domenica 15 novembre 2020

 
SCHIAVE BIANCHE -
VIOLENZA IN AMAZZONIA 
 
AKA: Schiave bianche - Violenza profonda; Schiave bianche -
     Il sesso e la violenza; Amazonia - The Catherine Miles 
     Story;
Cannibal Holocaust 2 - The Catherine Miles Story   
Titolo inglese:
White Slaves 
Titolo francese: L'Esclave blonde  
Paese di produzione: Italia
Anno: 1985
Durata: 94 min
Lingua originale: Italiano, inglese
Specifiche tecniche: Normale a colori
Genere: Orrore
Sottogenere: Cannibalesco
Regia: Mario Gariazzo (Roy Garrett)
Soggetto: Francesco Prosperi
Sceneggiatura: Francesco Prosperi
Produttore esecutivo: Vittorio Galiano
Fotografia: Silvano Ippoliti
Montaggio: Gianfranco Amicucci
Musiche: Franco Campanino; Il brano "The Nynph", eseguito
    con il flauto di Pan, è di Fiorenzo Gianani
Interpreti e personaggi: 
    Elvire Audray: Catherine Miles Armstrong 
    Will Gonzales: Umukai
    Rik Battaglia: padre di Catherine
    Andrea Coppola: zio di Catherine
    Dick Campbell: Dick Campbell
    Dick Marshall
    Alma Vernon 
    Grace Williams
    Sara Fleszer
    Mark Cannon
    Jessica Bridges
Titoli tradotti: 
   Francese: L'Esclave blonde 
 
Trama: 
Catherine Miles è una diciassettenne inglese di buona famiglia, mandata a Londra per perfezionare la conoscenza della propria stessa lingua d'origine, che correva il rischio di dimenticare in favore dello spagnolo. Finiti i corsi, in occasione del suo diciottesimo compleanno la ragazza si reca in vacanza dai suoi genitori, che posseggono una vasta tenuta nell'Amazzonia lungo il corso dell'Orinoco (che nella mia ingenuità infantile ritenevo essere un'immensa distesa di orina). Durante una gita sul fiume, la comitiva subisce un attacco da parte di una tribù di indigeni armati di cerbottana, che ne fa strage. Il padre e la madre di Catherine finiscono uccisi e decapitati, mentre lei viene presa prigioniera e condotta via, nelle profondità della foresta pluviale. Il catturatore della ragazza è un impavido e nerboruto guerriero di nome Umukai, che comanda il gruppo. Dopo una lunghissima ed estenuante marcia nella foresta, i nativi arrivano con la prigioniera in un villaggio costituito da una grande capanna a forma di anello intorno a un grande spiazzo. Subito il cacique Rumuani decide di vendere Catherine all'uomo più ricco della comunità, Fameteri, che la tratta male e cerca di possederla con la forza. Umukai si offre di diventare uno schiavo pur di riscattare la ragazza, che nel frattempo è stata sverginata con un dildo, ma l'uomo a cui è stata venduta rifiuta l'offerta e la percuote. Ne nasce una lotta in cui Umukai ha la meglio e riesce a colpire a morte l'avversario. Dopo il funerale di Fameteri, il cui corpo viene cremato su una grande pira tra canti ossessivi, Umukai prende Catherine come propria donna, secondo le usanze della tribù; lei però rifiuta di concedersi, dato che lo crede l'uccisore dei suoi genitori. Lui la ama alla disperazione e cerca di fare di tutto per conquistarla, invano. Per poter sopravvivere, l'inglese rimane nella tribù e si adatta al modo di vivere dei nativi, indossando il perizoma d'erba e portando collane di conchiglie. A questo punto fa la conoscenza della sorella di Umukai, Luamari, con cui scopre di essere in grado di comunicare, anche se in modo stentato: la giovane nativa aveva avuto contatti con una missione e aveva appreso qualche parola di di inglese o più probabilmente di spagnolo. Le due diventano ottime amiche. I tentativi fatti da Catherine per apprendere la lingua degli indigeni all'inizio si rivelano presto fallimentari, mentre Umukai con l'aiuto della sorella riesce ad imparare quel tanto che basta per poter comunicare con la sua amata. La verità salta subito fuori: la bionda dice a Umukai che lo ritiene responsabile dell'uccisione dei suoi genitori, al che lui riesce a dimostrare che le cose non stanno affatto in questo modo. Le spiega che gli autori di quelle morti sono stati alcuni bianchi con la complicità di guerrieri di una tribù diversa dalla propria. Catherine capisce come stanno le cose e cede all'amore del suo corteggiatore, a cui chiede di accompagnarla nelle terre dei genitori morti. Arrivata a destinazione, vede che suo zio e sua zia, a parole tanto amichevoli, si sono impossessati della proprietà. Scopre che sono proprio loro i responsabili di tante atrocità, così entra nella loro camera da letto e li uccide senza pietà, decapitandoli a colpi d'ascia dopo averli paralizzati con frecce avvelenate. Umukai ha visto tutto ed è preso dallo sgomento: secondo le usanze della sua gente, nessuna donna può uccidere. Il guerriero deve quindi rinunciare all'amore di Catherine, perché non può violare un gravissimo tabù. I due salgono sulla canoa, ma a un certo punto lei si tuffa, nuotando verso la riva, mentre lui si allontana, sparendo nelle profondità della foresta. Rimasta sola, la giovane decide di consegnarsi alle autorità. Viene processata per omicidio, ma il suo avvocato difensore riesce a farne riconoscere l'infermità mentale. Il giudice la condanna quindi a breve periodo di reclusione in un istituto psichiatrico. Una volta libera, Catherine fa ritorno in Inghilterra, dove sposa un architetto e genera con lui una figlia. Non riuscirà però a dimenticare il suo amore per Umukai che, come lascia intendere la voce narrante, è morto suicida. 
 
