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giovedì 20 maggio 2021

UN SINGOLARE ESPERIMENTO ANTROPOLOGICO: IL PANINARISMO

Inizi anni '80 del XX secolo. Si stavano spegnendo gli ultimi echi del '68. La gente non voleva più saperne dell'impegno politico e sociale, il cui frutto erano stati gli anni di piombo. Ne aveva abbastanza dei comunisti, del terrorismo e della Rivoluzione. Cominciavano a vedersi i soldi, dopo un lungo periodo di stenti. Finalmente si aveva la pancia piena, la borghesia si poteva permettere spese consistenti. Così a Milano si formarono i paninari (Gallo, 1993). Erano una vera e propria tribù urbana, con proprie regole e un proprio slang (Azzali, 1993). 
Com'è specificato in modo pedantesco nella Wikipedia in italiano, per identificare il fenomeno di costume giovanile è utilizzato il termine paninaro, come se fosse un nome astratto e collettivo. Questa è la spiegazione data: "Per sineddoche, non esistendo un nome come paninarismo o paninaresimo per tutto il movimento, a cui ci si riferisce semplicemente come i paninari". Ebbene, il termine Paninarismo esiste eccome, perché l'ho fatto esistere io. "La lingua è del popolo, ed è il popolo stesso che crea le parole, le distrugge e le trasforma, con buona pace di Lavoisier" (De Benedetti, 2015). 
L'etimologia del termine paninaro viene fatta risalire al primo luogo documentato in cui si radunavano i gruppi da cui l'embrione del movimento si sarebbe formato e sviluppato: il bar Al Panino in Piazza del Liberty, nota più semplicenente come Piazza Liberty, nel pieno centro di Milano. Ci sono tuttavia opinioni discordanti e alcuni negano espressamente questa tesi, affermando che il locale in questione era piuttosto un raduno di giovani di estrema destra detti sanbabilini (Verdoia, 2013). In seguito il tempio del Paninarismo divenne il famosissimo Burghy in Piazza San Babila, un locale che può essere considerato il precursore di McDonalds.      

 
Un'interpretazione dietrologica 

Secondo la vulgata corrente, i paninari sarebbero stati l'espressione del cosiddetto "riflusso nel privato". Con questo termine del linguaggio giornalistico si intede un atteggiamento di disimpegno politico e sociale, il ripiegamento nella sfera del privato in un clima caratterizzato da estrema disillusione. Quindi un fenomeno di costume fondato sulla moda e sull'apparire sarebbe stato la conseguenza di qualcosa che era già in atto a un livello più profondo. Alcuni sostengono addiruttura che i paninari si sarebbero formati dal "vuoto pneumatico" degli anni '80 (Leggeri, 2015). Propongo un diverso modo di analizzare il fenomeno. A parer mio, il Paninarismo sarebbe invece stato la principale causa dell'affermarsi del "riflusso nel privato" e del "vuoto pneumatico", una costruzione artificiale architettata a tavolino per uno scopo ben preciso. Vediamo di esporre in dettaglio gli eventi. Era necessario disinnescare la tensione sociale, che aveva raggiunto livelli insopportabili, prossimi al punto di rottura. Bisognava seppellire per sempre gli anni di piombo e la loro eredità maledetta. Far obliare i problemi con la crescita esponenziale dei consumi. Silvio Berlusconi aveva tutti i mezzi per riuscire nell'ambiziosa impresa. Direi che ci è riuscito alla perfezione. In altre parole, il Paninarismo è stato un esperimento antropologico su larga scala, che ha impattato in modo pervasivo sui comportamenti e sui modi di pensare della popolazione italiana. Una delle sue caratteristiche fondanti era un acceso filoamericanismo di origine feticistica, puramente materialista e non ideologica. Un fatto del tutto nuovo. Non a caso si è parlato di edonismo reaganiano (D'Agostino, 1985), definito come "non solo un goliardico scherzo catodico, ma il piedino di porco per penetrare nella Weltanschauung degli Anni '80" (D'Agostino, 2011). Va detto questo: si tratta di una subcultura autoctona. Mentre i rockabilly, i metallari e i dark sono giunti dal mondo anglosassone, i paninari sono a tutti gli effetti un prodotto italiano. 
 

Drive In e il contesto mediatico
 
Qualcuno si ricorda ancora di Drive In? I Millennials non ne sanno nulla. Per farla breve, era una trasmissione andata in onda sulle reti di Berlusconi dal 1983 al 1988. Chi l'ha vista non l'ha dimenticata. Lory Del Santo incedeva sensuale, con le sue splendide tettine, con le sue gambe statuarie. Sorriso smagliante e voce vellutata. All'epoca non era ancora dedita alle assurdità New Age. Era sensualità assoluta. Nella sigla d'apertura lei passava e a Enrico Beruschi cadevano gli occhi sul pavimento (effetto speciale rudimentale). Suonava la musichetta in sottofondo e una vocina femminile faceva "saxofonofonì". Tutta la popolazione maschile italiana se ne restava davanti al video con lo sperma che premeva nei testicoli. Potremmo definire Drive In una manifestazione dei frivoli anni '80. Oppure era proprio Drive In a generare l'essenza dei frivoli anni '80? Molti troveranno stravagante la mia domanda. Consideriamo però alcune cose. La trasmissione, che andò in onda con cadenza settimanale a partire dal 1983, aveva una diffusione capillare, giungendo ovunque. Questo è un fatto che non va sottovalutato. Si avvertiva un imperativo: dimenticare la violenza. Lasciarsi alle spalle l'orrore. La Milano della mala con la sua escalation che l'aveva trasformata in feroce gangsterismo. Una scia di sangue, rapine quotidiane. Morti ammazzati. Attentati senza sosta, sequestri. Stragismo, eversione. Guardando la televisione si poteva dire basta. Basta con la strategia della tensione! Basta con Lotta Continua! Basta con le Brigate Rosse! Basta con Vallanzasca! Basta con i tumulti! Basta con i tribunali studenteschi! Basta con i coglioni che urlavano "fascista!" a chiunque non condividesse le loro stronzate! Simili atrocità erano come l'alito di un dragone infernale, sulfureo, un tanfo pestilenziale che nessuno voleva più annusare. I primi segnali di disimpegno cominciarono su finire degli anni '70, quando fu notato che moltissimi avevano abiurato Marx per abbracciare il consumismo (Montanelli, 1979). A questa urgente domanda di senso, Berlusconi diede una risposta forte che fu percepita come salvifica. Ecco quindi un po' di profumo erotico che non costava nulla. Un profumo inebriante, che non si poteva fare a meno di continuare ad annusare. Questa strategia ebbe un immenso successo. Non bisogna tuttavia dimenticare che non è tutto oro ciò che luccica. Erano i prodromi di ciò che si sarebbe sviluppato appieno anni dopo, irradiandosi dalla Reggia di Hardcore. Tempo fa ebbi a dare una definizione meno anodina del fenomeno: "prove tecniche di puttanizzazione". I frutti maturi del seme piantato in quell'epoca li si è visti nel XXI secolo col diffondersi di una nuova definizione della prostituzione: "Un'intelligente forma di imprenditoria che dà alla donna l'accesso alla ricchezza tramite la libera gestione del proprio corpo".  

