lunedì 8 agosto 2022


TRILOGIA DEL TERRORE 

Titolo originale: Trilogy of Terror
Paese: Stati Uniti d'America
Lingua: Inglese 
Anno: 1975
Prima visione TV originale: 4 marzo 1975
   Rete televisiva: ABC
Prima TV in italiano: 7 dicembre 1978
   Rete televisiva: Rete 2
Formato: Film TV 
Tipologia cinematografica: Film a episodi 
Genere: Orrore, thriller 
Sottogenere: Magia nera, incesto, satanismo 
Durata: 72 minuti 
Colore: Colore 
Rapporto: 1.33:1
Regia: Dan Curtis
Soggetto: Richard Matheson
Sceneggiatura: William F. Nolan, Richard Matheson
Produttore: Dan Curtis 
Produttore associato: Robert Singer
Casa di produzione: ABC Circle Films, Dan Curtis
    Productions
Fotografia: Paul Lohmann
Montaggio: Les Green
Musiche: Bob Cobert
Scenografia: Leonard Mazzola
Costumi: Barbara Siebert
Trucco: Mike Westmore
Effetti speciali: Erik von Buelow 
Reparto musicale: Frank Kulaga 
Assistente alla produzione: Lois Kerst 
Interpreti e personaggi: 
    Karen Black: Julie/Millicent/Therese/Amelia
    Robert Burton: Chad Foster
    George Gaynes: Dr. Chester Ramsey
    John Karlen: Thomas Amman
    Kathryn Reynolds: Coinquilina di Julie
    Jim Storm: Eddie
    Orin Cannon: Portiere del motel
    Gregory Harrison: Arthur Moore
    Tracy Curtis: Tracy
Doppiatori e personaggi:
    Vittoria Febbi: Julie/Millicent/Therese/Amelia
    Pino Colizzi: Chad Foster
    Sergio Fiorentini: Dr. Chester Ramsey
    Manlio De Angelis: Thomas Amman 

Trama: 

1) Julie 
Un bulletto di nome Chad è arrapato al solo pensiero di toccare la sua professoressa di letteratura. Se la sogna nuda, vorrebbe penetrarla col suo cazzone durissimo. Trova così un sistema per riuscire nel suo intento. La corteggia con insistenza, fino a convincerla ad uscire con lui al cinema, in un drive-in. A questo punto le somministra una bibita in cui ha messo un sonnifero. Lei perde i sensi. Lui la porta in una camera di un albergo, la mette a letto e la fotografa nuda in diverse pose, quindi il giorno dopo inizia a ricattarla, pretendendo prestazioni sessuali, con la minaccia di divulgare le foto compromettenti in caso di ritrosia. Lei accetta e i due hanno una relazione, violando le leggi puritane che vietano ogni rapporto intimo tra insegnanti ed alunni. Lo studente si crede un gran furbo. Quando pensa di sperimentare il sesso anale, si trova con un'amara sorpresa. Scopre, stordito, che ora è proprio la professoressa ad averlo avvelenato e a rivelargli la sua natura di iper-predatrice. Si rivela a lui come una serial killer che dopo essersi accoppiata con innumerevoli giovani, li uccide in modo atroce! Prima che il bulletto spiri, non manca di umiliarlo, accusandolo di non avere fantasia, mentre altri suoi amasi le hanno leccato avidamente gli orifizi e i piedi! 

3) Millicent and Therese 
Millicent e Therese sono due sorelle gemelle. Dovrebbero essere identiche, invece sono tra loro diversissime. Mentre la brunetta Millicent è bigotta, puritana e timidissima, il tipico prodotto di un'educazione calvinista, la bionda Therese è esuberante, volgare e interessata a tutto ciò che dai religiosi è ritenuto morboso, perverso, orribile: pornografia, satanismo, stregoneria. Millicent affronta Thomas, l'amante di Therese, rivelandogli che lei le ha raccontato tutto di un evento immorale non specificato accaduto durante la loro relazione sessuale: forse lui le ha spinto il fallo nel deretano. Poi spiega a Thomas che a Therese non interessa nulla di lui, che sta solo cercando di corromperlo con il potere del Male. L'uomo, che è un evangelico ipocrita, fugge via terrorizzato. Millicent confida al suo amico e medico di famiglia, il dottor Ramsey, che sua sorella è dedita all'incesto e a mille diavolerie: ha fatto sesso con il padre, ha avvelenato la madre e la tiene prigioniera all'interno della villa, esultando per le sue azioni scellerate. Ramsey visita l'abitazione per parlare con Therese, che si avvicina a lui, volendolo fellare. Quando l'uomo rifiuta il pompino, lei si infuria come una belva e lo sbatte fuori di casa. Millicent scrive una lettera al dottore, spiegando che ha stabilito che Therese è diabolica e che la fermerà a costo della vita, utilizzando una bambola voodoo per ucciderla. Quando il medico entra in casa, trova Therese morta sul pavimento della sua camera da letto con la bambola accanto a lei, senza alcuna causa apparente di decesso. Rivela quindi che "Therese" e "Millicent" sono in realtà la stessa persona. Therese soffriva di un disturbo di personalità multipla a causa dell'incesto con suo padre e dell'assassinio di sua madre. "Millicent" non esisteva: era una personalità alternativa nata dalla sessualità repressa per far fronte all'orrore delle sue azioni aberranti. L'omicidio è stato in realtà un suicidio. 

3) Amelia 
Amelia è riuscita finalmente a raggiungere la propria indipendenza e ad abitare da sola in un appartamento proprio. La madre, una donna velenosa e odiosissima, non si rassegna alla cosa e telefona di continuo, volendo sapere ogni dettaglio della sua vita, in particolare ciò che riguarda il fidanzato. Amelia cerca di tenerla a bada: ogni venerdì sera esce a mangiare assieme a lei. Soltanto che per una sfortunata coincidenza, viene un venerdì in cui cade il compleanno del ganzo della giovane donna e l'appuntamento con la madre minaccia di saltare. Siccome la megera insiste come una colica renale, alla fine l'ha vinta. In occasione della ricorrenza, il regalo di Amelia è un orripilante feticcio degli Zuñi, un mostriciattolo rachitico con una dentatura da squalo. Una pergamena, allegata al simulacro, spiega che la catenina d'oro allegata al pacco deve sempre essere al suo collo, altrimenti lo spirito maligno che lo abita gli farà prendere vita. Amelia, che è materialista e irridente, non si cura dell'avviso. Così il feticcio si anima, la aggredisce e la strazia! Dopo una lotta terribile e molto sangue perso dalle ferite, la donna infila il mostruoso Zuni nel forno a microonde e lo brucia. Il problema è che lo spirito maligno passa in lei e la trasforma per indemoniamento in una predatrice dai denti aguzzi, pronta a macellare con un coltellaccio la propria madre afflittiva!  


Recensione: 
Il film a episodi di Curtis descrive tre tipologie femminili inquietanti quanto comuni nella realtà. Sono figure terribili che popolano da sempre gli incubi del genere maschile: la psicopatica omicida, la schizofrenica e l'indemoniata. A queste possiamo aggiungere un demone ancor più spaventoso, da cui tutte queste aguzzine traggono la loro origine: la madre nevrotica ossessivo-compulsiva. È la suocera, che è al contempo la Vedova Nera! Ne emerge un quadro spaventoso, manicomiale, aberrante. Chi cade vittima di questi esseri mostruosi è dannato in eterno! Ciò che porta un uomo sprovveduto ad essere seviziato dalle arpie è l'illusione del godimento sessuale. 

Tecnicamente parlando, non si può fare a meno di rilevare alcune cose che possono sembrare banalità: 

1) Karen Black interpreta tutti e tre gli episodi del film, per un totale di quattro ruoli diversi; 
2) Il film è un capoplavoro ed è riuscito ad acquisire lo status di cult;  
3) Il feticcio Zuñi è realizzato con straordinaria maestria ed è per così dire un unicum nel cinema horror; 
4) Il feticcio Zuñi ha avuto un immenso effetto traumatizzante sul pubblico, tanto da popolare gli incubi di intere generazioni.

Produzione e distribuzione 

Tutti e tre gli episodi sono basati su storie dell'orrore di Richard Matheson. "Julie" è stato tratto dal racconto L'aspetto di Julie (The Likeness of Julie, 1962). "Therese and Millicent" è stato tratto dal racconto Therese (Needle in the Heart, 1969). "Amelia" è stato tratto dal racconto A caccia (Prey, 1969). Per quei pochi che non lo sapessero, questo Matheson è davvero un pezzo grosso, uno cazzuto: è quello che ha scritto Il mio nome è leggenda (I Am Legend, 1954), in pratica il capostipite di un immenso filone vampiresco, che ha generato più remake di quante sono le stelle della Via Lattea! Nel corso degli anni si è dedicato con tenace stacanovismo alle sceneggiature: senza di lui, Dan Curtis non sarebbe riuscito a dar vita a questo capolavoro del feticcio assassino. Anche se tutti e tre gli episodi di Trilogia del terrore sono stati tratti da opere di Matheson, soltanto "Amelia" è stato da lui sceneggiato. "Julie" e "Therese and Millicent" sono invece stati sceneggiati da William F. Nolan.  


