sabato 30 marzo 2019

UNA PAROLA SANSCRITA ERRANTE GIUNTA IN NORRENO

Approfondendo i miei studi di lessico norreno, la mia attenzione è caduta sulla seguente voce, estratta dal dizionario di Zoëga: 

hjassi (m.), una bestia favolosa

Riporto quindi alcune informazioni utili. 

Variante: hjasi
(l'alternanza -s- / -ss- è un chiaro indizio della natura non nativa della parola) 


Idiomatica: 
verða aldraðr (gamall) sem hjassi "essere vecchio come uno hjassi", ossia "essere decrepito"; 
hann er afgamall hjassi "egli è un vecchio decrepito". 

Questo è un estratto della Saga di Egill il Monco in cui si parla della fantomatica bestia:

Hertryggr hefir konungr heitit. Hann réð fyrir austr í Rússía. Þat er mikit land ok fjǫlbyggt ok liggr milli Húnalands ok Garðaríkis. Hann var kvángaðr. Hann átti tvær dœtr. Hét hvártveggi Hildr. Þær váru vænar ok vel skapi farnar ok váru sæmiliga upp fœddar. Konungr unni mikit dœtrum sínum. Einn tíma bar þat til tíðenda, at konungr fór á dýraveiðar, en in eldri Hildr á hnotskóg ok konur hennar. Hún var kǫlluð Brynhildr. Kom þat til þess, at hún vandist við riddara íþróttir. Nú sem þær búast heim ór skóginum, kemr eitt mikit dýr, þat er hjasi heitir, fram at þeim. Þat var mikit vexti ok grimmt. Þat á lengstan aldr af dýrum, ok er þat fornmæli, at sá, sem gamall er, sé aldraðr sem einn hjasi. Þat er skapt sem glatúnshundr ok hefir eyru svá stór, at þau nema jǫrð. En er þær sá dýrit, hljóp síns vegar hver, en dýrit greip konungsdóttur ok hljóp í skóginn, en konurnar sǫgðu heim þessi tíðendi. Varð konungr mjǫk hryggr ok lætr leita, ok finnst hún hvergi. Kemr engi sá, at honum kunni þar til at segja. Dofnar hér yfir sem annat, ok líðr til jóla.

Questa è la traduzione di Fulvio Ferrari.

«C'era un re che si chiamava Hertryggr e regnava a est, in Russia. Questa è una terra molto grande e popolosa, e si stende tra Húnaland e Gardaríki. Il re era sposato e aveva due figlie, entrambe di nome Hildr: erano fanciulle belle, di buon carattere e di buona educazione, ed egli le amava teneramente.
Un giorno accadde che il re si recasse a caccia, mentre la figlia maggiore andava a cercar noci in compagnia delle sue damigelle. Questa ragazza veniva chiamata Brynhildr perché praticava le arti cavalleresche. Brynhildr e le altre fanciulle si preparavano a tornare a casa, quando si abbatté su di loro un grande animale, detto hjasi: una bestia crudele, di corporatura enorme. Lo hjasi è, tra gli animali, quello che vive più a lungo, tanto che, con un'antica espressione, se qualcuno diventa molto vecchio si dice che ha l'età di uno hjasi. L'aspetto di questa fiera è simile a quello di una donnola, e ha orecchie tanto lunghe che toccano il suolo.
Alla vista dell’animale le fanciulle corsero ognuna in una direzione diversa, lo hjasi afferrò allora la principessa e si rifugiò nel bosco. Le damigelle tornarono poi a casa e riferirono quanto era successo. Il re ne fu estremamente addolorato: diede l’ordine di cercare la figlia, ma non la si trovò in nessun luogo, nessuno fu capace di dirgli dove fosse. Come ogni cosa, anche questa fu piano piano dimenticata, il tempo passò e si avvicinò la festa di Jól.
»

Parola importata dai Variaghi, hjassi / hjasi ha a mio avviso come sorgente ultima il sanscrito hastin "elefante". Fulvio Ferrari, che ha curato la traduzione e l'edizione della Saga di Egill il Monco (1995), fa notare in una nota seminale che lo hjassi fosse descritto come una bestia in tutto simile all'elefante, fatta salva l'assenza della proboscide, organo muscolare che costituisce invece uno dei tratti distintivi imprescindibili del pachiderma. Ecco le parole dell'insigne germanista sull'argomento (da me credute a lungo opera di Gianna Chiesa Isnardi per una fallacia della memoria):