 
Enzo Braschi, il Profeta del Paninarismo 
 
Proprio Drive In fu il palco migliore per la diffusione del Paninarismo, che ebbe in Enzo Braschi il suo predicatore convulsionario. Si presentava sul palco mentre suonavano le note di Wild Boys (pron. uabbòis o uabbò), una canzone dei Duran Duran, gruppo il cui cantante Simon Le Bon era idolatrato dai paninari. Imperversava, faceva faville. In seguito il comico ha affermato cose stravaganti su questo suo passato, dando l'impressione di un tentativo di rinnegarlo. Ha rifiutato l'etichetta di ideologo del movimento paninaro, facendo capire che in realtà vi si sarebbe infiltrato obtorto collo. Questo a dispetto del fatto di per sé evidente che è stato per anni il massimo promotore di quella subcultura. Si è diffusa poi una leggenda, una diceria, secondo cui alcuni paninari lo avrebbero pestato perché aveva perculato l'identità del loro gruppo. Queste sono le sue parole riportate in un'intervista: "Se è vero che un gruppo di paninari milanesi mi riempirono di botte? No. Però quelli che ci credevano veramente in quel movimento si sentirono offesi. Una volta un paio di paninari di zona San Babila, a Milano, mi inseguirono. Non ho mai capito se volessero un autografo o darmi una 'compilation di schiaffazzi'. Un'altra volta in una discoteca mi si avventarono una trentina di loro: quelli sì, volevano spaccarmi le ossa. Io mi feci grosso e li respinsi. Forse, mi salvai la vita" (Braschi, 2017). Trovo difficile credergli. Sono tutte affermazioni analizzabili tramite un famoso brocardo: "excusatio non petita, accusatio manifesta". Sarebbe sensato dirlo usando una parola genovese: "sono musse". A mio avviso Braschi non intese mai perculare un'identità che traeva vita, vigore e grandissima diffusione proprio dai suoi numeri comici. Chi può pensare che senza di lui ci sarebbero stati così tanti paninari? In realtà era il protagonista indiscusso di uno dei più importanti esperimenti antropologici di tutto il XX secolo. Credo che ne fosse consapevole, anche se non posso fornirne una dimostrazione diretta. Senza dubbio è stato notevole l'effetto dell'opera braschiana sulla codifica e sull'omologazione del gergo paninaro sull'intero territorio italiano e oltre. Qualcuno accusa Braschi di aver preso una subcultura elitaria ed esclusiva, tipica unicamente del Milanese, facendone qualcosa di nazional popolare (Sam Arko, 2007). Perché dovrebbe essere un'accusa? Diabole Domine, era proprio quello lo scopo dell'esperimento! 
 
Un sintetico glossario 
 
Il paninarese era pieno zeppo di anglismi, autentici o maccheronici; l'influenza della lingua inglese si esercitava anche sulla morfologia (esistevano plurali in -s, nomi formati col suffisso -ation pronunciato -éscion, etc.). Vi si trovavano anche tracce di ispanismi maccheronici. Riporto un certo numero di vocaboli e di locuzioni:     

appiovrare "abbordare una ragazza" 
arrapation "eccitazione sessuale" 
arterio "un vecchio" (pl. arterios)
burghino "paninaro" 
cagacazzo "chi importuna le ragazze" 
cagare il cazzo "importunare"
cannare "sbagliare" 
centenari "i genitori"  
centra "cazzotto"
cesso "brutto" 
che calfort "che cavolo" 
ciàina "comunista" (dall'inglese China)
cinese "comunista" 
cinghiale "individuo rozzo; non paninaro" 
cinghio = cinghiale (pl. cinghios)
classica catrambogia "cosa incomprensibile" 
    esempio: 
    non ci capisco una classica catrambogia "non ci capisco 
    un cazzo"
company "la compagnia" 
compilation "un insieme, una serie"
cucador "scopatore, macho" (pl. cucadores)
cuccare "fare sesso con una ragazza" 
Curma "Courmayeur"  
everyday "sempre"
falchettare "puntare una ragazza" 
fiocinare "prendere qualcosa" 
floppy "fiasco, fallimento"
fuori di melone "impazzito"  
gallata "idea geniale"
gallo "paninaro di successo" 
galloso "figo" 
gino "ragazzo inesperto, sfigato" 
Gran Gallo "capo paninaro"
grano "denaro" 
grippare "afferrare qualcosa; afferrare qualcuno" 
ingrippare "coinvolgere" 
kissettini "bacini" 
kissettoni "bacioni" 
lager "scuola"
libidine "godimento, piacere" 
    esempi: 
    libidine mongola "grande godimento";
    è una libidine, mi si rizza "è un piacere immenso" 
manzire "fare sesso con una ragazza" 
mazzulare "massacrare di botte" 
mazzulatore "picchiatore" 
megagalattico "gigantesco, immenso" 
meucci "telefono" 
mezza gamba "50.000 lire" 
must "dovere" 
    esempio: 
    è un must "è un dovere" 
naa "no" 
non me ne sdruma un drigo "non me ne frega un cazzo" 
okappa "in regola" 
pacco "inganno, bidone" 
paccoso "uno che fa i bidoni" 
pan-look "look paninaro"
panozzo "panino; paninaro" 
preppy "ragazza"
ramboso "tosto" 
ruotare "andare in giro in moto"  
sapiens "i genitori"
schizzare al brucio "muoversi velocemente"
sfitinzia "ragazza" 
slacciare "rompere" 
    esempio: 
    ti slaccio la faccia, tamarro!  
slandra "vulva, figa; ragazza"
smerigliare il gargarozzo "mangiare"  
squallor "male"  
    esempio:
    l'andazzo oggi è uno squallor "oggi va male" 
squinzia = sfitinzia  
storia tesa "lite"
suggellare lo zillo con la slandra "fare sesso con una ragazza"
tacchinare "puntare una ragazza, fare la corte" 
tamarrata "cosa da tamarro"
tamarro "individuo rozzo; non paninaro" 
tarocco "falso, imitazione" 
tarro = tamarro 
Timbe "le Timberland" 
troppo giusto "buono, in" (indica approvazione)
troppo scarso "non buono" (indica disapprovazione)
truzzo "individuo rozzo" 
truzzolone "pseudo-paninaro" 
una cifra "tanto" 
una gamba "100.000 lire" 
very arrapation "sexy" 
very original "originale"  
volpinata "cosa molto furba" 
volpino "furbo"

Come si può notare, alcune di queste parole sono tuttora di uso corrente e nessuno ne sospetta l'origine (es. pacco, tarocco, cagacazzo, cesso). Il verbo cuccare si è indebolito e viene spesso glossato come "rimorchiare, conquistare; pomiciare"; c'è persino qualche ingenuo che lo traduce con "fare colpo". All'epoca era decisamente più hard (per dire di aver cuccato, un gallo doveva ottenere almeno un rapporto orale). Altre parole e locuzioni sono cadute in un oblio profondo e nessuno si sognerebbe più di usarle (es. classica catrambogia). 
Molti si chiedono se si parlasse davvero così. Ebbene sì, c'erano molti chi lo faceva. Per quanto possa sembrare incredibile, ci sono persone che affermano di non ricordare termini essenziali come sfitinzia, attribuendoli a distorsioni e caricature cabarettistiche dello stesso Braschi (Sam Arko, 2007). In netto contrasto, c'è invece chi afferma di usare ancora questi termini nella conversazione familiare. Se devo essere franco, credo che Verdoia, che parla tuttora in questo modo, sia più attendibile degli scettici.     

 
La Milano da bere (e da annusare) 
 
L'espressione "Milano da bere" è l'ennesima trovata del linguaggio dei giornalisti. È usata per descrivere certi ambienti opulenti della metropoli lombarda degli anni '80, in cui fortissimo e pervasivo era il potere del Partito Socialista Italiano di Craxi - quello stesso milieu in cui si formò Berlusconi. Queste erano le caratteristiche salienti del contesto:  
1) percezione di benessere diffuso; 
2) rampantismo arrivista e opulento ostentato dai ceti sociali emergenti; 
3) immagine "alla moda".
(Fonte: Wikipedia). 
La locuzione Milano da bere ha avuto origine da uno pubblicitaria dell'Amaro Ramazzotti (Mignani, 1994; Santolini, 2008). Non si tiene però conto di una cosa importante. Alla Milano da bere era associata in modo indissolubile una Milano da annusare. Era il regno dei proboscidati che aspiravano un pregiato alcaloide peruviano. Nei loro cervelli nevicava sempre. Combinandosi questo alcaloide con l'alcol, nei loro fegati erano sintetizzati ingenti quantitativi di cocaetilene. Qual era il rapporto dei paninari con la droga e con l'alcol? Senza dubbio era odiatissima l'eroina, che era la droga dei tamarri. Si dice che si beveva a malapena e che la bamba fosse così costosa da essere fuori dalla portata (Verdoia, 2013). Pure so per certo che molti se la potevano permettere e che era assai diffusa, oltre al fatto che alcuni galli erano bevitori. "Nasce ed impazza la tv privata di Berlusconi, piena di programmi che mostrano una società laccata, imbrillantata. In questo clima di festini alla moda, pieni di Vip televisivi, non può che prendere piede una droga come la cocaina che, diversamente dalle droghe più utilizzate negli anni '70, che servivano ad aprire le porte della percezione, serve per aumentare le prestazioni, non ingrassare, essere falsamente sempre in prima linea" (Meroni et al., 2012). Se la Milano da bere è ormai un ricordo, la Milano da annusare esiste tuttora. 
 