 
Recensione: 
Scoprire sempre nuovi escrementi di celluloide mi procura una certa soddisfazione. Secondo alcuni (es. I Cinenauti), il filone dei Cannibal Movies, iniziato da Umberto Lenzi, in Italia si estinse con il film di Mario Gariazzo nel 1985. Altri invece affermano che tale estinzione fu segnata qualche anno dopo, nel 1988, da Natura contro di Antonio Climati. In ogni caso non sono previste resurrezioni zombesche. A dire il vero in questa pellicola di Gariazzo non ci sono scene di cannibalismo (come in quella di Climati, del resto), tuttavia viene considerata parte del genere cannibalesco per via dell'ambientazione, della sceneggiatura e delle tecniche di ripresa. La tribù protagonista di Schiave bianche non è antropofaga, anche se in un'occasione si vede Umukai portarsi alle labbra il sangue della giovane Catherine e assimilarlo. Si mostra poi l'assalto di guerrieri di una tribù ostile, i Tamuri o Isiwé, e si dice che sono cannibali. Quindi non è del tutto vero che il cannibalismo non è mai menzionato. In ogni caso il titolo, per essere franchi, è ingannevole. Ricordo ancora quando il film uscì. Mi capitò di vedere una sua locandina su un muro mentre mi trovavo a Genova e subito ebbi fantasie incredibilmente morbose. Ero in macchina e il conducente aveva la radio accesa a tutto volume. Le note che trasmetteva erano quelle di Sounds Like a Melody degli Alphaville. Mi immaginavo una specie di film porno-cannibal, in cui una fiera e bellicosissima tribù amazzonica si impossessava di un gran numero di donne bianche per sfogare su di loro la propria libidine. Sesso estremo, anche anale. In pratica una gangbang, un bukkake. Poi, una volta coperte le prigioniere di boli spermatici, le macellavano, le grigliavano su un gigantesco barbecue e le mangiavano. Come potevo immaginarmi queste cose? Neanche avevo 18 anni! Beh, ero un enfant terrible! Non potei vedere il film a Genova e la cosa mi passò presto di mente. Poi, molti anni dopo, quel ricordo - che molti riterranno osceno e disdicevole - mi tornò alla memoria come un rigurgito acido. Passati i 50 anni, mi sono confrontato con quelle che erano le mie inverosimili aspettative sul film. Inutile cercarvi qualcosa di simile a ciò che la mia perversa immaginazione aveva concepito. Questo lo avevo ben presente. Fatto sta che il titolo dice "Schiave bianche", ma qui la schiava bianca è una sola. Una schiava bellissima, affascinante, su questo non ci sono dubbi. Il titolo francese è più onesto: L'Esclave blonde. L'attrice che ha interpretato Catherine Miles, Elvire Audray, l'abbiamo già vista come protagonista di Assassinio al cimitero etrusco (Sergio Martino, 1982). Nata a Parigi nel 1960, è morta suicida nel 2000, all'età di soli quarant'anni. R.I.P.       
 