Curiosità 

Nella versione in italiano da me visionata, andata in onda su Telenorba, l'ordine degli episodi era diverso da quello dell'originale: "Amelia" era il primo e "Therese and Millicent" l'ultimo. Non sono mai riuscito a trovare una motivazione razionale di questo cambiamento. 

Karen Black all'inizio non voleva accettare di interpretare i quattro ruoli di questo film. Ha cambiato idea quando è stato scritturato suo marito, Robert Burton, per la parte di Chad Foster. Il nepotismo impera nella Settima Arte! Sarà un pettegolezzo, ma lo voglio riportare comunque: la coppia si è separata poco dopo la fine delle riprese, prima ancora che il film fosse trasmesso in televisione. 

Nell'episodio "Julie", lo studentello itifallico porta la sua professoressa libidinosa al drive-in, a vedere proprio un film TV dello stesso Dan Curtis: Una storia allucinante (The Night Stalker, 1972). Se non è autocelebrazione questa! 

Il bulletto che vuole penetrare e riempire di sperma l'insegnante, si registra al motel come Jonathan Harker, il ben noto protagonista del romanzo Dracula di Bram Stoker.  

Il feticcio Zuñi parlotta, ma i suoni sono confusi. Soltanto a tratti sembra di cogliere qualche sillaba, pronunciata nella sua antica lingua che sarebbe ormai irriconoscibile persino dai discendenti del cacciatore da cui ha avuto origine. Mi piace pensare che lanci terribili maledizioni in proto-Zuñi.  

Censura 

Quando il film fu proiettato per la prima volta sulla televisione brasiliana nel marzo 1981, le rigide norme di censura in Brasile all'epoca richiedevano che l'episodio "Amelia" fosse completamente tagliato. Era infatti vietato qualsiasi riferimento alla Magia Nera e ai feticci! Per questo motivo, la stazione televisiva che lo ha diffuso è stata costretta a cambiare il titolo in portoghese in "Duas Histórias de Terror" ("Due storie dell'orrore"). 

Sequel 

La trilogia curtisiana ha avuto un seguito nel 1996, a parer mio del tutto prescindibile.  


TRILOGIA DEL TERRORE II

Titolo originale: Trilogy of Terror II
Paese: Stati Uniti d'America 
Lingua: Inglese 
Anno: 1996 
Prima visione TV: 30 ottobre 1996
   Rete televisiva: USA Network
Formato: Film TV 
Tipologia cinematografica: Film a episodi 
Genere: Orrore, thriller 
Sottogenere: Magia nera, satanismo 
Durata: 90 minuti
Colore: Colore 
Rapporto: 1.33 : 1
Regia: Dan Curtis
Soggetto: Dan Curtis, William F. Nolan, Henry Kuttner,
    Richard Matheson
Sceneggiatura: Dan Curtis, William F. Nolan,
    Richard Matheson
Produttore: Julian Marks
Produttore esecutivo: Dan Curtis
Casa di produzione: Dan Curtis Productions, Wilshire
    Court Productions, Power 
Fotografia: Elemér Ragályi
Montaggio: Bill Blunden
Musiche: Bob Cobert
Scenografia: Veronica Hadfield
Costumi: Melanie Jennings
Trucco: Marie Nardella
Effetti speciali: Eric Allard, Rick Stratton, Frank C. Carere 
    Pictures
Interpreti e personaggi: 
    Lysette Anthony: Laura/Alma/Dottoressa Simpson
    Geraint Wyn Davies: Ben
    Matt Clark: Ansford
    Geoffrey Lewis: Stubbs
    Blake Heron: Bobby
    Richard Fitzpatrick: Jerry O'Farrell
    Thomas Mitchell: Lew
    Gerry Quigley: Akers
    Dennis O'Connor: Brig
    John McMahon: Taylor
    Alex Carter: Breslow
    Aron Tager: Steve
    Peter Keleghan: Dennis

Trama: 

1) I topi del cimitero (The Graveyard Rats
Una fascinosa e giovane bionda, Laura, è sposata con il ripugnante plutocrate Ansford, decrepito e paralitico. Il vecchiaccio scopre che lei lo tradisce e le mostra le registrazioni degli amplessi. Licenzia l'amante, un brutaloide che lavorava per la sua azienda, quindi impone un durissimo diktat alla moglie, minacciando di diseredarla se scoprirà anche soltanto una minima cornificazione. Accade così che il bruto si faccia venire un'idea guardando alla televisione un film in cui un anziano sulla sedia a rotelle viene scaraventato dalla tromba delle scale. Detto fatto, mette in atto il piano e uccide il plutocrate. Il punto è che l'eredità è bloccata in una banca svizzera, protetta da un codice contenuto in un microfilm. All'improvviso Laura si ricorda che questo microfilm è contenuto nell'orologio d'oro del defunto, sepolto assieme a lui. Così i due complici pensano di procedere all'esumazione. Non tutto andrà come desiderato: la bara del plutocrate è assaltata da un branco di spaventosi ratti carnivori dagli occhi rossi come rubini, che saranno la nemesi  della profanatrice! 
P.S. 
Chissà come mai, l'inglese rat, che significa "ratto", "pantegana", viene spesso tradotto con "topo". Si tratta di una traduzione erronea: la parola per indicare il topo è mouse (plurale mice). Credo che la causa sia da identificarsi nel sistema scolastico italiano, che insegna un inglese molto approssimativo.

2) Bobby  
In una lussuosa villa sul bordo di un baratro, una ricchissima e piacevole signora, corvina, morbida e sensuale, non si rassegna alla morte di quel piccolo fetente di suo figlio, un pestilenziale bulletto biondiccio. Così la donna ricorre alla stregoneria, invocando il demone Euronymus perché le restituisca la prole.  Viene accontentata. Il bambino bussa alla porta ed è proprio il morto redivivo. Presto però qualcosa va storto: il ritornante si rivela essere pazzo ed estremamente aggressivo. Tenta di uccidere la madre, che alla fine gli spara, facendolo precipitare nel burrone. Tuttavia la voce del bambino demoniaco annuncia l'odio di Bobby per colei che lo ha messo al mondo, e sulla scala si materializza un gobbolino, pardon, un goblin, con un atroce ghigno stampato sui lineamenti deformi, orripilanti!

3) Colui che uccide (He Who Kills)
Le riprese iniziano proprio dove finivano quelle dell'episodio "Amelia" del film originale. Un investigatore sta indagando sulla scena del delitto. Sia l'indemoniata che la sua madre isterica sono state uccise. Il ganzo della giovane è stato convocato per il riconoscimento dei cadaveri, pieni zeppi di sangue. Nel forno a microonde vengono rinvenuti i resti carbonizzati dell'abominevole feticcio degli Zuñi. La dottoressa Simpson, una sensualissima brunetta, viene obbligata a passare la notte a fare le analisi. Durante il suo lavoro, si rende conto che il simulacro raccapricciante si sta rigenerando sotto la crosta annerita. Arriva il suo ganzo, che ha comprato i biglietti per un volgare spettacolo, ma lei riesce a tenerlo a bada promettendogli un pompino. Ovviamente non usa parole così esplicite: dice che lo farà felice (glielo leccherà sulla punta fino a portarlo al culmine e prenderà in bocca il suo sperma). Una volta che il mandrillone se ne è andato, promettendo di passarla a prendere più tardi, ecco che il feticcio si anima. Approfittando di una pausa della dottoressa Simpson, scesa a mangiare una pizza con i guardiani, l'immondo spirito cacciatore comincia a uccidere. Presto la donna si ritrova asserragliata nel laboratorio, con il mostriciattolo che la terrorizza tagliandola con il coltello. Non avendo a disposizione un forno a microonde come nel primo film, lei riesce a gettare il nemico in un grande recipiente ermetico pieno di acido altamente corrosivo. Credendolo morto, la Simpson si mette i guanti, ignorando la protezione degli occhi e del viso, con l'insanissima idea di rovistare nell'acido per recuperare i resti dello Zuñi. Lo spirito demoniaco salta fuori ed entra in lei, trasformandola in un mostro dai denti acuminati. Ecco che passa il ganzo, ignaro, che viene aggredito a colpi di scure e massacrato a morte.

Recensione: 
Mi sorge una domanda. Ha senso fare un sequel dopo 21 anni? I primi due episodi non hanno a che fare con quelli della precedente trilogia, mentre il terzo sembra una riedizione di Amelia. È la stessa storia rigirata, in pratica un remake ad uso sequel. Sono venuto a sapere che l'episodio Bobby è stato riciclato da un'altra antologia dell'orrore dello stesso Dan Curtis, Notte di morte (Dead of Night, 1977), che non ho visionato. Il regista ha voluto raschiare il fondo della pentola e cavare sangue dalle rape. "Quando hai una buona idea, ripetila all'infinito", recita il motto fondante del cinema americano. 

