giovedì 12 febbraio 2015

PROVE INTERNE DELLA PRONUNCIA RESTITUTA DEL LATINO: CAENUM - COENUM - INQUINARE - CUNIRE

Una cosa i nostri avversari che sostengono la pronuncia ecclesiastica ab aeterno sembrano non volerla capire. Ogni alternanza tra i dittonghi ae, oe e la vocale e in parole latine va trattata separatamente dalle altre: non basta citarne una per risolvere il problema e per capire la causa di questo fenomeno.

Consideriamo ad esempio le seguenti parole latine:

coenum "fango, sozzura"
   
varianti attestate: caenum, cenum 
cunire "defecare" (glossa di Festo)
inquinare "sporcare, insozzare"

Cominciamo subito a chiarire che la forma cenum senza dittongo è secondaria e di origine rustica: è attestato che i burini dell'epoca classica avevano una vocale e lunga e chiusa dove la lingua urbana aveva il dittongo ae - e di questo discuteremo con dovizia di particolari in altre occasioni. 

Come si può ben vedere, le alternanze riportate presentano non poche difficoltà e non possono essere facilmente spiegate in termini di eredità indoeuropea. La radice *kain- / *koin- a cui queste voci risalgono è chiaramente un prestito da un'altra lingua, penetrato in latino in epoca molto antica. La variante *koin- è quella più produttiva: il suo dittongo -oi- ha dato origine a -u- /ku:'ni:re/, ma anche irregolarmente a -ui- /iŋkwi'na:re/. Nel primo caso si tratta dell'alternanza tra dittongo oe e vocale lunga u già vista in doppioni come murus - pomoerium o Poeni - punicus. Per quanto riguarda inquinare, si confronti invece l'evoluzione fonetica che dal greco ἄγκοινα "drizza" ha portato al latino anquina /aŋ'kwi:na/ tramite un intermediario etrusco *anχuina. Non è quindi possibile affermare che si scrivesse caenum, coenum o cenum semplicemente perché la pronuncia sarebbe stata -e- dovunque già in epoca antica, come sostengono i fautori della pronuncia ecclesiastica ab aeterno: i dati sopra riportati dimostrano che la situazione doveva essere un tantino più complessa. 

Per quanto riguarda l'origine ultima di *kain- / *koin-, ipotizzo che si tratti di trasposizioni di una radice etrusca attestata nell'antroponimia con diverse varianti secondarie: troviamo infatti i gentilizi Caini, Ceinie, Keina (DETR 82, 231), Χainu (DETR 438), Cuinui (DETR 120). Pittau cita alcuni gentilizi romani paralleli a quelli etruschi: Caenius, Caenonius, Coenius. Evidentemente Caenius ha la stessa origine di Caini e simili, Caenonius va con Χainu, mentre Coenius va con Cuinui. La formazione e l'originaria semantica dei gentilizi in questione non dovrebbero stupire più di tanto: esistono anche cognomi italiani come Sozzo, Sozzi, Sozzoni. L'alternanza -ai- / -ui- non mi è al momento nota in altri vocaboli etruschi ed è quindi abbastanza problematica. Forse la forma più antica era *kwain-, il che potrebbe spiegare sia il passaggo da -ai- a -ui- che la presenza di una variante con occlusiva aspirata come Χainu. Per ora non possiamo spingerci oltre, dato che non comprendiamo ancora in profondità l'intero lessico etrusco.

Per quanto riguarda possibili paralleli esterni, a dire il vero ho trovato qualche possibile parallelo esterno per le parole di cui ci stiamo occupando: si tratta del norreno hvein (f.) "terreno paludoso" (< proto-germanico *xwaino:). Per quanto riguarda le lingue celtiche, troviamo antico irlandese cóennach "muschio", una forma abbastanza problematica. Si tratta in ogni caso di parole marginali, di cui non si riesce a ricostruire la storia causa esiguità di dati. Non esito a ritenere questi termini come relitti non indoeuropei adottati: appare evidente che un'originaria forma indoeuropea *k(')wain- qual è ricostruita ad esempio da Starostin non avrebbe perso in latino la labiovelare risultando in caenum, se la parola avesse fatto parte del lessico ereditario. Sarebbe auspicabile la fine della prassi abusiva quanto comune di ricostruire forme indoeuropee a partire da lessemi problematici come questi, o addirittura da una singola parola attestata in una singola lingua.

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