mercoledì 30 novembre 2016


CESARE MORI - IL PREFETTO DI FERRO
(miniserie televisiva)
 

Titolo: Cesare Mori - Il prefetto di ferro
Paese: Italia
Anno: 2012
Formato: Miniserie TV
Genere: Biografico
Puntate: 2
Durata: 100 min (puntata)
Lingua originale: Italiano
Caratteristiche tecniche:
  Rapporto: 16:9
  Colore: Colore
  Audio: Sonoro
Crediti:
Regia: Gianni Lepre
Soggetto: Antonio Domenici, Pieltro Calderoni,
    Gualtiero Rosella
Sceneggiatura: Pietro Calderoni, Gualtiero Rosella,
    Nicola Ravera Rafele
Interpreti e personaggi:  
    Vincent Pérez: Cesare Mori
    Gabriella Pession: Elena Chiaramonte
    Anna Foglietta: Angelina Mori
    Adolfo Margiotta: Francesco Spanò
    Paolo Ricca: Gaetano Cuccia
    Franco Trevisi: Don Filippo Virzì
    Cosimo Cinieri: Vito Cascio Ferro
    Maurizio Donadoni: Benito Mussolini
    Antonio Serrano: Felice Di Giorgio
    Bruno Bilotta: Michele Carì
    Giovanni Visentin: Dott. Rafele
    Marco Mandarà: Saro
    Luca Bastianello: Morelli
    Giancarlo Zanetti: Prefetto
    Dario Costa: Marco Levati
    Mimmo Mancini: Cusumano
   
Giancarlo Montingelli: Segretario Prefetto
        Bologna

    Paolo Lanza: Avv. Ortoleva 
    Samantha Capitoni: Non identificata
Fotografia: Gino Sgreva
Montaggio: Carlo Fontana
Musiche: Pino Donaggio
Scenografia: Paki Meduri
Costumi: Valter Azzini
Effetti speciali: Metaphyx
Produttore: Giorgio Schöttler
Casa di produzione: Artis, Rai Fiction
Prima visione: Rete televisiva: Rai 1

Trama: 

Nei primi anni del XX secolo, Cesare Mori è commissario in Sicilia. Combatte contro la banda del brigante Carlino, riuscendo infine ad ucciderlo, anche se al prezzo della morte di uno dei suoi agenti migliori. Le indagini lo porteranno alla dimora della Baronessa Chiaramonte, una nobildonna bellissima di sangue normanno. Il Commissario si accorge che lei subisce l'influsso del perfido massaro Cuccia. Presto scopre che proprio il massaro è il vero capo della banda di Carlino. Inizia il processo contro il mafioso, ma Mori non riesce ad avere la meglio e subisce trasferimento a Bologna, dove viene in contrasto con il Fascio e fa di tutto per contenere la violenza dello squadrismo, guadagnandosi il nome di "Prefetto socialista". Quando Mussolini, colpito dall'onestà di Mori, gli propone di tornare in Sicilia a combattere la mafia, lui accetta, consigliato dalla moglie Angelina. Il suo scopo non dichiarato sarebbe quello di ritrovare il figlio adottivo, Saro, che è fuggito dopo aver saputo dal massaro Cuccia che il suo vero padre è stato ucciso proprio da Mori. Ha inizio una strenua lotta contro il suo arcinemico che gli ha strappato Saro e contro il padrino Don Virzì, coinvolto in mille e più porcherie del tutto simili a quelle che si leggono ogni giorno su ogni quotidiano d'Italia. 

Recensione:

Il protagonista che interpreta Cesare Mori se devo essere sincero l'ho trovato un po' moscio. Nell'assegnare le parti, dovrebbero anche tener conto delle peculiarità caratteriali dell'attore. Invece no, di questi tempi è una mera illusione pensare che questo sano principio del buonsenso possa essere applicato almeno per una volta. Così han dato la parte di un uomo inflessibile e risoluto a un attore che proprio non ce la fa a reggerla.

Una narrazione viziata dalle storture
dei nostri tempi 

Errori e incongruenze storiche non mancano di certo. Non si tratta tuttavia di inesattezze prive di conseguenze. Sono infatti alterazioni gravi, tanto da formare una cappa di disinformazione e di falsità che soffoca il genuino nucleo della realtà storica.

