mercoledì 31 agosto 2016

GÖDEL O DELL'IDEA DI INESISTENZA DEL TEMPO

In questi tempi di grande declino cognitivo del genere umano, va di gran moda l'idea che il tempo non esista. Non che il tempo sia qualcosa di misterioso e di estremamente difficile a trattarsi, ma che sia privo di realtà. In genere i sostenitori di quest'idea - o meglio di questo meme - sono anche abbastanza fanatici. Si dicono assolutamente certi di sussistere in una dimensione atemporale e vogliono imporre la loro certezza come dogma. Vediamo così di cominciare a fare qualche considerazione sul controverso argomento.

Sono consapevole che la trattazione non potrà esaurirsi in un semplice post, tanto è complessa. Iniziamo dall'idea di Kurt Gödel, che commentando le teorie di Albert Einstein, asserì l'inesistenza del tempo e la riduzione del cambiamento a qualcosa che ha la sua origine in un universo statico. Sul sito Scienzaeconoscenza.it, Alessandro Silva (2013) commenta i risultati degli interessanti studi dell'italiano Davide Fiscaletti e dello sloveno Amrit Sorli sulla natura del tempo, che partono proprio dalle deduzioni di Gödel.  



Riporto in questa sede i necessari riferimenti bibliografici e ad essi rimando per approfondimenti.

•    http://www.dailygalaxy.com/my_weblog/
2011/10/spacetime-has-no-time-dimension-
new-theory-claims-that-time-is-not-the-4th-
dimension-todays-most-pop.html

•    http://www.physorg.com/news/2011-04-
scientists-spacetime-dimension.html

•    Fiscaletti Davide and Sorli Amrit, “Non-locality and the symmetryzed quantum potential”, Physics Essays, Vol. 21, Num. 4, 2008
•    Sorli Amrit and Fiscaletti Davide, “Time is a measuring system derived from light speed”, Physics Essays, Vol. 23, Num. 2, 2010
•    Sorli Amrit, Fiscaletti Davide and Klinar Dusan, “Replacing time with numerical order of material change resolves Zeno problems on motion”, Physics Essays, Vol. 24, Num. 1, 2011
•    Sorli Amrit, Klinar Dusan and Fiscaletti Davide, “New insights into the special theory of relativity”, Physics Essays, Vol. 24, Num. 2, 2011

Per necessità di discussione riassumo in questa sede brani dell'articolo di Silva, aggiungendo le mie riflessioni. Il punto di partenza dell'articolista è l'affermazone del matematico Kurt Gödel, che nel 1949 sostenne: "In ogni universo descritto dalla teoria della relatività, il tempo non può esistere". Le ricerche di Fiscaletti e di Sorli portano alla conclusione che il tempo non debba essere ritenuto una dimensione fisica primaria, ma semplicemente come sequenza. In altre parole, il tempo sarebbe una mera grandezza matematica che descrive l'ordine numerico dei cambiamenti materiali, ossia degli eventi che avvengono nell'universo.  

Benissimo, ma una grandezza matematica non è qualcosa di inesistente. La proposizione "il tempo è una grandezza matematica" implica che "esiste qualcosa che chiamiamo tempo e che è descritto come un insieme ordinato di numeri". Questo contraddice in modo palese la proposizione "il tempo non può esistere" formulata da Gödel. Una successione di numeri non è qualcosa di inesistente. Possibile che qualcosa di così evidente sia sfuggito a quel grande logico? Dovremmo forse concludere che il matematico austriaco sia stato oggetto di una stima a dir poco esagerata? Potrebbe anche darsi. Del resto, solo la demenza della scuola e dei mass media potrebbe definire "uno tra i più grandi logici della Storia" un uomo che per evitare un'intossicazione alimentare si è lasciato morire di fame.  

Gödel, Fiscaletti e Sorli concordano nel definire i cambiamenti dell'universo come un ordine numerico. Si passa dal cambiamento "n" al cambiamento "n+1" e da questo al cambiamento "n+2", etc. Questo ordine numerico è una grandezza misurabile dagli orologi, definiti come "sistemi di riferimento che misurano la velocità di tutti i cambiamenti che hanno luogo nell'universo" (Silva, 2013). Non è l'universo a cambiare nel tempo, concludono gli studiosi: è piuttosto il tempo, ordine numerico del cambiamento, a fluire nell'universo.

