sabato 8 agosto 2015

ALCUNE NOTE SULLA LINGUA NEOEBRAICA

Sempre in agguato è l'illusione della perfetta aderenza tra una lingua ricostruita e il modello a cui si ispira. Talvolta questa ingenuità porta ad esiti di un grottesco molto spinto. Un esempio valga per tutti: quello della lingua ufficiale dello Stato di Israele, comunemente chiamata lingua ebraica, ma che più correttamente dovrebbe essere nota come conlang neoebraica. Si tratta infatti di un prodotto artificiale, che si discosta in misura anche notevole dalla lingua delle Scritture. Tempo fa mi capitò di leggere su un quotidiano alcune considerazioni dello scrittore Amos Oz, il quale sosteneva che grazie alla lingua ebraica ricostruita, un israeliano di questi tempi sarebbe in grado di intendere il Re David e i Profeti. In un successivo articolo, forse resosi conto dell'assurdo, lo scrittore correggeva il tiro affermando che non valesse l'inverso, ossia che il Re David e il Profeti non capirebbero molto dei discorsi di un ebreo del giorno d'oggi, a causa dei molti nuovi vocaboli presi a prestito da varie fonti. Sono riuscito a trovare il secondo articolo, ma purtroppo non il primo. Si tratta dell'intervista di Biancamaria Bruno, disponibile in rete a questo indirizzo:


La lingua ebraica ufficiale di Israele non è l'ebraico del Re David, né a maggior ragione quello di Abramo - e tra i due vi erano differenze di pronuncia e di lessico notevoli, essendo intervenuta la rotazione vocalica cananea. 

Ebbene, il Re David non avrebbe capito le parole di Amos Oz, e gli articoli dello scrittore, pur formulati in ebraico, non gli sarebbero parsi diversi da un insieme di formule magiche dei Moabiti o degli Ammoniti. Forse avrebbe pensato che lo scrittore israeliano parlasse fenicio, data la sua difettosa pronuncia di diverse consonanti. Amoz Oz sarebbe riuscito a capire meglio il Re David, in virtù dei suoi studi, ma la pronuncia del sovrano gli sarebbe parsa ostica, innaturale e tesa. Siccome poi le Scritture non attestano l'intero vocabolario della lingua parlata ai tempi in cui i testi biblici furono messi per iscritto, non è improbabile che molti lemmi usati dal Re David non sarebbero conosciuti ai moderni.

Non sono molto fiducioso sulle dichiarazioni di Amos Oz nemmeno sul fatto che un bambino di Israele sia in grado di capire bene le Scritture senza studi specifici. L'ebraico biblico mostra una notevole complessità grammaticale, tipica delle lingue semitiche, che non è stata ripresa per questioni pratiche nell'attuale lingua di Israele. Ad esempio esistono i suffissi possessivi, che si aggiungono ai nomi secondo quella che i grammatici rabbinici chiamano declinazione. Ne fornisco alcuni esempi significativi, tanto per far capire il concetto, usando la traslitterazione per comodità:

sūs = cavallo
sūsī = mio cavallo
sūsekhā = tuo cavallo (m.)
sūsēkh = tuo cavallo (f.)
sūsō = suo cavallo (di lui)
sūsāh = suo cavallo (di lei)
sūsḗnū = nostro cavallo
sūsekhem = vostro cavallo (m.)
sūsekhen = vostro cavallo (f.)
sūsām = loro cavallo (m.)
sūsān = loro cavallo (f.)

sūsīm = cavalli
sūsái = miei cavalli
sūsékhā = tuoi cavalli (m.)
sūsaikh = tuoi cavalli (f.)
sūsāw = suoi cavalli (di lui)
sūséhā = suoi cavalli (di lei)
sūsḗnū = nostri cavalli
sūsēkhem = vostri cavalli (m.)
sūsēkhen = vostri cavalli (f.)
sūsēhem = loro cavalli (m.)
sūsēhen = loro cavalli (f.)

Nella lingua moderna, queste forme sono state sostituite da perifrasi, utilizzandosi la base shel:

sūs shellī = mio cavallo, etc. 
sūs shelkhā = tuo cavallo (m.)
sūs shellēkh = tuo cavallo (f.)
sūs shellō = suo cavallo (di lui)
sūs shellāh
= suo cavallo (di lei)
etc.

