mercoledì 3 ottobre 2018


THE BELIEVER

Lingua originale: Inglese, ebraico
Paese di produzione: Stati Uniti d'America
Anno: 2001
Durata: 102 min (secondo altri 98 min)
Dati tecnici: Colore e B/N
Rapporto: 1.66: 1
Genere: Drammatico
Regia: Henry Bean
Soggetto: Henry Bean, Mark Jacobson
Sceneggiatura: Henry Bean
Produttore: Susan Hoffman, Christopher Roberts
Produttore esecutivo:
Daniel Diamond, Jay
    Firestone, Adam Haight, Eric Sandys
Casa di produzione: Fuller Films, Seven Arts
    Pictures
Fotografia: Jim Denault
Montaggio: Mayin Lo, Lee Percy
Effetti speciali: Drew Jiritano, Thomas Viviano,
    Andrew Mortelliti, Andrea Swistak
Musiche: Joel Diamond
Scenografia: Susan Block
Costumi: Alex Alvarez, Jennifer Newman
Trucco: Renee Di Dio, Renee Von Maluski, Angela
     Gallagher, Seth Lombardi
Interpreti e personaggi
    Ryan Gosling: Danny Balint
    Billy Zane: Curtis Zampf
    Theresa Russell: Lina Moebius
    Summer Phoenix: Carla Moebius
    Heather Goldenhersh: Linda
    A.D. Miles: Guy Danielsen
    Natasha Leggero: Valerie
    Joshua Harto: Kyle
    Elizabeth Reaser: Miriam
    Glenn Fitzgerald: Drake
    Sacha Knopf: Cindy Pomerantz
    Henry Bean: Ilio Manzetti
    Jordan Lage: Roger Brand
    Ebon Moss-Bachrach: Priaty
Doppiatori italiani
    Massimiliano Manfredi: Danny Balint
    Massimo De Ambrosis: Curtis Zampf
    Isabella Pasanisi: Lina Moebius
    Barbara De Bortoli: Carla Moebius
Budget: 1,5 milioni di dollari
Incassi al botteghino: 1,3 milioni di dollari, di cui:
    USA: 416.925 dollari
    Italia: 56.786 dollari
    Francia: 56.493 dollari
    Messico: 35.204 dollari
    Spagna: 743.908 dollari
    (Fonte: Box Office Mojo)
Riconoscimenti:   2001 – Courmayeur Noir in festival
    Premio Leone Nero al miglior film
  2001 – Festival cinematografico internazionale di Mosca
    San Giorgio d'oro
  2001 – Sundance Film Festival
     Gran Premio della Giuria

Trama:

