Visualizzazione post con etichetta lingua georgiana. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta lingua georgiana. Mostra tutti i post

sabato 15 dicembre 2018

NOTE SUL LAVORO DI VERHASSELT

Gertjan Verhasselt (Ludwig-Maximilians-Universität München) è l'autore dell'articolo The Pre-Greek Linguistic Substratum - An Overview of Current Research, apparso su Les Études Classiques 77 (2009), pag. 211-239. L'articolo è liberamente consultabile e scaricabile al seguente link:


Anche un altro articolo dello stesso autore, The Pre-Greek linguistic Substratum - A Critical Assessment of Recent Theories è presente nel sito Academia.edu, consultabile e scaricabile liberamente al seguente link:


Questo è l'abstract del primo articolo di Verhasselt, da me tradotto dal francese:

La questione della lingua pre-ellenica non ha smesso di attirare l'attenzione dei filologi e dei linguisti a partire dalla fine del XIX secolo. La ricerca attuale si focalizza sullo studio degli elementi del vocabolario greco il cui aspetto esteriore non si conforma alle leggi fonetiche riconosciute. Questo articolo ha per obiettivo passare in rivista le principali teorie linguistiche difese durante gli ultimi tre decenni. Cominciamo il nostro esame con i rappresentanti della vecchia teoria pelasgica, che ricostruiscono il pre-ellenico come una lingua indoeuropea dotata di fonetica particolare. Una seconda corrente di ricerca intende spiegare gli elementi stranieri del vocabolario greco come residui di un sostrato anatolico-luvio. Una terza teoria, che definiamo "egea", si rivela attualmente la più importante: secondo i suoi aderenti, il pre-ellenico è una lingua la cui origine non è indoeuropea né semitica. Infine, la teoria kartvelica è stata elaborata più recentemente delle altre; i suoi difensori identificano il pre-ellenico in larga parte come una lingua kartvelica o sud-caucasica. Questo ha aperto i termini per l'esame di alcuni problemi centrali che incontra la ricerca linguistica del sostrato pre-ellenico. 

Questo è l'abstract del secondo articolo di Verhasselt, sempre da me tradotto:  

Un precedente articolo apparso su Les Études Classiques, aveva presentato diverse teorie recenti sul pre-ellenico (teorie dette "pelasgica", "anatolica", "egea" e "kartvelica"); esse sono qui confrontate sulla base di una selezione di problemi etimologici (specialmente le etimologie di πέλεκυς, di τύμβος, di σῑγή / σῐωπή, di ἀγαθός e del suffisso -νθος). Sono le teorie "egea" e "kartvelica" ad essere le più produttive, anche se pongono ancora diversi problemi metodologici. Le parole più problematiche sono quelle che potrebbero essere state adottate da una lingua semitica e le glosse di Esichio. Inoltre, in qualche caso, una spiegazione all'interno del greco o un'interpretazione indoeuropea sembrano preferibili al postulato di un'origine pre-ellenica.    

Il pelasgico di Georgiev 

La teoria pelasgica fu fondata dal linguista bulgaro Vladimir Ivanov Georgiev (1908-1986) negli anni '40 del XX secolo. Nel suo libro Introduction to the History of Indo-European Languages (1981) egli dedicò un capitolo alla lingua pelasgica, concepita come sostrato indoeuropeo pre-ellenico, cosa che gli attirò feroci critiche. In tale trattato, analizzò diverse voci problematiche della lingua greca, riconducendole alle seguenti mutazioni fonetiche dall'indoeuropeo: 

1) IE *e si conserva, tranne che prima di *nt(h) atono, nel qual caso
    > i
2) IE *o > Pelasg. a
3) Sonanti IE:
   *ṛ, *ḷ, *ṇ, *ṃ > Pelasg. ur / ru, ul / lu, un / nu, um / mu
    rispettivamente
4) Rotazione delle occlusive IE:
   IE *p, *t, *k > Pelasg. ph, th, kh
   IE *b, *d, *g > Pelasg. p, t, k
   IE *bh, *dh, *gh > Pelasg. b, d, g
5) Assibilazione satəm delle palatali IE:
   IE *k' > Pelasg. s, θ
   IE *g', *g'h > Pelasg. z, ð (d)
6) Delabializzazione delle labiovelari IE:
   IE *kw, *gw > Pelasg. k, g
7) Conservazione di IE *s (in posizione iniziale e intervocalica)
8) Dissimilazione delle aspirate: 
    (es. IE *bh...gh... > *b...gh... > p...g...)
9) IE *s- > Pelasg. s- 

Alcune etimologie di Georgiev sono riportate da Francisco Villar nel suo volume Gli indoeuropei e le origini dell'Europa: lingua e storia (1991). Il linguista spagnolo non ha nascosto il fascino esercitato su di lui da questa ipotesi, arrivando a trovare alcune di queste etimologie "brillanti e irresistibili". A quanto sono riuscito a ricostruire, il glossario originale di Georgiev è quello riportato da Cyril Babaev in una sua pagina (con una grezza traslitterazione). Lo propongo in questa sede, con le parole in caratteri greci e aggiungendovi le radici indoeropee a cui sono state fatte risalire: 

