domenica 5 febbraio 2017

LONGOBARDO RICOSTRUITO: UNA FORMULA PER GUARIRE UN CAVALLO PARALIZZATO

Testo in longobardo (ricostruito):

AD EQUUM ERRAHIT
MAN GENG APTER GUECHE,
ZAUH SIN ROS IN ANDON
THAU PIGAHINDA IMO MIN TROCTIN
MIT SINERU ARINGARECTI
"GUES, MAN, GANGISTU?
ZO GUIO NI RIDISTU?" 
"GUAZ MACH IH RIDAN?
MIN ROS IST ERRAHIT" 
"NU ZIUH IZ THA PI FERU,
THU RUNO IMO IN THAZ AURA,
TRID IZ AN THEN ZESUON FOZ:
SUA GUIRD IMO THES ERRAHIDON POZ."
PATER NOSTER, ET TERGE CRURA EIUS ET PEDES, DICENS "ALSUA SCAIRO GUERDE THISEMO -
CUIUSCUMQUE COLORIS SIT, RAUD, SUARZ, PLANCH, FALO, GRISIL, FAI - ROSSE THES ERRAHIDON POZ,
SAMO THEMO GOD THA SELPO POZIDA.  

Trascrizione fonologica (semplificata):

/ad 'ekwum er'ra:hit
'man 'ge:ng apter 'gwɛxe
'tsauχ si:n 'rɔs in 'andon
θau pi'gaxinda imo mi:n 'trɔkti:n
mit 'si:neru 'a:ringarekti
"gwɛs 'man 'gangistu?
tso: 'gwio ni 'ri:distu?" 

"gwats 'max iç 'ri:dan? 
mi:n 'rɛs ist er'ra:hit."
"nu 'tsiuxits pi 'fe:ru
θu: 'ru:no imo in θats 'aura
'tridits an 'tsɛswon 'fo:ts 
swa: 'gwird imo θɛs er'ra:hidon 'po:ts."  
'pater 'noster et 'terje 'krura 'ejus et 'pedes 'ditsens
'alswa: 'skairo 'gwɛrde 'θisemo kujus'kumkwe ko'loris 'sit
'raud, 'swarts, 'plankh, 'falo, 'gri:sil, 'fai - 'rɔsse θɛs er'ra:hidon 'po:ts
'samo 'θɛmo 'gɔd θa: 'sɛlpo 'po:tsida/
 

Data la complessità del problema delle pronunce locali del latino ecclesiastico prima della Riforma Carolingia, utilizziamo per le parole latine una pronuncia affine a quella ecclesiastica italica, ma con qualche differenza (es. /ts/ anziché /tʃ/; /j/ anziché /dʒ/), cosa che del resto pare molto vicina alla realtà nel contesto del Regno dei Longobardi. Nella trascrizione fonologica delle parole latine non ho distinto /e/, /o/ da /ɛ/, /ɔ/.

Traduzione: 

Per il cavallo paralizzato.
Un uomo andava per la strada, conduceva il suo cavallo con le mani.
Allora il mio Signore lo incontrò, con la sua carità: “Uomo, perché vai a piedi e non cavalchi?”.
“Come faccio a cavalcare? Il mio cavallo è paralizzato”.
“Orsù, tiralo là da una parte, sussurragli nell’orecchio, dagli una pedata al piede destro. Così gli guarisce la paralisi.”
[Di’ un] Padre nostro e strofina la sua zampa e il suo piede dicendo: “Questo cavallo - di qualunque colore sia, rosso, nero, bianco, fulvo, grigio, maculato - guarisca così velocemente dalla paralisi come Dio guarì quello stesso!
 

Testo di partenza in antico alto tedesco tardo (alemannico, XII sec.):

Ad equum erręhet
Man gieng after wege,
zoh sin ros in handon.
do begagenda imo min trohtin
mit sinero arngrihte.
“wes, man, gestu?
zu neridestu?”
“waz* mag ih rîten?
min ros ist erręhet.”
“nu ziuhez da bi fiere,
tu rune imo in daz ora,
drit ez an den cesewen fuoz:
so wirt imo des erręheten bůz”.
Pater noster. et terge crura eius et pedes, dicens “also sciero
werde disemo -cuiuscumque coloris sit, rot, suarz, blanc ualo,
grisel, feh - rosse des erręheten buoz, samo demo got da selbo
bůzta”.

Per maggiori informazioni cfr. Eleonora Cianci, Incantesimi e benedizioni nella letteratura tedesca medievale (IX-XIII sec.), Kümmerle Verlag, Göppingen, 2004. 
*La Cianci riporta was, che deve essere un refuso per waz, come provato dalla logica e dalle altre pubblicazioni del testo nel Web.

Commenti:

Il contesto presenta elementi cristiani, ma il Signore che l'uomo incontra è senza dubbio Wotan, detto in longobardo Godan (varianti Guodan e Odan, cfr. Meyer) e mai davvero obliato, dato che ancora ai tempi del Re Carlo persistevano resti cospicui del suo culto. Il sincretismo era cosa comunissima di cui non dobbiamo stupirci. 

