giovedì 10 gennaio 2019


ROMA SENZA PAPA 

Titolo completo: Roma senza papa. Cronache romane di fine secolo
      ventesimo 
Autore: Guido Morselli
Prima pubblicazione:  1974
Editore: Adelphi
Genere: Romanzo
Sottogenere: Ucronia, satira, fantascienza fantareligione,
     fantapolitica
Codice EAN:
9788845909344
Pagine: 184 (Brossura)


Ambientazione:
Roma, Zagarolo

Personaggi: 
Don Walter, il prete svizzero.
Lotte, la moglie di don Walter, da lui amatissima ma affetta da 

     sterilità.  
Don Costantini, il nostalgico della vecchia Chiesa; leggendo tra le
     righe, si capisce che ha inclinazioni pedofile.
Don Rusticucci, il prete-affarista, romano de Roma.
Padre Johnson, un papabile afroamericano con un sorriso a 
     trentasei denti, ex giocatore di basket.
Giovanni XXIV, un monaco irlandese salito al soglio pontificio:
    fidanzato con una teosofa di Bengalore, ha la passione di allevare
    vipere.


Trama:
Fine XX secolo. L'Urbe è resa orfana della presenza papale e si respira un'aria di grande decadenza. La Santa Sede è stata infatti trasferita a Zagarolo in uno squallido complesso edilizio che sembra un gruppo di motel, il Vaticano è stato ridotto a un grande museo, la presenza papale nella basilica di San Pietro si riduce a un ologramma, proiettato lungo le navate a ciclo continuo da un'apposita macchina. L'edificio della Chiesa Cattolica Romana ha subìto riforme epocali: solo per fare un esempio, il celibato dei preti è stato abolito, anche se ai chierici non è permesso l'uso della pillola. In questo scenario stravagante e convulso, il prete svizzero Don Walter si reca a Roma con l'intenzione di sottoporre all'attenzione del Pontefice, Giovanni XXIV, un suo testo teologico intitolato Difesa dell'Iperdulia, che propugna la necessità del culto mariano in un'epoca in cui le stesse fondamenta della tradizione cattolica sono messe in discussione dallo stesso clero. Come l'ecclesiastico elvetico scoprirà presto, essere ricevuti dal papa nella sua residenza non è impresa facile. Nella defatigante attesa, non perderà occasione di annotare le principali bizzarrie antropologiche in cui si imbatte durante il suo inquieto vagare per l'augusta città. 

Recensione:
Questo è il primo romanzo di Morselli ad essere stato pubblicato, un anno dopo il suo suicidio, provocato dalla vigliaccheria e dalla perfidia del mondo editoriale italiano. Roma senza papa è un capolavoro di ironia tagliente e di sferzante satira, pieno di considerazioni oltremodo interessanti. Eppure lo scrittore nichilista non è riuscito a prevedere gli sviluppi che hanno portato alla morte teologica e ontologica della Chiesa Romana. Senza dubbio il romanzo fu ispirato dall'atmosfera del Concilio Vaticano II, che prometteva tante innoazioni. Le proiezioni nel futuro fatte da Morselli hanno però un sapore incongruo, combinando elementi di varia implausibilità. Ad esempio vediamo dipinto un clero composto in maggior parte da sacerdoti sposati e con figli, ma tuttora in abito talare e celebrante la messa in latino. Il risvolto del volume edito da Adelphi riporta quanto segue: "È questa la ‘Roma senza papa’ che si mostra a un discreto e percettivo sacerdote svizzero che vi torna dopo anni di assenza, in attesa di essere ricevuto in udienza da Giovanni XXIV: una città offesa per l’oltraggio commesso dal papa contro il turismo, ormai principale attività del Paese, «impigrita, svuotata, con un che di depresso», ma pur sempre una città che continua ad accogliere, con la consueta indifferenza, un instancabile cicaleccio teologico. Negli antri climatizzati della Università Gregoriana, in ampi refettori dalla luce soffusa, in modeste case di parroci, in convegni di seriosa incongruità proliferano e si accavallano come mai prima le teologie, e le nuove tesi vengono spesso pronunciate da sacerdoti che parlano una lingua mista fra il romanesco e lo slang americano." E ancora:  "L’acutezza ironica di questa vicenda, la padronanza con cui Morselli si muove nei labirinti delle dottrine, vere e immaginarie, della Chiesa, i magistrali ritratti di ecclesiastici di alto e basso rango, l’incessante invenzione satirica, fanno di questo libro un felicissimo romanzo di ‘anticipazione teologica’, dove le idee hanno la concretezza e il grottesco dei personaggi e dove, a ogni passo, si sente uno sguardo disincantato e penetrante posarsi su un futuro che incontriamo ogni giorno." Alcune trovate sono davvero irresistibili, come il Meridione d'Italia trasformato in un feudo dei Gesuiti con applicazione del sistema delle reducciones. Resta in ogni caso il fatto che nel testo ci sono pochi elementi profetici. Morselli immagina una Chiesa in cui il dibattito teologico è poderoso e pervasivo, in nettissimo contrasto con lo scenario a cui assistiamo ai nostri giorni, che può descriversi soltanto come morte teologica. Una morte sopravvenuta dopo una lunga agonia. Il punto di divergenza tra la nostra realtà e l'ucronia morselliana può essere collocato in qualche momento del pontificato di Paolo VI (menzionato più volte nel testo), procedendo linearmente lungo la via già tracciata da Giovanni XXIII. Nel mondo in cui viviamo, le cose sono andate ben diversamente. Si è prodotta una drastica discontinuità. Con il trapasso di Paolo VI la Chiesa Romana è sprofondata nel coma. Il pontificato mediatico di Giovanni Paolo II non deve essere visto come nuova linfa per l'istituzione ecclesiastica, ma come un villaggio Potëmkin in terra di desolazione: ciò che si è lasciato dietro è il Nulla. Il Papa Teologo Benedetto XVI è stato espulso a calci nell'augusto deretano, in brevissimo tempo, per volontà del collegio cardinalizio, forse preoccupato dalle ondate di odio antitedesco che si registravano tra il popolino. Nello stesso istante in cui Ratzinger annunciava le proprie dimissioni forzate, un fulmine si è abbattuto sulla cupola di San Pietro. Ora vediamo tutti che col Papa Podologo, Francesco I (e si spera ultimo), la morte della Chiesa Romana è realtà. Scambiare per vitalità le manifestazioni della religione cattolica nel secondo decennio del XXI secolo è come confondere con segni di vita il brulichio di masse di cagnotti in una salma decomposta! Morselli fa succedere Liberi I a Paolo VI, evitando così questo scenario.