Una storia vera?  
 
Il film si apre con questa implausibile dichiarazione:

"The Producers wish to thank the Criminal Court of Ciudad Rodaz for allowing them to consult the records of the trial depicted here." 
 
La voce narrante ci informa: 
 
"Questo film è la rigorosa ricostruzione di una vicenda realmente accaduta. I luoghi sono gli stessi ove dieci anni fa Catherine Armstrong Miles visse la sua agghiacciante avventura. Oggi Catherine vive a Londra e ha svelato il suo segreto custodito gelosamente per tanto tempo ad un giornalista italiano, autorizzandone la realizzazione cinematografica . "
 
Ovviamente è un fake. Ciudad Rodaz, che dovrebbe trovarsi in Venezuela o in Colombia (in quelle nazioni scorre l'Orinoco), è un luogo immaginario. Eppure la vicenda di Catherine Miles non è campata in aria come si potrebbe pensare. In altre parole, è esistito un caso abbastanza simile, quello di Helena Valero. Nel 1944 il biologo italiano Ettore Biocca organizzò una spedizione scientifica in Amazzonia e cercò invano di visitare gli Yanomami, considerati demoni dalle guide. Non molto tempo prima la giovane Helena Valero, figlia di un venezuelano e di una brasiliana, era stata rapita e portata nella foresta. Dopo una ventina d'anni, nel 1963, lo scienziato italiano organizzò una seconda spedizione e riuscì finalmente ad incontrarla, registrando la sua affascinante narrazione della vita che aveva condotto nella foresta amazzonica. Sottratta alla sua famiglia di agricoltori di sussistenza quando era una bambina (tra i 10 e i 13 anni), Helena rimase ferita e si trovò a vivere tra gli Shameteri, una tribù Yanoama. Qui ha ucciso accidentalmente un bambino dandogli un rospo velenoso, e il padre della vittima voleva ucciderla. Per salvarsi la pelle fuggì nella foresta e raggiunse infine la tribù dei Namoeteri. Dopo un nuovo tentativo di fuga, fu ricatturata e presa in sposa a Fusiwe, cacique dei Namoeteri, divenendo la sua quarta e più giovane moglie. Dopo aver avuto da lei due figli, Fusiwe fu ucciso in battaglia. Saputo che i nemici dei Namoeteri complottavano per uccidere i suoi figli, temendo che li avrebbe cresciuti nella vendetta, Helena li trasse in salvo portandoli presso una tribù non coinvolta nella guerra. Conobbe un uomo di nome Akawe, lo sposò e gli diede due figli, un maschio e una femmina. Col tempo Akawe si rivelò un uomo brutale, paccianesco. Per sottrarsi ai maltrattamenti, la donna decise di tornare nelle terre dell'uomo bianco, portando con sé i quattro figli. Era l'Anno del Signore 1956. Nemmeno nel suo paese d'origine poté trovare la pace: la sua famiglia la rifiutò perche "contaminata dagli Indios" (e pensare che il padre era un individuo orrendo con la faccia da uomo-pesce di Innsmouth). Costretta a una vita miserabile in una missione protestante, Helena decise di tornare tra gli Yanomami. Nel 1989 fu trovata assieme ai figli nel villaggio di Lechosa, alla confluenza tra il Rio Ocamo e il Rio Mavaca. Era in condizioni di miseria assoluta. Morì nel 2002.  
 
 
Una gigantesca incoerenza 
 
Il film parte con questi dati di fatto: Umukai, conducendo i suoi guerrieri all'attacco, uccide i genitori di Catherine e li decapita, prendendo con sé le teste. Proseguendo nella visione, si viene invece a sapere che invece Umukai non è il responsabile di queste morti. Non ha ucciso lui i genitori della giovane inglese. Sorge quindi una domanda. Se non è stato Umukai a uccidere i genitori della bionda Catherine, perché ne ha reciso le teste prendendole come trofei? Tra i cacciatori di teste unicamente chi uccide qualcuno ha diritto al trofeo. Nessuno prenderebbe mai la testa di una persona uccisa da qualcun altro! Altra incoerenza folle. Se Catherine perdona Umukai come viene a sapere che non ha ucciso i suoi genitori, come mai gli perdona anche il fatto di aver reciso la testa ai loro cadaveri? Come dire: "Tu non hai ucciso i miei genitori, hai solo tagliato loro la testa quando erano già morti. Quindi è tutto OK". Questa è una cosa folle, vero?  Sembra quasi che il regista abbia iniziato le riprese partendo da un'idea per poi abbandonarla e impantanarsi verso la metà del film, una volta resosi conto che la sceneggiatura era inconsistente, a dir poco. Avrebbe quindi disperatamente cercato di porvi rimedio, senza alcun successo.      

