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mercoledì 4 agosto 2021

IL SALMO CANARIO O PADRE NOSTRO GUANCHE: UN FALSO STORICO

José Barrios García è l'autore dell'articolo Las seis vidas de una frase: el salmo canario o padrenuestro guanche, ossia "Le sei vite di una frase: il salmo canario o padrenostro guanche", pubblicato nel 2016 sulla rivista Tabona. Revista de prehistoria y de archeología (Universidad de la Laguna, vol. 21). Il lavoro, presente nel sito Academia.edu, è liberamente consultabile e scaricabile al seguente link: 
 
 
Nel 1934, Emilio Hardisson y Pizarroso presentò all'Instituto de Estudios Canarios una frase che avrebbe dovuto essere la traduzione del Salmo 113 nella lingua preispanica delle Canarie. Questa frase, riportata in un manoscritto datato 1803, era la seguente: ATISA CAGNREN CHA ONDIKHUESATE ANTICHIAHA ONANDA ERARI. La presunta traduzione in spagnolo sarebbe questa: "Desde el Oriente hasta el ocaso es loable el nombre del Señor", ossia "Dall'Oriente all'Occidente è lodevole il Nome del Signore". La traduzione CEI del testo biblico è la seguente: "Dal sorgere del sole al suo tramonto sia venerato il nome del Signore". Sorvoliamo sulla discrepanza tra le varie traduzioni. Tutto molto suggestivo. Peccato che si tratti di un colossale imbroglio, come Barrios García ha potuto dimostrare con argomenti solidissimi. All'epoca, Dominik Josef Wölfel e altri studiosi non sono riusciti a concludere nulla sull'affidabilità di questo documento e sul suo significato reale, giungendo a fatica alla conclusione che potesse trattarsi della prima frase del Padre Nostro: da ciò è derivata la denominazione tradizionale di Padre Nostro Guanche. Penso che sia importante parlarne per vari motivi. Innanzitutto, nessuno in Italia a quanto pare si occupa delle lingue degli antichi Canari. Inoltre questa è la cronistoria di un falso storico particolarmente nocivo e persistente, dal momento che è persino stato utilizzato come simbolo da movimenti religiosi che possiamo soltanto definire posticci. Già è di estrema difficoltà far luce sul passato del genere umano, con tutte le lacune che minacciano la Conoscenza ad ogni passo. Se poi ci si mettono coloro che diffondono informazioni fittizie, non si può riuscire a ottenere alcun risultato utile, si viene costantemente intralciati e si rischiano conclusioni fuorvianti - come questo caso dimostra al di là di ogni dubbio.
 
L'autore dell'articolo parte dall'origine dell'equivoco che ha dato vita al falso storico del Padre Nostro Guanche, seguendone passo per passo lo sviluppo attraverso i secoli. Credo che sia più efficace compiere il percorso a ritroso. 

Nel 2011, Ignacio Reyes García, autore del famoso Diccionario Ínsuloamaziq, è partito dalla frase trasmessa dalla "tradizione orale", riportata da Fernando Hernández González nel suo libro Taucho, la memoria de los antiguos (2010), soltanto di poco diversa da quella pubblicata da Hardisson y Pizarroso:

Atixa chaeren chaondi xuexate anti chaxana onanda erari. 

Così Reyes García l'ha "trascritta", trasponendola in berbero, nella miglior tradizione dei traduttori magici

A ətti ččaš šagren ša ondi, Wassksaḍ anti išačča-ana, onan-da er ăr-i.

Quindi ne ha dato una "traduzione letterale": 

"Desde que el incremento el brillo duradero hacia el término, Dios el origen nos sustenta, el propio nominativo hasta mi objeto más preciado."
 
In italiano suonerebbe così: 
 
"Poiché accresce lo splendore duraturo del termine, Dio l'origine ci sostiene, il nominativo stesso al mio oggetto più prezioso."
 
Ha fatto seguito una traduzione figurata: 
 
"Desde el naciente del Sol hasta el ocaso, Dios es la causa que nos sustenta, incluso el nombre mismo [es] mi ser más querido." 
 
In italiano suonerebbe così: 
 
"Dal sorgere del Sole al tramonto, Dio è la causa che ci sostiene, anche il nome stesso [è] il mio essere più caro."
 
Veniamo ora alla "tradizione orale" di partenza. La frase fece la sua misteriosa comparsa verso il 1970 nel contesto dei movimenti religiosi canari fondati sul recupero della spiritualità e dei rituali degli antichi Guanche. La fonte ultima a cui Reyes García ha potuto risalire sarebbe stata un documento degli inizi del XIX secolo, che fu evidentemente consultato da un antenato dell'informatore. Credo che a questo punto sia opportuno riportare le testimonianze contenute nell'articolo di Barrios García, per necessità di conoscenza.
 
"[La frase] figura en un documento fechado en 1803 que recopila esta fórmula en diversos idiomas, aunque la versión que da entrada a este asiento fue recogida por Fernando Hernández González de su abuelo Isidro Hernández, quien la pronunciaba durante la celebración del ritual del Achún Magec."  
 
Traduzione: 
 
"[La frase] appare in un documento del 1803 che riporta questa formula in varie lingue, anche se la versione che dà accesso a questa voce è stata raccolta da Fernando Hernández González presso suo nonno Isidro Hernández, che la pronunciò durante la celebrazione del rito dell'Achún Magec." 
 
E ancora (il grassetto è mio): 

"Según el periodista y escritor Fernando Hernández González, su abuelo, Isidro Hernández, natural de Lomo Mena, en la comarca de Agache (sur de Tenerife), acudía con un grupo de amigos a las Piedras de Ayesa (Arafo) en la madrugada de cada 21 de junio para celebrar un pequeño ritual que denominaba «Achún Magec» [...]. Durante esta ceremonia solsticial, pronunciaba su propia versión del salmo 112: «Atixa chaeren chaondi xuexate anti chaxana onanda erari»..."  
 
Traduzione: 
 
"Secondo il giornalista e scrittore Fernando Hernández González, suo nonno, Isidro Hernández, originario di Lomo Mena, nella regione di Agache (a sud di Tenerife), si recò con un gruppo di amici alle Piedras de Ayesa (Arafo) nei primi anni mattina di ogni 21 giugno per celebrare un piccolo rito che chiamò «Achún Magec» [...] Durante questa cerimonia solstiziale, pronunciò la propria versione del Salmo 112: «Atixa chaeren chaondi xuexate anti chaxana onanda erari»...)" 

Ecco altre informazioni utili sulla linea esoterica fittizia:
 
"Sin embargo, no consta tampoco la línea de transmisión a través de la cual recibió esta sentencia [el abuelo de F. Hernández], aunque una fecunda tradición oral parece haber sido conocida por algún otro antepasado de su familia paterna (en particular, su abuelo, Agustín Hernández Izquierdo, cabrero en la zona de Anocheza)."  
 
Traduzione: 
 
"Tuttavia, non si conosce la linea di trasmissione attraverso la quale [il nonno di F. Hernández] ricevette questa frase, anche se sembra che una fruttuosa tradizione orale sia stata conosciuta da qualche altro antenato della sua famiglia paterna (in particolare, suo nonno, Agustín Hernández Izquierdo, capraio della zona di Anocheza)."
 
Orbene, credo che a questo punto anche un orango capirebbe che il documento del 1803 contenente la supposta frase canaria è proprio quello citato da Emilio Hardisson y Pizarroso nel 1934. A quanto pare, lo studioso non ha mai visto quel libro con i propri occhi, ne ha soltanto sentito parlare (il grassetto è mio): 
 
"En ese documento [...] descubrí la siguiente frase en canario: «Atisa cagnren cha ondikhuesate antichiaha onanda erari», que quiere decir en castellano: «Desde el Oriente hasta el ocaso es loable el nombre del Señor»" 
 
Traduzione: 

"In quel documento [...] Ho scoperto in canario la seguente frase: «Atisa cagnren cha ondikhuesate antichiaha onanda erari", che in spagnolo significa: "Dall'Oriente all'occidente è lodevole il nome del signore"."
 
L'interesse accademico per la frase riportata da Hardisson y Pizarroso e discussa da Wölfel si è estinto presto, dopo alcune sterili polemiche, ma dura tuttora la sua sopravvivenza nel panorama delle bizzarre credenze legate al ricordo degli antichi indigeni. 
 
L'inghippo 
 
Ecco che i nodi vengono al pettine! Proprio nel 1803, Francisco M.a de Ardanaz y Ormaechea (1780 - 1825), giovane custode della Biblioteca Reale che con tempo sarebbe diventato uno dei calligrafi più famosi del Regno di Spagna, preparò con la massima cura una pergamena con testi scritti nelle lettere in uso nelle nazioni delle quattro parti del mondo conosciuto. La pergamena in questione è dedicata al bibliotecario reale, don Pedro de Silva y Meneses, a Madrid, il giorno 23 dicembre 1803. Ardanaz y Ormaechea ha riprodotto liberamente un'incisione del gesuita tedesco Athanasius Kircher (1602 - 1680), Horoscopium catholicum Societ. Iesu, includendovi le versioni del Salmo 113 in varie lingue. A questo punto è stato commesso un errore madornale: dove il testo di Kircher riporta come nome della lingua Canadicè, ossia "Canadese", il calligrafo spagnolo ha scritto con improvvido rotacismo Canaricè, ossia "Canario"
 
L'Horoscopium catholicum di Kircher, contenuto nella sua opera Ars magna lucis et umbrae, pubblicata a Roma nel 1646, mostra Ignazio di Loyola, fondatore della Compagnia di Gesù, ai piedi di un olivo le cui ramificazioni rappresentano la divisione provinciale del suo ordine. I quattro angoli dell'incisione sono ornati con 34 frasi in altrettante lingue. Almeno dieci di queste frasi sono traduzioni del terzo versetto del Salmo 113 (112 secondo un'altra nomenclatura): "Dall'Oriente all'occidente è venerato il nome del Signore". L'angolo superiore destro dell'incisione mostra il versetto tradotto nelle seguenti lingue: Lusitanicé (Portoghese), Sardicè (Sardo), Siam (Thailandese), Chilichè (Mapudungun, un tempo detto Araucano), Canadicè (Wyandot, ossia Urone) e Mexicè (Nahuatl o Azteco). La frase contrassegnata con Canadicè è così scritta: "Atisacagnren cha ondikhucȣatè atichiahà onandaeraƨi". La si riconosce subito.
 
Il Salmo Canario è nella lingua di Magua!   
 
Qualcuno si ricorda L'ultimo dei Mohicani, il romanzo di James Fenimor Cooper? Un tempo il suo successo è stato considerevole e quasi tutti l'avranno letto quando erano bambini. Il "cattivo" del romanzo è Magua, della tribù degli Uroni. Ecco, la frase "Atisa cagnren cha ondikhuesate atichiaha onanda erari" è formulata nella lingua di Magua, non in lingua Guanche! 
 
Il testo originale si trova nell'opera del gesuita francese Jean de Brébeuf (1508 - 1649), Relation de ce qui s'est passé dans le pays des Hurons en l'année 1636 (ossia "Relazione di ciò che accadde nel paese degli Uroni nell'anno 1636"), pubblicata a Parigi nel 1637. Nelle pagine 48-49 del volume in questione, è contenuta una lunga orazione nella lingua degli Uroni (il cui endoetnico è Wyandot), con traduzione interlineare in francese. 
 
Barrios García si è limitato a riportare la fotografia di un estratto del testo originale di Brébeuf del 1637, una scelta che a me sembra poco felice, in quanto non permette di apprezzare appieno l'enorme portata della scoperta. Riporto quindi il testo integrale dell'orazione nella lingua degli Uroni (Wyandot), con evidenziate in grassetto e in rosso le parole interessate, che sono poi state utilizzate per fabbricare il falso Padre Nostro Guanche. Il carattere ȣ indica un'approssimante velare /w/, non diversamente dal carattere w dell'inglese want
 
IO SAKHRIHOTE DE SONDECHICHIAI, DINDE ESA D'OISTAN ICHIATSI, DINDE DE HOEN ICHIATSI, DINDE DE ESKEN D'OATATOECTI ICHIATSI; IO SAKHRIHOTE, ONEKINDÉ OERON D'ICȣAKERHA, ATISACAGNREN CHA ONDIKHUCȣATÉ ATICHIAHÀ, ONNE ATISATAȣAN ÀȣETI; AERHON ONATINDECȣAESTI. CAATI ONNE ȣÀTO ESÀTAANCȣAS ECHA ÀȣETI, ÀȣETI ESÀTONKHIENS, ONDAYEE ECHA ȣENDERHAY CHA ȣENDIKHUCȣATÉ OTINDEKHIEN, ȣENDERHAY AȣANDIO AȣATON EȣA TICHIAHA. IO ICHIEN NONHȣA ETSAON HATSACARATAI, ATSATANONSTAT. ENONCHE ȣATINONHȣAKÉ, ENONCHÉ ȣATIRIHȣANDERÂKÉ, AONHȣENTSANNENHAN, SERREȣA EȣA D'OTECHIENTI, DIN DE ONGNRATARRIÉ ETSESONACHIEN, SERREȣA ITONDI ; DIN DE ONRENDICH ESONACHIEN, SERREȣA ITONDI; DIN DE ȣSKENRAETAC ESONACHIEN, SERREȣA ITONDI; DIN DE OKI ESONIATOATA ONDAYEE D'OKIASTI. CHIA DAONONCȣAIESSA D'OKI ASAOIO, SERREȣA ITONDI. OCȣETACȣI SERREȣA EȣE D'OTECHIENTI. IESUS ONANDAERARI DIEU HOEN ONDAYEE ACHIEHETSARON DE HIAISTAN, ONEKÉ TEHIAMONSTAS, CHIA DESA ȣARIE IESUS ONDȣE DE CHIKHONCȣAN, ONDAYEE ITONDI CHIHON, TO HAYAȣAN.  

Riporto anche la traduzione in francese, che nel testo compare in forma interlineare in caratteri più piccoli rispetto a quelli usati per il testo nella lingua degli Uroni. Mantengo l'ortografia originale, che presenta alcune differenze rispetto a quella attualmente in uso (il carattere ſ variante di s; u al posto di v intervocalica e v al posto di u iniziale, etc.).
 
"Sus eſcoutez vous qui auez fait la terre, & vous qui Pere vous appellez, & vous ſon fils qui vous appellez, & vous Eſprit Sainct qui vous appellez, ſus eſcoutez car ce n’eſt pas choſe de peu d’importance que nous faiſons, regardez ces aſſemblez enfans, deſia ce ſont tes creatures tous ; parce que on les a baptiſez. Mais voicy que vne autrefois nous te les preſentons eux tous, nous te les abandonnons tous, c’eſt ce que penſent ce que voila aſſemblées femmes, elles penſent maiſtre qu’il ſoit de tous les enfans. Sus donc maintenant prenez courage gardez-les, defendez-les. Qu’ils ne deuiennent point malades, qu’ils ne pechent iamais, deſtournez tout ce qui eſt mal ; que ſi la contagion nous attaque derechef, deſtourne-là auſſi ; que ſi la famine nous attaque deſtourne-la auſſi ; que ſi la guerre nous aſſault deſtourne la auſſi ; que ſi le demon nous prouoque, c’eſt à dire le mauuais demô, & les meſchans qui par poiſon font mourir, deſtourne les auſſi. Finalement deſtourne tout ce qui eſt de mauuais. Ieſus noſtre Seigneur de Dieu Fils, c’eſt ce à quoy tu exhorteras ton Pere, car il ne te refuſe point. Et vous auſſi Marie de Ieſus la Mere qui eſtes Vierge, cela auſſi dis. Ainſi ſoit-il."  
 
Traduzione, il più possibile letterale:  

"Ascolta, tu che hai fatto la terra, e tu che voi chiamate Padre, e tu che voi chiamate suo Figlio, e tu che voi chiamate Spirito Santo, ascolta, perché non è cosa da poco quello che facciamo, guarda questi bambini riuniti, che già sono tutti tue creature; perché li abbiamo battezzati. Ma ecco, un'altra volta te li presentiamo tutti, li abbandoniamo tutte a te, questo pensano le donne riunite, esse pensano che tu sia il padrone di tutti i figli. Allora adesso prendete coraggio, conservateli, difendeteli. Che non si ammalino, che non pecchino mai, che si allontanino da tutto ciò che è male; che se il contagio ci attacca ancora, allontana anche quello; che se la carestia ci attacca, allontana anche quella; che se la guerra ci attacca, allontana anche quella; che se ci provoca il demonio, cioè il malvagio demonio, e gli empi che con il veleno causano la morte, allontana anche loro. Alla fine allontana tutto ciò che è male. Gesù, nostro Signore di Dio Figlio, per questo esorterai tuo Padre, perché non ti rifiuterà. E anche tu, Maria di Gesù Madre che sei Vergine, hai detto anche questo. Così sia." 
 
Ecco i link al testo di Brébeuf:   


 
Come fa notare Barrios García e come si può desumere da questi documenti, la corretta traduzione della frase fatidica è "Signore, guarda questi bambini riuniti". Non è la prima frase del Padre Nostro e neppure il terzo versetto del Salmo 113. Non va quindi chiamata Padre Nostro GuancheSalmo Canario. Mi si perdoni la provocazione: sarebbe più sensato chiamarla Preghiera di Magua.   
 
