venerdì 12 luglio 2019

SENTIERI VERSO IL NIRVANA

Sofia giaceva distesa sul divano con gli occhi sbarrati.
Dalle casse dello stereo si spargevano per la stanza le note di "Aurora" degli Helevorn.
La tivù, accesa a volume zero, trasmetteva scene di guerriglia urbana.
"Sistemiamo la questione una volta per tutte", disse ad alta voce. Si alzò, andò in bagno, si vestì e prese dal cassetto della scrivania la pistola che vi era custodita, una Glock 17, e tre caricatori.
Alle 8 e 30 esatte si introdusse nella sede della Fondazione. Colpi d’arma da fuoco e grida di terrore risuonarono poco dopo in tutto il palazzo. 

Danilo mi telefonò all’una di notte. Ero sveglio e in balia dei consueti bruciori di stomaco, così risposi subito.
"Puoi raggiungermi?"
"Dove sei?"
"Al cinema" 
Era così che chiamava il piazzale del capannone dismesso situato a poca distanza dall’argine.
"Arrivo."
Sapendo dove si appostavano le pattuglie per i controlli, per evitare sorprese feci il giro largo . Dopo venti minuti ero sul posto. Imboccata la strada a fondo chiuso che conduceva al capannone, vidi la vettura di Danilo posteggiata accanto al muro di cinta. Accostai, scesi dall’auto e lo raggiunsi.
"Beh?"
"Ho un problema, anzi due."
Aprì il bagagliaio dell’auto e mi fece segno di guardare. All’interno c’erano due cadaveri. 
"Cos’hai combinato?"
"Abbiamo avuto una discussione."
"Animata, a quanto vedo. Chi erano?"
"Gente poco raccomandabile."
"E mo'?"
"Ho due badili sul sedile posteriore."
"Ma porca puttana. E dove la scaviamo la buca?"
"Tranquillo, qui dietro c’è un terreno incolto, non ci vede nessuno." 
"Grazie al cazzo."
"Dammi una mano a tirarli giù, dai."
"Gli hai tolto i documenti?"
"Ovvio." 
Fu una faticaccia d’inferno ma, stranamente, mi calmò il bruciore di stomaco. 

Rientrato a casa dopo tre ore, mi distesi a letto senza neppure svestirmi.
Mi svegliai a metà mattina e per prima cosa accesi il televisore.
Su tutti i canali non si faceva che parlare della strage alla Fondazione.
Riconobbi il viso di Sofia, "l’autrice del massacro", come la definì il giornalista.
Sofia… erano trascorsi dieci anni dall’ultima volta in cui l’avevo incontrata. Non sarebbe più accaduto: era stata abbattuta dalla polizia accorsa sul luogo dell’eccidio.
In meno di un’ora, Sofia era riuscita a far fuori venti persone.
Non male, per una ragazza che ricordavo timida e delicata. 

Pietro Ferrari, luglio 2019

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