Fantareligione e fantapolitica 

Qualcuno ha detto che la Chiesa descritta da Morselli è più spirituale di quella della nostra linea storica. Spirituale? Ne siamo proprio sicuri? Se devo essere franco, vedo nella narrazione una Chiesa altamente politicizzata e dotata di un potere temporale immenso. Nonostante il trasferimento della corte pontificia a Zagarolo, Giovanni XXIV è in grado di compiere un arbitrato per noi inconcepibile e plasmato sul modello di quel papa che spartì il nuovo mondo tra Spagna e Portogallo: essendo sorto un conflitto tra USA e URSS sul possesso della Luna, ecco l'irlandese in abito bianco dividere l'argenteo satellite con una linea ideale e attribuire le parti così ottenute alle due superpotenze. Questa è purissima ironia morselliana! Che dire poi della politica italiana in Roma senza papa? In pratica si tratta di un fantasma, di un mero riflesso della sagoma imponente e torreggiante del Papato! Mi domando quale mai possa essere stato il propellente di una simile trasformazione in senso teocratico.

Fantareligione e sessualità

Il lettore che sia arrivato fino a questo punto già lo sa: l'ecclesiastico di Roma senza papa è il prete che scopa! Il prete lo si riconosce non soltanto dall'abito talare, ma dalla prole numerosa che conduce seco per le vie. Quale stridore rispetto a ciò che si è realizzato! Nel mondo in cui viviamo, non soltanto l'abito talare è stato abolito ed è odioso alle genti, ma persino il clergyman non è più utilizzato. Questo per un motivo molto semplice: i preti si nascondono, hanno terrore di essere aggrediti in pubblico da qualche energumeno. Coi miei occhi ho visto quelle che già soltanto quando ero giovane era impensabile: a quanto pare hanno più paura i preti in un paese post-cattolico come l'Italia che nel Giappone dell'epoca Edo! Il romanzo ci dice qualcosa di più. La sessualità imposta ai preti fin dai tempi di Libero I è stata canalizzata sulla proceazione con un espediente molto semplice, il divieto degli anticoncezionali. Don Walter soffre molto perché non ha discendenti. Nonostante il suo ravanare tra le cosce dell'amata Lotte, il suo sperma non si condensa in un embrione, non trovando un ambiente adatto nell'utero di lei. Nel quadro delineato da Morselli, esiste anche qualcosa di molto oscuro. Don Costantini, fautore del celibato ecclesiastico e in questo senso ribelle ai costumi imperanti, è un pedofilo praticante. Si circonda di ragazzi di vita e li concupisce. Per usare un lessico tecnco, egli è un sodomizzatore che penetra le sue giovani vittime dopo averle adescate. In sostanza il suo modello è Gilles de Rais, con la precipua differenza che non uccide. Come il Maresciallo di Francia, egli prova disgusto per l'odore della pelle femminile e ha nei confronti degli infanti un'insaziabile quanto infame passione. Che dire? Nel nostro mondo le riforme immaginate dallo scrittore di Bologna non troverebbero assolutamente fautori, nonostante i ripetuti tentativi del Papa Podologo, anche perché il lupo don Costantini è pur sempre più vicino alla realtà rispetto all'agnello don Walter. Nel frattempo, nel mondo di Roma senza papa, Giovanni XXIV è concupito da un'illustre quanto matura fellatrice: Jacqueline Kennedy!