All'epoca l'aveva fatto notare Maurizio Gasparri (PdL), che ha dichiarato: "La Rai con questi contenuti viene meno alla sua funzione di servizio pubblico". Alberto Balboni e Enzo Fasano, anche loro del PdL, hanno a loro volta dichiarato: "La storia del prefetto che combatté la mafia fino al punto di sconfiggerla, caso unico nella storia d’Italia, viene piegata a caricatura di un santino con i cattivi, così cattivi, da replicare lo schema della trattativa stato-mafia tanto in voga oggi, manco avessero affidato la consulenza ad Antonio Ingroia e Massimo Ciancimino. Il regista, gli sceneggiatori e l’apparato Rai hanno volutamente annacquato in un antifascismo di maniera quella che nella memoria storica fu la prima e vera liberazione della Sicilia dalla mafia."

Pur non provando alcuna simpatia per questi politici (immagino che sia ancora un diritto), trovo che in questo caso abbiano avuto più di una ragione.

Eroico è l'intervento di Pasquale Squitieri, regista del film capolavoro del 1977: 

“Cominciamo col dire, per esempio, che Cesare Mori non ha mai adottato nessun bambino; ci sono dei falsi storici persino nelle canzoni; e non parliamo delle inesattezze e delle falsità per quanto riguarda i rapporti tra Mori e il fascismo delineati nella fiction. Io ho portato sul grande schermo il vero “prefetto di ferro”, il ritratto in onda sulla Rai è solo uno sceneggiato tv che potrebbe rifarsi anche a qualunque personaggio di fantasia autoriale. Vederla così sputtanata, una personalità straordinaria come quella di Cesare Mori, mi ha davvero disturbato.”

Ebbene sì: condivido appieno e trovo particolarmente vile e biasimevole l'aver attribuito al Prefetto di Ferro un figlio adottivo, per giunta un bambino lasciato orfano all'uccisione del padre, un brigante. Come ha detto Squitieri, Cesare Mori non ha mai adottato nessuno. Non solo: sono convinto che non l'avrebbe mai fatto. Un'altra cosa. Cesare Mori era sposato con Angelina Salvi e questo è tutto sulla sua vita privata. Non andava in giro a farsi sedurre da nobildonne civettuole. Non frequentava baronesse lascive né prostitute. La si deve smettere con questa perniciosa mania di attribuire a personaggi della prima metà del XX secolo storture moderne e postmoderne di ogni genere. In pratica, quella che si racconta nello sceneggiato è un'altra storia. Ovviamente, pochi sono i registi che rinunciano a inficiare una narrazione apportandovi modifiche ingiustificate perché la gente vuole una storia d'amore a tutti i costi, perché il pubblico vuole qualche ammorbante trovata sentimentale.

Uno pseudo-Mussolini berlusconiano 

Non userò mezzi termini. Per motivi propagandistici Mussolini è descritto come una sorta di proto-Berlusconi. Il regista mostra un'orrida compiacenza alla falsificazione storica e all'idea postmoderna, propalata dai buonisti, secondo cui ci sarebbe identità assoluta tra Partito Nazionale Fascista, mafia e ideologia berlusconiana - descritti come entità identiche e intercambiabili simili a certe particelle subatomiche dominate dalle leggi della quantistica. Sono i discorsi dementi in voga nel mondo scolastico e nei centri sociali, fucine di ignoranza dove non entra il benché minimo barlume di conoscenza e di onestà intellettuale. Il discorso del Mussolini berlusconiano al Prefetto è altamente significativo, con il suo invito a non vedere la realtà come bianca o come nera ma a comprendere i "grigi". Diamine, si potrà dire di tutto di Mussolini, ma non che fosse l'uomo dei "grigi"! Vero è che la realtà storica ci mostra la penetrazione della peste mafiosa all'interno del Partito Nazionale Fascista in Sicilia, tanto che le indagini di Mori portarono Mussolini a sciogliere il Fascio di Palermo. Il gerarca Alfredo Cucco, descritto ampiamente dal Petacco, è stato realmente processato per collusione. Vero è che Mussolini era preoccupato da questa situazione gravemente compromettente e che a un certo punto ha pensato di tenerla nascosta, richiamando Mori a Roma e di fatto neutralizzandolo. Queste cose lo stesso Squitieri le mette in evidenza. Tuttavia da questo a ritenere il Duce parte attiva nella diffusione dell'agente patogeno mafioso in Sicilia, a Roma e nel resto d'Italia, ce ne passa. Nella miniserie sembra addirittura di veder proiettare sullo stesso Mussolini l'ombra di una sua possibile iniziazione alla setta. Siamo alle solite: il presente è proiettato nel passato, il passato è forzato nelle categorie del presente. Tutto ciò genera soltanto nocivi equivoci.