Premesso che questa descrizione formale del cambiamento la trovo perfettamente logica e condivisibile, le conclusioni in parte la contraddicono. Dire che non esiste il tempo ma che esistono cambiamenti è assurdo. Se non è zuppa è pan bagnato. Il tempo consiste nei cambiamenti, non è possibile affermare l'esistenza dei secondi negando l'esistenza del primo - a prescindere dalla definizione che ne possiamo dare. Forse Gödel era semplicemente allergico alla parola "tempo" e l'intera questione dovrebbe essere considerata di lana caprina. Non un problema fisico ma un problema di metalinguaggio. I fautori della teoria del tempo inesistente giurano e spergiurano che così non è. 

Gödel, teorico dell'universo senza tempo, fu anche uno strenuo assertore della possibilità dei viaggi temporali dal presente al passato. Nel 1949 affrontò questo spinoso argomento, elaborando modelli matematici. Analizzando le equazioni di Einstein che descrivono l'espansione dell'universo, si accorse che una soluzione corrispondeva a una traiettoria spazio-temporale in cui il punto di arrivo precede nel tempo quello di partenza. Ne rimase molto turbato e si convinse che il tempo fosse soltanto una percezione umana soggettiva. 

Il problema, e lo si legge chiaramente, è che le conclusioni espresse da Fiscaletti e Sorli sono in ogni caso abissalmente distanti da quelle di Gödel, al punto che tra esse non sussiste quasi alcun punto di contatto. I due studiosi non ritengono affatto possibile il viaggio nel tempo dal presente al passato, mentre Gödel è giunto a tal punto nella sua negazione autistica del concetto di tempo da cozzare contro la realtà delle cose e da perdere il ben dell'intelletto.

Né in Gödel né in Fiscaletti-Sorli si può trovare qualcosa che chiarisca davvero la natura del tempo - che resta assolutamente misterioso. Flusso imperscrutabile che origina in una dimensione aliena e indipendente da ogni altra, oppure sequenza di configurazioni statiche? Ma queste configurazioni statiche chi le assegna? Se distruggiamo la visione di Newton, se distruggiamo la visione di Einstein e di Minkowski del tempo come quarta dimensione di uno spazio (codificata da numeri immaginari), e riduciamo la realtà a quattro dimensioni spaziali, col tempo come dimensione spaziale come le altre, come possiamo spiegare la sua alterità sostanziale? Infatti il susseguirsi dei cambiamenti, come Fiscaletti e Sorli chiamano il tempo, è dotato delle seguenti qualità che lo differenziano dalle dimensioni spaziali: 

1) È ineluttabile. Non esiste modo di opporsi a questa successione di configurazoni, di rallentarla, di accelerarla o più in generale di modificarla.
2) È irreversibile. Procede nel verso prefissato. Non c'è modo,
pace Gödel, di ritornare indietro verso il passato o di uscire dalla propria linea di esistenza per esplorare configurazioni alternative.
3) È auto-annichilente. Le configurazioni temporali passate scompaiono come in una botola magica, tempo di Planck dopo tempo di Planck, e non le recupera più nemmeno il Mago Silvan. Si sottraggono alla nostra osservazione, a differenza delle dimensioni spaziali.

Cruciale è il problema filosofico e fisico dell'esistenza o meno di un ordine intrinseco nell'universo, del tutto indipendente dalla percezione che gli esseri umani ne hanno. Galileo affermò nel XVII secolo che la matematica rappresenta la lingua in cui è scritto l'universo, e che senza di essa non è possibile comprensione alcuna della realtà in cui siamo immersi. Se l'universo si fonda  sulla matematica, è computabile. Di conseguenza, ogni processo fisico può essere simulato servendosi di una macchina, ad esempio di un computer. Si viene così a definire il concetto di "universo computabile" o "universo matematico", in cui gli eventi non si svolgono in una dimensione lineare chiamata "tempo", ma sono deterministici e descrivibili come sequenze numeriche. Si tratta di un'astrazione che descrive e governa l'universo fisico.  Quando un osservatore è consapevole della differenza che passa tra universo fisico e universo computabile, tra un fenomeno e il modello che lo descrive, si definisce "osservatore cosciente".
"La coscienza e l'universo matematico sono dunque entità non-fisiche che sono presenti in ogni universo osservabile e non osservabile" (Silva, 2013).

