giovedì 16 agosto 2018


PI GRECO - IL TEOREMA DEL DELIRIO

Titolo originale: Π
Lingua originale: Inglese
Paese di produzione: USA
Anno: 1998
Durata: 84 min
Dati tecnici: B/N
Genere: Thriller
Regia: Darren Aronofsky
Soggetto: Darren Aronofsky, Sean Gullette, Eric
     Watson
Sceneggiatura: Darren Aronofsky
Produttore: Darren Aronofsky, Eric Watson, Scott
     Vogel
Fotografia: Matthew Libatique
Montaggio: Oren Sarch
Musiche: Clint Mansell
Animazione: Dan Moss
Costumi e guardaroba: Eric "Shorty" Meyerson
Interpreti e personaggi:
    Sean Gullette: Maximillian Cohen
    Mark Margolis: Sol Robeson
    Ben Shenkman: Lenny Meyer
    Pamela Hart: Marcy Dawson
    Stephen Pearlman: Rabbino Cohen
    Samia Shoaid: Devi
    Ajay Naidu: Farrouhk
    Kristyn Mae-Anne Lao: Jenna (la bambina)
    Espher Lao Nieves: La madre di Jenna
    Joanne Gordon: La Signora Ovadia
    Lauren Fox: Jenny Robeson
    Stanley B. Herman: L'uomo senza baffi
    Clint Mansell: Fotografo
    Tom Tumminello: Ephraim
    Henri Falconi: Studente della Kabbalah
    Iisaac Fried: Studente della Kabbalah
    Ari Handel: Studente della Kabbalah
    Oren Sarch: Studente della Kabbalah
    Lloyd J. Schwartz: Studente della Kabbalah
    Richard Lifschutz: Studente della Kabalah
    David Strahlberg: Studente della Kabbalah
    Peter Cheyenne: Brad
    David Tawil: Jake
    J.C. Islander: Uomo che presenta la valigia
    Abraham Aronofsky: Uomo che consegna la
         valigia
    Ray Seiden: Vigile
    Scott Franklin: Voce del Vigile
    Chris Johnson: Guidatore di Limousine
    Sal Monte: Re Nettuno
Doppiatori italiani:   
    Massimo Rossi: Maximillian Cohen
    Enrico Di Troia: Lenny Meyer
    Anna Cesareni: Marcy Dawson
Colonna sonora:    
    Clint Mansell - πr2
    Orbital - P.E.T.R.O.L.
    Autechre - Kalpol Introl
    Aphex Twin - Bucephalus Bouncing Ball
    Roni Size - Watching Windows
    Massive Attack - Angel
    Clint Mansell - We Got The Gun
    David Holmes - No Man's Land
    Gus Gus - Anthem
    Banco de Gaia - Drippy
    Psilonaut - Third from the Sun
    Spacetime Continuum - A Low Frequency
          Inversion Field
    Clint Mansell - 2πr
Premi:
1) Thessaloniki Film Festival - premio FIPRESCI con menzione speciale (1998)
2) Sundance Film Festival - Premio alla regia (1998)
3) Málaga International Week of Fantastic Cinema - Premio come menzione speciale (1999)
4) Independent Spirit Awards 1999: miglior sceneggiatura d'esordio
5) Independent Spirit Awards - Miglior film di debutto
6) Gotham Awards - Premio Open Palm al regista (1999)
7) Gijón International Film Festival - Grand Prix Asturia al regista (1999)
8) Florida Film Critics Circle Awards - premio FFCC rivelazione dell'anno al regista (1999) 

9) Fant-Asia Film Festival - terzo posto come miglior film internazionale (1999)
10) Deauville Film Festival - Candidato come Grand Special Prize (1999)
11) Chlotrudis Awards - candidato al premio Chlotrudis Award come miglior film