L'Assedio di Gangi minimizzato

Non si può fare a meno di mettere in evidenza che il maggior successo di Cesare Mori, l'espugnazione della roccaforte mafiosa e brigantesca di Gangi, viene de facto minimizzato dalla miniserie TV. Una gloriosa pagina di Storia ridotta quasi a zero, trasformata in una retata ordinaria, tanto che il Prefetto intrepretato da Pérez arriva a dire a Spanò che l'operazione non sarebbe stata un successo, in quanto Tano Cuccia è riuscito a fuggire. Quanto grande è il contrasto con le sequenze epiche del film di Pasquale Squitieri! Ancora una volta emerge la tendenza ad addomesticare - se così si può dire - il personaggio di Mori, ad ammansirlo, a mitigarne l'inflessibilità, a ridurlo al moderno senso di garantismo. Ci si dimentica che è proprio il garantismo dilagante ad appestare la società rendendo impossibile la concreta punizione del malfattori, più tutelati ormai dei cittadini onesti. 

Rimozione dei sistemi draconiani e della tortura

Non si fa la benché minima menzione dei sistemi repressivi utilizzati da Cesare Mori, tra cui l'uso di raffinati sistemi di tortura. Giova ricordare ai lettori che l'operato del Prefetto di Ferro fu di una tale e giusta ferocia che per decenni i mafiosi fuggiti in America tramandarono nei loro conciliaboli il ricordo dei trattamenti che erano stati costretti a subire, mostrando paura anche soltanto a nominare Mori. Stomaci e genitali sono stati rovinati: lo spettatore odierno non sa che il torturatore non ha alcuna tutela della salute del torturato e della sua incolumità, così non si astiene affatto dall'apportare danni gravissimi e permanenti. Questa mancata consapevolezza è un altro segnale dello scollamento tra la realtà dei fatti e la finzione televisiva. 

Alcuni meriti della miniserie 

Nonostante ciò che ho mostrato finora, va detto che qualche merito questa miniserie l'ha pure avuto. Infatti indaga sulla vera natura dell'associazione mafiosa, cosa che in precedenza non era stata fatta. Il Prefetto di Ferro viene ad apprendere notizia sull'esistenza di una setta capace di gestire ogni cosa e di mutare la notte in giorno a suo piacimento. Viene usato proprio questo termine: "società segreta". La natura della mafia come organizzazione settaria esoterica non viene soltanto delineata in modo teorico: ne vengono mostrati alcuni esempi concreti. Questo risulta evidente nel convito mafioso che si svolge in una spettrale chiesa a notte fonda. Per improbabile caso Mori vi assiste di nascosto, senza dar segno della sua presenza. L'impianto narrativo è implausibile, ma vi sono elementi interessanti. Durante la drammatica riunione di natura massonica, accade che il notabile Ciccio Racconigi sfida il massaro Cuccia, ammesso alla congrega da poco, sputandogli addosso e ricevendo in cambio una letale coltellata nell'addome. Il massaro viene applaudito dai presenti, che si complimentano per l'uccisione ancora fresca. Di più: nel seguito, anni dopo la morte di Racconigi, viene mostrata un'iniziazione mafiosa in piena regola. Il candidato ha il capo coperto da un cappuccio e l'iniziatore, il massaro Cuccia, gli provoca un taglio al palmo della mano destra, facendo uscire abbondante sangue. Viene posto un santino sulla ferita perché sia intriso di sangue, quindi viene fatto giurare l'iniziando, informato del fatto che il tradimento sarà punito con la morte. L'iniziazione si conclude quando al giovane viene tolto il cappuccio e viene data enfasi al fatto che passa dall'Oscurità alla Luce, con conseguente ammissione e nella sua nuova famiglia. Se non vado errato, il rituale descritto da Joe Valachi è un po' diverso e più complesso. La fuoriuscita di sangue è causata da un ago in un polpastrello (di qui l'iniziato viene chiamato in siciliano "punciutu", ossia "punto"), quindi viene dato fuoco all'immagine - in genere della Madonna di Trapani - con recita della formula in cui si invoca la combustione del traditore. Anche se in forma semplificata, viene presentato questo rito massonico, con grande coraggio e questo credo che possa rimediare alle molte falsità, manipolazioni e storture presenti nella trama. Purtroppo non sembra che la massa degli spettatori abbia capito alcunché.