ἀλείφω  "io ungo"
   IE *leip- "ungere"
ἀσάμινθος "vasca da bagno"
    IE *ak'men- "pietra", donde *ak'men-to- "fatto di pietra"
ἄστυ "città"
    IE *
astu- "costruzione; dimora"
ἀτέμβω "io offendo"
    IE *dhembh- "maltrattare"
ἄφνος "ricchezza, abbondanza"
    IE *op- < *h3ep- "frutto del lavoro" (cfr. lat. ops, opulentus)
βαλιός "pezzato, macchiato (di bianco)" (1) 
    IE *bhel- "bianco, splendente"
βρέτας "statua, immagine di legno"
    IE *bherdh- "tagliare, incidere" (2)
γαῖα, γῆ "terra, paese"
    IE *g'hdhom- "terra"
δεύω "io irrigo"
    IE *dheu- "correre, fluire"
δύναμαι "io posso"
    IE *dheu- "scuotere; muovere", sanscr. dhūnāti "egli scuote; egli
    fa marciare" (> "egli forza" > "egli è potente") (3)  
εἴκω "io mi ritraggo"
    IE *weig- "evitare, cedere" (cfr. sanscr. vijate "fugge")
ἔλαιον "olio"
    IE *lei- "versare; ungere", donde *loi-
o- "olio"
θεράπνη "dimora" (4)
    IE *treb- / *t
b- / *terəb- "abitazione"
ἴδη "foresta"
    IE *
idhu- "legno"
λάχη "pozzo"
    IE *laku- "corpo d'acqua"
νεώς "tempio"
    IE *nes- "vivere", donde
*nas-o- "dimora (degli Dei)" (5)
πύνδαξ "fondo di vaso"
    IE *bhundh-
< *bhudhn- / *bhudhm- "fondo"
πύργος "torre"
    IE *bh
g'h- "alto" (6)

(1) Tradotto con "bianco" da Babaev.
(2) Con ipotesi ad hoc di dissimilazione inversa *bherdh- > *bherd- > bret-.
(3) Si converrà che la forzatura semantica è assai poco convincente. Meglio collegare il verbo greco al latino bonus < lat. arc. duenos < *d
en- "buono; forte". 
(4) Significa anche "ancella".
(5) Il derivato in questione non è in realtà attestato in nessun'altra lingua IE: l'etimologia è a dir poco forzata
(6) Georgiev presuppone *bh
gh-, in contrasto con la postulata assibilazione di -g'h- in pelasgico.

In realtà le etimologie proposte dall'autore in questione sono più numerose. A titolo di esempio possiamo aggiungere le seguenti:

ἔτνος "zuppa di legumi"
    IE *ed- "mangiare"
ὄμβρος "tempesta di pioggia" 
    IE *bhro- "pioggia" (cfr. lat. imber
σέλας "luce, splendore" 
    IE *sel- "splendore"
σῖτος "grano"
   IE *k'
eid- "bianco" (cfr. got. ƕaiteis "frumento")
σς "scrofa"
    IE *su:- "maiale"
τερέβινθος "terebinto"
    IE *deru- "legno, albero", donde *der
-ent-
τύμβος "tomba"
    IE *dhṃbh- "tomba"
τύρσις "torre"
    IE *dherg'h- "essere forte" 
φιαρός "pingue"
    IE *pei̯ə-, *pi(:)- "grasso"
φύλαξ "guardiano"
   IE *pol-okw- "che guarda la porta" (*)
 
(*) La radice "IE" del primo membro del composto è stata desunta in modo abusivo dal greco πύλη "battente della porta", in realtà di origine ignota. A parer mio è parente dell'etrusco culs-cva "porte", Culsans "Giano", Culsu "Custode della Porta" (un demone femminile) < *kwVl- "porta".

Anche se Verhasselt non cita la questione, una delle teorie georgieviane più notevoli - tanto da sembrare ispirate da un daimon socratico - sembrava aver offerto una soluzione all'annoso problema dei termini pre-ellenici per indicare tipi di danza. 

ἴαμβος "giambo"
   IE *d
i- "due" + *angw- "passo di danza"
θρίαμβος "inno a Dioniso"

  IE *tri- "tre" +
*angw- "passo di danza"
δι
θύραμβος "ditirambo" 
  IE *kwetu̯or- "quattro" +
*angw- "passo di danza"

Per l'elemento *angw-, Georgiev era convinto di aver trovato un valido parallelo nel sanscrito aṅga- "passo di danza" (di etimologia sconosciuta) - anche se con più senno in successivi studi di altri autori l'elemento -amb- è stato ritenuto un mero suffisso pre-ellenico.  
 
Revisioni di Hamp e Witczak 

Eric P. Hamp, maggiore proponente della teoria pelasgica negli anni '80 e '90 dal XX secolo, ha revisionato il lavoro di Georgiev, accettandone molti postulati, ma ritenendo il pelasgico una lingua centum anziché una lingua satəm, forte dell'etimologia di vocaboli come πύργος "torre" (la forma IE è *bhg'h- con palatale, non semplicemente *bhgh-). Questo però farebbe perdere l'etimologia IE di ἀσάμινθος "vasca da bagno", a meno che non si pongano due diversi sostrati, uno centum e l'altro satəm. Krzystof T. Witczak si è cimentato nell'analisi delle glosse di Esichio, che contengono molto materiale pre-ellenico di estremo interesse, facendo i salti mortali per ridurre all'indoeuropeo lessemi come i seguenti: 

χνυλα "noci"
     ricondotto a IE *h2knud- "noce"
θρινία "vite" (Vitis vinifera)
     ricondotto a IE *(s)tṛn- "rigido" 
βήλα "vino"
     ricondotto a IE *gwhe:la: "vino"

Sulla natura indoeuropea di *gwhe:la: c'è molto da ridire, nonostante forme derivate si trovino sia in greco che in sanscrito. Si tratta evidentemente di un remoto prestito da una lingua sconosciuta, dato che sembra indoeuropeo come la parola mafia sembra inglese.

Revisioni di Van Windekens

Continuando sul cammino aperto da Georgev, Albert Joris Van Windekens (1915-1989) ha aggiunto numerose altre etimologie pelasgiche. Tra queste, alcune sono riportate dallo stesso Villar, che ne fa grandi lodi:

βαλανεῖον "stabilimento di bagni"
   IE *bhe:- "scaldare"
   (Villar ha *bhə2no- "bagno caldo")  
βασσάρα "volpe"
   IE *bhaghi-oro- "che mangia uccelli"
γαλλία "intestini"
   IE *ghol- "bile"
ταμί
ς "servo domestico"
   IE *dom- "casa" 

L'etimologia proposta per la parola indicante la volpe è cervellotica e non convince; probabilmente βασσάρα è una glossa di origine libica, che meriterebbe in ogni caso ulteriori ricerche. Invece è importantissima l'etimologia della parola indicante il servo domestico. Infatti la parola all'origine di ταμίας è attestata in etrusco nel testo parlante tesinθ tamia-θura-s "curatore dei servi domestici" (su un affresco etichetta un uomo collerico che sorveglia alcuni infelici cuochi). La radice spiega inoltre due importanti vocaboli etruschi: tamera "tomba, camera sepolcrale", tmia "tempio". Mi sembra chiaro l'iter dell'indoeuropeo *dom-, preso a prestito come *tam-, forse già in proto-tirrenico.