Paninari e yuppies 
 
Gli yuppies erano i giovani rampanti, nella cui vita esisteva soltanto il lavoro ai fini dell'arricchimento personale. Erano ben distinti dai paninari, nonostante qualcuno li considerasse i loro fratelli maggiori. Gli yuppies producevano ricchezza, i paninari la consumavano come rampolli viziati della borghesia medio-alta. La differenza tra le due subculture non avrebbe potuto essere più grande, pur coesistendo nello stesso habitat metropolitano. Condividevano pochi valori, nonostante esista nell'immaginario collettivo l'idea di una comunanza di Weltanschauung tra yuppies e paninari, fomentata da alcuni film ambientati nella Milano da bere. Possiamo citare Yuppies - I giovani di successo (Carlo Vanzina, 1986) e Yuppies 2 (Enrico Oldoini, 1986), in cui i protagonisti si esprimono in paninarese (es. troppo giusto "buono", troppo scarso "non buono", è una gallata "è un'idea geniale"). Puramente paninaro, senza traccia alcuna di yuppismo, è invece Italian Fast Food, diretto da Lodovico Gasparini nel 1986. In questo film Enzo Braschi interpreta il capo paninaro conosciuto come Gran Gallo, che lotta perennemente contro una gang di punk. Non è affatto sicuro che un paninaro potesse metamorfosare in uno yuppie una volta diventato più maturo. 

 
Strane contraddizioni
 
Più volte è stato notato che i paninari ostentavano ricchezza, eppure in diversi casi si ispiravano a modelli di vestiario proletari, tipici di operai, boscaioli e contadini. La differenza sostanziale è che si trattava di indumenti costosissimi, essendo firmati. Un outfit tipico era costituito da giubbotto Moncler imbottiti di autentico piumino d'oca, pantaloni Levi's 501, scarpe Timberland, cintura El Charro, camicia Armani. Innumerevoli erano gli oggetti-feticcio. La stessa dieta dei paninari non era affatto sofisticata: era composta principalmente da panini con hamburger. Non esisteva a quei tempi la tirannia degli chef, con le loro porzioni da Lillipuziani meno nutrienti di una particola e i loro ingredienti selezionatissimi fatti pagare a peso d'oro. I paninari andavano nei fast food come Burghy in Piazza San Babila e "si smerigliavano il gargarozzo con una compilation di panozzi", come dicevano nel loro interessante e peculiare gergo. A quei tempi ero tanto ingenuo da pensare che i paninari si chiamassero così perché sembravano giganteschi panini deambulanti. Tutto nasceva da un equivoco. A Seregno i Moncler erano omologati e quasi tutti di un color arancione che li faceva assomigliare alla parte esterna del tipico pane molle usato dagli anglosassoni per preparere gli hamburger. In realtà c'erano Moncler di vari colori, anche viola o verdi, fluorescenti - e non c'erano soltanto i Moncler. Un'altra strana contraddizione la vedo nell'uso della lampada. Non era raro imbattersi in paninari che coltivavano il malsano costume di abbronzarsi sottoponendosi a irradiazione con i raggi UVA fino ad esibire una pelle più scura di quella di molti africani. Eppure ricordo bene che a Seregno molti di questi abbronzati ostentavano un razzismo a dir poco virulento. Mi fu persino riferito di un gallo che abusò della lampada a tal punto da sviluppare una neoplasia cutanea. 
 
La massima espansione del Paninarismo   

Ricorderò sempre che nei lontani anni del liceo, mentre ci si stava preparando a una gita scolastica a Monaco di Baviera, c'era chi temeva di trovare i paninari imperversanti nella città tedesca. "No! I panini a Monaco!", esclamavano alcuni miei compagni di classe. Poi quando andammo a Monaco, non vedemmo nemmeno un singolo Moncler (Monti, 1985). Si dice spesso che la massima espansione del Paninarismo si realizzò di lì a poco, nel 1986. L'evento determinante fu proprio la pubblicazione di un singolo dei Pet Shop Boys intitolato Paninaro, avvenuta in quello stesso anno (Falchi, 2003). Il gergo paninaro entrò nell'uso corrente e si diffuse anche tra persone estranee al movimento. Ricordo un bottegaio dei Navigli che ebbe a dirmi: "Gesù era un gallo". Sempre nel 1986 nacquero fumetti come Paninaro, edito da Edifumetto di Renzo Barbieri (un numero arrivò a vendere ben 140.000 copie), e Cucador, edito da Garden Editoriale. Esistevano anche versioni per ragazze, come New Preppy, edito da Edifumetto. In questi fumetti il paninaro era presentato come un eroe metropolitano, senza nascondere le sue inclinazioni abbastanza violente. Non dimentichiamo che i galli erano spesso coinvolti in risse. Ricordo giornalini che esaltavano le storie tese con i tamarri e altri gruppi deprecati; anche gli studenti adepti di Comunione e Liberazione venivano aggrediti. Quando studiavo a Fisica, questi fanatici religiosi erano una piaga. Peccato che non giungessero un po' di paninari agguerriti a slacciare la faccia ai ciellini!
 
Le ragioni dell'estinzione dei paninari 
 
Ho discusso a lungo con i miei coetanei della subitanea scomparsa dei paninari. Conserverò sempre memoria di queste conversazioni. L'argomento mi ha sempre affascinato. Le tesi a questo riguardo sono poche e circostanziate. I paninari si sarebbero estinti per via di un'improvvisa riduzione dei prezzi del loro costosissimo outfit, dovuta a qualche speculazione dei produttori, oppure per via di un incremento della ricchezza della Nazione - cose che avrebbero reso gli acquisti accessibili a una platea più ampia (Gallo, 1993). La questione non sarebbe però stata soltanto economica: avrebbe contribuito in modo determinante l'enorme diffusione di prodotti farlocchi. Tra questi citiamo con i loro nomi gergali i giubbotti Fintcler (imitazioni del Moncler) e le scarpe Finterland (imitazioni delle Timberland). Quando queste contraffazioni resero difficile alla massa distinguere tra paninari autentici e pseudo-paninari, sarebbero scattati dirompenti meccanismi di estinzione tempestiva (Dionisi, 1988). Verso gli inizi degli anni '90 del XX secolo, i pochissimi superstiti del movimento si sarebbero all'improvviso votati ad altre mode, rilanciando i pantaloni a zampa di elefante; alcuni sarebbero addirittura confluiti nei cosiddetti maranza (Azzali, 1993). In genere il termine maranza è glossato come "teppista"; la cosa non deve sorprendere troppo, visto il passato rissoso di molti galli - anche se resta problematico l'aspetto tamarresco dei criminali di strada. 
Tutte queste ipotesi alla fine si dimostrano incapaci di spiegare l'accaduto. La realtà è infatti ben diversa: le ragioni della fine del Paninarismo vanno rintracciate in chi lo ha fabbricato.   

 
Paninari e neopaninari in Svizzera 
 
Ho trovato un documento nel Web sulla diffusione del Paninarismo a Berna. Ecco il testo, che risale al 1988, quando a Milano il movimento si era ormai esaurito: 
 
"Ciao Italia! Noi orsi* siamo per ora il nucleo più lontano dal Durango. Tenere alta la gloriosa reputazione paninara nella Bear-city sfiora l'impossibile, ma il Pan-look muore con noi. [...] Della lingua tedesca a noi non ce ne sdruma un drigo, perché usiamo un linguaggio troppo giusto!" 
 
*L'orso è il simbolo araldico della città di Berna. Risale alla Dea Artiona degli antichi Elvezi.  
 
