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domenica 28 agosto 2022


LA GIUSTIZIA PRIVATA
DI UN CITTADINO ONESTO 

Titolo originale: 
Sunday in the Country 
AKA: Blood for Blood; Vengeance is Mine
Lingua originale: Inglese
Paese di produzione: Canada, Regno Unito
Anno: 1974
Durata: 93 min
Colore: Colore 
Rapporto: 2,35 : 1
Genere: Poliziesco, drammatico, thriller
Regia: John Trent
Soggetto: David Main
Sceneggiatura: Robert Maxwell, John Trent
Produttore: David Perlmutter
Produttore esecutivo: Peter James
Casa di produzione: Impact Films, Quadrant Films,
     Canadian Film Development Corporation
Fotografia: Marc Champion
Montaggio: Tony Lower
Effetti speciali: John "Bud" Cardos
Musiche: Paul Hoffert, William McCauley
Scenografia: Milt Parcher
Trucco: Ken Brooke
Interpreti e personaggi: 
    Ernest Borgnine: Adam Smith
    Michael J. Pollard: Leroy
    Hollis McLaren: Lucy
    Louis Zorich: Dinelli
    Cec Linder: Ackerman
    Vladimír Valenta: Luke
    Al Waxman: Sergente
    Tim Henry: Eddie
    Murray Westgate: Conway
    Ralph Endersby: Timmy Peterson
    Susan Petrie: Jennifer Logan
    Ratch Wallace: Poliziotto 
    Mark Walker: Pattugliatore stradale
    Gary Reineke: Pattugliatore stradale 
    Eric Clavering: Capostazione 
    David Hughes: Pastore 
    Franz Russell: Fedele 
    Ruth Springford: Fedele 
    Alan King: Fedele 
    Laddie Dennis: Fedele 
    Joan Hurley: Fedele 
    Winnifred Springett: Fedele 
    Jonathan White: Fedele 
    Carl Banas: Annunciatore radiofonico  
Doppiatori italiani: 
    Sergio Fiorentini: Adam Smith
    Vittorio Stagni: Leroy
    Luciano De Ambrosis: Dinelli
    Arturo Dominici: Ackerman
    Glauco Onorato: Luke
    Manlio De Angelis: Sergente 
Titoli in altre lingue: 
   Spagnolo: Domingo sangriento 
   Svedese: En stilla blodig söndag 
   Serbo: Nemirna nedelja  

Trama: 
Tre rapinatori di banche fuggono e si inoltrano nelle zone rurali dell'America dopo aver assaltato una banca locale. I feroci delinquenti uccidono una giovane coppia, poi cercano rifugio a casa di un contadino solitario, Adams Smith, che vive  con la nipote biondiccia Lucy. I malviventi contano sulla sorpresa, ma l'uomo ascolta la radio ed è preparato al loro arrivo. Ne abbatte subito uno con una fucilata, quindi incatena gli altri due, li colloca su un mucchio di letame fumante e li tiene sotto tiro. Non potendo lasciare semplicemente che la Legge dello Stato faccia il suo corso, con tutte le inefficienze del caso, decide di portare i due banditi nella sua cantina e di sottoporli a tortura. Il suo piano è semplice: farli soffrire atrocemente e poi impiccarli con le catene fino al soffocamento. Il problema è che Lucy continua a fare "gnè-gnè-gnè", così lui trascina i banditi fuori dalla cantina e ne ammazza uno con una fucilata. Purtroppo non gli riesce di eliminare anche l'altro, un idiota dal ghigno odioso come un pupazzetto di smegma. Infatti arrivano i poliziotti, che non sospettano nemmeno di striscio delle esecuzioni sommarie avvenute nella fattoria, così caricano il grassatore superstite sull'auto e se ne vanno. 

Citazioni: 

"Non capita tanto spesso di poter sparare a tre faine così da vicino!"
(Adam Smith) 

Tagline: 

- "Adam Smith thinks the law is too kind to killers."
- "Suddenly, on a peaceful Sunday in the country, one man was forced to defend his home and his family!"
- "Not since Peckinpah's STRAW DOGS has the screen exploded with such righteous vengeance."
- "A Quiet Title for An Explosive Movie." 


Recensione: 
Questo posso dire per certo: Sunday in the Country mi è talmente piaciuto che non vedevo l'ora di approfondire le opere del regista John Trent. Purtroppo mi sono dovuto rendere conto che questo cineasta, risultato di nazionalità canadese, non è stato molto prolifico. Per fortuna una gemma fulgida è riuscito a produrla!  
Il film evita con cura e in modo inatteso di procedere nelle direzioni più ovvie e stupide; questo non è la tipica storia di un'invasione domestica a cui siamo abituati da anni di martellamento televisivo. L'eroico protagonista, massiccio e incazzato, sembra sempre meno stabile mentalmente, con una progressione graduale verso la pura macelleria. Sublime! La pellicola, girata nelle zone rurali più impervie ed arretrate dell'Ontario, beneficia della sua ambientazione tagliata fuori dal mondo moderno e postmoderno. 
Borgnine è eroico e robustissimo! Hollis McLaren interpreta a meraviglia il ruolo della decerebrata frignona, che somma in sé le scorie del sistema scolastico, fucina di demenza e matrice infetta di ogni aberrazione ideologica. Michael J. Pollard è odiosissimo, la sua faccia è più disgustosa della diarrea sulfurea di un coleroso, desta i conati di vomito soltanto a vederla! Eppure ha riscosso tanto plauso tra i commentatori nel Web, proprio perché si è calato in modo ottimo nella parte. Una parte di merda, certo, ma un attore deve saper interpretare anche i ruoli più abominevoli.  
Trovo che sia necessario infine dare il giusto merito ad attori non umani: le mosche! Questi insetti sono presenti per tutta la durata del film. Talvolta si distingue la loro sagoma, ma sempre presente è il loro ronzio. Sommamente disturbante! Il chiaro riferimento è a Beelzebub, il Signore delle Mosche, su questo non ci sono dubbi. 
Negli anni '70 dello scorso secolo in America sono stati fatti molti film di vendetta: era un'epoca terribile e c’erano molti crimini di questo tipo. Hollywood in qualche modo stava cercando di mandare il messaggio di non arrendersi, di non accettare la situazione, ma di ribellarsi alla prepotenza e combattere a qualsiasi costo. Ernest Borgnine e anche il ripugnante Michael J. Pollard hanno dato ottime interpretazioni e non hanno mai ricevuto il riconoscimento che meritano come attori. 
Ecco, il Canada ha avuto John Trent e noi in Italia... noi abbiamo Feltroni! 

Demenza della politica 

C'è chi ha letto questa pellicola in modo politicizzato, come una squallida metafora dell'opposizione tra "destra" e "sinistra". Glossario politico dei luoghi comuni:
"destra" = tutto ciò che non è "sinistra"; 
"sinistra" = amore incondizionato per chiunque sia della stirpe di Caino ("de genere Chaym"), ossia malfattori, assassini, banditi, mostri, etc. 
Riassumerò in poche righe ciò che penso in proposito. Adam Smith è un uomo giusto e capace, di cui si sente la mancanza. La nipotina biondiccia è una scema di merda che si diverte a masturbare i cavalli. Si capisce lontano un miglio che è in fregola per i rapinatori!  


Un'interpretazione inconsueta

Qual è la sorpresa più grande del film? Il protagonista sembra un tipico membro di una comunità religiosa protestante, molto conservatrice e rimasta quasi del tutto isolata dalla società urbana. Invece salta fuori che è un adoratore di Odino, a cui intende offrire in sacrificio i due banditi (vargar) tramite impiccagione! Secondo la tradizione pagana scandinava, i malfattori violenti possono essere definiti in un solo modo: lupi nei luoghi sacri (vargar í véum). Essi violano la pace e la concordia (friðr) che devono regnare nella comunità. Così la condizione di friðr viene sostituita dall'ostilità, dallo scontro (ófriðr). I responsabili della violazione devono così essere immolati al Dio degli Impiccati! Il culto degli Dei di Asgard non è del tutto morto in America, nonostante il paese sia molto cristiano e puritano: è come se la sostanza delle impiccagioni odiniche si fosse innestata sul tessuto biblico veterotestamentario, dando esiti inaspettati e sorprendenti. Si noterà che non c'è proprio nulla di neotestamentario. Il cristianissimo Re Olaf il Grasso sarebbe molto stupito di leggere queste mie note che dopo tanti secoli dimostrano il sostanziale fallimento della sua opera! Sapete cosa distingueva l'Islanda medievale dall'attuale Occidente? Proprio il fatto che la giustizia era privata e tutelata in quanto tale da una consuetudine che ne sanciva l'esercizio come sinonimo di Libertà. L'isola, che raccoglieva le più antiche tradizioni della Norvegia, anteriori alla tirannia del Re Harald Bellachioma, era un faro di un'autentica democrazia in un'epoca in cui esistevano soltanto autocrazie. 