Conclusioni 
 
Cosa possiamo dedurre da quanto esposto? Diverse cose, tutte mortificanti, addirittura annichilenti. 
 
Le culture identitarie e i nazionalismi si nutrono spesso di mitologie fabbricate, prive di qualunque rispondenza con la realtà storica. Solo per fare un esempio, a un indipendentista canario non sembra importare molto il concreto recupero dell'autentica lingua Guanche - anche ammesso che sia possibile realizzarlo. Si crea quindi una pseudo-identità, in cui la sola cosa che conta è la contrapposizione al governo della Spagna (che a sua volta agisce come persecutore per distruggere ogni possibile resto della cultura nativa). Una triade perversa in qualche modo accomuna oppressori e oppressi: 
i) un mito fondante, 
ii) una bandiera,
iii) un nemico. 

Conseguenza: una "tradizione orale" va sottoposta a indagini rigorose. Barrios García ci ha mostrato come una "tradizione orale" sicuramente falsa possa durare molto tempo. Ha importanza il fatto che possa trattarsi di un errore fatto in buona fede? Direi di no. Essendo perdute le lingue un tempo parlate nell'Arcipelago, sono sempre possibili fraintendimenti e distorsioni. I Canari leggono libri sulla cultura e sulla storia dei Guanche, quindi accedono allo scibile anche nel campo linguistico (parole riportate, frasi documentate, tentativi di analisi). Ciascun lettore, spesso privo di basi, può dare autonomamente vita a una "tradizione orale". 
 
Come possiamo ben comprendere, non ha il benché minimo senso che una frase nella lingua di un popolo indiano d'America venga usata in cerimonie e rituali "Guanche" a Tenerife. Se questo è accaduto, e ci sono prove schiaccianti che sia così, significa che i metodi usati finora dagli studiosi sono inefficaci. Se un "traduttore magico" come Reyes García si impegnasse su un testo pornografico in giapponese, opportunamente traslitterato in caratteri rōmaji, potrebbe analizzarlo come berbero continentale, ottenendone frasi religiose ed esoteriche!

domenica 1 agosto 2021

LE MISTERIOSE ISCRIZIONI SULLA STATUA DELLA VERGINE DELLA CANDELARIA

Già parlammo della singolare mitologia connessa con la Vergine della Candelaria e con il suo culto, popolarissimo nell'arcipelago canario e in molti altri luoghi. Secondo la leggenda, una statua della Vergine Maria col Bambinello in braccio e una candela in mano fu rinvenuta da due pastori Guanche sulla spiaggia di Chimisay a Güímar, nell'isola di Tenerife, quasi un secolo prima della conquista di quella terra ad opera degli Spagnoli. L'anno del rinvenimento secondo alcuni è il 1392. Dopo varie vicissitudini, il simulacro fu riconosciuto come un oggetto divino e venerato dalla popolazione indigena. La figura femminile fu dapprima identificata con la Madre degli Dei, Chaxiraxi, e il bambino con suo figlio Chijoraji. Questo finché un nativo dell'isola, che era stato rapito in gioventù ed era cresciuto in Spagna, riconobbe l'immagine della Vergine e convinse il sovrano a trasferirla in una grotta non condivisa con idoli di divinità pagane. Quest'uomo, noto come Antón Guanche, in seguito fece da traduttore per i missionari che catechizzarono le genti di Tenerife. Tracce dell'antico sincretismo persistono tuttavia fino ai nostri giorni.
 

Riporto la descrizione dell'originale simulacro mariano, fatta da un religioso dell'Ordine Domenicano
, Frate Alonso de Espinosa (1543 - 1616), poi ripresa da un personaggio conosciuto con lo pseudonimo di Frate Juan Abréu Galindo (1535 - ?), dell'Ordine dei Frati Minori. Questo è il testo in spagnolo: 
 
La imagen es de más o menos 5 palmos de altura (aproximadamente 1 metro), contando con la peana en que apoyaba los pies. Su posición era de pie, con la cabeza recta y mirando al frente, teniendo en el brazo derecho al Niño Dios, desnudo, las piernecitas dobladas y los brazos también. Aprisionaba por las alas un dorado pajarito de moñita o peineta, y por último, la Imagen del Niño tenía la cabeza ladeada a la derecha y miraba a algo que estaba a los pies de la Madre. El brazo izquierdo de la Virgen, en posición inverosímil, sostenía al Niño, y en la mano izquierda, que se presentaba en posición cerrada y muy natural, tenía un trozo de vela como un jeme de color verde, que daba a entender podía aumentarse con otro, a voluntad, y por último apoyaba las plantas de los pies sobre una tabla redonda o peana, como de cuatro centímetros de alto, pintada de color encarnado, descubriendose la parte externa del pie izquierdo que salía un poco del diámetro de la peana. La indumentaria constituíala una túnica dorada, imitando el color amarillo, desde el cuello hasta los pies, haciendo el talle un cinturón cerrado, azul, como de dos centímetros de altura. El manto, también azul obscuro, salpicado de flores de color de oro, calíale desde los hombros por uno y otro lado del cuerpo, sujetándolo sobre el pecho una traba cuerda encarnada. La parte del pie que se dejaba ver por los bajos de la túnica, presentaba calzado un chaplín cerrado, de color encarnado. La cabeza de la Santa Imagen adornába la hermosa cabellera partida a la mitad, cayendo sobre los hombros en seis ramales tendidos por la espalda. El rostro muy proporcionado a la estatura, era ligeramenmte ovalado, adornado por rasgados ojos, boca pequeña y bien plegada y con unas hermosas rosas en las mejillas. La Imagen esta adornada en el cuello del vestido, cinturón en los extremos de las mangas y al pie de la túnica con unas letras, que aún en la actualidad, no ha podido entenderse su significado. 
 
Traduzione in italiano: 
 
"L'immagine è alta più o meno 5 spanne (circa 1 metro), compresa la base su cui poggiava i piedi. La sua posizione era in piedi, con la testa dritta e lo sguardo davanti a sé, tenendo il Dio Bambino, nudo, sul braccio destro, le gambette piegate e anche le braccia. Imprigionava per le sue ali un uccellino d'oro con arco o pettine, e infine l'Immagine del Bambino aveva la testa inclinata a destra e guardava qualcosa che stava ai piedi della Madre. Il braccio sinistro della Vergine, in una posizione inverosimile, reggeva il Bambino, e nella mano sinistra, che si presentava in una posizione chiusa e molto naturale, aveva un pezzo di candela di circa una spanna, di colore verde, che lasciava intendere potesse essere aumentata con un altro, a piacere, ed infine poggiava la pianta dei piedi su una tavola o base rotonda, alta circa quattro centimetri, dipinta di rosso, lasciando intravedere la parte esterna del piede sinistro che fuoriusciva un po' dal diametro della base. L'abbigliamento costituiva una tunica dorata, imitante il colore giallo, dal collo ai piedi, formante una cintura azzurra chiusa intorno alla vita, alta circa due centimetri. Il mantello, anch'esso blu scuro, punteggiato di fiori color oro, scendeva dalle spalle ai lati del corpo, tenendolo sul petto con un cordone cremisi. La parte del piede che era visibile attraverso l'orlo della tunica, aveva una scarpetta chiusa, di colore rosso. La testa della Sacra Immagine ornava i bei capelli divisi nel mezzo, che ricadevano sulle spalle in sei ciocche tese lungo la schiena. Il viso era molto proporzionato all'altezza, era leggermente ovale, ornato da occhi a mandorla, bocca piccola e ben piegata e belle rose sulle guance. L'Immagine è ornata sul collo della veste, sulla cintura all'estremità delle maniche e ai piedi della tunica con alcune lettere, il cui significato non è stato ancora compreso."

Vergine della Candelaria, forse opera di Nicolás de Medina Villavencio
(XVIII sec.). Si notano in rosso le lettere misteriose.

 
Nel 1826 la statua scomparve in una tempesta. L'anno seguente fu realizzata allo scultore neoclassico Fernando Estévez una sua copia, che è quella che ancor oggi si può vedere nella grotta dietro la Basilica della Candelaria. La cosa che ha subito destato il mio interesse sono senza dubbio le lettere sulla tunica del manufatto originale, trascritte dallo stesso Frate Alonso de Espinosa e da altri autori. Non mi risulta che siano visibili sul manufatto attuale. 

Queste sono le enigmatiche iscrizioni: 
 
1) Sul bavero:

(E)TIEPESEPMERI
 
2) Sulla manica sinistra:

LPVRINENIPEPNEIFANT

3) In fondo alla veste:

EAFM IPNINI FMEAREI

4) Sulla cintura:

NARMPRLMOTARE

5) Sul mantello, sul braccio destro:

OLM INRANFR TAEBNPEM REVEN NVINAPIMLIFINIPI NIPIAN 

6) Sul bordo della mano sinistra: 
 
EVPMIRNA ENVPMTI EPNMPIR VRVIVINRN APVI MERI PIVNIAN NTRHN
 
7) Sul retro della tunica:

NBIMEI ANNEIPERFMIVIFVE 
 
Esiste qualche incertezza nella trascrizione di queste sequenze di lettere. Ad esempio, alcuni riportano ETIEPESEPMERI, con E- iniziale, molti altri invece hanno TIEPESEPMERI o TIEPFSEPMERI. Allo stesso modo c'è chi legge EVPMIRNA e chi legge FVPMIRNA. La perdita del manufatto originale rende molto difficile appurare quali siano le forme corrette.  
 
Dipinto del XVIII sec. che mostra l'apparizione della Vergine ai Guanche.
Anche qui si notano le lettere misteriose in rosso.

Non appena sono venuto a conoscenza di questo materiale, subito mi sono posto alcune domande. Che lingua è mai questa? Possibile che nessuno abbia mai studiato la questione? 
 
Tentativi infruttuosi 
 
In realtà le iscrizioni della Candelaria sono state studiate da diversi autori. Prima che qualcuno arrivasse a identificare la lingua misteriosa con una forma di Guanche, sono stati fatti numerosi tentativi di decrittazione a partire dal latino e da altre lingue estranee ai primi abitatori dell'Arcipelago. Tutti questi tentativi sono insipienti e noiosissimi. Sono stati elencati e descritti da Vicente Jara Vera e Carmen Sánchez Ávila (2016, 2017, 2020). Li riporto, li riassumo e li commento brevemente in questa sede. 
 
1) Gonzalo Argote de Molina (1548–1596) interpretava le iscrizioni come acronimi di formule devozionali mariane in latino. Solo per fare un paio di esempi, forniva questa spiegazione allucinatoria della scritta TIEPFSEPMERI, risolvendola in "Illustrata Es Patri Filio Spíritu-santo Et Pia Mater Eiusdem Redemptoris Iesu", mentre NARMPRLMOTARE era interpretato addirittura come "Nostrum Altissimum Regem Maria Peperit Reddidit Libertatem Maria Omnibus Tortis A Rege Erebia". Fantasie a dir poco malate. Tra l'altro, il codice non si adatta bene: non è spiegata ad esempio l'iniziale T- della prima formula. (Abréu Galindo, 1676)

2) Athanasius Kircher (1602 - 1680), il famoso gesuita egittologo, se ne è uscito con altre inconsistenze criptiche dello stesso tenore: spiegava TIEPESEPMERI come "Insignes Matris / Tipus Matris", mentre NARMPRLOTARE è stato ridotto a viva forza a un grottesco "Pro nobis ora, vel advocatio / Pro novis ora, vel advocate" - mutilando un certo numero di lettere. (de Andrade 1664; de Béthencourt Massieu 2004; Núñez de la Peña 1676; Vera, 2016)

3) Bartolomé García Ximénez (1622 - 1690) insisteva con queste assurde chiavi di lettura: spiegava ETIEPESEPMERI come "Eccleciae Triumfantis In Excelsis {Preposita/Praeposita} Electa Sanctorum Et Patrona Militantis Ecclesiae Romanae {Infal<l>ibilis / Indefectibilis}", mentre NARMPRLMOTARE è stato ridotto a viva forza a un grottesco "Non Ambio Regnorum Magna Palatia Requiro Litora Maris Oceani {Thenerifensis / Thenerifensia} Ad Rusticos Edocendos". (Moure, 1991; Vera, 2016)

4) John Campbell (1840 - 1904) ha applicato alle iscrizioni la metodologia dei cosiddetti traduttori magici, utilizzando come chiave di lettura una lingua che gli era praticamente ignota: il basco. TIEPFSEPMERI è stato ridotto a un implausibile "ko i en tu po no en tu me ne ra au", ossia "Koi entu pono entu Menera au", tradotto come "Fa sì che la (dea) Menera ascolti la preghiera, ascolti il dolore". NARMPRLMOTARE è stato ridotto a un implausibile "mi ra er mi to ri se me ma gu re er en", ossia "mira erimi etorri seme etna gure erren", tradotto come "Venendo a far allestire uno spettacolo, per dare al figlio la nostra compassione". (Campbell, 1901; Vera, 2016)

5) Antonio María Manrique (1837 - 1907) è partito dal presupposto che le iscrizioni nascondessero una non meglio specificata lingua semitica. I contenuti sarebbero passaggi biblici devozionali. In quest'ottica, TIEPFSEPMERI è stato interpretato come "Maria, piena di grazia", mentre NARMPRLMOTARE è stato interpretato come "Dio Unico e Padre per tutti". Di certo sono "traduzioni" più sobrie di quelle di Campbell, il che non basta a garantirne la plausibilità. (Manrique, 1898; Vera, 2016)

6) Alonso Ascanio y Negrín (1855–1936) ha proposto una combinazione sincretica di spagnolo, portoghese e italiano. Così (E)TIEPFSEPMERI è stato chissà come ridotto a ME SOBRA O GAJE, mentre NARMPRLMOTARE è stato manipolato fino a diventare EVIIOJ DE NOVIA. Addirittura ci sarebbe la datazione dell'opera: NBIMEI ANNEIPERFMIVIFVE ha dato per misteriosa distorsione LA FIXE SINESIVJ ZEA MCCXLIX. Mi domando come qualcuno abbia potuto sprecare del tempo a leggere simile spazzatura concettuale. (Negrín, 1899; Vera, 2016)

7) Fidel Fita Colomé (1845–1918) ipotizza una trasposizione di caratteri di un latino molto modificato in senso biblico. Va detto che egli ha proposto una spiegazione soltanto per la prima stringa ETIEPFSEPMERI, considerata un anagramma di SEPI ET ERIPE ME ("proteggimi e liberami"). Fornisce alcuni riferimenti biblici, scelti perché si parla di una torre, da lui identificata con la protezione soprannaturale: Cantico dei Cantici, 4, 4 e Isaia, 5, 2. Quindi connette questa simbologia della torre con l'epiteto Turris eburnea, ossia Torre d'Avorio, attribuito alla Vergine nelle Litanie Lauretane. Tutto ciò è molto labile. (Moure, 1991; Tveedale, 2005)

8) José Hernández Morán (1922 - vivente) continua imperterrito la tradizione degli pseudo-acronimi multipli ottenuti in modo ingegnoso quanto vano da frasi latine e spagnole. Prende spunto dal gesuita Kircher (Morán, 1957; Vera, 2016), giungendo ad interpretare TIEPFSEPMERI in due modi diversi quanto incompatibili: il primo, TI-E-PE-SEP-MERI "Tú eres por siempre María" (ossia "Tu sei per sempre Maria"), il secondo TI-ERES-EP-MERI "Tú eres espejo de madre" (ossia "Tu sei specchio di madre"). Non so dare indicazioni su quanta bamba abbia inalato per concepire assurdità sesquipedali come queste, ma sembra verosimile che abbia rielaborato le interpretazioni di Kircher.  

Mi sono imbattuto, navigando nel Web, in un ulteriore tentativo di spiegare le iscrizioni misteriose, questa volta ricorrendo al catalano parlato nelle Baleari. Non sono più riuscito a ritrovare il documento e non ricordo il nome dell'autore. Il suo argomento portante era di questo tenore: siccome l'originale statua della Vergine della Candelaria somigliava a quella della Vergine di Montserrat, la sua provenienza doveva essere balearica e le iscrizioni dovevano essere derivate da una serie di abbreviazioni di parole catalane (es.: dove ricorreva l'arduo gruppo consonantico FM, leggeva femella "donna", o qualcosa del genere). Forse spinto dalla vergogna, questo autore ha in seguito fatto scomparire ogni traccia della sua opera dilettantesca. Non c'è alcuna logica in queste illazioni. Se un uomo delle Baleari avesse voluto scrivere qualcosa, non avrebbe fatto ricorso a una forma di scrittura così smozzicata, soltanto per risultare incomprensibile a tutti! 
 
