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giovedì 18 febbraio 2021

 
POOR EDWARD  

Titolo originale: Poor Edward 
Autore: Tom Waits 
Paese: Stati Uniti d'America 
Lingua: Inglese 
Album: Alice 
Anno: 2002 
Generi: Alternative/Indie, Folk 
Video: Lucas Kukterer 
Durata: 3 min 42 sec 

Testo: 

Did you hear the news about Edward?
On the back of his head he had another face
Was it a woman's face or a young girl?
They said to remove it would kill him
So poor Edward was doomed 

The face could laugh and cry
It was his devil twin
And at night she spoke to him
Things heard only in Hell
But they were impossible to separate
Chained together for life 

Finally the bell tolled his doom
He took a suite of rooms
And hung himself and her from the balcony irons
Some still believe he was freed from her
But I knew her too well
I say she drove him to suicide
And took poor Edward to Hell
 

Traduzione: 
 
Hai sentito le notizie su Edward?
Sulla nuca aveva un'altra faccia
Era il viso di una donna o di una ragazza?
Hanno detto che rimuoverlo lo avrebbe ucciso
Quindi il povero Edward era condannato 

La faccia poteva ridere e piangere
Era il suo gemello diavolo
E di notte lei gli parlava
Di cose che si sentono solo all'Inferno
Ma erano impossibili da separare
Incatenati insieme per tutta la vita 

Alla fine la campana suonò il suo destino
Prese una suite di camere
E si impiccò con lei alle inferriate del balcone
Alcuni credono ancora che sia stato liberato da lei
Ma la conoscevo troppo bene
Dico che lei lo ha spinto al suicidio
E ha portato il povero Edward all'Inferno
 
 
Recensione:  
Sia la canzone di Tom Waits che il video di Lucas Kulterer sono notevoli e destano il mio entusiasmo. Il mito di riferimento usato dal cantante per la sua opera è quello di Edward Mordake, il fantomatico nobiluomo inglese a cui la tradizione attribuisce una peculiare malformazione: avrebbe avuto un piccolo volto femminile sulla nuca. Ho analizzato questo argomento in un articolo, a cui rimando per maggiori dettagli. Questo è il link:

 
Nel testo della canzone, il cognome Mordake o Mordrake non è mai menzionato. La voce roca e torbida di Tom Waits è l'ideale per interpretare questa struggente tragedia, così ben descritta dal testo, con poche e vibranti parole, capaci di veicolare un intero mondo di dolore. Un dolore infinito, che fa sanguinare e che continua a riverberare all'infinito in chi ascolta.
 
Il simbolismo mostrato nel video è notevole. Verso la fine, quando si assiste al suicidio del protagonista tramite impiccagione, viene mostrato un tavolo su cui si trovano due pagnotte, una grande e una piccola. Il pane corrotto, che rappresenta l'anima dannata del Povero Edward, si copre subito di cagnotti. Sono oscene larve grassocce di mosconi azzurri, che brulicano sul sostrato organico come se fosse un cadavere anziché un impasto di cereali.  

Ancora sulla dannazione di Edward Mordake
 
Richiamo l'attenzione su un argomento ormai ignoto ai più: l'economia cristiana della Salvezza. Nei secoli passati era considerato importantissimo. Agli inizi del XXI secolo, chi lo conosce più? Ve lo dico io. Praticamente nessuno. Non ne parlano nemmeno i preti della Chiesa di Roma, che si vestono in borghese e si nascondono per paura di essere identificati come pedofili e massacrati di botte. Non ne parla nemmeno il Papa! È un edificio teologico che è stato relegato nell'Oblio. 