Un errore marchiano 

La donna che evoca il Signore della Morte per riavere il figlio defunto, anziché Tetragrammaton pronuncia un assurdo Tetragrammation (ossia Tetragrammescion, con la finale in -escion del celentanesco Svalutescion). Non avendo visto il film in lingua inglese, non so se il ridicolo errore fosse già presente nell'originale o se sia stato introdotto nel doppiaggio in italiano - un po' come Darth Vader diventato Dart Fener per colpa di un doppiatore raffreddato. Potrebbe anche esserci una causa superstiziosa. Tutto ciò che ha a che fare con la Morte Eterna viene trattato con una certa prudenza dai popoli religiosi. 

Euronymus, il Signore della Morte 

Nella demonologia cristiana tradizionale, Euronymus è un demone connesso con tutto ciò che riguarda i cadaveri, il cannibalismo e la necrofagia. Ai tempi delle grandi tregende, i necromanti lo invocavano per scagliare la morte contro i nemici. In tempi più recenti, la Chiesa di Roma è diventata molto restia a pubblicizzare i suoi trattati demonologici, è ovvio: a spingerla al riserbo è il terrore che le genti si mettano ad invocare il Signore del Male e gli spiriti immondi!  

Una contraddizione?
No, è schizofrenia
 

Se la donna era snaturata con il figlio Bobby, come sembra emergere dalla narrazione, perché lo avrebbe voluto strappare all'Oltretomba? Se poi la morte del ragazzino non era stata accidentale, bensì voluta dalla stessa madre, perché questa avrebbe invocato i Demoni per riaverlo? Non avrebbe dovuto lasciarlo dove stava? 

Gli Zuñi 

Gli Zuñi sono vivi e vegeti, la loro cultura è viva e vitale. Risiedono nel Nuovo Messico. Ad essere estinta da almeno cinque secoli è la civiltà degli Anasazi, la cui origine è problematica. Un'analisi della questione esula dagli scopi di questa recensione. Una cosa però è certa. Pressato da rappresentanze di giganteschi Mandingo dai pugni simili a magli, il regista ha fatto sì che la dottoressa Simpson affermasse che gli Zuñi erano africani! Si cominciavano già a scorgere i primi segni della propaganda woke dominionista nera, che vuole costringere gli Anglosassoni all'autorazzismo, non facendosi scrupolo di sacrificare gli Amerindiani sull'altare della demenza! 

sabato 6 agosto 2022


TRE PASSI NEL DELIRIO

Titolo originale: Histoires extraordinaires 
Titolo in inglese: Spirits of the Dead 
Paese di produzione: Francia, Italia 
Lingua: Francese, italiano, inglese 
Anno: 1968
Durata: 116 min 
Colore: Colore 
Rapporto: 1,75:1
Genere: Orrore, thriller
Regia: Roger Vadim, Louis Malle, Federico Fellini
Episodi: 
    Metzengerstein (37 min), di Roger Vadim
    William Wilson (36 min), di Louis Malle
    Toby Dammit (43 min), di Federico Fellini
Soggetto: Racconti di Edgar Allan Poe:  
    Metzengerstein - Metzengerstein: A Tale in Imitation 
        of the German (1832)
    William Wilson - William Wilson (1839) 
    Toby Dammit - Never Bet the Devil Your Head: 
        A Moral Tale (1841)   
Sceneggiatura: Roger Vadim, Federico Fellini,
     Louis Malle, 
Bernardino Zapponi, Pascal Cousin
Produttore: Alberto Grimaldi, Raymond Eger
Casa di produzione: Produzioni Europee Associate (Italia),
     Les Films Marceau-Cocinor (Francia)
Fotografia: Claude Renoir (Metzengerstein),
    Giuseppe Rotunno (Toby Dammit), Tonino Delli Colli
    (William Wilson)
Montaggio: Hélène Plemiannikov (Metzengerstein),
    Ruggero Mastroianni (Toby Dammit)
Musiche: Jean Prodromidès (Metzengerstein),
    Diego Masson (William Wilson), Nino Rota
    (Toby Dammit)
Scenografia: Jean André (Metzengerstein), Pietro Tosi
    (Toby Dammit)
Costumi: Jacques Fonteray (Metzengerstein)
Interpreti e personaggi: 
   1) Metzengerstein
    Jane Fonda: Contessa Frederica de Metzengerstein
    Peter Fonda: Barone Wilhelm Berlifitzing
    Georges Douking: Arazziere
    Philippe Lemaire: Philippe
    Carla Marlier: Claude
    Serge Marquand: Hugues 
    James Robertson Justice: Consigliere della Contessa
    Françoise Prévost: Amica della Contessa
    Audoin de Bardot: Paggio
    Dennis Berry : Cortigiano 
    Jackie Blanchot: Cortigiano 
    Anny Duperey: Cortigiana
    Marie-Ange Aniès: Cortigiana 
    Andréas Voutsinas: Cortigiano 
    Maurice Ronet: Narratore (versione francese) 
    Clement Biddle Wood: Narratore (versione inglese)
   2) William Wilson
    Alain Delon: William Wilson e il suo Doppelgänger
    Brigitte Bardot: Giuseppina Ditterheim
    Renzo Palmer: Prete
    Daniele Vargas: Professore all'Università
    John Karlsen: Istruttore militare scolastico 
    Franco Arcalli: Insegnante che fustiga Wilson bambino
    Umberto D'Orsi: Hans 
    Marco Stefanelli: William da bambino 
    Paolo Giusti: Doppelgänger di Wilson 
    Massimo Ardù: Doppelgänger di Wilson ragazzo
    Katia Christine: Ragazza bionda sul tavolo operatorio
   3) Toby Dammit
    Terence Stamp: Toby Dammit 
    Marina Yaru: Il Diavolo in forma di bambina 
    Salvo Randone: Padre Spagna
    Antonia Pietrosi: La Signora
    Ferdinand Guillaume: Vecchio attore cieco
    Brigitte: Ragazza che parla col vecchio attore
    Annie Tonietti: Commentatrice televisiva
    Monica Pardo: Miki, l'attrice dai capelli crespi 
    Federico Boido: Il Doppelgänger di Toby
    Fabrizio Angeli: Fabrizio Manetti (primo regista)
    Ernesto Colli: Ernestino Manetti (secondo regista) 
    Andrea Fantasia: Produttore 
    Campanella: Lombardi (assistente produttore) 
    Aleardo Ward: Primo intervistatore
    Paul Cooper: Secondo intervistatore
    Milena Vukotic: Intervistatrice tv
    Andrea Fantasia: Produttore al party
    Marisa Traversi: Marilù Traversi
    Irina Maleeva: Zingara 
    Giovanni Tarallo: Vecchio paparazzo 
    Fides Stagno: Se stessa 
    Ettore Arena: Rabbino all'aeroporto
    Dakkar: Mandingo all'aeroporto 
    Van Heflin: Attore del film "Trenta dollari"
        (scena tagliata)
Doppiatori italiani: 
   1) Metzengerstein
    Maria Pia Di Meo: Contessa Frederica de Metzengerstein
    Gino La Monica: Barone Wilhelm Berlifitzing
    Sergio Graziani: Philippe
    Carlo Alighiero: Hugues
    Renato Turi: Voce narrante
   2) William Wilson
    Cesare Barbetti: William Wilson e il suo Doppelgänger
    Flaminia Jandolo: Giuseppina Ditterheim
    Bruno Persa: Professore all'università
    Giovanni Saccenti: Insegnante che consegna le lettere
    Stefano Sibaldi: Hans
   3) Toby Dammit
    Osvaldo Ruggieri: Voce narrante di Toby Dammit ad inizio
       episodio
    Giuseppe Rinaldi: Padre Spagna
    Serena Verdirosi: Commentatrice TV
    Oreste Lionello: Il Doppelgänger di Toby 
Location: 
   1) Metzengerstein:
        Roscoff (Finistère, Bretagna)  
   2) William Wilson: 
        Bergamo, Chiesa di Santa Maria Maggiore, Palazzo
        della Ragione;
        Bracciano, Castello Odescalchi;
        Roma, Chiesa della Santissima Trinità dei Pellegrini. 
   3) Toby Dammit:
        Marino (Roma); 
        Roma
, Convento di San Bonaventura al Palatino.   