La crittografia non funziona    
 
La dimostrazione dell'assurdità delle interpretazioni criptiche è abbastanza lineare. 
i) Se fosse esistita una tradizione criptica nella Chiesa Cattolica, in grado di formare complessi codici a partire da frasi devozionali in latino, ne saremmo al corrente: ce ne sarebbero moltissime testimonianze in tutto il mondo. Invece è riconosciuto che le iscrizioni della Candelaria sono uniche
ii) Gli ecclesiastici stessi dicono chiaramente che le lettere sulla tunica mariana sono sconosciute nel loro significato e avanzano soltanto ipotesi tenui a questo proposito. 
iii) Nessuno avrebbe usato un linguaggio criptico, che non sarebbe stato compreso neppure dai religiosi. A chi sarebbe stato rivolto? A pochi iniziati? Conosciamo bene l'avversione mostrata dalla Chiesa Romana per ogni forma di conoscenza esoterica, fin dal suo inizio. 
 
Si nota la volontà di annientare la cultura nativa dei Guanche negando alla radice la stessa esistenza della loro lingua. In altre parole, l'idea di interpretare in modo criptico le iscrizioni sarebbe in tutto e per tutto un atto politico, volto a far cadere nell'oblio persino il vago ricordo dell'esistenza di qualunque cosa non fosse ispanica. 
 
Il lavoro di Reyes García 

Il primo ad effettuare una comparazione tra le iscrizioni della Candelaria, le lingue Guanche e le lingue berbere continentali è stato Ignacio Reyes García (2010. La Madre del Cielo: Estudio de Filología Ínsuloamazighe; 2011. Diccionario Ínsuloamaziq. Islas Canarias: Fondo de Cultura Ínsuloamaziq).
 
 
Ecco in breve i risultati ottenuti dallo studioso:  

TIEPFSEPMERI
<Ti yebb f sab Meri> 
"Il Padre sotto la protezione della Vergine Maria."
 
NARMPRLMOTARE
<Narəm əbər ghər muttar>
"Condividere (il cibo) è un dovere verso i poveri."

LPVRINENIPEPNEIFANT
<Lbu rinni bab nə afa ənt> 
"Sii misericordioso nella vittoria, Signore della Luce Eterna."  

OLM INRANFR IAEBNPFM RFVEN NVINAPIMLIFINVIPI NIPIAN 
<Ul-m yən ǎr anfər Iaeb ənubi f-m ǎr fwen. Nwi-ina bib am əliffi n wibbib. Ni bi-an> 
"Il tuo cuore ospita i più importanti tesori, il Bambino Yahveh su di te, tesoro splendente. Un peso sulla nostra coscienza è come una catasta sulle nostre spalle. Controlla quel peso."  

FVPMIRNA ENVPMTI EPNMPIR VRVIVINRN APVIMFRI PIVNIAN NTRHN 
<Ffu b-mirna. Nubi am ti ewen am bir ur wiwi-n rn, abu i mǝfri. Bib-wǝn ǝyyan nut ǝrγ un>
"Albeggia, grande potere. Il figlio, come il padre e la via della perfezione, evitano la malattia, sono un balsamo per la persona che soffre. Il tuo unico peso deve essere una candela luminosa."

EAFM IRENINI FMEAREI 
<Ê af-m irenni f-əme arey>
"Oh, la tua scoperta aumenta la protezione contro la superstizione"
 
NBIMEI ANNEIPERFMIVIFVE 
<Nəbbi y əməyyi. An-năy əberref mi əwif Uf>
"Diamo rifugio a colui che ignora. Perdoneremo l'offesa quando è causata dalla paura di Dio"

Da queste elucubrazioni è possibile comporre un esiguo glossario, che purtroppo sembra altamente ipotetico. Eccolo:  
 
ENVP "figlio" 
MERI "Maria"
MOTARE "poveri" 
NARM "condividere" 
OLM "il tuo cuore" (f.)
SEP "vergine"
TI "padre" 
 
Si segnala l'enorme divergenza nella fonologia tra la lingua di queste iscrizioni e le lingue dei Guanche documentate.  
 
Il lavoro di Jara Vera e Sánchez Ávila
 
Un altro tentativo di decrittazione basato sulle lingue berbere continentali è quello di Vicente Jara Vera e Carmen Sánchez Ávila dell'Università Politecnica di Madrid. Il loro articolo Linguistic Decipherment of the Lettering on the (Original) Carving of the Virgin of Candelaria from Tenerife (Canary Islands) (2017), è consultabile al seguente link: 


Ecco in breve i risultati ottenuti:
 
TIEPFSEPMERI
[T·Y]-[F·G]-[S·P]-[M·R]
/ti-effeg-ăsap-amər-i/
=> /ti-epef-sep-meri/
"Dio Padre ha trovato in me, la Vergine, la grazia"

NARMPRLMOTARE
[M]-[R]-[M]-[F·R]-[M·Ṭ]-[R]
/m-er-m-ffer-el-məṭṭuti-ar-e/
"Sei stata benedetta con unicità tra l'intero genere delle donne"

LPVRINENIPEPNEIFANT  
[L·F]-[R]-[N]-[N·F·(Y)]-[N·T]
/əlpu-ăr-in-inifif-ən-ăy-if-ent/

"Coloro che riempiono il cuore e la vita d'amore, sono in Me"

OLM
[H·L]-[M] 
/all-m/ 
"Ti preghiamo"

INRANFR
[M·R]-[F·R]
/imran-ffer/
 
     => /inranfr/
"Proteggi il territorio" 

IAEBNPFM 
[Y]-[B·B]-[N·B·Γ]-[G·M]
/i-ebb-ənbəγ-ğəm/
     => /i-eb-npγ-ğəm/ 
"Egli è l'Autore e il Signore che fa germogliare e crescere"
 
RFVEN 
[R]-[F]-[W·N]
/ere-af-wen/ 
    => /rfuen/
"Fortunato è chi la trova" 
 
NVINAPIMLIFINVIPI 
[N]-[NḌ]-[ML]-[FNWT]
/ănnu-inaḍ-imli-fənəwwət-i/ 
"Si propone di concedere autorità ai buoni piuttosto che essere eccessivamente orgogliosi"
 
NIPIAN 
[M]-[F]-[YN]
/mi-if-əyyăn/ 
"Chi è come il Signore?"
 
FVPMIRNA 
[F]-[W·F]-[R·N]
/f-ewef-mərna/ 
"Trionfo sul terrore e sulla paura"
 
ENVPMTI 
[N·B·(W)]-[N·T]-[T·Y]
/ənubi-ent-ti/ 
"Il Figlio è lo stesso del Padre"
 
EPNPMIR 
[B·D]-[N·N]-[T·Y]-[R]
/əbdəd-ənnun-tteyr/ 
"Egli esalta l'umile e abbassa il malvagio"
 
VRVIVINRN 
[R·W]-[Y]-[W·Y]-[N]-[RN]
/uru-i-iwi-n-renni/ 
"Questa ha generato Colui che ci guida verso la vittoria (i.e. verso la Salvezza)"
 
APVIMFRI 
[A]-[F]-[N·F·R]
/a-effu-anfər-i/ 
"Questa è colei che mi illumina completamente"
 
PIVNIAN 
[F·Y]-[W]-[N·Y]-[N]
/fi-iw-ənəy-ăn/ 
"Questo qui è il Figlio nato dall'Onnipotente"
 
NTRHN 
[N·T]-[R·H]-[H·N]
/ent-arəh-ehən/
"Casa fondata sulla roccia"
 
EAFM 
[H]-[F]-[M]
/əh-af-əm/ 
"Venga il tuo Regno"
 
IRENINI 
[Y·R]-[M·N·Y]
/ayur-emnəymənəy/ 
"Tu sei come la Luna splendente"
 
FMEAREI 
[F·N]-[R·Y]
/afna-arey/ 
"Liberaci dal Male"
 
NBIMEI 
[N·D]-[N·Y]
/əndu-ənəy/ 
"La tua saggezza è perfetta"
 
ANNEIPERFMIVIFVF  
[M]-[Y]-[FRG]-[F]-[GW]-[WF]
/anna-i-ferg-f-iməggiwa-əwəf/
"Tu sei la Madre che protegge dal fallimento e dalla paura"
 
Da queste elucubrazioni possiamo comporre un breve glossario di voci selezionate a colpo d'occhio. Questo glossario purtroppo sembra altamente ipotetico - e spesso in netto contrasto con quello ottenuto da Reyes García. 

AFM "il tuo regno" (f.)
ENINI "splendente" 
ENVP "figlio"
INRAN "territorio" 
IR "luna"
LPV "accumulare"
MERI "grazia"
MOT "donne"
OLM "ti chiediamo" 
SEP "vergine" 
TI "padre" 
 
Devo essere franco. Non possiamo farcene molto. 

Problemi e criticità 
 
A molti potrebbe anche sembrare che la difficile questione sia stata risolta. Non possiamo tuttavia fare a meno di esprimere alcune importanti considerazioni. 
 
1) Le lingue Guanche avevano un vocalismo pieno, con cinque vocali /a/, /e/, /i/, /o/, /u/. Le lingue berbere continentali hanno un vocalismo ridotto, quasi rudimentale. 
2) Le lingue Guanche avevano un sistema consonantico simile a quello delle lingue romanze, non particolarmente ricco. I viaggiatori e i cronisti concordavano col dire che il loro suono era melodioso. Le lingue berbere continentali hanno un consonantismo ricchissimo. Chi le ha udite concorda col dire che il loro suono è aspro
3) Le lingue berbere continentali sono il prodotto di un "collo di bottiglia": la protolingua ricostruita dovrebbe corrispondere a una lingua parlata all'epoca dell'Impero Romano. Questo protoberbero ha fatto scomparire una grande varietà di lingue preesistenti (Blench, 2018). Le lingue Guanche appartengono a questa varietà di lingue più antiche; si sono separate prima della formazione del protoberbero di cui sopra.  
4) Nel database compilato da Alexander Militarev e contenuto nel sito The Tower of Babel sono riportate 515 protoforme berbere ricostruite a partire da vocaboli documentati delle lingue documentate - tra cui prevalgono in modo netto quelle attualmente parlate. Ci sono soltanto 19 etimologie canarie (circa il 3,7% del totale) e 3 etimologie di parole dell'antico libico (circa lo 0,6% del totale). Peggio ancora, poche tra le 19 etimologie canarie hanno corrispondenze in altre lingue trattate nel database delle etimologie berbere. Alcune poi sono scarsamente consistenti. 
 
 
5) Esistono contraddizioni tra le ricostruzioni di García e di Vera-Sánchez Ávila e le parole realmente attestate nelle isole. Ho identificato subito un esempio. Nel lavoro di Jara Vera-Sánchez Ávila MOT significa "donne", ma nel Guanche di Tenerife la parola per dire "donna" era CHAMATO. Chiaramente la radice è la stessa, ma è assai improbabile che si tratti di testimonianze di un'unica lingua. Un altro esempio: il termine IR dovrebbe significare "luna" e corrispondere al berbero continentale ayur "luna". Tale parola non è tuttavia documentata nelle Canarie. A Tenerife la luna era chiamata cel, da tutt'altra radice.
6) Potrebbe essere un gravissimo errore ritenere le lingue berbere moderne come un punto fisso di riferimento in base a cui decrittare qualsiasi attestazione delle lingue Guanche. In altre parole, sia Reyes García che Jara Vera e Sánchez Ávila potrebbero essere caduti nel tranello delle traduzioni magiche.  

Una credenza ideologica 

Alla base degli errori alla base dei lavori sopra riportati sta un presupposto dettato da ragioni essenzialmente politiche: l'idea folle secondo cui lo strano aspetto fonetico delle parole e dei nomi Guanche di cui abbiamo documentazione sia dovuto all'incapacità dei conquistatori (Spagnoli, Genovesi, Normanni, etc.) di trascrivere i suoni della lingua nativa, che di per sé sarebbero stati identici a quelli delle lingue della Barberia. Finché non si farà piazza pulita di questo terribile malinteso, non si arriverà da nessuna parte.

Conclusioni 

La mia paura è che gli studi di Reyes García e di Jara Vera-Sánchez Ávila siano da buttar via. Credo che ci vorranno ancora molti anni di indagini per arrivare a qualcosa di sicuro, possibilmente con l'aiuto della scoperta di nuovo materiale. Non si potrà purtroppo fare molto finché durerà il funesto influsso della politica, che è interessata a far sì che le lingue canarie siano perdute per sempre. Che soluzione dare al mistero? La statua si è spiaggiata recando già le iscrizioni in caratteri rossi? E in questo caso, da dove proveniva? Oppure qualcuno ha eseguito le iscrizioni in seguito? Chi era costui? Qualche missionario animato dal nobile intento di insegnare ai Guanche di Tenerife a leggere e a scrivere nella loro lingua? Sono domande al momento destinate a rimanere senza risposta.  

giovedì 29 luglio 2021

LA CLASSIFICAZIONE DELLA LINGUA DEGLI UNNI

Perché la lingua degli Unni, detta anche lingua unnica, è ancor oggi considerata inclassificabile? Perché si adduce una fantomatica mancanza di dati quando abbiamo numerose e significative informazioni dagli antroponimi attestati? Eppure è ben chiaro che il Codex Cumanicus sarebbe servito in gran parte per intendersi con Attila e che la lingua unnica è in buona sostanza una forma di turco antico. La risposta a questo interrogativo è semplice, per quanto frustrante. Il mondo accademico è stato preso dal terrore che qualche turco matto intendesse raccogliere l'eredità di Attila! Poi ci sono gli Ungheresi strepitanti, che giustamente ritengono Attila e Bleda eroi nazionali: per questo motivo si stracciano le vesti per far credere a tutti che gli Unni parlassero una forma di magiaro, ascrivibile quindi alla famiglia ugrofinnica. Come si può ben capire, non è esattamente un clima sereno in cui tenere un dibattito costruttivo. In altre parole, il rifiuto di classificare l'unnico è un fatto politico, non scientifico. Siamo di fronte a un evidente caso di influenza politica sul mondo accademico, la cui onestà non è sempre specchiata come comunemente si crede. 
 
Per illustrare il problema e risolverlo una volta per tutte, il modo migliore è senza dubbio quello di passare in rassegna i dati disponibili. Un lavoro estremamente interessante è senza dubbio quello dello storico ucraino Omeljan Yosypovych Pritsak (1919 - 2006), The Hunnic Language of the Attila Clan (1982).  

 
Questo è il link a un altro documento di capitale importanza, The World of the Huns, di Otto Maenchen-Helfen (University of California Press, 1973):   
 
 
Riporto in questa sede un elenco di antroponimi di Unni riportati dalle fonti latine e greche (Giordane, Prisco di Panion, Agazia, Teofane di Bisanzio, Olimpiodoro di Tebe, Socrate di Costantinopoli, Teodoreto di Antiochia, Sozomeno di Gaza e altri), commentandoli brevemente. Molti sono trattati da Pritsak, gli altri comunque si trovano nell'opera di Maenchen-Helfen. Le forme originali dei nomi, deducibili a partire dalle attestazioni in greco e in latino (che mostrano spesso adattamenti morfologici), sono riportate in grassetto. Per ognuna è fornita anche la pronuncia ricostruibile. 

Adami
Attestazione in greco: Ἀδάμις (nominativo), Ἀδάμει (dativo)
Genere: maschile 
Significato: "Cammello castrato" 
    Proto-turco: *atan "castrato, eunuco" 
        Turco: atan "cammello castrato" (hapax) 
       > Mongolo occidentale atan "cammello castrato"  
       Turco (XIV sec.): atġan, ataġan "cammello castrato" 
       Kirghiso: atan tȫ "cammello castrato" 
       Noghai: atan "cammello castrato"
       Tuvano: adan "cammello castrato"
       Yakuto: attā- "castrare" 
Pronuncia ricostruibile: /a'damɨ/
Note: 
Il nome era portato da un funzionario che potrebbe essere stato un eunuco, secondo Pritsak. Maenchen-Helfen si limita a ritenere l'antroponimo di origine incerta e non procede oltre. Pritsak menziona la problematica terminazione -m, considerandola un suffisso attributivo, senza ulteriore approfondimento. Resta il fatto che più probabilmente il suffisso è dal proto-turco *-me, o l'antroponimo non sarebbe stato grecizzato adattandolo alla declinazione in -i-.
 
Aigan 
Attestazione in greco: Ἀϊγάν
Genere: maschile
Significato: "Principe Luna" 
    Proto-turco: *āń(k) "luna; mese" 
        Cumano: ay "luna, mensis" 
        Turco moderno: ay "luna; mese" 
        Kirghiso: ay "luna; mese"  
        Tataro: ay "luna; mese"   
        Uzbeko: oy "luna; mese" 
        Proto-bulgaro: ayxı "luna"; ayıx "mese"  
        Ciuvascio: ujăh "luna; mese"
    Proto-turco: *qaγan "sovrano, re" 
        Turco antico siberiano: qaγan "sovrano"
        Cumano: can "imperator"
Pronuncia ricostruibile: /ai'γa:n/
Note: 
Uno dei sei figli del leggendario eroe Oghuz khan si chiamava Aï-khan "Principe Luna" (scritto Aï-can da Maenchen-Helfen). Si noti la lenizione del secondo membro del composto. Pritsak non menziona questo antroponimo nel suo lavoro.  
 
