Il sicomoro (Ficus sycomorus) era molto considerato nell'antico Egitto, essendo l'albero sacro alla Dea Hathor, patrona della fecondità. Era anche chiamato "albero dell'Eternità" e "albero dei Faraoni": col suo legno venivano fabbricati i sarcofagi. I frutti del sicomoro, simili a fichi di colore chiaro e rossiccio, erano un cibo molto apprezzato. Provenendo da un albero sacro, erano associati all'immortalità e spesso venivano posti nelle tombe come offerta per i defunti. Oltre a questo, con tali fichi veniva prodotta una bevanda inebriante, che è da tempo scomparsa. A quanto pare era forte, al punto che bruciava la gola ed era paragonato alla fiamma (vedi The Fig in Ancient Egypt su Reddit). Diversi anni fa mi sono imbattuto in contributi di navigatori che si chiedevano perché il vino di sicomoro non fosse più stato prodotto. Non ho più trovato tracce dei loro interventi, ma cercherò di dare una risposta a questo importante interrogativo.
Non mi stupisce troppo l'incapacità di trovare qualsiasi traccia di uno specifico termine egiziano per indicare una bevanda prodotta dai fichi del sicomoro. Col passaggio al Cristianesimo, caddero in disuso e furono obliate molte parole che appartenevano alla sfera semantica degli antichi culti. Altre furono invece conservate in copto, perché non suscettibili di ricevere un'interpretazione positiva in senso cristiano. A scomparire furono proprio quelle parole che non poterono subire l'esaugurazione, perché i concetti che esprimevano erano incompatibili con la nuova religione, che non fu esente da manifestazioni di fanatismo e di furore iconoclastico. Qualcosa di simile come accadde anche in latino, dove parole come templum e altāre si conservarono, mentre i sinonimi fānum e āra furono colpite da interdetto e scomparvero dalla lingua popolare.
Si potrebbe dedurre che il vino di sicomoro era bevuto unicamente in occasione di rituali funebri, motivo per cui finì con l'essere abolito. La sua memoria si sarebbe quindi persa rapidamente. Non sono però chiari i dettagli di questo processo di scomparsa di un'antica eredità.
Sbagliano coloro che hanno ipotizzato che la causa della scomparsa di questa bevanda sia stato l'Islam. Evidentemente non era già più conosciuta quando gli Arabi hanno conquistato l'Egitto. Per quanto la Shari'a proibisca l'alcol, non è sempre stata applicata con lo stesso rigore e non si può pensare che abbia causato la completa scomparsa di ciò che considera haram. Fautori dell'uso smodato del vino non sono mancati dalla Turchia alla Spagna moresca, così come i pederasti! Dovremmo pensare che il fanatismo cristiano in Egitto sia stato molto più efficace, eliminando tutto ciò che era intrinsecamente connesso con i riti pagani. Il problema non era il potere ubriacante della bevanda, bensì il fatto che fosse offerta alle divinità antiche e che non avesse alcun uso profano.
Forse un simile tabù era già da tempo presente presso gli Ebrei. Sarebbe assurdo poter disporre di una risorsa abbondante come i frutti di sicomoro e non sfruttarla per la produzione di bevande alcoliche, quando basterebbe poco per farlo. Esisteva persino la professione di raccoglitore di fichi di sicomoro. La raccolta non veniva eseguita manualmente, bensì servendosi di strumenti affini a rastrelli, dato che i frutti crescono anche sul tronco degli alberi. Non sappiamo se questi fichi entrassero a far parte della produzione della sicera, assieme ad altri ingredienti, anche se non come unica componente. Non dispendo di sufficienti dati per definire la questione, ho pensato che fosse interessante chiedere a un rabbino molto esperto un'opinione per chiarire meglio questi dubbi, se nelle consuetudini israelitiche esista qualche interdizione a questo proposito. Ho quindi trovato un'inattesa pista sul Web, che mi ha permesso di giungere a una conclusione ragionevole.
La soluzione del mistero
Una neopagana che si fa chiamare Hearth Moon Rising riporta nel suo sito un'importante informazione. La pagina è la seguente:
Questo è il testo tradotto:
"Non sono stata capace di scoprire tramite i miei libri o una ricerca in Internet se il fico del sicomoro sia mai stato fermentato per i riti di Hathor. Ho scoperto che questo fico è talvolta davvero fermentato in vino, ma che ha un gusto di aceto che lo rende più adatto come medicina che come divertimento."
