mercoledì 14 ottobre 2020

ETIMOLOGIA DI NODENS

Nodens è un dio celtico associato al mare, ai cani, alla caccia e alle guarigioni. Il suo nome è documentato con le varianti Nudens e Nodons. Nell'interpretatio romana è associato a Marte, a Nettuno e a Silvano. Il suo culto era diffuso in Britannia, dove ne abbiamo testimonianze nel complesso di templi di Lydney Park (Gloucestershire, Inghilterra), collocato nei pressi dell'estuario del fiume Severn. Nel 1920 il sito fu scavato dall'archeologo Sir Mortimer Wheeler, che ritrovò numerose iscrizioni in latino con dediche a Nodens. 
 
Questo è il testo di una maledizione inciso su una tavoletta di piombo, ritrovato nel complesso di Lydney:  
 
DEVO NODENTI SILVIANVS ANILVM PERDEDIT DEMEDIAM PARTEM DONAVIT NODENTI INTER QVIBVS NOMEN SENICIANI NOLLIS PETMITTAS SANITATEM DONEC PERFERA(T) VSQVE TEMPLVM (NO)DENTIS 
 
Traduzione: 
"Per il dio Nodens. Silviano ha perso un anello e ha donato metà [del suo valore] a Nodens. Tra coloro che sono chiamati Seniciano non permettere alcuna guarigione finché non sarà restituito al tempio di Nodens."

Le lettere tra parentesi si trovavano sul bordo eroso della lamina, così non sono leggibili, anche se le si può reintegrare con sicurezza. 
 

A fare la defissione deve essere stato un romano, Silviano, il cui anello era stato rubato da un certo Seniciano. Un britanno avrebbe scritto il testo in lingua celtica, che coesisteva col latino nello stesso ambiente. Non era raro per un cittadino romano ricorrere a divinità dei popoli presso cui risiedeva. Il fatto curioso è che l'anello di Silviano fu poi ritrovato nel 1785 in un luogo distante, a Silchester, nello Hampshire. Il prezioso reca un'iscrizione: SENECIANE VIVAS IIN DE<O> (la preposizione IN è scritta con due I e manca la vocale finale di DEO). Il ladro era cristiano! 
 
Una piastra di bronzo, sempre da Lydney, riporta questa iscrizione: 
 
D(EO) M(ARTI) NODONTI FLAVIVS BLANDINVS ARMATVRA V(OTUM) S(OLVIT) L(IBENS) M(ERITO) 
 
Traduzione:
Al dio Marte Nodons, Flavio Blandino l'istruttore d'arme adempie volentieri e meritatamente al suo voto. 
 

Su un'altra piastra di bronzo, assieme all'immagine di un cane compare la seguente iscrizione:  
 
PECTILLVS VOTVM QVOD PROMISSIT DEO NVDENTE M(ARTI) DEDIT 
 
Traduzione:
Pettillo dedica questa offerta votiva che aveva promesso al dio Nudens Marte. 


La ricostruzione delle forme celtiche britanniche è molto agevole. Sono le seguenti:

nom. *Noudons, *Noudens 
gen. *Noudontos, *Noudentos
dat. *Noudontī, *Noudentī 
acc. *Noudontan, *Noudentan 
voc. *Noudons, *Noudens

Il dittongo celtico /ou/ aveva un suono chiuso ed era spesso reso nelle trascrizioni latine con /o:/ (scritto -o-) o con /u:/ (scritto -u-), sia in Britannia che nelle Gallie. 
 
La forma accusativa è in -*an. La protolingua vocalizzava le antiche sonanti /ṃ/ e /ṇ/ dell'indoeuropeo con una vocale centrale.
 