Alathar 
Attestazione in greco: Ἄλαθαρ
Attestazione in latino: Alathor, Alathort 
Significato ipotizzabile: "Uccello Screziato"  
   Proto-turco: *āla "variegato" 
       Turco moderno: ala "variegato", alaca "lentiggine" 
       Azero: ala "variegato"; "blu (detto di occhi")
       Yakuto: ala "pezzato"
       Ciuvascio: ola, ula "maculato"
   Proto-turco: *tAr- "tipo di uccello" 
       Turco medio: tarağay "specie di allodola"
       Turco moderno: tarağay :"falco" 
       Oyrat: tarqat "mergo" 
       Uzbeko: torğoq "specie di anatra" 
       Kirghiso: tartar "Re di quaglie" 
       Chakasso: taraγaj "mergo"; tārt "Re di quaglie" 
Pronuncia ricostruibile: /ala'θar/, /ala'θɔr(t)/
Note: 
Pritsak non tratta questo antroponimo. Maenchen-Helfen lo considera di incerta attribuzione e forse "germanico".

Althia
Attestazione in greco: Ἀλϑίας (nominativo)
Genere: maschile
Significato: "Sei" 
    Proto-turco: *altï "sei (6)"  
       Turco moderno: altı "sei (6)"  
       Cumano: alti "sex"  
       Ciuvascio: ultta "sei (6)" 
       Yakuto: alta "sei (6)"  
Pronuncia ricostruibile: /al'θɨa/
Note: 
Maenchen-Helfen (1973) riporta alcuni nomi di persona e di clan khazaki derivati da questo numerale: Altybai, Altyortak, Altyate e il patronimico Altyev, presi da Rásonyi (1961). Pritsak non tratta questo antriponimo. Se si analizza la finale -a come una terminazione, non la si comprende bene, a rigor di logica dovrebbe servire a formare patronimici, ma un simile suffisso non sussiste nelle lingue turche; è più probabile che sia solo un modo di trascrivere un suono non familiare, un dittongo sviluppatosi a partire dalla vocale /ɨ/

Anagai
Attestazione in greco: Ἀνάγαιος (nominativo)
Significato: "Uccello Augurale" 
   Proto-turco: *ana / *eńe "madre" 
Pronuncia ricostruibile: /ana'gai/ 
Note: 
Sono attestati molti nomi di uccelli augurali sia nelle lingue turche che in quelle mongole, con la caratteristica terminazione -gay, -kay, -qay. Così abbiamo in turco ottomano daragai "merlo". La prima parte dell'antroponimo è di origine incerta, forse è stata sottoposta a etimologia popolare per via di un tabù. 

Apsich 
Attestazione in greco: Ἀψίχ
Genere: maschile 
Significato: "Cavallino" 
    < Alanico: *apsa "cavallo" 
        Ossetico (Digor): æfsæ "giumenta"
Pronuncia ricostruibile: /ap'sɨχ/
Note: 
Un prestito iranico, con il suffisso diminutivo unnico -ch. Maenchen-Helfen (1973). 
 
Apsikal 
Attestazione in greco: Ἀψικάλ
Genere: maschile
Significato ipotizzabile: "Davanti al Cavallino"; "Parte 
    Anteriore del Cavallino"  
     < Alanico: *apsa "cavallo" 
         Ossetico (Digor): æfsæ "giumenta"
     Proto-turco: *āl- "fronte; davanti; parte anteriore"
         Turco moderno: alın "fronte"
         Kirghiso: al, aldı "parte anteriore"
         Baschiro: al, aldı "parte anteriore"
         Cumucco: al "parte anteriore"; aldan "verso la parte
              anteriore di" 
         Gagauz: annı "fronte" (< *al-nı)
         Ciuvascio: om "parte anteriore" (< *al-m)
Pronuncia ricostruibile: /apsɨ'kal/ 
Note: 
Maenchen-Helfe analizza il nome come Aps-ik-al, ma non si azzarda a fornire una traduzione concreta, pur riconoscendo che la prima parte corrisponde ad Apsich (vedi sopra). Il problema è che nelle lingue turche l'aggettivo viene sempre preposto al nome: -al non può essere dal Proto-turco *āl "rosso". Se -al derivasse da un radice verbale, (ad esempio Proto-turco *al- "ottenere"), avrebbe un suffisso agentivo. Questo antroponimo fu portato da un ostrogoto. Esisteva l'uso di attribuirsi un nome unno per incutere terrore, pur essendo visibilmente di altra stirpe. Si potrebbe pensare che l'ostrogoto abbia plasmato il suo nome a partire da elementi di unnico, usando però un ordine erroneo delle parole (un unno avrebbe detto *Alapsich "Cavallino Rosso"). Resta più verosimile l'idea che -al sia una postposizione.  

Argek 
Attestazione in greco: Ἀργήκ
Significato: "Maschio", "Uomo Virile"
   Proto-turco: *ẹr-kek "uomo; maschio; marito" 
      Turco moderno: erkek "uomo"  
      Oyrat: erkek "uomo; marito"
      Azero: erkäk "uomo" 
      Tuvano: irgek "maschio" 
      Yakuto: irgex "maschio"
      Salar: ärkex "uomo"  
Pronuncia ricostruibile: /ær'gek/ 
Note:  
Sembra plausibile: spero che si potrà dimostrare che la mia è una buona idea.

Askan 
Attestazione in greco: Ἀσκάν
Genere: maschile 
Significato "Antico Re"; "Grande Re"
    Proto-turco: *es-(kü) "vecchio, anziano; grande" 
       Turco moderno: eski "vecchio" (detto di oggetti)
       Azero: äski, äsilli "cresciuto" 
       Yakuto: ösük "tempi antichi" 
       Ciuvascio: as-lъ "grande"  
    Proto-turco: *qaγan "sovrano, re" 
       Turco antico siberiano: qaγan "sovreno" 
       Cumano: can "imperator" 
Pronuncia ricostruibile: /as'ka:n/
Note: 
Pritsak non tratta questo antroponimo, che pure non risulta di analisi difficile. Probabilmente si ha /as-/ al posto di /es-/ per la natura complessa della protoforma.
 
Atakam 
Attestazione in greco: Ἀτακάμ
Genere: maschile 
Significato: "Padre Sciamano" 
    Proto-turco: *Ata / *Ete "padre" 
        Turco moderno: ata "antenato"
        Cumano: ata "pater" 
        Cumucco: ata "padre"
        Tataro: ata, eti "padre" 
        Oyrat: ada "padre; antenato"
    Proto-turco: *Kiam, *kām "sciamano"
       Turco antico siberiano: qam "sciamano" 
       Turco moderno: kam "sciamano"
       Cumano: kam katun "incantatrix"(lett. sciamano
          regina"); kamadi "fascinavit", kamaladir "fascinat, 
          fascinando movet"  
       Tataro: qam "sciamano"
       Ciuvascio: jomś, jumśă "sciamano"
Pronuncia ricostruibile: /ata'kam/
Note: 
L'antroponimo, studiato da Pritsak, era forse un antico titolo religioso.  
 
Attila 
Attestazione in greco: Ἀττίλας, Ἀττιλᾶς (nominativo) 
Attestazione in latino: Attila
Genere: maschile 
Significato (forma gotizzata): "Piccolo Padre" 
Significato (forma originale): "Rinomato, Famoso" 
     Proto-turco: *āt "nome" 
         Turco antico siberiano: at "nome; reputazione;
           rango; fama"
         Turco moderno: ad "nome; reputazione; fama" 
         Cumano: at "nomen"   
         Uzbeko: ot "nome" 
         Turkmeno: āt, ād- "nome" 
         Baschiro: at "nome; reputazione" 
         Yakuto: aat "nome; fama"
         Ciuvascio: jat "nome"
Pronuncia ricostruibile (gotica): /'attila/ 
Pronuncia ricostruibile (originale): /at'la/ 
Note: 
Il nome Attila è verosimilmente una forma gotica, formata come calco proprio a partire dall'unnico ata- "padre". Anche se Pritsak è di diverso avviso, reputo implausibile il suo tentativo di ridurre Attila a una formazione genuinamente turca. Egli confonde il glorioso antroponimo con l'idronimo attestato nelle fonti greche come Ἀττίλαν (accusativo), Τίλ, Ἀτηλ, Ἀστηλ (Attila-, Til, Atel, Astel), nome del Volga in proto-bulgaro e Khazaro (da as "grande"; cfr. tunguso tilkan "inondazione"), che a mio avviso va tenuto distinto. A parer mio il nome originario del sovrano unno avrebbe potuto essere *Atla "Famoso", derivato dal proto-turco *āt "nome" (cumano at "nomen", atli "nominatus") e reinterpretato come nome gotico, forse con un preciso intento politico. Esiste anche la possibilità che derivi dal proto-turco *at "cavallo", *at-la- "saltare", *at-la-t- "superare, vincere" (cumano at "equus", atlu chisi "eques"). Risolvere la questione non è facile. Si nota che il nome proprio Attila era già comune tra i Goti e che ha avuto nei secoli una certa fortuna. 

Balach 
Attestazione in greco: Βαλάχ
Genere: maschile 
Significato: "Vitello"  
   Proto-turco: *bāla "giovane animale" 
       Turco moderno: bala "giovane animale; bambino" 
       Cumucco: bala "giovane animale; bambino" 
       Baschiro: bala "giovane animale; bambino"
       Uzbeko: bola "giovane animale; bambino"
Pronuncia ricostruibile: /ba'laχ/
Note: Il nome è formato col tipico suffisso diminutivo -ch. Esiste anche un omofono che indica la gamba dei calzoni (proto-turco *bAlak "caviglia; gamba dei calzoni; suola"). Portava questo nome il marito della Regina Boareg (vedi), che ne rimase vedova.

Balamir
Attestazione in latino (Giordane): Balamir, Balamber
     Balaber, Balambyr, Balamur
Genere: maschile
Significato: "Selvaggio", "Indomito"  
     Mongolo: balamud, balamad "selvaggio, indomito" 
     > Unnico  
Pronuncia ricostruibile: /balam'bɨr/, /bala'mɨr/
Note: 
Mongolo orientale bala bol- "perdere la memoria per intossicazione" (Pritsak, 1982). Non sono ancora riuscito a trovare un corrispondente in proto-turco. Probabilmente è un prestito da una lingua mongola. Maenchen-Helfen è dell'idea che si tratti del nome germanico orientale Valamer (Valamir) che sarebbe stato soggetto a distorsioni. L'idea salta subito all'occhio come implausibile e inconsistente, già soltanto a motivo della fonologia soggiacente alle varianti, che è incompatibile con un'origine gotica. La vocale ricostruibile per la sillaba finale è infatti /ɨ/. Nell'ortografia turca moderna si scriverebbe Balamır. Questo esclude altre etimologie che sono state proposte, come la connessione con il proto-turco bir "uno", che ha sempre una vocale anteriore. Nel Codex Cumanicus si trova una parola a prima vista allettante, mir "princeps", che però non può andar bene: la pronuncia doveva essere /mi:r/ e l'etimologia è dal medio persiano mihr "principe", a sua volta dal Sacro Nome di Mithra

Balmach 
Attestazione in greco: Βαλμάχ
Significato: "Dito della mano"
   Proto-turco: *biarŋak "dito della mano" 
       Cumano: barmac "digitus"
       Turco moderno: parmak "dito della mano"
       Turco moderno (dial.): barnak id.
       Tataro: barmaq "dito della mano" 
       Turkmeno: barmaq "dito della mano" 
       Ciuvascio: pürne "dito della mano"
Pronuncia ricostruibile: /bal'maχ/
Note: 
Maenchen-Helfen ritiene questo antroponimo una forma corrotta di Balach (vedi sopra), anche se portato da una diversa persona.

Basich
Attestazione in greco: Βασίχ
Genere: maschile 
Significato ipotizzabile: "Simile a una pantera"  
    < bars "pantera" + *-sig "simile" 
Pronuncia ricostruibile: /ba'sɨχ/
Note: 
La rotica di bars "pantera" (di origine iranica, vedi Oebars) sarebbe andata perduta per assimilazione a causa della sibilante doppia: *bars-sig > *bas-sich. Pritsak riporta che il suffisso *-sig si trova in antico turco; immagino che non fosse più produttivo, in ogni caso lo studioso non menziona esempi concreti di parole che lo contengono. Maenschen-Hilfen rigetta questa interpretazione e sostiene che l'antroponimo sia soltanto un diminutivo di baš "testa", col significato di "piccolo capitano". L'uso di baš col senso di "capo, comandante" è presente in tutte le lingue turche. Per risolvere la questione, dovremmo disporre dell'esatta pronuncia dell'antroponimo, cosa che è al di là della nostra portata.

Berich
Attestazione in greco: Βέριχος (nominativo)
Genere: maschile 
Significato: "Forte, Potente, Solido, Stabile" 
    Proto-turco: *berk "potente"  
        Turco antico siberiano: berk "potente"  
        Turco moderno: berk "potente" 
        Kazako: berĭk "potente" 
        Baschiro: birĭk "potente" 
        Sary-Yughur: perik "potente" 
        Turkmeno: berk "potente"       
        Azero: bärk "potente"   
        Yakuto: bert "potente"   
        Ciuvascio: parga "potente"    
Pronuncia ricostruibile: /'beriχ/
Note: 
L'accento deve essere stato sulla prima sillaba. Gli esiti più simili sono quelli del Kazako e del Baschiro.

Bleda, Blida
Attestazione in greco: Βλήδας, Βλίδας (nominativo) 
Attestazione in latino: Bleda, Blida
Genere: maschile 
Significato: "Sapiente" 
    Proto-turco: *bil- "sapere, conoscere" 
        Turco antico siberiano: bil- "sapere, conoscere" 
        Turco moderno: bil- "sapere, conoscere"  
        Azero: bil- "sapere, conoscere"
        Tataro: bel- "sapere, conoscere" 
        Baschiro: bel- "sapere, conoscere"  
        Tuvano: bil- "sapere, conoscere"
        Ciuvascio: peʷl- "sapere, conoscere" 
    Proto-turco: -da, suffisso agentivo  
Pronuncia ricostruibile: /'blɪdæ/
Note: 
La metatesi di *bil- in ble-, bli- è tipica dell'unnico. 
 
Boareg, Boarig
Attestazione in greco: Βωαρήξ, Βωαρίξ (nominativo); 
     Βωα Ρηγισσα (Malala)
Genere: femminile
Significato: "Vergine Boas" (il Boas era un fiume) 
    Proto-turco: *arɨ- "pulito, puro; pulire, purificare" 
      Turco antico siberiano: arïγ "pulito, puro" 
      Turco moderno: arı "pulito, puro"
      Tataro: aru "pulito, puro" 
      Kirghiso: aruu "pulito, puro"
Note:  
Questo era il nome di una famosa regina dei Sabiri, tribù unna nel cui territorio scorreva il fiume Βώας (Boas). Eppure è riportato che gli accademici ungheresi hanno studiato la questione per mezzo secolo, senza venirne a capo. Si capisce subito che la Regina Boareg era una sacerdotessa adorata come una personificazione del fiume Βώας.

Bocha 
Attestazione in greco: Βώχας (nominativo) 
Genere: maschile 
Significato: "Toro" 
    Proto-turco: *būka "toro" 
       Turco antico siberiano: buqa "toro" 
       Turco moderno: boğa "toro"
       Cumano: boga, buga "taurus" 
Pronuncia ricostruibile: /'bo:χa/
Note: 
L'antroponimo Buqa "Toro" è diffuso tra tutti i popoli turchi. 

Chalazar 
Attestazione in greco: Χαλαζάρ
Genere: maschile 
Significato: "Abile ad ammucchiare"
  Proto-turco: *Kāla- "ammucchiare"; *yara- "essere 
       profittevole"
Pronuncia ricostruibile: /χala'zar/
Note: 
Maenchen-Helfen non conclude alcunché su questo antroponimo. Nessuno sembra volersene occupare. Forse la mia proposta etimologica è la prima, non sono riuscito a reperirne altre.
 
Charaton 
Attestazione in greco: Χαράτων
Genere: maschile 
Significato: "Veste Nera" 
   Proto-turco: *Kara "nero" 
      Turco antico siberiano: qara "nero; povero" 
      Turco moderno: kara "nero; scuro"
      Cumano: kara, chara "niger" 
      Azero: qara "nero; fantasma; allucinazione; incubo" 
      Oyrat: qara "nero"
      Uzbeko: qora "nero"
      Ciuvascio: hura "nero; scuro"
   Proto-turco: *tōn "veste" 
       Turco moderno: don "mutande; calzoni"
       Cumano: ton "vestimentum" 
       Azero: don "veste femminile; gonna" 
       Baschiro: tun "pelliccia"
       Ciuvascio: tum "veste"
Pronuncia ricostruibile: /χara'to:n/
Note: 
Il proto-turco *tōn è in ultima analisi un chiaro prestito dal Saka (iranico) thauna "veste". 

