mercoledì 8 marzo 2017


L'ISOLA DI PASCALI

Titolo originale: Pascali's Island
Paese di produzione:
Gran Bretagna, Italia
Lingua: Inglese
Anno:
1988
Durata:
96 min
Colore: Colore
Audio: Sonoro
Genere: Drammatico, spionaggio
Regia: James Dearden
Soggetto: Barry Unsworth
Sceneggiatura: James Dearden
Fotografia: Roger Deakins
Musiche:
Loek Dikker
Interpreti e personaggi:
    Ben Kingsley: Basil Pascali
    Charles Dance: Anthony Bowles
    Helen Mirren: Lydia Neumann
    Kevork Malikyan: Mardosian
    George Murcell: Herr Gesing
    Nadim Sawalha: Pasha
    Stefan Gryff - Izzet Effendi
    Vernon Dobtcheff - Pariente
    Sheila Allen - Mrs. Marchant
    T. P. McKenna - Dr. Hogan
    Danielle Allen - Mrs. Hogan
    Nick Burnell - Chaudan
    Giorgos Oikonomou - Ribelle greco
    Alistair Campbell - Capitano
    Ali Abatsis - Ragazzo nel bagno
    Brook Williams - Ufficiale turco
    Joshua "Josh" Losey - Soldato turco 
    Nick Karagiannis - Ragazzo in chiesa
Doppiatori italiani:
    Riccardo Cucciolla: Basil Pascali
    Gino La Monica: Anthony Bowles
    Serena Spaziani: Lydia Neumann

Trama:

La vicenda si svolge nel 1908, nella piccola isola egea di Nisi. Il territorio è un avamposto dell'Impero Ottomano, che ormai è un colosso dai piedi d'argilla destinato a un ineluttabile tramonto. L'ambiente è a dir poco turbolento. I ribelli greci preparano l'insurrezione, mentre rappresentanti di potenze europee tramano per spartirsi i resti dell'Impero in sfacelo. Basil Pascali è un bizzarro individuo che abita in quell'avamposto da vent'anni, facendo da guida ai turisti e svolgendo incarichi come interprete. La sua vera attività consiste tuttavia nello spiare i locali, inviando poi al Sultano resoconti che non hanno mai avuto un singolo riscontro. Lo stipendio dell'informatore arriva regolarmente, ma immutato dall'inizio, senza il benché minimo aumento, cosa che desta in lui grande frustrazione. A un certo punto arriva sull'isola l'inglese Anthony Bowles, che afferma di essere un archeologo e di avere intenzione di effettuare importanti scavi. Pascali, che lo reputa un agente dei ribelli greci, gli offre i suoi servizi di interprete e di mediatore con il Pascià - vedendosi appioppata ogni responsabilità in caso di insolvenza dell'inglese. Bowles è un galletto che non perde tempo in preamboli: riesce a sedurre con facilità la bella pittrice austriaca Lydia Neumann, da tempo amata da Pascali, destando il lui bramosia di vendetta. Così l'informatore riesce a intrufolarsi nella stanza del sedicente archeologo, scoprendo alcuni reperti falsi. Folle di gelosia, rivela le sue scoperte al Pascià. Come conseguenza soldati, i soldati colgono in un'imboscata notturna Bowles e la Neumann e li uccidono senza esitare. A questo punto gli eventi precipitano, la rivolta dei Greci divampa, l'Impero Ottomano crolla e il futuro di Pascali si fa istante dopo istante più incerto. Mentre tutto gli sta crollando addosso, mentre il suo minuscolo universo è in procinto di implodere, l'unica cosa che il protagonista può fare è scrivere quasi per un automatismo da zombie il suo ultimo rapporto.      

Recensione:

Il film è stato tratto dall'omonimo romanzo dello scrittore inglese Barry Unsworth (1980), pubblicato negli States col titolo The Idol Hunter. Non ho letto il romanzo, ma da quanto si trova nel Web sulla sua trama, pare che sia stato trasposto accuratamente nell'opera di James Dearden. Il flusso della narrazione è introspettivo e inquietante in ogni dettaglio, ai confini del solipsismo. Sepsi dell'anima, come scrutare all'interno del cranio di un soggetto vivisezionato ed elucubrare sulle caverne scavate nella materia grigia dai fantasmi.  