«Non è chiaro a che tipo di animale, più o meno fantastico, l’autore della saga faccia riferimento con il termine hjasi. Secondo  Petter Salan  si  tratterebbe di un lupo (Salan 1693, pp. 92 ss.); Lagerholm (1927, p. 4-5n.) accoglie l’ipotesi di un legame con il norvegese jase (lepre) e pensa all’attribuzione di caratteristiche e dimensioni fantastiche a un animale, la lepre appunto, assente in Islanda. Marina Mundt (1993, pp. 216-219) pone invece il termine hjassi – grafia in AM 589e, 4° – in relazione con il sanscrito hasty e riconosce in questo mostro un elefante indiano: viaggiatori scandinavi in Oriente avrebbero visto rappresentazioni di elefanti con un guerriero stretto nella proboscide, e dai loro racconti sarebbe originato lo hjasi della Saga di Egill il monco. Va però notato che la lingua norrena conosceva il termine d’origine persiana fíll per designare l’elefante, animale descritto con una certa ampiezza nell’excursus geografico contenuto nello Stjórn, traduzione  e  parafrasi  commentata  dei  primi  libri  della  Bibbia in norreno (Simek 1990, pp. 524-525). Se inoltre lo hjasi della saga derivasse dall’impressione suscitata negli Scandinavi in Oriente dall’immagine di un elefante con un guerriero stretto nella proboscide, non si spiegherebbe l’assenza dalla descrizione dell’elemento più strano e, al tempo stesso, funzionale: la proboscide.»

Le grottesche opinioni di Salan e di Lagerholm sono da ritenersi risibili e più insensate dei peti di un mulo: manca loro qualsiasi traccia di elementare coerenza interna. Detto questo, assumendo che lo hjassi sia un esotico pachiderma, il mistero della proboscide mancante avrebbe una chiara e logica spiegazione: più che all'elefante asiatico (Elephas maximus), si può pensare che la parola fosse riferita al mammut (gen. Mammuthus), animale ben noto in Russia, dove notevoli resti affioravano dai terreni siberiani, al punto da costituire importanti fonti d'avorio in epoca medievale. Le carcasse dei mammut rinvenute nella tundra erano sprovviste della proboscide, dato che il deterioramento dell'appendice nasale si era completato prima del processo di congelamento. Si deve notare che il prestito, evidentemente entrato nella lingua degli Svedesi, sia poi giunto fino in Islanda. 

Il vocabolo norreno in questione non va confuso con hjassi, variante di hjarsi (m.) "apice, cima" e derivata dalla stessa radice di hjarni (m.) "cervello" (protoforma indoeuropea *k'erǝs-). L'idea di Petter Salan, che identifica assurdamente lo hjassi con una lepre ingigantita all'istante all'arrivo dei coloni norvegesi in Islanda, si fonda sull'esistenza di un altro omofono: hjasi (m.) "lepre". Vediamo che il genuino esito norreno del protogermanico *xazæ:n "lepre" è heri (m.), ove la vocale -e- si è prodotta a causa dell'Umlaut palatale della rotica -R-, derivata regolarmente da -z- e quindi confusa con -r-. Per contro non si trova chiara spiegazione all'aspetto fonetico di hjasi. Non può essere derivato dalla variante *xasæ:n, con sibilante sorda, che avrebbe dato *hasi. Una fantomatica protoforma *xisæ:n, il cui vocalismo è da ritenersi aberrante, non spiega neppure lei i dati: non si sarebbe sviluppata affatto la "frattura" della vocale tonica, ossia la sua trasformazione in -ja-. Avanzo l'ipotesi che hjasi "lepre" sia un prestito da una lingua germanica orientale, anche se la fonetica permane ardua. La forma gotica ricostruibile è *hasa "lepre". La protoforma indoeuropea, posto che la parola non sia un relitto di sostrato, sarebbe *k'as-(no-) "grigio". 

Veniamo ora al sanscrito hastin "elefante". Esiste una radicata tradizione che traduce hastin con "dotato di mano", dove la mano a cui si allude è ovviamente la proboscide, appendice mirabilissima, dotata di migliaia di muscoli e prensile in modo splendido. Esiste infatti l'aggettivo hastin "dotato di mani". Se devo essere franco, ritengo poco probabile questa spiegazione. Con ogni probabilità si tratta di una falsa etimologia o etimologia popolare, essendo hastin "elefante" un relitto di una lingua sconosciuta del sostrato preindoeuropeo sopravvissuto nel lessico sanscrito. Un'altra possibilità è che si tratti di un calco dal Tamil kaimmā - uno delle centiniaia di nomi dell'elefante tuttora in uso - che potrebbe derivare da kai "mano", intesa come "appendice prensile". Posto che non sia a sua volta una falsa etimologia. Riporto il link a una pagina che elenca un certo numero di derivati e di composti in sanscrito:


A questo punto rimane un problema: qual è stata l'esatta traiettoria del prestito? Se postuliamo l'esistenza di un'ignota lingua siberiana che ha preso il prestito dal sanscrito e lo ha usato per descrivere i mammut, resta da risolvere una questione di non poco conto: in concreto, di quale lingua si tratta? Dobbiamo pensare che l'aspirazione iniziale del sanscrito hastin, che era sonora, sia stata adattata in una fricativa sorda /ç/, che in norreno è stata poi resa con /hj/. Questo porrebbe fine all'annoso problema della -j- in hjassi. Poi dovremmo pensare all'evoluzione di -st- in -ss- / -s-. Queste considerazioni non mi sono al momento sufficienti a identificare l'idioma perduto in questione, così lascio aperta la discussione. 

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