giovedì 24 febbraio 2022


LO STRANO CASO DEI CANONICI DI ORLÉANS

Una comunità dualista infiltrata nella Chiesa di Roma 

Ad Orléans nel 1022 avvenne un fatto misterioso che gettò la Corte del Re di Francia nel panico. Un prete di nome Eriberto svolgeva il suo prestigioso incarico di cappellano presso la dimora di un nobile franco, Arefasto di Crepon. Il chierico aveva ricevuto la sua istruzione religiosa ad Orléans da due canonici di Santa Croce: Stefano e Lysoe (Lisoio). Forse era convinto di essere ineccepibile agli occhi della Chiesa di Roma. Senonché un giorno cercò di istruire Arefasto nelle dottrine che aveva ricevuto, e questi si accorse immediatamente della loro natura eterodossa. La cosa è degna di nota, perché a quell'epoca i nobili franchi avevano in genere una cultura di infimo livello. Già stupisce che questo Arefasto sapesse leggere e scrivere, ancor più strano che sapesse di teologia al punto da operare nette distinzioni tra ortodossia cattolica e contenuti ereticali. Il Re di Francia, Roberto II il Pio (972-1031), fu immediatamente informato della presenza eretica assieme a sua moglie Costanza di Arles. Il fatto che l'eterodossia si fosse sviluppata in seno all'organizzazione della Chiesa di Roma destò un terribile scandalo. 

Su consiglio del sovrano, Arefasto si infiltrò nella setta per raccogliere prove. Una volta accumulate testimonianze sufficienti degli insegnamenti segreti dei canonici di Orléans, questi furono arrestati e interrogati in modo approfondito. 

La dottrina e i costumi di questi preti e di queste suore erano inconfondibili. Lo Spirito Santo, fonte di ispirazione, era trasmesso tramite l'imposizione delle mani in un rito molto simile al Consolamentum. Non veniva attribuito alcun valore a sacramenti come il battesimo e l'eucarestia, e non veniva riconosciuta la Trinità. La cristologia si fondava sulla negazione dell'incarnazione, della morte e della resurrezione di Gesù. Era praticata l'astensione dalle carni, e il matrimonio era condannato come il peggiore di tutti i mali. 

Abbiamo visto nei casi di
Leotardo e dei Protocatari di Monforte una relativa prudenza da parte della Chiesa Romana. In questo caso invece l'applicazione di misure draconiane fu una diretta imposizione di Roberto il Pio e della sua crudele consorte. Mentre in diverse aree esisteva già una forte presenza di gruppi di idee bogomile, spesso sostenuti da buona parte della popolazione, in Orléans esplodevano reazioni popolari di intolleranza e di ferocia. 

La folla insorse e tentò di linciare i canonici mentre si trovavano in chiesa, convinta che il Vescovo non avrebbe avuto la volontà di punirli. La Regina Costanza si frappose tra gli insorti e gli accusati, non certo per spirito di giustizia, ma solo per impedire che il sangue insozzasse e profanasse il suolo consacrato. Il clima esoterico in cui questi protocatari erano immersi era il prodotto della necessità oltre che del segreto iniziatico. Mimetizzarsi e propagare il Verbo di nascosto era l'unica chance di sopravvivenza in una ambiente tanto ostile. Il processo, opera del potere secolare, si svolse con metodi brutali e primitivi. 

In netto contrasto con la purezza della loro fede, gli imputati sotto tortura furono costretti a confessare ogni genere di aberrazione: adorazione di Satana, riti orgiastici collettivi e persino uccisioni di bambini con consumazione finale delle loro carni bruciate. In questo si vede il peso che l'autorità patristica aveva su una chiesa smarrita di fronte a ciò che non poteva conoscere. Una cinica esigenza di razionalizzazione dell'insondabile portava a rinnovare in modo artificioso accuse rivolte agli Gnostici e ai Manichei molti secoli prima. Secondo gli avversari dello Gnosticismo nei primi tempi del Cristianesimo, le peggiori dissolutezze si sarebbero accompagnate in modo quasi automatico a coloro che disprezzavano in modo radicale la procreazione. Secondo Agostino, gli Eletti dei Manichei avrebbero coltivato segretamente il vizio, tanto che descrisse l'episodio boccaccesco di un Perfetto che avrebbe tentato di ghermire una donna. 

