LA CADUTA DELL'IMPERO ROMANO
Titolo originale: The Fall of the Roman Empire
Paese di produzione: Stati Uniti d'America
Lingua: Inglese
Anno: 1964
Durata: 153 (USA 188 min)
Colore: Colore
Audio: Sonoro
Rapporto: 2.35:1
Formato della pellicola: 65mm Ultra Panavision
70 in Technicolor
Genere: Epico, storico, drammatico
Tipo di film: Kolossal
Regia: Anthony Mann
Sceneggiatura: Ben Barzman, Philip Yordan,
Basilio Franchina
Casa di produzione: Samuel Bronston Productions
Fotografia: Robert Krasker (Technicolor-Ultra
Panavision 70)
Montaggio: Robert Lawrence, Magdalena Paradell
Musiche: Dimitri Tiomkin
Orchestratore: George Korngold
Suono: Milton C. Burrow, David Hildyard, Gordon
K. McCallum
Dialoghi: George Tyne
Effetti speciali: Alex Weldon
Scenografia: Venerio Colasanti, John Moore
Costumi: Veniero Colasanti, John Moore
Trucco: Grazia De Rossi, Mario Van Riel, José Luis
Pérez
Casting: Maude Spector
Regia della II unità: Andrew Marton, Yakima
Canutt
Consulente Technicolor: Will Durant
Titoli di testa: Maciek Piotrowski
Interpreti e personaggi:
Sophia Loren: Lucilla
Stephen Boyd: Livio
Alec Guinness: Marco Aurelio
James Mason: Timonide
Christopher Plummer: Commodo
Anthony Quayle: Verulo
John Ireland: Ballomar
Omar Sharif: Sohamus
Mel Ferrer: Cleante
Eric Porter: Giuliano
Finlay Currie: senatore
Andrew Keir: Polibio
Douglas Wilmer: Nigro
George Murcell: Vittorino
Norman Wooland: Virgiliano
Michael Gwynn: Cornelio
Virgilio Teixeira: Marcello
Peter Damon: Claudio
Rafael Calvo: Lentulo
Lena von Martens: Helva
Guy Rolfe: Mario
Doppiatori italiani:
Sergio Rossi: Livio
Stefano Sibaldi: Marco Aurelio
Arturo Dominici: Timonide
Renzo Palmer: Commodo
Carlo Buratti: Cleante
Aldo Silvani: senatore
Leonardo Severini: Polibio
Luoghi delle riprese in Spagna:
Segovia (sequenza d'apertura)
Sierra de Guadarrama (battaglia contro i Germani
nella foresta)
Las Matas, Madrid (foro romano)
Manzanares, Madrid (battaglia contro i Persiani)
Valencia (Ravenna)
Studi Samuel Bronston Production, Madrid
(interni)
Premi:
Nomination all'Oscar per la miglior colonna
sonora;
Golden Globe 1965: migliore colonna sonora
originale
Paese di produzione: Stati Uniti d'America
Lingua: Inglese
Anno: 1964
Durata: 153 (USA 188 min)
Colore: Colore
Audio: Sonoro
Rapporto: 2.35:1
Formato della pellicola: 65mm Ultra Panavision
70 in Technicolor
Genere: Epico, storico, drammatico
Tipo di film: Kolossal
Regia: Anthony Mann
Sceneggiatura: Ben Barzman, Philip Yordan,
Basilio Franchina
Casa di produzione: Samuel Bronston Productions
Fotografia: Robert Krasker (Technicolor-Ultra
Panavision 70)
Montaggio: Robert Lawrence, Magdalena Paradell
Musiche: Dimitri Tiomkin
Orchestratore: George Korngold
Suono: Milton C. Burrow, David Hildyard, Gordon
K. McCallum
Dialoghi: George Tyne
Effetti speciali: Alex Weldon
Scenografia: Venerio Colasanti, John Moore
Costumi: Veniero Colasanti, John Moore
Trucco: Grazia De Rossi, Mario Van Riel, José Luis
Pérez
Casting: Maude Spector
Regia della II unità: Andrew Marton, Yakima
Canutt
Consulente Technicolor: Will Durant
Titoli di testa: Maciek Piotrowski
Interpreti e personaggi:
Sophia Loren: Lucilla
Stephen Boyd: Livio
Alec Guinness: Marco Aurelio
James Mason: Timonide
Christopher Plummer: Commodo
Anthony Quayle: Verulo
John Ireland: Ballomar
Omar Sharif: Sohamus
Mel Ferrer: Cleante
Eric Porter: Giuliano
Finlay Currie: senatore
Andrew Keir: Polibio
Douglas Wilmer: Nigro
George Murcell: Vittorino
Norman Wooland: Virgiliano
Michael Gwynn: Cornelio
Virgilio Teixeira: Marcello
Peter Damon: Claudio
Rafael Calvo: Lentulo
Lena von Martens: Helva
Guy Rolfe: Mario
Doppiatori italiani:
Sergio Rossi: Livio
Stefano Sibaldi: Marco Aurelio
Arturo Dominici: Timonide
Renzo Palmer: Commodo
Carlo Buratti: Cleante
Aldo Silvani: senatore
Leonardo Severini: Polibio
Luoghi delle riprese in Spagna:
Segovia (sequenza d'apertura)
Sierra de Guadarrama (battaglia contro i Germani
nella foresta)
Las Matas, Madrid (foro romano)
Manzanares, Madrid (battaglia contro i Persiani)
Valencia (Ravenna)
Studi Samuel Bronston Production, Madrid
(interni)
Premi:
Nomination all'Oscar per la miglior colonna
sonora;
Golden Globe 1965: migliore colonna sonora
originale
Curiosità:
Il set cinematografico di questo film è il più grande di tutta la storia della settima arte. Furono necessari ben due anni a John Moore e a Veniero Colasanti per progettare e costruire lo scenario in grandezza naturale su una superficie di più di 24 ettari in una zona periferica di Madrid. Questo scenario comprendeva ben 400 statue, tra cui quella di Giove Capitolino, alta 30 metri, oltre a più di 600 colonne, a 35 edifici e a 7.400 metri di scalinate percorribili. Per completare quest'opera ciclopica è stato necessario il lavoro di 1.000 operai, che hanno impiegato 200.000 blocchi di marmo.