Verhasselt, che sembra poco interessato all'etrusco, cita un lavoro di Van Windekens, il Dictionnaire étymologique complementaire de la langue grecque, la cui prima pubblicazione risale al 1986, specificando che era inteso come un'integrazione ai lavori etimologici di P. Chantraine e di H. Frisk. A quanto riporta Verhasselt, Van Windekens con questo dizionaro etimologico ha iniziato a dissociarsi dall'idea stessa di sostrato pelasgico. Al termine del suo percorso, è giunto a considerare le parole oscure della lingua greca come oscurate nella loro genuina etimologia da complessi sviluppi fonetici come assimilazioni, dissimilazioni, aplologie, metatesi, aferesi e via discorrendo. Tuttavia Verhasselt nella sua discussone riporta un'interessante etimologia pelasgica di Van Windekens, rimasta nel Dictionnaire étyologique:

σοφός "sapiente, intelligente"
   IE *sup-, grado ridotto di *swep- / *swop- "dormire"

Questa trovata si fonda sull'idea della sapienza ottenuta come ispirazione tramite il sogno, assai comune nell'antichità. Ciò che rende questo etimo poco credibile è un fatto molto semplice: in greco si trova anche un altro elemento di sostrato collegato a σοφός, ossia σαφής "chiaro, facile, distinto" (donde l'avverbio σάφα "chiaramente, facilmente, in modo distinto"), che non può risalire alla radice indoeuropea citata, per motivi fonetici. Le possibilità di imbattersi in allucinazioni cognitive è elevatissima quando si gioca col rumore di fondo dell'Antichità defunta.

La teoria anatolica 

Nel 1980 Leonard R. Palmer ha trattato lo spinoso problema della preistoria della lingua greca nel suo lavoro The Greek Language. La sua idea portante era quella dell'identificazione del sostrato pre-greco con la lingua luvia. Il fondamento principale consisteva nell'identificazione dei suffissi -νθ-, -σσ- / -ττ- e -υννα con importanti suffissi anatolici: -anda / -wanda, -ašša e -unni- rispettivamente. Quest'ultimo suffisso deriva da una protoforma -*uwan-, contratta in -unni- in luvio, mentre in hittita si è evoluta in -uman-, -umana-, -umna-, -umma. Anche il suffisso -umn- è ben noto nella toponomastica ellenica, così Palmer ne dedusse che vari dialetti anatolici fossero parlati sul territorio. Potremmo aggiungere due toponimi di cui ci è comprensibile anche la radice: 

 1) Παρνασσός (Parnaso), che corrisponde alla perfezione al toponimo luvio Parnaššaš (derivato da parna- "casa");
  2) Πήδασος (Pedaso), che corrisponde alla perfezione al toponimo luvio Petaššaš (derivato da pata- "piede"). 

Non è difficile comporre una lista di parole greche che hanno corrispondenze anatoliche, ma risulta evidente che si tratta di prestiti, spesso risalenti a lingue della Mesopotamia. 

Ἀπόλλων "Apollo" : hittita Appaliunaš
δέπας "tazza; vaso" : luvio geroglifico tipaš "cielo; tazza"
     (cfr. hittita nēpiš "cielo; tazza") 
ἐλέφᾱς "elefante" : hittita lahpa- "elefante; avorio"
     (a sua volta da una lingua semitica)
κύανος "verderame" : hittita kuwanna- "rame", luvio kuwanza- id.
     (a sua volta dal sumerico)
κύμβαλον "cembalo" : hittita
huhupal- "strumento a percussione
     in legno"
κύμβαχος "elmo" : hittita kupahi- "coprcapo"
μόλυβδος "piombo" : lidio mariwda(ś)- "scuro"
ὄβρυζα "crogiolo" : hittita
huprušhi- "vaso"
τολύπη "gomitolo, palla di lana" : hittita taluppa- "zolla, gleba",
     luvio cuneiforme taluppa-, taluppi- id.

Le idee di Palmer sono state riprese agli inizi del nostro secolo da Margalit Finkelberg (Università di Tel Aviv), nel suo lavoro Greeks and Pre-Greeks (2005). L'autrice lamenta questo fatto: le lingue dell'Asia Minore, che erano inizialmente considerate non indoeuropee, sono state infine ricondotte all'indoeuropeo, mentre l'etrusco, il lemnio, il retico e il sostrato pre-greco continuano dal mondo accademico mainstream ad essere considerati non indoeuropei. Resta il fatto che la teoria anatolica non ha portato grandi frutti sul piano dell'intelligibilità del lessico pre-greco e della toponomastica, non andando molto oltre le identificazioni di pochi suffissi.

La teoria egea

La teoria egea ha il suo precursore nella teoria del sostrato mediterraneo. Il postulato fondante era che il pre-greco fosse una lingua non indoeuropea e non semitica, che si estendeva su larga parte del Mediterraneo. La tesi di dottorato di Eduard J. Furnée (Università di Leida), Die wichtigsten konsonantischen Erscheinungen de Vorgrieschischen (1972) è la pietra miliare: un volume ponderoso costato ben venti anni di lavoro, in cui sono analizzate 4.000 parole, tratte dal dizionario greco di H. G. Liddell e R. Scott, integrate con il lessico di Esichio.
Questi sono i criteri usati per l'attribuzione di un lemma al sostrato preindoeuropeo:
 
1) Occorrenza di certe variazioni fonetiche;
2) Mancanza di una buona etimologia indoeuropea;
3) Uso di certi suffissi e aree semantiche (es. parole tecniche o affettive). 

