lunedì 12 settembre 2016

I LIMITI INTRINSECI DEL PALLOTTINISMO

Una caratteristica comune tra gli archeologi è il pretendere di pronunciarsi su questioni linguistiche e rifiutare ogni confronto con gli interlocutori che hanno competenze diverse: l'archeologia appare fin troppo spesso come setta dogmatica che di fronte ad avverse argomentazioni ne nega l'esistenza e si chiude nell'autismo. A quanto pare manca alla maggior parte degli archeologi il metodo scientifico e tale carenza risulta ben evidente ogni volta che essi cercano di dedicarsi all'indagine linguistica.

Massimo Pallottino giustamente ha cercato l'etimologia etrusca di lemmi latini problematici: in un lampo di felice intuizione è riuscito a trovare nell'etrusco tus "letto" il corrispondente e l'antenato del latino torus "letto". Poi non è stato in grado di proseguire. Non ha infatti potuto comprendere che tus - torus dimostra la presenza del rotacismo in proto-latino: *tozos > torus - o meglio, non ha potuto capire le conseguenze cruciali e altamente produttive di questa assunzione, che non si limitano certo a una sola parola. Non ha capito che è possibile che anche altri vocaboli latini con -r- intervocalica risalgano a parole etrusche con -s-, e ha cercato in modo sistematico corrispondenti etruschi con -r-. Per contro Pallottino ha suggerito forme etrusche con -r- anche quando la corrispondente voce è attestata in latino arcaico e mostra invece -s-, fallendo in modo grossolano. Ad esempio ha cercato erroneamente nella base etrusca lar- il prototipo del latino Lares, nonostante il Carmen Arvale dimostri che anticamente si diceva Lases - il che prova che l'antenato etrusco di Lares era il teonimo Lasa e non la radice lar-.

La metodologia da applicare è la seguente:
1) individuare un lemma latino problematico, sospettato di essere di origine etrusca;
2) cercare la forma latina arcaica attestata (anche nell'antroponimia);  
3) cercare un termine etrusco (anche nell'antroponimia) che sia adatto a spiegare il lemma latino in questione.

Un'incompleta applicazione del metodo scientifico può portare a risultati simili a quelli prodotti dal Pallottino per il caso Lares. Così vediamo etimologie difettose proposte da Massimo Pittau, che pure è un linguista e che ha vigorosamente attaccato l'approccio degli archeologi agli studi etruschi. Prendiamo ad esempio il lemma etrusco fanu (con i suoi derivati). Come già Pallottino, anche Pittau è incline a vedere in esso l'antenato del latino fanum /'fa:num/ "tempio, luogo santo". Eppure sappiamo che il latino arcaico aveva fasnom. La forma etrusca corrispondente al vocabolo latino in questione non potrebbe mai essere fanu, in quanto in etrusco l'antico nesso -sn- non diventa -n- come in latino. Dovremmo avere semmai *fasnu o *faśnu, posto che f- sia un corrispondente corretto - il che non è detto. Infatti considerazioni etimologiche ci permettono di far risalire il latino antico fasnom a una forma con *dh-, da paragonare a greco θεός (thes) < *thesos, e all'armeno dik' "divinità pagane". L'origine ultima di questa radice è sconosciuta: è tradizionalmente considerata indoeuropea perché presente in alcune lingue di ottima tradizione indoeuropea: greco, armeno, latino e osco. Anche i dettagli dei singoli esiti di questa radice non sono esenti da problemi: ad esempio la vocale -a- del latino fanum rispetto alla vocale breve -e- del greco θεός, alla vocale lunga del latino fe:stus, fe:ria, e alla vocale lunga -ii- dell'osco fiisnam (acc.). La parola latina ha un vocalismo che è come un pugno in un occhio e che ha portato alcuni a postulare una variante della protoforma con una vocale indistinta (schwa) -ə-.

Siccome in caso di isoglosse tra etrusco e indoeuropeo, a forme IE con *dh- corrispondono forme etrusche in θ-, dovremmo aspettarci di trovare come parallelo una parola etrusca *θasnV o *θaśnV (V indica una vocale non determinabile), al momento non attestata. Sarà esistita? Non sarà esistita? Per ora nessuno lo sa, ma se il latino fanum ha avuto un corrispondente etrusco genuino (non dovuto a prestito), dovrebbe essere quello da me ricostruito.

In sintesi ci sono queste possibilità:

1) *fasnV o *faśnV - se è stato l'etrusco a prendere il lemma dall'italico (latino arcaico, etc.); 
2) *θasnV o *θaśnV - se è stato l'italico a prendere il lemma dall'etrusco (che a sua volta potrebbe aver preso a prestito il lemma da una lingua IE in una fase più antica); 
3) le forme in questione non esistono, la radice non ha avuto origine dalla lingua etrusca e non vi è mai giunta come prestito.