Il vino di sicomoro conteneva alcol acetico, ossia etanolo con tendenza a generare acido aceto, che conferiva un tipico sapore acido e irritante. Ecco perché si diceva che "bruciava la gola". Era bevuto soltanto per finalità religiose perché non era buono. Ho avuto esperienza di vino e di idromele in incipiente stato di inacetimento. Nel primo caso era un vino vecchio e imbottigliato male. Nel secondo caso era un idromele prodotto da amici a partire da una decozione conservata in condizioni non ottimali. La sensazione di entrambe le bevande era la stessa. Erano ancora commestibili, ma berle dava un certo fastidio e infiammavano le vie urinarie. La bevanda sacra alla Dea Hathor doveva essere simile. Una divinità egizia poteva imporre ai suoi devoti le cose più stravaganti, anche baciare il culo dei babbuini! Figuriamoci se era un problema bere una pozione un po' acida. Il punto è che quando la gente è diventata cristiana, nessuno glielo faceva più fare di ingurgitare qualcosa di poco gradevole. Allo stesso modo, il popolo di Israele non aveva motivo alcuno di usare quei fichi asprigni per la produzione di alcolici, quando disponeva di buona uva, frutta adatta, cereali e miele. Con questo, il mistero è risolto.
Note etimologiche
Questa è l'evoluzione del nome del sicomoro nella lingua degli Egizi dalle origini al suo periodo finale:
Egiziano (Antico Regno)
nht "sicomoro" (pronuncia /'na:hat/)
Egiziano (Medio Regno)
nht "sicomoro" (pronuncia /'na:ha/)
Egiziano (Nuovo Regno)
nht "sicomoro" (pronuncia /'nɔ:hə/, /'no:hə/)
Copto
ⲛⲟⲩϩⲉ (pronuncia /'nu:hə/)
Da questo fitonimo deriva il nome di persona maschile Sinuhe, che significa "Figlio del Sicomoro". Nell'Egiziano del Medio Regno doveva pronunciarsi /siˀ'na:ha/. Si deve notare che il nome, di genere maschile, contiene un elemento che è morfologicamente femminile.
Questo è il nome del sicomoro in alcune importanti lingue semitiche:
Ebraico
שִׁקְמָה šiqmā "sicomoro" (pronuncia biblica /ʃiq'ma:/,
altre trascrizioni: shikma, shikmah)
singolare costrutto: שִׁקְמַת־ šiqmat "sicomoro di"
plurale: שִׁקְמִים šiqmīm "sicomori"
plurale costrutto: שִׁקְמֵי־ šiqmē "sicomori di"
Note:
Il singolare è di genere femminile, il plurale è invece di genere maschile. Indica l'albero e il suo frutto.
Aramaico
šeqmā "sicomoro" (albero e frutto)
(prestito dall'ebraico)
altri significati: "fico selvatico", "fico acerbo"
variante: šqem, šiqmā, šaqmā "sicomoro"
plurale: šiqmīn "fichi di sicomoro"
plurali alternativi: šeqmātā, šeqmē
tittā "sicomoro" (frutto)
varianti ortografiche: titā, tettā
Note:
Il vocabolo tittā, attestato come designazione del fico del sicomoro, è affine all'accadico tittu, tētu "fico" e all'ebraico תְּאֵנָה te'ēnā "fico". In aramaico esiste anche tūtā "mora di gelso; emorroide", affine all'accadico tuttu "mora di gelso" e all'ebraico תוּת tūt "mora di gelso".
Accadico
messikanu "sicomoro" (varianti: musukanu, musukannu,
mesukannu, etc.);
mesukannu, etc.);
sukannu "sicomoro"
Note:
Si tratta di prestiti dal sumerico (vedi sotto). Alcuni ritengono che in ebraico si trovi parola isolata mesukkān "sicomoro" in Isaia 40, 20, ma non sono sicuro che sia vero: sembra invece che sia un fraintendimento di הַֽמְסֻכָּ֣ן hamsukkān "impoverito, danneggiato". La questione sembra non essere risolta a tutt'oggi, ci sono studiosi che insistono col dire che mesukkān è un albero, anche se la traduzione "sicomoro" non è accettata da tutti. Secondo Haupt (1917), l'albero sarebbe invece da identificarsi con l'Acacia nilotica. Se questo vocabolo esistesse, sarebbe evidentemente un prestito dal sumerico tramite l'accadico.