Fu pubblicato un romanzo tratto dal film, scritto da Harry Whittington e anch'esso intitolato La caduta dell'Impero romano (The Fall of the Roman Empire), edito da Fawcett Publications, Inc. & Frederick Muller Ltd. (1964). Le copertine delle varie edizioni di questo romanzo sono screenshot tratto dal film. Il testo fornisce un'esposizione più dettagliata della trama del film.
Trama:
Siamo nell'inverno del 180 d.C., lungo la frontiera settentrionale dell'Impero romano, nella regione che attualmente è nota come Austria e che all'epoca era la terra dei Quadi e dei Marcomanni. Quelle fiere popolazioni germaniche si sono ribellate e stanno imperversando in territorio romano. L'Imperatore Marco Aurelio, allo scopo di sedare la rivolta, riunisce in riva al Danubio gli alleati di Roma e tiene loro un discorso. Il suo intento appare fin da subito utopistico: egli vagheggia una condizione di pace universale in cui tutte le genti godano condizioni paritarie nell'illuminata architettura imperiale. Per raggiungere questo scopo, intende nominare suo successore il generale Gaio Metello Livio, promesso sposo della figlia Lucilla. Questa decisione non piace alla nobiltà, che teme la perdita dei propri privilegi, essendo Livio un uomo integerrimo che avrebbe esercitato il suo compito con grande rigore. Così accade che Marco Aurelio finisce ucciso dal veleno: il figlio Commodo viene acclamato Imperatore al posto dell'erede designato. Per prima cosa Commodo pone fine alla guerra contro i Germani, quindi si mette in viaggio per Roma. Una volta insediatosi al potere, inizia una vita dissoluta e dimostra di non avere il benché minimo interesse per la politica, cosa che in un Imperatore può soltanto portare alla rovina dello Stato e dei popoli. I bagordi e gli spettacoli dei gladiatori diventano la sola ragion d'essere del giovane figlio di Marco Aurelio, che prende molto sul serio la formula "panem et circenses". Per farsi benvolere dal popolo di Roma e dell'Italia, lo narcotizza con spettacoli e piaceri, mantendolo nel lusso; come è ovvio, per poter far questo deve applicare una feroce tassazione delle altre province. Il generale Livio non è più capace di sopportare le iniquità del tiranno, così decide di avviare una ribellione per deporlo. Alla testa delle sue legioni marcia su Roma, ma all'ultimo il sostegno dell'esercito gli viene a mancare: Commodo è riuscito a corrompere gli ufficiali, neutralizzando il tentativo di golpe. Livio viene arrestato. Commodo viene a sapere di non essere figlio biologico di Marco Aurelio, ma figlio illegittimo del Prefetto Verulo. Come reazione, il despota fa uccidere il proprio vero padre. Condanna quindi Livio e Lucilla all'arena. Alla presenza del popolo dell'Urbe, della nobiltà e del Senato, l'Imperatore è preso dal delirio di onnipotenza e sfida il generale a un duello all'ultimo sangue. Ne segue un combattimento accanito il cui esito è la morte di Commodo. A questo punto i presenti acclamano Imperatore Gaio Livio Metello, ma questi, schifato dal tanfo della corruzione, decide di rifiutare e di lasciare Roma al suo destino, portando con sé la donna amata.
