sabato 10 maggio 2014

LE CAUSE DELL'ESTINZIONE DEL NORRENO IN NORMANDIA

Quando il capo norvegese Gǫngu-Hrólfr (alla lettera Rodolfo il Camminatore), più noto come Rollone, si stanziò in una piccola regione della Francia Settentrionale con i suoi uomini, diede inizio a cambiamenti profondi, ponendo le basi di quello che sarebbe stato conosciuto come Ducato di Normandia. La storiografia è molto sobria sull'argomento: in genere i libri si limitano a riportare che nel 911 Rollone ottenne da Carlo il Semplice Rouen e altre contee della Neustria, e che per questo accettò di essere battezzato - aggiungendo che i Normanni non tardarono a diventare franchi di lingua e cattolici di religione. Naturalmente i manuali scolastici omettono di specificare non poche cose. Innanzitutto il battesimo di Rollone fu più che altro un atto formale, rimanendo egli un grande adoratore pagano: lo storico Ademaro d'Aquitania ci riporta che prima di morire Rollone ordinò che molti schiavi cristiani fossero sacrificati a Odino e a Thor. Dire "franchi di lingua" è un sostanziale errore, dato che in quei tempi il termine "franco" doveva riferirsi all'originaria lingua germanica dei Franchi (all'epoca moribonda), mentre quella adottata dai Normanni era la lingua galloromanza locale, la lingua d'oïl - ma su questo si può per il momento sorvolare. Il complesso processo di acculturazione dei Normanni ebbe cause sociali e demografiche. Essi giunsero in Francia non portando donne con sé dalla Danimarca e dalla Norvegia, e prendendo donne locali come spose e concubine, generando con esse bastardi - spesso tramite stupro. 

I primi tra i Normanni ebbero grande cura che i loro figli apprendessero il norreno, come ci è riportato da svariate fonti, ad esempio da Dudone. Tuttavia si ha motivo di pensare che questa educazione fosse imposta a suon di nerbate sulla schiena e che i giovani fossero pieni di risentimento verso i loro stessi padri. Abbiamo le prove che il terzo Duca di Normandia Riccardo I (933-996) apprese il norreno a Bayeux dal suo tutore, il Conte Botho. Bayeux sembra essere stato un centro in cui le tradizioni avite si mantenevano meglio che altrove, una roccaforte vichinga, mentre Rouen, sede ducale, era il centro della nuova cultura romanza. Pian piano la conoscenza dell'antico norvegese in Normandia dovette in ogni caso affievolirsi e sclerotizzarsi, cosicché nella maggior parte dei distretti la lingua divenne obsoleta nella seconda metà del secolo XI. 

Sappiamo che quando il capo vichingo Olaf Haraldsson (in seguito Re Olaf II il Santo) fu ospite del Duca di Normandia a Rouen dal 1013 al 1014, non solo poteva capirsi tranquillamente con il nobiluomo parlando l'idioma avito, ma una volta battezzato gli chiese numerosi preti affinché potesse portarli con sé in Norvegia per aiutarlo nell'opera di cristianizzazione. Questi preti avevano un'ottima conoscenza del norreno, segno che l'educazione in quella lingua era ancora praticata. Va però detto che il flusso demico dalla Danimarca e dalla Norvegia alla Normandia non cessò all'improvviso: alcune famiglie vi migrarono fino al XII secolo, portando nel corso degli anni nuovi parlanti norreni anche in contesti in cui la lingua doveva essere morta o moribonda e rendendo difficile fare un resoconto preciso della situazione. 

Lo storico inglese Roberto di Gloucester (1260-1300) ci dice che all'epoca della battaglia di Hastings (1066) i Normanni di Guglielmo il Conquistatore sapevano parlare soltanto in francese - ma è possibile che una serie di frasi fatte sclerotizzate, come ordini militari e simili, ancora sopravvivessero. Inoltre lo storico, che non era contemporaneo ai fatti, può essere stato semplicemente all'oscuro del modo in cui i feudatari di Normandia parlavano nelle loro case e della lingua da loro usata nelle diverse occasioni. 

D'altro canto, alcuni prestiti norreni nei dialetti francesi del Nord farebbero pensare a una sopravvivenza continuata del norreno e a una sua tarda evoluzione indipendente da quella dei paesi d'origine, almeno in alcuni luoghi. Tra questi prestiti citiamo l'importante vocabolo hougue (pron. /χu:g/), che significa "monte" e viene direttamente dal norreno haugr "collina, altura". All'epoca di Rollone il dittongo /au/ doveva pronunciarsi con una /a/ centrale, ma soltanto dopo diversi secoli cominciò ad acquisire un colorito labiale e infine divenne quasi /ɔu/ con il suono aperto /ɔ/: la pronuncia era ancora chiaramente /au/ all'epoca del primo trattato grammaticale islandese (XII secolo) e nell'Edda in prosa (inizi XIII secolo). Anche la conservazione dell'aspirazione presuppone una evoluzione locale del lemma, che l'idioma romanzo ha quindi preso a prestito. Purtroppo abbiamo conoscenze troppo scarse per poter trarre conclusioni sicure sui tempi esatti di morte del norreno in Normandia, perché esiste un abisso tra i documenti storici e l'uso concreto di una lingua in ambiti che non lasciano traccia scritta e che per necessità sono giudicati irrilevanti dai cronisti. 

Per diverse generazioni l'apprendimento dell'antico norvegese avveniva in età adulta come parte dell'educazione militare, e questo spiega il suo declino. I bambini imparavano la lingua romanza della Francia settentrionale dalle madri, quindi si trovavano ad avere a che fare con la lingua dei loro antenati paterni in un'età in cui la loro rete neurale aveva perso duttilità e malleabilità. La mancanza di locutori bambini è sempre un presagio funesto per la conservazione di una lingua. Soltanto un bambino ha quella curiosità innata e quella voglia di apprendere che è un presupposto per l'uso vibrante di una lingua. Nell'adolescenza spesso ogni interesse decade e subentrano blocchi mentali, difficoltà estreme ad adattare la propria mente alle strutture di una lingua diversa da quella appresa durante l'infanzia. 

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