Per le Chiese Cristiane fondate sul primo Concilio di Nicea, quello da cui è scaturito il Credo (detto appunto "Simbolo Niceno"), il suicidio è ritenuto il peggiore di tutti i peccati, perché non ammette redenzione possibile, implicando un irreversibile giudizio umano contro Dio. Giuda Iscariota è ritenuto dannato, nonostante si fosse pentito, in quanto si è impiccato per disperazione, ritenendo impossibile che Dio fosse in grado di salvarlo. Uno dei ladroni che furono crocefissi assieme a Gesù, quello che credette nella Buona Novella, per quanto avesse alle spalle una vita di scelleratezze e di crimini, è considerato salvo, in quanto è morto in seguito al supplizio confidando in Dio. Così la Chiesa di Roma, la Chiesa Ortodossa e le Chiese Protestanti sono concordi nel credere in questa assunzione: se anche un genocida sterminasse 600 milioni di persone, con ferocia satanica, ma poi si pentisse in punto di morte, avendo fede e trapassando in modo naturale, sarebbe considerato degno della misericordia di Dio, mentre un poveraccio profondamente buono che si suicida perché travolto da una serie di insopportabili sciagure, sarebbe considerato non degno della misericordia di Dio. Questo è il sunto della maligna dottrina di Nicea. Un insegnamento incredibilmente disumano, osceno, che non mi stancherò mai di combattere. Lo combatto usando le parole, perché il contesto in cui sono costretto a esistere mi impedisce di combatterlo usando il gladio.   

Molti diranno che, essendo Edward Mordake un personaggio inesistente, apocrifo, non vale la pena di dedicarci tanto tempo. Credo invece che sia una questione di capitale importanza. Il concetto conta. Mi domando come sia stato possibile per le genti del mondo credere per secoli alla bontà e all'attendibilità della parola di un essere che mente dicendo di essere Amore ed esercita il suo potere sulle creature come un Tiranno Cosmico. Se questo essere mette al mondo vittime per avere la soddisfazione di dannarle, come può pretendere qualsiasi livello di standard morale da quelli che chiama suoi "figli"?    
 
Altre recensioni e reazioni nel Web 
 
Trovo assolutamente splendida e geniale questa recensione, pubblicata nel 2020 sul blog CANZONI, ospitato sulla piattaforma WordPress. Ne consiglio la lettura. Questo è il link:  
 
 
Purtroppo l'autore non si è firmato e non sono riuscito a risalire al suo nominativo o al suo nick esplorando il blog. Condivido appieno le sue riflessioni sul filtro alcolico che permette di vedere l'intero universo in un certo modo, perché quello stesso filtro è ciò che mi permette di sopravvivere giorno dopo giorno e di non fare la fine del Povero Edward.  

sabato 4 aprile 2015

UN VIDEO SUI PAGANI DI LETTONIA: ALCUNE CONSIDERAZIONI


Interessante video di Franco Capone, pubblicato sul sito di Focus. Il documentario parla dei politeisti di Lettonia, che sono presentati come gli ultimi pagani d'Europa. Sono mostrati quindi alcuni loro riti, senza dubbio di origine antichissima. Esiste però qualcosa da rimarcare. Sappiamo che i paesi del Baltico sono stati sede di conflitti sanguinosissimi, perché i Cavalieri Teutonici e i Cavalieri Portaspada vi hanno condotto le cosiddette Crociate contro quelli che chiamavano Saraceni del Nord, facendo di tutto per cristianizzare con la forza quelle genti. Ci furono stermini e atrocità di ogni genere. La Lettonia fu divisa in feudi. Riga, capitale della Lettonia, era un importante centro dello Stato Monastico dei Cavalieri Teutonici, che si distinsero in efferatezza, dominando la regione con pugno d'acciaio. Unico stato pagano rimasto a resistere al loro potere fu il Granducato di Lituania, ma sul finire del XIV secolo anche lì giunse il tramonto per l'antica religione: nel 1386 il Granduca Jagellone (Jogaila) accettò il battesimo per poter sposare l'undicenne Edvige (Jadwiga), Regina di Polonia e diventare così Re di Lituania e di Polonia col nome di Ladislao II. Nel 1387 iniziò la cristianizzazione sistematica della nazione: i fuochi perenni che ardevano nei santuari pagani furono spenti. L'ultima regione ad accettare il battesimo di massa e ad estinguere i fuochi fu la Samogizia, cristianizzata nel 1413. Questo evento è tuttora celebrato dai Gesuiti come un "trionfo della civiltà sulla barbarie"Non entro nei dettagli, ma non posso fare a meno di notare che i culti antichi sopravvissero tra i contadini, ma finirono col subire una pressione crescente da parte del clero cattolico, disorganizzandosi e infine cessando di sussistere come manifestazioni di una religione indipendente. Va fatto notare che divinità dell'antica mitologia vengono spesso menzionate nei canti popolari chiamati dainas in Lettonia e dainos in Lituania. Si potrebbe tuttavia trattare di reminiscenze poetiche più che della prova di una continuità dei culti antichi fino al tempo presente.  

