giovedì 18 luglio 2019


CONTRO I BEI TEMPI ANDATI 

Titolo originale: C'était mieux avant!
Anno: 2018
Autore: Michel Serres
Lingua originale: Francese
Genere: Saggio
Editore: Bollati Boringhieri
Collana: Temi
Traduzione: Chiara Tartarini
Codice ISBN: 8833929922
Codice EAN: 978-8833929927
Formato: Paperback
Pagine: 74 pp. 

Sinossi (da www.bollatiboringhieri.it): 
A ottantasette anni compiuti, ovunque celebrato tra i più acuti epistemologi dei nostri giorni, Michel Serres rivendica per sé un unico privilegio: sconfessare motivatamente chiunque deprechi il presente in nome di un passato migliore. Catastrofisti e declinisti di ogni risma sono avvertiti. Non sarà consentito loro alcun vagheggiamento del buon tempo andato. Ogni nostalgia del «prima» dovrà mostrare il proprio volto ipocrita di difesa di prerogative acquisite e chiusura preconcetta al nuovo. Così Vecchio Brontolone, eroe negativo di questo pamphlet, è incalzato senza tregua dal suo coetaneo Serres, che gli fa sgranare le litanie edulcoranti dell’«eh, una volta sì che...», per il gusto di rivoltarle una a una. Figlio della profonda provincia francese, Serres li ha vissuti, quei tempi decantati, ma a differenza della gran parte dei professori suoi colleghi ha conosciuto la guerra mondiale e coloniale, la malnutrizione, la durezza del lavoro che sfiancava il corpo, la difficoltà degli spostamenti, l’esistenza stentata in ambienti malsani, dove alle donne erano riservati perlopiù sudore, sottomissione e ignoranza.
Le conquiste di civiltà tanto macroscopiche quanto sottovalutate dai passatisti – il balzo della speranza di vita, la sensibilità ecologica, la parità di genere, i progressi giganti dell’igiene e della medicina – sono perfettibili, certo. Ma perché dimenticare gli oltre settant’anni di pace, condizione eccezionale nella storia d’Europa? Serres e la sua giovanissima eroina positiva, Pollicina, che con il cellulare tiene in mano il mondo intero, parteggiano per una vita dolce e lieve, solo adesso possibile. Se è ottimismo, non presenta però tratti di ingenuità. È combattente, argomentato, trascinante come il brio occitano di una prosa che non ha eguali.


Indice:

  Caudillo, duce, Führer, grande timoniere..., 10
  Guerra e pace, 11
  Ideologie, 14
  Contratto naturale, 17
  Stato eccitato della società, 18
  Malattie, 21
  Vita e morte, 23
  Intensive e palliative, 24
  Pulizia, igiene, 25
  Donne, 28
  Maschi al lavoro, 29
  La pattumiera degli attrezzi, 32
  Lavandaie e mestole, 35
  Gru, 36
  Re dello scacciamosche, 40
  La schiena contadina, 42
  Convitti, 43
  I viaggi ordinari, 45
  Comunicazioni, 47
  Concentrazione e distribuzione, 49
  Provenienza alimentare, 51

  Lingue e accenti, 54
  Abiti e giacigli, 56
  Sessualità, 57
  La fata elettricità, 59

  Bruttura e bellezza, 60
  Parlavamo tra di noi, aspettando, 62
  I media, 63
  Da capo: ritorno al politico, 65
  Grandezza delle specie, 67
  Piccolezza, 69
  L'onda che l'arrecò impaurita si ritrae, 72
  L'invio, 73

