sabato 30 gennaio 2016

PROPAGANDA MEMETICA: UNA FALSA CITAZIONE DI MARCO AURELIO

Navigando in Facebook ci si imbatte spesso in immagini che propagano pacchetti memetici, che in non pochi casi diventano virali e si diffondono a macchia d'olio, arrecando danni anche seri. Un esempio è l'immagine che mostra una citazione in inglese attribuita all'Imperatore Marco Aurelio, famoso filosofo stoico. Essa dice quanto segue: "Everything we hear is an opinion, not a fact. Everything we see is a perspective, not the truth", ossia "Tutto ciò che sentiamo è un'opinione, non un fatto. Tutto ciò che vediamo è una prospettiva, non la verità".


Siamo evidentemente di fronte a un falso costruito ad arte per propagare il relativismo cognitivo, una pestilenziale forma di neoscetticismo. Troviamo nell'immagine in questione tutte le caratteristiche dei memi degeneri:

1) Non si trova la fonte originale da nessuna parte;
2) Si rileva la presenza di anacronismi:
    a) Sono enunciati concetti moderni, di tipo New Age o simili, che non potevano esistere nel contesto dell'autore della citazione;
     b) Sono enunciati concetti che esistevano già nel contesto dell'autore della citazione (ad es. lo scetticismo di Pirrone era ben noto), ma che erano formulati in modo completamente diverso.

Ho cercato nell'opera di Marco Aurelio, senza trovare nulla di convincente. Nella sezione della Wikipedia inglese dedicata alla discussione della voce Marcus Aurelius, a proposito della citazione incriminata si può leggere quanto segue:

"The first phrase of each sentence appears to represent an idea found at Meditations 2.15, and again at 12.8, 12.22, and 12.26, translated variously as "Remember that all is opinion" (George Long, P. F. Collier & Son 1909), "Everything is what you judge it to be" (A. S. L. Farquharson, Oxford University Press 1944, World's Classics 1990), "things are determined by the view taken of them" (Maxwell Staniforth, Penguin Classics 1964), "Everything is what you suppose it to be" (Robin Hard, Oxford World's Classics 2011), and "All is as thinking makes it so" (Martin Hammond, Penguin Classics 2006). The point of this, as Marcus uses it, is not to deny external reality, but to say (as at 4.7, 4.39, 5.19, 8.40, and 8.47, for example) that the effect of anything on a person, whether negative or positive, is due not to the thing itself, but to the person's perception of and attitude to (or "judgment" of, in the phrase of several translators) the thing. This is made explicit particularly at 8.47, which says, more or less, that whatever distresses a person, the distress is within their own power to end: if its cause is something external, then the distress arises from the person's attitude to it, which they can change; if its cause is internal to the person, then they can change their own way of thinking; and if its cause is external and genuinely insurmountable, then the person should not be distressed, because it is something they have no power to change. In sum, the specific form of words does not seem to be genuinely Aurelian, but the idea may be, if one interprets the words appropriately."
--TLockyer (talk) 02:13, 3 November 2013 (UTC)

Traduco per i pochi che non hanno nozione alcuna della lingua inglese:

La prima locuzione di ogni frase sembra rappresentare un'idea che si trova in Meditazioni 2.15, e ancora in 12.8, 12.22, e 12.26, tradotta variamente come: "Ricorda che tutto è opinione" (George Long, P. F. Collier & Son 1909), "Ogni cosa è ciò che si giudicata che sia" (A. S. L. Farquharson, Oxford University Press 1944, World's Classics 1990), "Le cose sono determinate dalla posizione da loro assunta" (Maxwell Staniforth, Penguin Classics 1964), "Ogni cosa è ciò che si suppone che sia" (Robin Hard, Oxford World's Classics 2011), e "Tutto è come il pensiero lo rende" (Martin Hammond, Penguin Classics 2006). Il punto di ciò, per come Marco lo usa, non è negare la realtà esterna, ma dire (come in 4.7, 4.39, 5.19, 8.40, e 8.47, per esempio) che l'effetto di qualsiasi cosa su una persona, che sia negativa o positiva, è dovuto non alla cosa in sé, ma alla percezione della persona e alla sua attutidine (o "giudizio", secondo diversi traduttori) verso la cosa stessa. Questo è reso esplicito in particolare in 8.47, ove si dice, più o meno, che qualsiasi afflizione possa subire una persona, è nel suo stesso potere farla cessare: se la sua causa è qualcosa di esterno, allora l'afflizione si origina dall'attitudine della persona nei suoi confronti, che essa può cambiare; se la sua causa è interna alla persona, allora essa può cambiare il suo modo di pensare; se la causa è esterna e davvero insormontabile, allora la persona non dovrebbe essere afflitta, perché è qualcosa che non ha il potere di cambiare. In sintesi, la forma specifica delle parole non sembra essere genuinamente aureliana, ma l'idea potrebbe esserlo, se uno interpreta le parole in modo appropriato. 

L'autore del commento menziona infine il breve testo originale, in lingua greca, da cui tutto deve avere avuto origine. Esso è il seguente: "Ὅτι πᾶν ὑπόληψις", ossia "Tutto è opinione". La sua decontestualizzazione ha generato il pacchetto memetico. Ovviamente viene ignorato il seguito: "δῆλα μὲν γὰρ τὰ πρὸς τὸν Κυνικὸν Μόνιμον λεγόμενα˙ δῆλον δὲ καὶ τὸ χρήσιμον τοῦ λεγομένου, ἐάν τις αὐτοῦ τὸ νόστιμον μέχρι τοῦ ἀληθοῦς δέχηται.", ossia "Sono evidenti, infatti, le parole rivolte a Monimo il Cinico; ed è evidente anche l'utilità di quelle parole, se uno ne accetta il succo nei limiti della loro veridicità"


Abbiamo quindi ricostruito l'accaduto in modo molto semplice. Alle parole di un filosofo stoico del II secolo d.C. non può essere attribuito a viva forza il senso che viene naturale a un californiano pieno di droga fin sopra ai capelli. Le parole nate in un certo contesto devono essere interpretate in modo appropriato. Siccome questo non accade affatto nel meme diffuso nel Web, dobbiamo concludere che sarà piuttosto da attribuirsi a Marco Pisellonio.

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