Daniel "Danny" Balint è un neonazista suburbano, un giovane skinhead fanatico e violento che consuma la sua vita spettrale in una periferia desolata di New York. C'è soltanto un piccolo problema: Daniel Balint è ebreo. Aveva ricevuto un'educazione ortodossa e da bambino era uno studente di una yeshiva, ossia una scuola talmudica. Brillante e dotato di un intelletto molto acuto, si era fin da subito fatto notare per le sue interpretazioni non ortodosse delle Scritture. La sua idea portante era di una logica ferrea. Dio aveva comandato ad Abramo di sacrificare suo figlio Isacco, trattenendo all'ultimo la mano armata pronta ad uccidere. Tuttavia nel momento stesso in cui il patriarca aveva levato il coltello per compiere il sacrificio umano, era come se lo avesse compiuto davvero. Isacco era stato davvero ucciso e subito era resuscitato, dando però origine a una ferita insanabile, che aveva piagato gli Israeliti per sempre. Ogni ebreo mostrava i segni dell'accaduto e li avrebbe portati su di sé fino alla Fine dei Tempi. Ovviamente queste idee non piacevano all'insegnante di Torah, che litigava con il giovane eterodosso ogni giorno in modo furioso. La Verità compresa da Daniel non era colta né compresa dagli altri studenti, tutti stupidissimi e conformisti. Questa Verità possiamo scriverla a caratteri cubitali e incorniciarla. DIO È UN BULLO. Egli ti dice così: "Io sono tutto e tu non sei niente, per questo posso farti tutto ciò che voglio". Sì, il Dio Bullo può anche uccidere ogni persona, mutilarla, renderla invalida, renderla demente, colpirla con una malattia immonda, farla incarcerare, torturarla e perseguitarla in modo atroce. Non c'è scampo, non c'è riparo dall'arbitrio del Boia Cosmico. Come ci si sente a sapere di essere in balia di un mostro sadico? Ecco, Daniel Balint non ha retto a questa consapevolezza e ha iniziato la sua discesa agli Inferi, che lo porterà all'incontro col Mostro della Follia. Incurante dei dolori arrecati a suo padre e a sua sorella, gira per la città con una maglietta con una grande svastica, ricavata da una bandiera del Terzo Reich. Porta bene in evidenza anche un piccolo stemma delle SS su una spalla. La sua vita è violenta. Su un autobus si imbatte in uno studente ebreo, lo segue quando scende, gli tende un'imboscata, lo insulta e lo massacra di botte. Tuttavia qualcosa lo distingue da altri skinhead, la cui brutale esistenza si esaurisce nella mera fisicità, senza alcuna forma di pensiero nel cranio: egli cerca invece di trasmettere le proprie idee, di diffonderle come un virus. In questa sua ricerca Daniel si imbatte nel circolo neofascista guidato da Curtis Zampf e da sua moglie Lina Moebius, così inizia a partecipare alle riunioni. Quando parla delle leggi razziali naziste e della necessità dell'antisemitismo, tutti lo guardano come se fosse un extraterrestre. Il neofascismo di Curtis Zampf è più che altro una forma di politica identitaria, per certi versi simile a quello che oggi viene etichettato come "sovranismo". Questa dottrina auspica la decomposizione degli Stati Uniti d'America nelle comunità etniche che ne formano il tessuto sociale, ognuna sovrana e indipendente. C'è profondo scetticismo sull'odio antisemita, ritenuto una cosa del passato da superare, in grado soltanto di arrecare danni. Eppure i discorsi di Daniel, fondati sulla retorica del Mein Kampf, finiscono con l'affascinare il circolo di Curtis e della sua consorte. Entra in scena la figlia dei due coniugi, Carla Moebius, che è subito colpita dal giovane neonazista: se ne innamora perdutamente. Tutti sono colpiti dall'intelligenza acuta di Daniel nell'esporre i propri argomenti. Quando arriva a proporre l'uccisione del banchiere ebreo Ilio Manzetti, Curtis e Lina si oppongono recisamente. Tuttavia è chiaro che l'antisemitismo cova come brace sotto la cenere ed è tenuto nascosto persino in privato per paura dei delatori e di subire persecuzione. Per questo Curtis e la moglie investono molto nel ragazzo, arrivando a pagare la cauzione per lui e per i suoi compagni quando vengono arrestati per aver scatenato una rissa di strada con alcuni robusti Mandingo. I guai sono appena iniziati: il giornalista biondiccio Guy Danielsen, che sta scrivendo un articolo sui gruppi dell'odio, intervista Daniel e ascolta la sua dettagliata esposizione di rabbiose invettive antisemite, quindi gli rivela qualcosa di traumatizzante: egli ha scoperto la sua vera identità e ha anche contattato il rabbino Stanley Nadelman, l'insegnante che lo ha preparato al Bar Mitzvah. Daniel riesce a cavarsela estraendo la pistola e minacciando il suicidio. A questo punto Daniel viene invitato da Curtis e da Lina nel loro campo, dove numerosi neonazisti si radunano e si esercitano con le armi. Subito sa farsi valere. Accade però qualcosa di decisamente bizzarro. Egli ha una relazione con Carla Moebius, che finisce con dargli appuntamento nella propria stanza a mezzanotte, dicendogli di entrare dal balcone. Quando Daniel si reca all'appuntamento, vede la ragazza che copula con il padre nella posizione della cowgirl. Non ci sono dubbi: lei siede a cavalcioni sull'uomo, impalata dal suo fallo e a un certo punto riceve nella vagina lo sperma che l'ha generata! Sconvolto dall'incesto, il giovane si reca con i suoi compagni in un ristorante kosher, dove inizia ad attaccare briga. Ne scaturisce una rissa: lui e i suoi sodali, dopo aver chiesto di potersi ingozzare di prosciutto e di formaggio, le prendono e finiscono nuovamente in carcere. Il giudice dà loro una scelta tra un mese di carcere e un incontro con sopravvissuti all'Olocausto. I neonazisti scelgono la seconda opzione. Durante questo incontro accade qualcosa di decisivo. Gli anziani superstiti vengono scherniti più volte, tanto che l'assistente sociale minaccia l'interruzione della misura alternativa. A un certo punto uno di loro racconta che un soldato tedesco ha ucciso suo figlio di soli tre anni, trafiggendolo con la baionetta. Daniel è preso dalla furia e si chiede come l'uomo possa essere rimasto immobile, senza tentare di difendere il figlio. La moglie del sopravvissuto afferma che lui al suo posto avrebbe fatto lo stesso, non avrebbe avuto possibilità alcuna, o sarebbe stato annientato. Per il resto della sua vita, Daniel avrà terribili flash mentali, in cui si vedrà sia con le sembienze del soldato che con quelle del padre del bambino ucciso. Qualcosa in lui si sta incrinando. Liberato, Daniel torna dai suoi amici e insieme organizzano un attentato in una sinagoga. Entrano di notte nel tempio per piazzare una bomba sotto il pulpito. Durante il raid, Daniel cerca di impedire la profanazione dei rotoli della Torah, dando prova di conoscere il mondo ebraico. I compagni, che sono stolti bestioni, non riescono davvero a capire. La bomba si rivela un fallimento. Daniel porta a casa la Torah e ripara con cura i danni che ha subìto. Il fanatico Drake coinvolge il giovane nell'attentato al banchiere Manzetti, vantandosi di aver ucciso quattro ebrei. Così viene preparato un agguato, che non va a segno: Daniel manca il colpo. Drake lo accusa di aver fallito apposta e vede qualcosa di strano: un panno con caratteri ebraici che pende dal fianco del compagno. Ne scaturisce una lite e Daniel spara a Drake, pensa di averlo ucciso, quindi fugge nella notte. Anziché sbrogliarsi, la matassa si complica incredibilmente. Il tentativo di Curtis di far uscire alla luce del sole il suo movimento neofascista, l'incontro di Daniel con i suoi ex compagni di scuola, la sua relazione con Carla, che si fa da lui insegnare l'ebraico e arriva a frequentare la sinagoga. L'azione procede tra vari colpi di scena fino all'unico epilogo possibile: la nemesi del protagonista.