Lo pseudo-Yanomami di Prosperi 

I nativi protagonisti del film di Gariazzo sono chiamati Guainirá. Non ho avuto riscontro di alcuna tribù con questo nome, ma ciò potrebbe doversi alle mie limitate conoscenze. Ho notato alcune stranezze. Una caratteristica non troppo comune in una lingua amerindiana dell'Amazzonia è la presenza del fonema /f/, che si trova ad esempio nell'antroponimo Fameteri /fame'teri/. Uno dei problemi con le lingue usate nei film è quello delle fonti da cui sono state elaborate. Si tratta di invenzioni parziali o complete? Non è sempre facile rispondere. Una cosa è certa: anche l'invenzione di una lingua richiede un certo grado di competenza, di consapevolezza e di sensibilità. Vediamo subito che Fameteri è un nome fabbricato a partire da quello di due tribù presso cui visse Helena Valero: gli Shameteri e i Namoeteri. Gli Shameteri erano già stati visti in Cannibal Holocaust (Ruggero Deodato, 1980). Il suffisso -teri / -tari si trova anche in altri etnonimi come Parimiteri e Pubmatari. Nelle lingue Yanomami non sussiste un fonema /f/, anche se il suono si trova come allofono in alcune varietà; invece vi abbondano le vocali nasali, che non si trovano affatto nella lingua udita nella pellicola gariazziana.
 
Un raffronto anche superficiale evidenzia una diversità lessicale profonda tra le lingue Yanomami e quella parlata dalla fantomatica tribù Guainirá. La tipica abitazione di paglia è chiamata da Catherine shapó /ʃa'po/, con una pronuncia identica a quella del francese chapeau "cappello". Si tratta di una mera coincidenza. All'inizio pensavo che di non poter escludere una trovata furbesca dello sceneggiatore. Poi ho trovato che tra gli Yanomami la casa collettiva è in effetti chiamata shabono (scritto anche xabono, shapono, yano).
 
Queste sono alcune glosse di parole e brevi frasi che è possibile ottenere dall'attenta visione del film:
 
Anaé "Terra dei Bianchi"
arégua!
"attingi!", "prendi l'acqua!" 
ashiníni! "mangia!"
éve! "su!", "forza!", "via!", "vai!":
   éve Umukai! "Vattene, Umukai!"
   evé! "presto!"; "vai via!" 

kanatá "scimmia" 
nakíru "cielo" 
tatukané "liquido lattiginoso usato per pescare" 
washimíni! "lavatela!" 
weassí ashamé kawametéri! "tu hai ucciso mio padre e mia
     madre!" 
shana kudu ikí! "attenzione al serpente!"

Il nome della scimmia, kanatá, è un indizio importante. Nelle lingue Yanomami non sembra esserci un nome generico per indicare il concetto di "scimmia": vi esistono invece molti nomi di particolari specie di primati. La sorella di Umukai, che schernisce una scimmia su un albero, non dà alcuna importanza alla tassonomia. In altre parole, il suo concetto della nomenclatura degli animali non sembra quello tipico dei popoli amazzonici. Un altro indizio della natura posticcia delle creazioni linguistiche dello sceneggiatore, Prosperi. 

Il teonimo Tupa /'tupa/ è senza dubbio di origine Tupí: è un prestito da Tupã "Dio". Va tuttavia rilevato che mentre la parola Tupí indica la divinità uranica, nella lingua degli Indios del film Tupa indica invece una divinità delle rapide, a cui sono offerte vittime umane. Probabilmente il responsabile dei dialoghi venne a conoscenza della parola Tupí, alterandone il significato.  

Non sono riuscito a trovare un'etimologia credibile per il nome Umukai. Durante le mie ricerche mi sono però imbattuto in una singolare coincidenza. Nella lingua polinesiana delle Isole Cook, umukai significa "festa, banchetto". Non ha alcuna connessione con l'Amazzonia, ma non è improbabile che Prosperi abbia trovato questa stessa parola e abbia deciso di utilizzarla per il suo suono.

