domenica 30 gennaio 2022


UNA BREVE NOTA SUI MEROVINGI
E SULLA LORO LINGUA


Quando si formulano ipotesi infondate, come fa Dan Brown, si dovrebbe sempre aver ben presente il contesto dell'epoca in cui si ambientano le proprie fantasie.
A proposito dell'ormai annosa teoria del Sangreal, giova tener presente che i Franchi non erano Francesi nel senso moderno del termine. Erano un'unione di popoli germanici che parlavano dialetti appartenenti in parte all'area dell'Antico Alto Tedesco e in parte a quella dell'Antico Basso Tedesco. Non si esprimevano in idiomi romanzi come la Lingua d'Oïl, all'epoca neppure pienamente formata. Non potevano capirsi con i loro popolani. I Merovingi non si curavano di certo del problema. Carlo Magno, figlio del distruttore della dinastia di Meroveo, si cullava ancora nell'assurda illusione che i suoi sudditi si esprimessero nel Latino degli antichi Romani, integro e puro come quello di Cicerone, come quello di Giulio Cesare.


Questo sovrano, cresciuto analfabeta e rozzo, era tanto distante dalla cultura delle genti del suo regno da ignorare persino l'uso del formaggio. Furono dei monaci a fargli conoscere questo alimento, e all'inizio il chiomuto sovrano ne fu disgustato perché non sapeva come mangiarlo: addentò la rancida crosta come prima cosa e la sputò schifato, chiedendosi come mai potesse un essere umano godere un cibo tanto immondo. Solo come gli fu insegnato a mangiare la polpa, divenne un grande estimatore della produzione casearia. 
 
Fu Alcuino, monaco dottissimo, a mettere a Carlo la pulce nell'orecchio, e questi ordinò un'indagine accurata tra le genti sottoposte al suo potere per accertare quale lingua parlassero. I risultati mostrarono che senza alcun dubbio i popolani non erano capaci di comprendere i loro pastori. A questo punto in poi la politica franca cominciò a cambiare. 
 
Il Giuramento di Strasburgo, formulato in Antico Alto Tedesco e in una forma ancora grossolana di lingua neolatina sono una testimonianza della volontà di comunicazione di Carlo il Calvo (823 - 877) e di Ludovico il Germanico (804 ? - 876). Carlo giurò in tedesco antico e Ludovico in romanzo, per farsi capire dai rispettivi eserciti, ma è del tutto chiaro che entrambi i sovrani, che erano fratelli, si esprimevano nel loro ambiente usando la stessa lingua avita, di chiara origine germanica. 

Ludovico:
Pro Deo amur et pro christian poblo et nostro commun salvament, d'ist di in avant, in quant Deus savir et podir me dunat, si salvarai eo cist meon fradre Karlo et in aiudha et in cadhuna cosa, si cum om per dreit son fradra salvar dift, in o quid il mi altresi fazet et ab Ludher nul plaid nunquam prindrai, qui, meon vol, cist meon fradre Karle in damno sit.

Carlo: In Godes minna ind in thes christianes folches ind unser bedhero gehaltnissi, fon thesemo dage frammordes, so fram so mir Got gewizci indi mahd furgibit, so haldih thesan minan bruodher, soso man mit rehtu sinan bruher scal, in thiu thaz er mig so sama duo, indi mit Ludheren in nohheiniu thing ne gegango, the minan willon, imo ce scadhen werdhen.

Esercito di Carlo: Si Lodhuvigs sagrament que san fradre Karlo jurat conservat et Karlus, meos sendra, de suo part non l'ostanit, si io returnar non l'int pois, ne io ne neuls cui eo returnar int pois, in nulla aiudha contra Lodhuwig nun li iu er.

Esercito di Ludovico: Oba Karl then eid then er sinemo bruodher Ludhuwige gesuor geleistit, indi Ludhuwig, min herro, then er imo gesuor forbrihchit, ob ih inan es irwenden ne mag, noh ih noh thero nohhein, then ih es irwenden mag, widhar Karle imo ce follusti ne wirdoohg.

Per rendere il tutto più chiaro ai lettori, fornisco alcuni scritti germanici dell'epoca, esempi rappresentativi dell'Alto Tedesco: diverse versioni del Padre Nostro, che i missionari cristiani sentirono di non poter comunicare direttamente nella forma latina.

Questa è la versione nella lingua degli Alemanni di San Gallo, risalente all'VIII secolo d.C.:

Fater unseer, thu pist in himile,
uuihi namun dinan,
qhueme rihhi diin,
uuerde uuillo diin,
so in himile sosa in erdu.
prooth unseer emezzihic kip uns hiutu,
oblaz uns sculdi unsero,
so uuir oblazem uns skuldikem,
enti ni unsih firleiti in khorunka,
uzzer losi unsih fona ubile.

Questa è la versione nella lingua dei Franchi della Renania Meridionale, databile al IX secolo d.C.:

Fater unsêr, thu in himilom bist,
giuuîhit sî namo thîn,
quaeme rîhhi thîn,
uuerdhe uuilleo thîn,
sama sô in himile endi in erthu.
Broot unseraz emezzîgaz gib uns hiutu,
endi farlâz uns sculdhi unsero,
sama sô uuir farlâzzêm scolôm unserêm,
endi ni gileidi unsih in costunga,
auh arlôsi unsih fona ubile.

Per ultima, riporto la versione nella lingua dei Franchi Orientali, sempre del IX secolo.

Fater unser, thū thār bist in himile,
sī geheilagōt thīn namo,
queme thīn rīhhi,
sī thīn uuillo,
sō her in himile ist, sō sī her in erdu,
unsar brōt tagalīhhaz gib uns hiutu,
inti furlāz uns unsara sculdi
sō uuir furlāzemēs unsarēn sculdīgōn,
inti ni gileitēst unsih in costunga,
ūzouh arlōsi unsih fon ubile.

Si paragonino ora questi testi con la preghiera in Gotico redatta dal vescovo ariano Wulfila nel IV secolo d.C.:

Atta unsar, þu in himinam,
weihnai namo þein,
qimai þiudinassus þeins,
wairþai wilja þeins,
swe in himina jah ana airþai.
Hlaif unsarana þana sinteinan gif uns himma daga,
jah aflet uns þatei skulans sijaima,
swaswe jah weis afletam þaim skulam unsaraim,
jah ni briggais uns in fraistubnjai,
ak lausei uns af þamma ubilin;
unte þeina ist þiudangardi
jah mahts jah wulþus in aiwins.
Amen


(þ = th come nell'inglese thin; ei = i lunga; ai = e lunga aperta; au = o lunga aperta; e = e lunga chiusa; o = o lunga chiusa; iu ha l'accento su i; gg = ng come nell'inglese sing; gk = nk)

La Conoscenza smaschera gli impostori.

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