L'adattamento di queste forme alla III declinazione in latino è immediata, data la somiglianza tra le due lingue, dovuta alla comune origine indoeuropea: 
 
nom. NODONS, NODENS, NVDENS 
gen. NODONTIS, NODENTIS, NVDENTIS 
dat. NODONTI, NODENTI, NVDENTI 
acc. *NODONTEM, *NODENTEM, *NVDENTEM
voc. *NODONS, NODENS, *NVDENS 
abl. *NODONTE, *NODENTE, *NVDENTE 

Troviamo un'occorrenza di NVDENTE come dativo, in luogo di NVDENTI. Potrei non disporre della totalità delle iscrizioni in cui il teonimo è presente, tuttavia è verosimile che i testi non contengano le forme accusative, vocative e ablative. 

Nodens in Irlanda 
 
Fu J. R. R. Tolkien il primo autore ad accorgersi dell'identità tra le forme britanniche attestate nelle iscrizioni in latino e il teonimo irlandese Nuadha (antico irlandese Nuaḋu, Nuaḋo, Nuaḋa, attualmente scritto Nuadu, Nuada), che designava il primo sovrano del popolo divino dei Túatha Dé Dánann.  

Questa è la declinazione del teonimo:

nom. Nuaḋu, Nuaḋo 
gen. Nuaḋat 
dat. Nuaḋait 
acc. Nuaḋat n-
voc. Nuaḋu, Nuaḋo
 
Queste sono le protoforme da cui sono derivate le forme iberniche riportate: 
 
nom. *Noudons 
gen. *Noudontos 
dat. *Noudontī
acc. *Noudonten
voc. *Noudons 
 
Il dittongo /ou/ (dai dittonghi protoceltici /ou/ e /eu/) si è evoluto naturalmente in /ua/, in cui l'accento cade sulla prima vocale. La consonante /d/ si è lenita in /ð/ (la pronuncia è come nell'inglese the ed è scritta ). In irlandese moderno questa consonante è sparita, così Nuadha si pronuncia /nuə/
 
La forma accusativa è in -*en, che in antico irlandese sparisce lasciando una pronuncia palatale della consonante precedente. La protolingua vocalizzava le antiche sonanti /ṃ/ e /ṇ/ dell'indoeuropeo con una vocale anteriore. 
 
Un chiaro esito moderno dell'antroponimo Nuadha è il cognome gaelico irlandese Ó Nuadhain (anglicizzato in Noon o Noone). Si trova soprattutto nelle Contee di Galway, Mayo e Roscommon.
 
Epiteti del Re Nuadu 
 
Il Re Nuadu dei Túatha Dé Danann era chiamato Airgetláṁ, ossia "Mano d'Argento" o "Braccio d'Argento". La protoforma ricostruibile è *Argentolāmos (da *argenton "argento" e *lāmā "mano; braccio"). Aveva tuttavia anche un altro notevolissimo nome: Nechtan. Questa denominazione lo qualifica come divinità delle acque ed ha la stessa origine del latino Neptūnus. In protoceltico l'antico gruppo consonantico /-pt-/ è diventato /-χt/, con un suono fortemente aspirato come -ch nel tedesco nach. Così Nechtan deriva da un precedente *Neχtonos, a sua volta da *Neptonos. Questo prova che Nuadu era una divinità molto venerata dai Picti, con il nome di Nechtan, dato che questo compare come antroponimo. Nelle iscrizioni ogamiche in lingua pictica (non indoeuropea ma con notevoli prestiti celtici) ne abbiamo varie attestazioni:  
 
NEHHTONS (iscrizione di Lunnasting),  
NAHHTO... (iscrizione di Latheron),  
NEHHT(VROBBACCENNEVV) (iscrizione di Aboyne), 
NAHHTVVDDAḌḌS (iscrizione di Bressay). 
 
Beda il Venerabile ci tramanda questo nome come Naiton. In antico irlandese, oltre a Nechtan, è attestata anche la denominazione Nuadu Necht, che potremmo tradurre con "Nuadu delle Acque", da *Noudons Neχton, a riprova del fatto che nel linguaggio druidico doveva esistere il vocabolo necht "acqua", da *neχton "acqua" (genitivo plurale *neχton "delle acque"). Simili arcaismi sono preziosi, eppure non mi risulta che siano molto studiati dal mondo accademico. 
 