Recensione:

Un film da vedere e rivedere. Un capolavoro totale, che purtroppo non ha avuto i riconoscimenti che meritava. In fondo non dovrebbe stupire più di tanto se è stato un tale insuccesso. Le genti del mondo non sono in grado di comprendere argomenti troppo complessi. Non capiscono il modo di pensare degli Israeliti proprio come non capiscono la natura del Nazionalsocialismo e più in generale delle ideologie antisemite. Allo stesso identico modo. Banalizzano ogni cosa, proprio perché non è loro impossibile afferrare categorie troppo distanti da quelle che hanno ricevuto dall'ortodossia del pensiero unico politically correct. Per questo motivo l'opera di Henry Ban è andata incontro al disastro economico: un milione e mezzo di dollari spesi per produrre il film, soldi che poi non sono tornati nemmeno tutti indietro. All'appello mancavano duecentomila dollari e non è stato generato alcun nuovo reddito. Un vero peccato. L'ennesima occasione persa per dare fastidio al conformismo vigliacco delle masse acefale. Quando qualcuno è un genio, la vita in genere non gli si presenta facile, mentre è consentito a squallidi speculatori come i neoblogger e gli influencer di accumulare denari manipolando il vuoto assoluto, vendendo pataccate come i loro ridicoli brand. Nel Web anglosassone The Believer è ritenuto una vera e propria patata bollente e rifuggito come un'epidemia di peste. A quanto pare nessun distributore di una certa importanza ha voluto averci a che fare, dopo che una sua proiezione al Centro Simon Wiesenthal ha dato origine a vivaci proteste. Trasmesso qualche volta sulla TV via cavo, è stato cancellato in seguito agli attentati dell'11 settembre alle Torri Gemelle. Certo, non c'entra una cippa col fondamentalismo islamico, ma andatelo a spiegare ai Neocon! 