La questione non può ancora essere decisa con gli scarsi dati a nostra disposizione. Occorre attendere tempi migliori.

L'etrusco fanu invece è un participio passato passivo formato con il classico suffisso -u che si trova in moltissimi altri casi. Il significato deducibile dal contesto delle iscrizioni è "dichiarato". Giulio Facchetti sostiene questa interpretazione esplicitamente. Per quanto mi riguarda, concordo appieno con le sue conclusioni, anche se non ho una chiara idea sull'origine ultima della radice. Oltre a questo, egli ha identificato nella forma finora enigmatica zarfneθ che ricorre nel Liber Linteus un composto che contiene questo fan- in forma foneticamente ridotta. Il primo membro del composto è corradicale di zeri "rito", così zar-fn-eθ "che dichiara rituale". Forse la radice etrusca fan- corrisponde in qualche modo alla forma IE *bha:- che si trova nel latino for, fa:ris, fa:tus sum, fa:ri: "dire", con l'aggiunta di un'estensione in consonante nasale. Sergei Starostin nel suo database The Tower of Babel riporta i discendenti di questa radice nelle seguenti lingue: sanscrito, armeno, greco antico, slavo, proto-germanico, latino, osco. Rimando al sito per una trattazione più approfondita.  

Proto-IE: *bhā-
Meaning: to say

   Old Indian: sa-bhā́ f. `assembly, congregation'
   Armenian: ban, gen. -i `Wort, Rede, Vernunft, Urteil, Sache'; bay, gen. bayi `Wort, Ausdruck' (*bhǝti-s)
   Old Greek: phǟmí `sage', pháskō, inf. att. phánai̯, hom. phámen, ipf. éphǟn, inf. phásthai̯, aor. phǟ̂sai̯, pf. m. péphatai̯, ipv. pephásthō, va. pható- `sagen, erklären, behaupten'; phǟ́mǟ f. `Ausspruch, Kundgebung, Gerücht, Ruf, Rede'; phǟ̂mi-s, -ios f. `Rede, Gerede', pl. phḗmata = rhḗmata, phásmata Hsch., hüpo-phǟ́tǟ-s m. `Deuter, Ausleger', hüpo-, pro-phǟ́tōr m. `id.', pháti-s f. `Ausspruch, Gerücht, Kunde', phási-s `id.', phátǟ-s `pseústēs' Hsch., phōnǟ́ f. `Laut von Menschen und Tieren, Ton, Stimme, Aussprache, Rede, Sprache, Äusserung'
    Slavic: *bā́jātī, *bā́jǭ; *bāsnь; *bālьjь
    Germanic: *bō-n-ī(n-) f., *ba-nn-a- vb., *ba-nn-a- m., etc.
    Latin: for (Gramm.), fārī, fātus sum `sprechen', fācundus, -a `redegewandt', fātum, -ī n. `Schicksalsspruch, Orakel, Weissagung; Schicksal, Geschick', fāma f. `Sage, Gericht, Kunde; öffentliche Meinung (Gerede der Leute); Ruf, Leumund; guter und schlechter Ruf', fābula f. `Rede, Gerücht; (erdichtete) Erzählung, Sage, Fabel; Theaterstück'; fateor, fatērī, fassus sum `zugestehen, einraumen; bekennen, kundtun'; fās n. (indecl.) `das göttliche Recht'; nefās `Unrecht, Sünde'; fascinum n., fascinus, -ī m. `Behexung'; īnfāns, -antis `wer noch nicht sprechen kann'
    Other Italic: Osk faamat `ēdīcit', faammant `ēdīcunt', famatted `ēdīxīt, iussit'; fatíum `fārī'

L'origine ultima della radice è oscura. Il fatto stesso che la forma proto-indoeuropea sia ricostruibile con una vocale -a:- depone a favore di un antichissimo prestito. Come si vede le cose non sono tanto semplici: è un ginepraio che non può essere facilmente districato. Per giungere a conclusioni sicure sono necesari studi molto lunghi e complessi che difficilmente potrebbero essere portati a compimento da una sola persona. Le competenze di Pallottino in materia di lingue indoeuropee diverse dal latino erano abbastanza labili e ben lontane da quanto richiesto per esplorare un vasto paesaggio di rovine sprofondate nell'Oblio. Tale esplorazione tra l'altro all'archeologo romano non interessava minimamente, dato che era uno studioso politicizzato, cosa che lo portà a decretare la sostanziale illiceità di ogni seria ricerva volta a determinare l'origine degli Etruschi e la natura della loro lingua.

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