Per i rappresentanti della morale normativa, non era possibile fare altro che applicare quanto scritto dalle autorità antiche, le cui opinioni erano considerate sempiterne e immutabili. Così quanto Agostino diceva DOVEVA essere la guida nel giudicare di situazioni del tutto dissimili. Le masse prive di qualsiasi istruzione, ricorrevano per contro a spiegazioni grossolane: nelle loro testimonianze Agostino è assente, mentre compare sempre come sola causa il "diverso". Secondo alcuni a spargere l'eresia sarebbero stata di volta in volta una donna venuta dall'Italia, oppure un contadino pagano versato nelle arti magiche. 

La Regina Costanza dimostrò una grande crudeltà e aberrazione, anche per il metro di quell'epoca. Quando si accorse che uno dei capi della setta, Stefano, era stato il suo istruttore spirituale, lo accecò personalmente servendosi di un bastone acuminato. Soltanto due degli imputati abiurarono. Il 28 dicembre del 1022 gli altri, in tutto una quindicina, furono arsi vivi sul rogo. Alcuni segnalano questa sentenza come la prima nel suo genere: in Occidente nessun eretico sarebbe stato condannato ad essere bruciato prima di allora (in Oriente la pratica era comune da secoli). Vediamo come di lì a pochi anni la stessa condanna avrebbe colpito i membri della comunità di Monforte. L'idea si stava diffondendo con la rapidità del vento. Il corpo di un altro canonico, Teodato, che era morto tre anni prima, fu esumato, fatto a pezzi e disperso. 

Queste esecuzioni non lasciarono Roberto il Pio del tutto soddisfatto, e il capro espiatorio della sua ira fu il Vescovo di Orléans Thierry (Teodorico), che fu destituito per la sua incapacità ad individuare e sopprimere la dissidenza religiosa tra i suoi chierici. Nello stesso anno numerosi Protocatari vennero scoperti a Tolosa e condannati a morte. 

Difficilmente l'oblio cancella del tutto episodi di questo genere. Passarono molti secoli, e 866 anni dopo i roghi dei Canonici di Santa Croce accadde che un uomo di nome Jules Doinel compì delle ricerche  nella biblioteca di Orléans. Vi scoprì per puro caso un manoscritto del canonico Stefano e lo studiò con attenzione. Pur provenendo da una famiglia molto cattolica, Doinel era uno spirito ribelle quanto ambiguo. Fu cacciato dal seminario perché ossessionato da morbose visioni dell'Eterno Femminino, e dopo alterne vicende divenne massone ed occultista, dedicandosi alle sedute spiritiche allora tanto di moda. Colpito dagli argomenti del protocataro di Orléans, Doinel cominciò a indagare sui movimenti dualisti che si sono avvicendati nel corso dei secoli, finendo col convincersi che il fondamento della dottrina massonica fosse proprio lo Gnosticismo. In realtà la Massoneria non è affatto dualista, e vede nell'universo materiale l'opera di un Grande Architetto piuttosto che di un Creatore Malvagio. Si tenga anche conto che nel confusionario XIX secolo si avevano conoscenze approssimative di questi argomenti. Doinel cominciò ad avere allucinazioni e visioni mistiche. Affermò di essere stato consacrato Vescovo di Montségur e Primate degli Albigesi direttamente dall'Eone Gesù. Un argomento ingegnoso quanto vano per ovviare alla difficoltà di reperire un Consolamentum valido (il bypass della successione apostolica è comune in molte associazioni moderne). Se può sussistere qualche dubbio sulla sua osservanza della Regola dei Buoni Uomini, di certo non si fece mancare conoscenze mondane e sedute spiritiche. Un gran calderone in cui degenerazioni del Libero Spirito si mescolavano a dottrine della Cabala travisate e incomprese, il tutto rinsaldato da suggestioni misticoidi. In questo clima assolutamente folle fu evocato lo spirito del Canonico Stefano, ma il culmine si ebbe quando quaranta Vescovi Catari avrebbero proclamato Doinel Vescovo dell'Assemblea del Paracleto, organizzazione che dal 1890 fu conosciuta come Chiesa Gnostica. 

In preda a nuove crisi di follia, nel 1894 Doinel abdicò dal suo ruolo di capo della Chiesa Gnostica e si separò anche dalla Massoneria, convertendosi alla Chiesa di Roma. Per anni si scagliò contro la setta che aveva fondato, accusandola di rappresentare il Demonio. Dopo la pubblicazione di numerosi libelli antimassonici di grande violenza verbale, ecco l'ennesimo colpo di scena: Doinel chiese umilmente di essere riammesso in seno alla Chiesa Gnostica, dichiarando di essere sempre rimasto fedele allo Gnosticismo. Negli anni che gli rimasero continuò in ogni caso a seguire anche i riti della Chiesa di Roma. Morì a Carcassonne nel 1902. 

Resta una domanda: dov'è finito il testo del Canonico Stefano di Orléans? 

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