Recensione:
Un kolossal di capitale importanza nella storia del cinema, che non può per nessuna ragione essere dimenticato - nonostante sia in diversi punti cruciali poco aderente alla realtà dei fatti. Anthony Mann proveniva dal contesto dei film western e non aveva alcuna esperienza nella sperimentazione di pellicole incentrate sull'Impero romano, all'epoca tanto comuni. Inoltre non era uno storico: per realizzare questo film fece tesoro soprattutto della sua lettura del capolavoro di Edward Gibbon, The History of the Decline and Fall of the Roman Empire, o più verosimilmente di un suo riassunto, dato che un regista non ha certo il tempo di immergersi in un'opera ponderosa di ben sei volumi, per giunta senza una specifica preparazione. Tuttavia possiamo dire per certo che dell'opera di Gibbon, Mann ha assimilato l'essenza profonda. Il suo film si distanzia molto dai prodotti dei contemporanei, che presentavano Roma antica come uno scenario di cartapesta in cui il potere dell'Impero trionfava per principio, il cui finale era un'apoteosi. Questa discrepanza stridente tra gli scenari foschi della corruzione e le aspettative del pubblico, abituato agli splendori di un mondo fantastico, è stata indicata dal regista come la causa principale dell'insuccesso della pellicola, che fu una vera catastrofe finanziaria: solo un quarto del budget è stato coperto dalle entrate. Ultimo del suo genere, La caduta dell'Impero romano chiuse l'epoca dei kolossal sull'Impero, portando all'estinzione i film del genere peplum. Da allora non si videro più nemmeno film di argomento paleocristiano come Quo vadis, La tunica, Barabba e via discorrendo.
Una scelta oltremodo interessante
Cosa ha spinto il regista a parlare proprio di Commodo? In fondo, uno spettatore con un minimo di cultura storica si sarebbe aspettato un film ambientato nella seconda metà del V secolo d.C., ai tempi in cui l'erulo Odoacre depose Romolo Augusto, detto Augustolo, inviando le insegne imperiali a Bisanzio - evento che nella tradizione scolastica segna (in modo assolutamente discutibile) la transizione dall'Evo Antico al Medioevo. In realtà la deposizione di Romolo Augustolo non fu percepita come una cesura storica dai contemporanei - anche perché l'inetto sovrano era considerato un usurpatore. A quell'epoca non esisteva nemmeno più l'Impero, soltanto il suo cadavere decomposto stillante percolato. Per colmo del paradosso, mostrare gli eventi del 476 d.C. non avrebbe avuto alcun senso e non avrebbe aiutato nessuno a comprendere le dinamiche della Caduta. Quello che interessava a Mann non era un particolare evento che un manuale storico ad uso delle scuole medie potesse catalogare in modo inequivocabile come la parola "FINE" calata sull'Impero tra capo e collo: gli premeva invece descrivere l'inizio di un processo che ha intaccato la compagine statale dall'interno, passando inosservato e continuando il suo corso come la sifilide non curata, che alla fine porta alla tabe dorsale e alla pazzia. L'ascesa al potere di Commodo è stata scelta come il punto d'inizio dell'incancrenimento. Semmai si può obiettare che già prima di Marco Aurelio non erano mancati i sovrani degeneri: ad esempio Tiberio viveva in perenne stato di ubriachezza e si faceva fellare dei poppanti, mentre Caligola mangiava le feci delle sue amanti e in spaventose visioni conversava con un mostro marino. Che dire poi del cornuto Claudio e dell'incestuoso Nerone? Potremmo affermare che l'Impero portava già in sé alla nascita i semi della propria distruzione, ma avremmo ragione soltanto a metà. All'epoca dei primi imperatori pazzi della dinastia giulio-claudia, Roma aveva ancora molto da dare, era ben organizzata e non si scorgevano ancora i segni delle crisi venture. Non si avvertiva ancora la pressione demografica dei popoli cosiddetti "barbari", anche se occasionali conati di caos già eruttavano, senza che nessuno li riconoscesse come precoci segni infausti di un futuro non proprio roseo. Sarebbe troppo dispendioso trattare in modo approfondito questi processi. Aggiungerò soltanto che, per le ragioni esposte, reputo molto assennata la decisione dell'artefice del film di ambientare le sequenze nel tardo II secolo, al termine dell'Età dell'Oro del Principato Adottivo.
Un portento funesto
Una scena di cui il pubblico non sembra aver compreso l'importanza è quella in cui l'aruspice scruta le viscere della vittima sacrificale. Subito dopo il criptocristiano Timonide annuncia che non è stato trovato il cuore dell'animale immolato. È qualcosa che avrebbe dovuto mettere i brividi. Si potrebbe quasi affermare che Mann pone l'Inizio del Declino proprio nell'istante in cui l'aruspice ha scrutato le interiora non trovando l'organo più importante, il cuore. Se qualcosa di simile si fosse verificata e fosse stata resa nota, sarebbe bastata per gettare le genti nel panico più totale e per farle tremare di terrore. L'assenza del cuore ha significato profondi: a non esistere più, avvisava il portento, era il Mos Maiorum, il nucleo stesso dell'ethos romano di cui all'improvviso si era manifestata la morte. Stupisce che al giorno d'oggi esistano non pochi esaltati che parlano di Roma Eterna e di resurrezione dell'Impero, quando tali realtà erano già seriamente compromesse ai tempi della morte di Marco Aurelio. Affermare una continuità diretta e ininterrotta tra la realtà imperiale e l'Italia moderna, invertendo per giunta il flusso della decadenza, è assurdo come credere alla possibilità di ottenere da una gran massa di sterco un ricco piatto di lasagne.