Dopo un periodo di letargo i culti antichi delle genti baltiche sono stati riportati in auge nel tardo XIX secolo dal lituano Wilhelm "Vydunas" Storost (1868 - 1953). Egli organizzò feste pagane riuscendo ad attrarre un certo numero di praticanti. Si trattava di un movimento revivalista e ricostruzionista: il suo scopo era quello di ripristinare una tradizione interrotta e perduta, ma ancora conoscibile nei dettagli, visto che la sua scomparsa era avvenuta in epoca abbastanza recente. Per questo motivo, va etichettato come Neopaganesimo anziché come PaganesimoNon era però destino che i fautori dell'antica religione di quelle terre godessero di un lungo periodo di pace. Come se una maledizione gravasse, terribili persecuzioni si abbatterono sui neopagani del Baltico a partire dal 1940, quando quelle terre furono invase dai Sovietici. Il politeismo baltico fu trattato come una pericolosa religione nazionalistica dalle autorità sovietiche, che fecero di tutto per eradicarla. Molti neopagani baltici espatriarono, trovando rifugio in America. I meno fortunati furono fucilati o deportati in Siberia. A partire dal 1967 tale religione cominciò a chiamarsi Romuva, dal nome antico prussiano del santuario. Riapparve nei paesi baltici e nonostante una nuova ondata di persecuzioni agli inizi degli anni settanta riuscì ad accrescere la propria influenza, finendo con l'essere riconosciuta come religio licita dopo il crollo dell'Unione Sovietica. 

Se vogliamo essere precisi, dobbiamo far presenti alcuni fatti che di solito vengono taciuti.

1) Wilhelm "Vydunas" Storost era un adepto della Teosofia, quindi proveniva da un ambito culturale esoterico, molto diverso da quello degli antichi pagani;
2) Egli era impregnato di idee come l'universalismo panteistico, il vegetarianismo etico e simili, tanto che fu paragonato a Tagore e a Gandhi;  

3) Per quanto Storost non si ritenesse un leader religioso, la Romuva acquisì una struttura affine a quella della Chiesa di Roma. Questo fatto ricorda il tentativo di Giuliano il Filosofo di costruire una Chiesa Ellenica. 

Inutile dire che i Balti pagani non erano filosofi. Praticavano sacrifici cruenti e mangiavano carne, come è sempre stata la norma tra la maggior parte dei politeisti. Non erano animati da un particolare afflato di amore tra i popoli e sapevano trattare con ferocia i loro nemici: decapitavano i missionari a colpi d'accetta e se catturavano un cavaliere teutonico lo bruciavano vivo assieme al suo cavallo (con buona pace degli animalisti). Difficile credere a una continuità diretta nell'opera di Storost e nell'etica della Romuva.     

Di tutto questo tuttavia nel video di Capone non si fa alcuna menzione, così come non si nomina la Lituania. Viene suggerita l'idea di una sostanziale continuità nella trasmissione del paganesimo lettone, come se nulla di traumatico fosse mai avvenuto, come se quel popolo fosse sempre vissuto in modo giulivo in un'ingenua adorazione della Natura. Un'idea che contrasta con la realtà dei fatti storicamente accertabile. 

Riporterò ora un breve esempio per illustrare la drammaticità del concetto di cessazione della continuità.

Immaginiamo cosa accadrebbe se qualcuno fosse colpito dal fatto che parlo la lingua dei Goti, inviasse un giornalista a intervistarmi e a riprendermi, pubblicando poi un video intitolato "L'ultimo Ostrogoto in Brianza". Ovviamente la cosa sarebbe assurda anche solo a pensarsi: non ho infatti appreso la lingua di Wulfila dai miei genitori, ma dai libri, e anche se a volte la parlotto tra me e me (è il modo migliore per imparare una lingua senza più locutori) non è la mia prima lingua. Essendo mancata la trasmissione ereditaria, non si può certo dire che esista un filo diretto che lega la lingua gotica da me conosciuta ai discorsi pronunciati dal Re Teodorico - e il discorso varrebbe anche se si potesse dimostrare tramite analisi genetica una mia discendenza dalla stirpe degli Amali.  