Queste sono le più importanti variazioni fonetiche riscontrate: 

1) Variazione tra occlusive sorde, sonore e aspirate;
2) Variazione tra occlusive labiali e μ, tra occlusive labiali (o μ) e ϝ, e tra occlusive dentali e σ(σ), ζ (assibilazione);
3) Inserimento di consonanti:
  - nasale secondaria davanti a occlusiva (nasalizzazione);
  -
σ secondaria prima di occlusiva velare o dentale (all'interno di
    parola);
  - inserimento di λ o ρ prima di consonante;
  - dentale secondaria dopo occlusiva labiale o velare;
  - inserimento di dentale prima di consoante velare o labiale;
  - s secondaria dopo di occlusiva labiale (π/β/φ ~ ψ);
  - inserimento di λ o ρ dopo occlusiva (all'interno di parola).

Nella prima appendice, l'autore analizza le variazioni vocaliche nelle voci pre-greche e i fenomeni di protesi vocalica, anaptissi, sincope.
Nella seconda appendice, sono menzionate le seguenti variazioni che non erano state discusse a fondo nel suo lavoro:

1) Variazione tra consonante singola e geminata;
2) Variazione tra liquide (
λ ~ ρ) e variazione tra dentali (inclusa ν) e liquide;
3) Variazione tra velari, labiali (inclusa
μ) e dentali; tra μ e ν;
4) Doppioni con e senza
σ iniziale prima di occlusive e μ (s mobile)
5) Doppioni con e senza κ/γ, τ/θ/δ, ν o λ prima di vocale;
6) Metatesi.

Oltre a connettere tra loro le parole elleniche prive di etimologia indoeuropea, Furnée ha tentato di trovare loro paralleli in altre lingue problematiche (basco, proto-hattico, hurritico, urartaico, lingue caucasiche, burushaski, etc.), pur astenendosi dal prendere posizione sulla precisa parentela genetica del pre-greco. Importanti contnuatori dell'opera di questo pioniere sono stati Raymond A. Brown (Evidence for Pre-Greek Speech on Crete from Greek Alphabetic Sources, 1985),  Robert S. P. Beekes e Frans B. J. Kuiper.

Per un approfondimento della fonologia del sostrato pre-greco rimando al mio articolo: 

NOTE SUL LAVORO DI BEEKES 

La teoria kartvelica

Si tratta di un filone di ricerca completamente nuovo, che connette il pre-greco alle lingue kartveliche, ossia sud-caucasiche (es. georgiano). Somiglianze tra il kartvelico e l'indoeuropeo sono state notate da lungo tempo: molti linguisti le considerano le isoglosse lessicali come presiti dall'indoeuropeo al kartvelico. Per contro, i propolenti della teoria kartvelica sono dell'idea che il flusso sia nella direzione inversa. Tutto è partito da un articolo del 1969 di Rismag Gordeziani, da cui E. J. Furnée ha preso ispirazione, divenendo il fondatore di questa teoria. Le critiche sono fondate soprattutto sulla nostra limitata conoscenza della diacronia delle lingue kartveliche. Furnée non si è scoraggiato e ha elaborato una ricostruzione innovativa della lingua proto-kartvelica, rinvenedo corrispondenze fonetiche regolari col materiale preindoeuropeo presente in greco. Si può a titolo di esempio segnalare la connessione tra il greco δαύω "io dormo" e il georgiano dev-, dv-, d- "giacere". Non si deve per questo credere che Furnée abbia rinnegato i suoi importanti lavori sul sostrato egeo: egli è infatti giunto a supporre l'esistenza di due diversi sostrati, di cui uno mediterraneo (chiamato anche tirrenico) e l'altro kartvelico. Importante è anche la considerazione dell'esistenza di rami occidentali del sostrato tirrenico, non kartvelico, che emergono come sostrati nelle lingue romanze e nelle lingue germaniche. Conto di approfondire gli studi di Furnée, di farne una review e di pubblicarne approfondimenti, pur consapevole di tutte le criticità presentate dalle lingue kartveliche.

Punti che rimangono aperti

Questo è un elenco di problemi tuttora sub iudice, alle quali urge una soluzione non ambigua: 

1) parole pre-greche che mostrano parallelismi in IE;
2) fonologia del pre-greco;
3) morfologia del pre-greco;
4) interpretazione delle variazioni fonetiche descritte da Furnée; 
5) unità del pre-greco. 

Sono incline a ritenere che alcune parole con parallelismi indoeuropei siano davvero prestiti remoti da qualche lingua scomparsa, integrati nel sostrato egeo, mentre altre saranno invece affette da false etimologie. Ad esempio, l'etimologia proposta da Georgiev per ἀσάμινθος "vasca da bagno" ha l'aria di essere il prodotto di un'allucinazione cognitiva. L'analisi della supposta protoforma IE *ak'men-to-s è certamente errata, dato che il suffisso -ινθο- - che si ritrova in moltissime altre parole - prova che la segmentazione corretta è ἀσάμ-ινθ-ος e non *ἀσάμιν-θ-ος. Inoltre il significato antico e centrale del presente vocabolo non è affatto detto che abbia a che fare con la pietra: potrebbe invece essere connesso al concetto di lavare o simili, il che invaliderebbe all'istante ogni speculazione brugmanniana. Insistendo con la ricerca di un'origine indoeuropea delle parole del sostrato pre-greco, si arriva ad inoltrarsi in una palude: per quanto si possano fissare regole fonologiche, si scopre che non possono essere generali, né è possibile risolvere ogni difficoltà invocando variazioni regionali. Basti considerare l'esempio di πύργος "torre", di cui esiste la variante φύρκος, ovviamente non considerata da Georgiev. Come Verhasselt fa notare, solo raramente gli studiosi hanno considerato la possibilità della contemporanea presenza di elementi indoeuropei e non indoeuropei nel materiale pre-ellenico: mi sento di dire che una simile partigianeria sia lontana dal vero spirito della Scienza e causata dalla deleteria impostazione di certi neogrammatici, che reputano le lingue indoeuropee come "moralmente superiori" alle altre e prive per necessità ontologica di qualsiasi commisitione con elementi estranei.

