giovedì 15 febbraio 2018

CONTRO IL SEMERANISMO

Nel panorama della pseudoscienza linguistica italiana portata avanti da rappresentanti del mondo accademico, un posto di rilievo spetta senza dubbio alle teorie di Giovanni Maria Semerano, nato a Ostuni nel 1911 e deceduto a Firenze nel 2005. Se l'idée fixe di Mario Alinei è l'origine paleolitica dei dialetti europei, il nucleo dell'edificio teorico di Semerano consiste invece nella negazione stessa dell'esistenza di una protolingua indoeuropea e in una sorta di fumoso paleocomparativismo accadico-sumerico. Il suo metodo è tutto incentrato sull'affermazione della paretimologia basata unicamente sull'assonanza. Una volta presa come metro e misura del linguaggio umano la lingua accadica - spesso e volentieri confusa con la lingua sumerica - ogni parola di una qualsiasi altra lingua viene manipolata con arti da prestidigitatore per giungere alla sua fantomatica radice mesopotamica. 

La metodologia semeraniana è particolarmente grossolana, dilettantesca, oserei dire quasi brutale. Solo per fare un esempio, prende il prenome latino Marcus e lo paragona all'accadico māru "figlio", senza nemmeno accertare il suo significato d'origine. Viene ignorato il fatto che Marcus deriva dal nome di Marte (Mars, gen. Martis), e che ha parallelismi ben chiari in osco. Sappiamo, poiché ce lo dicono gli Antichi, che il nome osco di Marte era Mamers, e si capisce subito che da questo è derivato l'antroponimo Mamercus. Quindi Marcus sta a Mars come Mamercus a Mamers. Sappiamo anche che la forma arcaica di Mars era Mauors /'ma:wors/. Così Marcus viene da un precendente *Mauortikos /'ma:wortikos/. Tutto questo è rimosso a priori da Semerano, che non esita a separare una parola da tutti i suoi parenti e a isolarla dalle dinamiche della lingua a cui appartiene per proiettarla in un mondo molto distante nello spazio e nel tempo. 

Un'altra "perla" semeraniana riguarda la parola greca ápeiron "infinito". Per il filologo di Ostuni, ápeiron non avrebbe nulla a che vedere con péras "confine" e non significherebbe "senza confini". La prova sarebbe a parer suo, l'inesplicabile alternanza tra -e- e il dittongo -ei- > /-e:-/. Ora, basta leggersi la grammatica greca di Marucco e Ricci per comprendere che ápeiron "infinito" viene da una precedente forma *ṇ-per-jom, essendo a- < *ṇ- il normalissimo prefisso negativo, ed essendo il dittongo derivato da metatesi dell'originale -j-: il mutamento è -*erj- >-eir- > /-e:r-/. Allo stesso modo mélanja "nera" è diventato mélaina. Queste cose per Semerano non rilevano, dato che la sua conoscenza proveniva essenzialmente dallo spulciare i dizionari raffazzonando assonanze. Ecco che ha inventato una fanfaluca colossale: ápeiron non significherebbe a sentir lui "infinito", bensì "polvere". La parola sarebbe venuta dal babilonese eperu "polvere, terra" e avrebbe acquistato il significato riportato sui dizionari a causa del detto biblico "polvere eri e polvere ritornerai". Tutto questo nonostante non esista un solo barlume di collegamento di ápeiron con significati come "polvere" o "terra" in tutta la letteratura greca. 

Sarebbe troppo lungo esporre in dettaglio le assurdità spacciate per etimologie in totale disprezzo del metodo scientifico. Le parole delle più svariate lingue sono trattate nelle opere di Semerano senza alcun rispetto per la loro struttura, analizzate male e fatte cozzare a dispetto di gravissimi problemi semantici. Accade così che il latino res /re:s/ "cosa" viene "spiegato" con il babilonese rēšu "testa", "capo", ma anche "unità da computare", "beni", passando sopra al fatto che in latino la -s di res è un suffisso del nominativo. Non si vede perché ricorrere ad acrobazie quando il sanscrito rāḥ "ricchezza, proprietà" (acc. sing. rāṃ, rāyaṃ) spiega tutto alla perfezione. Passando in rassegna i vari significati che res assume in latino, vediamo che il suo significato originaro non può avere a che fare col concetto di "testa". Che la parola accadica abbia proprio il significato originario di "testa" lo prova tra l'altro il suo corrispondente ebraico rōš.

