tenere conto dell'origine delle parole e che non spiega in alcun modo la loro formazione.
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