mercoledì 10 gennaio 2018

ECHI DEL BUDDHISMO IN OCCIDENTE


I SANTI BARLAAM E IOSAFAT:
BUDDHA NEL MARTIROLOGIO ROMANO

Tra gli innumerevoli testi che contribuirono a formare l'immaginario collettivo medievale ne esiste uno che ha origini più lontane di quanto non sospettassero i suoi lettori: il Romanzo di Barlaam e Iosafat. La storia è ambientata nel III o nel VI secolo nella remota India, dove il Re Abenner, pagano, perseguita con ferocia la Chiesa Cristiana fondata da San Tommaso durante il suo viaggio apostolico. Un indovino gli predice che il suo neonato figlio Iosafat è destinato a convertirsi al Cristianesimo e ad evangelizzare l'intero regno. Preso dall'orrore, Abenner decide allora di crescere il rampollo in un luogo isolato tra mille delizie, in modo che la vista degli orrori del mondo non possa mai spingerlo a meditare sulla morte e sul dolore. Tutte queste precauzioni risultano però vane: l'eremita Barlaam di Senaar riesce a raggiungere Iosafat nella sua prigione dalle sbarre dorate, e gli mostra che esistono malattia, vecchiaia e morte. Lo converte al Cristianesimo servendosi di riflessioni filosofiche e lo conduce con sé nel suo eremo. Saputo questo, il Re Abenner manda a Iosafat il mago Teuda perché lo perverta e lo corrompa, facendolo desistere dal suo insano proposito. Ma Iosafat riesce a convertire Teuda. Ritorna al Palazzo e converte anche il padre. Questi abdica subito in suo favore per ritirarsi nel deserto e vivere da anacoreta. Iosafat lascia a sua volta il potere per raggiungere il santo Barlaam nella sua cella.


Nel Romanzo è contenuta la descrizione poetica di una visione, la cui origine è fenicia. Un uomo, per fuggire da un terribile unicorno, cade in una fossa e si mette in salvo afferrando un albero, solo per accorgersi con orrore che le radici sono rosicchiate da una talpa bianca e da una nera. In fondo al baratro un immane dragone si prepara a divorarlo, e quattro serpi si muovono sul terreno. A questo punto l'uomo si accorge che l'albero secerne stille di miele che lo narcotizzano e gli fanno obliare l'amaro destino che lo attende. Distratto dall'ebbrezza, egli si scorda del pericolo mortale e precipita. L'unicorno è la Morte, la fossa il Mondo, l'albero è la Vita, le due talpe il Giorno e la Notte. Il dragone è l'Inferno, i serpenti sono i Quattro Elementi. Le gocce di miele sono i piaceri terreni, che impediscono al gaudente la percezione della morte.

La narrazione agiografica della vita di Barlaam e Iosafat era ritenuta opera di S. Giovanni Damasceno e fedele alla realtà storica. Nel secolo XIII le fu data immensa risonanza da un agiografo famoso: Jacopo da Varagine. Nella sua Legenda Aurea, egli raccoglie questa lontana tradizione divulgandola. Anche il suo contemporaneo Vincenzo di Beauvais ne parla in forma più estesa nel suo Speculum Historiae. Se ne trovano molte versioni in latino e in volgare, in prosa come in poesia. Si conosce persino una versione in lingua islandese del XV secolo. Il principe indiano e l'eremita di Senaar non furono mai formalmente canonizzati dalla Chiesa di Roma, ma risultano inclusi nelle versioni più antiche del martirologio romano, che fissava la loro festa il 27 novembre. La Chiesa Greca Ortodossa tuttora li venera (il nome Iosafat è riportato come Ioasaph), e li festeggia invece il 26 agosto.


Chiunque abbia anche una minima conoscenza di Buddhismo, rimarrà stupito dalla somiglianza tra la vicenda di Barlaam e Iosafat e la vita del Principe Siddhartha Gautama, più noto come il Buddha. Le analogie sono così numerose e profonde da non poter essere liquidate come coincidenza. Gli studiosi sono riusciti a provare questa origine e ad attribuire l'opera ritenuta in precedenza di Giovanni Damasceno a un monaco georgiano di nome Eutimio, che la scrisse nell'XI secolo. A sua volta Eutimio utilizzò come fonte scritti in arabo e in georgiano aventi come argomento proprio la vita del Buddha. Il nome che nei codici buddhisti è attribuito al Principe Gautama prima dell'Illuminazione è Bodhisattva, termine sanscrito che si corruppe in Bodisav, giungendo con questa forma nel territorio dell'attuale Afghanistan per poi entrare in persiano come Bodasif e in arabo come Budhasaf. Alcuni copisti arabi invece della lettura Budhasaf utilizzarono Yudasaf per via di un errore di trascrizione: la lettera che rappresenta la b- se scritta on un puntino sottostante, diventa invece la y- se scritta con due. Così Yudhasaf passò in georgiano come Iodasaph (X secolo) per diventare infine Ioasaph, Iosafat.

La fonte ultima è un testo usato dai Manichei che in seguito passò ad ambienti islamici con il titolo di Kitab Bilawhar wa-Yudasaf (ossia Libro di Bilawhar e Yudasaf), diffuso a Baghdad nell'VIII secolo.

mercoledì 22 febbraio 2017

ALCUNE CONSIDERAZIONI SCETTICHE SUGLI IPERPOLIGLOTTI



Il contadino che conosce 100 lingue: "Ricordatemi per il mio lavoro, non come fenomeno"
Riccardo Bertani, 86 anni, dopo le elementari ha studiato da autodidatta idiomi dimenticati: dal mongolo alle lingue siberiane, pubblicando oltre 1000 volumi. La sua casa è diventata un Fondo e lui invita gli appassionati di lingue scomparse ad andarlo a trovare

di GIACOMO TALIGNANI
(continua a leggere

L'articolo in questione, pubblicato su Repubblica, ha destato il mio vivo interesse, come tutto ciò che di straordinario e di mirabolante ha a che vedere con i misteri del linguaggio umano. Già qualche tempo prima mi ero imbattuto nella figura di Riccardo Bertani da Campegine nel corso di alcune mie letture sugli iperpoliglotti, persone che parlerebbero fluentemente un gran numero di lingue. La definizione di iperpoliglotta spesso cambia a seconda degli autori, ma potremmo ritenere tale, senza timore di smentite, una persona in grado di padroneggiare almeno dieci lingue.   

