mercoledì 16 luglio 2014


I GIGANTI DI ROMA
(1964) 


Altri Titoli: The Giants of Rome 
Genere: Storico - Avventura 
Anno di Produzione: 1964 
Durata: 95' 
B/N - Colore 
Distribuzione: Variety Film 
Produzione: Devon Film - Radius Production 
Regia: Antonio Margheriti (Anthony Dawson) 
Soggetto: Ernesto Gastaldi, Luciano Martino 
Sceneggiatura: Ernesto Gastaldi, Luciano Martino 

Interpreti: 
Richard Harrison: Claudio Marcello
Wandisa Guida: Livilla
Ettore Manni: Castore
Philippe Hersent: Druso
Rulph Hudson: Germanico
Nicole Tessier: Edua
Goffredo Unger: Varo
Renato Baldini: Druido
Piero Lulli: Pompeo
Alessandro Sperlì: Giulio Cesare
Aldo Cecconi: Briano
Maurizio Conti:
Alberto Dell'Acqua: Valerio
Jean Claude Madal:
Renato Montalbano:
Claudio Scarchilli:
Gianni Solaro: Cicerone


Doppiatori italiani:
Sergio Fantoni: Richard Harrison
Nando Gazzolo: Ettore Manni
Mario Pisu: Philippe Hersent
Mario Feliciani: Renato Baldini
Sergio Graziani: Rulph Hudson
Renato Turi: Goffredo Unger
Vittoria Febbi: Nicole Tessier
Giorgio Capecchi: Aldo Cecconi
Emilio Cigoli: voce narrante


  

Trama (http://www.comingsoon.it/):

Alla vigilia di sferrare l'attacco decisivo contro Vercingetorige, Giulio Cesare incarica Claudio Marcello ed altri tre suoi legionari di individuare e distruggere una grossa catapulta costruita dai Druidi. I valorosi sono però fatti prigionieri. Riescono comunque a fuggire e Claudio Marcello condurrà a termine la rischiosa impresa affidatagli, distruggendo la micidiale macchina proprio mentre i due eserciti avversari stanno per iniziare la battaglia. Dopo la vittoria dei Romani, elogiato da Giulio Cesare per il suo ardimento Claudio Marcello si recherà a Roma insieme con la donna che ama.
 
Recensione:
 

Un film grottesco oltre ogni limite, che con la realtà storica non ha proprio nulla a che vedere. Tutto è distorto dall'ideologia fino ad apparire irriconoscibile. Anche l'aspetto fisico dei popoli coinvolti è del tutto inverosimile, tanto da rasentare il ridicolo. I Romani sono giganti biondi dagli occhi azzurri, dai corpi gonfi di muscoli imponenti, che sembrano usciti dalle fantasie di un propagandista del III Reich. In pratica si insinua che gli Americani siano i diretti discendenti di Roma, una stirpe di superuomini destinati a dominare il mondo con pugno di ferro e randello. I Galli sono invece descritti come maligni asiatici rachitici, scuri di capelli, dagli occhi piccoli e neri come la pece, con la pelle itterica e untuosa, i corpi gobbi, malaticci e smagriti. I Druidi sono addirittura abitatori nel sottosuolo, definiti con infinito disprezzo "talpe", che aborriscono la luce del sole come i ratti, i nottoloni e i vampiri. Non contenti di questo scempio, gli ideatori della stravagante pellicola hanno fatto propria la dottrina di Origene secondo cui ogni anima ha il corpo che si merita. Così i Romani giganteschi e fieri incarnano il detto "mens sana in corpore sano": oltre ad avere nel cuore soltanto nobili sentimenti, non soffrono di malattie di sorta, non sono afflitti da alcun disturbo metabolico, mangiano e digeriscono anche i sassi, cagano liscio come l'olio stronzi perfetti che non lasciano traccia di sporco sull'ano, tanto da non abbisognare di carta igienica per pulirselo. Per contro i poveri Celti concepiscono unicamente sentimenti avvelenati e sono mossi in ogni loro azione da perversa, insensata crudeltà. Complottano nelle tenebre di cunicoli e spelonche come larve e fantasmi. Sono così perfidi perché puzzano come cadaveri e nessuna donna vuole avere contatti con loro. Stoltamente si rifiutano di riconoscere la supremazia dei Romani, che non sono invasori, ma portatori di bellezza e di salute, di bontà e di altruismo: la loro missione è quella di inondare le Gallie di pensiero positivo e di gioia di vivere. I giganti di Roma sembra l'incarnazione dei più deleteri stereotipi propagandistici bellici, stranamente rivolti contro le genti del ceppo celtico. Se si considera il film come storico non si può arrivare a capire le motivazioni di questo feroce quanto gratuito razzismo. Tutto diventa chiaro se si ammette che Antonio Margheriti - conosciuto anche con lo pseudonimo americano di Anthony Dawson - intendesse trasportare nel contesto dell'antica Roma una trama tipica di film di guerra americani, come ad esempio I cannoni di Navarone, senza nessun intento ostile nei confronti di popoli che neanche conosceva: se così fosse i Galli si sarebbero trovati come capri espiatori, il loro nome ridotto a mera etichetta di tutto ciò che esiste di turpe. Resta ben chiaro l'impianto americano dell'opera, tutta infarcita di stilemi tipici di oltreoceano. Basta guardare qualche scena per capire molte verità scomode. I cosiddetti "Liberatori" si nutrivano di un sottobosco fatto di suprematismo e di razzismo che nulla aveva da invidiare alle dottrine della Germania di Hitler, e nel dopoguerra lo hanno liberamente irradiato nella loro produzione cinematografica. Mentre i vertici del Partito Nazionalsocialista venivano processati a Norimberga e condannati a morte, ecco che i vincitori potevano continuare imperterriti a propagare tramite i media idee non troppo diverse da quelle che avevano deciso di estirpare con il ferro e con il fuoco, con buona pace dei decerebrati rimbambiti dalla propaganda scolastica che non sanno nemmeno riconoscerle quando se le trovano di fronte.