A.a.t. errehet "paralizzato" è una parola di incerta origine, attestata anche come irreiht e simile al francone renano gerâys "della paralisi" (gen.). La radice si trova anche nella parola ræhe "rigidità degli arti del cavallo". Da questi dati è facile ricostruire la forma longobarda, pur permanendo oscura la provenienza ultima della radice (con ogni probabilità preindoeuropea).

A.a.t. fiere "lato", più anticamente fiara, fēra, corrisponde al gotico fera "paese, provincia". In longobardo si trova questa radice nel nome femminile Ferlinda "Tiglio della Provincia", "Scudo della Provincia". Il vocalismo prova che si deve trattare di un prestito dal gotico, giunto in longobardo e quindi in tutto l'antico alto tedesco. 

A.a.t. rune "sussurra" (imperativo). Nel longobardo ricostruito il verbo "sussurrare" ha le varianti RUNON /'ru:no:n/ (a.a.t. rūnōn) e RUNIAN /'ru:njan/ (a.a.t. rūnen).

A.a.t. sciero "rapidamente", con le varianti skiaro, skioro, è una forma avverbiale derivata dall'aggettivo skieri, skēri. La forma più antica, skēri, è glossata come "sagax, acer ad investigandum" e proviene da una precedente forma con dittongo /ei/ < /ai/. Per influenza di skiri "puro" (cfr. got. skeirs /ski:rs/), si sono prodotte le forme alterate skiari, skieri. Nel longobardo ricostruito abbiamo così SCARI /'ska:ri/ (m.), SCAIRA (f.), SCAIRO (avv.).

A.a.t. blanc, blank, blanch "bianco" (lett. "lucente"), della stessa radice che ha tra l'altro dato l'italiano bianco. Il vocabolo è giunto nella Penisola già con i Goti ed è attestato nell'antroponimo maschile Blanca, con il suffisso -a della flessione debole maschile di origine gotica (passato anche in longobardo in alcune forme). Si noterà che i romanisti scrivono il germanico *blank con l'asterisco, come se fosse una forma non attestata. Ebbene, stupirà constatare che non è affatto così. Troviamo lo stesso vocabolo, oggi più diffuso nelle lingue romanze che in quelle germaniche, anche nell'antico inglese blanc "bianco" e blanca "stallone bianco" (m.).

A.a.t. grisel "grigio". La radice è ben attestata in Germania ed è sopravvissuta nel tedesco moderno greis, con regolare dittongazione. Si noti l'estensione -il, che tra l'altro è comunissima in longobardo e che spesso si trova in formanti antroponimici. Il termine era comune alla lingua dei Franchi col senso di "cavallo grigio" e di "uomo dai capelli grigi", donde è passato all'antico francese grisel, dando infine l'inglese grizzle, grizzled

Presenza di longobardismi
nel testo alemannico

Cosa che finora sembra essere sfuggita agli studiosi, troviamo nel testo del XII secolo due forme che hanno tratti fonetici longobardi e che si oppongono alle caratteristiche native dei dialetti dell'area alto tedesca antica e media. Questi elementi devono essere stati ereditati da un'epoca precedente e testimoniano l'influenza della lingua longobarda oltre le Alpi.

1) A.a.t. trohtin "Signore" anziché truhtīn. Questa variante, che si trova anche in numerosi altri testi, ha una -o- nonostante la vocale del suffisso sia una -i-. Le vocali aperte toniche /ɛ/ e /ɔ/ anziché /i/ e /u/ davanti alle consonanti /χ/ e /r/ sono una caratteristica tipica del gotico che ha influenzato il longobardo, pur con diverse eccezioni. 
2) A.a.t. arngrihte presenta un elemento arn- con una fonetica diversa dalla forma êragrêhti "carità, misericordia" attestata altrove. Ad esempio, nel Ludwigslied o Rithmus Teutonicus (francone renano, IX sec.) si legge Gihalde inan truhtin bi sinan ergrehtin. Questo arn- deriva da una forma *arin- /a:rin-/ < *airin- /airin-/, il cui dittongo si è semplificato per via della -i- seguente, cosa che accade solo in longobardo. Invece a.a.t. ergrehtin e simili hanno er- /e:r-/ da *air-.

Un video nel Web

Ho trovato su Youtube un video con la formula in antico alto tedesco tardo, postato da un certo Mister Wanna Calculate. La pronuncia non mi pare buona ed è troppo viziata dalle abitudini fonetiche del lettore, nativo dell'odierna Germania. Non mancano gli errori. Sentir pronunciare sciero come "sziro" /'stsi:ro/ anziché come "schìero" /'skiero/ mi ha fatto sobbalzare. Nonostante la traduzione indicata sia corretta, la pronuncia adottata è quella ecclesiastica del latino in uso in Germania! Un altra critica che rivolgo al webmaster è la totale assenza di pathos nel recitare la formula: la legge come se fosse un elenco della spesa. Questi Germani moderni sono così anemici, potesse tornar loro un po' dell'antico carattere sanguigno!  

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