Le mostruose aberrazioni di Commodo
Commodo faceva le gangbang spermatiche e durante una di queste orge sporcò sua sorella Lucilla con i fiotti del prorio seme, cosa che fece inorridire i contemporanei, al punto che gli storici cercarono di presentare questi fatti come dicerie. Da parte sua, Lucilla deve aver gradito poco le morbose attenzioni del fratello, dal momento che complottò per farlo uccidere. A tal punto giunse Commodo nella sua depravazione da gettare una luce sinistra sullo stesso suo padre, il virtuosissimo Marco Aurelio. Ci si può infatti porre una domanda inquietante: com'è possibile che un padre tanto buono abbia cresciuto un simile demonio? Anthony Mann cerca di dare una risposta a questo interrogativo, affermando che in realtà Commodo non sarebbe stato figlio biologico di Marco Aurelio. Una supposizione che non ha alcun fondamento. La scelleratezza dell'atroce personaggio è ben descritta nella Vita Commodi (Historia Augusta) di Elio Lampridio:
Post haec Commodus nunquam facile in publicum processit neque quicquam sibi nuntiari passus est nisi quod Perennis ante tractasset. Perennis autem Commodi persciens invenit, quemadmodum ipse potens esset. Nam persuasit Commodo, ut ipse deliciis vacaret, idem vero Perennis curis incumberet; quod Commodus laetanter accepit. Hac igitur lege vivens ipse cum trecentis concubinis, quas ex matronarum meretricumque dilectu ad formae speciem concivit, trecentisque aliis puberibus exoletis, quos aeque ex plebe ac nobilitate vi pretiisque forma disceptatrice collegerat, in palatio per convivia et balneas bacchabatur. Inter haec habitu victimarii victimas immolavit. In harena rudibus, inter cubicularios gladiatores pugnavit lucentibus aliquando mucronibus. Tunc tamen Perennis cuncta sibimet vindicavit; quos voluit, interemit, spoliavit plurimos, omnia iura subvertit, praedam omnem in sinum contulit. Ipse autem Commodus Lucillam sororem, cum Capreas misisset, occidit. Sororibus dein suis ceteris, ut dicitur, constupratis, consobrina patris complexibus suis iniuncta uni etiam ex concubinis matris nomen inposuit. Vxorem, quam depraehensam in adulterio exegit, exactam relegavit et postea occidit. Ipsas concubinas suas sub oculis suis stuprari iubebat. Nec inruentium in se iuvenum carebat infamia, omni parte corporis atque ore in sexum utrumque pollutus. Occisus est eo tempore etiam Claudius quasi a latronibus, cuius filius cum pugione quondam ad Commodum ingressus est, multique alii senatores sine iudicio interempti, feminae quoque divites. Et nonnulli per provincias a Perrennio ob divitias insimulati spoliati sunt vel etiam interempti. His autem, quibus deerat ficti criminis adpositio, obiciebatur, quod scribere noluissent Commodum heredem.
Traduzione (da latinovivo.com):
"Dopo quanto avvenuto Commodo si mostrava difficilmente in pubblico, e non voleva che gli venissero portati messaggi senza che prima se ne fosse occupato Perenne. Perenne, poi, che sapeva tutto del carattere di Commodo, trovò il modo di diventare lui stesso potente. Persuase infatti Commodo a dedicarsi completamente ai suoi divertimenti, mentre lui, Perenne, si assumeva le cure del governo; ciò che Commodo accettò con entusiasmo. Vivendo dunque secondo questo accordo, se la spassava nel Palazzo gozzovigliando tra banchetti e bagni in compagnia di trecento concubine, che aveva radunato scegliendole fra le matrone e le meretrici per la loro bellezza, e di giovanetti pervertiti, anch'essi in numero di trecento, che aveva raccolto a viva forza o comprandoli, tanto fra il popolo quanto di mezzo alla nobiltà, e avendo quale criterio di scelta l'avvenenza. Di tanto in tanto, in veste di sacerdote, immolava vittime. Si cimentava in duelli in qualità di gladiatore, usando nell'arena dei bastoni, mentre, quando combatteva con gli inservienti di corte, con armi talvolta affilate. Intanto comunque Perenne aveva avocato a sé ogni potere; metteva a morte chi voleva, spogliava dei beni moltissime persone, sovvertiva tutte le leggi, si accaparrava tutto ciò che poteva arraffare. Dal canto suo Commodo fece uccidere la sorella Lucilla dopo averla confinata a Capri. Poi, dopo aver violentato, a quanto si dice, tutte le altre sorelle, e aver anche avuto rapporti con una cugina del padre, arrivò a dare il nome della madre a una delle sue concubine. Sua moglie, che aveva sorpreso in adulterio, la cacciò di casa, poi la fece deportare, e infine la fece uccidere. Ordinava che le stesse sue concubine venissero violentate sotto i suoi occhi. Né era esente dall'ignominia di essere stato oggetto di rapporti omosessuali con giovani, e non c'era parte del suo corpo, compresa la bocca, che non fosse stata contaminata da aberrazioni sessuali in rapporto ad entrambi i sessi. In quel periodo venne anche ucciso, apparentemente in un'aggressione di briganti, quel Claudio il cui figlio una volta era entrato alla presenza di Commodo armato di pugnale, e furono uccisi senza processo molti altri senatori, e anche donne di ricca famiglia. E numerose persone che abitavano nelle varie province furono messe sotto accusa da Perenne a motivo delle loro ricchezze, e spogliate dei loro beni quando non anche uccise. Quelli poi contro i quali non era possibile l'imputazione di un'accusa inventata, venivano incriminati per non aver voluto nominare Commodo loro erede."