Ho letto che Spadolini era preso da una profonda angoscia perché ignorava la vera etimologia di Italia. Così ha chiesto lumi a Semerano, che era per lui una specie di guru. Il filologo ha spiegato al massiccio politico che è da ritenersi errata la tradizionale etimologia che deriva Italia da vitulus "vitello" e traduce il toponimo come "Terra dei Vitelli". Questo perché vitulus ha una -i- breve, mentre la prima i- di Italia è lunga. Così ecco che per magia tira fuori dal cilindro magico un babilonese Atalu "Terra del Tramonto". Certo, non ha senso confrontare una /i/ breve con una /i:/ lunga, ma possiamo immaginarci come migliorino le cose confrontandola con una /a/! Il bello è che Spadolini se l'è bevuta. Il fatto che Esichio riporti una glossa italós "toro" è stato ritenuto irrilevante. Evidentemente è una parola tirrenica priva di relazione con vitulus < IE *wet-. Può essere utile far notare che in osco si ha la forma Víteliú /wi'telljo/ "Italia", chiaramente rimodellata sull'associazione a una parola simile al lat. vitulus. In umbro troviamo vitluf, vitlu "vitelli" (acc. pl.).

La teoria di Alinei è certo molto utile ai movimenti identitari, ai nazionalisti come ai separatisti di vario genere, perché proietta il presente nel passato più lontano postulando una continuità, accentuando così il legame col territorio. Cancella l'Ignoto, pur sostituendolo con qualcosa di falso. Per contro, la teoria di Semerano svolge un compito politico del tutto diverso. Lo stesso autore scrisse: "Le nostre pagine mirano a colpire ideologie deleterie, che sfociano nel razzismo, le stesse che nell'antichità divisero Indoeuropei e popoli antichissimi non-Indoeuropei, tra noi Arii, dominatori, e Semiti “complesso etnico inferiore”." Addirittura arrivò a dire: "Le perfidie etimologiche ebbero l'ardire di appollaiarsi al posto della Storia". In realtà è stato proprio lui a fare propaganda conducendola senza scrupoli, falsificando in modo sistematico la linguistica, la Storia e la stessa logica. Il fine ultimo del becero paleocomparativismo semeraniano è la distruzione della linguistica indoeuropea perché creduta l'origine delle dottrine naziste. Il ragionamento - assolutamente fallace - è molto semplice ed enunciabile in questi termini: "Adolf Hitler ha fondato il mito della razza Ariana e della sua superiorità su ragioni linguistiche, ossia sul concetto di protolingua indoeuropea, quindi cancellando tale concetto ecco che si sconfigge anche l'hitlerismo e ritornano i Puffi". Secondo questi deliri, una protolingua comune ricostruita a livello teorico a partire da lingue attestate implicherebbe per necessità un popolo unitario, compatto e dotato di caratteristiche semidivine. Basta qualche ragionamento sul Nazionalsocialismo e sul contesto in cui nacque per comprendere l'assurdità di queste tesi. Il razzismo scientifico ottocentesco e novecentesco ha la sua chiara origine nelle dottrine evoluzionistiche di Darwin. Hitler non è certo diventato un darwinista sociale e un antisemita radicale studiando grammatiche di sanscrito! In questa Italietta si fa di tutto per banalizzare ciò che si teme e che non si capisce (ecco che i nazisti diventano "quei brutti-cattivi che hanno paura del diverso e non vogliono l'amico negretto a scuola"), così non deve stupire se le mostruose baggianate dell'indoeuropeo come "razzismo linguistico" hanno trovato fertile terreno. Per quanto riguarda il razzismo di origine darwinista, giova notare che quando nacque e crebbe non si conosceva nemmeno l'esistenza del DNA. Nessuno sembra considerare che è cosa a dir poco stolta pensare di combattere un'ideologia servendosi di palesi fabbricazioni.