Questo è il link al documento con l'interessante citazione, che è stato pubblicato nel 2018: 
 
 
Un accademico studioso di linguaggi giovanili, il professor Guido Petrojetta (Università di Friburgo), si occupò del caso. Notiamo che nel testo sopra riportato si trova il termine Durango, che nel gergo paninaro indicava l'Italia. Mi sono interrogato sulla sua esatta etimologia, pensando dapprima allo stato messicano di Durango, vista la passione che molti paninari avevano per i film western. Poi all'improvviso ho avuto l'intuizione. Proprio Durango era il nome di una rinomata marca di stivali amati dai paninari. La Penisola è anche chiamata Stivale, per via della sua caratteristica forma. Così da Stivale si è arrivati a Durango. Ho trovato nel Web diverse attestazioni di questo vocabolo gergale. Su Facebook e altrove è documentata la presenza di qualche seguace tardivo del movimento: 
 
"Siamo pochi e sparsi per tutto il Durango ma ci siamo ancora"
(cit., 2020)  

"e oggi l’Italia ha disimparato a giocare col linguaggio perché non scherza più, non vuole più essere un Durango stragallosissimo di Dio."
(cit., 2016) 

Gli autori di questi interventi non sarebbero superstiti degli anni '80, ma esponenti di una nuova generazione di paninari formatisi dalla riattivazione della moda, avvenuta verso il 2012 a Milano (Benazzo, 2018). In questo contesto si è avuto l'avvistamento di un paninaro a Basilea. Dalla sua intervista si hanno indizi della presenza di seguaci del movimento anche in Germania (Benazzo, 2018). Il paninaro scoperto a Basilea è discendente di immigrati milanesi, giunti in Svizzera negli anni '70 dello scorso secolo. Tecnicamente parlando è un neopaninaro. Si dovrebbe parlare di Neopaninarismo per indicare il movimento riattivato negli anni '10 del XXI secolo. Ecco il link al documento:
 
 
Come si vede, il Paninarismo arrivò ben oltre il Canton Ticino e il Neopaninarismo è poi giunto ad allignare in Germania, dovunque ci fossero discendenti di immigrati italiani. 
 
Testimonianze dell'estinzione del Paninarismo 

Era il 1987. Un anno luttuoso per la musica: aveva fatto la sua comparsa Jovanotti e alla radio non trasmettevano quasi più brani decenti. Mi trovavo a Milano, di ritorno dalle vacanze estive. L'aria che si respirava era cambiata. All'improvviso mi resi conto che i paninari non esistevano più. Non ne vedevo più nel centro di Seregno. Non ne vedevo più in stazione, né a Seregno né a Milano. Non ce n'erano nemmeno sul treno. Vero è che quasi nessun paninaro frequentava il corso di laurea in Fisica all'università di Via Celoria, ma ormai non se ne vedevano più nemmeno nelle facoltà umanistiche di Via Festa del Perdono, dove le sfitinzie abbondavano. Nell'ateneo dove studiavo e soffrivo, ricordo soltanto una tale Barbara Duncan, che vestiva con abiti firmati e che dava feste orgiastiche esclusive - a cui non ero certo invitato. Ero un reietto e un immondo paria già a quei tempi. L'attillata Barbara Duncan non resse molto a Fisica: il suo ambiente ideale era la Milano da annusare. Per il resto, essendo quell'infelice sede universitaria infestata dai ciellini, l'estinzione dei paninari non aveva portato grandi cambiamenti. Una cosa mi ha sempre stupito: la perfetta sincronia nell'abbandono di un costume che sembrava destinato a diventare universale. Era come se tutti i paninari si fossero messi d'accordo, in un tempo in cui Internet non esisteva, in cui non c'erano smartphone, lanciando un tam tam con l'ordine di smettere all'istante l'uso dei Moncler e delle Timberland. Assurdo! Eppure questa impressione è sempre rimasta in me fortissima (Moretti, 1987). Alcuni anni dopo, nel borgo montano di Malesco, situato nell'impervia Ossola, ho potuto vedere che i paninari erano ancora presenti. In quei distretti si è registrato un ritardo nell'estinzione del Paninarismo rispetto all'ambiente metropolitano milanese (Cazzaniga, 1994).
 
Rimozione, oblio e ritornanti
 
Nel 2012 mi sono imbattuto in L., una ragazza che si era da poco laureata al Politecnico di Milano. Mentre parlavamo del più e del meno, mi ha riportato il caso di un "paninaro" che era diventato un eroe rifiutandosi di pagare il pizzo ai mafiosi. Sono rimasto allibito. Dopo alcuni minuti di malintesi imbarazzanti da parte di entrambi, è emersa la realtà dei fatti: con "paninaro", L. intendeva il venditore ambulante di panini e ignorava del tutto che esistesse un'altra accezione della parola. Nel 1982, quando si videro i primi paninari al bar Al Panino di Piazza Liberty, L. al massimo era sperma nei testicoli di suo padre. A distanza di 30 anni da allora, l'esistenza del Paninarismo era stata addirittura rimossa a Milano. Se avessi parlato a L. degli Antitrinitari, degli Anabattisti di Münster o dell'Eretico di Lacchiarella, avrei anche potuto capire il suo stupore. Meno comprensibile è che una milanese trasecolasse nel sentir parlare di una subcultura tanto recente. Tanto più che proprio nel 2012 si era svolto un raduno di paninari in Piazza San Babila. Si trattava sia di superstiti degli anni '80 che di giovani neopaninari (Benazzo, 2018). Secondo altri erano soltanto rievocazioni nostalgiche organizzate ad arte (Canziani-Crivelli, 2015). In ogni caso ne concludiamo che Milano è vasta: una giovane sbarbina come L. poteva anche non conoscere ogni diverticolo della metropoli.  
 

Il Paninarismo come religione 

Nel 1986 negli ambienti paninari si parlava troppo di Dio. Lo si menzionava troppo. Il Gallo di Dio. Il Gallo Supremo del Dio Vivente. Il Dio Galloso. Il Durango di Dio. Qualcuno cominciava a credere in un destino ultraterreno per chi seguiva i precetti dall'abbigliamento griffato: la Grande Paninoteca Celeste, dove si cuccava senza sosta. Ancora un po' e si sarebbero circolate frasi come "Tu non sei veramente morto se credi nel Grande Gallo", "Il Grande Gallo ha creato l'Universo", "Ci attendono grandi viali celesti da percorrere in Zündapp". La subcultura giovanile stava diventando qualcosa di ipertrofico, correndo il rischio di svilupparsi in una nuova religione, il Gallismo. In fondo anche il Cristianesimo aveva aveva avuto inizi modesti all'epoca dell'antica Roma - forse proprio a partire da un esperimento antropologico (Atwill, 2005). Nessuno ne avrebbe saputo prevedere gli sviluppi. Dirò di più. Il Gallismo sarebbe stato la prima religione nella storia del genere umano con questa caratteristica: l'etica coincide con l'estetica. Posso immaginare l'accaduto e lo ricostruisco sotto forma di narrazione, anche se ovviamente non ne sono stato testimone. A Berlusconi non piacque quanto gli fu riportato, così decise di far cessare in modo subitaneo l'esperimento antropologico. Il Magnate di Hardcore non voleva derive religiose tanto destabilizzanti, non intendeva permetterle, quindi staccò la spina e pose fine al progetto. Interruppe i finanziamenti da un giorno all'altro. Diede ordini a Enzo Braschi di smetterla con le sue prediche paninaresche. Così fu inventata in fretta e furia una nuova pantomima guittesca per il comico: Braschi era stato chiamato alla leva militare e cominciò a interpretare il ruolo di una recluta ottusa, che sapeva quasi soltanto recitare il ritornello "gnornò", lapalissiana contrazione di "signor no". Domanda del caporale: "Sei macaco?" Risposta della recluta: "Gnornò!" I paninari furono colti dal terrore. Sapevano che li aspettava la naja, che non potevano sottrarsi agli obblighi militari e che sarebbe stata la fine della loro bella vita. Dopo una simile agonia, Drive In chiuse i battenti, nell'aprile del 1988. Così la religione paninara non poté svilupparsi. Fu estirpata sul nascere. I paninari superstiti non si ripresero dal colpo. Il fumetto Paninaro smise di essere pubblicato di lì a poco, nel 1989. Il servizio di leva non ebbe comunque lunga vita: fu abolito nel 2004, poco più di un decennio dopo gli eventi da me descritti. I boomerang hanno la strana capacità di tornare da chi li lancia, anche se è un multimilionario.
 