Chelchal 
Attestazione in greco: Χελχάλ
Genere: maschile
Significato: "Davanti all'animale da carico" 
     Proto-turco: *gȫl- "animale da carico" 
        Turco antico siberiano: kölük "animale da carico"
        Turco moderno: gölük "animale da carico"
        Oyrat: kölkö "animale da carico
        Kirghiso: kölük "animale da carico" 
        Tuvano: xöl, xölge "an imale da carico 
        Yakuto: kölö, kölgö "animale da carico"
     Proto-turco: *āl- "fronte; davanti; parte anteriore" 
         Turco moderno: alın "fronte" 
         Kirghiso: al, aldı "parte anteriore" 
         Baschiro: al, aldı "parte anteriore"
         Cumucco: al "parte anteriore"; aldan "verso la parte 
              anteriore di" 
         Gagauz: annı "fronte" (< *al-nı)
         Ciuvascio: om "parte anteriore" (< *al-m)
Pronuncia ricostruibile: /χöl'χal/
Note: 
L'armonia vocalica non si applica, data la peculiare struttura del composto. Maenchen-Helfen cita una tribù Ogurica denominata Chelch, Kolch, che ha verosimilmente la stessa origine. 
 
Dengizich 
Attestazione in greco: Δεγγιζίχ 
Attestazione in latino: Dingitzic, Dintzic 
Forme corrotte: Δεγζίχιρος, Δεγζίριχος 
Genere: maschile 
Significato: "Piccolo Mare" (i.e. "Vento Marino") 
    Proto-turco: *teŋiŕ "mare, lago"  
        Cumano: tengis "mare", tengizich "flatus a partibus
          maris proveniens" 
        Turco moderno: deniz "mare" 
        Uzbeko: dengiz "mare, oceano" 
        Turkmeno: deŋiz "mare"
        Tataro: diŋgez "mare 
        Ciuvascio: tinĕs "mare" (< Tataro)
Pronuncia ricostruibile: /deŋi'ziχ/ 
Note:   
L'antroponimo Dengizich "Piccolo Mare" (corrispondente al cumano tengizich "vento marino") è di importanza cruciale perché dimostra che la lingua degli Unni non era una forma di "turco r" (anche detto "turco LIR"), come il Ciuvascio, unico superstite delle lingue oghurice, bensì una forma di "turco z" (anche detto "turco SHAZ"), proprio come la maggior parte delle varietà moderne di turco. In altre parole, il fonema proto-turco */ŕ/ dava come esito una sibilante sonora /z/, con la possibile eccezione di alcuni prestiti. Per questo motivo, Pritsak, fautore della tesi opposta, ha cercato di forzare i dati sostenendo che la forma originale dell'antroponimo sarebbe quella contenente /r/ (Δεγζίχιρος) e ipotizzando la presenza del suffisso -siġ nel tentativo di spiegare la contemporanea presenza di /z/. Come giustamente fa notare Maenschen-Helfen, la forma Δεγγιζίχ è la sola autentica, che è stata sentita da Prisco con le proprie orecchie quando si trovava alla corte di Attila.   
 
Donat 
Attestazione in greco: Δονάτος (nominativo)
Genere: maschile 
Significato: "Cavallo" (segno zodiacale)
    Proto-turco: *junt- "cavallo, giumenta"
       Turco antico siberiano: yunt "cavallo"
       Turco medio: yunt, yunad "cavallo"
       Turco moderno (dial.): yont "cavallo" 
       Chagatai: yunt, yund "cavallo" 
Pronuncia ricostruibile: /dʲo'nat/
Note: 
Si noti il mutamento dall'approssimante palatale proto-turca /j/ a un'occlusiva dentale sonora  palatalizzata /dj/, trascritta con d-. Un simile mutamento si nota in diverse lingue imparentate. Maenchen-Helfen è invece dell'idea che si tratti semplicemente del nome latino Donatus e che il personaggio che lo portava fosse un romano disertore. Pritsak fa una dettagliata trattazione sui significati esoterici di questo nome, riferito dall'Anno del Cavallo e dato al predecessore di un re il cui nome significava "Veste Nera". Non si hanno prove dirette che questo personaggio fosse un re e che fosse di stirpe unna, tuttavia non è improbabile che il suo nome sia stato assimilato a un nome romano per una somiglianza fonetica fortuita. Servono studi più approfonditi per risolvere la questione. 

Edekon 
Attestazione in greco: Ἐδέκων 
Genere: maschile
Significato: "Seguace"  
   Proto-turco: *Eder- "seguire" 
       Turco antico siberiano: eder- "seguire"
       Tataro: iyär- "seguire" 
       Uzbeko (dial.): eyär- "seguire" 
       Sary-Yughur: ezer- "seguire"
       Tuvano: eder- "seguire" 
       Ciuvascio: jer- "seguire"
   Proto-turco: *Kün "persona; gente"
Pronuncia ricostruibile: /edæ'kü:n/
Note: 
Maenschen-Helfen ritiene l'antroponimo di origine germanica, cosa che mi pare oltremodo improbabile.

Ellac 
Attestazione in latino: Ellac 
Genere: maschile 
Significato: "Sovrano, Re"  
    Proto-turco: *ēl "regno; pace; regione" 
        Turco antico siberiano: él "unione di tribù"
        Turco moderno: el "paese, patria; provincia"
        Cumano: el "pax"; "regio" 
        Baschiro: il "paese, stato; gente" 
        Yakuto: il "pace; stato" 
        Uiguro: el "paese, nazione; popolazione; tribù"
        Ciuvascio: jal "villaggio"
    Radice quasi omofona: Proto-turco *el- "mano" 
        Cumano: el "manus"
Pronuncia ricostruita: /el'læχ/
Note: 
L'antroponimo è formato tramite il suffisso verbale -la-, dando origine al verbo *el-lä- "regnare", esteso con un ulteriore suffisso deverbativo . Il processo è lo stesso che si riscontra nell'antico turco baš-la- "iniziare", derivato da baš "testa" e che dà origine a baš-la-ġ "inizio".

Elmingir, Elminzur, Emnetzur
Attestazione in greco: Ἐλμίγγειρος (nominativo), Ἐλμίνζουρ 
Attestazione in latino: Emnetzur
Genere: maschile 
Significato: "(Uomo della) Tribù del Cavallo" 
     Tunguso: elmin "giovane cavallo"  
Pronuncia ricostruibile: /elmin'gir/, /elmin'tʃür/
Note: 
Un caso difficile. Secondo Maenschen-Helfen, la somiglianza di questo antroponimo con la parola tungusa elmin "cavallo" sarebbe una coincidenza, dato che non si trovano altri plausibili prestiti tungusi in unnico. Il ragionamento è paralogico: può darsi che non si tratti di un prestito dal tunguso all'unnico, ma di una parola antichissima comune alle due lingue e poi andata perduta. Maenschen-Helfen è convinto che sia un derivato di el "regno" (vedi Ellac), con un suffisso -min la cui funzione sarebbe del tutto indeterminabile. In cumano esiste elm "mundus", che però non va bene: è un prestito dall'arabo ˁalam "mondo". Ai tempi di Attila le genti di lingua turca non avevano alcun contatto con l'arabo: l'Islam non esisteva ancora. 
La terminazione -zur (documentata in molte lingue turche come čur) è un'apposizione che compare in nomi di nobili. Dato che Elminzur e Elmingeir sono varianti dello stesso antroponimo, si deduce che -geir /-gir/ equivale a -zur. Vedi nel seguito per ulteriori considerazioni su questi suffissi.  

Ernac 
Attestazione in greco: Ἠρνάχ, Ἡρνάχ    
Attestazione in latino: Ernac, Hernac
Attestazione in bulgaro (VIII sec.): Ирникъ
Genere: maschile 
Significato: "Piccolo Eroe"  
    Proto-turco: *ēr "uomo", pl. *eren "uomini" 
       Turco antico siberiano: er "uomo" 
       Turco moderno: er "uomo; maschio; guerriero"
       Cumano: er "mas, masculus; maritus" 
       Baschiro: ir "uomo; marito" 
       Turkmeno: ǟr "uomo; marito" 
       Yakuto: er "uomo; maschio; marito"
       Ciuvascio: ar "uomo" 
Pronuncia ricostruibile: /er'næχ/
Note: 
L'antroponimo è un diminutivo in -ch dell'originaria forma plurale *eren, che da "uomini" passò a significare "eroe". Sulla semantica Pritsak mi pare un po' confuso, incapace di integrare le informazioni disponibili per arrivare a una traduzione univoca.  
 
Eskam 
Attestazione in greco: Ἐσκάμ
Genere: maschile 
Significato: "Grande Sciamano" 
    Proto-turco: *es-(kü) "vecchio, anziano; grande" 
       Turco moderno: eski "vecchio" (detto di oggetti)
       Azero: äski, äsilli "cresciuto"
       Yakuto: ösük "tempi antichi"
       Ciuvascio: as-lъ "grande"
    Proto-turco: *Kiam, *kām "sciamano" 
       Turco antico siberiano: qam "scianamo"
       Turco moderno: kam "sciamano"
       Cumano: kam katun "incantatrix" (lett. "sciamano
          regina"); kamadi "fascinavit", kamaladir "fascinat, 
          fascinando movet" 
       Tataro: qam "sciamano"
       Ciuvascio: jomś, jumśă "sciamano"
Pronuncia ricostruibile: /es'kam/
Note: 
Un interessante antroponimo religioso, che testimonia la persistenza dell'antico sciamanesimo delle steppe. L'armonia vocalica non si applica.

Esla 
Attestazione in greco: Ἤσλας (nominativo)
Genere: maschile 
Significato: "Intelligente" 
   Proto-turco: es "mente, intelligenza" 
      Cumano: es "intellectus" 
Pronuncia ricostruibile: /'εslæ/
Note: 
Secondo Pritsak si trattebbe di un derivato dell'aggettivo es "grande", che si trova anche nell'antroponimo Eskam (vedi sopra). Questa ipotesi mi pare poco plausibile, anche per via della diversa trascrizione della vocale. Secondo Maenchen-Helfen, si tratterebbe di un derivato del sostantivo , "compagno" (dal proto-turco *ēĺ- "compagno, amico"). Un suffisso -la (dal proto-turco *-lig), che forma aggettivi ma anche sostantivi, è tipico di molte lingue della famiglia, es. cumano: borla "vigna", derivato da bor "vino". Si noti il precoce dileguo della consonante finale della protoforma.  

Giesm 
Attestazione in greco: Γιέσμου (genitivo)
Genere: maschile 
Significato: "Buona Fortuna, Grazia" 
   Proto-mongolo: *kesig "grazia, favore"  
      Mongolo medio: kešig "parte di carne sacrificale"  
   > Proto-turco: *kes- "grazia, favore" 
      Ciuvascio: kasmăk jaški "tipo di zuppa augurale"
      Turco Ottomano (dial.): kesimiş "dono di nozze"; kesim 
      "affare, accordo"; kesme aşi "tipo di zuppa augurale"
Pronuncia ricostruibile:/'gʲesəm/ 
Note: 
Dal proto-mongolo la radice è stata presa in prestito anche dallo yakuto (käsi "presentino") e dal tunguso (Manchu käsi "favore; benedizione; fortuna; dono).  
 
Gubulgudu 
Attestazione in greco: Γουβουλγουδοῦ
Significato: "Motivo di Orgoglio" 
   Proto-turco: *güb- "orgoglioso, fiero; orgoglio; speranza"  
      Turco antico siberiano: küvez "orgoglioso"; küven- 
          "essere fiero, essere arrogante"
      Turco moderno: güven- "essere arrogante; sperare" 
      Noghai: küjez "orgoglioso" 
      Baschiro: köjäδ "orgoglioso"
   Proto-turco: *gǖd- "pascolare; assistere; aspettare;
          rispettare" 
      Turco moderno: güt- "controllare; amministrare"; 
          güdü "causa, motivo" 
      Gagauz: güt- "pascolare" 
      Baschiro: köt- "assistere; pascolare"
Pronuncia ricostruibile: /gübülgü'dü/ 
Note: 
Maenchen-Helfen non è stato in grado di cogliere un'etimologia così cristallina; non sembra averci nemmeno provato. Si nota che la radice *güb- mostra in unnico un suffisso particolare che non si trova nelle altre lingue turche.

Hunigasi, Onegesi 
Attestazione in greco: Ὀνηγήσιος (nominativo)
Attestazione in latino: Hunigasius (nominativo) 
Significato: "Onesto, Fedele" 
    Proto-mongolo: üne- "giusto, corretto"
       Mongolo: ünen "verità" 
       Calmucco: ünn "verità"  
    Proto-turco: *-gās, nomen futuri (necessitatis) + *-i 
Preonuncia ricostruibile: /üne'gæsi/
Note: 
Molto probabilmente un antico prestito dal proto-mongolo, come giustamente notato da Pritsak. Maenchen-Helfen ritiene che l'antroponimo sia germanico, riportando argomentazioni non convincenti. 
 
Iliger 
Attestazione in greco: Ἰλιγερ
Genere: maschile
Significato: "Principe-Uomo" 
    Proto-turco: *il(i)k "parte anteriore; prima; Est"
        Turco antico siberiano: ilk "primo" 
        Turco moderno: ilk "primo"  
        Azero: ilk "primo" 
        Ciuvascio: ĕlĕk "prima; tempo fa" 
    Proto-turco: *ēr "uomo" 
Pronuncia ricostruibile: /ili'γer/
Note: 
Si noti la lenizione di -k in -g
 
Krekan 
Attestazione in greco: Κρέκαν, Κρέκα, Χρέχα, Ἡρέκαν, 
    Ἠρέκαν
Genere: femminile 
Significato: "Focolare domestico", "Famiglia", "Moglie"
    Mongolo: gergei, gergen "moglie" 
    > Yakuto: kärgän "famiglia; casa; le persone che vivono in 
         una casa; membro di una famiglia"  
Pronuncia ricostruibile: /'krekæn/, /χrekæn/
Note: 
Un caso difficile. Sono stati fatti diversi tentativi di emendare l'antroponimo. Secondo Willi Bang-Kaup (1916), andrebbe letto *Αρέκαν (Arékan) e interpretato come *Ariqan "Pura Principessa" - senza contare che il femminile di qan "sovrano" è qatun "sovrana". Secondo Maenchen-Helfen riconosce l'esistenza di Κρέκα (Kréka) in diversi codici del testo di Prisco, ma nota che in altri si ha invece Ἡρέκαν (Herékan) e Ἠρέκαν (Erékan). Egli fa notare che gli autori aboliscono -n ma non la aggiungono quando è assente (a meno che non sia l'uscita dell'accusativo). Poi cita i nomi germanici attribuiti alla moglie dei Attila, che sono i seguenti: Herche, Helche (medio alto tedesco), Hrekja (norreno), Erka (norreno). A parer mio, il norreno Hrekja è compatibile con Κρέκαν. Pavel Poucha (1955) collegò l'antroponimo alla parola mongola gergei "moglie", conclusione cui giunse anche Pritsak in modo indipendente.   

Kuridach 
Attestazione in greco: Κουρίδαχος (nominativo) 
Genere: maschile 
Significato: "Piccolo Lupo" 
    Proto-turco: *Kūrt "verme"
        Turco moderno: kurt "lupo"; kurtçuk "cagnotto"
        Azero: qurd "lupo; verme" 
        Kirghiso: kurt "verme" 
        Uiguro: qurut "verme" 
        Baschiro: qort "verme; ape" 
        Baschiro (arcaico): qort "lupo"
        Tuvano: kurt "verme" 
        Cumucco: xurt "verme; bruco"
        Ciuvascio: hort, hurt "verme; ape" 
Pronuncia ricostruibile: /kuri'daχ/
Note: 
Lo slittamento semantico da "verme" a "lupo" non è recente come è stato sostenuto, ma affonda le sue radici in un tabù anticissimo. Il fatto che questo slittamento semantico sia comune a tutte le lingue Oghuz sembrerebbe provare che l'unnico parlato da Attila apparteneva a tale raggruppamento di lingue turche. Va però notato che il senso di "lupo" si trovava un tempo anche in Baschiro, mentre in turco moderno è chiamata kurt anche la grossa larva del maggiolino e di altri coletteri.

Kursich 
Attestazione in greco: Κουρσίχ
Genere: maschile
Significato: "Simile a un Eroe" 
   Proto-turco: *gür "eroico; nobile; denso; universale"   
       Turco moderno: gür "denso, abbondante" 
       Tataro: kör "eroico, coraggioso; ben nutrito" 
       Chakasso: kür "eroico, coraggioso" 
       Kirghiso: kür "potente" 
       Cumucco: kür "eroico, coraggioso" 
       Tuvano: xür "ben nutrito, in salute"
       Yakuto: kür "ampio, vasto"
   Proto-turco: *-sig "simile a" 
Pronuncia ricostruibile: /kür'siχ/
Note: 
Pritsak fa notare che un capo dei Peceneghi portava il nome Kürä (trascritto in cirillico come Куря), derivato da kür "eroico; nobile; universale" tramite un suffisso e avente il significato di "eroe". Per il suffisso -sich vedi Basich. Maenchen-Helfen è invece convinto che si debba dividere Kurs-ich e riporta a sostegno della sua idea l'esistenza dell'antroponimo Churs, documentato in Armenia, che è senza dubbio dall'iranico xorz "buono". Il nome unnico ha però una fonologia incompatibile: se fosse derivato dalla parola iranica, avrebbe avuto una consonante iniziale aspirata e sarebbe stato scritto *Χουρσίχ. Il nome del generale bizantino Kurs (Κούρς), di probabile nascita unna, è con ogni probabilità sinonimo di Kursich e non prova che si debba dividere Kurs-ich: sarà piuttosto da analizzarsi come Kur-s. Sono necessari ulteriori studi.  