Budget: 68.000 dollari USA
Incassi al botteghino: 3.221.152 dollari USA

Trama:
Quando era bambino, Maximilian Cohen fu sempre avvertito dalla madre, che gli diceva in continuazione di non fissare mai il sole. A sei anni disobbedì, fissò a lungo l'astro diurno e ne ebbe un grave trauma. Fu invaso dalla luce solare diretta e sperimentò una cecità temporanea. Riacquistò la vista, ma fu cambiato per sempre: da allora i suoi pensieri ebbero un corso diverso, che lo separava dal resto del genere umano. Si ritrovò capace di compiere calcoli complicatissimi col solo aiuto della sua mente. Cominciò a soffrire di emicranie atroci. Per mitigare l'insopportabile dolore, acquisì l'abitudine di assumere dosi massicce di antidolorifici di ogni tipo. Crescendo divenne un genio della matematica, ma a causa delle allucinazioni e dei lampi di dolore che gli laceravano il cranio, ebbe la vita di un sociopatico paranoico, ai confini con la pazzia furiosa. In queste condizioni lo vediamo già nelle scene iniziali della pellicola, immerso in una tenebra densa e assoluta. La vita di Max Cohen è dominata da un'ossessione che non gli concede un solo attimo di respiro, privandolo anche del sonno. Egli è convinto che ogni singolo evento, ogni singolo ente nel vasto Universo sia codificato tramite il linguaggio della matematica: a questo punto basterebbe comprendere gli schemi numerici che emergono dall'analisi di qualsiasi situazione per avere la Conoscenza suprema. Non essendo religioso, il protagonista si dedica a qualcosa di molto concreto e materiale: la predizione delle quotazioni di Wall Street. Frustrato dal suo insuccesso, il matematico si reca in un bar, dove si imbatte in un ebreo ortodosso della setta dei Chassidim, che lo intrattiene con alcuni semplici giochetti numerici volti a dimostrare che la Torah è un codice che contiene tutti i segreti della Creazione. Prima di collassare, il suo computer vomita una sequenza di 216 cifre, senza alcun significato discernibile. Molti si interessano a questa scoperta. L'unica persona che possa aiutare Max è l'attempato amico Sol Robeson, anch'egli un matematico. Preoccupato per la salute mentale del giovane, Sol cerca di convincerlo ad abbandonare ogni tentativo di trovare schemi nell'Universo; eppure gli confida di essersi imbattuto nello stesso numero di 216 cifre da giovane, nel corso delle sue ricerche. A questo punto i Chassidim rapiscono Max, conducendolo al cospetto del loro capo, un rabbino che di cognome fa Cohen proprio come il nostro matematico. A questo punto viene svelato l'arcano: il numero di 216 cifre rappresenta il Vero Nome di Dio, la cui conoscenza permetterebbe alla setta di studiosi della Kabbalah di ricostruire il Tempio di Gerusalemme e di ripristinare l'Ebraismo sacerdotale, arrivando quindi a dominare il mondo. Disgustato da questi deliri, Max Cohen riesce a fuggire. Ritiratosi nel suo bagno si perfora il cranio con un trapano.     

Recensione:  
Nonostante questo film sia stato prodotto con grande scarsità di mezzi, lo trovo senz'alcun dubbio eccellente. La scelta del bianco e nero proietta in un universo di disperazione, in cui nemmeno una singola particella di luce può trovare la sua via senza perdersi negli Inferi. Come rivelazioni agghiaccianti, compaiono immagini di un cervello nudo e zeppo di coaguli, finito in mezzo all'immondizia, poi nel lavandino, le sinapsi e i neuroni agonizzanti eppure incapaci di morire! La materia grigia viene dilaniata, quasi una premonizione del trapano che penetrerà in una tempia del protagonista. La matematica, con gli inquietanti misteri delle infinite cifre del Pi greco e della sequenza di Fibonacci, è la vera protagonista di questo thriller scientifico che a quanto ne so non ha precedenti nella storia del cinema. Proprio la matematica si dimostra capace di squarciare il tessuto stesso della realtà, aprendo una fessura da cui fa la sua irruzione il Mostro della Follia. Non per niente Sean Gullette, l'attore che ha interpretato Max Cohen, è stato segnato dalle riprese e ha dichiarato che il film è "una storia di Faust digitale".       

Il Nome di Dio

Se la sequenza di cifre mostrata nel film fosse davvero il Vero Nome di Dio, a rigor di logica, seguendo i princìpi della Kabbalah, potremmo convertirlo in lettere - ossia in consonanti dell'alfabeto ebraico. Questo dovrebbe essere immediato, dato che ad ogni consonante dell'alfabeto ebraico è associato un valore numerico univoco. Una volta compiuta quest'opera, dovremmo vocalizzare le 216 lettere così ottenute. Non dovrebbe essere un'impresa molto difficile. A questo punto, dato che i cultori della Kabbalah chiamano Dio l'Artefice di questo mondo, sapremmo come bestemmiarlo al meglio, coprendo il suo Vero Nome di maledizioni senza fine, ogni volta che ci alziamo e ogni volta che ci corichiamo. Perché, vedete, sarebbe proprio a quella sequenza di sillaba che potremmo attribuire ogni Male, ogni abominazione, ogni aberrazione che costituisce la sostanza di questo mondo schifoso. Questo sarebbe il nome cifrato del Boia Cosmico: 