Critica 

Difficile pensare che Il Davinotti potesse trascurare questo capolavoro. Infatti gli dedica una pagina. 


Ecco un variegato cut-up davinottiano, che spero sia utile agli eventuali lettori: 

"Buono il cast, con un convincente Borgnine; peccato per alcuni momenti dove il film gira un po' a vuoto e per un finale non eclatante"
"Tra i cloni de Il giustiziere della notte, questo crudo e sottostimato film del canadese John Trent è sicuramente uno dei migliori" 
"Giustizialistico di ambientazione bucolica (con annessa OST country, pure di buon livello) che, al di là di un soggetto ridotto all'osso, offre un interessante approccio al tema" 
"Surreale perché troppo bello per essere vero" 
"il classico uomo timorato da Dio che ha l'occasione di portare a galla le sue latenti frustrazioni scatenandosi in una violenza senza fine (da citare i cattivi appesi per il collo con robuste catene)" 
"Misconosciuto revenge del canadese Trent, un po' Wes Craven e un po' Michael Winner; non brilla certo per originalità, ma è in grado di assicurare una buona dose della cara vecchia exploitation settantiana" 
"Film molto pessimista sui metodi della giustizia (e per questo tristemente attuale)" 
"Subodorata l'intenzionalità criminale non resta che metterla alla sbarra e alla forca pro domo propria"
"Surreale perché troppo bello per essere vero"
"si elimina perfino il pericolo più insidioso dato dal buonismo del solito, anzi "solita" pivella"
"la vittima diventa carnefice mostrando crudeltà anche superiore alle sue vittime (che però meritano decisamente il tutto)"
"E' proprio il ribaltamento di prospettiva a rendere il film meritevole"
"Il protagonista è una mosca bianca..."  
"da citare i cattivi appesi per il collo con robuste catene" 
"bella prova anche di Pollard, nei panni del killer psicotico e senza scrupoli" 

Segnalo un'aberrazione nella pagina. Un commentatore afferma quanto segue: "un uomo in bilico fra il cattolico di stretta osservanza e lo spietato vendicatore". Adam Smith non si può in alcun modo definire "cattolico". La sua comunità è sicuramente protestante. In altre parole, appartiene a un vasto universo di denominazioni religiose che nulla ha a che fare con la Chiesa Romana. Trovo insopportabile che in Italia così tante persone ignorino ogni rudimento di conoscenza storica, confondendo con crassa ignoranza il concetto di "cattolico" con quello di "cristiano"

martedì 16 agosto 2022


MILANO CALIBRO 9

Titolo originale: Milano calibro 9 
Titolo in inglese: Caliber 9
Lingua originale
Italiano
Paese di produzioneItalia
Anno1972
Durata88 min
Rapporto1,85:1
GenereNoir, poliziesco, thriller
Sottogenere
: Poliziottesco, gangsterologico 
Regia: Fernando Di Leo
Soggetto: Fernando Di Leo, Giorgio Scerbanenco
    (accreditato da IMDb.com
Sceneggiatura: Fernando Di Leo 
Produttore: Ermanno Curti e Armando Novelli
Casa di produzione: Cineproduzione Daunia 70
Distribuzione in italiano: Minerva Pictures
Fotografia: Franco Villa
Montaggio: Amedeo Giomini
Musiche: Luis Enríquez Bacalov e gli Osanna
Scenografia: Francesco Cuppini
CostumiFrancesco Cuppini e Marcella Moretti
TruccoAntonio Mura 
Continuità: Vivalda Vigorelli 
Interpreti e personaggi: 
    Gastone Moschin: Ugo Piazza
    Barbara Bouchet: Nelly Bordon
    Mario Adorf: Rocco Musco
    Frank Wolff: Commissario di polizia
    Luigi Pistilli: Vicecommissario Mercuri *
    Ivo Garrani: Don Vincenzo
    Philippe Leroy: Chino
    Lionel Stander: L'Americano **
    Salvatore Aricò: Luca
    Mario Novelli: Pasquale Tallarico
    Giuseppe Castellano: Nicola
    Ernesto Colli: Alfredo Bertolon 
    Giulio Baraghini: Brigadiere baffuto 
    Giorgio Trestini: Franceschino
    Fortunato Cecilia: Vincenzo Affatato
    Omero Capanna: Uomo con il tick alla spalla
        nelle scene iniziali; uomo ucciso nella piscina
    Mira Vidotto: Prostituta nella villa
    Rossella Bergamonti: Prostituta nella villa
    Marina Brengola: Prostituta nella villa
    Bruno Bertocci: Primo corriere 
    Empedocle Buzzanca: Secondo corriere 
    Imelde Marani: Terzo corriere
    Sergio Serafini: Quarto corriere 
    
Fernando Cerulli: Portiere d'albergo
    Ettore Geri: Barman del night club
    Gastone Pescucci: Funzionario di polizia 
    Alessandro Tedeschi: Corriere tedesco 
    Artemio Antonini: Incappucciato  
    Franco Beltramme: Incappucciato 
    Salvatore Billa: Incappucciato
    Alberto Fogliani: Incappucciato 
    Gilberto Galimberti: Incappucciato 
    Dolores Calò: Cliente del night club 
    Pupita Lea Scuderoni: Ciente del night club 
    Cesare Di Vito: Poliziotto 
    Luigi Antonio Guerra: Poliziotto 
    Mauro Vestri: Poliziotto
    Edda Tiberio: Prostituta 
    Toni Trono (come Tony Trono) 
    Luciano Cecchini 
    * Nella versione in inglese è Fonzino
    ** Nella versione in inglese è The Mikado.
Doppiatori originali: 
    Noemi Gifuni: Nelly Bordon
    Stefano Satta Flores: Rocco Musco
    Sergio Rossi: Commissario di polizia
    Renato Izzo: Vicecommissario Mercuri
    Giacomo Piperno: Chino
    Antonio Guidi: L'Americano 
Titoli in altre lingue: 
   Tedesco: Milano Kaliber 9 
   Francese: Milan calibre 9 
   Spagnolo: Milán, calibre 9
   Russo: Миланский калибр 9 


Trama: 
Primi anni '70. Dopo un periodo in prigione, il piccolo gangster milanese Ugo Piazza viene subito perseguitato dai suoi vecchi soci, guidati da un potente riciclatore conosciuto semplicemente come "L'Americano", che lo crede colpevole di avergli rubato rubato 300.000 dollari durante una consegna, poco prima del suo arresto per rapina. Piazza nega categoricamente il furto, anche sotto coercizione da parte del volubile braccio destro dell'Americano, Rocco Musco. Anche la sua ragazza, la bionda ballerina go-go Nelly Bordon, crede che lui abbia rubato i soldi, così come il lombrosiano commissario di polizia, che tenta invano di convertirlo in un informatore. 
Piazza incontra il suo ex padrino Don Vincenzo, ormai vecchio e cieco, con il suo unico uomo rimasto, Chino. Anche se Rocco si fa beffe dell'autorità di Don Vincenzo, nutre ancora un riluttante rispetto per Chino, che si è rifiutato di lasciare il suo padrino anche dopo che tutti gli altri lo hanno fatto. L'Americano dà a Piazza un ultimatum per restituire i soldi e riprendere a lavorare per lui, ma lui insiste ancora affermando di non averli e di non sapere chi li abbia. Paranoico per altri furti simili, Rocco inizia a brutalizzare e uccidere i suoi corrieri di denaro. 
Piazza viene inviato a uno scambio di 30.000 dollari, che avviene in una sala da bowling. Lo scambio è però interrotto da un misterioso aggressore con una sciarpa bianca, che uccide il loro cliente e ruba la borsa di pelle marrone contenente i soldi. L'Americano dà a Rocco e a Piazza l'ordine di uccidere gli uomini da lui ritenuti responsabili, ma quando i due arrivano a destinazione scoprono che le vittime designate sono Chino e Don Vincenzo. Piazza si rifiuta di uccidere il suo ex padrino, ma Rocco spara a sangue freddo al vecchio, mentre Chino riesce a scappare per un pelo. L'Americano fa picchiare Piazza per la sua insubordinazione e sta per farlo uccidere, tuttavia gli viene risparmiata la vita quando sostiene in modo convincente che dietro il furto dei 30.000 dollari c'erano Rocco e la sua gang. 
L'Americano si ritira in una tenuta rurale con le sue guardie del corpo, tra cui Piazza, ma viene colpito e ucciso in un'imboscata dal vendicativo Chino. Nel corso della strage, Piazza punta la pistola contro gli uomini dell'Americano e li abbatte, prima che Chino muoia per le ferite riportate. A questo punto Piazza si reca in una chiesa abbandonata nelle spettrali campagne fuori Milano e recupera una borsa blu con i 300.000 dollari, rivelando di aver rubato davvero i soldi all'Americano anni prima e di aver orchestrato tutto per farlo uccidere. Viene però fermato dalla polizia per guida con patente scaduta e costretto a recarsi in commissariato per un colloquio. 
Nella sala d'attesa Piazza incontra Rocco, interrogato per il massacro in casa dell'Americano. Rocco, vedendo la borsa contenente il denaro, non mostra animosità e anzi propone a Piazza di entrare in società con lui. Piazza rifiuta e viene rilasciato; subito si dirige a casa di Nelly con i soldi, progettando di fuggire insieme a lei per andare a vivere a Beirut, a quell'epoca capitale della Dolce Vita. La sorpresa che scopre è amarissima: la perfida marchettara Nelly è assieme a Luca, un gangster della banda di Rocco, scelto come amante per via del suo enorme Schwanzstücker. È proprio lui il misterioso uomo con la sciarpa responsabile del furto dei 30.000 dollari al bowling. Nelly aveva cospirato con il suo amante segreto per impadronirsi dei 300.000 dollari da Piazza! Luca spara a Piazza, ancora annichilito dallo stupore, che però riesce ad uccidere Nelly con un solo pugno prima di spirare. Rocco, che aveva seguito Piazza a casa, irrompe e uccide Luca facendogli cozzare la nuca contro uno spigolo, spinto da un impeto di rabbia per il suo tradimento e per aver mancato di rispetto alla statura criminale di Ugo Piazza. I poliziotti, che a loro volta avevano seguito Rocco, lo trascinano lontano dal cadavere insanguinato di Luca. 

