lunedì 18 settembre 2017

NOTE SUL LAVORO DI BARTOLUCCI

Chiara Bartolucci (Soprintendenza Archeologia della Toscana) è l'autrice del lavoro De lingua origineque Etruscorum, in cui cerca di far luce sulla provenienza dell'inclito popolo tirrenico. Il testo è liberamente consultabile e scaricabile al seguente url:


L'autrice riassume le opinioni sull'origine allogena degli Etruschi già enunciate dagli autori dell'Antichità:

   - Erodoto (Storie, I, 94) riporta una teoria secondo la quale gli Etruschi provenivano dalla Lidia. Essi giunsero in Italia sotto la guida del re eponimo Tirreno a causa di una carestia poco prima della guerra di Troia (XII sec. a.C.),
   - Ellanico di Mitilene (in Dion. Hel., I, 28) teorizza che gli Etruschi giunsero in Italia a seguito della migrazione dei Pelasgi (misterioso popolo migratore del Mediterraneo orientale). Tale tesi è stata avvalorata, secondo la ricerca moderna, da alcune fonti egizie ovvero i resoconti da Amenophis III a Merneptah (1413-1220 a.C.). All'interno di tali documenti vengono trattate le scorrerie di diversi popoli, alcuni di essi di facile identificazione mentre altri di dubbio, se non impossibile riconoscimento. Tra i tanti nomi spicca /Trš.w/ che alcuni identificano con il termine greco Tyrsenoi/Tyrrenoi (Tirreni/Tusci), quindi gli Etruschi.

    - Anticlide (in Strab., V, 2-4): secondo lui Tirreno colonizzò prima le isole dell'Egeo (Lemno e Imbro) e poi l'Italia.
(cit.)

Lampante è la natura politica e ideologica delle opinioni di Dionigi di Alicarnasso sugli Etruschi come popolo autoctono. L'autrice fa notare che la testimonianza di Dionigi di Alicarnasso non è propriamente attendibile, in quanto viziata da argomenti politici tipici del Principato di Augusto. Difendendo l'origine greca di Roma e covando stizzosi sentimenti antietruschi, l'autore non poteva che ritenere i Rasenna indigeni, al preciso scopo di sminuirli, di rubare loro la gloria. Questa confutazione è di somma importanza, perché indebolisce la posizione dogmatica della Setta degli Archeologi, che di tutte le testimonianze degli autori antichi ne fanno prevalere una assolutamente minoritaria per sostenere il pilastro portante del Pallottinismo: l'idea del "farsi" degli Etruschi sul suolo italico, con totale inconoscibilità delle componenti d'origine, considerata una prosecuzione diretta dei Villanoviani.

Etruschi e genetica

Il complesso problema del DNA degli Etruschi porta a considerazioni che possono lasciare sgomenti. Com'è noto, le analisi genetiche sui resti di Etruschi e su moderni abitanti della Toscana non hanno dato esiti conclusivi. Si rimarca la fallacia e la fragilità logica dei tentativi di dimostrare la continuità genetica tra gli Etruschi e gli attuali toscani. La Bartolucci descrive lo scibile sull'argomento, anche se non mi pare che giunga a enunciare una teoria capace di fare chiarezza. A mio avviso è ben possibile che siano state le linee nobiliari dell'antico popolo a estinguersi e che siano sopravvissute numerose linee plebee o servili - il che renderebbe conto dei risultati marasmici delle indagini. Questa confusione potrebbe avere molteplici cause. La lingua etrusca avrà finito con l'accomunare un certo numero di genti di diversa origine, sebbene in origine sarà stata parlata soltanto da una minoranza giunta dal mare. Se le cose stanno così, smantellare il nocivo tabù pallottiniano che vieta l'indagine sul "farsi" degli Etruschi diventa una necessità prioritaria. 

La fallace testimonianza di Xanto 

Dionigi di Alicarnasso riporta quanto segue a sostegno delle sue tesi: "Xanto di Lidia, uno degli storici più autorevoli per quanto attiene alle antichità della sua patria, che non fa allusione in nessun passo dei suoi scritti a un capo lidio a nome Tirreno, o alla migrazione dei Tirreni in Italia, sottolineando come i due popoli presentino usanze e lingue diverse. Di conseguenza “l’opinione secondo me più verosimile è quella secondo la quale i Tirreni sono una nazione autoctona, vista l’originalità dei loro costumi e della loro lingua. Non c’è alcuna ragione per cui i Greci non avrebbero dovuto chiamarli Tirreni, dalle torri in cui vivono e dal nome di uno dei loro governanti." Il fatto che la anatolica lingua dei Lidi non somigli affatto a quella degli Etruschi non deve stupire: i Lidi sono sopraggiunti nella terra che da loro ha poi preso il nome soltanto quando i Tirreni erano già migrati. Una realtà lapalissiana, a cui tuttavia sembrerebbe che nessuno abbia seriamente pensato.

La lingua di Lemno

La Bartolucci cita un argomento che Pallottino ha cercato con ogni mezzo di tenere nascosto, ma che ha un potere devastante, in grado di far implodere la teoria autoctonista. Si tratta dell'attestazione di una lingua simile all'etrusco in un'iscrizione trovata nell'isola egea di Lemno, in un luogo lontanissimo dall'Etruria. Alcuni autori hanno tentato di far passare la lingua lemnia per un "rigurgito" provenuto dall'Italia, senza portare evidenze plausibili e fondandosi su ragionamenti di una fragilità logica molto spinta, forgiate cum dolo allo scopo di salvare il Pallottinismo. Riporto un passaggio del De lingua origineque Etruscorum"Come ogni testimonianza autoctonista, anche quella di Pallottino è incapace di spiegare in maniera convincente la testimonianza lemnia. Per Pallottino il contributo egeo alla lingua degli Etruschi storici va spostato al passato più remoto che si possa immaginare, e cioè verso l’inizio del II millennio a.C., il che rende la somiglianza tra lemnio ed etrusco inspiegabile." Aggiungerò che esistono alcune innegabili consonanze tra il lessico di base dell'etrusco e quello del sostrato preindoeuropeo della lingua greca. L'esempio dato dall'etrusco puia "moglie" e dal greco ὀπυίω "prendo in moglie" non può essere attribuito al caso. Tutto ciò dovrebbe porre fine una volta per tutte alle inveterate pastoie dogmatiche, lasciando libero il campo alla Scienza.

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