Gianni Lepre e la sua chiave di lettura

Questo è quanto ha dichiarato il regista a proposito della sua opera:

"Tutto ciò che ha mosso l'operato di Cesare Mori, offre il destro ad una riflessione sul potere e sulla sua gestione ma, dal mio punto di vista, soprattutto sull'ingenuità dell'ideale e sulla strumentalizzazione stessa dell'ideale. Cosa si è disposti a fare, a che compromessi si è costretti a scendere pur di raggiungere il proprio obiettivo? Mori è certo stato un acerrimo nemico della mafia, contro la quale ha sempre lottato, è sceso a patti con il fascismo per avere totale mano libera nella conduzione della sua battaglia? E quanto il fascismo e lo stesso Mussolini hanno potuto sfruttare questa spinta ideale per assecondarla ai propri obiettivi? Su questo dualismo tematico si articolano volutamente molti dei momenti di racconto della miniserie."

Ho trovato giusto riportare queste opinioni.

Nominativi fittizi e nominativi reali 

La Baronessa Chiaramonte porta un cognome reale. I Chiaramonte (o Chiaromonte) appartengono alla nobiltà dei Normanni e hanno la loro origine nei de Clermont della Piccardia. Tuttavia non risulta che una nobildonna di tale casata avesse incrociato la vita e il destino dell'eroico Prefettissimo. Questo per un ottimo motivo: i Chiaramonte furono realmente importantissimi nella storia della Sicilia... del XIV secolo. Stando alle fonti, i loro discendenti usano attualmente il cognome Cardone. Pure il sito Gens Labo mostra che il cognome Chiaramonte risulta tuttora abbastanza diffuso; più rara ma non estinta anche la variante Chiaromonte. Per il resto, il massaro Cuccia e il notabile Ciccio Racconigi appartengono alla fantasia e non hanno il benché minimo appiglio alla realtà dei fatti. Si tratta di invenzione o - se vogliamo dirla con le parole del Manzoni, di vero poetico. Cuccia è un cognome tipicamente siciliano, questo è innegabile. Non solo: il sindaco che nella miniserie è chiamato Don Filippo Virzì in realtà è ispirato alla figura del sindaco di Piana dei Greci, Francesco Cuccia, che disse a Mussolini in occasione di una sua visita: "Voscenza non ha bisogno di tutti questi sbirri, non ha niente da temere finché sarà in mia compagnia." Quindi lo sceneggiatore voleva lanciare un messaggio criptico trasferendo il cognome del sindaco al massaro Cuccia. Del Cuccia originale si parla in un articolo comparso su Repubblica nel 2003. Drammaticamente reale è Vito Cascio Ferro, che Mori fece condannare all'ergastolo per l'uccisione di Joe Petrosino. Prendiamo invece il Racconigi, che esibisce per cognome un toponimo piemonese. A quanto mi consta Racconigi è un borgo della provincia di Cuneo e non ha nulla a che fare con la Sicilia. Le probabilità che ci fosse una famiglia così chiamata e poi estinta sono comunque assai basse. Gens Labo, che non è comunque esaustivo, non fa alcuna menzione di comuni, siciliani o di altre regioni, in cui sia documentato almeno un Racconigi. Qual è la necessità di queste bizzarrie? Ragazzi, ricordatevelo sempre: la filologia è un'arma potentissima e in grado di demolire i castelli della menzogna e di lacerare le coltri della disinformazione! Non va preso alla leggera il suo potere penetrante. 