Citazioni: 

“Tu uno come Ugo Piazza non lo uccidi a tradimento! Tu a uno come Ugo Piazza non lo devi neanche toccare! Tu a uno come Ugo Piazza non lo devi neanche sfiorare! Tu quando passa uno come Ugo Piazza il cappello ti devi levare! Il cappello ti devi levare! Il cappello ti devi levare!”
(Rocco Musco) 


Recensione: 
Questo è il primo capitolo della cosiddetta Trilogia del milieu di Fernando Di Leo, che prosegue con La mala ordina (1972) e Il boss (1973). 
Ambientato in una Milano cupa e plumbea, questo è un ottimo film con un robusto Gastone Moschin, scerbanenchiano fino al midollo. Anche quando si vede la luce del sole, è pallida e malata. La tenebra dell'Essere è assoluta, impenetrabile, compatta, così densa che nemmeno un'esigua scintilla può farvi il suo corso. Il concetto stesso di speranza è del tutto assente, non se ne trova nemmeno il minimo abbozzo. Ogni singola sequenza trasuda totale senso di annichilimento: il mondo che il regista ci mostra è uno dei più abissali distretti dell'Inferno. È la Morte Eterna. Molte sono le interpretazioni memorabili. Indimenticabile è il sanguigno Mario Adorf nel ruolo di Rocco Musco, il colossale gangster siciliano e smargiasso, perennemente esagitato. 
Il massacro finale assume proporzioni irreali, quasi genocidarie. Ricorda quei film spaghetti-western in cui nel corso di alcuni regolamenti di conti venivano annientate intere comunità! Le pistole sparano infiniti colpi come se le pallottole scaturissero dal nulla: si assiste in tutto soltanto a un caricamento! Solo i film brasiliani di Glauber Rocha sulle gesta di Antonio das Mortes mostrano sparatorie più prodigiose! Chino, ottimamente interpretato da Philippe Leroy, è una vera e propria macchina da guerra. 
Posso senz'altro dire che aver visionato questa pellicola gangsterologica mi abbia molto giovato. La trovo eccellente!

Milano calibro 9 è il titolo di una raccolta di 22 racconti dello scrittore e giornalista Giorgio Scerbanenco, nato Volodymyr-Džordžo Ščerbanenko, all'anagrafe italiana Wladimiro Scerbanenko (Kiev, 1911 - Milano, 1969). Fu pubblicata per la prima volta nel 1969. Uno di questi racconti noir si intitola Milan by Calibro 9, ma ha una trama molto diversa ed è stato adattata in un altro film di Di Leo, La mala ordina. Qualcuno pensa che l'ispirazione sia stata tratta da un altro racconto di Milano calibro 9, ossia Stazione centrale ammazzare subito. Non mi pare comunque che ci sia una grande somiglianza, trattandosi della storia di due malviventi, ciascuno dei quali riceve l'incarico di uccidere l'altro. Lo scrittore dalla figura scheletrica, notissimo per i polizieschi-noir, ha scritto anche romanzi di generi molto diversi: fantascienza, western e persino rosa (incredibile dictu). 


Conversazioni sull'origine del crimine 

A un certo punto Di Leo ha pensato di espungere un dialogo particolarmente scomodo tra il commissario fascista e il neocommissario comunista Mercuri, appena promosso e trasferito nell'impervia Lucania (promoveatur ut amoveatur). Il regista riteneva che la conversazione ad alto contenuto politico togliesse forza alla trama, o forse gli è venuto in mente di aver osato troppo. Per fortuna ha deciso di conservare quelle sequenze: il lavoro degli attori Frank Wolff e Luigi Pistilli era così eccellente che non poteva assolutamente essere tagliato. Riporto a pubblica edificazione l'interessante discorso. 

Commissario: "Ah, Mercuri! Signori, il nostro caro Mercuri, funzionario democratico, è stato promosso. Trasferito e promosso. Fategli le vostre congratulazioni. Che, mi vuoi parlare, Mercuri?" 
Neocommissario Mercuri: "Sì, un momento solo." 
Commissario: "Scusatemi, eh. Torno subito. Vieni, vieni."
Neocommissario Mercuri: "So che debbo a lei il mio trasferimento."
Commissario: "Trasferimento d'urgenza e d'ufficio per lei, mio caro commissario Mercuri." 
Neocommissario Mercuri: "Volevo dire che fare il poliziotto in Basilicata o in Lombardia per me è lo stesso. L'importante è saper fare il proprio dovere."
Commissario: "E io non ho dubbi che lei lo sappia fare il suo dovere. Specialmente dove non ci sono ricchi e soprattutto gente come l'Americano." 
Neocommissario Mercuri: "Posso dire qualcosa, senza urtare la sua suscettibilità?"  
Commissario: "È molto difficile urtare la mia suscettibilità. Dica pure, collega."
Neocommissario Mercuri: "Lei è un vecchio poliziotto, cioè un poliziotto vecchio. Sì, lei ha pochi anni più di me, ma ha una mentalità vecchia. E perciò è inadatto a occupare il posto che occupa." 
Commissario: "Ti senti di fottere, eh, Mercuri? E che cosa ci vuoi fare? Io che ho una mentalità arretrata, me ne resto qua, e tu che sei moderno te ne vai a pascolare bello bello le tue pecorelle in Basilicata. Perché, non ti va?" 
Neocommissario Mercuri: "No, io non mi sento di fottere, come dice lei. Volevo soltanto spiegarle due o tre cose, e lei mi permette." 
Commissario: "E come, lo permetto! Ma fa' presto, perché non aggio pigliato ancora o' cafè"
Neocommissario Mercuri: "L'Americano è un effetto e non una causa, come sono effetti tutti i delinquenti. Mi ascolta?"
Commissario: "Sì, sì, la ascolto."
Neocommissario Mercuri: "Lei mi capisce?" 
Commissario: "Finora no. Ma vada avanti. Continui."
Neocommissario Mercuri: "Dicendo che l'Americano e i delinquenti meridionali sono un effetto, intendevo dire questo. La massa dei meridionali che viene a lavorare qui nel Nord fa i mestieri più umili, quelli che da decenni gli altri si rifiutano di fare. Mal pagati, male alloggiati, niente affatto assistiti. Per forza poi diventano delinquenti." 
Commissario: "E basta, Mercuri, aggio capito. Delinquenti si nasce. Per adesso va dove ti hanno mandato, va'. E scrivi una cartolina illustrata, mi raccomando." 

Poco prima i due avevano avuto un altro scambio di opinioni su un tema connesso e cruciale. Questo spiega la particolare avversione di Mercuri per i plutocrati. 