Le origini di Pascali

C'è una cosa molto importante che va puntualizzata. Il protagonista, Pascali, porta un cognome di origine cristiana. Infatti proviene di certo da un precedente latino Paschalis, come il nome italiano Pasquale. Anche il suo nome, Basil, altro non è che il greco Basilios. Egli stesso chiarisce di essere figlio di una sfortunata ballerina inglese che si è persa nei perigliosi meandri dell'Impero Ottomano, il che spiega la stranezza del suo nome. Il personaggio è sicuramente il discendente di un cristiano convertito all'Islam. Se la sua famiglia paterna fosse stata islamica da molto tempo, l'informatore avrebbe avuto un nome ben diverso, caratteristico dei musulmani, come ad esempio Mehmet.

Una vita priva di senso

Pascali si ritrova imprigionato in un microcosmo asfittico che sembra non avere alcuna apertura verso l'esterno, nonostante sia visitato da non pochi europei - ma se anche fossero extraterrestri cambierebbe ben poco. Tutto è immobile e angosciante, come lo sarebbe essere imprigionati in un sogno che non è il proprio e da cui quindi non ci si può svegliare. Nella sostanza, l'informatore ottomano è l'Uomo Invisibile. Ad ogni sua azione non pare corrispondere alcuna reazione, come se fosse contenuto in una cella manicomiale dalle pareti di gomma, dove anche urlare con voce stentorea sarebbe inutile. Il Sultano che pensa di servire è inavvicinabile, come il Motore Immobile di Aristotele. Per la macchina burocratica che lo paga, Pascali è una nullità, una pedina talmente insignificante da essere considerata come un oggetto inanimato, dei cui sentimenti e delle cui aspettative non ci si può e non ci si deve preoccupare. Quello che l'uomo non sa, è che i suoi rapporti finiscono ogni volta al macero senza che nessuno li legga, in quanto ritenuti irrilevanti. Il suo stesso stipendio è dovuto alla pigrizia estrema dell'apparato burocratico: nessuno ha pensato di attivarsi per far cessare l'erogazione. 

Un Impero Ottomano ad alta gradazione alcolica

Quanto è sobria la Scandinavia odierna, tanto era ebbro l'Impero Ottomano, in cui gli uomini sfoggiavano il fez del color del sangue rappreso e trangugiavano damigiane di rakı, la tipica acquavite aromatizzata all'anice e alla menta, ottenuta distillando una varietà di ingredienti, tra i quali l'uva, le prugne, i datteri e le patate. Lo stesso Kemal Atatürk amava a tal punto quel liquore e tanto ne tracannò che il suo fegato finì cirrotizato. Tutto questo perché l'Islam dei Turchi era molto diverso dal radicalismo tanto di moda ai nostri giorni. L'anisetta e l'idromele erano utilizzati come surrogati del vino in non poche aree di fede maomettana. Sappiamo che il mercato degli alcolici era fiorente sotto la Sublime Porta, tanto che persino i religiosi bevevano di nascosto. Ogni tanto il Sultano si destava dal suo sonno e minacciava provvedimenti draconiani, ma il suo proibizionismo durava al massimo tre giorni. Tutto ciò è lontano anni luce dal rigore dei fanatici wahabiti che imperversano al giorno d'oggi. Così vediamo il protagonista Basil Pascali ordinare l'acquavite all'inserviente dell'hotel, con fare imperioso, battendo le mani: accorgendoci che è cosa normale e quotidiana anche tra genti tanto diverse, siamo tutti più sollevati.

Cose turche! 