Wikipedia elenca un certo numero di poliglotti e di iperpoliglotti a partire dall'Evo Antico e dal Medioevo per arrivare a tempi più recenti, fornendo per ciascuno la data di nascita e di morte, annotando brevemente molti nominativi con qualche dettaglio biografico. Si parte da Mitridate, Re del Ponto, che gli Antichi ci dicono fosse capace di amministrare la giustizia nelle ventidue lingue parlate nel suo regno, passando per Federico II di Svevia, soprannominanto Stupor Mundi, percorrendo secoli e giungendo infine a soggetti ancora viventi, come l'attore Viggo Mortensen - che a quanto pare parlerebbe soltanto sei lingue.


Non è certo mia intenzione negare a priori l'esistenza del fenomeno dell'iperpoliglottismo. Semplicemente non posso evitare di nutrire qualche dubbio. Nella sostanza, sento di essere profondamente scettico. Cominciamo con l'analizzare alcuni contesti in cui più facilmente possono trovarsi soggetti in grado di parlare diverse lingue. Presso le popolazioni in cui si ha convivenza di lingue diverse, spesso da secoli, è naturale che si sviluppi una certa capacità di parlare o almeno di comprendere diversi idiomi oltre al proprio. Posso citare i seguenti casi:

1) Gli Israeliti sono abituati a parlare diverse lingue e ne apprendono facilmente di nuove. Non per nulla sono spesso chiamati cosmopoliti dai gentili. In non pochi casi le loro famiglie sono composte da coniugi di diversa origine. Rammento i signori S., che conobbi a Sassello e che ormai sono defunti (Z''L). Il capofamiglia proveniva dall'Austria e parlava tedesco, oltre allo Yiddish. Sua moglie era di origine turca e conosceva il turco, il tedesco e lo Yiddish. Entrambi si esprimevano in un buon italiano e parlavano l'ebraico in modo fluente, tanto che intercalavano i loro discorsi con parole ed espressioni di tale lingua (e si mostrarono sommamente inquieti quando diedi prova di capire quello che dicevano). 
2) I Cinesi apprendono facilmente per motivi di affari lingue assai diverse dalla propria nella fonetica e nella struttura. Possono trovare utile apprendere anche lingue in via di estinzione, al punto che ho potuto udire un cinese rispondere a tono in perfetto brianzolo alle provocazioni di T., un anziano parlante di quel dialetto gallo-italico. Accadde in un ristorante cinese. Comportandosi da cafone, T. aveva borbottato qualcosa come "U mangià da schivi". Al che il cameriere, per nulla intimorito, lo seccò con un "Basta che te pàghet". Se noi dovessimo imparare il cinese, non riusciremmo neanche a memorizzare poche espressioni stereotipate, senza contare le infinite possibilità di essere fraintesi per via della natura tonale della lingua e delle numerosissime omofonie. Le genti della Cina invece già solo gestendo un ristorante arrivano a imparare sempre meglio la nostra lingua, tanto dissimile dal loro idioma natio nei suoni e nel modo in cui sono formate le parole.
3) Tra le genti Papua della Nuova Guinea ci sono uomini capaci di apprendere numerose lingue di tribù vicine, spesso molto distanti dalla propria. Le condizioni di diversità linguistica in certe aree impervie e poco conosciute sono a dir poco incredibili, tanto che in una singola valle si possono trovare tribù che non hanno nulla in comune. Non sempre quelle genti mostrano curiosità e interesse per i loro vicini: lo stato di belligeranza non è una rarità e si danno anche episodi di esocannibalismo, tutte cose che non favoriscono lo scambio di informazioni. Uno studioso ha provato a registrare le voci di un gruppo che viveva a un'estremità di una valle e le ha fatte poi sentire a un altro gruppo che viveva all'imbocco della stessa valle, a pochi chilometri di distanza. Risultato: le frasi risultavano del tutto incomprensibili, come se fossero giunte da un altro pianeta.
4) Nel Nordovest dell'Argentina imperava il caos linguistico. Vi erano genti come i Diaghiti, che oltre alla propria lingua Kakán conoscevano spesso anche il Tonocoté, il Quechua e una lingua affine all'Atacameño. I membri di non poche popolazioni parlavano di norma quattro o cinque lingue, avendo conoscenza passiva di altrettante per via della convivenza in zone ristrette di un gran numero di etnie dissimili. Ancora oggi nella regione del Gran Chaco può capitare di trovare casi di multilinguismo di contatto come quelli descritti, in cui convivono lingue di ceppo Mataco (Mataguayo) con lingue di ceppo Guaycurú, anche se tutte sono minacciate dall'azione corrosiva dello spagnolo, vero e proprio idioma infestante responsabile della perdita di un gran numero di idiomi che un tempo avevano moltissimi parlanti. 
5) Le genti del Caucaso abitano in valli di altissima densità linguistica. Come già visto nel caso della Papua Nuova Guinea, anche nel Caucaso esistono distribuizioni strane di lingue diversissime all'interno di aree ristrette. Vi sono enclavi in gran numero e i casi di multilinguismo non si contano. Le lingue del ceppo nord-caucasico sono tra loro tanto diverse che si fatica non poco a ricostruirne una protolingua che renda conto di tanta diversità. Esistono anche lingue del ceppo kartvelico o sud-caucasico, come il georgiano, che non hanno alcuna relazione con le lingue nord-caucasiche: la denominazione è soltanto di carattere geografico. Il georgiano è una lingua di una tale complessità che ben pochi stranieri sono riusciti a impararla. Convivono con queste lingue difficilmente classificabili alcune lingue di diversa origine come quella degli Osseti, che è indoeuropea di tipo iranico e che discende dalla lingua degli Alani. Per inciso, stupirà molti sapere che un tempo esistevano parlanti della lingua alanica anche nella pianura padana, giunti con i Longobardi. Poco a sud dell'area del Daghestan si estende l'Azerbaijan, la cui lingua è di tipo turcomanno, appartenente al gruppo altaico.