Trama: 

1) Metzengerstein 
La Contessa Frederica de Metzengerstein è una nobildonna bionda, bellissima e dissoluta che passa il suo tempo in orge, anche saffiche. Sorprendentemente emancipata per il contesto storico, non è sposata, non ha figli e ignora qualsiasi concetto della religione cristiana, come se fosse nata e cresciuta in un popolo pagano rimasto isolato. Priva di morale e di scrupoli, non esita a causare la morte del cugino, il Barone Wilhelm Berlifitzing, reo di aver osato respingere un suo invito: fa incendiare la sua scuderia, dove egli passava il suo tempo con gli amati cavalli. Così il nobile finisce combusto assieme agli equini, travolto dal crollo dell'edificio in fiamme, ma ritorna in forma di un selvaggio stallone nero e demoniaco, che fa irruzione nel maniero dei Metzengerstein. La Contessa Frederica è ossessionata dal sinistro animale, che soltanto lei riesce ad ammansire. Finirà con l'appartarsi da ogni forma di vita sociale per passare il suo tempo con il cavallo dal manto scuro come la notte.  

2) William Wilson 
Un giovane ufficiale austriaco, il cui nominativo è stranamente anglosassone, si distingue per il suo efferato sadismo. Si chiama William Wilson ed è un totale psicopatico. La vita altrui per lui è meno importante di un escremento. Arriva al punto di bucare l'addome a una giovane prostituta, penetrandola con un coltello soltanto per divertimento. Qualcosa però lo disturba: è il suo Doppelgänger, ossia un uomo in tutto e per tutto identico a lui, che compare nei momenti meno opportuni intralciando le sue gesta malvagie, fino a fargli fallire una cruciale partita a carte con una dama fatale, smascherandolo come baro. William Wilson, ossessionato da queste apparizioni spettrali, finisce per sfidare a duello il Doppelgänger e lo uccide con un pugnale, ma così facendo commette un gravissimo errore. Giunto alla pazzia, va a confessarsi da un prete, che ascolta con attenzione il racconto della sua vita, ma alla fine non crede alle sue parole e cerca di convincerlo a smettere di alcolizzarsi. In preda alla disperazione, l'ufficiale si getta dal campanile e si schianta sul selciato. Il suo corpo viene trovato trafitto dalla stessa arma con cui ha ucciso il Doppelgänger. 

3) Toby Dammit 
Un attore shakespeariano inglese in declino e alcolizzato terminale, Toby Dammit, arriva a Roma per girare un film spaghetti western molto particolare, commissionato da un importante prelato e finanziato dalla Santa Sede. Si tratta di un western "cattolico", che parla del ritorno di Cristo sulla Terra. In cambio della sua opera, l'attore riceve una Ferrari già rodata e pronta all'uso. Durante un'intervista, quando gli viene chiesto se creda in Dio, lui risponde di no. Tuttavia, subito dopo gli viene chiesto se creda nel Diavolo, e la sua risposta è affermativa. Parla della sua idea del Diavolo, che descrive come una presenza reale, in carne ed ossa, il cui aspetto è quello di una bambina bionda vestita di bianco che si aggira di notte con una palla. Dopo un'esibizione disastrosa, Toby Dammit prende la Ferrari e si lancia a velocità folle nella notte, inoltrandosi negli spettrali paesi fuori Roma. In preda a un attacco di demenza, vede la bambina bionda con la palla e sa che la propria fine sta per giungere. Cerca così di saltare con la Ferrari un ponte crollato, ma finisce contro un cavo teso che lo decapita. La bambina demoniaca raccoglie la testa recisa dell'attore dannato. 

Citazioni: 

Orrore e fatalità hanno imperato in ogni tempo. Perché dunque segnare una data alle storie che devo raccontarvi?  
Edgar Allan Poë 

Recensione:  
All'epoca in cui questo film fu girato, era del tutto normale che un'opera cinematografica fosse composta da più episodi, in pratica cortometraggi giustapposti, spesso diretti da diversi registi e legati tra loro soltanto da un tema in comune. In questo caso il filo conduttore è l'orrore ispirato da fatti surreali ai limiti dell'assurdo. Dopo aver goduto di vasta popolarità, la formula del film collettivo (in inglese omnibus film) decadde fin quasi a scomparire. Difficile credere che oggi possa essere riproposta. 
I tre episodi di Vadim, Malle e Fellini sono stati tratti molto liberamente da racconti di Edgar Allan Poe, apportandovi modifiche radicali. In particolare nel caso di Toby Dammit, l'adattamento è addirittura migliore dell'opera da cui è stato tratto. A parer mio, nel complesso si tratta di un esperimento dall'ottimo esito. Le lacune sono colmate dall'eccellente interpretazione di attori e attrici di prim'ordine. Certo, non sempre è una formula che funziona: esistono numerosi film fecaloidi anche con un cast stratosferico. Qui invece va tutto a meraviglia, per quante critiche si possano fare.  


L'adattamento di "Metzengerstein:
A Tale in Imitation of the German" 

Roger Vadim era un nepotista e tendeva a mettere sua moglie dappertutto. Dovendo adattare un racconto il cui protagonista era un uomo, non poté far altro che cambiargli sesso, facendolo diventare una donna e per giunta libidinosa. Così il Barone Frederik è diventato la contessa Frederica (Frédérique nella versione in francese/inglese). Siccome il titolo di baronessa non bastava alla Fonda, l'ha promossa facendola diventare contessa. Il finale scritto da Poe era assai problematico, perché il Barone Metzengerstein doveva bruciare vivo, condotto dal cavallo nero e indomito tra le fiamme divampate nel suo castello di famiglia. La Pupona non era stupida e aveva un orgoglio smisurato: non avrebbe mai accettato di interpretare un personaggio destinato a morire in un incendio. Così ecco che il rogo finale, contrappasso per la morte di Berlifitzing (che nel racconto era un anziano patriarca), non è mai stato realizzato. Anche Vadim era furbo: non voleva insistere con la capricciosa consorte e rischiare qualcosa del tipo "niente sesso per un anno". Questo finale sospeso non ha affatto giovato. Ha rotto la tensione, ha come castrato l'episodio. C'è anche un altro elemento, di cui forse ben pochi si sono resi conto. L'attaccamento morboso della Contessa Frederica allo stallone poteva suggerire qualcosa di insano, connesso alla bestialità erotica. Anche se in America è sempre stato un tabù religioso molto radicato, all'epoca in Francia e altrove non erano rare fantasie di questo tipo, che si traducevano in filmati con attrici intente a fellare e masturbare i falli prorompenti degli stalloni. 


L'adattamento di "William Wilson" 

L'originale di Poe non presentava particolari problemi: era ambientato nelle più rinomate università della cupa Inghilterra. È stato Louis Malle ad introdurre molteplici complicazioni nel suo adattamento. Difficile a distanza di tempo capire le ragioni delle sue scelte, strane ma senza dubbio molto suggestive. Perché trapiantare la storia di William Wilson nell'Impero Austriaco? Perché conservare le origini anglosassoni del personaggio? Già era ai limiti dell'assurdo la presenza di un uomo di nome William Wilson in quella potente nazione, figuriamoci quella di un suo doppione chiamato allo stesso modo! 
Di fronte a tutto ciò, è necessario porsi domande cogenti. Nel Regno Lombardo-Veneto, come avveniva la comunicazione tra militari austriaci e popolazione locale? Un militare di stanza a Bergamo imparava il bergamasco oppure erano i locali a conoscere il tedesco? Se così fosse stato, come mai non è rimasto alcun ricordo di queste esperienze linguistiche? Perché i libri di storia non si occupano di questi problemi? 
Solo per fare un esempio, il prete da cui Wilson è andato a confessarsi, che lingua parlava con lui? Era un prete tedesco in una chiesa di Bergamo? Oppure la conversazione con Wilson si svolgeva in bergamasco? Si può immaginare che tra loro, questi militari parlassero tedesco e che non sorgessero difficoltà di sorta. Anche i dialoghi con Giuseppina Ditterheim dovevano essere nel nobilissimo idioma germanico. Come si va al di fuori di questo ambito ristretto, tutto è inghiottito da insondabili zone d'ombra. Si possono solo azzardare deboli spiegazioni di questo fenomeno di annichilimento del passato e della sua inconoscibilità. 
a) Sostanziale mancanza di fonti. 
Le fonti storiche, soprattutto quelle scritte, tendono a privilegiare gli eventi politici e militari, trascurando spesso gli aspetti più quotidiani della vita. Le testimonianze dirette dei soldati o dei civili sono rare e spesso frammentarie.
b) Dialetti e oralità. 
Molte delle interazioni linguistiche avvenivano in contesti informali e attraverso l'oralità. I dialetti, inoltre, erano spesso considerati inferiori rispetto alle lingue scritte e quindi meno degni di essere documentati.
c) Passaggio del tempo e relativa usura. 
Col passare del tempo, i ricordi si affievoliscono fino a svanire del tutto e le lingue cambiano. Molti dei dialetti parlati nel XIX secolo sono oggi scomparsi o fortemente alterati. 
d) Tensioni sociali.
Il rapporto tra militari e popolazione era spesso teso, a causa dell'occupazione austriaca e delle repressioni che ne seguirono. Secondo alcuni, questo clima di diffidenza poteva inibire la comunicazione e favorire l'uso di lingue veicolari come l'italiano. Sono molto scettico a questo proposito. L'italiano era una lingua poco diffusa ancora agli inizi del XX secolo e i suoi parlanti non erano così numerosi! 