Il Neopaninarismo è un culto del cargo?

Non si può evitare di notare che il contesto in cui sono comparsi i neopaninari è profondamente diverso da quello degli anni '80 dello scorso secolo. Manca del tutto l'ottimismo, la fiducia in un futuro radioso. Allora perché qualcuno sta rievocando qualcosa che non ha attinenza con la nostra epoca inquieta? Forse il fenomeno neopaninaro è una forma di culto del cargo. Alcuni pensano questo: vestendosi come nei frivoli anni '80 e riportando in vita un'estinta identità di gruppo, ritorneranno l'abbondanza e la spensieratezza di quei tempi, per magia simpatica. Il Paninarismo è stato un esperimento antropologico, come abbiamo dimostrato. Il Neopaninarismo non è un esperimento antropologico: è un imprevisto.    
 
 
Violenza, religione, ingiustizia e morte  
 
Questa è la scheda tecnica della canzone dei Pet Shop Boys, che conserva traccia di quanto ho esposto sulle derive religiose del Paninarismo: 
 
Singolo: Paninaro 
Artista: Pet Shop Boys
Album: Suburbia
Anno: 1996 
Paese: Regno Unito 
Lingua: Inglese 
Genere: Synth pop 
Produttore: Pet Shop Boys 
Etichetta: Parlophone

Testo:

Passion and love and sex and money
Violence, religion, injustice and death
Paninaro, Paninaro, oh, oh, oh
Girls, boys, art, pleasure
Girls, boys, art, pleasure
Paninaro, Paninaro, oh, oh, oh
Food, cars, travel
Food, cars, travel, travel
New York, New York, New York
New York
Paninaro, Paninaro, oh, oh, oh
Armani, Armani, ah-ah-Armani
Versace, cinque
Paninaro, Paninaro, oh, oh, oh
Paninaro, Paninaro, oh, oh, oh
Armani, Armani, ah-ah-Armani
Versace, cinque
Paninaro, Paninaro, oh, oh, oh
Paninaro, Paninaro, oh, oh, oh
I don't like country-and-western
I don't like rock music
I don't like, I don't like rockabilly 
or rock 'n0 roll particularly
Don't like much really, do I?
But what I do like I love passionately
Paninaro, Paninaro, oh, oh, oh
Paninaro, Paninaro, oh, oh, oh
Paninaro, Paninaro, oh, oh, oh
You, you're my lover, you're my hope, you're my dreams
my life, my passion, my love, my sex, my money
violence, religion, injustice and death
Paninaro, Paninaro, oh, oh, oh
Don't like much really, do I?
Paninaro, Paninaro, oh, oh, oh
But what I do like I love passionately
Paninaro, Paninaro, oh, oh, oh

Ispirazione: 
 
"Eravamo a Milano a fare promozione, vedemmo dei ragazzi vestiti in modo curioso. Noi eravamo considerati alternativi. Loro sembravano più fan di Madonna o Wham! Ma ci arrivò l'ispirazione per un brano con un coro oh-oh che sembrava piacere tanto all'Italia in quel momento la intitolammo così".  
(Neil Tennant)
 
Il brano fu registrato nuovamente nel 1995, circa un decennio dopo l'estinzione del movimento. Gli fu dato un nuovo nome: Paninaro '95 e usato per promuovere l'album Alternative
 
La religione a cui alludono i Pet Shop Boys è il Gallismo, non certo l'agonizzante bigottismo dei vecchi o il rampante fanatismo di Comunione e Liberazione. La menzione della violenza consiste nell'ingigantimento delle tensioni tra paninari e gruppi ostili (punk, estremisti di sinistra chiamati Ciàina o cinesi, metallari, etc.). La menzione dell'ingiustizia fa riferimento all'ostentazione della ricchezza. E la morte? Mi sembra facile capirlo. Qualcuno a forza di fiutare sacchi di bamba ci sarà pure rimasto secco.
Secondo alcuni questa canzone contribuì ad esportare la moda persino in Albione. Secondo altre fonti era soltanto un'eco della subcultura giovanile italiana, che aveva raggiunto il Regno Unito come un tentacolo sporadico (Falchi, 2003). Sono abbastanza scettico sulla diffusione del Paninarismo in Albione a partire dal 1986, né mi risultano attestazioni di una sua presenza negli Stati Uniti. 
 
Riferimenti

Atwill, 2005: Caesar's Messiah
Azzali, 1993: comunicazione personale 
Benazzo, 2018: Spazio Sara (www.missprettysara.com
Braschi, 2017: Enzo Braschi, il Paninaro di Drive In: "Oggi mi occupo di indiani d’America e ufo", intervista su www.tvblog.it
Canziani-Crivelli, 2015: Raduno dei paninari a Milano: la generazione 'troppo giusta' degli anni '80, su Blasting News Italia (it.blastingnews.com)
Cazzaniga, 1994: comunicazione personale  
D'Agostino, 1985: Quelli della notte (programma televisivo di Renzo Arbore e Ugo Porcelli, trasmesso su Rai2).
D'Agostino, 2011: Gli anni dell'Edonismo Reaganiano, su La Stampa (www.lastampa.it), 6 febbraio 2011  
De Benedetti, 2015: La situazione è grammatica, Einaudi, 2015 
Dionisi, 1988: comunicazione personale
Falchi, 2003: cominicazione personale 
Gallo, 1993: comunicazione personale 
Leggeri, 2015: Trooooooppo scarsi!!! I Paninari a fumetti. (www.lospaziobianco.it)  
Meroni et al., 2012: Adolescenti di oggi e generazioni precedenti: Emo & Co., Rivista di psicoterapia relazionale: 35, 1, 2012, pag. 19 
Mignani, 1994: L'uomo che inventò la Milano da bere, su La Stampa (www.lastampa.it), 1 aprile 2008
Montanelli, 1979: I nonni del '68, su Il Giornale nuovo, 16 gennaio 1979
Monti, 1985: comunicazione personale 
Moretti, 1987: memorie
Sam Arko, 2007: Vero e falso dei paninari, thread su Narchive.com.
Santolini, 2008: L'uomo che inventò la Milano da bere, su La Stampa (www.lastampa.it), 1º aprile 2008 
Verdoia, 2013: intervista in Troppo giusto - Storia dei paninari italiani (www.vice.com)

mercoledì 24 aprile 2019


LA FUGA DI LOGAN 

Titolo originale: Logan's Run
Lingua originale: Inglese
Paese di produzione: Stati Uniti d'America
Anno: 1976
Durata: 118 min
Genere: Fantascienza
Sottogenere: Distopia, postapocalittico
Regia: Michael Anderson
Soggetto: William F. Nolan e George Clayton Johnson
     
(romanzo omonimo, scritto a quattro mani)
Sceneggiatura: David Z. Goodman
Produttore: Saul David, Hugh Benson

Compagnia di produzione: Metro-Goldwyn-Mayer
Distribuzione: United Artists (USA, Canada); Cinema
      International Corporation (internazionale)

Musiche:
Jerry Goldsmith
Interpreti e personaggi:
    Michael York: Logan 5
    Jenny Agutter: Jessica 6
    Richard Jordan: Francis 7
    Roscoe Lee Browne: Box
    Peter Ustinov: L'anziano
    Farrah Fawcett: Holly
    Michael Anderson Jr.: Doc
    Randolph Roberts: L'uomo del Santuario
    Lara Lindsay: La fuggiasca 