Daniel Balint e i pompini

Intervistato dal giornalista Guy Danielsen in un bar, il protagonista introduce un argomento che in genere viene taciuto. Comincia a parlare dei pompini! Innanzitutto chiede all'uomo dai capelli ricci color paglia se è mai stato a letto con una ragazza ebrea. Alla risposta affermativa, scava ulteriormente e vuole sapere se lei gli ha fatto un pompino. Ebbene sì, è proprio quello che è accaduto. La ragazza ha preso l'uccello in bocca al suo amante e lo ha succhiato, portandolo a schizzare lo sperma. A questo punto inizia l'astioso trattato di Daniel Balint sul sesso orale, da lui tecnicamente etichettato come una perversione. Egli sostiene che i pompini sarebbero stati inventati dal Popolo Eletto, che ne sarebbe ossessionato. Quindi accusa gli Israeliti di non essere in grado di penetrare e di aver quindi inventato questa forma di sesso, da lui considerata "infantile" e fondamentalmente "omosessuale". Fa l'elogio della copula, che definisce come il mezzo adatto per fare godere una donna. Per contro, i pompini sono in grado di manipolare l'uomo e di compromettere la sua integrità, riducendolo a un essere incapace di affermarsi. Questo pur ammettendo che ricevere il sesso orale è "molto piacevole" - segno che deve averlo sperimentato. A questo punto scatta la rappresaglia del biondo e occhialuto Danielsen, che tira fuori la scomoda faccenda del Bar Mitzvah e del rabbino Nadelman. Tutto ciò sembra essere passato inosservato, nonostante sia ben raro che in un film si arrivi a parlare esplicitamente dei pompini e ancor più raro che li si condanni. Sarebbe il caso di compiere un approfondito studio antropologico sull'argomento "estremisti di destra in USA e pompini". Ci si potrebbe fare una tesi di laurea. Peccato che gli antropologi non ritengano queste cose degne di interesse. Una volta mi è capitato di trovare nel famoso sito Stormfront.org un commento di un tale che in sintesi condannava i pompini perché "piacciono da morire agli ebrei". Non so fino a che punto sia diffuso questo bizzarro pacchetto memetico che associa la cultura ebraica alla pratica del sesso orale. Ogni tanto capita di imbattersi nei forum pornografici americani in narrazioni di uomini che non amano farsi fare i pompini. Per indagare è sufficiente digitare in Google stringhe del tipo "men who don't like blowjobs". Si trovano resoconti davvero molto morbosi. Ricordo di aver letto di una ragazza che si lamentava del fatto che il suo ex la allontanava ogni volta che lei cercava di avvicinare la bocca ai suoi genitali. Sospirava, affermando di non essere riuscita a farglielo nemmeno una volta. Un'altra era una milf che ha raccontato di aver avuto un incontro occasionale in un bar con un uomo che non le ha permesso di prenderglielo in bocca e si è limitato a copulare more ferarum. Come lei ha cercato di convincerlo a farlo spruzzare nella sua bocca, lui l'ha spinta via e ha emesso il seme nel vuoto. In genere nelle comunità online testimonianze di questo tipo destano grande scalpore. Una milf scandalizzata ha paragonato l'uomo che non ama i pompini al bigfoot, ossia a una creatura inesistente. Non so però dire se le motivazioni alla base di questi strani episodi siano collegate in qualche modo all'estremismo di destra. Erano questi uomini neonazisti? Erano membri del Ku Klux Klan? Non ho prove sufficienti per affermarlo. In alcune narrazioni da me rinvenute nel Web, il rifiuto della fellatio era connesso a brutte esperienze con donne inesperte che sfregavano il glande con i denti: queste occorrenze vanno quindi espunte dalla casistica. Nel film di Bean, vediamo la sensuale Carla Moebius con le labbra che le fremono dalla libidine, tanto è presa dalla voglia di succhiarlo a Daniel. Ci sarà riuscita?   