Recensione:  
Sembrava promettente. L'ho adocchiato in una libreria in Valle d'Aosta, poi mi sono finalmente deciso a comprarlo. Ebbene, ne sono rimasto deluso. Avrei fatto meglio a spendere quei soldi in alcolici. Un libro tedioso, di una noia assoluta e mortale dalla prima parola all'ultima. In aggiunta a ciò, le argomentazioni dell'autore non trasformano certo Martino il Manicheo nel dottor Pangloss. Premetto una cosa: sono perfettamente consapevole del fatto che non bisogna provare nostalgia di epoche mai vissute. Questo però non significa che il presente sia il Paese della Cuccagna, una terra incantata in cui non esiste alcun male. Quella che contesto è l'impostazione pinkeriana dell'opera. Serres è in larga misura debitore a Steven Pinker, il moderno Maiale Clarinetto che decanta senza sosta le magnifiche sorti e progressive. Come a dire: in passato c'era il vaiolo, c'era il colera e non si riusciva a tenere la merda lontana dal piatto, quindi adesso dobbiamo metterci a ballare l'hula hoop perché abbiamo la nutella. Certo, Serres dimostra un'innata sobrietà che gli fa onore. Non arriva agli eccessi di Pinker, l'allegro ashkenazita che è arrivato a ritenere gli Yanomami dell'Amazzonia il popolo più violento della Terra, citando soltanto le percentuali di morti violente e omettendo l'esigua consistenza numerica delle tribù. Capiamo anche perché Bolsonaro ha appeso nel suo studio il ritratto di Pinker e non quello del pensatore francese.  

Ogni generazione vedrà sempre il proprio presente come un tempo malvagio e si struggerà costantemente di nostalgia per i tempi andati, perché questo è insito nel genoma di Homo sapiens. Si tratta di quella stessa istruzione genetica che rende ogni individuo della nostra specie insoddisfatto della propria condizione e lo spinge a cercarsi problemi a non finire, inventandosene anche dove non ce ne sono. La facoltà motrice potremmo ben chiamarla "paranoia". Siamo una specie paranoica - oltre che semi-intelligente. Ogni sguardo che un essere umano dà alla realtà delle cose è distorto. E lo sarà fino alla Fine dei Tempi, piaccia o no a Serres, a Pinker e ai seguaci del panglossismo militante. Ha quindi pochissimo senso puffare il presente e dimostrare che è meglio del gargamellesco passato.

La mia tesi è tutto sommato abbastanza semplice, seppur poco intuitiva. Il passato e il presente sono essenzialmente incomparabili. Non è possibile nemmeno descriverli usando lo stesso linguaggio. Differiscono in modo radicale per categorie ontologiche. Di fatto il passato e il presente sono universi in toto dissimili, come se non fossero neppure riducibili alle stesse leggi fisiche.

Anni fa ho sentito un vecchiaccio lamentarsi del pane, a sua detta cotto male. Eppure era pane di frumento, che nei "bei tempi andati" era privilegio del Re e dei suoi nobili, al massimo dei borghesi più floridi. Il vecchiaccio aveva vissuto i tempi della Guerra e sperimentato sulla propria pelle le lunghe code per ricevere la propria razione di pane nero della tessera annonaria (80-85% di abburattatura). Un pane duro che faceva schifo, oggi non lo mangerebbe nemmeno un clochard. Nonostante ciò, passato tanto tempo, le lamentele andavano al pane di frumento. Vedete che distorsione percettiva?
Se il vecchiaccio in questione - ormai tumulato - avesse letto il libro di Serres, non avrebbe cambiato idea: avrebbe continuato a lamentarsi dell'abbondanza del presente per agognare la carestia del passato.


Anni fa ho ascoltato le lamentele di un anziano muratore (in milanese müradur o müraduu, ossia colui che dirige i lavori): quando era un giovane manovale (in milanese magütt, ossia colui che lavora con cazzuola e malta), tutto sarebbe stato meglio. "Ci si aiutava di più", continuava a borbottare. E poi: "Tutto era più buono. Quando tornavo dal lavoro, a notte fonda, mia moglie mi faceva trovare la tavola imbantita imbandita di ravioli". Tutto era più buono perché da giovane le papille gustative gli funzionano bene, perché quando si invecchia si perde anche la metà della capacità di percepire i sapori. Le tavole imbandite di ravioli erano una pia fantasia, anzi, una menzogna palese. In tempi di carestia, voglio proprio vedere come un magütt potesse ingozzarsi di alimenti sopraffini. Vedete come si possono distorcere anche i ricordi?  
Se il muratore in questione avesse letto il libro di Serres, non avrebbe cambiato idea: avrebbe continuato a lamentarsi dell'abbondanza del presente per agognare la carestia del passato.

