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martedì 27 settembre 2022

ETIMOLOGIA DI LANDFOGTO 'MAGISTRATO DISTRETTUALE'

Ricordo ancora nitidamente quando visitai il castello di Locarno in compagnia di amici. Accadde un fatto che ha dell'incredibile e che ancora oggi desta il mio stupore. C'era una camera con una scritta sopra l'architrave della porta d'ingresso. Incredulo, lessi questa scritta, chiarissima ai miei occhi: 

SALA DEI LINFOCITI 

Fui colpito da un intenso mal di testa e da un senso di grande confusione. Mi ci volle un po' per capire che il mio cervello mi stava ingannando. Non potendo in alcun modo darsi una spiegazione dei dati che gli giungevano dagli occhi, i neuroni increduli e le sinapsi sovraccariche hanno operato una distorsione percettiva che è culminata in un'autentica allucinazione. Il dato reale, oggettivo, è stato sostituito da un tentativo di interpretazione fallace. Una cosa atroce! Alla fine, con immensa fatica, sono riuscito a distinguere la scritta vera: 

SALA DEI LANDFOGTI 

Lì per lì mi sono chiesto che diamine di parola fosse mai quella che i miei occhi mi stavano mostrando, ma quasi subito sono riuscito a riconoscere un composto formato a partire dal tedesco Land "terra, terreno", "territorio". Il secondo membro del composto è mascherato da un'ortografia inconsueta ma non è poi così difficile da comprendere. Ho allora capito che era un prestito dal tedesco all'italiano incerto del Canton Ticino. Landfogto significa "magistrato distrettuale". Si pronuncia Lanfocto e spesso si scrive anche così. Ecco la trafila della seconda parte del composto:  

Latino classico: advōcātus "avvocato, attendente";
      "sostenitore", "mediatore", "aiutante", "difensore"  
  Latino medievale: (ad)vocatus 
  => Antico alto tedesco: fogat "balivo", "giudice", "avvocato",
           "patrono"
      Medio alto tedesco: voget "balivo, magistrato" 
           varianti: vogt, voit, woith, vougt 
      Tedesco moderno: Vogt "balivo, magistrato"
      Pronuncia: /fo:kt/ (standard); 
                           /fo:xt/ (Germania settentrionale e centrale; 
                           Franconia, Baviera settentrionale) 
      Declinazione: gen. Vogts, Vogtes; pl. Vögte  
      Derivati: Vogtei "protettorato; prefettura" 

Nel Canton Ticino i funzionari detti Landfogti operarono per ostacolare la diffusione della Riforma Protestante e per promuovere lo sviluppo economico (due obiettivi che fanno a pugni tra loro, si noterà). 
Vogt era il titolo usato in area tedesca per indicare chi gestiva un'avvocazia.  

Termini derivati: 

Olandese: (land-)voogd "governatore"
Danese: foged "ufficiale giudiziario"
Norvegese: fogd "ufficiale giudiziario"
Svedese: fogde "ufficiale giudiziario" 
Polacco: wójt "impiegato governativo"; "balivo,
     signore di un comune rurale"
Finlandese: vouti "balivo"
Lituano: vaitas "balivo" (desueto)
Rumeno: voit "balivo" (desueto) 

Sono numerosi i cognomi derivati dal tedesco Vogt, alcuni dei quali diffusi anche nell'area di lingua olandese. Lo stesso Vogt è comunissimo in Norvegia.  

Vogt 
de Vogt
 
van Vogt 
Vogd 
Vogdt 
Voet 
Voigt 
Voight 
Voit 
von Voit 
Voogd 
etc. 

Sicuramente ci saranno altre varianti ancora. Ecco che l'eventuale lettore potrà finalmente comprendere l'origine del bizzarro cognome dello scrittore di fantascienza Alfred Elton van Vogt (Gretna, 1912 - Los Angeles, 2000), come pure il nome del famosissimo test Voight-Kampff che compare nell'opera di Philip K. Dick (Chicago, 1928 - Santa Ana, 1982), Il cacciatore di androidi (Do Androids Dream of Electric Sheep?, 1968). Inoltre, Georg Voigt (Königsberg, 1827 - Lipsia, 1891) fu uno storico e umanista tedesco, che scrisse un'opera in tre volumi su Papa Pio II, al secolo Enea Silvio Bartolomeo Piccolomini. Se non vado errato, Dick era abbastanza fissato su questo pontefice. Riporto nel seguito un elenco di personaggi il cui cognome è formato a partire dal prestito latino in tedesco.  