Fantareligione e fantapsicanalisi

Il robusto arruffone don Rusticucci fa un'esposizione delirante quanto dettagliata delle sue surreali dottrine, che integrano la psicanalisi freudiana nell'edificio della teologia nicena, per arrivare a conclusioni paradossali come la negazione dell'anima della donna. Non è difficile immaginare le cause di tutto questo. Il denaro. Don Rusticucci è dannatamente avido. Un prete-manager con le mani in pasta dappertutto, sempre pronto a sfruttare qualsiasi nuova suggestione per estendere il proprio potere, per farlo diffondere nell'Urbe come una metastasi vorace. In questo, egli incarna lo stesso Spirito della Corruzione.

Dio non è un prete 

Queste sono le parole che l'irlandese Giovanni XXIV rivolge a don Walter nel finale: 

"I preti sono portati a vedere il buon Dio a loro immagine e somiglianza, anche quando predicano che siamo noi a immagine e somiglianza Sua. Invece... bisogna persuaderci che Dio è diverso, Dio non è prete... E nemmeno frate."  

Non si tratta di parole scritte dalla moglie di don Walter, Lotte, come erroneamente riportato dalla Wikipedia in italiano (gennaio 2019). Senza dubbio alcuno siamo di fronte dal concentrato della massima profondità teologica riscontrabile in tutta la storia del pensiero cattolico. Peccato che ben pochi abbiano compreso appieno i concetti espressi da Morselli, che poi non distano troppo da quelli enunciati a suo tempo in modo assai chiaro da Senofane di Colofone (570 a.C. - 475 a.C.). I Traci hanno occhi azzurri e capelli rossi, così sostengono che i loro dèi hanno gli occhi azzurri e i capelli rossi; gli Etiopi hanno il naso camuso e sono neri, così sostengono che i loro dèi hanno il naso camuso e sono neri. Allo stesso modo, i preti hanno immaginato Dio come un prete. Non è escluso che tra le loro schiere possa esserci persino chi attribuisce alla divinità la pedofilia, seguendo lo stesso ragionamento che all'epoca fu fatto dai Traci e dagli Etiopi. 

Altre recensioni e reazioni nel Web

Segnalo una breve ma meritoria recensione di Carlo Menzinger, il famoso scrittore ucronico. Si intitola Er Papa a Zagarolo! 


Anche a costo di essere impopolare, non nasconderò l'impressione che ho sempre avuto. Non soltanto il Lazio al di fuori di Roma - ma gran parte dell'Italia Centrale - sembra una terra di nessuno, dove ogni abitato è qualcosa di spettrale e destinato all'Oblio, un po' come un nulla in mezzo al niente. Nello scritto del buon Carlo è riportata un'interessante testimonianza antropologica, che riporto in questa sede: 

"Ricordo che quando, da ragazzino (vivevo a Roma), si doveva dire di un posto triste e squallido si citava Zagarolo, pur non avendo la minima idea di come e dove fosse questa cittadina laziale. Dire “e che sei de’ Zagarolo” equivaleva a dare del “burino” al nostro interlocutore. Nel contempo sembrava un posto “lontano”, nonostante il suo essere a pochi chilometri.
Un papa a Zagarolo appare dunque come un’incongruenza allo sguardo dei romani." 


Interessante è anche la recensione comparsa su Rivista Pagina Uno, intitolata Esorcismi letterari:

http://www.rivistapaginauno.it/riflettori7.php

Queste sono le conclusioni a cui giunge l'autrice, Luciana Viarengo: 

"Anche in questo romanzo, Morselli conferma la sua capacità di affrontare realtà spinose – come già ne Il comunista o in Dramma Borghese – con la freddezza di un ricercatore, il distacco di un analista, insofferente alle ‘verità consolidate’. Talmente outsider da potersi permettere una visione dissacrante e disincantata dei tabù contemporanei." 

Su Anobii.com vediamo un gran numero di recensioni (la prima è ancora quella del Menzinger), di cui molte brevi o brevissime: 


Si insiste sul profetismo del romanzo, cosa a mio avviso abbastanza controversa.  "Mi sa che ci ha preso molto", afferma ad esempio un certo Sirjo. "Tristemente profetico", commenta AK-47, alludendo al pontificato bergoglionesco, "dirittumanistico" e pauperistico. Eppure mi piacerebbe tanto sapere dove questi utenti vedono il dibattito teologico ai nostri giorni, dove vedono l'ipertrofia dell'apparato ecclesiastico che Morselli profonde nel testo, inondando il mondo di torme di preti sposati in talare. :)  

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