Per capire fino in fondo i tempi andati, è necessario sapere qualcosa di come ci si puliva lo sfintere anale dopo aver defecato. Suppongo che fosse al di là di ogni immaginazione per un marito leccare alla moglie o a un'amante quel buchino che oggi ci appare tanto adorabile e sensuale. Troppo forte era l'associazione alle latrine, alle esalazioni escrementizie e al penetrante odore che le accompagnava, quello dell'acido fenico! Non dimentichiamo che persino tra coniugi l'intimità era handicappata da mille tabù e proibizioni. Esistevano infiniti disgusti, che rendevano impraticabili anche contatti oggi molto diffusi e naturali, come ad esempio la fellatio. Anche perché lo smegma era un dato di fatto, una costante del moto. Sì, i genitali erano spesso cosparsi di una pasta bianchiccia dall'odore schifoso di formaggio, che si addensava fino a formare pupazzetti! A chi sarebbe venuta voglia di leccare simili brutture? Ora mi pongo una domanda. Perché Serres non scende così nel dettaglio? Perché non riesce a infrangere la barriera della vergogna. Si limita a parlare dei fortissimi tabù un tempo imperanti, che si traducevano in bislacchi eufemismi: il reggiseno era il "reggigola" (francese soutien-gorge), i piedi erano le "estremità" e via discorrendo. Trovo interessante un aneddoto del filosofo occitano. Un'eroina della Resistenza, vistosamente gravida, chiedeva al medico da dove le sarebbe uscito il bambino, stupendosi nel sentirsi rispondere che la via di uscita era la stessa via dell'uccello seminatore. Che dire poi di quella coppia che dopo un'accurato interrogatorio da parte del medico curante ammise di aver consumato per anni rapporti sessuali usando l'ombelico anziché la vagina? Adesso mi si deve spiegare quale reale comunicazione a livello verbale o anche solo di pensiero potrebbe mai sussistere tra una persona della prima metà del XX secolo e una persona dell'epoca di Pornhub. Certo, oggi possiamo nominare e leccare tutto, anche se il politically correct non ci fa respirare. 

Interessante la descrizione su alcune norme igieniche. Nelle campagne le camicie e la biancheria si lavavano due volte in un anno, diventando prima gialle virando infine verso il fecale (Serres, pudibondo, parla di color "isabella" - opposto a "cande", aggettivo attribuito dei panni appena lavati). I bambini, che non avevano ancora sviluppato il senso del disgusto, si mettevano in bocca le dita sporche di merda ogni volta che i puritani genitori distoglievano lo sguardo: così facendo contraevano la poliomielite e rimanevano storpi (eh sì, all'epoca si usava questa parola senza provare alcun senso di colpa). Tale malattia invalidante, per chi non lo sapesse, è provocata da un virus a trasmissione oro-fecale. Ho fatto in tempo a vedere, durante i miei anni giovanili, non pochi ragazzi con le conseguenze tremende di una poliomielite subita nell'infanzia, ridotti a camminare con le stampelle o peggio ancora a trascinarsi su una carrozzina. Adesso non se ne vedono più, il virus è stato combattuto e sconfitto - non senza fatica. Meglio non proseguire, prima che i cospirazionisti più stravaganti traggano spunto da quanto scritto in questa sede: potrebbero cominciare a dire che la poliomielite è scomparsa perché non si ciucciano più le dita cosparse di escrementi! Finisco anche la recensione, che rischia di diventare più lunga dell'opera originale!

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