"Dopo quanto avvenuto Commodo si mostrava difficilmente in pubblico, e non voleva che gli venissero portati messaggi senza che prima se ne fosse occupato Perenne. Perenne, poi, che sapeva tutto del carattere di Commodo, trovò il modo di diventare lui stesso potente. Persuase infatti Commodo a dedicarsi completamente ai suoi divertimenti, mentre lui, Perenne, si assumeva le cure del governo; ciò che Commodo accettò con entusiasmo. Vivendo dunque secondo questo accordo, se la spassava nel Palazzo gozzovigliando tra banchetti e bagni in compagnia di trecento concubine, che aveva radunato scegliendole fra le matrone e le meretrici per la loro bellezza, e di giovanetti pervertiti, anch'essi in numero di trecento, che aveva raccolto a viva forza o comprandoli, tanto fra il popolo quanto di mezzo alla nobiltà, e avendo quale criterio di scelta l'avvenenza. Di tanto in tanto, in veste di sacerdote, immolava vittime. Si cimentava in duelli in qualità di gladiatore, usando nell'arena dei bastoni, mentre, quando combatteva con gli inservienti di corte, con armi talvolta affilate. Intanto comunque Perenne aveva avocato a sé ogni potere; metteva a morte chi voleva, spogliava dei beni moltissime persone, sovvertiva tutte le leggi, si accaparrava tutto ciò che poteva arraffare. Dal canto suo Commodo fece uccidere la sorella Lucilla dopo averla confinata a Capri. Poi, dopo aver violentato, a quanto si dice, tutte le altre sorelle, e aver anche avuto rapporti con una cugina del padre, arrivò a dare il nome della madre a una delle sue concubine. Sua moglie, che aveva sorpreso in adulterio, la cacciò di casa, poi la fece deportare, e infine la fece uccidere. Ordinava che le stesse sue concubine venissero violentate sotto i suoi occhi. Né era esente dall'ignominia di essere stato oggetto di rapporti omosessuali con giovani, e non c'era parte del suo corpo, compresa la bocca, che non fosse stata contaminata da aberrazioni sessuali in rapporto ad entrambi i sessi. In quel periodo venne anche ucciso, apparentemente in un'aggressione di briganti, quel Claudio il cui figlio una volta era entrato alla presenza di Commodo armato di pugnale, e furono uccisi senza processo molti altri senatori, e anche donne di ricca famiglia. E numerose persone che abitavano nelle varie province furono messe sotto accusa da Perenne a motivo delle loro ricchezze, e spogliate dei loro beni quando non anche uccise. Quelli poi contro i quali non era possibile l'imputazione di un'accusa inventata, venivano incriminati per non aver voluto nominare Commodo loro erede."
Devo ammettere che fa una certa impressione costruirsi mentalmente sequenze in cui la Loren è circondata da falli eretti e li fella uno dopo l'altro, per poi essere sburrata da un mefistofelico Christofer Plummer. Inutile aspettarsi tanto dal cinema americano, i cui codici rigidissimi vietavano anche il minimo riferimento a qualsiasi atto sessuale ritenuto "contro natura", e in particolar modo all'incesto. Certo, non posso pretendere un film pornografico, sarebbe una cosa folle. Nonostante ciò la questione resta. Appurato che di tutte le turpitudini commodiane non si fa la minima menzione nel kolossal di Anthony Mann, sorge infatti una domanda. È possibile rappresentare un personaggio storico tacendo completamente dei suoi vizi e delle sue depravazioni, rimuovendole dalla narazione come se non fossero dettagli pertinenti al reame dell'esistenza? Noi sappiamo benissimo che per Commodo tali passioni dovevano essere di primaria importanza e assorbire ogni sua fibra di essere. Come si può quindi far finta che Commodo ne fosse immune? Come si può presentare come casta proprio la dissoluta e incestuosa Lucilla?