94 143 243 431 512 659 321 054 872 390 486 828 512 913 474 876 027 671 959 234 602 385 829 583 047 250 165 232 525 929 692 572 765 536 436 346 272 718 401 201 264 314 754 632 945 012 784 726 484 107 562 234 789 626 728 592 858 295 347 502 772 262 646 456 217 613 984 829 519 475 412 398 501

A parte il fatto che sono 218 cifre, non 216, vediamo che c'è una difficoltà non da ridere. Lo zero non era concepibile quando l'alfabeto cananeo fu inventato. La conversione dei numeri in lettere non è così banale: occorre fare il calcolo delle unità, delle decine, delle centinaia e delle migliaia partendo dalla fine del numero, tanto grande da non poter avere radici nell'intuizione umana. A un certo punto nel film vediamo sullo schermo di un computer antidiluviano alcune sequenze numeriche convertirsi in brani della Torah in caratteri della scrittura rabbinica quadrata, con tanto di vocalizzazione masoretica delle parole. Non sembra però trattarsi della stessa sequenza numerica identificata con il Nome di Dio, che vediamo vomitata dalla macchina poco dopo, in un punto successivo del film. Ovviamente Aronofsky ha inventato tutti questi numeri di sana pianta, sarebbe vano cercarvi significati profondi.  

Discontinuità ineliminabile 

Il protagonista si chiama Cohen, parola che in ebraico significa "sacerdote". Lo stesso cognome, comunissimo tra gli Israeliti, è portato dal Rabbino Capo, che sogna la restaurazione del culto officiato dai Kohanim, i Sacerdoti, nel Tempio di Gerusalemme. Nonostante la grande diffusione del cognome Cohen, i segreti dell'Ebraismo sacerdotale sono andati perduti con la distruzione del Secondo Tempio ad opera di Tito nel 70 d.C.: l'Ebraismo rabbinico non ne è la continuazione diretta. Ciò che i Cabalisti possono fare è soltanto esercitarsi in costruzioni esoteriche in apparenza sorprendenti, ma in realtà fondate su una logica estremamente fragile. In pratica il loro lavoro consiste nel cavare sangue dalle rape. Il sogno messianico dei settari cultori della Kabbalah che vediamo nel film è irrealizzabile. È una futile velleità, proprio come il sogno dei Neopagani, che negli ultimi secoli si illudono di poter ripristinare gli antichi culti politeisti. Solo per fare un esempio, in Islanda e altrove esiste una congrega chiamata Ásatrú, che afferma di avere una continuità diretta con la religione precristiana. Tuttavia vediamo che questi non sono veri devoti degli Asi: sono persino incapaci di sacrificare un ariete a Thor! Il loro è un panteismo di sapore New Age, che considera gli Dei manifestazioni simboliche dell'Uno-Tutto, concetto che gli Islandesi non avevano. Tra le genti del Nord, Thor era concepito come un essere reale fatto di carne e di ossa, che ingurgitava montagne di cibo e defecava producendo masse di stronzi fumanti, un essere dotato di un colossale fallo in grado di penetrare e di eiaculare. Un essere che esigeva sangue di vittime, anche umane. Senza i blót, ossia i sacrifici, la religione antica non ha il benché minimo senso. Cosa sono dunque questi pseudopagani che si cagano addosso dalla paura di fronte alla furia isterica degli animalisti? Nonostante gli Israeliti siano molto rigorosi nel separarsi dai Gentili e dai culti idolatrici, il ragionamento che si può applicare loro non è affatto diverso da quello appena esposto. Se un rito, quale che esso sia, non è tramandato da persona di carne a persona di carne, è privo di qualsiasi valore. La trasmissione diretta è irrinunciabile. Non si può rabberciare qualcosa a partire da testi antichi o meno antichi, pretendendo poi di aver rifondato un culto estinto. Se il fuoco del Santuario di Vesta è stato spento, il culto di Roma è estinto. Se il Secondo Tempio è stato distrutto, non si può edificare il Terzo Tempio profetizzato da Ezechiele. Inutili sono i sogni pantocratici di futuribili Kohanim. Se l'Eterno risiedeva nel Primo Tempio, com'è possibile che Nabucodonosor abbia raso al suolo una così augusta dimora? Nabucodonosor mangiava e smerdava, era un semplice uomo di carne. Se l'Eterno risiedeva nel Secondo Tempio, com'è possibile che Tito abbia raso al suolo una così augusta dimora? Tito mangiava e smerdava, era un semplice uomo di carne. La verità è ben chiara: l'Eterno non può far tornare liquido un uovo rassodato o far rivivere un fuoco estinto, come non lo può fare Thor, come non lo può fare Vesta.