Viene a questo punto in essere l'idea che la capacità dell'osservatore di operare la distinzione "passato-presente-futuro" si fondi non già su una realtà oggettiva - ossia la distinzione tra passato, presente e futuro -  ma sull'attività dei neuroni, come se il cervello fosse materiale fantasmatico e privo di riscontro oggettivo. È il concetto di "tempo psicologico". L'osservatore cosciente a quanto pare riceverebbe un particolare stato di grazia dalla consapevolezza di distinzione tra la realtà fisica e il modello matematico che la descrive: verrebbe proiettato in una fantomatica condizione di immutabilità che a dirla tutta sa tanto di baggianata New Age.       
Perle di delirio alla Timothy Leary: "L’esperienza che ogni essere umano ha dei cambiamenti lungo la linea “passato-presente-futuro” del tempo è il risultato delle esperienze vissute nel quadro del tempo psicologico." E ancora: "Per un osservatore cosciente e consapevole il tempo psicologico non influisce sul tempo dell’universo e dunque quest’ultimo può essere interpretato per ciò che realmente è, privo di esistenza." (sempre da Silva, 2013)

Certo è un merito di Fiscaletti e di Sorli l'ammettere come punto di partenza l'ipotesi della realtè esterna indipendente dall'osservatore (ERH). Non sembrano tuttavia molto convinti della sua validità, per loro sembra essere solo una ipotesi di lavoro. Dall'ipotesi ERH si sono addentrati nel pericolosissimo campo del relativismo gnoseologico, che gli Antichi chiamavano scetticismo. Un atteggiamento che porta alla negazione della realtà misurabile per ridurla a un fatto soggettivo. Il tempo consisterebbe in una percezione arbitraria. Cos'è dunque la percezione umana? Qualunque cosa sia, esiste una forma peculiare di Ordalia che ci permette di sfatare il mito dello scetticismo. Si ponga davanti a chi reputa che il tempo sia frutto della percezione un bicchierino da grappa con dentro un cicchetto di acido cianidrico purissimo. Si inviti tale persona a bere il cicchetto. L'istante in cui lo scettico porterà il bicchiere alle labbra sarà l'ultimo della sua vita biologica. L'istante dopo, lo scettico si accascerà fulminato, ogni funzione vitale sarà in lui cessata. Questo è un esempio, per quanto amaro, di dato di fatto inoppugnabile che nessuna volontà umana sarà mai in grado di modificare. Peccato che non ci sia nessuno a schiaffeggiare il genio riportandolo alla realtà delle cose con simili esperimenti concettuali. 

Troppa psicologia selvaggia e troppe droghe psichedeliche? Non parrebbe un'ipotesi così peregrina. L'esperimento concettuale del bicchierino di acido cianidrico dimostra che la percezione soggettiva  del tempo è del tutto ininfluente. Come si vede, Fiscaletti e Sorli sono partiti dall'ipotesi ERH per giungere alla sua sostanziale negazione. Il fatto è che la distinzione presente-passato-futuro non è il frutto dell'attività neuronale. Anche a costo di essere impopolare, affermerò ciò che la Logica impone di affermare: la percezione soggettiva dell'osservatore cosciente non ha potere alcuno sulla realtà circostante, non la modifica, non la plasma, non la può cancellare. Nella distinzione presente-passato-futuro sono inclusi eventi che hanno il potere di porre fine alla stessa esistenza fisica dell'osservatore. Nessuna sinapsi potrà riportare in vita un osservatore deceduto. 

Il dogma definitivo vorrebbe porre fine a secoli di filosofia, portando la Conoscenza allo Stagno Termodinamico: il tempo "esiste solo come una grandezza matematica che può essere misurata dagli orologi." 

Si arriva in questo modo alle vette assolute della genialità umana. Per spiegare il concetto di tempo, che solo rende possibile la nostra esistenza come quella delle macrogalassie, lo si assoggetta a un manufatto umano come l'orologio. Equivarrebbe a definire un essere umano come un'immagine antropoide che può essere filmata da una telecamera. Si converrà che non è una definizione scientifica e filosofica accettabile. Nulla può cancellare in me l'impressione che il mondo scientifico versi ormai in una condizione paragonabile a quella di un decrepito affetto da morbo di Alzheimer.

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