Non appartengo certo al novero dei neogrammatici e sono il primo a riconoscere l'importanza dei sostrati preindoeuropei. Profondo molte energie nella loro ricostruzione e nel tentativo di comprenderne l'origine ultima. Non condivido coloro che tentano di negare l'esistenza dei sostrati ricostruendo protoforme indoeuropee improbabili per ogni singola oscura parola. I rapporti tra lingue semitiche, protolingua indoeuropea e lingua sumerica devono essere studiati seguendo il metodo scientifico. Lungi da me ogni forma di razzismo linguistico! Proprio per questo riconosco nel semeranismo un grave pericolo. Il Semeranismo, come l'Alineismo, persegue finalità politiche stravolgendo i dati di fatto accertabili e conoscibili, quindi si serve della menzogna e al contempo la serve.

L'accoglienza dell'opera di Semerano in svariati ambienti politici della sinistra italiana è stata putacaso a dir poco entusiastica. Si riporta ad esempio l'opinione di Massimo Cacciari, che esaltò i ponderosi tomi dello studioso di Ostuni come "una festa per l'intelligenza". Altri semeranisti sfegatati sono il filosofo Emanuele Severino, il filosofo Umberto Galimberti, il filologo Luciano Canfora e lo storico Franco Cardini. Anche il defunto esoterista Elémire Zola è ascrivibile a questo novero. Il sostegno alle dannose favole semeraniane è trasversale e più diffuso di quanto non si possa credere. Si segnala la piaggeria stomachevole dei quotidiani, in particolare Repubblica, che ha addirittura avuto l'ardire intitolare un articolo "Il linguista che fa tremare l'accademia". Anche se non sono comuni come i troll alineisti, i troll semeranisti esistono nel Web. Basti guardare la sezione "Discussione" nella pagina della Wikipedia in italiano dedicata a Semerano, in cui un linguista ha subìto aggressioni verbali. In Sardegna, dove il paleocomparativismo regna sovrano, imperversano due fazioni opposte: i feniciomani, che attribuiscono l'origine della lingua sarda ai Fenici, e i sumeromani, che l'attribuiscono invece ai Sumeri. I sumeromani si sono parzialmente sovrapposti ai semeranisti, dando origine a episodi anche poco piacevoli, come i violenti attacchi al linguista Eduardo Blasco Ferrer (R.I.P.), che è stato perseguitato come un martire cristiano sotto Diocleziano.

Ho visto cose che voi umani... Ho visto semeranisti strepitare e tirare in ballo Giordano Bruno, paragonando gli indoeuropeisti all'Inquisizione, il tutto dopo aver coperto di contumelie i loro interlocutori. A questo punto possiamo farci una domanda. Chi ha interesse a fomentare tutta questa pseudoscienza, tutta questa disinformazione linguistica? Eh, penso che sia possibile fare qualche ipotesi. Le radici degli studi di Semerano sono esoteriche. Ricordo che anni fa, un affiliato a una loggia massonica se ne uscì con un'etimologia ridicola: egli separava "dannato" da "dannazione" e da "danno" (latino damnatus, damnatio e damnum rispettivamente), per sostenere a spada tratta che la sua origine sta nel greco thánatos "morte". Per lui l'identità dannato - thánatos era un dato di fatto, a cui aggiungere qualche fumisteria esoterica. Come criticai la sua falsa etimologia, andò su tutte le furie. Era forse un semeranista? No, a quanto pare non aveva mai sentito parlare di Giovanni Semerano. Tuttavia la metodologia di cui faceva sfoggio era identica. C'è da riflettere.

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