Cosa spicca nell'analisi di tutte queste situazioni? Innanzitutto si vede subito che sono parlate sì diverse lingue, ma sempre in numero limitato: abbiamo a che fare con poliglotti, non con iperpoliglotti. Di norma si tratta al massimo quattro o cinque lingue e in alcuni casi sono tra loro imparentate; già non si arriva a trovare persone che ne parlino dieci. Le persone capaci di parlare diverse decine di lingue sembrano figure mitologiche e a quanto pare si trovano con la stessa facilità dello Yeti, degli unicorni o delle sirene. Tutto ci porta ad essere profondamente critici ogni qual volta si discute della stessa esistenza di genuini iperpoliglotti in grado di parlare cento lingue con la stessa naturalezza della propria. Inoltre l'apprendimento delle varie lingue avviene per esposizione diretta col parlato fin dalla più tenera età e non per studio tramite materiale scritto. Nessuno è mai diventato poliglotta grazie all'istituzione scolastica, alla scrittura e ai corsi. 

Dovremmo tutti porci una domanda. Come mai un tempo si parlava tanto degli iperpoliglotti e in questi tempi non se ne parla quasi più? Per capirlo è necessario fare un bizzarro paragone antropologico.

Un tempo esistevano numerosissimi settimini, ossia bambini prematuri che le giovani madri mettevano al mondo dopo soli sette mesi di gestazione. I primi figli in certe zone della Lombardia erano quasi tutti settimini. Perché questo? Semplice. Perché i fidanzati copulavano in gran segreto e non esistevano metodi contraccettivi, demonizzati dalla Chiesa Romana, così quando una ragazza si smutandava davanti a un uomo, restava incinta e si gonfiava subito. Ecco dunque la necessità delle cosiddette nozze riparatrici organizzate in fretta e furia. Molta gente ignorante e ingenua credeva che ci fosse davvero un motivo fisiologico per tale abbondanza di settimini: si pensava o si fingeva di pensare che una donna primipara mettesse naturalmente al mondo un bambino prematuro. Tuttavia quando giunse l'emancipazione sessuale, la Chiesa Romana si indebolì fino a decadere, si propagò la pornografia e fu possibile usufruire di stratagemmi per evitare la gravidanza, i settimini sparirono all'improvviso. Non se ne trovano quasi più. 

Voi mi direte: "Che c'entrano i settimini con gli iperpoliglotti?" C'entrano eccome. Un tempo l'uomo che aveva fama di essere iperpoliglotta era considerato un fenomeno da baraccone. Si esibiva. Mostrava a tutti le sue presunte capacità di parlare decine di lingue. Il punto è che di ogni lingua il presunto iperpoliglotta conosceva soltanto un elenco di parole più o meno nutrito e un frasario di base, il resto era spesso un grammelot simulato. Molta gente ignorante ha poi l'idea che basti conoscere qualche parola per parlare una lingua e rimane subito impressionata. Questo non avviene soltanto in Italia. In Inghilterra numerosissime persone ottuse sono convinte di parlare italiano perché sanno dire "buon giorno", "buona sera", "buon appetito", "pizza", "spaghetti", "mandolino", "mafia". Se poi sanno dire anche "picciotto", "padrino", "stiletto", "vendetta", "ricatto", "pizzo", "minchia", "famiglia", allora si ritengono dantisti. Poi non sanno reggere una normale conversazione, in quanto ignorano persino le parole per dire "acqua", "terra", "fuoco", "pietra", "mano", etc. A prender per buone le millanterie di questi inglesi, si avrebbe un'idea del tutto distorta della realtà. Per fissare le idee, penso che gli iperpoliglotti abbiano subìto lo stesso fato dei settimini, sparendo nel nulla non appena si è diffusa una maggior conoscenza delle lingue e soprattutto non appena si è avuta la possibilità di verificare le informazioni. Si vuole affermare ad ogni costo l'esistenza di autentici iperpoliglotti? Si può dimostrare che si tratta in ogni caso di allucinazioni cognitive.

Non conosco il signor Bertani e di certo ho per lui il massimo rispetto, perché in ogni caso bisogna riconoscere che ha dedicato l'intera sua vita allo studio. Nutro tuttavia il fondato dubbio che le sue conoscenze siano più che altro tratte dai libri e che non abbia altrettanta dimestichezza con le lingue parlate. Forse è per questo che declinò sempre gli inviti in Russia. Probabilmente non temeva tanto di trovarsi di fronte alle rovine della Grecia dopo essersi nutrito di Omero, ma di impappinarsi, di non distinguere bene i suoni pronunciati dai suoi interlocutori, di fare una brutta figura passando dal russo dei libri a quello articolato da persone in carne ed ossa, che spesso ha suoni sfuggenti e indistinti. Cosa umanissima e comprensibilissima. Le miei ipotesi non sono poi così peregrine. Basti ascoltare con attenzione le parole dello stesso Bertani, documentate nel video da me riportato in questo mio contributo. Egli con grande onestà intellettuale ci dice di trovarsi perfettamente a suo agio con il russo scritto, ma di avere qualche difficoltà col russo parlato. Risulta un ottimo traduttore delle lingue scritte, che usando grammatiche e dizionari riesce a venire a capo di testi difficilissimi. Essere un ottimo traduttore delle lingue scritte non implica necessariamente essere in grado di seguire un parlante madrelingua in una normale conversazione. Sono due capacità diverse, con buona pace di quei navigatori che non riescono a distinguere tra lingua parlata e lingua scritta.