Vicecommissario Mercuri: "Perché non agiamo in modo più massiccio?"
Commissario: "Ah, in modo più massiccio! Ma fammi il piacere: gli uomini chi me li dà? Tu stai qua da poco tempo, ma il nostro organico lo conosci, no?"
Vicecommissario Mercuri: "Facciamoci dare quelli che cacciano chi non ha una casa, che picchiano gli studenti, che disperdono gli operai! Per questa roba agenti ce ne sono!"
Commissario: "Mercuri, non fare il sovversivo! La cittadinanza non ne può più di scioperi e occupazioni abusive: gli agenti occorrono lì!"
Vicecommissario Mercuri: "Ma di quale cittadinanza parla? Dei cosiddetti "benpensanti"?"
Commissario: "Mercuri, tu leggi troppo i giornali di sinistra! Ho capito dove vuoi arrivare, ai ricchi, ma ci sono ricchi e ricchi!"
Vicecommissario Mercuri: "Ma di quali ricchi parla lei?! Di quelli che dicono "paghiamo meglio i terroni"? "Diamo loro le case più abitabili"? Ma ne conosce qualcuno?!"
Commissario: "I ricchi non danno fastidio!" 
Vicecommissario Mercuri: "E no, commissario, li danno eccome! Di che cosa ci stiamo occupando? Di ricchi che mandano i soldi all'estero! Di fastidi ne danno eccome!"
Commissario: "Insomma, Mercuri, tu vuoi fare un comizio. Te l'ho detto: ci sono ricchi e ricchi, e noi lotteremo contro quelli che mandano via i soldi! Mercuri, lo so, tu vuoi una bandiera rossa, ma la questura ne è sfornita. Poliziotti, ricordatevi: la proprietà è un furto. È giusto?" 
Vicecommissario Mercuri: "Sì, commissario, proprio così! Noi della polizia dobbiamo tenerlo presente che la proprietà è un furto! Noi, che finora siamo sempre stati al servizio dei ricchi!" 
Commissario: "A noi spetta soltanto di fare osservare le leggi, e la legge, mio caro Mercuri, è uguale per tutti!" 
Vicecommissario Mercuri: "Uguale per tutti?! Ma mi dica lei quando mai abbiamo manganellato dei ricchi! Oppure i ricchi hanno sempre ragione, e il torto sta sempre dove stanno gli operai, gli studenti e i meridionali?!" 
Commissario: "C'è qualcuno che vuole applaudire, no? E applaudo io! E adesso ascolta, Mercuri, quello che hai detto forse è giusto, forse è sbagliato, non lo so. Però la realtà qua è un'altra. Tu hai fatto il tuo servizio in provincia, e hai avuto a che fare con quattro rubagalline, cose 'e pretura. Qui la lotta è contro l'Americano. Un giro grosso, gente che ce li ha quadrati, e se io mi distraggo, lui me lo fa tanto così! Le belle parole non servono. Tu le hai dette, le belle parole. E a che sono servite? A fare fumo! Ma voi guardate che cacchio mi tocca sentire in questura!"

Ed ecco qualche considerazione sul sistema carcerario e sull'efficacia della pena:  

Commissario: "Come si sta adesso a San Vittore?"
Ugo Piazza: "Un carcere vale l'altro: uno schifo!"
Commissario: "Ah si capisce, adesso si son messi pure a contestare i carceri! San Vittore lo vogliono chiudere, ai detenuti non sta più bene! Vogliono luoghi salubri, spaziosi, vogliono andare in vaganza! Tra poco vorranno le donne come in Messico e finiranno col dargliele! Ci sarà qualche psicologo o sociologo che dirà che è giusto, che fa bene! E già, e questi devono stare bene in carcere, in modo che quando escono sono in perfetta salute!"
Vicecommissario Mercuri: "Be', io credo che un po' male delle carceri italiane lo si possa dire, perché così come sono messe adesso fanno pensare che lo Stato si voglia vendicare sui detenuti. Commissario, per esempio il potere legislativo per le amnistie..." 
Commissario: "Loro prima di delinquere si possono fare i calcoli, visto che è ricorrente, e a volte più volte in un anno. Questo si vede soltanto in un Paese come il nostro che perdona sempre! Ti dico che l'amnistia è uno stimolo a delinquere! Avanti, Piazza, dillo anche tu, di' la verità, tanto puoi dirla: facendo la rapina pensavi sì o no ai benefici dell'amnistia?" 
Ugo Piazza: "Pensavo a non farmi prendere."
Commissario: "Pensavi a quanti anni ti davano e a quanti anni ti saresti fatto realmente in carcere!"
Ugo Piazza: "All'amnistia si pensa quando si è dentro, non prima."

Nessuno dei due funzionari ha davvero ragione sull'ontologia delinquenziale. La vera origine del crimine organizzato non è genetica e non è sociale: è esoterica. La mafia è una vera e propria setta, una forma di religione occulta il cui codice si trasmette da una generazione all'altra. Ha i suoi miti fondanti, i suoi riti di iniziazione, i suoi complessi rituali che regolano ogni aspetto della vita, i suoi tabù, la cui violazione può essere espiata soltanto tramite la morte.  

Razzismo indotto 

L'apparato delle Forze dell'Ordine è composto quasi interamente da meridionali, eppure si nota sia nel Commissario che negli agenti una diffusa avversione nei confronti dei propri conterranei. "Finalmente abbiamo trovato un delinquente che non è meridionale", dice il commissario, che è napoletano. "È un anàrcoco (sic)", sentenzia il brigadiere, un massiccio baffuto. Molti anni fa mi sono imbattuto in un caso simile, che era stato etichettato dalla stampa come "razzismo indotto", in cui un poliziotto di Parigi, di origine magrebina, vessava con particolare accanimento una comunità magrebina non assimilata, comportandosi come un aguzzino e cercando addirittura di imporre la violazione del Ramadan. Anche questa è a tutti gli effetti una forma di autorazzismo, ossia di odio verso la propria stessa etnia. Seppur diverso nell'aspetto, nella sostanza e negli effetti pratici, questo autorazzismo è molto simile alla ripugnante follia woke, quella malattia dello spirito che sostiene l'inesistenza dei popoli, spingendo i dementi che ne sono colpiti a proferire aberrazioni del tipo "non esistono Italiani etnici", "non esistono Tedeschi etnici", "non esistono Francesi etnici", "non esistono Finlandesi etnici" e via discorrendo. 


La pronuncia del commissario 

Nelle conversazioni non mancano tratti "dialettali". Un esempio è l'uso che il Commissario fa di una lenizione molto spinta. Le consonanti /p/, /t/, /k/, /f/, sono realizzate come /b/, /d/, /g/, /v/. Il mutamento però non scatta nei gruppi /sp/, /st/, /sk/ e quando le consonanti sono doppie, /pp/, /tt/, /kk/, /ff/. Anzi, i gruppi /sp/, /st/, /sk/ all'inizio di parola sono realizzati con la sibilante palatalizzata, come /ʃp/, /ʃt/, /ʃk/. Spesso la sibilante /s/ inervocalica è realizzata come /z/ (la cosiddetta "s di rosa") anche quando le vocali appartengono a parole diverse. Ecco alcuni esempi, ben coglibili anche da uno spettatore dall'udito poco attento:   

calcoli => gàlgoli 
come => gome 
commissario => gommissario
continui => gondinui  
delinquenti => delinguendi 
delinquere => delinguere 
furto => vurdo  
mio caro => mio garo 
non sta => non shta
parole => barole 
perdona sempre => berdona zembre  
prima => brima 
proprietà => brobriedà 
provincia => brovingia 
può => buò 
ricordatevi => rigordadevi 
ricorrente => rigorrende 
scrivi => shcrivi 
stesso => shtesso 
tanto => dando 
tempo => dembo 

Detto dal Commissario, "puoi" suona indistinguibile da "buoi" e si fa un'enorme fatica a distinguere le forme verbali "puoi" e "vuoi". Bizzarramente non si nota la lenizione nei segmenti in napoletano genuino, come "aggio pigliato", "aggio capito", "ancora""o' cafè", che mostrano le consonanti sorde /p/, /t/, /k/ e /f/. Non dice *bigliado, *gabido, *angora, *gavè. Queste stranezze sono sempre molto affascinanti e si fa una gran fatica a spiegarle. Una cosa davvero strana: non si conosce il cognome del Commissario! 


L'Americano e i problemi di doppiaggio

Nella versione in inglese, l'Americano è chiamato The Mikado. Il motivo di questa scelta, a prima vista così stravagante, è quella solita del doppiatore raffreddato. La parola "Americano" è stata percepita come qualcosa di simile a "Mikado", per via della difettosa pronuncia di alcune consonanti da parte di un uomo dal naso pieno zeppo di catarro (Americano > *Americado > Mikado). Ecco che il nome distorto è stato quindi frainteso e interpretato come l'appellativo dell'Imperatore del Giappone! Un caso molto simile è quello di Darth Vader, che nella versione in italiano di Star Wars (George Lucas, 1977) è diventato Dart Fener.  
Del tutto incomprensibile è invece il destino del Vicecommissario Mercuri (poi promosso a commissario), che si è visto trasformare prodigiosamente in Fonzino. Qui non c'è nemmeno l'ombra di una somiglianza fonetica e non so dare una ragionevole spiegazione della scelta arbitraria. No, non penso che Fonzino sia un piccolo Fonzie, chiamato così perché vuol fare a tutti i costi il fighetto. 