Marco Aurelio, Commodo e i Cristiani
Pochi sanno al giorno d'oggi che Marco Aurelio fu un metodico sterminatore di cristiani, che fece uccidere in gran numero. Gli storici tendono a minimizzare questa persecuzione, tradizionalmente computata come la quarta. Eppure la conoscenza dei fatti era già andata perduta nel Medioevo: l'ideale stoico di giustizia e di umanità contribuì a far prevalere l'immagine di Marco Aurelio come uomo di pace contrario in ogni caso alla violenza. Per contro, il suo abominevole figlio fu molto tollerante in materia di religione, tanto che non fece mettere mai a morte un seguace di Cristo. I soli martiri che ci furono all'inizio del suo regno morirono a causa delle disposizioni del precedente sovrano, che non furono bloccate in tempo. Le ragioni di questa sorprendente tolleranza sono presto spiegate. Una concubina cristiana di Commodo, Marzia, che fungeva da fellatrice spermatofaga con buona pace della sua fede, ottenne l'immunità per i suoi correligionari, che non furono perseguitati. Queste sono le parole di Edward Gibbon sull'argomento:
Durante l'intero corso del suo regno, Marco [Aurelio] disprezzò i Cristiani come filosofo, e li punì come sovrano. Per una singolare fatalità, le avversità che essi avevano sopportato sotto il governo di un principe virtuoso cessarono immediatamente all'ascesa di un tiranno e, come nessuno tranne loro aveva sperimentato l'ingiustizia di Marco, così essi soltanto furono protetti dalla clemenza di Commodo. La rinomata Marzia, la più favorita delle sue concubine, che alla lunga escogitò l'omicidio del suo amante imperiale, intrattenne un singolare affetto per la chiesa oppressa; e, sebbene fosse impossibile per lei conciliare la pratica del vizio con i precetti del Vangelo, potrebbe aver sperato di redimersi dalle debolezze del suo sesso e della sua professione dichiarandosi patrona dei Cristiani. Sotto la graziosa protezione di Marzia, essi trascorsero al sicuro i tredici anni di un crudele tiranno; e, quando l'impero fu stabilito nella casa di Severo, formarono una connessione domestica ma più onorevole con la nuova corte. (The History of the Decline and Fall of the Roman Empire, vol. 3, cap. XVI)
Nel film di Mann queste tematiche non sono trattate, al punto che vi è un'unica allusione al Cristianesimo: quando l'ex-schiavo Timonide stramazza a terra, morto stecchito, si vede che portava al collo il monogramma di Cristo (Chi - Rho o Chrismon). Si riesce comunque a capire l'appartenenza religiosa di Timonide da un fatto significativo: quando il marcomanno Ballomar lo sottopone all'Ordalia intimandogli di adorare una statua di Wotan, il greco rifiuta anche a costo di bruciarsi una mano senza lamentarsi. Come conseguenza, Ballomar incendia l'idolo, convinto della superiore potenza della divinità adorata da Timonide. Un pagano, forte dell'interpretatio romana (o dell'interpretatio graeca), avrebbe ritenuto il manufatto una statua di Mercurio e l'avrebbe adorata. Questo non è un film interamente pagano: è piuttosto un film in cui è stato scelto di non mostrare molto del Cristianesimo.
Invenzioni, errori e morti sbagliate
Il generale Gaio Metello Livio è un personaggio inventato di sana pianta, senza alcun fondamento storico. Questa pellicola ha inaugurato una costumanza che da allora ha dato qualche discutibile frutto: quella di far morire Commodo in un combattimento nell'arena. Un'altra opera mostra gli sviluppi di quello che ormai è diventato un vero e proprio meme: Il gladiatore, di Ridley Scott (2000). Che l'uccisore di Commodo si chiami Livio o che si chiami Massimo l'Ispanico, tutto sommato cambia poco. Resta il fatto che nessuno può essere ucciso da qualcuno che non esiste. I falsi storici e le violenze imposte ai fatti realmente accaduti non finiscono qui. Sappiamo che Lucilla non sopravvisse al perverso fratello, ma fu da questi uccisa dopo essere stata rimossa da Roma e condannata all'esilio a Capri. Non coronò alcun sogno d'amore, come si vede nel kolossal. Allo stesso modo si descrive in modo non corretto la morte del grande Marco Aurelio, che in realtà fu contagiato dalla peste, soccombendo alle febbri e ai miasmi dei bubboni purulenti. Stoico fino all'ultimo respiro, si comportò in modo esemplare, dicendo a coloro che lo assistevano che si limitava a precederli. Nel film di Scott si va anche oltre a quanto escogitato da Mann: nella sua pellicola l'Imperatore Filosofo viene strangolato dal suo stesso figlio Commodo, spinto da un ferocissimo, incontenibile odio verso la Conoscenza. Per inciso, nella realtà storica il successore scelto da Marco Aurelio... fu proprio Commodo!