L'ultimo monologo di Daniel Balint

L'atteso discorso dell'agitatore neonazista inizia in un modo assolutamente inatteso, che trasforma ogni astante in una statua di sale come la moglie di Lot. Questo è l'incipit: "SHEMA YISRAEL!" Già alla prima emissione salmodiata di quei fonemi si registrano reazioni di grande sconcerto e di insofferenza tra il pubblico, che reagisce come un gruppo di musulmani riuniti in una moschea in cui fosse trascinato all'improvviso un grosso porco estinto tutto coperto di sterco. C'è persino un afroamericano, che contorce le narici quasi per sfuggire ai lezzi di un fantomatico stronzo. La grande ipocrisia di quella congrega è degna della massima stigmatizzazione. L'incestuoso Curtis Zampf, fottitore della propria figlia, voleva fondare un partito neofascista alla luce del sole e invitare ai dibattiti ebrei come Noam Chomsky, appoggiando al contempo la diffusione dell'antisemitismo. Poi Daniel Balint col suo genio folgorante gli rompe le uova nel paniere! Senza mezzi termini, spiazza tutti dicendo che bisogna amare gli Ebrei, in modo incondizionato e non ipocrita. Dice che bisogna accoglierli, che l'integrazione è la sola arma in grado di neutralizzarli. Poi passa a spiegare le ragioni del suo sentire. L'antisemitismo è ciò che ha permesso nei secoli la conservazione dell'identità ebraica. Senza l'antisemitismo, non esisterebbero più Israeliti da tempo, perché avrebbero contratto matrimoni misti e avrebbero smarrito la propria cultura, il proprio senso di alterità. La peggior maledizione per il Popolo Eletto è proprio questa. "Vi perderete voi tra le genti", minaccia il Signore degli Eserciti, pieno d'ira. Per evitare questo destino di annientamento peggiore della morte stessa, l'ostilità dei Gentili è un prezzo che è necessario pagare, anche se comporta oppressione, omicidi e pogrom. Senza l'Olocausto, lo Stato di Israele non sarebbe mai esistito, le ciance di Theodor Herzl non sarebbero bastate a far tornare gli Ebrei alla Terra Promessa. Questi concetti, perfettamente razionali e corrispondenti alla realtà dei fatti, non sono capiti dal pubblico, che rumoreggia pieno di sdegno. Tutti si aspettavano da Daniel qualcosa di elementare nella sua banalità, un discorso ventrale e crepitante, privo di concetti e ricco di bile. Invece ecco una vera e propria sfinge, in grado di far crollare l'intero edificio su cui si regge l'estremismo di destra.

Daniel Balint e Daniel Burros

Il regista-sceneggiatore e il suo collaboratore Mark Jacobson hanno preso spunto da una storia vera, quella di Daniel Burros. Questa è la sintesi apparsa sul Jerusalem Report:

"The film has its roots in a true story. Daniel Burros was a nice Jewish boy from Queens who somehow went from being his rabbi's star pupil to a hotheaded proponent of the long-defunct Third Reich. After a stint in the Army, he became involved with the American Nazi Party and the Ku Klux Klan. In 1965, following Burros' arrest at a KKK event in New York City, the New York Times disclosed that he was Jewish. Hours after the paper hit the stands, Burros took his own life."

Questa è una traduzione per coloro che ancora non hanno nozione alcuna della lingua inglese:

"Il film ha le sue radici in una storia vera. Daniel Burros era un bravo ragazzo ebreo del Queens che per qualche motivo divenne da pupillo del suo rabbino a impetuoso proponente del Terzo Reich, da tempo defunto. Dopo un periodo nell'esercito, venne coinvolto nel Partito Nazista Americano e nel Ku Klux Klan. Nel 1965, in seguito all'arresto di Burros a una manifestazione del KKK a New York, il New York Times ha rivelato che egli era ebreo. Qualche ora dopo l'uscita del quotidiano, Burros si è tolto la vita."

La vicenda terrena di Daniel Burros non è un infetto parto della mia fantasia. Vien voglia di sbattere l'accaduto in faccia a coloro che reputano impensabile che un ebreo possa essere al contempo un antisemita viscerale. Al momento non mi è dato sapere se il bravo ragazzo del Queens odiasse i pompini come il protagonista del film di Bean, salvo poi farseli fare ugualmente.