Kutilzi 
Attestazione in greco: Κούτιλζις (nominativo)
Genere: maschile 
Significato: "Molto Fortunato" 
   Proto-turco: *Kut "sorte; buona fortuna"
       Turco antico siberiano: qut "buona fortuna"  
       Turco moderno: kut "buona fortuna"
       Kazako: qūt "grazia, abbondanza, ricchezza" 
       Kirghiso: kut "anima"
       Yakuto: kut "anima"
Pronuncia ricostruibile: /kutil'zi/
Note: 
Secondo Maenchen-Helfen, il turco antico qut significa "maestà", ma è chiaro che si tratta di un significato secondario. La traduzione "Molto Fortunato" parrebbe plausibile, anche se non è chiaro il suffisso -ilzi. Maenchen-Helfen è incerto se si debba segmentare -il-zi o se sia invece -elči; fatto sta di una traduzione concreta non la azzarda. L'armonia vocalica a quanto pare non si applica.  

Muageri 
Attestazione in greco: Μουάγερις (nominativo)
Significato: "Ululante" (i.e. "Lupo")
   Proto-turco: *böŋre- "ululare" 
      Kirghiso: mööröö "muggire" 
      Baschiro: möŋräv "muggire" 
      Tataro: mögrärgä "muggire"
      Turkmeno: möŋŋürmek "sospirare"
      Tuvano: mööreer "ululare" 
      Yakuto: maŋıraa "muggire"
Pronuncia ricostruibile: /mü'æŋeri/ 
Note: 
Un'etimologia popolare attribuisce a questo antroponimo l'origine dell'endoetnico degli Ungheresi, magyar (antico mogyër), o il contrario. In realtà l'antico ungherese mogyër deriva dal proto-ugrico *mańćɜ "uomo; persona", come il nome dei Mansi.
 
Mundzuc, Mundzuch  
Attestazione in greco: Μουνζίουχον (accusativo)
Attestazione in latino: Mundzuco, Mundzicco (ablativo)  
Genere: maschile 
Significato: "Gioiello, Perla"; "Vessillo" 
   Proto-turco: *bōnčok "perline" (da *bōń, *bōjn "collo)
       Turco moderno: boncuk (pron. /bon'dʒuk/) "perline" 
       Azero: muncuq "perline" 
       Tataro: muncak "perline" 
       Uzbeko: munčoq "perline"
       Kirghiso: mončoq "perla; perline" 
       Cumucco: minčaq "perline"
Pronuncia ricostruibile: /mun'dʒuχ/
Note: 
Questo è ancora il bunchuk dei Cosacchi (russo e ucraino Бунчук; polacco Buńczuk). Si tratta di un vessillo, tipico dei Turchi e del Mongoli. 
 
Octar 
Attestazione in greco: Οὔπταρος (nominativo)
Genere: maschile 
Significato: "Fiero" 
      Mongolo: öktem "forte, imperioso; fiero"; ökte-
        "diventare solido"
      Calmucco: öktem "forte, imperioso; fiero" 
    > Proto-turco: *ökte- "essere superbo"
         Chagatai: ökte-, öktä- "incoraggiare" 
         Cumano: öctem "superbus", öctelik "superbia", 
              öctenlänir "gloriatur"
Pronuncia ricostruibile: /ök'tær/
Note: 
Non è chiaro se questa radice sia un prestito da una lingua turca al mongolo o viceversa. Pritsak afferma che la sola lingua turca in cui è attestata, oltre all'unnico, sarebbe il Chagatai. Invece si trova anche in cumano (vedi Codex Cumanicus). Il suffisso -m è un deverbativo sia in turco che in mongolo. In mongolo, questo -m alterna con -ri, il cui corrispondente turco a detta di Pritsak è -z. Quindi la forma unnica sembrerebbe un po' anomala. Tuttavia si nota l'esistenza di un altro suffisso rotico molto diffuso nelle lingue turche, che deriva dal proto-turco *-ür. In turco moderno gli esiti sono -ar, -er, -ir, -ır, -ur, -ür, -r, a seconda della vocale della sillaba precedente. Forma sostantivi e aggettivi a partire da verbi.    

Oebarsi
Attestazione in greco: ᾯηβάρσιον (accusativo)
Genere: maschile 
Significato: "Come un Leopardo Bruno" 
   Proto-turco: *oń "grigio; bruno" (detto di manto equino) 
       Karakhanide: oy "grigio; bruno"
       Tuvano: oy "grigio; bruno"
Pronuncia ricostruibile: /oe'barsɨ/
Note: 
La parola bars "pantera, leopardo, tigre" è di origine iranica (< pārs). Si nota che l'adattamento greco del nome porta due accenti, uno circonflesso sulla prima sillaba e uno acuto sulla terza: questa peculiarità è eccezionale.  

Odolgan 
Attestazione in latino: Odolgan 
Attestazione in greco: 
Significato ipotizzabile: "Falcone del Regno" 
   Proto-turco: *ēl- "regno; pace; regione"  
   Proto-turco: *togan "falcone" 
      Turco antico siberiano: toγan "falcone
      Turco moderno: doğan "falcone" 
      Pecenego: towan "falcone"
Pronuncia ricostruibile: /oldo'gan/, /oldogan'do:n/ 
Note: 
La spiegazione più semplice è che sia occorsa una metatesi da Oldogan a Odolgan. Maenchen-Helfen riporta un antroponimo che compare nell'iscrizione runica di Uyuk-Tarlak, senza azzardarsi a fornire una traduzione. Il testo menziona un personaggio il cui nome traslitterato è El Togan Totoq, che si definisce "ambasciatore del suo regno del Cielo" (totoq significa "governatore"). Alla lettera, El Togan è il "Falcone del Regno". Potrebbe essere il nome di una figura mitologica e corrispondere all'antroponimo unno. Bisognerà indagare più a fondo. Per curiosità, il cognome turco Erdoğan significa "Uomo-Falcone".

Ruga, Rugila
Attestazione in greco: Ῥούγας (nominativo), Ῥοῦα (genitivo),
       Ῥωίλας (nominativo)
Attestazione in latino: Rua, Roas, Ruga, Rugila

Genere: maschile 
Significato: "Uomo-Onore" 
    Proto-turco: *ēr "uomo" 
    Proto-turco: *ȫ- "pensare"; *ȫ-g "pensiero; 
       -ge / -ga, suffisso che forma sostantivi:
      *ö-ge "onore; lode" 
Pronuncia ricostruibile: /ṛö(γ)æ/
Note: 
Il suffisso -ila della forma Rugila è evidentemente il famoso diminutivo maschile gotico. Formazioni di questo genere ricorrono di frequente in antroponimi e titoli dei popoli turchi: Er Böri "Uomo-Lupo", Er Buġa "Uomo-Toro", etc.

Sandil, Sandilch 
Attestazione in greco: Σάνδιλ, Σάνδιλχος (nominativo)
Genere: maschile
Significato: "Piccola Barca" 
Pronuncia ricostruibile: /san'dil/, /san'dilχ/
Note: 
La variante Sandilch (Σάνδιλχος) ha un tipico suffisso diminutivo -ch. Maenchen-Helfen nota che tra i Mamelucchi esisteva l'antroponimo Sandal, con lo stesso significato. 
 
Sigizan 
Attestazione in greco: Σιγίζαν 
Genere: maschile 
Significato: "Topo"
   Proto-turco: *sɨčgan "topo; ratto" 
      Turco antico siberiano: sïčγan "topo; ratto"
      Turco moderno: sıçan "ratto" 
      Baschiro: sısqan "topo" 
      Cumucco: çıçqan "topo"
Pronuncia ricostruibile: /sɨγɨ'tʃan/
Note:  
Alla lettera il nome proto-turco del topo significa "defecatore" (< *sɨč- "defecare"). Si noti la metatesi, probabilmente dovuta a un tabù. Maenchen-Helfen reputa questo antroponimo un nome germanico dalla ben nota radice sigi- "vittoria", senza poter specificare alcunché sulla sua terminazione.  

Simma 
Attestazione in greco: Σίμμας (nominativo) 
Significato: "Gallo cedrone"
   Proto-turco: *sɨm "gallo cedrone"
      Shor: sınma "gallo cedrone" 
      Oyrat: sımda "gallo cedrone" 
Pronuncia ricostruibile: /'sɨmma/
Note: 
Si nota l'assimilazione progressiva da -nm- in -mm-. L'etimologia è mia; Maenchen-Helfen non conclude alcunché su questo antroponimo.

Skotta 
Attestazione in greco: Σκόττας (nominativo)
Genere: maschile 
Significato: "Impetuoso, Testa calda" 
    Proto-turco: *sök- "spaccare; fare a pezzi" 
        Turco antico siberiano: sök- "fare a pezzi; abbattere; 
             irrompere", causativo sökit- (hapax) 
    Proto-turco: -da, suffisso agentivo
Pronuncia ricostruibile: /'sköttä/
Note: 
Trovo convincente l'etimologia data da Pritsak. 
 
Tarrach 
Attestazione in greco: Ταρράχ
Genere: maschile 
Significato ipotizzabile: "Spanditore"; "Ramo di Fiume"
   Proto-turco: *tar-, *dar- "spargere, spandere; biforcarsi" 
      Tataro: tar- "spargere"; tarmaq "ramo"
      Baschiro: tarmaq "ramo di fiume, biforcazione; 
           ramificazione"
      Yakuto: tarğaa "spargere, diffondere"
Pronuncia ricostruibile: /tar'raχ/
Note: 
Secondo Maenchen-Helfen, questo antroponimo "non può essere turco". Credo che ciò sia falso. Tra i Tuvani è ben noto il fiume Tarlak, il cui nome deriva dalla radice *tar- "spargere, spandere". La terminazione -lak è fossilizzata. In unnico il gruppo consonantico -rl- deve essere diventato -rr- per assimilazione regressiva. Ridicola l'idea di quegli accademici che hanno tentato di ridurre Tarrach al nome del santo Tarachus.

Tuldach 
Attestazione in greco: Τουλδάχ
Genere: maschile 
Significato: "Piccolo Sazio" 
   Proto-turco: *tōl- "essere pieno" 
     Turco moderno: dol- "essere pieno"; dolu "pieno"
        Cumucco: tolu "pieno"
        Baschiro: tulı "pieno; completo"
        Yakuto: tuol "essere pieno"
        Ciuvascio: tul "essere pieno"; tulli "pieno"
Pronuncia ricostruibile: /tul'daχ/
Note: 
Trovo implausibile l'idea di un'origine dalla stessa radice di Uldin: lo stesso Maenchen-Helfen fa questa ipotesi, senza poter dire nulla sul fantomatico prefisso t-.

Tuldich, Tuldila 
Attestazione in greco: Τουλδίχ 
Attestazione in latino: Tuldila  
Genere: maschile 
Significato: "Piccolo Sazio"
   Proto-turco: *tōl- "essere pieno" 
       Turco moderno: dol- "essere pieno"; dolu "pieno" 
       Cumucco: tolu "pieno" 
       Baschiro: tulı "pieno; completo"
       Yakuto: tuol "essere pieno"
       Ciuvascio: tul "essere pieno"; tulli "pieno"
Pronuncia ricostruibile: /tul'dɨχ/, /'tuldila/
Note: 
Il suffisso -ila è un diminutivo maschile, una traduzione letterale del suffisso -ch dell'unnico. Per il resto, vedi Tuldach.

Turgun 
Attestazione in greco: Τουργοῦν
Genere: maschile 
Significato: "Corvo" 
   Proto-mongolo: *turaγu "corvo, cornacchia" 
        Mongolo medio: tura'un "corvo, cornacchia"
   Proto-turco: *torgay "specie di uccellino, allodola" 
   Proto-Tunguso: *ture "corvo, cornacchia"  
Pronuncia ricostruibile: /tur'gu:n/
Note: 
L'antroponimo unnico somiglia molto alla forma proto-mongola. In turco ottomano Turgay è un nome proprio di persona maschile. 

Tutizar 
Attestazione in latino: Tutizar 
Genere: maschile 
Significato: "Abile ad afferrare" 
    Proto-turco: *tut- "afferrare"; *yara- "esser profittevole"
Pronuncia ricostruibile: /tuti'zar/
Note: 
Nome unnico portato da un ostrogoto. Maenchen-Helfen non conclude alcunché su questo antroponimo. Nessuno sembra volersene occupare. Forse la mia proposta etimologica è la prima, non sono riuscito a reperirne altre.  

Uldach 
Attestazione in greco: 
Genere: maschile 
Significato: "Piccola Fortuna"  
   Proto-mongolo: *ol-dige- "buon auspicio" 
      Mongolo: olje, oljei, öljei "buon auspicio" 
    > Proto-turco: *öldi- "buon auspicio"
Pronuncia ricostruibile: /öl'dæχ/
Note: 
L'antroponimo, non trattato da Pritsak, è chiaramente dalla stessa radice di Uldin (vedi sotto), con il tipico suffisso diminutivo -ch. Deve essere un prestito dal proto-mongolo. 
 
Uldin
Attestazione in greco: Οὔλδης, Οὔλδις (nominativo), Οὔλδιν 
      (accusativo)
Attestazione in latino: Uldin, Huldin
Genere: maschile
Significato: "Fortuna"  
    Proto-mongolo: *ol-dige- "buon auspicio"
       Mongolo: olje, oljei, öljei "buon auspicio"
    > Proto-turco: *öldi- "buon auspicio"       
Pronuncia ricostruibile: /öl'din/
Note: 
Deve essere un prestito dal proto-mongolo, come giustamente sostenmuto da Pritsak. La radice proto-turca *öldi- "buon auspicio" è stata da me ipotizzata sulla base di questo antroponimo e di altri simili.

Ultzindur 
Attestazione in latino: Ultzindur
Genere: maschile 
Significato: "(uomo della) Tribù della Fortuna" 
     Proto-mongolo: *ol-dige- "buon auspicio"
     > Proto-turco: *öldi- "buon auspicio"
Pronuncia ricostruibile: /öldʒin'dür/
Note: 
Nome portato da un figlio di Attila. Spesso è scritto Vltzindur, ma non si comprende il perché di questa scelta arbitraria, dato che in latino non esisteva la distinzione tra le due lettere u e v.  
 
Zengilach 
Attestazione in greco: Ζηγγιλάχος (nominativo)
Significato: "Giovinetto" 
   Proto-turco: *jaŋɨ- / *jeŋi- "nuovo" 
      Turco antico siberiano: yaŋï "nuovo" 
      Turco moderno: yeni "nuovo"
      Baschiro: yaŋı "nuovo" 
      Tataro: yaŋa "nuovo"
      Oyrat: d´aŋı "nuovo"
      Dolgan: haŋa, hiŋil "giovane" 
      Yakuto: saŋa "nuovo" 
      Ciuvascio: śĕnĕ "nuovo"
Pronuncia ricostruibile: /zeŋi'laχ/
Note:  
Antroponimo formato con il tipico suffisso diminutivo.
 
Zerkon 
Attestazione in greco: 
Genere: maschile
Significato: "Ufficiale di Camera"
   Proto-turco: *ič- "interno di qualcosa; intestino; ventre";
          -er (suffisso che marca il divenire); *Kün "persona"
      Proto-bulgaro: HTZHRGOY 
Pronuncia ricostruibile: /tʃer'kü:n/  
Note: 
Questo era il nome di un nano di stirpe maura che fungeva da buffone per Bleda. Prisco ci riporta che nei suoi numeri, questo personaggio nanesco mescolava diverse lingue: l'unnico, il gotico e il latino. Attila aveva una vera e propria fobia nei confronti dei nani e si rifiutava persino di guardarlo. L'obiezione di Maenchen-Helfen è assolutamente ridicola: egli sostiene che non sarebbe stato dato a un nano di corte un nome altisonante. Evidentemente ignora tutto sulla natura umana. 

Zilgibi 
Attestazione in greco: Ζιλγίβις (nominativo)
Genere: maschile
Significato: "Simile a un Cembalo"  
   Proto-turco: *zil "cembalo" (< iranico)
   Proto-turco: *kēpi "simile a", "come" 
       Turco antico anatolico: gibi "simile a", "come" 
       Turco moderno: gibi "simile a", "come" 
       Azero: kimi "simile a", "come" 
       Turkmeno: kimīn "come" 
       Uzbeko: kabi "come" 
       Baschiro: kivik, kevek "come"
Pronuncia ricostruibile: /zil'gibi/
Note: 
Nome di principi unni del Caucaso. Anche in turco moderno gibi, esito di *kēpi, è postposto al nome a cui si riferisce. La traduzione sembra plausibile e non si capisce perché Maenchen-Helfen abbia ritenuto questo antroponimo impenetrabile.