L'adattamento di "Never Bet the Devil
Your Head"

L'episodio migliore della trilogia onirica è di gran lunga Toby Dammit, che è uno dei massimi capolavori dell'horror a livello mondiale. Eppure, se prendiamo l'originale di Poe, notiamo all'istante che c'è ben poco in comune. Il racconto Never Bet the Devil Your Head era innanzitutto grottesco e satirico, quasi comico nella sua improbabile architettura. Era la storia di un coglione microcefalo cresciuto da una madre calvinista e severissima, snaturata come una tigre d'Ircania, che gli somministrava ogni giorno decine di violentissimi sganassoni! Nonostante questo trattamento, il protagonista cresceva con ogni genere di vizio, fino ad adottare come normale intercalare la frase "Scommetto la mia testa col Diavolo", considerata da tutti sommamente blasfema e pericolosa. Alla fine, il giovane bestemmiatore finiva col perdere davvero il cranio in presenza di un vecchio gobbo vestito di nero, che era per l'appunto Messer Mefistofele in persona! 
Fellini ha rifatto tutto e ha prodotto questa meravigliosa perla! Peccato che non tutto sia farina del sacco del regista, che ha preso a prestito proprio l'elemento più destabilizzante: il Diavolo in forma di bambina bionda. L'origine è presto detta, è il film horror Operazione paura (1966), diretto da Mario Bava. Sì, proprio lui, che creava mondi alieni con le caramelle ciucciate e che ha concepito l'idea di plasmare uno pseudo-Alien con un bidone di trippa! Nel film baviano del 1966, la bambina diabolica, Melissa, era uno spettro, un'anima inquieta. Era stata una bambina in carne ed ossa, poi uccisa in un incidente e non soccorsa, così dopo la morte vagava in cerca di vendetta. Fellini ha introdotto un'innovazione geniale: la bambina diventa una manifestazione del Maligno! 


Allucinazioni e distorsioni 

Il cervello non sa gestire l'Orrore Assoluto. Cerca con ogni mezzo di rimuoverlo, di neutralizzarlo. Una strategia molto frequente è quella di far passare l'evento straordinario per qualcosa di normale. Quando questo tentativo fallisce, perché il potere traumatizzante dell'accaduto è eccessivo, subentra la cancellazione della memoria. In pratica, si ha un intervento sui neuroni e sulle sinapsi, in modo tale che non si fissi tutto ciò che è connesso con il ricordo problematico. Questa cancellazione non è mai completa, resta sempre qualcosa, nascosto in profondità e sempre pronto a riemergere. Così quando ho visto il film collettivo sono rimasto inorridito, quasi annientato dalla spaventosa visione della bambina satanica. Ho avuto un'amnesia, tanto che ho dimenticato quelle sequenze per molti anni, anche se queste continuavano a produrre i loro effetti nelle profondità del mio subcosciente. Ricordo alcune eruzioni terrificanti avvenute a più riprese nel corso della mia adolescenza e in seguito, quando ero un uomo fatto e finito. Ero uno studente delle medie quando ho visto una bambina bionda vestita di bianco a una finestra di una villa abbandonata, che anni dopo ho saputo essere stata una sede delle SS durante la seconda guerra mondiale. In quel luogo sono state torturate e uccise molte persone. Appena mi sono reso conto della cosa, per una notizia riferitami in modo in apparenza fortuito, ho avuto i brividi: quella bambina era realmente un demone, come avevo saputo fin dal primo momento. Il giorno della mia laurea, mi trovavo nella sede di Fisica in Via Celoria a Milano. Guardando fuori dalla porta vetrata dell'ingresso, vidi nitidamente una bambina bionda vestita di bianco, che mi dava le spalle. Uscito per vedere meglio, era scomparsa. Solo dopo molto tempo, visto di nuovo il film, mi sono ricordato all'improvviso di quando ero stato esposto per la prima volta a quelle immagini. Il mio cervello aveva immagazzinato ogni dettaglio, proiettandolo poi, anche da prospettive che nel film non si vedono!     

Moravia e le bambine demoniache 

In Passeggiate africane (edito da Bompiani, 1987), Alberto Moravia racconta un evento inquietante che gli occorse mentre visitava la tribù dei Manyati. Ecco il resoconto:  

"Mentre discutiamo e la Land Rover corre per una pista assolutamente deserta a perdita d'occhio, ecco, ad un tratto, laggiù lontano ecco appare una piccola figura che, poiché ci avviciniamo, si precisa sempre più ma rimane piccola. Adesso la vediamo distintamente: è una bambina nuda salvo un esiguo perizoma bianco panna intorno ai fianchi; avrà dieci anni; ha gambe robuste e corpo atticciato e una testa rotonda e spettinata; ride, provocante, e agita le braccia come facendoci segno di fermarci. L'autista, invece di fermarsi, accelera; la bambina si getta davanti al radiatore agitando le braccia; facciamo appena in tempo ad evitarla con uno scarto violento che ci fa scivolare nella melma del fossato. Usciamo fuori dal fossato, riprendiamo la corsa, mi volto a guardare attraverso il vetro posteriore; la pista è già deserta, della bambina non c'è traccia. Allora, ad un tratto, ricordo il breve bellissimo film di Federico Fellini, ricavato dalla novella di Poe: "Mai scommettere la testa con il diavolo". Anche nel film c'è una bambina che, inspiegabilmente, gioca a palla di notte su un ponte in costruzione. Il protagonista scommette con se stesso di saltare in macchina da un troncone all'altro del ponte; ma una sottile sbarra di ferro, tesa e invisibile, a mezz'aria, gli tronca di netto la testa. Racconto ai compagni del film di Fellini, noto la coincidenza; quello che sa tante cose della tribù dei Manyati, conferma: sono tutti nudi eccetto un perizoma di un bianco panna opaco intorno i fianchi; non ci sarebbe da stupire che la bambina volesse fermarci per...e qui lascio immaginare ma preferisco non precisare le ipotesi, formulate in proposito, tutte come nella novella di Poe e nel film di Fellini "diaboliche". 

Non posso averne conferma, ma ho l'impressione che la bambina vista da Moravia fosse albina, o non gli avrebbe richiamato alla mente l'opera di Fellini. E ancora, nel racconto Il diavolo va e viene (La cosa e altri racconti, edito da Bompiani, 1983), lo stesso autore riporta quanto segue:

"La prima sorpresa sarà nel vederlo in sembianze di bambina biondiccia, con slavati occhi azzurri, naso dalle narici increspate, bocca schifiltosa. Sarà vestita di una pelliccetta gonfia e bianca di falso muflone." 

Quello che mi pare certo è che queste immagini sono state impiantate nella mente di Moravia proprio dal Toby Dammit felliniano, in modo non dissimile da quanto accaduto a me! 

Note etimologiche 

Né il cognome Metzengerstein, né il cognome Berlifitzing, sono reali. Non esiste nessuna loro attestazione storica, si tratta di pure invenzioni di Edgar Allan Poe. Occorre però stabilire come lo scrittore sia arrivato a coniare questi cognomi, quale sia stata la sua ispirazione.
Il cognome Wilson esiste ed è diffusissimo sia nel Regno Unito che negli Stati Uniti d'America (è il settimo cognome più diffuso in Inghilterra e addirittura il terzo cognome più diffuso in Scozia). Il cognome Dammit può sembrare non reale, liquidabile come una mera creazione satirica del genio di Poe. Invece esiste davvero, anche se è molto raro. 

i) Etimologia di Metzengerstein 

In una pagina dell'augusto sito della Edgar Allan Poe Society of Baltimore (EAPOE) è scritto quanto segue in una nota che riporto in questa sede per l'universale e sacrosanto diritto di citazione breve: 

"The name is apparently not historical, and is of uncertain meaning. In German Metz (plural Metzen) is meal (flour), and the name of a city; and Ger is a spear, but Metzger is a butcher. Stein is stone. Poe may have thought the name meant Butcherstone or Stonespear of Metz." 

Traduzione: 

"Il nome è evidentemente non storico, ed è di significato incerto. In tedesco Metz (plurale Metzen) è la farina, e il nome di una città; e Ger è un giavellotto, ma Metzger è un macellaio. Stein è la pietra. Poe può aver pensato che il nome significasse "Pietra del macellaio" o "Giavellotto di pietra di Metz". 

Ebbene, in tedesco la farina non è affatto Metz, bensì Mehl. Il genitivo singolare è Mehles o Mehls. Il nominativo plurale è Mehle. Il sostantivo è un neutro forte e non ha nessun plurale debole in -en. Quanto riportato dal sito della Edgar Allan Poe of Baltimore è semplicemente inventato e dimostra una totale ignoranza della lingua tedesca. 

ii) Etimologia di Berlifitzing 

Sempre nel sito della Edgar Allan Poe of Baltimore è riportato in una nota brevissima quanto segue: 

"The name Berlifitzing is apparently invented; it may mean something like Little Son of a Bear." 