domenica 22 marzo 2015

UNA SINGOLARE TEORIA DI VARG VIKERNES SULLA DIFFUSIONE DELLE LINGUE INDOEUROPEE


Un video davvero interessante, in cui Varg Vikernes espone il proprio punto di vista sulla diffusione delle lingue indoeuropee, ipotizzando che la loro adozione su vasti territori sia stata promossa da matrimoni esogamici. Secondo il noto cantante, quando un popolo non indoeuropeo sposava donne di una tribù indoeuropea, queste insegnavano la loro lingua d'origine ai figli, facendola quindi prevalere. 

Va fatto notare che se si ammettesse questa teoria, oggi dovremmo avere in Europa una situazione linguistica di una complessità estrema, come quella degli aborigeni dell'Australia. Questo perché si sarebbe trattato di un processo imperfetto, in cui non si sarebbe giunti a una sostituzione completa delle lingue precedenti, ma alla produzione di un gran numero di lingue creole. Nel contesto australiano, in cui le dinamiche di espansione delle lingue tramite matrimoni hanno giocato davvero un ruolo fondamentale, le radici si sono rimescolate fino all'oscuraramento della loro origine. In uno scenario di questo tipo, ricostruire con accuratezza le protolingue sarebbe sostanzialmente impossibile.

Per capire meglio il concetto allego il link a un articolo di Ilia Peiros del Santa Fe Institute, in cui si parla di alcune lingue australiane che condividono parte del vocabolario. Tradizionalmente raggruppate in una famiglia chiamata Gunwinyguan, a un'analisi approfondita non si riesce assolutamente a capire se siano diversi output di una stessa protolingua o lingue non imparentate che hanno scambiato consistenti porzioni di lessico. 


Le lingue prese in considerazione sono le seguenti: Jawoyn, Mayali, Ngandi, Ngalakan e Rembarrnga. Sono stati fatti confronti tra diverse coppie di queste lingue.

1) Jawoyn e Mayali:
270 radici in comune.
Tra queste, 174
 sono radici monosillabiche, di cui circa 65 sono radici verbali.
96 sono invece radici bisillabiche, tra cui molti nomi relativi alla flora, alla fauna e a concetti culturali, facilmente presi a prestito.

2) Ngalakan e Ngandi:
218 radici monosillabiche, bisillabiche e trisillabiche. Le radici trisillabiche sono principalmente relative a flora, fauna e a concetti culturali, facilmente presi a prestito.

3) Jawoyn/Mayali e Ngalakan/Ngandi/ (Rembarrnga):  
67 radici in comune, di cui una quarantina monosillabiche e le altre bisillabiche, con l'unica eccezione di un
 trisillabo. 

4) Jawoyn/Mayali e Rembarrnga: 
11 radici in comune, monosillabiche con l'unica eccezione di un bisillabo.

5) Jawoyn/Mayali e Ngandi:
17 radici in comune. 

6) Jawoyn/Mayali e Nagalakan:  
26 r
adici in comune. 

7) Jawoyn e Ngandi/Ngalakan:  
19 radici in comune.

8) Jawoyn e Rembarrnga:  
Un'unica radice in comune, relativa al concetto di "mano; braccio"
.

9) Jawoyn e Ngandi: 
Due radici in comune.  

10) Jawoyn e Ngalakan: 
23 radici in comune. 

11) Mayali e Ngalakan/Ngandi/(Rembarrnga):
34 radici in comune. 

12) Mayali e Rembarrnga:
5 radici in comune.

13) Mayali e Ngandi:
13 radici in comune.

14) Mayali e Ngalakan:
13 radici in comune.
 

Non è possibile a partire da queste corrispondenze stabilire quali siano i reali rapporti tra le cinque lingue analizzate, e va notato che alcune delle radici catalogate da Peiros si trovano anche in altre lingue, il che rende la situazione ancor più aggrovigliata. 

Se la teoria di Vikernes non spiega la distribuzione e la natura delle lingue indoeuropee note, potrebbe in ogni caso essere di qualche aiuto per capire meglio come si è formata la protolingua indoeuropea, a monte di ogni processo di diffusione.