Il farinaccista e il pivello  

Il farinaccista Alfredo Cucco viene sostituito da Marco Levati, che pare proprio un pivello giunto dal Settentrione e completamente estraneo alla realtà siciliana, piovuto dal cielo come un masso erratico e messo lì proprio perché il contesto gli è del tutto alieno. I motivi della sostituzione sono gli stessi già analizzati nella recensione del film di Squitieri del '77 e sono facilmente comprensibili. Non sembra in ogni caso che Lepre compia una scelta assennata e congruente con i fatti realmente accaduti: Cucco un Levati se lo sarebbe mangiato a colazione. Quindi il quadro dei rapporti tra Cesare Mori e il PNF in Sicilia risulta sostanzialmente distorto.

Un pericoloso fraintendimento

Un'errata lettura che dovrebbe saltare agli occhi riguarda il traffico di stupefacenti. I padrini all'inizio si oppongono alla proposta fatta da elementi italo-americani, che vorrebbero smerciare eroina, ma il demoniaco massaro Cuccia li convince a imbarcarsi nell'impresa, perché porterebbe molti "pìccioli". Questo copione porta avanti il mito della "mafia d'onore" o "tradizionale", autoctona e sostanzialmente "buona", opposta alla "mafia del disonore" o "innovativa", italo-americana e "cattiva", "pervertitrice". In realtà una simile contrapposizione non sussiste. La setta mafiosa non ha mai mostrato scrupolo alcuno a inserirsi dovunque vedesse la benché minima occasione di guadagno. Certamente posticcia è l'ostentata avversione della società segreta al traffico di stupefacenti, che sarebbe emersa in alcune occasioni per motivi contingenti.

Reazioni nel Web

Le poche recensioni reperibili sembrano per la verità piuttosto piatte e insignificanti, riducendosi a conti fatti a descrizioni della trama. A quanto pare la redazione del Fuffington Post ha levato alti lai per il fatto che quando la seconda puntata della miniserie TV è stata trasmessa, un programma con Gad Lerner ha registrato scarso indice d'ascolto. Ancora oggi si trova traccia dell'accaduto negli antri del Web.

Più coloriti alcuni commenti. Questo scrive Kollett (il singolare uso degli spazi è suo):

"Commento la fiction televisiva sul prefetto Mori: Ricostruzione becera,inesatta, di una noia mortale!ma,certamente è una libera ricostruzone e se anche fosse così,avete offeso l'intelligenza degli italiani,questo è rivolto al produttore e al regista! Voto:2"

Questo scrive Taninus:   

"Sono uno storico e la fiction mi ha lasciato perplesso sulle troppe libertà che si sono presi nell’inventare alcuni particolari. Mi è para più un western che una vera storia di polizia. Tuttavia, proprio da studioso della materia, dico che queste fiction fanno solo bene. Mori è presentato nella sua vera essenza, un uomo ligio al dovere, onesto verso lo Stato, il popolo e la propria famiglia. Ha dimostrato che il sacrificio personale è l’unico modo per cambiare, anche poco, un sistema potente." 

Che dire? Da uno storico di professione mi sarei aspettato più senso critico. C'è poi un commento di un utente anglosassone, certo Emuir-1, segno che la fama del Prefetto ha superato i confini dell'Italia: 

"Maybe George W. Bush should have studied history a little better before invading Afghanistan. In the 1920's Cesare Mori was appointed Police Prefect and charged with getting rid of the deeply entrenched Mafia in Sicily. When the people of a town under the thumb of the local Mafia refused to talk (including the local priest who was in with the mob) he set up road blocks and cut off the water and food supply to the town until they cooperated. Told that women and children were starving and going thirsty, he replied that that was the idea. They knew what they could do - as soon as they started talking they could eat. His tactics worked and eventually, he was able to arrest hundreds if not thousands of Mafioso. He almost smashed the Mafia but became too successful and began treading on the wrong toes, fingering high officials and politicians, so Mussolini appointed him Senator and relocated him to Rome."

Più un riassunto dei fatti storici che della miniserie di Gianni Lepre, in ogni caso è di un certo interesse.

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