Forme simili di suffissi pronominali si aggiungevano poi ai verbi, già di per sé coniugati, dando origine a forme davvero molto complesse.

qeṭaltīkhā = io ti ho ucciso
qeṭaltīkh = io ti ho uccisa
qeṭaltīhū, qeṭaltīw = io lo ho ucciso
qeṭaltīhā = io l'ho uccisa
qeṭaltīkhem = io vi ho uccisi
qeṭaltīkhen = io vi ho uccise
qeṭaltīm = io li ho uccisi
qeṭaltīn = io le ho uccise
qeṭaltánī = tu (m.) mi hai ucciso
qeṭaltāhū, qeṭaltō = tu (m.) lo hai ucciso
qeṭaltāh = tu (m.) la hai uccisa
qeṭaltānū = tu (m.) ci hai ucciso
qeṭaltām = tu (m.) li hai uccisi
qeṭaltān = tu (m.) le hai uccise
 
qeṭaltīnī = tu (f.) mi hai ucciso
qeṭaltīhū = tu (f.) lo hai ucciso
qeṭaltīhā = tu (f.) la hai uccisa
qeṭaltīnū = tu (f.) ci hai ucciso
qeṭaltīm = tu (f.) li hai uccisi
qeṭaltīn = tu (f.) le hai uccise
qeṭālánī = egli mi ha ucciso
qeṭolkhā = egli ti ha ucciso
qeṭālēkh = egli ti ha uccisa
qeṭālāhū, qeṭālō = egli lo ha ucciso
qeṭālāh = egli la ha uccisa

qeṭālānū = egli ci ha uccisi
qeṭalkhem = egli vi ha uccisi
qeṭalkhen = egli vi ha uccise
qeṭālām = egli li ha uccisi
qeṭālān = egli le ha uccise
qeṭāláthnī = essa mi ha ucciso
qeṭālathkhā = essa ti ha ucciso
qeṭālāthekh = essa ti ha ucciso
qeṭālath'hū, qeṭālatō = essa lo ha ucciso
qeṭālathāh = essa l'ha uccisa
qeṭāláthnū = essa ci ha uccisi
qeṭālathkhem = essa vi ha uccisi
qeṭālathkhen = essa vi ha uccise
qeṭālathām = essa li ha uccisi
qeṭālathān = essa le ha uccise
qeṭalnūkhā = noi ti abbiamo ucciso
qeṭalnūkh = noi ti abbiamo uccisa
qeṭalnūkhem = noi vi abbiamo uccisi
qeṭalnūkhen = noi vi abbiamo uccise
qeṭalnūm = noi li abbiamo uccisi
qeṭalnūn = noi le abbiamo uccise
qeṭaltūnī = voi (m., f.) mi avete ucciso
qeṭaltūhū = voi (m., f.) lo avete uccisi
qeṭaltūhā = voi (m., f.) l'avete uccisa
qeṭaltūnū = voi (m., f.) ci avete uccisi
qeṭaltūm= voi (m.,f.) li avete uccisi
qeṭaltūn = voi (m.,f.) le avete uccise
qeṭālūnī = essi/esse mi hanno ucciso
qeṭālūkhā = essi/esse ti hanno ucciso
qeṭālūkh = essi/esse ti hanno uccisa
qeṭālūhū = essi/esse lo hanno ucciso
qeṭālūhā = essi/esse l'hanno uccisa
qeṭālūnū = essi/esse ci hanno uccisi
qeṭālūkhem = essi/esse vi hanno uccisi
qeṭālūkhen = essi/esse vi hanno uccise
qeṭālūm = essi/esse li hanno uccisi
qeṭālūn = essi/esse le hanno uccise

Pur con tutto il rispetto per lo studioso Amos Oz, non si vede come sia possibile che un alunno non opportunamente istruito possa per scienza infusa comprendere le forme sintetiche che si trovano nei testi originali, quando già un bambino italiano fatica non poco a comprendere le forme verbali usate da Dante.

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