Traduzione: 

"Il nome Berlifitzing è evidentemente inventato; potrebbe significare qualcosa come "Piccolo figlio di un orso".

L'etimologia suggerita nel sito è farlocca e parte dalla combinazione di un sostantivo tedesco, Bär "orso", con uno francese antico: fiz "figlio" (derivato dal latino fīlius). Non mi risultano usi di questa parola francese per formare composti con parole tedesche. Un'etimologia popolare, erronea, fa derivare il nome della città di Berlino (Berlin) da un diminutivo di Bär "orso". Poe potrebbe aver conosciuto questa leggenda e aver utilizzato il toponimo Berlin, interpretato come "Piccolo Orso", come primo membro del cognome composto. Il suffisso -ing è un tipico patronimico germanico e di per sé non è problematico; tuttavia non ha riscontro la sua aggiunta a un termine francese antico, in cui -z è tra l'altro un'uscita tipica del nominativo singolare, essendo l'accusativo singolare fil (derivato dal latino fīlium). Non ha proprio senso. 

iii) Etimologia di Wilson 

L'etimologia è semplice: il cognome Wilson è di formazione norrena di origine patronimica che contiene l'elemento -son "figlio", mentre il primo membro del composto è l'antroponimo William "Guglielmo". Significa "Figlio di Guglielmo". L'attestazione più antica risale al 1324, in Inghilterra, nella forma Willeson, quindi nel 1405 è documentato come Wulson in Scozia. Dal cognome è derivato il nome di battesimo Wilson. In Germania i cognomi formati in questo modo non sono sconosciuti. Nel nord sono abbastanza comuni i cognomi in -sen, come Janssen, Johansen, Hansen, Pedersen, che potrebbero essere filtrati dalla Danimarca. Altrove si trovano cognomi in -son, -sohn, come JohanssonFriedrichsohn. Il cognome Mendelssohn (varianti: Mendelsson, Mendelsohn, Mendelson, Mandelson) è ashkenazita formato allo stesso modo. 
 
iv) Etimologia di Dammit 

Il cognome Dammit ha la sua origine in una comune interiezione che esprime irritazione, rabbia, disappunto. È uno di quei gioielli della lingua inglese che non vengono insegnati nelle grammatichine. L'interiezione dammit può persino essere usata come sostantivo. La sua derivazione è chiaramente "damn it!", cioè "sia dannato!", "maledizione!"  Locuzioni tipiche: 
- God dammit, espressione di rabbia, sorpresa, eccitazione intensa o frustrazione (varianti: goddammit, goddamnit, goddamned, God damn);
- dammit to Hell, espressione di rabbia o irritazione. 
Quanto riportato smentisce la stupidissima idea insegnata nelle scuole italiane, secondo cui gli Anglosassoni non bestemmierebbero mai. Cosa sono queste, se non bestemmie? Possiamo dedurre che Toby Dammit sia un nomen omen, che prefigura il destino di chi lo porta, ossia la dannazione eterna all'Inferno. Questo crea qualche problema con la teologia cattolica, mentre è compatibile con quella protestante. 
A quanto pare, esiste anche un cognome tedesco Dammit, ovviamente di diversa origine, che si trova in Slesia, con numerose varianti come Damitz, Damits, Dammits, Demitz, Demits, Damnitz


Produzione e distribuzione  

Originariamente il film collettivo doveva essere diretto da Luchino visconti, Claude Chabrol, Joseph Losey e Orson Welles. Secondo IMDb.com, tra i registi avrebbe dovuto esserci Luis Buñuel. Welles, che aveva già scritto la sceneggiatura di un segmento basato sia su "The Mask of the Red Death" che su "The Cask of Amontillado", si ritirò nel settembre 1967 e fu sostituito da Fellini. 

All'inizio Peter O'Toole era stato scelto per il ruolo di Toby Dammit. Dopo essersi ritirato, Federico Fellini contattò un'agenzia di casting londinese e chiese loro di mandare a Roma gli attori più decadenti e problematici che avevano a disposizione, per incontrarlo di persona. Mandarono Terence Stamp e James Fox, e Fellini scelse Stamp. 
Si segnala che anche Marlon Brando e Richard Burton erano stati presi in considerazione per il ruolo di Toby Dammit. 

Louis Malle avrebbe voluto la prosperosa brasiliana Florinda Bolkan per interpretare il ruolo di Giuseppina Ditterheim, ma non poté averla, perché i produttori volevano imporre un'attrice più conosciuta. Così fu scelta Brigitte Bardot, che era considerata poco adatta dal regista.
 
L'uscita del film in Gran Bretagna fu ritardata a lungo, fino all'inizio del 1973, quando ebbe solo una manciata di proiezioni con il titolo Tales of Mystery. Non è mai stato trasmesso sulla televisione britannica e solo nel 2019 è uscito in DVD / Blu-Ray con il titolo americano, Spirits of the Dead. Non è difficile capire l'accaduto. La rappresentazione del Diavolo ha urtato profondamente la sensibilità degli Inglesi, popolo sommamente superstizioso e scaramantico. Qualcuno di molto importante deve essersi defecato in mano, decidendo così di ostacolare la distribuzione della pellicola. Non dimentichiamoci che in Inghilterra non si trovano macchine con 666 nella targa, né alberghi con la camera 666. Poi avevano in casa Jimmy Savile, che era un'emanazione del Maligno! 

Errori 

Durante l'ultima partita di carte tra la fatale Giuseppina e il cinico Wilson, quest'ultimo si distribuisce due carte di seguito durante la mano finale. Avrebbe dovuto distribuire a Giuseppina una quinta carta prima di prendere la sua.

Evidentemente è un manichino quello che cade dal campanile della chiesa a Bergamo, non un essere umano.

Toby Dammit non si serve di un traduttore e parla in inglese (anche nella versione in italiano), come se il pubblico lo potesse comprendere alla perfezione. In realtà la conoscenza della lingua inglese in Italia era pessima in quegli anni, essendo nel frattempo le cose appena migliorate. 

A Toby Dammit viene offerta una rivista pittorica in cui deve ritrarre "il giovane dio greco Marte" (come tradotto nelle didascalie). Marte era il dio romano della guerra. Il nome del suo corrispondente greco era Ares.

Alla fine, quando Toby Dammit ha messo la retromarcia e ha accelerato per arrivare abbastanza indietro da permettergli di saltare il baratro nel ponte crollato davanti a sé, indossa una camicia bianca con volant aperta sul lato del collo. Ma in uno dei brevi scatti che lo mostrano mentre fa retromarcia, indossa la stessa giacca nera sopra la camicia bianca e l'ascot nero che gli copre il collo, lo stesso che indossava prima alla catastrofica cerimonia di premiazione. 



Critica 

Marcel M.J. Davinotti Jr. ha una pessima opinione della pellicola di Vadim-Malle-Fellini ed esprime un giudizio a dir poco caustico, quasi surreale. Prima ci parla della tirannia di Roger Corman, un gigantesco Tyrannosaurus rex che ha imperversato per un decennio, imponendo i propri adattamenti di Poe (non sempre capolavori). Poi ci spiega come Vadim-Malle-Fellini siano stati costretti dal regista-dinosauro ad adattare racconti meno noti. 
Ecco in sintesi: 
1) Metzengerstein. Reso molesto da un'insopportabile voce fuori campo. Ruota tutto intorno alla Pupona, Jane Fonda, tanto che del racconto di Poe si conserva in pratica ben poco.  
2) William Wilson. Accusato di essere soporifero, si consuma tra una partita a carte e l'altra, il tutto di una suprema inutilità. Alla fine il critico afferma di provare nostalgia per i lavori di Corman, fustigati nell'incipit. 
3) Toby Dammit. Unico episodio apprezzato, anche se viene riconosciuto che con il racconto di Poe non ha quasi nulla a che vedere; sono identificate le origini eminentemente baviane della riduzione felliniana. 


L'utente Pigro riprende i concetti già espressi da Davinotti: l'episodio di Vadim è un "pezzo-cartolina", mentre quello di Malle è "calligrafico ma vuoto (e noioso)". Resta il lavoro di Fellini, "furioso e acido", anche se meno fedele degli altri all'originale di Poe. Considera quindi che la somma di due contributi scadenti e di uno eccellente debba per necessità sommarsi in un totale mediocre.  
 
L'utente Homesick usa un'espressione a dir poco suggestiva: "un trittico di cupio dissolvi". Un Terence Stamp "consunto e maudit" è protagonista di uno "stralcio di Dolce vita in versione mortuaria illuminata dal suo familiare estro onirico e grottesco". Leggendo queste parole si percepisce il disfacimento del corpo dell'attore, il progredire della sua cirrosi epatica, il delirium tremens che preme anche dopo un solo minuto di astinenza alcolica, popolando l'Universo di scarafaggi! Sublime. 