Arabo
جُمَّيْز jummayz "sicomoro"
سَوْقَم sawqam "sicomoro" (Yemen, obsoleto)
سَقُوم saqūm "sicomoro" (Algeria)
Note:
Il primo di questi nomi del sicomoro, jummayz, ha una corrispondenza nell'ebraico mishnaico: גמזיות "sicomori", con ogni probabilità da vocalizzarsi come gummazyōt. I due nomi sawqam e saqūm sono chiari prestiti dall'aramaico.
Questo è il nome del sicomoro nella lingua di Sumer:
Sumerico
1) šam "sicomoro" (glosse accadiche: "sukannu",
"musukanu", fonte: Uruanna, II.509);
2) giš mes maganna "sicomoro", alla lettera "albero
di Magan" (giš è un determinativo e non si pronuncia).
di Magan" (giš è un determinativo e non si pronuncia).
Note:
Magan era un paese mitico la cui identificazione finora non è stata determinata con sicurezza. Alla luce di questa evidenza, finora negletta, può essere identificato con l'Oman: l'unica delle terre proposte ove cresce il sicomoro. Resta però il fatto che questo vocabolo avrebbe potuto indicare anche alberi diversi. Sarebbero necessari studi più approfonditi.
Chiaramente l'accadico messikanu (e varianti) è derivato proprio da giš mes maganna.
Sicomoro e sicamino
In greco σῡκόμορος (sykómoros) è etimologizzato come "fico-gelso", da σῦκον (sŷkon) "fico", μόρον (móron) "mora di gelso". Si tratta di un'etimologia popolare. In realtà la parola sembra un adattamento dell'ebraico šiqmā (vedi sopra). Si tratta però di un ragionamento circolare, in quanto il nome ebraico del sicomoro è a sua volta derivato dalla stessa radice mediterranea da cui hanno avuto origine anche il greco σῦκον e il latino fīcus (verosimile prestito dall'etrusco). Esiste poi in greco un altro fitonimo collegato a questo: συκάμινος, variante συκάμνος "gelso bianco", "gelso nero", che nel greco d'Egitto è usato anche col significato di "sicomoro". Questa parola è derivata direttamente dal plurale aramaico šiqmīn "fichi di sicomoro" ed è passata in latino come sȳcamīnus.
Ancora su un equivoco
Il vino di sicomoro è menzionato nell'opera di Paolo Mantegazza, Quadri della natura umana. Feste ed ebbrezze (1871). Il fisiologo monzese ha riportato in un elenco un gran numero di bevande fermentate, con una breve nota sulla sua produzione e spesso anche sul paese in cui sono usate. Molte informazioni sono preziose, altre sono invece abbastanza discutibili. Così egli scrive:
Vino di sicomoro, succo dell'albero. Inghilterra
A questo punto mi viene un sospetto. Mantegazza deve aver commesso lo stesso errore in cui è incappato Michel Houellebecq, definendo "sicomoro" l'acero montano. La causa è senza dubbio derivata dall'uso volgare di chiamare "sicomoro" svariate specie di aceri e persino il platano (sycomore o sycamore in inglese, sycomore in francese). Questa abitudine deprecabile è contraria all'etimologia della parola e di certo è derivata dall'ignoranza di qualche autore moderno: ancora nel XIV secolo il francese sicamour indicava correttamente la pianta africana e mediorientale di biblica memoria.
In effetti ho visto in vendita dei semi di sicomoro che erano in realtà semi di platano occidentale. La vicenda del sicomoro mi ricorda da vicino quella del Silfio di Cirenaica, molto interessante dal punto di vista botanico. Sono arrivato al Filo a Piombo cercando notizie su un libro che mi è capitato per le mani (il volume in questione è di Nermin Vlora Falaschi e parla dell'etrusco), e sono rimasto incastrato nella lettura di un articolo dopo l'altro. L'unica cosa che mi duole è quella data del 2021 in cui le pubblicazioni si sono fermate. Peccato
RispondiEliminaCiao carissimo Bibliophilus, benvenuto in questo spazio! Sono molto felice che i miei contributi ti piacciano! Non dolerti della data, in realtà le pubblicazioni non si sono affatto fermate. All'inizio non me ne sono quasi accorto. Quando il ritmo di produzione di nuovi articoli si è rallentato, ho cominciato a pubblicare con una data fittizia per far sì che non ci fossero lacune troppo grandi nel calendario. Col passare del tempo questo sfasamento è cresciuto, al punto che ne ho perso il controllo. Così il calendario del blog non è quello reale.
RispondiEliminaMarco