Zolbon 
Attestazione in greco: Ζόλβων
Genere: maschile
Significato: "Stella del Pastore" (i.e. "Venere") 
    Proto-mongolo: *čolbun "Venere (stella del mattino)" 
    > Pr0to-turco: *čolbon "Venere (stella del mattino)"
        Turco moderno: çolpan "il pianeta Venere" 
              (si trova anche çoban yıldızı
        Tataro di Crimea: çolpan "il pianeta Venere"
        Cumucco: čolpan "il pianeta Venere"
        Kazako: šoban, šolpan "il pianeta Venere"
        Kirghiso: čoban, čolpon "pastore" 
Pronuncia ricostruibile: /tʃol'bon/
Note: 
Tra i Mamelucchi esisteva l'antroponimo Çolpan (pron. /tʃol'pan/), con lo stesso significato. 
 
Nel patrimonio onomastico unno si notano alcuni nomi di chiara origine iranica. Alcuni sono attribuiti ai Massageti, popolo scitico, ma Maenchen-Helfen ritiene che si tratti di identificazioni fittizie. Riporto i seguenti antroponimi: 
 
Aischman 
Attestazione in greco: Αἰσχμάνῳ (dativo) 
Genere: maschile 
Significato: "Mente Potente"
Pronuncia ricostruibile: /e:ʃ'man/ 
Note: 
Maenchen-Helfen riporta la forma nominativa come Αἰσχμάνος, che tuttavia non sembra essere attestata. Il primo membro del composto equivale all'avestico aēša- "potente": il merito di questa etimologia va al linguista Alexis Manaster Ramer.
 
Ambazuka 
Attestazione in greco: Ἀμβαζούκης (nominativo) 
Genere: maschile 
Significato: "Forte Braccio"
Pronuncia ricostruibile: /am'bazuka/ 
Note:  
Avestico ama- "forte", bāzu- "braccio"
 
Balas 
Attestazione in greco: Βάλας  
Genere: maschile
Significato: antroponimo non trasparente 
Pronuncia ricostruibile: /'balas/
Note: 
È un comune nome persiano, che deriva in ultima analisi dal partico Walagaš "Splendente di Forza". In greco e in latino è documentato con moltissime varianti anche molto divergenti: Βάλας, Οὐαλᾶς, Βλάσης, Βλάσος, Vologaesus, etc.  
 
Chinialon 
Attestazione in greco: Χινιαλών
Significato: "Alano dell'Odio" i.e. "Alano Odiatore"
Pronuncia ricostruibile: /khinia'lo:n/ 
   Antico persiano: *kaina- "odio, rancore; vendetta" 
      Medio persiano: kyn "odio, rancore; vendetta"
      > Azero kin "odio, rancore; vendetta"
   Proto-scitico: *Aryanu "Terra degli Arii" 
      Proto-alanico: *Allānʉ "Terra degli Arii"  
Pronuncia ricostruibile: /kʰini'alo:n/
Note: 
A quanto risulta, la mia proposta etimologica sarebbe la prima, non sono riuscito a reperirne altre.
 
Chorsoman 
Attestazione in greco: Χορσομάνος (nominativo)
Significato: "Che ha Buone Intenzioni"
Pronuncia ricostruibile: /χorso'man/ 
Note:  
Ossetico xorz-aman "che ha buone intenzioni"

 
Chorsomanti, Chorsamanti 
Attestazione in greco: Χορσομάντις, Χορσάμαντις 
      (nominativo) 
Significato: "Che ha Buona Fortuna" 
Pronuncia ricostruibile: /χorso'manti/, /χorsa'manti/
Note: 
Ossetico xorz-amond "che ha buona fortuna". Manaster Ramer riporta l'antroponimo come Χορσάμαντις, ma la sostanza non cambia.

Hormidac 
Attestazione in latino: Hormidac
Significato: "Figlio di Hormizd" 
Pronuncia ricostruibile: /hormɨz'dak/
Note:  
È un comune nome persiano, Hormizdak, trascritto male. Hormizd è il Dio Supremo della religione di Zoroastro: il nome avestico è Ahura Mazdā. Maenchen-Helfen è convinto che il gruppo consonantico -zd- sia stato scritto erroneamente come -d-.

Styrak, Tyrank
Attestazione in greco: Στύραξ, Τύραγξ (nominativo)
Significato: "Grande" 
   Ossetico: styr "grande, ampio"
Pronuncia ricostruibile: /'stɨrak/, /'tɨrank/
Note: 
Nonostante il suffisso e le distorsioni, l'etimologia è riconoscibile.

Zabergan 
Attestazione in greco: Ζαβέργαν, Ζαβεργάν 
Significato: "Luna Piena" 
Pronuncia ricostruibile: /za'bergan/, /zaber'gan/
Note: 
Nome di un capitano dei Kutriguri. Maenchen-Helfen, che non era un iranologo, ha utilizzato questo criterio per identificare l'origine dell'antroponimo: siccome un ministro di Cosroe I si chiamava Zaberganes ed era certamente un persiano, doveva esserlo anche il suo nome. 

Zarter 
Attestazione in greco: Ζαρτήρ
Significato: "Mercurio d'Oro"
Pronuncia ricostruibile: /zar'tɪ:r/ 
Note: 
Come Henning ha dimostrato, l'antroponimo è formato a partire dal neme della divinità persiana Tīr, corrispondente a Mercurio, per indicare un gemello divino di Zarmihr (Mihr < Mithra); zar- significa "oro".
 
Il problema degli etnonimi

Rispetto agli antroponimi, gli etnonimi presentano maggiori difficoltà etimologiche. Notevole è la presenza del suffisso -gir, già visto nell'antroponimo Ἐλμίγγειρος. Indagando, ho scoperto che ha una corrispondenza notevole nelle lingue tungusiche: si trattava in origine di un plurale/collettivo in -r formato a partire da un nome locativo in -gi. La stirpe dei Tungusi è formata da molte tribù, tra le quali si menzionano le seguenti: Bultogir, Samagir, Manegir, Kindigir, Lakšikagir, Čapogir e ... Elmingir!

Akatzir, Akatir
Attestazione in greco:  Ἀκατίροι, Ἀκατζίροι
Attestazione in latino (Giordane): Acatziri
Significato al momento non determinabile 
Note: 
Un caso difficile. L'interpretazione (erronea) proposta da Tomaschek (1872) vorrebbe che questo etnonimo derivasse dalla parola turca ağaç "albero" e da un derivato di er "uomo": nel dizionario turco-arabo del 1245 pubblicato da Houtsma (Leida, 1894) è attestato realmente un termine Agaǰ-eri "uomini degli alberi", analogamente a Qum-eri "uomo delle sabbie", Turuk-eri "Turco" e Rum-eri "Romano". Il punto è che agaç "albero" deriva dal proto-turco *ï-gač, la cui radice è "legno"; -gač è un suffisso e non mostra alcuna variante con un'occlusiva sorda -k-. Se la proposta di Tomaschek fosse corretta, l'etnonimo Acatziri sarebbe stato trascritto con una sonora -g-, cosa che non avviene mai. Un'altra interpretazione comune, dovuta a Henning e Hamilton, è che gli Akatziri derivino il loro nome da *Aq-Khazar, ossia "Khazari Bianchi". Va detto che l'etnonimo dei Khazari non ha chiare origini e che questa etimologia, per come è enunciata, presenta gravi criticità: l'etnonimo Acatziri sarebbe stato trascritto con un'aspirata -ch-, -χ-, cosa che non avviene mai. Maenchen-Helfen mena il can per l'aia ma non arriva ad alcuna conclusione. 
 
Alpidzur 
Attestazione in greco: Ἀμιλζύροις (dativo)
Attestazione in latino (Giordane): Alpidzuros (accusativo) 
Forma corrotta: Alcildzuros
Significato: "Tribù dell'Eroe" 
   Proto-turco: *ălp "guerriero; eroe; coraggioso" 
        Turco moderno: alp "eroe; coraggioso" 
Pronuncia ricostruibile: /alpɨ'tʃur/
Note:  
Maenchen-Helfen considera correttamente questo nome come turco e ne individua la radice alp- "eroe", ma attribuisce all'elemento -i(l)- il significato di "popolo" (dal proto-turco *ēl "regno; regione"), che non pare molto plausibile: -i- sarà piuttosto una semplice vocale epentetica, mentre -l- sembra il prodotto di trascrizioni distorte. Si nota l'aggiunta del suffisso -čur già visto in alcuni antroponimi e diffuso nelle antiche lingue turche.  
 
Altziagir  
Attestazione in latino: Altziagiri, Altziagri, Ultziagiri
     Aultziagri 
Significato: "Tribù dei Sei"
Pronuncia ricostruibile: /alθɨa'gir/, /altsɨa'gir/
Note: 
L'etnonimo è formato dal numerale ALTHIA "sei" e dal suffisso -gir. Si notano evoluzioni fonetiche. 

Angiskir
Attestazione in greco: - 
Attestazione in latino (Giordane): Angisciros (accusativo) 
Forme corrotte: Augistiros, Angistros  
Significato: "Tribù delle Stoppie"
    Proto-turco: *(i)aŋɨŕ "campo di stoppie" 
       Turco medio: aŋız "stoppia" 
Pronuncia ricostruibile: /aŋɨs'kɨr/
Note:  
Si noti l'esito in sibilante della rotica palatale del proto-turco, tipico di tutte le lingue turche non oghuriche. Tra le lingue non oghuriche figura quella degli Unni di Attila, con buona pace di Pritsak. Il secondo membro è -gir, -kir, che compare negli antichi nomi tribali.  
 
Bardur, Bardor 
Attestazione in greco: 
Attestazione in latino: Bardores
Significato: "Tribù del Grande Fiume" 
Pronuncia ricostruibile: /bar'dur/
Note: 
L'etnonimo è formato con il suffisso -dur, -tur a partire dall'idronimo Var, nome unnico del Dniepr, di chiara origine iranica (< *varu- "ampio"). Un altro antico nome del Dniepr, attestato da Erodoto, è Βορυσθένης (Borysthénēs), derivato da *varu- "ampio" e da -stāna "terra".
 
Barselt 
Attestazione in greco: Βαρσήλτ, Βαρσῆλτ
Significato al momento non determinabile
Note: 
La prima parte del composto è chiara: deriva dall'iranico *varu- "ampio". Il problema è la seconda. Maenchen-Helfen è convinto che si tratti dello stesso nome tribale degli Ζάλοι (vedi Zal), ma la consonante iniziale non quadra. Come riporta lo stesso studioso, alcuni cercano di spiegare la -t finale come un plurale alanico. 

Burugund, Vurugund 
Attestazione in greco: Βουρουγούνδοι, Ουρουγούνδοι 
Attestazone in latino: Vurugundi, Urugundi
Significato ipotizzabile: "Aquile" 
   Proto-turco: *bürküt "aquila" 
       Turkmeno: bürgüt "aquila" 
Pronuncia ricostruibile: /bürü'günd/, /βürü'günd/
Note: 
Non vanno confusi con i Burgundi germanici. L'elemento nasale è con ogni probabilità il residuo di un antico suffisso plurale fossilizzato: *bürküt-n > *bür(ü)gund
 
Elminzur 
Attestazione in greco: Ἐλμινζούρ 
Significato ipotizzabile: "Tribù del Cavallo" 
    Tunguso: elmin "giovane cavallo"
Pronuncia ricostruibile: /elmin'ʃür/
Note: 
Questo etnonimo corrisponde all'omonimo antroponimo già analizzato. Non è raro che un nome proprio di persona derivasse da quello di una tribù.  

Sabir 
Attestazione in greco: Σάβιροι, Σαβεῖροι, Σαβήρ, Σαβίρ,  
     Σάπειρ
Attestazione in latino: Sabiri, Saviri
Attestazione in armeno: Sawirk', Sabirk'
Significato ipotizzabile: "Quelli del (fiume) Sabir" 
    Proto-turco: *sapɨ- "ondeggiare, agitare, scuotere" 
Pronuncia ricostruibile: /sa'bɨr/
Note: 
Un caso di etimologia ingannevole. Nessun accademico a quanto ha considerato che i Sabiri traevano il loro nome da quello di un fiume, il Sabir, anche chiamato Boas. L'informazione è riportata da Procopio di Cesarea, nella sua opera Storia delle guerre (Guerra Persiana, Libro II, 29, 14-15). Così Gyula Németh e Paul Pelliot hanno cercato un'etimologia adatta a un popolo di nomadi di cui non si sapeva altro, scegliendo il proto-turco *sap- "errare, vagare, andare fuori strada", il che... li ha portati fuori strada, per ironia. A parer mio la radice giusta è quasi omofona, *sapɨ-, che fa riferimento al moto impetuoso del fiume, anche se nelle lingue attuali si riferisce soprattutto al moto dei rami ad opera del vento.  
 
Sadagari 
Attestazione in greco: Σαδαγάρες  
Attestazione in latino: Sadagarii, Sadages; Sadagas 
       (accusativo); Sadares 
Significato ipotizzabile: "Uomini del Turcasso"
   Proto-mongolo: *saxadag "turcasso" 
    > Proto-turco: *sadak "turcasso"  
   Proto-turco: *ēr "uomo"
Pronuncia ricostruibile: /sada'γæri/ 
Note: 
Riprendo la prima etimologia data da Altheim, che mi sembra verosimile. Non tutti sono d'accorsdo sull'identificazione dei Sadagarii con i Sadages, ma questo non cambia la sostanza Il fatto che non siano mai indicati come Unni e che sembrino essere Sciti non è un argomento valido: è sempre possibile che abbiano adottato nomi unnici.

Ultzinzur
Attestazione in greco: Οὐλτίνζουροι
Attestazione in latino: Ultzinzures, Ultingures
Significato ipotizzabile: "Tribù del Buon Auspicio" 
    Proto-mongolo: *ol-dige- "buon auspicio"
       Mongolo: olje, oljei, öljei "buon auspicio"
     > Proto-turco: *öldi- "buon auspicio"
Pronuncia ricostruibile: /öltin'zür/, /öltʃin'zür/, /öldʒin'zür/
Note: 
Vedi l'antroponimo Ultzindur, che ne è derivato. 

Zal 
Attestazione in greco: Ζάλοι
Significato ipotizzabile: "Forza, Energia vitale"     
   Proto-turco: *jạlaŋuk "persona" 
   Proto-mongolo: *sülde "energia, vitalità"
Pronuncia ricostruibile: /zal/ 
Note: 
Non mi risulta siano state proposte finora etimologie per questo etnonimo. 

Zebender 
Attestazione in greco: Ζεβενδέρ
Significato ipotizzabile: "Anime dei Morti"
   Proto-turco: *jẹbe- "cimitero, tomba; anima dei morti;
         fantasma; funerale"
Pronuncia ricostruibile: /zeben'der/, /zeβen'der/
Note:  
Questo etnonimo è di un'importanza somma, perché attesta la desinenza plurale dei sostantivi unnici, corrispondente al turco moderno -lar, -ler. Dimostra anche che la desinenza diventava -dar, -der a seconda della consonante precendente, come in Kirghiso.
 
Solo in apparenza meno problematici sono i seguenti nomi di popoli Unni terminanti in -gur (greco -γουροι, latino -guri, -gures), che sono stati utilizzati da Pritsak per sostenere la sua idea di appartenenza dell'unno alle lingue oghuriche. Il punto è che questi etnonimi possono essere giunti ai Bizantini tramite mediazione di altri popoli, più precisamente di genti che parlavano proto-bulgaro. Spesso sono attestate molte forme diverse, tanto che è difficile comprendere come sia stata la forma originale. Suppongo che la terminazione -gur derivi dal proto-turco *ōkuŕ, a cui si può attribuire il senso di "tribù, popolo" (è un'estensione di *ōk "lignaggio"). Non si può tuttavia nascondere che in qualche caso troviamo varianti trascritte in greco con -γηροι, che sembra piuttosto rimandare a -gir. La confusione è tuttora grande. 

Bittugur 
Attestazione in greco: Βίττορες, Βίτγορες
Attestazione in latino: Bittugures, Bittugores
Forme corrotte: Burtugures, Buturgures  
Significato ipotizzabile: "Tribù dell'Amuleto" 
   Proto-turco: *bitig "scrittura; amuleto" + *ōkuŕ "tribù" 
Forma proto-unnica ricostruita: BITIG OGUZ
Forma proto-bulgara ricostruita: BITIG OGUR
Note: 
Questa tribù si è unita agli Ostrogoti nella loro migrazione in Italia.
 
Kutrigur 
Attestazione in greco: Κουτρίγουροι, Κουτούργουροι
    Κοτρίγουροι, Κοτρίγοροι, Κουτρίγοροι, Κοτράγηροι
    Κουτράγουροι, Κοτριαγήροι, Κοτζαγηροί
Adattamento in italiano: Kutriguri, Cutriguri
Significato: "Nove Tribù" 
    Proto-turco: *tokuŕ "nove" + *ōkuŕ "tribù"
Forma proto-unnica ricostruita: KOTUZ OGUZ  
Forma proto-bulgara ricostruita: KOTUR OGUR
Note: 
Senza dubbio è avvenuta un'antica metatesi, che ha portato da TOKUZ OGUZ a KOTUZ OGUZ. Si noterà che gli antichi Turchi siberiani, gli Uighuri (con -r-), chiamavano se stessi proprio Tokuz Oguz, ossia "Nove Tribù" (con -z-). Gli attuali Uiguri, pur non essendo loro discendenti diretti, potrebbero essere resti di Unni Kutriguri che si sono addentrati nelle immensità della Cina, rimanendo isolati dai loro consanguinei!