Il Padrino e i Beati Paoli

Chino: "L'Americano fa troppo chiasso. Bombe, in pieno giorno. Una volta li faceva sparire con più cura."
Ugo Piazza: "Ora ha molta più gente." 
Chino: "Appunto. E più sono e meno si controllano. Lui queste cose le dovrebbe sapere, no? Si vede che impegni grossi ha. Dammi retta, stanne alla larga, Ugo. Non dura."  
Ugo Piazza: "Ah, sai che mi ha detto l'Americano? Che hai esagerato. E vuole delle scuse."  
Chino: "Non voglio avere niente a che fare con lui, nemmeno per delle scuse. Una volta lo stimavo, adesso te l'ho detto, fa troppo chiasso.
Don Vincenzo: "Se continua così, vedrai che faranno l'Antimafia pure per Milano."
Ugo Piazza: "Un'Antimafia per Milano? Ma che c'entra?"
Don Vincenzo: "Niente! Perché, credi che nelle altre parti c'entri? La chiamano "mafia", ma oggi sono... sono bande: bande in lotta e concorrenza tra di loro. La vera mafia non esiste più. Quando quelli della droga vogliono investire i loro guadagni, costruiscono palazzi. E quelli della milizia sparano. Che c'entra la mafia? La vera mafia è morta." 

Don Vincenzo si presenta come un nostalgico di un ideale di "mafia cavalleresca", da lui considerata come una diretta discendenza della setta medievale dei Beati Paoli, simili per impegno a Robin Hood. Il suo racconto è chiaramente una distorsione profonda della realtà, in ogni caso si capisce cosa lo inquieta. Depreca soprattutto la mancanza di discrezione ("l'Americano fa troppo chiasso") e la mancanza di coesione ("bande in lotta e concorrenza tra loro"). Vuole mantenere "zone grigie" ed evitare lo scontro diretto con lo Stato.
Una cosa sorprende molti nella galassia della critica online: la menzione dell'Antimafia in un film del 1972. In effetti, la Direzione Nazionale Antimafia (DNA) e la Direzione Investigativa Antimafia (DIA) furono istituite nel 1991 su iniziativa di Giovanni Falcone, circa vent'anni dopo gli eventi immaginari narrati dal film. Abbiamo a che fare con una profezia? In realtà penso che non ci sia nessun anacronismo. L'aggettivo "antimafia" esisteva già negli anni '70, come pure la sua forma sostantivata. L'opera di Di Leo potrebbe infatti riferirsi alla Commissione Parlamentare Antimafia, che era stata istituita nel dicembre 1962. Resta in ogni caso un fatto: a Milano fino agli anni '80 dello scorso secolo persisteva nelle istituzioni un atteggiamento di radicale negazione della presenza mafiosa nella metropoli, ben al di fuori del suo contesto di origine. Quindi in un qualche modo si può dire che comunque Di Leo abbia precorso i tempi. 


Curiosità 

La pubblicità occulta è imperante. Il whisky J&B, con la sua tipica etichetta gialla e rossa, è onnipresente, come in molti altri poliziotteschi e non solo. Anche altri prodotti sono messi in bella vista: ricordo che nel secondo film della Trilogia del milieu, oltre al J&B era reclamizzato in modo massiccio il vermut tipicamente milanese (d'adozione) Punt e Mes. In seguito queste pratiche furono vietate.  

La morte di Luca originariamente era più lunga e sanguinosa, ma dovette essere ridimensionata a causa delle lamentele della censura. Probabilmente anche l'invettiva di Rocco doveva essere più lunga e questo spiegherebbe come mai se ne trovino in giro citazioni estese: "Tu uno come Ugo Piazza non lo devi neanche nominare! Tu uno come Ugo Piazza non lo devi neanche guardare!", etc. 

L'attore Frank Wolff è morto suicida poco dopo aver completato le sue scene, quindi il suo doppiaggio in inglese ha dovuto essere completato dal suo frequente co-protagonista ed ex compagno di stanza Michael Forest. Il suicidio di Frank Wolff, forse dovuto a depressione causata da una delusione amorosa, fu davvero terribile: si recise la carotide in una stanza d'albergo, a quanto pare usando la lametta di un rasoio. 

Nel 2006, una sequenza di questo film, con Moschin che torna nella discoteca dove balla Barbara Bouchet, è stata utilizzata dal gruppo Vinylistic come videoclip per la loro canzone Record Player

Gastone Moschin (Ugo Piazza) e Lionel Stander (L'Americano) si sono ritrovati nello stesso anno di uscita di Milano calibro 9, il 1972, a interpretare rispettivamente Don Camillo e Peppone in Don Camillo e i giovani d'oggi, diretto da Mario Camerini. Indimenticabile è poi l'eccellente interpretazione di Stander nella parte del bizzarro Cardinale Maravidi in Nonostante le apparenze... e purché la nazione non lo sappia... All'onorevole piacciono le donne, sempre del 1972, diretto da Lucio Fulci! 


Il tallone d'Achille, la spalla di Sigfrido

Ugo Piazza sembra fatto di acciaio. Impassibile, subisce tutti i colpi dell'avversa fortuna senza mai lasciarsi sfuggire un lamento. In realtà ha un solo punto debole: le femmine. Al loro fascino è molto sensibile. In particolare è fissato con la prostituta bionda che alla fine lo fa ammazzare dal suo nuovo ganzo. Basta poco per essere condotti all'annientamento. 
La morale è lampante, eppure è necessario ripeterla senza sosta, all'infinito: le puttane fanno schifo, sono peggiori dei vermi dei cadaveri! 

Colonna sonora

L'autore è il maestro argentino Luis Enríquez Bacalov, che ha utilizzato le musiche da lui composte per il complesso progressive degli Osanna. Si nota anche l'inserimento di un brano dei New Trolls, intitolato Adagio e tratto dall'album Concerto grosso. 
Queste sono le tracce: 

1. Preludio
2. Tema
3. Variazione I (To Plinius)
4. Variazione II (My Mind Flies)
5. Variazione III (Shuum...)
6. Variazione IV (Tredicesimo cortile)
7. Variazione V (Dianalogo)
8. Variazione VI (Spunti)
9. Variazione VII (Posizione raggiunta)
10. Canzona 


Critica 

Riporto un cut-up ottenuto dalla pagina dedicata al film di Di Leo sul sito Il Davinotti


"Regia e fotografia di altissimo livello e musiche straordinarie"
"Un Moschin superlativo per un film teso, sporco e piuttosto crudele" 
"Se Gastone Moschin appare inespressivo, Mario Adorf risulta caricaturale nel ruolo del solito mafioso siciliano impomatato."
"Un film più strutturato rispetto alla media dei polizieschi italiani"
"Teso, violento, cinico e beffardo, un noir che attinge a Melville e Siegel, ma che marca l'impronta personalissima di Di Leo"
"Colpisce come il protagonista si lasci, almeno apparentemente, scivolare tutto addosso: insulti, minacce, pressioni" 
"Donne inermi percosse a sangue, presunti traditori fatti esplodere con la dinamite... Impensabile poter riproporre nelle sale odierne una pellicola tanto radicale e drasticamente pessimista."
(Invece dovremmo avercelo, il sacrosanto coraggio di farlo!) 
"I primi minuti sono una vetta inviolabile anche per Tarantino e compagnia"
"Se alla solida sceneggiatura che si impreziosisce di spunti sociologico-politici aggiungiamo un cast di altissimo livello (il furioso Adorf, il glaciale Moschin e il tenace Leroy) è impossibile non chinare il capo e applaudire alla maestosità del progetto"
"Memorabile poliziesco fortemente noir di Fernando di Leo: violento, brutale, ma con molto ritmo e ben realizzato" 
"Luigi Pistilli, poliziotto "progressista" contrapposto al "destrorso" Frank Wolff, è un po' manieristico" 
"Comincia così una violenta partita a scacchi in cui ruoli e morale si annullano"
"Il gelido realismo, il pessimismo di fondo, l’esemplare rappresentazione dell’ambiente criminale e lo spessore psicologico dei personaggi, lo rendono una pietra miliare del genere"
"Fernando Di Leo con questo film ha dimostrato cosa sapesse fare: vero cinema" 
"se si pensa che Moschin e Stander erano appena stati Don Camillo e Peppone vengoni (sic) i brividi!"
"Violento quanto basta, ideologicamente agguerritissimo (ancora oggi fanno molto discutere i dialoghi tra Wolff, commissario conservatore e Pistilli, poliziotto progressista in rotta con i superiori) e per certi versi anche profetico"
"Grandi facce, grandi attori: Moschin indecifrabile, Adorf una forza della natura!" 
"Probabilmente il miglior film di Di Leo e uno dei migliori noir di sempre" 
"Cupo, pessimista, imperdibile" 
"Un tuffo negli anni 70 in una Milano autunnale, quando il Duomo era ancora annerito" 
"Più che un film, uno spaccato di storia sociale italiana: potrebbero farlo studiare nelle facoltà di Storia, magari per un esame di Storia contemporanea italiana"
"Più che un poliziesco è un noir dalle atmosfere tese e dure, con un'analisi interna alla società italiana davvero spietata"
"Un incubo nero sognato a occhi aperti"
"la polizia non capisce niente dei delinquenti, di tutte le variabili etiche, esistenziali, estetiche, insospettabili sfumature di un universo che appare uniforme, dominato da un plumbeo ed elementare codice d'onore, e invece è variegato e profondo" 
"Scelta come teatro la plumbea Milano, Di Leo disegna un'esiziale parabola sul potere, capace di perpetrare se stesso attraverso espiazioni, tradimenti e compromessi necessari"
"Particolare Philippe Leroy doppiato in siciliano" 
"Noir da pelle d'oca con musiche fantastiche, una Milano fredda, grigia, cinica e maledetta" 
"Il punto di vista di Fernando Di Leo è forte, tragicamente reale, vergognosamente identico al nostro, abitanti dell’anno 2012" 
"Eccezionale Di Leo che partendo da Scerbanenco delinea un genere che negli anni a seguire produrrà centinaia di (discontinui) cloni."
"Gregari e nemici sono sostanza per far la guerra per il bottino, per la vita e l'onore."
"Film senza fronzoli, dalle inquadrature sporche."
"Ovunque è diventato film di culto: e non a caso."
"Se il personaggio di Pistilli è quasi una caricatura, gli altri sono invece ineguagliabili per tensione emotiva e credibilità: grande Moschin nella sua imperturbabilità, fantastico Adorf nella sua irruenza." 
"Capolavoro di Di Leo che compone un noir antieroico pressoché perfetto e incalzante con evidenti echi melvilliani, dotato di un intreccio torbidissimo e tragico, violento e paranoico in cui si mescolano senso dell'onore, romanticismo e nefandezza."
"Un tuffo negli anni 70 in una Milano autunnale, quando il Duomo era ancora annerito."
"Più che per la sceneggiatura, questa pellicola va protetta come le specie in estinzione per il suo valore storico." 
"Unico appunto: la sparatoria in villa, girata con un po' di leggerezza."
"Cult Assoluto."