Un altro epiteto del Re Nuadu Braccio d'Argento, che dimostra la sua natura ambigua, era Elcṁar (in irlandese attuale Ealcmhar), che significa "Funesto". La protoforma ricostruibile è *Elcomāros. L'aggettivo -māros "grande" era usato come intensivo e si trova ampiamente nell'antroponimia celtica, ad esempio nelle Gallie. Solo per fare un esempio, il nome del capo degli Insubri Viridomarus (adattamento di *Viridomāros) significa "Molto Virile". 
 
Il Re Braccio d'Argento nel Galles 
 
Il Re Nuadu Airgetlám nella letteratura gallese medievale è l'eroe Ludd Llaw Ereint, il cui nome era in origine Nudd Llaw Ereint. L'epiteto Llaw Ereint significa "Mano d'Argento" o "Braccio d'Argento". Vediamo subito che llaw "mano; braccio" viene dal britannico *lāmā, a sua volta da *plāmā (cfr. latino palma), mentre ereint viene dal britannico *argantijā "d'argento", aggettivo femm. derivato da *arganton "argento". Nudd è proprio l'evoluzione regolare di *Noudons, *Noudens. La sua successiva trasformazione in Lludd si può spiegare con una sorta di tabù, una plausibile reazione cristiana a contenuti pagani di cui permaneva qualche consapevolezza - oppure la sequenza Nudd Llaw Ereint sarebbe stata mutata in Llud Llaw Ereint per semplice assimilazione attillterante.   
 
Un possibile parallelo in Renania 
 
Un dio NOADATUS (o più probabilmente NOADAS) è stato identificato in un'iscrizone trovata a Magonza, incisa su blocco di arenaria. L'enigmatica divinità è identificata con Marte. Questo è il testo: 

DEO MAR(TI) / NOADAT(O?) / [F]L(AVIVS?) MVCATR/ALIS VET(ERANVS) LEG(IONI) / XXII EX VOT[O] / [POSV]IT 

La lettura NOADAT(O) potrebbe non essere corretta. Ritengo molto probabile che si debba invece leggere NOADAT(I). Se ciò fosse confermato, avremmo il dativo di un tema in consonante (sia in latino che in celtico terminava in -i). Il teonimo si spiegherebbe come una derivazione da un precedente *Noudons seguendo una trasformazione simile a quella che si è verificata in irlandese. La cosa sorprende non poco, dato che l'altare risale ai primi decenni del III secolo d.C. (datazione probabile: 200 - 230 d.C.). Si potrebbe pensare a una comunità alloctona, deportata dai Romani da una regione lontana, probabilmente l'Ibernia o la Caledonia. Questa comunità trapiantata non deve essere stata effimera. Si noterà che nella terminologia legale dei Merovingi restano tracce di una lingua celtica con caratteri simili a quelli dell'antico irlandese.  
 
Il significato della radice indoeuropea *neud- 
 
Le protoforme ricostruibili con sicurezza dai dati a disposizione (iscrizioni in latino, esiti nelle lingue celtiche medievali) puntano a una radice *noud-, *neud-, di cui il teonimo Nodens è un participio presente attivo. Cosa significa questa radice? Qual è la sua provenienza? Per rispondere a questa domanda è necessario fare riferimento ad altre lingue indoeuropee. Pokorny ha ricostruito una forma protoindoeuropea *neu-d- "acquisire, far uso di qualcosa". Pokorny ha ipotizzato *neu-d- "acquisire, utilizzare; pescare". In tempi più recenti, Starostin ricostruisce *neud- "godere di qualcosa, utilizzare". Il principale parallelo del teonimo celtico è il protogermanico *neutanan "utilizzare". In gotico abbiamo niutan "utilizzare", unnuts "stupido; inutile" (un- è il prefisso negativo), ma soprattutto nuta "pescatore" (la locuzione evangelica "pescatori di uomini" è resa da Wulfila con nutans manne). A parer mio il significato originario era "afferrare; catturare", da cui "cacciare; pescare", con naturale slittamento semantico. Esistono anche corrispondenti in baltico e in slavo. Si tratta quindi di una radice tipica dell'indoeuropeo occidentale, che potrebbe essere a sua volta un prestito antichissimo da una lingua di origine sconosciuta. Tutto questo è tuttavia di somma utilità: ci permette di capire che Nodens è proprio la fonte da cui è derivato il mito del Re Pescatore. Il Ciclo di Artù è derivato da un'assimilazione cristiana di materiale celtico. 
 