L'utente Rebis usa una satira caustica come la calve viva: Vadim, nato e cresciuto su un pianeta eternamente separato dalla Terra, che non vide mai la nascita di Edgar Allan Poe, esponendo la moglie lussuriosa all'universo mondo. Malle anticipa il finale, svuotando di senso la formula stessa del Racconto del Mistero. Fellini è come un Dante Alighieri moderno, inebriato dall'Amanita muscaria, che "allestisce uno dei suoi soliti personalissimi meravigliosi inferni". L'ideale è guardare il film senza avere in mente ciò che Poe scrisse, conclude il commentatore.

L'utente Buiomega71 riconosce l'assoluto terrore instillato dalla bambina demoniaca interpretata da Marina Yaru. Pur riconoscendo qualche merito a William Wilson, reputa "noioso" Metzengerstein. Conclude che senza Toby Dammit, l'intera opera sarebbe scivolata nell'Oblio.  

giovedì 4 agosto 2022


TERMINATOR 2 
(film trash-grottesco)

Titolo originale: Terminator 2 
AKA: Terminator II, Shocking Dark; Alienators; 
    Contaminator 
Titolo clandestino (USA): Aliens 2 
Paese di produzione: Italia 
Lingua: Italiano 
Anno: 1989 
Data di uscita (Francia): maggio 1989 
Data di uscita (Italia): 22 agosto 1990
Durata: 90 min
Genere: Fantascienza, azione, orrore 
Sottogenere: Pseudo-Alien, distopico, postapocalittico  
Regia: Bruno Mattei (come Vincent Dawn)
Soggetto: Claudio Fragasso, Rossella Drudi
    (non accreditata)
Sceneggiatura: Claudio Fragasso (come Clyde Anderson)
Produttore: Franco Gaudenzi
Casa di produzione: Flora Film
Fotografia: Richard Grassetti
Montaggio: Bruno Mattei
Effetti speciali: Francesco Paolocci, Gaetano Paolocci
Musiche: Carlo Maria Cordio
Scenografia: Giovanni Paolucci 
Direzione artistica: Mimmo Scavia (come Bart Scavia) 
Trucco: Franco Di Girolamo, Tania McComas 
Dipartimento sonoro: Maurizio Miani, Tullio Morganti 
Dipartimento musicale: Vangelis 
Direttore della fotografia: Luigi Ciccarese 
Interpreti e personaggi: 
     Christopher Ahrens: Samuel Fuller 
          (come Cristofer Ahrens) 
     Haven Tyler: Sara
     Geretta Geretta: Sergente Koster, l'afroamericana
          (come Geretta Giancarlo Field) 
     Fausto Lombardi: Tenente Franzini
          (come Tony Lombardo)
     Mark Steinborn (*): Comandante Dalton Bond
     Dominica Coulson: Samantha
     Clive Riche: Drake (come Clive Ricke) 
     Mark Zielinski: Stephano 
     Paul Norman Allen: Kowalsky, il polacco  
     Cortland Reilly: Caine 
     Richard Ross: Price 
     Bruce McFarland: Colonnello Parson 
     Richard Berkeley: Primo scienziato
           (come Richard Bercheley) 
     John Champion: Secondo scienziato 
     Massimo Vanni: Primo soldato (come Alex McBride) 
     Elain Richmond: Speaker 
     Al McFarland: Professor Henry Raphelson (**)
     Jim Pelot: Tecnico 
     Patricia Sedoc: Secondo soldato (soldatessa) 
     James Edward Sampson: Terzo soldato
          (come James Sampson) 
     Robert McFarland: Quarto soldato 
     Lorenzo Piani: Soldato (non accreditato) 
     Ernesto Rucker: Soldato (non accreditato) 
    (*) Spesso riportato in modo erroneo come Mark
    Steinborg. 
    (**) Talvolta è riportato come attore David L. Thompson,
    ma Al McFarland compare nei titoli di coda; l'ortografia  
    Rafferson è erronea.  
Doppiatori originali: 
     Alessandro Rossi: Samuel Fuller
     Anna Rita Pasanisi: Sergente Koster
     Francesco Pannofino: Tenente Franzini
     Sergio Di Stefano: Comandante Dalton Bond
     Rossella Acerbo: Samantha
     Gianfranco Bellini: Drake
     Marco Mete: Kowalsky 
Titoli in altre lingue: 
    Tedesco: Contaminator... die Mordmaschine
           aus der Zukunft
    Francese: Shocking dark - Spectres à Venise 
    Spagnolo (Messico): El retorno del mutante 
    Portoghese: O Regresso do Exterminador 
    Russo: Терминатор II 
    Giapponese: エイリアンネーター (Eiriannêtâ)
    Tagalog: Nakakagulat na Madilim 

Trama: 
Siamo in un futuro imprecisato, plumbeo e distopico. Venezia è una città fantasma, contaminata dall'inquinamento e dalla radioattività, oltre che devastata da un virus di origine sconosciuta. Ormai ci sono soltanto rovine, gli ultimi abitanti sono stati evacuati di recente. Nei fantomatici e profondissimi sotterranei della città lagunare esiste il grave problema degli umani mutati a causa dell'infezione e aggressivi, che si scagliano sui componenti di una spedizione scientifica, la missione San Marco. Questo provoca la reazione dei militari, che inviano i marines della Megaforce, un commando armato fino ai denti, per debellare i mostri infestanti, cercare eventuali superstiti e rendere sicuri i sotterranei. Pur essendo una civile, la scienziata Sara (cognome ignoto, forse è Drumbull ma non ne sono certo) accompagna i militari per offrire il necessario supporto. Il vero mandante della spedizione è però una potente multinazionale, la Tubular Corporation, che mira soprattutto a recuperare il diario dello scienziato Henry Raphelson. L'azienda riesce ad imporre  la presenza di un suo uomo, Samuel Fuller, non subordinato alla gerarchia militare. Subito la Megaforce si trova in gravi difficoltà, assediata da mostri vagamente simili a xenomorfi di gomma, bavosi e con occhi rossi simili a quelli delle cicale periodiche. Tra una sparatoria e l'altra, viene trovata una ragazzina, Samantha, che è riuscita a sopravvivere in quell'ambiente estremamente ostile. È proprio la figlia di Henry Raphelson, il cui laboratorio è ormai deserto. Per sfuggire ai mostri, i marines si rifugiano in una sede dismessa della Tubular Corporation, dove emerge una drammatica verità: Fuller, che diventa ostile, è in realtà un replicante, ossia una specie di androide. La Tubular Corporation, che aveva vinto l'appalto per il risanamento di Venezia, in realtà ha sversato contaminanti per renderla inabitabile, contando poi di riuscire a sistemare le cose dopo essersi impadronita dell'intero patrimonio immobiliare, rivendendolo a prezzi stratosferici. Una bassa speculazione sfuggita di mano. I militari finiscono sterminati; Sara e Samantha, superstiti della spedizione, sono braccate da Fuller, che vuole eliminarle in quanto scomode testimoni. Il replicante sembra indistruttibile, ma a un certo Sara trova una macchina del tempo in grado di riportare indietro nel passato, in un'epoca antecedente la contaminazione di Venezia. Il marchingegno mirabolante funziona tramite un telecomando, trasferendo la donna e la ragazzina nella città lagunare ancora piena di vita; presto però compare anche Fuller, che è riuscito a seguirle nel viaggio crononautico. Sara getta addosso al replicante il telecomando cortocircuitato, riuscendo finalmente ad eliminarlo. Il futuro incubico è eliminato, trionfa la possibilità di una nuova esistenza. 

Dialoghi memorabili: 

Franzini: "Può contarci. Equipaggiamento per quindici giorni."
Koster: "E fa' in modo che ci sia tutto, altrimenti ti prendo a calci in culo, brutto maccheroni di merda!"
Franzini: "Non mi rompere i coglioni, sporca negra!"
Koster: "Vuoi che ti spappoli il cervello?" 
Franzini: "Io ti taglio la gola!"

Tempi beati, non c'era la cappa opprimente del politically correct


Recensione:  
Il film di Mattei, uscito nel 1989, precede di due anni il quasi omonimo Terminator 2 - Il Giorno del Giudizio (1991), diretto da James Cameron. La trama e gran parte dei dialoghi sono tuttavia presi a viva forza da un altro film di Cameron, Aliens - Scontro finale (Aliens, 1986). Elementi del primo Terminator  (The Terminator, 1964), sempre di Cameron, sono comunque presenti: 

1) La locandina, palesemente terminatoresca;  
2) Il replicante, simile a un modello T-800 di Terminator e non a un sintetico di Ridley Scott; 
3) La macchina del tempo in grado di riportare nel passato.