Un capo germanico dal bizzarro nome
Il nome Ballomar significa... Famoso per i Testicoli. Non si tratta dell'inconsapevole invenzione di uno sceneggiatore esuberante. L'antroponimo è reale ed è stato portato da un fiero principe dei Marcomanni che combatté realmente contro l'Impero all'epoca di Marco Aurelio, dando origine alle Guerre Marcomanniche. Guidando una coalizione di numerosi popoli, tra i quali anche i Longobardi, nell'anno 170 si spinse a devastare il territorio attualmente noto come Friuli, assediando Aquileia e distruggendo Opitergium (Oderzo). Si possono dedurre diverse cose di un certo interesse dal nome Ballomar, riportato tal quale da fonti storiche. La protoforma germanica è *ballumæ:riz. La lingua parlata dai Marcomanni e dai Quadi era quindi germanico occidentale, con alcune caratteristiche salienti già ben definite in un'epoca tanto precoce. La trasformazione della vocale lunga -æ:- in -a:- si era completata nel II secolo d.C.; i suffissi del nominativo singolare maschile forte come -az e -iz erano già caduti a quei tempi. L'idea tradizionale secondo cui i Marcomanni e i Quadi formarono in seguito il popolo dei Baiuvari, conosciuti in seguito come Bavari, alla luce di questi fatti risulta abbastanza plausibile.
Alcuni commenti su interpreti e personaggi
Spicca innanzitutto l'interpretazione di Alec Guinness nel ruolo di Marco Aurelio. Tale è la somiglianza tra il personaggio storico e l'attore che una mente suggestionabile potrebbe pensare a un episodio di reincarnazione. Sophia Loren nel ruolo di Lucilla è a parer mio abbastanza convincente, per come il personaggio è stato disegnato - anche se la critica nel Web ha più volte stroncato la sua interpretazione, ritenendo addirittura l'attrice a disagio e lamentando la scarsa esibizione delle sue forme. Il generale Livio è un gran paradosso. Stephen Boyd aveva già interpretato nel 1959 il personaggio di Messala nel film Ben-Hur di William Wyler, che per l'occasione gli aveva fatto tingere i capelli e indossare lenti a contatto scure. L'assurdo è che il tipo fisico dell'attore incarna l'idea che il popolino anglosassone ha degli antichi Romani, come già abbiamo avuto occasione di far notare nella recensione de I giganti di Roma di Antonio Margheriti (1964). Non si può nemmeno invocare quella che con orrido vocabolo è chiamata "barbarizzazione" dell'esercito romano: oltre a essere troppo presto per parlare di esercito "barbarizzato", si vede subito che Gaio Livio Metello non è affatto un nome germanico.
I funerali di un mondo
Spettacolari le sequenze del funerale di Marco Aurelio, in cui la pira viene fatta ardere mentre cade la neve e i soldati intonano un coro che fa venire la pelle d'oca. Il regista riesce a comunicare qualcosa di immenso, ossia la consapevolezza che a morire sia stato un mondo e non un semplice uomo. Il freddo e la neve sembrano quasi un simbolo dei tempi duri che sarebbero giunti. A mio avviso già soltanto questa scena sublime è in grado di consegnare La caduta dell'Impero romano all'immortalità.
Il finale
Mi è restata impressa la reazione di Lucilla nell'assistere alla demenza collettiva della popolazione intera, rapita da una volgare tarantella. La sorella di Commodo, sconvolta, cerca di trattenere la folla posseduta dall'insensatezza e dall'insania, ma non ci riesce: la disgregazione della Città Eterna procederà comunque senza che nessuno possa fare alcunché anche soltanto per rallentarla. Il simbolismo della scena è tanto efficace da far quasi dimenticare difetti quali la riscrittura del passato nell'ottica della politica contemporanea.
Un documentario di Alberto Angela
Ricordo di aver visto un documentario di Alberto Angela sull'antica Roma in cui era utilizzato uno spezzone del film di Anthony Mann doppiato in latino. Commodo parlava con Lucilla e sguazzava in una piscina. In queste sequenze la pronuncia attribuita all'Imperatore e alla sorella era quella ecclesiastica seguita nelle scuole, piena zeppa di suoni postalveolari. Il figlio di Piero Angela non trovava nulla di strano in tutto questo e non si poneva il problema nemmeno per un secondo, dando per buone le stronzate insegnate dal sistema scolastico italiano e credendole rappresentative della realtà della Roma Imperiale di Marco Aurelio. La Scienza è più settoriale e schizoide di quanto si possa pensare: è possibile sapere tutto sulle palle del triceratopo e ignorare che la gestazione di una femmina umana dura nove mesi. Si assiste alla proiezione dell'apprendimento scolastico acritico, non vagliato dalla Scienza e proiettato all'infinito nel passato. Non che Mann se la passasse meglio: in un lungo brano non doppiato si assiste a un lungo discorso in cui i nominativi dei personaggi sono pronunciati in modo ben più assurdo di quanto possa fare un prelato della Chiesa di Roma: si tratta della pronuncia accademica anglosassone, di cui avremo modo di parlare in altra sede. Finora non sono riuscito a capire se lo spezzone in latino ecclesiastico utilizzato da Alberto Angela sia stato realizzato a bella posta per il documentario o se esista davvero una versione completa del film in tale lingua.