Per inciso, certe opinioni dello stesso Bertani sono a dir poco sconcertanti. Sentir affermare che i Longobardi fossero "genti ugriche" e che fossero originari degli Urali e della Russia meridionale, è cosa che ad esser sinceri lascia come minimo di sasso. Evidentemente lo studioso ha assimilato concetti antiquati, che potevano essere creduti veri all'epoca di Bram Stoker. Infatti nel capolavoro dello scrittore irlandese il Conte Dracula affermava che i suoi antenati erano le tribù ugriche dell'Islanda. Siccome le parole hanno un loro significato ben preciso, va ricordato che ugrico è un aggettivo usato per indicare le lingue del ceppo uralico a cui appartiene l'ungherese, non indoeuropee e molto distanti dalle lingue germaniche. Orbene, uno studioso che non ha chiari questi concetti di per sé semplicissimi potrebbe essere definito un esperto di filologia germanica solo in un mondo in cui tale disciplina è per la massima parte delle persone un libro chiuso e un tabù. Sorprende il fatto che il contadino di Campegine affermi di non conoscere l'inglese e neppure il tedesco. Condizioni ideali per approfondire lo studio della filologia germanica e per avere accesso alla letteratura scientifica! Il perché di queste gravissime lacune è un mistero. Non voglio credere che tutto si riduca a una viscerale quanto banale avversione politica per la Germania dei brutti e cattivi nazisti e per l'America dei brutti e cattivi capitalisti! 

Reazioni nel Web

Tutte le mie perplessità le ho illustrate seguendo un filo conduttore razionale. Eppure quando si parla di iperpoliglotti, si scopre che non pochi navigatori nel Web affrontano l'argomento di pancia, scossi da furori e da flussi ormonali, reagendo con stizza indicibile ogni volta che un utente mette in discussione l'autenticità dell'iperpoliglottismo. Così pure si noterà che gli scettici sono sorprendentemente pochi. Non solo, non mi pare di averne trovato nemmeno uno in grado di argomentare e di tenere testa ai furibondi fan degli iperpoliglotti. Tutto parte da alcuni commenti sui video di falsi poliglotti postati in gran copia su Youtube. Gli autori di questi filmati non possono essere nemmeno lontanamente paragonati agli antichi fenomeni da baraccone, in quanto manca qualsiasi interattività: si capisce lontano un miglio che si tratta di sciorinatori di frasettine apprenditicce ripetute a macchinetta, con assoluta impossibilità di verifica della loro capacità di dire qualsiasi altra cosa. Sono un po' come quei presentatori russi dell'epoca sovietica che potevano presentare un programma in italiano perché avevano studiato la loro parte a memoria senza capire assolutamente nulla e senza saper dire assolutamente null'altro.

Riporto un interessante video dell'utente Flaze3, intitolato "Disonestà del mondo poliglotta", con link alla pagina di Youtube con i commenti: 



Flaze3 afferma giustamente: "Molti cosiddetti poliglotta ritengono di riuscire a palare in più di 8, 9 lingue, ma se le uniche cose che sanno dire sono 'mi piace imparare lingue' e 'questa lingua è bella', per me non costituisce 'parlare in un'altra lingua', e infatti è piuttosto disonesto."

Felix lama commenta: "Come dico sempre, più lingue si conoscono, più è basso il livello della media delle lingue parlate. La maggior parte dei "poliglotti" non sono tali."

Ecco la reazione scomposta di un certo Alessandro B., le cui affermazioni sarebbero considerate naïf persino tra i Puffi: "Falso! Quelli che come dici tu si spacciano per poliglotti e parlano oltre 8, 9 lingue lo hanno dimostrato in dei convegni parlando queste lingue con dei madrelingua! Inoltre sono stati intervistati da TV straniere! E non sanno dire solo "mi piace imparare lingue" . Queste persone che sono su youtube e che in realtà sono pochissime, i loro nomi escono addirittura su wikipedia. Il caso più famoso di poliglottia era Emil Krebs parlava e scriveva 68 lingue e ne aveva studiati altre 120! questa è storia non cavolate! Sono casi rarissimi!!! in quest' ultimo caso! Infatti il cervello di krebs funzionava diversamente! In vita c'è un Italiano che attualmente detiene un record si Chiama RICCARDO BERTANI è Italiano! Parla 100 lingue! La sua conoscenza è attualmente utilizzata dal "Grande Dizionario UTET" con cui collabora. Parliamo di persone cui le loro competenze sono state DIMOSTATE E SONO DI AIUTO AL MONDO DELLE ENCICLOPEDIE! E tu dici che è falso. ahahahahahahahahha"

Certo, Emil Krebs è su Youtube ed è stato intervistato da TV straniere. Come no! Oltre al fatto che Youtube ha notoriamente la stessa autorità del Vangelo 😄. Appurato che Riccardo Bertani scrive in 100 lingue e che traduce da 100 lingue, più che parlarle in modo fluente, dubito molto che il Grande Dizionario UTET contenga assurdità come l'attribuzione dei Longobardi al ceppo ugrico.

Nel mondo anglosassone qualcuno ci va giù abbastanza duro, come si vede dai seguenti articoli: 



In un farneticante thread apparso su Reddit, si leggono le incredibili parole dell'utente Electronp, che adduce aneddoti su Tesla come prova dell'esistenza dell'iperpoliglottismo. Oh bella! Forse ignorano che Tesla non fa testo perché era un alieno rettiliano 😀. Lo stesso Electronp, che vive nel mondo incantato delle favole, non si limita ad enumerare i miracoli compiuti dal fisico extraterrestre naturalizzato serbo. Arriva ad affermare quanto segue:

"Europeans have a very high standard for fluency; lots of euros I know will hold a conversation in perfect fluent English--after apologizing, in perfect fluent English, for their poor English. your English must be excellent, as I have never heard a European using the tone and terminology of your sentence: " ... anecdotal BS that makes for a good story but nothing else. How convenient the man is dead..."
you sound exactly like a snotty, 20-30 year old American male!
good job.

Certo, certo! Le genti dell'Unione Europea parlano tutte le lingue del pianeta in modo fluente senza sforzo alcuno e in particolare sono esperte di fonetica inglese! Se questo è vero, allora il pene di Jimmy Savile era inoffensivo! 😁