Onogur
Attestazione in greco: Ὀνόγουροι, Οὔρωγοι, Οὔγωροι
Attestazione in latino (Giordane): Hunuguri 
Adattamento in italiano: Onoguri
Significato: "Dieci Tribù"  
Forma proto-unnica ricostruita: ON OGUZ
Forma proto-bulgara ricostruita: ON OGUR 
    Proto-turco: *ōn "dieci + *ōkuŕ "tribù"
Note: 
Si noterà che questo etnonimo è stato attribuito a un popolo di lingua uralica, non turca. Proprio da Hunuguri è derivato Ungari

Saragur 
Attestazione in greco: Σαράγουροι
Adattamento in italiano: Saraguri 
Significato: "Tribù Bianche" 
    Proto-turco: *siarɨg "bianco; giallo" + *ōkuŕ "tribù"
Forma proto-unnica ricostruita: SARIG OGUZ 
Forma proto-bulgara ricostruita: SARIG OGUR 
Note:
 
Utigur
Attestazione in greco: Οὺτρίγουροι, Οὺττρίγουροι
    Οὺτίγουροι, Οὺτούργουροι
Adattamento in italiano: Utiguri, Utriguri 
Significato: "Trenta Tribù" 
    Proto-turco: *otuŕ "trenta" + *ōkuŕ "tribù" 
Forma proto-unnica ricostruita: UTUZ OGUZ  
Forma proto-bulgara ricostruita: UTUR OGUR
Note: 
 
Tre glosse fuorvianti 
 
Tre parole attribuite agli Unni sono state documentate da autori contemporanei ad Attila, come Prisco e Giordane: 
 
μέδος (medos) "bevanda inebriante affine all'idromele" 
κάμος (kamos) "bevanda di orzo affine alla birra"
strava "festa funebre" 
 
1) Il nome dell'idromele è chiaramente indoeuropeo, da *medhu-. Potrebbe essere una parola germanica, ma anche slava. 
2) Il nome della birra può essere ricondotto alla radice indoeuropea *kʷem- "bere, ingoiare", un cui esito si trova nel sanscrito cam- id. Non si tratta di una parola unnica: le genti della Pannonia bevevano camum molto prima che Attila comparisse (es. Editto di Diocleziano sui prezzi). Appurato che non è una parola celtica né germanica, apparterrà a quell'immenso continuum di lingue satem che dall'Illiria giungeva fino al Baltico e all'India.
3) Il nome della festa funebre è chiaramente slavo.  

Proto-slavo: *sъtrava "cibo"
Deriva da *sъ(n) "con" e dal verbo‎ *trāvìti "consumare"  

Esiste una parola omofona (strabae, pl.), che Lattanzio riporta per indicare un rito barbarico in cui le spoglie del nemico erano distese e accumulate per onorare la vittoria. A parer mio questa parola non ha nulla a che vedere con la cena funebre e potrebbe ben derivare dal gotico straujan "spargere", anche se il verbo è usato soprattutto parlando della paglia. 
 
Molto semplicemente le tre glosse "unniche" non appartengono affatto alla lingua di Attila, bensì a lingue parlate da popoli sottomessi e associati agli Unni. Molto probabilmente si tratta di Slavi (Anti, Sclaveni o Veneti), la cui progenie tuttora prospera.  

Il nome del turcasso 
 
Una parola unnica genuina ha invece dato origine al medio greco κούκουρον (koukouron) "turcasso, faretra". Le sue origini sono lontane e risalgono all'impervia Mongolia.
 
Proto-mongolo: *köke-xür "recipiente di cuoio per liquidi" 
   Bonan: kokor  
   Buriato: xüxüür 
   Khalkha: xöxüür  
   Calmucco: kökür  
 
Questa parola è stata presa a prestito da numerose lingue turche: 
 
   Kirghiso: köökör 
   Chakasso: küger
   Tuvano: kögeer 
   Yakuto: köğüör 

Da una lingua turca la parola è giunta anche nelle lingue uraliche, col senso di "borsa":
 
   Estone: kukkur
   Finnico: kukkaro
   Ingriano: kukkoro
   Careliano: kukkaro
   Veps: kukor
 
Anche nelle lingue a noi più familiari si trovano discendenti di questa radice: antico inglese cocer "turcasso", francese antico quiver id., da cui l'inglese moderno quiver. Maenchen-Helfen si mostra a torto scettico, argomentando che l'antica parola turca per indicare la faretra è sadaq. Non esiste problema alcuno. L'unnico aveva due parole con lo stesso significato: uuna era un eufemismo, /kö'kür/, mentre l'altra era sacra, /sa'daγ/ e ha dato l'etnonimo Sadagarii.
 
Ricostruzione delle radici proto-turche
 
Questo è il database con le radici proto-turche, compilato da Anna Dybo, contenuto nel sito The Tower of Babel, sulla cui capitale importanza spenderò sempre molte parole:   
 
 
Anche il Wiktionary contiene un database di radici proto-turche che dà un importante contributo:  
 

Tramite questi potenti strumenti il lavoro di indagine si è fatto enormemente più facile.
 
Armonia vocalica  
 
Nell'ortografia usata nelle fonti latine e greche non si trova presente alcun modo efficace per trascrivere alcuni tipici suoni vocalici delle lingue turche, che noi trascriviamo con ä, ö, ü, ï (ı). Tuttavia l'armonia vocalica deve essere esistita in unnico. Si nota che i fonemi /ö/ e /ü/ sono in genere resi in greco con ου anziché con υ, come sarebbe forse stato più logico. 

Esito del proto-turco *j-

A quanto ho potuto constatare, l'esito del proto-turco *j- dipende strettamente dalla vocale che segue. Se il fonema seguente è /a/, /a/, /e/, l'esito è /z/. Se il fonema seguente è /o/, /ö/, /u/, /ü/, l'esito è /d/ o /dʲ/. Se il fonema seguente è /i/, /ɨ/, la consonante scompare.

L'endoetnico del Cumani

Questo si trova scritto nel Codex Cumanicus: 
 
"Equidem vocabulum huun, cui in aliis dialectis turcicis formam respondentem non inveni, Cumanum interpretor. Cumani enim Hungariae se ipsos KŪN nominant (cum longa vocali in medio nominis)" 
 
Vediamo chiaramente che ancora all'epoca in cui fu compilato il Codex Cumanicus, i Cumani stanziati in Ungheria chiamavano se stessi Huun, Kūn, ossia Unni. In realtà, prima che si diffondessero denominazioni come Turchi e Tatari (adattato poi come Tartari), tutte le genti che parlavano una lingua della famiglia turca chiamavano se stesse con l'antico e glorioso nome degli Unni. 

Origine del nome degli Unni 
 
La radice proto-turca *Kün "persona" è imparentata con il proto-mongolo *küɣün, *kümün "persona". Potrebbe addirittura trattarsi di un prestito. La ricostruzione proto-turca infatti non rende conto di alcune peculiarità, come la vocale lunga e  l'esistenza dell'aspirazione iniziale nel nome degli Unni, che in greco era trascritto come Οὔννοι e in latino come Hunni, ma anche Chunni o Chuni.

Proto-mongolo: *küɣün, *kümün
Significato: persona
   Mongolo scritto: kümün
   Mongolo medio: gu'un, komon, kumnɛt, kuw(u)n
   Khalkha: xün (pl. xümǖs), xömǖn
   Buriato: xün
   Calmucco: kǖn, kümṇ
   Ordos: kün, kümǖn 
   Dongxian: kun
   Baoan: kuŋ
   Dagur: xuar, huare
   Shary-Yoghur: kūn
   Monguor: kun
   Mogol: ku, kut
 
Possa questo Sacro Nome durare fino alla Fine dei Tempi!
 
Glossario Unnico - Italiano: 
 
Il mio lavoro ha uno scopo ambizioso: riportare sulla Terra la voce di Attila e dei suoi Unni! Così comincio a compilare brevi liste di parole. L'ortografia, basata sulle attestazioni analizzate, è per necessità abbastanza instabile.
 
ADAMI "cammello castrato" 
AI "luna; mese"  
-AL "davanti; parte anteriore" 
ALA "variegato"  
ALON "Alano"
ALP "guerriero; eroe"
ALTHIA "sei (6)"  
AREG, ARIG "vergine; pura"
ATA "padre" 
BALACH "vitello"; "gamba dei calzoni"
BALAMIR "selvaggio, indomito"
BALMACH "dito della mano"  
BARS "pantera, leopardo; tigre" 
BERICH "forte, solido, stabile" 
BLEDA "saggio, sapiente"  
BOCHA "toro" 
CHARA "nero" 
CHARATON "veste nera"  
CHELCH "animale da carico" 
CHINI "odio"
DENGIZ "mare"  
DENGIZICH "piccolo mare"; "vento marino"  
DONAT "cavallo" (segno zodiacale)
EL "mano"
EL "pace" 
EL "regno" 
ELLAC "sovrano" 
ELMIN "cavallo"
ER "uomo, maschio" 
ES "grande; anziano" 
ES "intelletto" 
-GIBI "simile a" 
HUN, -KUN "persona, gente (i.e. "unno, Unni") 
ILIG "prima; principe" 
KAM "sacerdote pagano, sciamano"  
KAN, -GAN "re" (cumano can "imperator")
KUR "eroe, nobile" 
KURID "lupo; verme" 
KUT "maestà; fortuna" 
MUNDZUCH "gioiello; vessillo"
OE "bruno, scuro" 
ON "dieci (10)" 
SANDIL, SANDILCH "barca, imbarcazione" 
-S, -SI, -SICH "simile a"
TON "veste" 
TULD "pieno, sazio" 
UGA, UA "onore" 
ZENGIL "giovane"
ZIL "cembalo" 
ZOLBON "il pianeta Venere"
 
A questo punto oso procedere oltre, ricostruendo un certo numero di vocaboli unnici a partire dalle evidenze disponibili. Le forme unniche ricostruite sono in grassetto corsivo. Ho mostrato anche il corrispondente cumano, dove possibile. Credo che possa essere un esercizio interessante, di quelli che terrorizzano il mondo accademico: eppure ogni mia ricostruzione è ineccepibile e sono pronto a difenderla con accanimento.   
 
AC "bianco" (cumano ak, ac "albus") 
AIRAN "latte fermentato"
AIU "orso" (cumano ayu "ursus")  
AL "rosso" (cumano al "vermiculatus")  
ALMA "mela" (cumano alma "pomum")
ALTHUN "oro" (cumano altun "aurum")  
AND "giuramento"  
ANDAR "loro" (cumano anlar "ipsi")
ARIA "ape; vespa"
ARPA "orzo" (cumano arpa "hordeum")
AT "cavallo" (cumano at "equus") 
AT "nome" (cumano at "nomen") 
ATIM "il mio cavallo" 
ATIM "il mio nome"
BAL "miele" (cumano bal "mel")
BALA "bambino; giovane animale" (cumano balazuc 
    "pullaster") 
BALABAN "falco" (cumano balaban "falco")
BALICH "pesce (cumano balik, baluc "piscis") 
BAS "testa" (cumano bas "caput")
BIR "uno" (cumano bir "unus")
BIZ "noi" (cumano bix "nos") 
BODUN "popolo, paese" 
BOL "pieno"  
BOR "vino d'uva" (cumano bor "vinum") 
BORU "lupo" (cumano boru, böri "lupus")  
BOZ "grigio" 
BOZA "specie di birra o idromele" 
BULAN "alce maschio"
BURUN "naso" 
BUZAGU, BUZAU "vitello" (cumano buxau "vitulus")
CHAN "sangue" (cumano can, kan "sanguis")  
CHARGA "corvo"
CHUMURSCHA "formica" 
DONGUZ "maiale" (cumano tongus "porcus")  
DUZ "cento (100)"
DUMURTCHA "uovo" (cumano jumurtka "ovum")
DURT "accampamento" (cumano jurt "mansio")
ELIM "il mio regno"
ELMECH "pollice (dito)"
ELTZI "messaggero" (cumano elči "nuncius") 
ESAC "asino" (cumano esac, esek "asinus")  
ILAN "serpente" (cumano ilan "serpens")
ILME "pioppo tremulo"; "olmo"
INGAC "vacca, mucca" (cumano ynac "vacca")
IT "cane" (cumano it, itt "canis") 
KATON "regina" (cumano can catonj "imperatrix") 
KONGUR "bruno, marrone"  
KUM "sabbia" 
KUMIZ "latte fermentato"  
MEN "io" (cumano men "ego") 
MENG "cervello" (cumano meng "cerebrum") 
MING "mille (1.000)" 
MUAGUZ "corno" (cumano müz, müjüz, mügüz "cornu") 
MUNG "sofferenza, dolore" 
OBUR "vampiro, spirito maligno" 
OGUL "figlio" (cumano ogul, oul "filius")
OGUZ "bue" (cumano ogus "bos") 
OL "egli" (cumano ol "ille")
OLUG "morto" (cumano olu "mortuus")
OLUM "morte" (cumano olum "mors")
ONG "destro" (cumano ong "dexter")
ONG "salute" (cumano ong "salus")
ONGURTCHA "spina dorsale"  
ORMAN "foresta" (cumano orman "silva") 
OT "fuoco" (cumano ot "ignis")
SEN "tu" (cumano sen "tu")
SINGIR "nervo, tendine" (cumano singir "nervus") 
SIZ "voi" (cumano six "vos")
SU "acqua" (cumano su "aqua") 
TAS "pietra" (cumano tas "lapis") 
TEMUR "ferro" (cumano temir "ferrum")
TEMURTZI "fabbro" (cumano temirzi "faber ferrarius")
TENGRI "Dio; cielo" (cumano Tengri "Deus") 
TIL "lingua" (cumano til "lingua") 
TZALMUR "fango" 
UR, YR "canto" (cumano ur, yr, ir "cantus", "cantilena") 
URMACH "flagello" (cumano urmach "flagellum") 

MEN ATLA, TENGRING URMACH "Io sono Attila, il Flagello di Dio"
 
Mi spingo anche oltre: riporto qualche traduzione di parole unniche nella lingua di Wulfila. 
 
Glossario Unnico - Gotico 
(Le parole ricostruite sono in grassetto corsivo)  

ADAMI : ULBANDUS GALDIÞS
AI ("luna") : MENA 
AI ("mese") : MENOÞS
ALTHIA : SAIHS 
AREG, ARIG : HRAINS  
ATA : ATTA, FADAR  
BALACH : KALBO 
BALMACH : FIGGRS 
BARS : LIUBARDUS, KATTUS 
BERICH : MAHTEIGS 
BLEDA : FRODA, MANNA FROÞS   
CHARA : SWARTS 
CHARATON : PAIDA SWARTA  
CHINI : HATIS
DENGIZ : MAREI, SAIWS  
DONAT : AIǶS, MARHS   
EL ("mano") : HANDUS 
EL ("pace") : FRIÞUS 
EL ("regno") : ÞIUDINASSUS, ÞIUDANGARDI 
EL ("regno, dominio") : REIKI 
ELLAC : ÞIUDANS 
EMLIN : AIǶS, MARHS  
ER : MANNA, WAIR, ABA 
ES : MIKILS 
-GIBI : GALEIKS
KAN : ÞIUDANS 
KUR : HALIÞS  
KURID ("lupo") : WULFS 
KURID ("verme") : MAÞA, WAURMS 
KURIDACH : WULFILA
OE : BRUNS, AIRPS  
ON : TAIHUN
SANDIL, SANDILCH : SKIP  
- SICH : GALEIKS 
TON : PAIDA 
TULD : FULLS 
ZENGIL : JUGGS 
 
Queste sono alcune forme unniche ricostruite con la traduzione in gotico:  
 
AC : ǶEITS 
AIU : BAIRA
AL : RAUÞS  
ALMA : APLUS  
ALTHUN : GULÞ 
AND : AIÞS
ARPA : BARIS
BAL : MILIÞ
BALA : BARN 
BALICH : FISKS  
BAS : HAUBIÞ
BIR : AINS  
BIZ : WEIS
BOL : FULLS 
BOR : WEIN  
BORU : WULFS 
BOZ : GREWS 
BOZA : ALUÞ, MIDUS 
CHAN : BLOÞ  
CHARGA : HRABNS
DONGUZ : SWEIN
DUMURTCHA : ADDI 
DURT : ÞAURP 
ESAC : ASILUS 
IT : HUNDS  
MEN : IK  
MENG : ǶAIRNEI 
MING : ÞUSUNDI 
MUNG : SAURGA
OT : FON 
SEN : ÞU
SIZ : JUS 
SU : WATO  
TAS : STAINS
TEMUR : EISARN 
TEMURTZI : SMIÞA
TENGRI ("cielo") : HIMILS 
TENGRI ("Dio") : GUÞ
TIL : TUGGWO  
TZALMUR : FANI 
UR, YR : SAGGWS
 
Come si può ben vedere, si tratta di due lingue completamente diverse. L'unica somiglianza (unnico ATA "padre" : gotico atta "padre") è priva di qualsiasi valore, essendo in ultima analisi una forma espressiva infantile originatasi da una lallazione e presente in moltissime lingue prive di connessioni prossime ed evidenti.