Una sorta di "auto-remake" 

Il regista nel 1978 diresse Diamanti sporchi di sangue, che è una riedizione di Milano calibro 9, ambientato però a Roma. La sceneggiatura originale si intitolava proprio Roma calibro 9; il titolo è stato cambiato in fase di lavorazione, dapprima in Diamanti rossi di sangue e quindi nel definitivo Diamanti sporchi di sangue. Questa mania di apportare lievi cambiamenti nei titoli, anche solo in una preposizione o in un articolo, è tipica degli editori di noir, che non riescono a comprendere il suo potenziale di confusione. Nel riadattamento romano la parte dell'equivalente di Ugo Piazza è interpretata da Claudio Cassinelli, mentre a Martin Balsam è toccato il ruolo di un boss molto simile a quello che conosciamo col volto di Lionel Stander. 

Il sequel 

Un sequel del film di Di Leo, Calibro 9, fu girato nel 2020. È stato diretto da Toni D'Angelo e prodotto da Gianluca Curti, il cui padre Ermanno era stato un co-produttore della prima pellicola. Marco Bocci interpreta Fernando Piazza, figlio del personaggio di Moschin, con Barbara Bouchet che riprende la parte di Nelly Bordon (ma come, non era stata uccisa con un pugno?). Tra gli attori c'è anche Michele Placido nella parte di Rocco Musco, oltre ad Alessio Boni e alla russa Kseniya Rappoport. La trama sembra una riedizione: il figlio di Ugo Piazza è sospettato di aver sottratto soldi alla mafia. La mia idea è sempre la stessa: Paganini non ripete. Che necessità c'era di fare un sequel? 

mercoledì 10 agosto 2022


QUILLER MEMORANDUM

Titolo originale: The Quiller Memorandum
Paese di produzione: Regno Unito
Lingua: Inglese
Anno: 1966
Durata: 100 min
Genere: Drammatico, spionaggio
Sottogenere: Neonazismo, fantapolitica  
Regia: Michael Anderson
Soggetto: Elleston Trevor (romanzo)
Sceneggiatura: Harold Pinter
Produttore: Ivan Foxwell
Fotografia: Erwin Hillier
Montaggio: Frederick Wilson
Musiche: John Barry 
Effetti speciali: Arthur Beavis, Les Bowie 
Trucco: W.T. Partleton, Stella Rivers 
Costumi e guardaroba: Ernie Farrer, Dulcie Midwinter 
Continuità: Joan Kirk 
Pubblicista: Derek Coyte
Interpreti e personaggi: 
    George Segal: Quiller
    Alec Guinness: Pol
    Max von Sydow: Oktober
    Senta Berger: Inge Lindt
    George Sanders: Gibbs
    Robert Helpmann: Weng
    Robert Flemyng: Rushington
    Peter Carsten: Hengel 
    Ernst Walder: Grauber 
    Edith Schneider: Direttrice della scuola 
    Günter Meisner: Hassler 
    Philip Madoc: Uomo di Oktober (coi pantaloni bruni)  
    John Rees: Uomo di Oktober (con gli occhiali dai
        bordi neri) 
    Harry Brooks Jr.: Uomo di Oktober (alto e biondiccio) 
    Herbert Fux: Uomo di Oktober (con la pipa) 
    Victor Beaumont: Weiss 
    Bernard Barnsley: Mister F. 
    Otto Friese: Cameriere 
    Paul Hansard: Dottor Loewe 
    Philo Hauser: Portiere di notte 
    John Moulder-Brown: Bambino indottrinato da Inge 
    Hans Schwarz Jr.: Barista 
    Herbert Stass: Kenneth Lindsay Jones 
    Konrad Thoms: Portiere scolastico 
    Claus Tinneu: Hughes
Doppiatori italiani: 
    Luciano Melani: Quiller
    Stefano Sibaldi: Pol
    Emilio Cigoli: Gibbs
    Gigi Proietti: Oktober 
Doppiatori tedeschi: 
   Gert Günther Hoffmann: Quiller 
   Friedrich Schoenfelder: Pol 
   Heinz Petruo: Oktober 
   Senta Berger: Inge Lindt 
   Curt Ackermann: Gibbs 
   Wolfgang Amerbacher: Weng 
   Peter Carsten: Hengel 
   Edith Schneider: Direttrice della scuola 
   Günter Meisner: Hassler 
   Karlheinz Brunnemann: Rushington  
Titoli in altre lingue: 
   Tedesco: Das Quiller-Memorandum – Gefahr aus dem
       Dunkel 
   Francese: Le Secret du rapport Quiller 
   Spagnolo: Conspiración en Berlín 
   Russo: Меморандум Квиллера 