    Lara Lindsay: La voce del computer centrale
 

    Gary Morgan: Billy
    Michelle Stacy: Mary 2
    Laura Hippe: Una donna
    David Westberg: Il guardiano
    Camilla Carr: La donna del Santuario
    Gregg Lewis: Cub
    Ashley Cox: La ragazza timida
Doppiatori italiani:
    Roberto Chevalier: Logan 5
    Vittoria Febbi: Jessica 6
    Massimo Giuliani: Francis 7
    Sergio Fiorentini: Box
    Antonio Guidi: L'anziano
    Flaminia Jandolo: Holly
    Gianni Marzocchi: Doc
    Paila Pavese: La fuggiasca
    Germana Dominici: La voce del computer centrale
Titoli tradotti:
    Tedesco: Flucht ins 23. Jahrhundert
    Francese: L'Âge de cristal
            Spagnolo: La fuga de Logan (Spagna);
    Fuga en el siglo XXIII (America Latina)
    Portoghese: Fuga do Século XXIII (Portogallo);
            Fuga no Século XXIII (Brasile)
    Polacco: Ucieczka Logana
    Russo: Бегство Логана

    Finlandese: Pako tulevaisuudesta
    Svedese: Flykten från framtiden
    Rumeno: Fuga lui Logan
    Turco: Logan'ın Kaçışı
    Giapponese: 2300年未来への旅

Budget: 7 milioni di dollari USA
Box office: 25 milioni di dollari USA
Premi e riconoscimenti:   1977 - Premio Oscar
    Migliori effetti speciali (Oscar Speciale) a L. B. Abbott, Glen Robinson e Matthew Yuricich
    Candidatura alla Migliore fotografia a Ernest Laszlo
    Candidatura alla Migliore scenografia a Dale Hennesy e
      Robert De Vestel
  1976 - Saturn Award
    Miglior film di fantascienza
    Migliore fotografia a Ernest Laszlo
    Migliore scenografia a Dale Hennesy e Robert De Vestel
    Migliori costumi a Bill Thomas
    Miglior trucco a William Tuttle 


Trama:
Siamo nell'anno 2274. In seguito a una guerra globale, all'inquinamento e alla sovrappopolazione, il genere umano è stato decimato. I suoi superstiti sono confinati in una città isolata dall'ambiente esterno tramite una cupola geodetica. Un computer centrale onnipresente gestisce la popolazione superstite, penetrando in modo capillare in ogni aspetto anche insignificante della vita dei cittadini. Viene erogato ogni bene materiale e viene permessa a tutti la fruizione di un'esistenza edonista, nella più assoluta libertà sessuale. Tutto ciò esige, com'è ovvio, una pesante contropartita. Non soltanto al cittadino è proibito avere il benché minimo atteggiamento critico verso il sistema, ma la stessa durata della vita è soggetta a una drastica limitazione: per far sì che le risorse, non abbondantissime, possano essere garantite a tutti nel corso delle generazioni, nessuno può vivere più di trent'anni. Tutti portano innestato nella mano destra un cristallo il cui colore dà la misura di quanto manca all'exitus: quando diventa rosso e lampeggiante, significa che l'ultimo giorno è giunto. Quando giunge la fatidica scadenza, il soggetto, che sia uomo o donna, è costretto a trovare la propria distruzione in un gioco brutale e violento, il Carousel. Coloro la cui vita terrena è scaduta vengono sollevati nell'aria da un potente aspiratore che li porta a collidere con una superficie incandescente, il che provoca la subitanea morte in una deflagrazione. I presenti, a cui poco sembra importare il fatto di essere destinati alla medesima fine, siedono in un anfiteatro per assistere all'evento, come se fosse uno spettacolo sportivo. Sono pieni di entusiasmo, forse grazie a qualche sostanza alterante, e urlano in preda alle convulsioni: "Rinnovatevi!" Perché questa è la misera verità: tutti sono accomunati da una stessa fede fanatica nella metensomatosi. Credono cioè che i morti ritorneranno in vita. Ad ogni morto corrisponde un nascituro, procreato per clonazione, secondo un meccanismo considerato deterministico. L'anima degli esplosi, dei bruciati nel Carousel, trasmigra infallibilmente nel corpo di un poppante appena uscito dall'utero di una madre. Questo è il senso dell'imperativo del Carousel: il Rinnovamento. Logan 5 è chiamato così perché considerato la quinta reincarnazione del genotipo Logan. La sua condizione è tutto sommato privilegiata: egli è infatti un Sandman, ossia un Sorvegliante, una specie di poliziotto incaricato di eliminare fisicamente tutti coloro che cercano di sfuggire al loro triste destino. Esiste infatti un'organizzazione clandestina i cui membri indossano una collana col simbolo dell'Ankh e hanno come scopo l'evasione dalla città. Sono i Runners, ossia i Corridori. Facendo sfoggio di un ipocrita eufemismo, si dice che vogliono sottrarsi al Rinnovamento. Il Computer Centrale è afflitto da grave paranoia e crede che i fuggitivi si radunino in un luogo del mondo esterno, conosciuto come il Santuario. Così proprio a Logan 5 viene dato l'incarico di infiltrarsi tra i ribelli, di uscire dai confini della città per individuare il loro quartier generale e distruggerlo. Le perdite ammontano a oltre un migliaio di persone sfuggite ai Sorveglianti. Con una mossa di un'estrema stupidità, il Computer Centrale riprogramma il cristallo vitale di Logan 5 togliendogli 4 anni di vita e rifiutandosi di chiarire se questi anni gli verranno restituiti al termine della missione. Di fatto, l'agente ha la sola alternativa di diventare a sua volta un Runner per sottrarsi all'incombente Carousel. Di fronte a quanto gli è stato rivelato, la sua intelligenza lo porta a capire che, essendo così numerosi i fuggitivi, il meccanismo di reincarnazione del Rinnovamento è soltanto una menzogna. Assieme alla bellissima Jessica 6, una Runner che ha conosciuto, si inoltra fuori dalla città in un viaggo nell'Ignoto. Suo implacabile nemico è ora il Sandman Francis 7, che un tempo era il suo miglior amico. Entusiasta sostenitore del sistema e persecutore satanico di ogni dissidente, Francis 7 è talmente invasato da godere fisicamente nell'assistere all'annientamento delle vittime del Carousel. Non riuscirà comunque a eliminare i due Fuggitivi, anzi, il suo destino è di finire ucciso in un'ingloriosa colluttazione. Il contatto della coppia con il mondo esterno ha esiti fondamentali quanto inattesi per l'intera comunità. Non c'è traccia alcuna della contaminazione nucleare usata dal Computer Centrale come spauracchio per confinare la popolazione sotto la cupola: la Natura è lussureggiante e le lucertole zampettano sui resti dei muri. Logan 5 e Jessica 6 scoprono un sopravvissuto del vecchio mondo, un anziano che vive tra le rovine assieme a un gran numero di gatti e lo conducono al loro luogo d'origine, provocando il crollo del Regime.  



Recensione:

Il film di Anderson è di certo un capolavoro che mi ha profondamente colpito, anche se non tutto regge guardandolo a decenni di distanza dall'epoca che l'ha visto nascere. È un suggestivo e complesso intreccio di temi antropologici, sociologici e filosofici da cui si possono originare discussioni senza fine. Alcune scene fanno sognare. Come sarebbe bello poter provocare l'implosione del Sistema con un semplice atteggiamento di pervicacia, proprio come Logan 5 che fa impazzire il Computer Centrale resistendo alle sue pressioni e contraddicendo il suo dogma fondante dell'esistenza del Santuario! "Il Santuario non esiste!": questa sublime frase ripetuta di continuo, questo mantra taumaturgico che permette alla volontà del dissidente di vincere un apparato leviatanico, come San Michele Arcangelo ha sconfitto il Dragone! Sarebbe troppo bello se fosse vero!  


Capitan Findus robotico! 

L'illusione dell'esstenza stessa del Santuario cade ben presto, quando Logan 5 e Jessica 6 giungono in un antro glaciale ove regna Box, un orrido robot assassino che intercetta tutti i Fuggitivi, li macella e ne fa del cibo per la popolazione della città. Questo è un punto debole della narrazione, a mio avviso. Se ci pensiamo un attimo, il Computer Centrale non può essere all'oscuro dell'origine delle forniture di cibo che permettono alla città di essere autosufficiente. Deve quindi sapere che Box intercetta svariate fonti di materia commestibile nel mondo esterno, inclusi i Fuggitivi. Quindi sa per certo che il Santuario non esiste. Allora com'è possibile che alla fine Logan 5 riesca a mandare in cortocircuito la tirannica macchina affermando con pervicacia che il Santuario non esiste? 