L'illusione della Ghematria

I miti biblici come quello della Torre di Babele sono soltanto creazioni di uomini che vissero millenni fa. L'ebraico è una lingua derivata, come tutte le altre lingue di questo mondo, antiche e moderne. Non contiene codici preferenziali in grado di codificare numericamente la realtà: qualsiasi schema vi si trovi ha la stessa consistenza della pareidolia che mi fa vedere i teschi nei disegni caotici delle venature del marmo. L'ebraico è una lingua cananea come il fenicio, è un parente stretto della lingua di Cartagine. In pratica i Moabiti e gli Ammoniti, mortali nemici di Israele, parlavano dialetti dell'ebraico. Le sue vocali hanno subìto una rotazione, alcune sue consonanti finali si sono affievolite e sono scomparse, altre consonanti sono mutate secondo regole ben precise. Ecco una lista di parole ebraiche con le protoforme semitiche ricostruite su basi solidissime, da cui vediamo come i trucchetti ghematrici e cabalistici cessino di funzionare non appena andiamo un po' indietro nel tempo:

'abh "padre" deriva dalla protoforma *ɁABBU
'em "madre" deriva dalla protoforma *ɁIMMU 
yeled "bambino" deriva dalla protoforma *WALDU
'el "Dio" deriva dalla protoforma *ɁILHU 
'eloah "Dio" deriva dalla protoforma *ɁILA:HU
yayin "vino" deriva dalla protoforma *WAINU
shor "bue" deriva dalla protoforma *ΘAURU
shalom
"pace" deriva dalla protoforma *ŠALA:MU
kerem
"vigna" deriva dalla protoforma *KARMU 

Come può dunque una lingua derivata essere la cifra la Creazione? Semplice: non può. Guardate bene, se non ci credete. La consonante iniziale w- è diventata y-: ebr. yayin "vino" deriva da una protoforma semitica *WAINU-, che è molto simile a quella che troviamo in indoeuropeo occidentale, *WOINO-. Evidentemente si tratta di un prestito (con ogni probabilità protosemitico e protoindoeuropeo occidentale hanno preso la parola da una terza lingua non identificata). Così vediamo che la fricativa postalveolare Š del protosemitico e la fricativa interdentale Θ si sono confuse in Š nell'ebraico. La protoforma semitica ΘAURU "bue" è molto simile a quella che troviamo in indoeuropeo occidentale, *TAURO- / *(S)TEURO- "toro". Evidentemente si tratta di un prestito (con ogni probabilità protosemitico e protoindoeuropeo occidentale hanno preso la parola da una terza lingua non identificata). La potenza della filologia smaschera i Cabalisti! 

NDE

Il trapano che buca la scatola cranica di Max Cohen non è la fine di tutto. Almeno non del film. Il matematico si ritrova con la figlia di una vicina di casa, una vivace bambina che lo tedia senza requie chiedendogli di eseguire a mente una moltiplicazione. Con sua grande sorpresa, la sua mente, un tempo acutissima, è ridotta all'impotenza. Non gli riesce nemmeno più di fare operazioni banali. Un silenzio assoluto è calato su di lui come un maglio dal cielo. La sua afflizione lo abbandona, così riesce a sorridere, per la prima volta nel corso della sua infernale esistenza. Queste sensazioni sono forse le ultime reazioni dei neuroni morenti? Il film si conclude con un ultimo quesito della bambina invadente e molesta: quanto fa 748 diviso per 238. Il risultato non viene rivelato, ma è proprio il Pi greco!

Cineforum Fantafilm

Il presente film di Aronofsky è stato proiettato al Cineforum Fantafilm dell'amico Andrea "Jarok" Vaccaro il 10 ottobre 2005. Purtroppo non sono riuscito ad esserci in quell'occasione e ho potuto vedere il film soltanto nell'agosto 2018.

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