Trama: 
Un uomo cammina di notte lungo una strada deserta di Berlino ed entra in una cabina telefonica illuminata internamente. Viene ucciso da un invisibile esecutore, con colpi di arma da fuoco nella schiena. Il defunto era l'agente segreto britannico Kenneth Lindsay Jones. 
A pranzo in un esclusivo club di Londra, vicino a Buckingham Palace, i direttori di un'agenzia anonima (si chiama Secret Intelligence Service!), Gibbs e Rushington, decidono di inviare l'agente americano Quiller a continuare l'incarico che ha ormai portato alla morte di ben due agenti. Quiller incontra il suo responsabile della missione, Pol, allo Stadio Olympia di Berlino, scoprendo così che deve trovare il quartier generale della Phoenix, un'organizzazione neonazista.
Quiller lascia il Konigshof Hotel sul Kurfurstendamm di Berlino Ovest e affronta un uomo che lo ha seguito, apprendendo che si tratta del suo ottuso badante, il biondiccio e rubusto Hengel. Hengel dà a Quiller i pochi oggetti trovati sull'estinto Jones: un biglietto per una sala da bowling, un biglietto per la piscina e un articolo di giornale su un criminale di guerra nazista scoperto mentre insegnava in una scuola e morto suicida. Quiller chiede di Jones alla sala da bowling, senza successo. Giunto alla piscina, il gestore Hassler gli dice che non è consentito assistere alle attività di nuoto. 
Fingendo di essere un giornalista molesto come un tafano, Quiller visita la scuola descritta nell'articolo. L'austera preside lo presenta a un'insegnante che parla inglese, la rossiccia Inge Lindt. Dopo l'intervista, lui le dà un passaggio fino al suo appartamento e si ferma a bere qualcosa con lei. 
Quiller affronta un uomo che sembra seguirlo; quando torna al suo hotel, un portiere gli urta la gamba con una valigia sui gradini. Quiller se ne va, riuscendo a scuotere Hengel, poi nota che gli uomini in un'altra macchina lo seguono. A questo punto ha sonnolenza a causa di un farmaco che gli è stato iniettato dal portiere all'ingresso dell'hotel. Quando sviene a un posto di blocco del traffico, l'altra macchina si accosta e lo rapisce. Quiller si risveglia in una villa fatiscente, circondato da molti dei precedenti personaggi incontrati soltanto in apparenza per puro caso. Sono tutti membri dell'organ izzazione Phoenix, guidati da un aristocratico tedesco il cui nome in codice è Oktober. Quiller evita di rispondere alle domande di Oktober sulla propria agenzia, finché un medico non gli inietta un siero della verità, dopo di che rivela alcuni piccoli indizi. Nel tentativo di vedere se il prigioniero rivelerà di più per svista, Oktober decide di risparmiargli la vita. 
Quiller si sveglia accanto al fiume Spree a Berlino. Ruba un taxi, sfugge a un veicolo che lo insegue e prenota una stanza in uno squallido albergo. Chiama Inge e organizza un incontro con lei. Prima però incontra Pol, il quale gli spiega che ciascuna parte sta cercando di scoprire e annientare la base dell'altra. 
Quiller ammette a Inge di essere un "investigatore" sulle tracce dei neonazisti. Dopo aver fatto sesso, la donna rivela inaspettatamente che un amico era precedentemente coinvolto con i neonazisti, essendosi poi "pentito". La speranza è che questo supposto apostata possa conoscere l'ubicazione del quartier generale di Phoenix. Ecco, egli risulta essere Hassler, che ora è molto più amichevole. Così Hassler li accompagna a incontrare un vecchio contatto che dice di sapere molto di più, che si scopre essere proprio la preside austera di Inge. L'attempata signora afferma di aver denunciato l'insegnante dell'articolo e indica la fatiscente villa di Phoenix. Quando Quiller decide di indagare sull'edificio, Inge dice che lo aspetterà, mentre Hassler e la preside prestano una delle loro macchine. Inge gli dice che lo ama e lui le dà un numero di telefono da chiamare se non torna entro 20 minuti. Quiller entra nella villa, ingenuo come uno stronzo di pollo. Cade nella trappola e si confronta con i neonazisti di Phoenix. Oktober rivela che si trasferiranno in una nuova base il giorno successivo e che hanno catturato Inge. Quindi chiede a Quiller di rivelare la base del Secret Intelligence Service entro l'alba, altrimenti la ragazza verrà uccisa. Dopo un dialogo ai limiti del surreale, Quiller viene prontamente rilasciato. Cammina lungo la stessa strada dove è stato colpito Jones, ma scopre di essere seguito dagli uomini di Oktober. Dopo che gli è stato impedito di usare il telefono, Quiller corre verso un treno sopraelevato e, pensando di essere riuscito a scrollarsi di dosso gli inseguitori, esce dall'altra parte della stazione sopraelevata solo per incontrarli di nuovo. 
Quiller torna quindi al suo albergo (quello fatiscente), seguito dagli uomini che rimangono fuori. Nota che il portiere è seduto dove può vedere chiunque esca. Quiller sguscia fuori da una porta laterale che conduce al piccolo garage dove è tenuta la sua macchina. Scopre che una bomba è stata legata sotto e la posiziona sul cofano dell'auto in modo che scivoli lentamente e cada a causa delle vibrazioni del motore acceso. Riesce a superare il muro del suo garage e di quello adiacente e poi fuori a lato dell'edificio prima della detonazione. È protetto dietro l'edificio quando la bomba esplode. I neonazisti lo credono morto quando vedono i rottami in fiamme. 
L'agente raggiunge l'ufficio segreto di Pol a Berlino, uno degli ultimi piani dell'Europa-Center di recente costruzione, il palazzo più alto della città, fornendo loro l'ubicazione dell'edificio dove ha incontrato Oktober. Pol invia una squadra al quartier generale di Phoenix, che cattura con successo tutti i suoi adepti. Quiller è sorpreso di apprendere che non è stata trovata alcuna donna. 
Tornato a scuola, l'agente affronta Inge nella sua classe. Lei afferma che ha avuto fortuna, e che è stata lasciata libera. Sostiene quindi di aver chiamato il numero di telefono, che però non ha funzionato. Quiller dice a Inge che hanno catturato la maggior parte dei neonazisti, ma chiaramente non tutti. Continua le sue sottili accuse e Inge. Lei nega di aver mai incontrato Jones. L'uomo se ne va, sorprendendo la preside mentre esce. Resta agghiacciato, certo che è stata neutralizzata soltanto una delle tante cellule dell'organizzazione. 

Citazioni: 

Quiller: "Ma che razza di bar è questo, si può sapere?"
Oktober: "Io non sono un barman, Mister Quiller. Sono un gentiluomo tedesco." 


Recensione: 
Questo film, che tutto sommato è godibile, è la prova che un cast stellare non basta a produrre un capolavoro. Certo, non si può dire che sia una ciofeca. Contiene elementi di estremo interesse. Manca tuttavia la coerenza anche soltanto a livello elementare. Che senso ha mandare a Berlino un agente che non capisce una parola di tedesco? Tutti i personaggi agiscono in modo incredibilmente stupido. Perché i neonazisti ronzano attorno a quello scemo di Quiller e lo rapiscono? La stessa uccisione del predecessore dell'agente cafone è stata a dir poco insensata: chi uccide un inglese, si mette contro l'intero Regno Unito. Facendo queste cose folli, i neonazisti si sono esposti inutilmente. Se non avessero agito così, nessuno si sarebbe accorto della loro esistenza e avrebbero potuto andare avanti nella loro opera senza essere minimamente disturbati. Certo, il film non sarebbe esistito, ma forse non sarebbe stato poi un gran male.  


Superlativa l'interpretazione dell'augusto Max Von Sydow nel ruolo del capo neonazista fulvo. Purtroppo non basta a risollevare le sorti della pellicola. Alec Guiness non perde mai il suo aplomb di Sir britannico e a colazione si ingozza di tramezzini imbottiti di fegato di maiale. È sussiegoso. I suoi superiori invece iniziano la giornata con un lauto pasto a base di fagiano, purè di patate e vino rosso. La rossiccia e prosperosa Senta Berger interpreta alla perfezione il ruolo della pollastrella sensuale che fa la finta tonta, finendo per calcolo tra le braccia del grossolano Quiller. In realtà è una propagandista che diffonde senza sosta le dottrine hitleriane tra i giovani, con fanatico fervore! È una missionaria della Svastica! Mentre quel coglione del suo spasimante brancola nel buio, lei ha già trasformato una decina di bambini in adoratori del Führer! Fa marciare gli alunni in ranghi serrati, preparando il giorno in cui saranno cresciuti come soldati e mostreranno al mondo il Cancelliere Federale Olaf Scholz in catene! 


I Reichsbürger e il IV Reich

Nella pellicola di Anderson si allude al fatto che i cospiratori non si chiamano più "Nazisti", pur non menzionando il nome che si danno. Supplirò volentieri a questa mancanza: essi chiamano se stessi Reichsbürger, ossia "Cittadini del Reich". Fin dall'epoca della fine della Seconda guerra mondiale, sono esistiti in Germania nuclei di resistenti, che non hanno mai riconosciuto la Repubblica Federale, rimanendo legati alle idee di Adolf Hitler. Allo scopo di restaurare il Reich Millenario, hanno formato comunità impermeabili al mondo moderno, pur dimostrandosi capaci di infiltrare le istituzioni, soprattutto il sistema scolastico, la Pubblica Amministrazione e l'Esercito. Non si deve pensare che questi Reichsbürger siano frutto della mia fantasia delirante. Esistono realmente! Prima o poi riusciranno nel loro scopo, per via del naturale processo di usura e di consunzione della democrazia. Anche in questo, il film di Anderson è assolutamente profetico. In un punto della pellicola si dice che i cospiratori capeggiati dal fulvo Oktober non hanno una particolare fretta. Hanno ragione. Sarà il tempo a lavorare per loro. Mi sembra invece molto stupida l'idea andersoniana che questi infiltrati neonazisti ostentino un linguaggio e un atteggiamento spionistico tipico dei film di James Bond (nomi in codice banali, basi in casolari abbandonati che sarebbero individuate anche da un cieco, etc.).  

Una bizzarra censura 

In Germania Ovest il film è stato sottoposto a un'opera di adattamento strana, a quanto ne so mai vista prima. In pratica la trama è stata riplasmata e snaturata completamente. Per un tabù fortissimo non poteva essere mostrato alcun riferimento all'esistenza stessa di fermenti neonazisti, che dovevano essere negati alla radice. Così si è avuta la trasformazione dell'organizzazione di Oktober in una cellula comunista, senza badare troppo alle incongruenze prodotte nella trama. L'unico pericolo possibile doveva essere per necessità quello comunista, nel quadro della Guerra Fredda. A imporre le modifiche fu l'Ufficio per l'autocontrollo volontario dell'industria cinematografica tedesca (Freiwillige Selbstkontrolle der Filmwirtschaft, FSK), in pratica una moderna forma di Inquisizione. L'uso del termine "Freiwillige", ossia "volontario", è puramente orwelliano e continua la famosa tradizione della scritta Arbeit macht frei "Il lavoro rende liberi". Se la Germania Est era l'Inferno, non è che la Germania Ovest dovesse essere il Paradiso. 