Reazioni nel Web
In genere il kolossal di Anthony Mann è stigmatizzato e ritenuto paccottiglia da una buona parte degli internauti che sono a conoscenza della sua esistenza. Non sono rare le stroncature. Segnalo questa recensione in controtendenza, più che entusiastica, scritta da Giuseppe Lippi e comparsa su Filmtv.it:
Ottima recensione, Marco, che offre spunto per numerose e sfaccettate riflessioni.
RispondiEliminaLa prima cosa che m'è venuta in mente, leggendo le tue impressioni, è un altro colossal in peplo che fu aspramente stroncato dalla critica: il Caligula di Tinto Brass e Bob Guccione. Al contrario della gran parte di tali pallicole, anziché eliminare i riferimenti erotici lí essi avevano il ruolo centrale, e, a giudicare da tante recensioni forse prendevano il sopravvento sulla stessa trama. Non so che dire non avendolo mai visto, ma sarei curioso di sentire altre opinioni al riguardo.
Non stupisce tuttavia, che né per esso né per l'opera di Anthony Mann ci sia stata tanta aspra critica. L'idea che la Roma antica fosse corrotta, disordinata e sporca sembra inaccettabile ai piú. Ricordo ancora quando ero ancora al liceo e sfogliando il versionario mi capitò un passo di Seneca in cui egli lamentava di come i suoi concittadini si lasciassero rimbecillire dalle corse di bighe e della corruzione onnipresente. L'antico filosofo scriveva della Roma antica ed essa era tanto simile a quella moderna da far sembrare incredibile che esse fossero separate da quasi duemila anni.
Quanto alle convinzioni nordiciste queste sono ancora ben vive nel mondo anglosassone e nordico in generale, come ho avuto piú volte modo di constatare in rete. Semplicemente sono espresse in maniera ben piú velata. Ovviamente c'è anche chi non se le beve piú per fortuna, ma non mi sento di dire che costoro siano la maggioranza.
Quanto agli altri, beh, se per caso non bastassero l'archeologia, la genetica e le fonti storiche, direi che quanto Schopenhauer espresse circa il nazionalismo si può applicare bene anche a chi pensa, in Italia o altrove, di vivere della luce riflessa dell'impero romano:
"Ogni miserabile babbeo, che non abbia al mondo nulla di cui poter essere orgoglioso, si appiglia all'ultima risorsa per esserlo, cioè alla nazione cui appartiene: in tal modo egli si rinfranca ed è ora pieno di gratitudine e pronto a difendere con le unghie e con i denti tutti i difetti e tutte le stoltezze caratteristiche di quella nazione."
Rileggendomi noto di essermi espresso in termini forse eccessivamente miti. Ci tengo a precisare che nutro per il nordicismo il piú assoluto disprezzo, cosí come per tante altre teorie di superiorità di fantomatiche razze, siano esse l'Afrocentrismo, il Turanismo o chi piú ne ha piú ne metta.
RispondiEliminaCiao Itikar! Grazie dei tuoi interventi e dell'apprezzamento. Nemmeno io ho visto il Caligola di Tinto Brass, ho solo sentito un aneddoto sul fatto che il regista intendeva offrire una parte a Bud Spencer. Quando questi seppe che avrebbe dovuto comparire nudo in una piscina e farsi morsicare le chiappe da alcuni bambini, si ritrasse inorridito e rifiutò la parte. Non so poi se tale ripugnante scena sia stata recitata da qualcun altro o se sia stata tagliata. Quando avrò visionato il film lo recensirò certamente, anche perché l'abnorme figura di Caligola riscuote in me un certo interesse e sono curioso di vedere come è stata trasposta nel film.
RispondiEliminaQuello che più desta in me scandalo nel cosiddetto "nordicismo" e in altre simili costruzioni è la sua stridente lontananza dalla realtà dei fatti, che gli fa travalicare ogni limite del grottesco. Eppure possediamo una serie di busti e di statue che ritraggono in modo molto realistico numerosi personaggi dell'antica Roma. Eppure quando si tratta di girare un film, ben raramente ci azzeccano, non tentano nemmeno di trovare un attore che somigli a un dato personaggio storico le cui fattezze ci sono note: trovano più conveniente assecondare l'ignoranza del popolino. I problemi sono ben più gravi quando siamo di fronte al mondo accademico che si prostituisce alla politica e altera la Storia per compiacere chi eroga capitali allo scopo.