Teletrasporto erotico!

Le genti della città sotto la cupola godono di ogni sorta di sostegno alla loro vita di piaceri sensuali. Un marchingegno mirabile detto Circuito semplifica molto la vita, permettendo al suo proprietario di sintonizzarsi sull'immagine di una possibile compagna di giochi erotici, per giunta passando con un telecomando alla successiva qualora non fosse soddisfatto dalla proposta. Alla bisogna è anche possibile sintonizzarsi su un travestito. Tutto sommato si tratta di una sorta di chat erotica ante litteram, non troppo dissimile da Chaturbate, quel sito in cui ragazze e ragazzi della Z Generation si masturbano furiosamente, con un peduncolo di gomma rosa infilato nel deretano per misurare l'audience. C'è però una differenza sostanziale. Logan 5 può premere l'apposito tasto, ed ecco che la persona su cui la macchina si è sintonizzata viene teletrasportata all'istante e compare per incanto nell'appartamento, in carne ed ossa. Proprio così il nostro eroe fa la conoscenza della bellissima Jessica 6. Siamo quindi di fronte a un vero e proprio teletrasporto erotico. L'ingenuità di fondo è questa: mi pare impossibile che una società tecnologica arrivi a progredire a tal punto da permettere il teletrasporto delle persone, per poi limitare questa meraviglia a contesti erotici. Solo per fare un esempio, non avrebbe potuto farne un uso politico? Non sarebbe stato estremamente comodo ai Sandmen poter usufruire del teletrasporto nelle loro operazioni di caccia ai Runners


 Un paradosso nel concetto di metempsicosi  

Già Giulio Cesare, anche soprannominato Regina di Bitinia, ebbe a manifestare un certo grado di scetticismo sulle dottrine della metempsicosi e della metensomatosi, imperanti nelle Gallie. Così spiega nel De bello Gallico, VI: "In primo luogo, i druidi vogliono infondere queste credenze: che l'anima non muore, ma che dopo la morte passa da un corpo a un altro, e i druidi pensano che i galli siano stimolati soprattutto da questa credenza a comportarsi valorosamente, essendo stato messo da parte il timore della morte". Anche Lucano parlava della "felice illusione dei popoli che vivono sotto l'Orsa, non ossessionati dal più grande dei timori, il timpore della morte" (Bellum Civile, I). Per gli autori romani erano ingegnose invenzioni della classe sacerdotale dei Druidi, che le utilizzava per infondere un immenso coraggio ai guerrieri, perché "convinti che è da vile risparmiare una vita che dovrà tornare". Diodoro Siculo sembra alludere in modo fugace e indiretto a una setta minoritaria di dissidenti, quando scrive "tra di loro prevale la dottrina pitagorica, secondo la quale le anime umane sono immortali e rivivono per un cero numero di anni in un altro corpo." (V, 28, 6). Se la dottrina pitagorica prevaleva, significa dunque che non era condivisa da tutti? Forse vi erano Druidi che aderivano piuttosto alle dottrine stoiche di disgregazione dell'Essere con la morte, verosimilmente perché lo ritenevano composto di atomi. A quanto pare né i Druidi né Siddharta Gautama Buddha si sono posti il problema del bilancio ontologico. Sono consapevole del fatto che l'idea buddhista sia piuttosto diversa da quella pitagorica. All'atto pratico, tale differenza non è però rilevante. Tante persone muoiono, tante essenze senzienti si devono insediare in nuovi corpi (Buddha parlerebbe di "fiammelle che si accendono"). Che accadrebbe se compissimo uno spaventoso genocidio, eliminando una cinquantina di milioni di persone? Dove andrebbero le loro essenze? Che accadrebbe se portassimo alcune coppie su un nuovo pianeta abitabile, ammesso che la cosa sia fisicamente possibile? Da dove proverrebbero le essenze vitali dei milioni di discendenti di questi pochi capostipiti? Buddha parla di pluralità dei mondi: si avrebbe migrazione delle fiammelle vitali da un mondo ad un altro. Resta però il fatto che tali mondi diversi dal nostro non siano esperibili da mente umana, ergo non dimostrabili. Il fatto angosciante che ci appare in tutta la sua ragionevolezza è il Principio di Conservazione dell'Essere: l'essenza di un vivente non può essere creata né distrutta. Questo è il pilastro di ogni dottrina della metempsicosi e della metensomatosi. E ne è anche il punto debole. Da quanto ha potuto osservare, Logan 5 arriva a una desolante conclusione: nessuno si è mai rinnovato!


Etimologia di Carousel 

Ebbene sì, il Carousel ha un'etimologia napoletana. Si tratta infatti del celebre carusiello, da cui è derivato anche l'italiano carosello. A quanto pare, in origine sarebbe stato un gioco che consisteva nel lanciarsi una palla di creta, immaginata come la testolina di un caruso, ossia di un ragazzo. Il condizionale è d'obbligo. I romanisti riconducono il vocabolo caruso all'aggettivo latino cariōsus, ossia "marcio", "affetto da carie", interpretando cariēs "carie" come "tigna": da "tignoso" si sarebbe giunti quindi a "liscio", "decalvato", "dal cranio rasato". Questo tentativo etimologico, in ultima analisi opera di Benedetto Croce, mi appare vano e abbastanza grottesco. L'esistenza del verbo carosare (carusare) "rasare, tosare" non è una prova della sua tesi, semmai fa sorgere un ulteriore interrogativo, anche perché i tignosi presentano un cuoio capelluto scabro e marcio, non liscio e simile a quello delle persone rasate.  

La spiegazione di carosello fabbricata da don Benedetto è presentata in Italia come un dato di fatto incontrovertibile, ma a quanto pare non è affatto riuscita ad imporsi nel mondo anglosassone. Le fonti in lingua inglese riportano proposte etimologiche assai diverse, che rimandano carosello a carro o a quadriglia. Questo ad esempio è ciò che riporta il famoso dizionario etimologico inglese Etymonline.com:


1640s, "tilting match, playful tournament of knights in chariots or on horseback," from French carrousel "a tilting match," from Italian carusiello, possibly from carro "chariot," from Latin carrus "two-wheeled wagon" (see car). The modern meaning "merry-go-round" as an amusement ride is by 1895, though there are suggestions of such a thing earlier: 

A new and rare invencon knowne by the name of the royalle carousell or tournament being framed and contrived with such engines as will not only afford great pleasure to us and our nobility in the sight thereof, but sufficient instruction to all such ingenious young gentlemen as desire to learne the art of perfect horsemanshipp.
[letter of 1673]
  


Queste divergenze danno testimonianza, se ancora ce ne fosse bisogno, del grado di incertezza che si incontra negli studi etimologici, spesso incapaci di fornire una compiuta e attendibile spiegazione a realtà anche di origine abbastanza recente. Per colmo del paradosso, ci troviamo a maneggiare etimologie molto più solide e dimostrabili quando confrontiamo tra loro le antiche lingue di ascendenza indoeuropea!  


 Etimologia di Sandman 

Sia nel romanzo di Nolan-Johnson che nel film di Anderson il termine Sandman è usato come sinonimo di Sorvegliante o di Guardiano: è un eufemismo per assassino, agente della Polizia politica. Quale ne è l'origine? Nel folklore germanico l'Uomo della Sabbia (inglese Sandman, tedesco Sandmann) è un'entità che invia i bei sogni ai bambini. Il volgo crede che l'onirismo sia causato da granelli di sabbia che questa entità mette negli occhi dei dormienti. Accade così che i cispi e le concrezioni lacrimali trovate al risveglio siano interpretate come prove dell'opera dell'Uomo della Sabbia. E tutto questo che attinenza ha con degli assassini, dei pasdaran incaricati di abbattere chi cerca di sfuggire a un'orrida immolazione? Semplice: il Sandman è visto non soltanto come l'artefice del buon sonno e delle immagini che lo allietano, ma anche come il simbolo dell'inevitabile procedere del tempo verso la Morte. Il riferimento può ben essere ai granelli di sabbia della clessidra che simboleggia la vita nel suo vano fluire. Per capire veramente qualcosa su questo argomento, è necessario avere qualche nozione del romanzo da cui è derivato il soggetto del film (vedi più avanti)...  