2 commenti:

Massimo ha detto...

Di esempi e "film" (film?) così ne son piene le cineteche, passate e presenti. E non solo riguardo vicende inerenti l'impero romano (sic)
Sono tanto falsi, vuoti e superficiali da apparire ridicoli..ma tant'è...  alla fine incassano pure e a moltissime persone piacciono (e piacevano).
Di un'ignoranza totale, disgustosa e tanto più irritanti quanto più, nella loro pretestuosità, vogliono (persino) apparire credibili.
Concordo anche in pieno con la tua ultima illuminante considerazione.
E paradossalmente aggiungo, o dico con altre parole, che Hitler... in realtà..la guerra l'ha vinta.
Inquietante... forse.
Però, caro Antares, puoi inutire che non condivido (per altro e fuori post) la tua concezione del Male... metafisico.
Ritengo, in breve, sia interamente sociale.. a parte gli istinti primari di sopravvivenza (alimentazione e riproduzione) mai controllabili del tutto.
(E la stessa società, poi, ha del marcio, evidente ed incontestabile, di suo.
Anche la Natura segue le sue "spietate" leggi e noi con essa)
Se il "male" risiede in essi..posso accettarne le sfaccettature.
Oltre... no. O se sì.. sempre con riserva.
E sempre considerando che tutto ciò che definiamo (persino attraverso i sensi) è sempre veicolato da un sapere ed un'esperienza soggettiva.
Ergo fallace di natura.
Una monade rimane una monade e noumeni, fenomeni o epifenomeni rimangono meramente "parole" senza un sapere che esiste prima della nostra stessa nascita e, soprattutto, senza alcuna relazione al sapere di altri (presenti o passati... "morti").
Finanche "il filo a piombo della scienza" può cambiare nei luoghi e, soprattutto, nei secoli (a venire..e se ci saranno secoli).
Il metodo forse no (forse).
L'avvento del virtuale,infine (del quale viviamo una fase pre-istorica, e pur se i soliti idioti pensano di vivere sempre e comunque nel migliore dei mondi possibili) stravolgerà ulteriormente ogni presente definizione o "certezza".
(E, temo, in peggio)
Ciò che vedo però, a prescindere dalle nostre (piccole ed irrisorie. E tali in confronto a ben più grossi dilemmi) possibili divergenze.. è il generale impoverimento della Cultura e uno spegnersi lento del senso Critico.
La gente, o almeno gran parte di essa, non ha più ormai nemmeno tempo materiale per "approfondire" alcunché, perché il sistema (o chiamalo come vuoi) sta assorbendo pervasivamente ogni minimo ritaglio (di spazio e di tempo, appunto), con un bombardamento continuo di spots, insulsaggini e informazioni (vacue e sempre cangianti..ed in quanto tali.. inutili ai fini di una comprensione, non solo "multidisciplinare", ma persino elementare) da non lasciare più (o tendere a non lasciarne abbastanza) spazio ad un pensiero che una volta si sarebbe detto ""complesso".
 
Stiamo (o chi altri?... Certo..i soliti..sicuramente) creando da soli una ragnatela, nella e sulla quale non siamo i ragni, ma le mosche.
 

Antares666 ha detto...

Natura è un altro nome del Male. Non siamo suoi figli, ma suoi prigionieri.