sabato 15 novembre 2014

 

FANTASCIENZA OTTIMISTA?
NO GRAZIE!  

Non soltanto la fantascienza è ritenuta pornografia da una parte consistente della popolazione, ma addirittura c'è chi le attribuisce tutti i mali del mondo. Nel III Reich era diffuso un meme: "Qualcosa va male? È colpa degli ebrei!" Adesso invece si dice: "Qualcosa va male? È colpa della fantascienza!" La fantascienza è considerata non di rado come un capro espiatorio, un agente demoniaco a cui gettare addosso miliardi di croci, una per ogni abitante del pianeta. 

A cosa si deve questa reazione furibonda delle masse acefale? In particolare ad essere oggetto di scandalo sono le visioni distopiche tipiche del genere letterario in questione. Una diffusa superstizione vuole che si debba essere sempre allegri e giulivi, perché ogni atteggiamento "negativo" avrebbe il potere di far precipitare gli eventi. In altre parole, gli autori di fantascienza distopica sono ritenuti iettatori. 

Esiste lo Stato Islamico che compie massacri e decapita ostaggi? Ecco che i farisei urlano: "È colpa della fantascienza, è colpa della distopia!" Descrivendo il Male, la Science Fiction ha acquisito il potere di renderlo reale. Si direbbe che il contagio del virus Ebola si sia materializzato a causa di qualche incauto scrittore pessimista. Sarebbe un grave errore sottovalutare questi malumori: oggi la gente borbotta, domani potrebbe scatenare pogrom. Ogni Pollyanna è un demonio travestito da agnellino, che sotto un tenero musetto nasconde una dentatura ferina e una insaziabile brama di sangue.   

L'amico Marco Passarello aka Vanamonde ha scritto un interessante articolo su Repubblica sull'argomento: "La nuova fantascienza ora vede un futuro migliore". Questo articolo non è facile a reperirsi nel Web, ma nel blog Variabili futuribili esiste modo di scaricarlo in forma sintetica: 


Se ne parla anche nel blog del carissimo Giovanni De Matteo aka X, che è tra i fondatori del Connettivismo, in un post del suo blog Holonomikon intitolato "Geroglifici sul futuro"


Nel suo articolo Passarello espone tra le altre cose le idee dello scrittore pollyannaista Neal Stephenson: 

"Secondo l'autore di Cryptonomicon, Anathem, Gioco Mortale, la svolta distopica della fantascienza è in parte responsabile del declino dei programmi spaziali e dell'assenza di una visione ispiratrice per il futuro." 

Un altro futile pollyannaista, Robert Sawyer, aggiunge addirittura: 

"Mi sforzo di ritrarre un mondo migliore del nostro, e plaudo a chi fa la stessa cosa. Per tradizione la fantascienza è un ammonimento verso il futuro, ma questo aspetto una volta era temperato dal desiderio di scegliere un domani più luminoso, non più oscuro. L'idea di un inevitabile crollo della società, in mancanza di un ideale positivo per cui lottare, diventa una profezia che si autoavvera." 

Come se il futuro fosse qualcosa che si può scegliere. Dio ci scampi dagli ideali positivi, che producono più danni della peste polmonare e del cancro! L'ottimismo tecnologico si fonda sulla ridicola idea di una tecnologia capace di migliorare la natura umana. Come confutazione basta un esempio. Il dottor Mengele poteva disporre di una tecnologia più avanzata di quella del Neolitico, cosa che non gli ha impedito di coltivare indicibili perversioni sadiche. 

Il britannico Richard Morgan, autore di fantascienza distopica, esprime opinioni che condivido appieno: 

"Il direttore del progetto, Ed Finn, dice che "se vogliamo un futuro migliore, dobbiamo avere sogni migliori", ma dove sono le prove? Anche se la fantascienza distopica esiste almeno dagli anni Settanta, il progresso scientifico non sembra aver rallentato, anzi, progredisce a velocità quasi esponenziale. Ciò che mi irrita di più in Hieroglyph", prosegue Morgan, "è il presupposto fallace che esista un legame tra buona tecnologia e buona società. Non è così. Abbiamo già la tecnologia per eliminare la fame nel mondo, ma non lo abbiamo fatto. Non è la mancanza di tecnologia a tenerci lontani da un futuro migliore, ma la psiche umana. Vedo l'economia neoliberale distruggere la sanità pubblica, abbassare i salari, finanziare guerre illegali, e dovrei sentire il bisogno di scrivere storie allegre su come la tecnologia del futuro ci salverà? Non credo proprio!"" 

Vale quanto detto dal filosofo Immanuel Kant: "Da un legno così storto come quello di cui è fatto l'uomo, non si può costruire nulla di perfettamente dritto". 

Non trovo condivisibile l'idea che un'utopia sia necessariamente nascosta in nuce nella distopia, espressa in queste righe dell'articolo completo (riportato da X su Holonomikon): 

"Non dimentichiamo che William Gibson iniziò a presentarci [il cyberspazio] in storie oppresse da una pesante cappa di pessimismo. Eppure la tecnologia e l’uso che ne faceva la strada venivano presentate come risorse nelle mani dei preteriti, degli ultimi, dei reietti relegati ai margini della società, sottolineandone in tal modo la natura di arma a doppio taglio. È come se ogni distopia racchiudesse in sé, opportunamente camuffato, il seme di un’utopia." 

L'idea che uno scrittore debba dimostrare qualcosa di socialmente impegnato o lottare per migliorare il mondo è un grave pregiudizio che vizia ogni ragionamento. Ci si domanda in base a quale moralismo questo dovrebbe accadere, e perché non possano esistere autori il cui fine sia invece quello di destrutturare e annientare il mondo stesso. Senza tener conto che a volte le opere di un autore diventano indipendenti da lui e dalle sue intenzioni, come se fossero dettate da uno spiritello e prendessero corpo sotto la spinta di qualcosa di incomprensibile. 

A parer mio non si può parlare di una "svolta distopica". Un certo grado di pessimismo è connaturato alla fantascienza degna di questo nome. Senza che ci sia almeno il prospettarsi di una catastrofe, non si costruisce nulla di sensato. Lo stesso Isaac Asimov si è divertito a costruire un Impero Galattico per poi contemplarne il lento sfacelo sul modello della decadenza dell'Impero Romano. Nella letteratura fantascientifica sono riflessi i tempi in cui gli scrittori operano. Si può così capire perché in un'epoca tanto degradata da essere peggiore dell'Impero di Gallieno, appaiano in gran numero autori la cui visione del mondo è cupissima. Invece i pollyannaisti scrivono in preda alle allucinazioni. Se qualcuno crede che l'universo sia fatto di marzapane e che sia il paradiso dei Teletubbies, non ha alcun diritto di voler imporre le sue percezioni distorte a coloro che proiettano nel futuro la mostruosità del presente. 

2 commenti:

  1. ma perché, in cosa bisogna essere ottimisti? ;)

    RispondiElimina
  2. Proprio in nulla. Tutto tende allo sfacelo, ogni giorno che passa è una degradazione del precedente. Si arriverà a un punto di non ritorno, alla rottura della continuità col passato, e allora sarà pianto e stridor di denti.

    RispondiElimina