Grazie agli insondabili misteri del copyright, lo stesso Cameron è riuscito ad intitolare il suo film Terminator 2 e a far valere i propri diritti, mentre non aveva potuto intitolare Alien 2 il seguito del film di Scott, Alien (Alien, 1979), a causa di Ciro Ippolito, l'improvvisato regista italiano che ha bloccato Hollywood. Questo deve essere accaduto perché era stato nel frattempo decretato che il Terminator 2 di Mattei era un puro e semplice plagio. Proprio per via dei diritti d'autore, lo stesso Mattei è stato costretto a cambiare molte volte il titolo del suo film nel corso della distribuzione in varie nazioni. Da questo deriva la grande confusione imperante, con i titoli Shocking Dark, Alienators, Contaminator e compagnia cantante; il più diffuso resta comunque Shocking Dark. Fino al 2018, anno dell'edizione di Severin Films su DVD e Blu-Ray, la distribuzione negli Stati Uniti è stata clandestina per i menzionati problemi legali. Per quanto possa sembrare incredibile, l'opera di Mattei ha avuto un certo riscontro nella Terra dei Liberi, tanto che vi esiste un certo numero di fan. Probabilmente a questo successo ha contribuito in larga misura il "gusto del proibito" - oltre alla predisposizione di quelle genti all'ingestione di spazzatura d'ogni specie. 
Tecnicamente parlando, questa pellicola è un escremento di celluloide, a parer mio anche peggiore degli pseudo-Alien di Ciro Ippolito e di Luigi Cozzi! Mi sorprende sopra ogni cosa l'ambientazione assurda. Resta un mistero la presenza di un'estesa Venezia sotterranea, quando tutti sappiamo che è una città costruita su un gran numero di pali di legno infissi nel sedimento del fondale della laguna! Lo insegnano persino alle scuole elementari com'è fatta Venezia. Non ci si aspetta che un italiano possa commettere un simile errore madornale! Forse il regista ha voluto prendersi gioco del pubblico americano? 
Lo schifo: plagio quasi assoluto, recitazione legnosa, azione lenta e tortuosa, le insopportabili urla isteriche di Samantha, che ad ogni passo agisce in modo più stupido della merda, abbandonandosi alle convulsioni proprio nei momenti più critici. Il banale messaggio ambientalista, la solita baggianata dei viaggi nel tempo e degli eventi reversibili, sono cose che non contribuiscono di certo a rendere interessanti le sequenze. C'è soltanto un po' di linguaggio conflittuale e violento, residuo di un'epoca più libera, in cui si poteva agire di pancia e sputare la bile accumulata, cosa che oggi non è più possibile. In America esistono tuttora conflitti razziali, citati espressamente nel film, mentre in Europa cercano di far diventare tabù anche soltanto la menzione dell'esistenza di una diffusa incompatibilità tra gruppi umani diversi. Anche Terminator 2 di Mattei non potrebbe più essere girato nel XXI secolo. 


Il postulato xenogenetico 

Il virus diffuso nell'aria a Venezia avrebbe avuto il potere di alterare il genoma umano, innescando la trasformazione negli "xenomorfi" che infestano gli improbabili sotterranei. Anche se enunciata in modo ridicolo e involuto nel corso della pellicola, l'idea ha in sé qualcosa di buono e potrebbe anticipare in qualche modo quella della riscrittura del DNA alla base del patogeno, il black goo visto in Prometheus (2012) e in Alien: Covenant (2017) di Ridley Scott. Peccato che sia sfruttata da schifo!   

Critica 

Questo è riportato da Fantafilm:

"Bruno Mattei, con lo pseudonimo di Vincent Dawn, intende colpire di sorpresa lo spettatore confondendo, all'inizio, le immagini di Venezia con quelle di un apocalittico prossimo futuro. L'originalità del film non va però oltre questo stridente contrasto. Le creature ideate dai fratelli Paolocci, visibilmente di gomma, e i richiami ad Aliens scontro finale e Terminator (furbescamente, ma in maniera del tutto arbitraria, citato nel titolo) che scadono nella grossolana scopiazzatura, deludono anche la platea più ben disposta."
  

I pochi commenti presenti sul sito del mitico Davinotti sembrano poco significativi e si registra addirittura una certa indulgenza nei confronti di questa repellente massa di celluloide fecale. La connivenza dei commentatori la trovo riprovevole!


Modo ha scritto: 

"Sembra di assistere a una bruttissima copia di Alien, non di Terminator! Il titolo è già fuorviante in partenza ma così è, nonostante il film non sia completamente da buttare. C'è sicuramente molta confusione e Venezia è citata solo come pretesto di una storia irrisoria, per quel poco che si vede. Alcune scene trash sono anche divertenti e i mostri simpatici nella loro ridicolaggine. Budget ridotto all'osso e recitazione sommariamente scadente."

Maik271 ha scritto: 

"Il sequel italiano di Terminator vede la luce grazie al simpatico Bruno Mattei, che lo ambienta in una Venezia del futuro (peraltro la si vede solo nei titoli di testa e nel breve finale, ormai disabitata a causa delle radiazioni). Il film dal soggetto forzato è divertente; non grazie agli attori, tutti pessimi, ma al ritmo e agli effetti speciali godibili, che lo rendono una ciofeca sì ma di un certo fascino."

Enzus79 ha scritto: 

"Le buone intenzioni non sempre portano a ottimi (o buoni) risultati. Questo film ne è l'esempio. Storia abbastanza interessante ma che purtroppo si ripete fino alla fine, dove il finale non è del tutto da buttare. Inutile dire che James Cameron è un'altra cosa."

Ryo ha scritto: 

"Come si può intuire il film non ha nulla a che vedere con la saga di Sarah Connor: il titolo è una trovata italiana per cercare di farlo passare come sequel apocrifo. Il film non è nemmeno costruito male; il soggetto aveva delle potenzialità ma purtroppo rimangono inespresse. Dialoghi noiosi, sviluppo inconsistente. Le creature non sono male e la fotografia poco chiara aiuta a confondere effetti speciali altrimenti fintissimi."

Come direbbe l'eroico Paperino: "Buazz!"


Curiosità 

Così devastante e terribile dovette essere l'esperienza di Claudio Fragasso alla scrittura e alla co(pro)-regia, che egli in seguito si rifiutò di fare altri film con Mattei. 

Haven Tyler ha dichiarato in un'intervista del 2021 che dopo essere stata scelta per la parte di Sara, ha chiamato suo padre, che era un avvocato, per dirgli che avrebbe lasciato la scuola nella seconda metà dell'ultimo anno per andare a fare il film in Italia. Dall'altra parte c'è stato prima un silenzio mortale, quindi una domanda: "Che tipo di film?" La giovane ha detto che si trattava di un film dell'orrore. Quindi il padre ha chiesto se ci sarebbero stati dei mostri e se lei sarebbe riuscita a ucciderli. Quando lei ha risposto di sì, lui ha esclamato: "È fantastico!" Si converrà che tutto ciò è molto bizzarro. Evidentemente la Tyler proveniva da una famiglia calvinista molto rigida, anche se non esente da stravaganze. In quella domanda angosciosa "Che tipo di film?" è sottinteso "Dimmi che non è un porno!" Fatto sta che questo è stato l'unica pellicola interpretata da Haven Tyler. 

Sembra che il personaggio del polaccoamericano Kowalsky sia stato l'ispirazione per il pinguino Kowalski nel film d'animazione Madagascar (2005), diretto da Eric Darnell e Tom McGrath (fonte: IMDb.com). Non riesco ad immaginare tramite quale contorto percorso qualcuno possa essere partito da un film trash di Mattei per dare un nome a un pinguino puzzolente. Walter "Walt" Kowalski è anche il protagonista del film Gran Torino (2008), diretto e interpretato da Clint Eastwood. Non sono tuttavia sicuro che Clint Eastwood si sia ispirato proprio a Terminator 2 aka Shocking Dar.  Del resto, Kowalski è un cognome polacco particolarmente diffuso negli States. 

Nonostante tutti i problemi avuti con i diritti d'autore, tra i titoli di coda figura nitidamente questa scritta, che ha quasi un sapore beffardo: "copyright: FLORA FILM MGMLXXXIX"


Sequenze memorabili 

Il Sergente Koster viene aggredito da un superstite della missione San Marco, avvolto in un bozzolo dai mostri di gomma. L'uomo, stremato, probabilmente adibito alla procreazione di parassitoidi come nel film di Cameron, supplica l'afroamericana di ucciderlo. Subito però si ringalluzzisce e aggredisce la donna afferrandola al collo con un braccio rachitico, ai limiti della focomelia, spuntato fuori da chissà dove. C'è qualcosa di sbagliato nelle proporzioni e nella geometria. L'effetto della sequenza è a dir poco straniante: quando l'ho vista per la prima volta mi sono messo a ridere sguaiatamente. Nemmeno il gas esilarante potrebbe avere un effetto simile! 

Errori 

Il Capitano riceve un ordine per telefono e risponde annuendo con la testa, senza proferire verbo. Peccato che il suo interlocutore, all'altro capo del telefono, non potesse sapere che lui stava annuendo con la testa!