Le fellatrici e il vecchione 

Quando Logan 5 e Jessica 6 si imbattono nell'uomo anziano che vive tra le rovine, tanto vetusto da non ricordarsi più nemmeno il proprio nome, accade qualcosa di meritevole della massima attenzione. I due giovani fuoriusciti dalla città sotto la cupola non hanno mai visto prima una persona con più di trent'anni. All'improvviso vengono messi di fronte a tutta una serie di cose che per noi sono scontate ma che a loro appaiono sconosciute e inaudite. Ad esempio desta enorme stupore il fatto che l'uomo sia nato naturalmente dopo essere stato portato in grembo da sua madre. Jessica 6 si innamora immediatamente di lui. Lo si capisce dai suoi occhi, che sono luminosi mentre lo guardano. L'adorazione traspare da ogni fibra del suo essere. I segni stessi della vecchiaia non destano in lei ripugnanza, ma una fortissima attrazione sessuale. Quando gli tocca le rughe sul viso, freme tutta, come se fosse stata scossa da un orgasmo improvviso. Quando alla fine il Vecchio si trova sulla riva del mare in mezzo a una massa di giovani, si capisce subito che è fatto oggetto di un desiderio lancinante. Tutte queste bellissime ragazze si fanno avanti per toccarlo. Vorrebbero inginocchiarsi davanti a lui e fellarlo! Anche se il fallo non avesse risposta erettile, data la tarda età, per le adoratrici sarebbe comunque un'esperienza estatica sentirlo in bocca. Preferirebbero il suo soft cock a qualunque hard cock. Poi ci si pensa e si capisce: non solo le ragazze sono animate da questa bramosia, anche i ragazzi...  

Differenze tra il film e il romanzo 

Ebbene, non ho letto il romanzo da cui il film di Anderson è stato tratto. Quello che posso dire sui punti di discrepanza tra le due opere deriva da ricerche fatte nel Web.

Innanzitutto il barbarico rito del Carousel non è presente nel romanzo di Nolan-Johnson: è stato introdotto appositamente per il film di Anderson. Si noterà che la prima menzione è nella forma Carrousel (sic). Non mancano esempi della variante Carousell, a dimostrazione di quanto traumatico sia per gli anglosassoni il problema dell'ortografia di parole inconsuete. Nel libro nolaniano la morte era somministrata tramite il cosiddetto Deep Sleep, ossia Sonno Profondo: in pratica era una specie di eutanasia che avveniva tramite camera a gas, chiamata con eufemismo Sleepshop (Negozio del Sonno). Manca del tutto la mistica del Rinnovamento. Si noterà che la denominazione Sandman, connessa proprio con il Deep Sleep, è un elemento incongruo rimasto nella lavorazione della pellicola come un residuo maldigerito, un geroglifico che si staglia come una particella incorruttibile sopravvissuta a un complesso processo di digestione.  

Il romanzo è ambientato nel XXII secolo (anno 2116), il film si svolge nel XXIII secolo (anno 2274). Lo stesso concetto di città isolata tramite una cupola geodetica è un'innovazione introdotta dal regista: Nolan e Johnson hanno invece immaginato un mondo sì postcatastrofico, ma interamente esplorabile. L'estensione della vita è di 30 anni nel film, mentre è di soli 21 anni nel libro. Sembra che questo cambiamento sia stato apportato per motivi puramente tecnici: non era agevole produrre una pellicola con un cast tanto giovane. 

Si può enucleare un'altra differenza fondamentale. Nel romanzo il Santuario è un luogo reale: si trova sul relitto di una colonia spaziale in orbita intorno a Marte, che Logan e Jessica alla fine riescono a raggiungere con un razzo.  La principale conquista delle genti del Santuario rispetto a coloro che sono rimasti sulla Terra è proprio la possibilità di poter vivere per tutto il tempo permesso dal loro corpo, senza nessun obbligo di eutanasia. 

Il cristallo che misura quanto resta da vivere, nel film diventa di un rosso splendente quando il tempo scade, mentre nel romanzo vira su tonalità scure fino a diventare nero al giungere dell'ultimo giorno. Il nome gergale dato a questi cristalli da Nolan è "palm flowers", ossia "fiori del palmo della mano". Cosa anche più bizzarra, l'anziano Superstite del Mondo Antico ha soltanto 42 anni nel libro e si chiama Ballard: non è decrepito e non ha rughe sul volto, ma cicatrici chirurgiche. Non sono riuscito a capire se fosse desiderato da torme di fanciulle e di fanciulli in preda alla libidine!  

Che altro dire? Spero di leggere il romanzo in un futuro non troppo lontano: se questo accadrà, lo recensirò e approfondirò l'interessante questione.

Curiosità varie 

I gatti che vivevano nelle rovine assieme al Vecchio erano in realtà allevati dallo stesso Peter Ustinov sul set del film per ingannare la noia. L'attore amava dare agli amati felini nomi buffi e stravaganti. Così uno è stato battezzato Cat-tastrophe e un altro Cat-atonic. Si tratta di umorismo anglosassone, certo, di un modo agevole di forgiare battute leggere, ma al contempo dà la misura di quanto i parlanti sentano come astrusa e incomprensibile l'etimologia greca di un gran numero di parole usate nel linguaggio corrente. 

Quando il Vecchio mostra a Logan e a Jessica la galleria con i dipinti dei Presidenti degli USA, all'inizio si pensava di includere un ritratto di Richard Nixon, accompagnato dal commento "They used to call him tricky... something". Il gioco di parole era tra Ricky (diminutivo di Richard) e tricky "ingannevole". La battuta, considerata troppo controversa per l'epoca, fu infine soppressa. 

Peter Ustinov ha improvvisato gran perte dei suoi dialoghi. Questi sono apparsi incredibilmente noiosi, tanto che nell'edizione italiana sono stati tradotti soltanto in parte, lasciando interi minuti in lingua originale - secondo un costume che all'epoca era abbastanza in auge. 

Il divano "terrazzato" di cuoio che fa bella mostra nella casa di Logan 5 è frutto dell'ingegno del disegnatore svizzero Ubald Klug, che lo ha progettato per l'industria di mobili De Sade. Il pezzo in questione è stato etichettato come n° DS-1205. All'epoca era disponibile per l'acquisto e molto costoso. 

La lotta tra Jessica e Holly era stata programmata per essere più lunga, ma lo stesso Anderson dovette intervenire per ridurne l'intensità e la durata: temeva che le due sensuali creature ci mettessero troppo impegno, finendo con lo strapparsi davvero i capelli e col graffiarsi.  

Opere derivate 

Menzioniamo senz'altro la serie televisiva La fuga di Logan (Logan's Run, 1977-1978), sempre prodotta dalla MGM. È composta da 14 episodi, di cui un episodio pilota di 90 minuti e 13 episodi di 50 minuti ciascuno. La prima TV italiana è avvenuta nel 1984. La serie ingarbuglia la trama al punto da diventare inconcludente, cosa che alla fin fine è stata la sua Nemesi. 

Ci sono poi due serie di fumetti. La prima serie è stata prodotta da Marvel Comics nella stagione 1976-1977 ed è formata da 7 numeri. In Italia la pubblicazione, opera dell'Editoriale Corno, è avvenuta nel 1978. La seconda serie, opera di Nolan, è stata pubblicata a metà degli anni '80 dalla Malibu Graphics. 

Alla metà degli anni '90, a riprova della vitalità e del successo della storia, è stato progettato un nuovo film. Ancora nel 2000 non ne era uscito nulla, ma il produttore Joel Silver era pronto a collaborare con Skip Woods per la regia e la sceneggiatura. Ha così avuto inizio un'odissea i cui contorti dettagli occuperebbero un volume di enciclopedia. Tutta questa fatica non ha portato proprio a nulla. Anzi, possiamo dire che l'intero progetto è andato in merda.