Riporto in questa sede quanto ho potuto reperire delle parole di Ernst Krüger, all'epoca direttore dell'Inquisizione "volontaria": 

"Riteniamo che presentare un gruppo segreto terroristico di estrema destra a Berlino ai giorni nostri, come fa il film, sia poco realistico; e anche inopportuno, per l'immagine della Germania occidentale che mostra ai paesi comunisti europei, i quali ci accusano di neonazismo. Non abbiamo chiesto tagli alla pellicola, ma solo alcuni cambiamenti al testo. [...] Sembrerà più comunista che neonazista." 

Ancora oggi, non si riesce a trovare il testo originale in tedesco. A questo proposito, il 3 marzo 1967 era comparso sulle pagine de l'Unità un articolo: "Quiller, snaturato dalla censura di Bonn". Non sono riuscito a trovare il testo nel Web, c'è soltanto la sua menzione su Wikipedia. 
A quanto si vede sul sito di Amazon, sembra che la questione non sussista più, dato che è riportata la trama in tedesco, senza distorsioni: 

"Westberlin in den 60er Jahren. Der Top-Agent Quiller, bekannt für seine unkonventionellen Methoden, erhält den Auftrag, eine gefährliche Organisation der Neo-Nazis zu entlarven. Ein spektakulärer Selbstmord eines führenden Top-Nazi führt Quiller zu einer Schule. Dort trifft der attraktive Geheimagent auf die Lehrerin Inge. Kurz nachdem er sie kennengelernt hat, wird Qiller gekidnappt. Mit bestialischen Foltermethoden versuchen die Neo-Nazis, aus ihm alle Informationen herauszupressen. Der agent schweigt und wird zum Tode verurteilt. Mehr tot als lebendig gelingt ihm die Flucht..." 


Curiosità

La Germania in cui è ambientata l'opera di Anderson era molto diversa da quella che noi tutto conosciamo oggi: c'era il Mudo li Merlino!! Anche se questo film è stato realizzato più di vent'anni dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, la devastazione di Berlino era così vasta che agli scenografi non fu richiesto di "ricreare" le aree esterne per le riprese, ma solo gli interni. 

Il regista voleva che fosse Charlton Heston ad interpretare Quiller. Dal canto suo, l'attore  desiderava lavorare con una sceneggiatura di Harold Pinter, ma purtroppo la cosa per qualche motivo ormai insondabile non ha funzionato. George Seagal, che a quanto pare aveva l'indole del cow boy rozzo e testardo, ha costretto lo sceneggiatore a cambiare la nazionalità del protagonista, rendendolo americano: non avrebbe mai per nessun motivo interpretato la parte di un inglese. Questo anche a costo di creare qualche difficoltà nella trama. Perché diamine i Servizi Segreti del Regno Uniti si sarebbero serviti di un agente venuto dagli States? 

Adattando il romanzo di Adam Hall (nom de plume di Elleston Trevor), The Berlin Memorandum, lo sceneggiatore Harold Pinter ha modificato l'enfasi del libro rendendolo meno un thriller di spionaggio e più una meditazione sulla condizione umana e sulla la natura ambigua dell'identità. L'opera di Trevor ha vinto il Premio Edgar Allan Poe per il miglior romanzo (Edgar Allan Poe Award for Best Novel) nel 1966. Ha vinto anche il Grand Prix de Littérature Policière

La BBC ha prodotto una serie televisiva, Quiller (1975), in 13 episodi. L'agente segreto è interpretato da Michael Jayston. 
I registi accreditati sono i seguenti:    
   Michael Ferguson (3 episodi) 
   Raymond Menmuir (2 episodi)
   David Sullivan Proudfoot (2 episodi)
   Viktors Ritelis (2 episodi) 
   Peter Graham Scott (1 episodio)
   John Frankau (1 episodio)
   Gerald Blake (2 episodi)
Gli sceneggiatori accreditati sono i seguenti: 
   Adam Hall (alias Elleston Trevor, 1 eposodio) 
   Trevor Dudley Smith (13 episodi) 
   Brian Clemens (3 episodi)  
   Michael J. Bird (2 episodi) 

Il ritaglio di giornale che Hengel dà a Quiller, nel bar in cui si incontrano per la prima volta, mostra che un insegnante di nome Hans Heinrich Steiner è stato arrestato per crimini di guerra commessi durante la Seconda guerra mondiale. La foto mostra un uomo in uniforme della Luftwaffe (Aeronautica). Solo 3 ufficiali della Luftwaffe furono accusati di crimini di guerra: due prestarono servizio come governatori militari di Creta, uno era un capitano di un sottomarino e ordinò l'uccisione dei sopravvissuti di una nave mercantile affondata. I crimini di guerra commessi dal personale della Luftwaffe, per quanto non implausibili di per sé, erano molto rari. 

Colonna sonora 

La colonna sonora principalmente orchestrale composta da John Barry fu pubblicata dalla Columbia nel 1966. Eseguita da Matt Monro, il brano "Wednesday's Child" fu pubblicato anche come singolo.

1. Wednesday's Child (strumentale)
2. Quiller Caught – The Fight
3. The Barrel Organ
4. Oktober – Walk from the River
5. Downtown (composta da Tony Hatch)
6. Main Title Theme
7. Wednesday's Child – versione vocale
     (Mack David/Matt Monro)
8. The Love Scene – The Old House
9. Autobahn March
10. He Knows The Way Out
11. Night Walk in Berlin
12. Quiller and the Bomb
13. Have You Heard of a Man Called Jones?

Critica 

Ai BAFTA Awards del 1967 il film ha avuto nomination nelle migliori categorie Direzione artistica, Montaggio e Sceneggiatura, ma non ha vinto. Harold Pinter è stato nominato per un Edgar Award nella categoria Miglior film, ma non ha vinto neppure lui. 

Le reazioni della critica cinematografica non sembrano essere state molto eulogistiche. Ecco alcuni segmenti, spesso contraddittori, estratti dal Web grazie a un'operazione di cut-up: 

"Allucinata parabola fantapolitica" 
"Allucinante parabola fantapolitica"
"Modesto film di spionaggio" 
"Film di spionaggio dalle premesse promettenti ma in ultima analisi sostanzialmente deludente" 
"Cattivi molto stereotipati" 
"Snodi della trama piuttosto farraginosi" 
"Tensione praticamente assente" 
"La trama e' banale e il finale molto peggio" 
"Il film scade a videogioco ante litteram, dove le due squadre devono scovare e distruggere la base avversaria" 
"Si assapora la sensazione di un'occasione non completamente sfruttata" 
"Recitazione professionale" 
"Regia non del tutto all'altezza" 
"Peccato perché il cast aveva buone carte" 
"Finale ambiguo" 
"Poco sfruttati invece Berger relegata ad un ruolo banale e Sanders in un paio di apparizioni-lampo"  
"Ma di sicuro valore è la performance di George Segal nei panni di Quiller e Max von Sydow in quelli del luciferino capo del gruppo criminale"

Bosley Crowther, del New York Times, ha scritto: 

"Chiaramente, The Quiller Memorandum è una sciocchezza confezionata in uno stile e con una colonna sonora di John Barry che potrebbe farvi pensare che si tratti di arte. Ma non lasciatevi ingannare nemmeno per un minuto, né dal signor Segal, né da Senta Berger nel ruolo della ragazza. L'intera opera, compresi questi due attori, è vuota come una conchiglia."
(testo originale: "Clearly, 'The Quiller Memorandum' is claptrap done up in a style and with a musical score by John Barry that might lead you to think it is Art. But don't let it fool you for one minute–nor Mr. Segal, nor Senta Berger as the girl. The whole thing, including these two actors, is as hollow as a shell."

Lo scrittore e critico cinematografico Leo Pestelli ha scritto (citazione frammentaria causa difficoltà di accesso alle fonti): 

"[il film] si stacca per più cose dai soliti film di spionaggio: per la qualità della regia prima di tutto, che permea la vicenda d'una sottile perfidia, facendo prendere sul serio lo spettro del neonazismo; per la suggestiva ambientazione nella Berlino-Ovest dei nostri giorni; per il complesso e la bravura degli interpreti, dal protagonista George Segal [...] ad Alec Guinness, [...] da Max von Sydow [...] alla tenera Senta Berger [...]. La trama, scritta dal commediografo Harold Pinter, è serrata, e pur seguendo la falsariga delle consuete vicende spionistiche e mettendo anch'essa in campo il suo bravo agente segreto, regolarmente americano, non è del tutto epidermica, ma in qualche tratto di maggior incisione, ricorda le ambizioni psicologiche della «Spia che venne dal freddo». [...]"