Nodens e il sassone Saxnot 
 
La divinità nazionale dei Sassoni era il guerriero Saxnōt, che è attestato in antico inglese come Seaxnēat. Si tratta di un teonimo formato a partire dal nome della spada corta, una sorta di gladio: antico sassone sax, antico inglese seax. Proprio come il nome stesso dei Sassoni. Possiamo facilmente comprendere che è un antico parente del latino saxum "sasso"; l'etimologia dall'indoeuropeo *sek- "tagliare" (da cui il latino secāre) è fallace e non spiega il vocalismo. Il vocabolo in questione rimanda all'epoca neolitica in cui le armi erano fatte di ossidiana. Così Saxnōt significa "Che usa il gladio", "Che afferra il gladio". La seconda parte del composto punta a una protoforma *naut-, che è proprio dal verbo *neutanan di cui abbiamo parlato in precedenza. 
 
Nodens e H. P. Lovecraft 
 
Molti conoscono Nodens soltanto per via delle sue menzioni nell'opera del Solitario di Providence. Nodens è chiamato "Il Cacciatore" e "Il Signore del Grande Abisso" (Lord of the Great Abyss). Considerato una divinità del Ciclo dei Sogni, è annoverato tra i Grandi Antichi. I suoi servitori sono i Magri Notturni (Nights Gaunts, Nightgaunts) In qualche modo è dipinto come benevolo, se non altro perché si oppone a Nyarlathotep, il Caos Strisciante. Compare nel romanzo fantastico La ricerca onirica dello sconosciuto Kadath (The Dream-Quest of Unknown Kadath), scritto nel 1926-1927 e pubblicato postumo nel 1943. Si trova anche nel racconto horror La casa misteriosa lassù nella nebbia (The Strange High House in the Mist), scritto nel 1926 e pubblicato nel 1931 su Weird Tales:  
 
"And upon dolphin’s backs was balanced a vast crenelate shell wherein rode the grey and awful form of primal Nodens. Lord of the Great Abyss…. Then hoary Nodens reached forth a wizened hand and helped Olney and his host into the vast shell" 
 
Il suo aspetto è quello di un uomo canuto con la barba grigia, anziano ma robusto e vitale. Viaggia su una specie di carro costituito da una grande conchiglia marina e trainato da un cetaceo. Sembra quasi rassicurante, in confronto all'insondabile orrore alieno di Cthulhu e di Yog-Sothoth. Per il resto, sono sconosciuti i suoi poteri, così come le sue reali intenzioni.  

Nodens e J. R. R. Tolkien 

Sembra evidente che lo scrittore sudafricano sia rimasto molto colpito dalla scoperta delle iscrizioni di Lydney e dall'allusione all'anello di Silviano rubato dal perfido Seneciano. Da questi fatti deve aver sviluppato una vera e propria ossessione per gli anelli! Una cosa è certa: senza Nodens non avremmo Il Signore degli Anelli. Si è tanto insistito sull'adesione di Tolkien alla religione della Chiesa di Roma, eppure non si menziona quasi mai la pervasività dell'influenza delle antichità pagane nella sua formazione e nella sua opera.

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