La sindrome dell'ebreo che odia se stesso

C'è una cosa molto singolare che Daniel Balint riporta ai suoi stupidissimi compagni appartenenti al White Trash. Adolf Eichmann conosceva bene la Torah e il Talmud. Conosceva perfettamente la lingua ebraica e si districava nella complessa terminologia, che disorienterebbe chiunque. Eichmann sapeva tutto. Come spiegarsi questa cosa? Semplice: il genocida, poi rapito dal Mossad e processato in Israele, era un ebreo rinnegato, proprio come Daniel Burros. La cosa non deve stupire: vi erano numorosi Mischlinge in posti chiave del Partito. Sappiamo che Eichmann è un cognome nobiliare tedesco, di per sé non tipico di discendenti di Abramo. Probabilmente è il ramo materno a riservare grandi sorprese. Anche se Daniel non lo menziona, possiano analizzare in breve anche il caso di Reinhard Heydrich, rimandando a una successiva e più approfondita trattazione. Colui che fu chiamato "La Bestia Bionda" o "Un giovane e crudele Dio della Morte" in un'occasione si ubriacò e fu sentito inveire davanti a uno specchio, maledicendo il suo "ebreo interiore". Suo padre parlava alla perfezione lo Yiddish e in più occasioni raggelò in presenti, che iniziarono a domandarsi chi fosse realmente. A scuola era bullizzato in modo pesante: lo soprannominavano "Moshe Heydrich" e "Süss l'Ebreo". Tra gli stessi membri del Partito era noto come "Mosè biondo". Chiaramente il mondo è pieno di persone pronte a fare l'impossibile per screditare chi menziona questi dati di fatto. Quella del bullismo subìto è stata un'esperienza comune ad Adolf Eichmann. Si vede quanto il bullismo sia devastante. Anziché essere combattuta con la massima severità, questa piaga è sempre stata tollerata da insegnanti che sono anche complici. I nodi però alla fine vengono al pettine. Gratta un uomo che ha subìto bullismo e potresti trovare un potenziale genocida. Non esito a dichiarare che se per uno scherzo del destino avessi davanti a me la fatidica valigetta del Presidente degli Stati Uniti d'America, darei immediato avvio alle procedure per il lancio di tutto l'arsenale nucleare, senza nemmeno un istante di esitazione.

Ain Soph, il Nulla senza confini

In un'intervista trasmessa sui canali televisivi all'indomani del fallito attentato alla sinagoga in cui era stata collocata una bomba inesplosa, il rabbino afferma che Dio è intervenuto per salvare la comunità. Le sue parole sono sorprendenti, perché chiama Dio con l'epiteto Ain Soph, spiegato come "Il Nulla senza confini". Si converrà che è una cosa ben strana. Come può un capo religioso assimilare Dio a una condizione che legenti reputano essere sinonimo di non esistenza? La locuzione Ain Soph (varianti ortografiche Ayin Sof, Ein Sof, etc.) la tradurrei più propriamente come "Senza confini", anche se la glossa "Il Nulla senza confini" è frequentemente riportata. L'argomento rabbinico è molto sofisticato: Dio è inassimilabile a qualsiasi cosa concepibile da mente umana, quindi persino allo stesso concetto di esistenza. Sarebbe impossibile riassumere qui la complicatissima teologia che sta alla base di queste definizini. Perché Bean e Jacobson hanno voluto fare menzione di questo aspetto di certo incomprensibile alla maggior parte degli spettatori? Bisogna arrivare al finale del film per capirlo. 

Visione di pre-morte

Poco prima di morire a causa dell'esplosione della bomba collocata sotto il pulpito della sinagoga durante lo Yom Kippur, Daniel Balint ha una visione molto significativa. Sale le scale dell'edificio della yeshiva e a ogni piano incontra il suo insegnante. L'uomo gli dice che ha riflettuto sulla teoria eretica di Isacco morto e resuscitato, giungendo ad accettarla. La sequenza sembra quella di un loop infinito: Daniel, il cui corpo è quello che aveva al momento della morte - non è più il bambino ribelle - è intrappolato negli stessi fotogrammi ad ogni piano. Questo finché a un certo punto il circuito temporale chiuso sembra rompersi. Egli arriva a un piano in cui qualcosa cambia: filtra dall'alto una strana luce. L'insegnante lo avverte che là in alto non c'è nulla. C'è il Nulla.

Riflessioni conclusive

In nessun modo il giovane ebreo che odia se stesso è riuscito a superare il monoteismo, a lasciarsi alle spalle l'idea secondo cui tutta l'esistenza risale a un unico principio, a un unico Creatore. Se avesse compiuto questo salto, sarebbe diventato un Manicheo. A volte si ha l'impressione che mancasse poco, ma questa trasformazione gli era impossibile a causa della sua educazione teologica, che lo ha spinto in un vicolo cieco.

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