Il quadro dei fonemi della lingua di Umukai è molto diverso da quello delle lingue Yanomami, che presentano un minimo di ben undici vocali, potendo arrivare addirittura a tredici. Oltre alle vocali /a/, /e/, /i/, /o/, /u/, troviamo /ɨ/, /ə/, oltre alle nasalizzate /ã/, /ĩ/, /ũ/, /ə̃/. Il sistema consonantico prosperiano presenta maggiori somiglianze con quello delle lingue Yanomami, ma non è comunque identico. Per fare un esempio, in Yanomamö è presente la consonante fricativa glottidale /h/, che manca nella lingua di Umukai. Quest'ultima per contro presenta una consonante occlusiva labiovelare /gw/ e una fricativa labiodentale /v/, che mancano in Yanomamö. Potrei essere accusato di sprecare le mie risorse mentali e di perdere il mio tempo in questioni di lana caprina, quindi non proseguo oltre. Questo è il link a un dizionario della lingua Yanomamö, dalla cui consultazione si possono ottenere conoscenze di estrema utilità:  
 
 

Scene memorabili 

Un tronco è coperto da grossi bruchi di un color nero chiaro, che si dibattono senza sosta. Umukai li raccoglie in una rudimentale ciotola e si mette a mangiarli. Una voce in sottofondo (non quella di Catherine) commenta in italiano: "Che schifo!" Quando Umukai prende i bruchi con le dita e li porta alla bocca, questi sono immobili e sembrano pezzi di sterco! La ragazza vomita. 
 
Catherine nuda al cospetto del cacique e dei suoi guerrieri, quel corpo statuario, sensualissimo, quelle natiche all'aria; le cure delle donne della tribù che la lavano, la frugano dappertutto...

Fameteri prende la nuda Catherine e cerca di consumare il matrimonio. Al primo contatto del glande con l'imene, l'uomo desiste all'istante dalla penetrazione. Così commenterà la ragazza alla corte durante il processo: "La mia verginità li meravigliava. I Guainirá stuprano artificialmente le bambine a quattro anni"

Catherine condotta dalla donna-sciamano dopo un tentativo di fuga e privata della verginità tramite un simulacro fallico, lo stesso che gli antichi Romani chiamavano mutinus titunus - anche se più rudimentale. Quando la donna-sciamano rompe la prigioniera, leva verso l'alto il fallo finto, con la punta sporca di sangue. Una scena simile si trova anche in un film di Lenzi, Mangiati vivi!, del 1980.    

Catherine, dopo aver rubato le teste putrefatte dei suoi genitori, scava a mani nude nel terriccio molle e le seppellisce. Sono interessanti alcune sequenze di putrefazione. Le mosche si avvicinano a una lucertola campestre (Podarcis sicula) morta da poco, poi si accalcano sulla carogna un serpente, quasi ridotta a uno scheletro. Una massa di lunghi vermi simili a lombrichi esce da un cranio umano che sporge dalla terra nuda. 

Citazioni:

”Tienitela stretta la tua vita, ovunque tu sia, su un trono o in una fogna, non rinunciarci mai, la vita è tutto, vivila, rimane sempre la tua vita, tutto il resto non conta."
(Il padre di Catherine)  

Curiosità: 

Per quanto mi sia sforzato, non sono riuscito a trovare nel Web la lista completa dei personaggi del film. Ho riportato attori e attrici, ma a parte pochi casi mancano le informazioni sui personaggi interpretati. Ad esempio non ho la benché minima traccia di chi ha interpretato Fameteri o la sorella di Umukai, Luamari. Non sono riuscito neppure a trovare informazioni sugli attori, ad esempio loro fotografie, in modo tale da risalire ai personaggi. Chi è Alma Vernon? Non si sa. Sembra quasi che sia una donna inesistente!  

Steven Pinker, il moderno Dottor Pangloss, noto per il suo iperottimismo nonché acceso sostenitore di Jair Messias Bolsonaro, a quanto pare ritiene che proprio gli Yanomami siano la causa di tutti i mali del mondo. Il film di Gariazzo deve aver lasciato un segno su di lui! Se avesse visto Cannibal Holocaust al massimo sarebbe stato traumatizzato da Barbareschi!     

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