Una volta alla settimana, Pascali si reca ai bagni e incontra un ragazzo. Forse qualche spettatore non l'ha capito, ma quel ragazzo è un eunuco che dietro compenso masturba e fa pompini. La cosa non deve stupire più di tanto. L'uso degli enunuchi come sfogo sessuale in quel contesto era la norma, mentre era molto difficile l'accesso al sesso femminile. Il mio sospetto, più che fondato, è che il protagonista del film abbia conosciuto soltanto le carezze dei castrati e che non abbia mai conosciuto nemmeno una volta le delizie femminili. Immaginate, se ci riuscite, una vita passata a sognare qualcosa di irraggiungibile, trovando ben vili e bassi surrogati in una realtà di uno squallore infinito. Nell'Impero Ottomano esistevano modi diversi per castrare un uomo. Era possibile rimuovere i testicoli ma non il pene, ottenendo gli eunuchi bianchi. Si poteva anche rimuovere il pene e lasciare i testicoli. In questo caso si ottenevano i cosiddetti eunuchi bruni, di una ferocia inaudita, che venivano usati come strumento di repressione. C'erano poi eunuchi privi sia del pene che dei testicoli: avevano soltanto il buco dell'uretra e per orinare dovevano servirsi di una cannuccia, con i connessi rischi di infezioni. Erano chiamati eunuchi neri. Altri sistemi, altamente rischiosi, consistevano nell'atrofizzare i genitali, spappolando i testicoli oppure torcendo i dotti seminali. Come ci si può attendere, nell'attuale contesto si tende a nascondere questi orrori e a censurarli, ma ancora agli inizi del XX secolo erano una realtà viva e vitale.

Amore non corrisposto

Non penso che esista un tormento più crudele dello spasimare per una donna che non vuole saperne. Parafrasando Cioran, possiamo dire che amare una donna significa proiettare infiniti su una creatura di una sconcertante finitudine. Deve essere una cosa terribile amare una donna alla follia, senza destare in lei alcuna emozione, per vedersela poi soffiare da un finto archeologo, un bellimbusto biondiccio che somiglia vagamente a Rocco Siffredi. Gli orrori dell'amore non corrisposto sono spinti all'estremo limite in questo film. Per la pittrice Lydia Neumann, Basil Pascali è soltanto un mucchietto di nulla, del tutto impossibile da considerarsi come un uomo. Talvolta finge di provare per lui un certo affetto, simile a quello che può essere provato per un canarino. Qualcosa di ancor più umiliante di un aperto rifiuto. L'informatore ottomano non capisce se la sua musa lo voglia intenzionalmente mortificare. Fatto sta che talvolta le parole di una donna possono ledere un uomo anche quando in apparenza sembrano inoffensive. Solo per fare un esempio, sentirsi chiamare "amico" da una donna è a parer mio cosa molto peggiore che essere insolentiti, perché "amico" è una parola che si traduce così: "per me tu non conti niente, in quanto non ti vedo come un uomo e non potrò mai vederti come un uomo". Anzi, possiamo stenografare il concetto traducendo "amico" con "non sei un uomo" o addirittura con "eunuco".


Le convulsioni del genetico

La spaventosa tensione provata dall'informatore ottomano sfocia infine in un terribile fatto di sangue e di morte. Egli spia la donna amata insieme col suo amante. Entrambi sono nudi e fanno l'amore. Questo fa emergere in Pascali un sentimento che non è semplicemente invidia, come le fatue genti potrebbero pensare, ma disperazione. È così: tutto inizia dalla constatazione della nullità della propria vita sessuale. Il genoma maschile spinge, perché il suo solo fine è l'accoppiamento con una femmina. Se questo non avviene, ne nasce una serie infinita di orrori. Per il genoma, chi non riesce ad accoppiarsi e a trasmettere la vita è un indegno di esistere. A niente servono le lubriche manipolazioni di un eunuco. Dalla constatazione della propria nullità, Pascali passa alla tenebra assoluta. In questo marasma ecco accendersi una fibra d'odio. Coloro che rinfacciano, pur senza saperlo, al fallito genetico la consapevolezza della sua nullità essenziale, diventano oggetti di questo odio funesto, che divampa fino a diventare assoluto, duro come il diamante e nero come l'Abisso. L'uccisione della pittrice e del finto archeologo inglese si consuma così, in un'atmosfera plumbea e annichilente. Un punto di non ritorno, che segna l'annientamento dell'intera esistenza.

Reazioni nel Web

A quanto pare, il film non ha entusiasmato il pubblico italiano. Ha avuto invece un certo successo nel mondo anglosassone. Non ho trovato nel Web significativi interventi in lingua italiana, anche se forse questo si deve al fatto che non ho cercato abbastanza. Consiglio una pagina che riporta alcune recensioni in inglese: 

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