VOGT  
Alfred Vogt (1879–1943), oftalmologo svizzero
Alois Vogt (1906–1988), Deputato Primo Ministro del Liechtenstein
Andreas Vogt (1880-1958), politico liechtensteinese 
Achim Vogt (1970, viv.), sciatore alpino liechtensteinese
Carina Vogt (1992, viv.), saltatrice con gli sci tedesca 
Carl Vogt (1817–1895), scienziato e filosofo tedesco 
Carl Vogt (1817-1895), filosofo e zoologo tedesco
Emil Vogt (1863-1936), architetto svizzero 
Erich Vogt (1929–2014), fisico canadese
Eskil Vogt (1974, viv.), sceneggiatore e regista norvegese 
Evon Z. Vogt (1918–2004), antropologo americano
François-Xavier Vogt (1870-1943), vescovo cattolico francese
Franz-Josef Vogt (1985, viv.), calciatore liechtensteinese
Fredrik Vogt (1892-1970), ingegnere norvegese
Gerhard Vogt (2003, viv.), calciatore tedesco 
Hans Vogt (1903–1986), linguista norvegese
Heinrich Vogt (1890-1968), astronomo tedesco
Heinrich Vogt (1875-1936), neurologo tedesco
Jakob Vogt (1902-1985), sollevatore tedesco
Jordan Vogt-Roberts (1984, viv.), regista, attore e sceneggiatore statunitense
Jørgen Herman Vogt (1784-1862), politico norvegese
Joseph Vogt (1895-1986), storico tedesco
Kevin Vogt (1991, viv.), calciatore tedesco
Lars Vogt (1970-2022), pianista tedesco 
Linda Vogt (1922–2013), flautista australiana
Lorenz Juhl Vogt (1828–1901), politico norvegese
Lothar Vogt (1952, viv.), scacchista tedesco
Luis Vogt (2002, viv.), sciatore alpino tedesco 
Marthe Louise Vogt (1903–2003), neuroscienziata tedesca
Mary E. Vogt (1950, viv.), costumista statunitense
Matthias Theodor Vogt (1959, viv.) storico e musicologo tedesco
Miriam Vogt (1967, viv.), sciatrice alpina tedesca 
Niels Nielsen Vogt (1798–1869), politico norvegese
Oliver Vogt (1980, viv.), cestista svizzero
Oskar Vogt (1870-1959), neurologo tedesco
Petra Kandarr, nata Vogt (1950-2017), atleta tedesca 
Ramona Vogt (..., viv.), fisico statunitense
Richard Vogt (1894-1979), ingegnere aeronautico tedesco 
Rochus Eugen Vogt (1929, viv.), fisico tedesco-americano 
Roland Vogt (1941–2018), politico tedesco
Roy Vogt (1934-1997), economista canadese e critico letterario 
Stephanie Vogt (1990, viv.), tennista liechtensteinese
Steven S. Vogt (1949, viv.), astronomo statunitense 
Svend Borchmann Hersleb Vogt (1852–1923), politico norvegese 
Thorolf Vogt (1888–1958), geologo norvegese 
Ulrich Andreas Vogt (1952, viv.), tenore tedesco e direttore di orchestra 
Von Ogden Vogt (1879-1964), teologo americano 
William Vogt (1902-1968), ornitologo americano e scrittore di problemi di popolazione globale

de VOGT 
Carl de Vogt (1885-1970), attore e cantante tedesco

VOGDT 
Eberhard Vogdt (1902-1964), cordaio estone,
Marion Vogdt (1956, viv.), politico tedesco 

VOGTS 
Berti Vogts (1946, viv.), calciatore e allenatore tedesco
Howard C. Vogts (1929-2010), allenatore di football americano 

VOET 
Alexander Voet il Vecchio (1608-1689), incisore ed editore fiammingo
Alexander Voet il Giovane (1637–1693/1705), incisore ed editore fiammingo
Gijsbert Voet (1589–1676), teologo olandese
Jacob Ferdinand Voet (circa 1639–1689/1700) ritrattista barocco fiammingo
Johann Eusebius Voet (1706–1788), medico, poeta, illustratore ed entomologo olandese
Johannes Voet (1647–1713), giurista olandese
Judith G. Voet (1941, viv.), biochimica americana e autrice di libri di testo
Willy Voet (1945, viv.), fisioterapista sportivo belga

VOIGT
Alexander Voigt (1978, viv.), calciatore tedesco
Angela Voigt (1951-2013), atleta tedesca
Brooke Voigt (1993, viv.), ex snowboarder canadese 
Cynthia Voigt (1942, viv.), autrice americana di libri per ragazzi 
Deborah Voigt (1960, viv.), soprano statunitense 
Edwin Edgar Voigt (1892–1977), vescovo metodista americano
Ellen Bryant Voigt (1943, viv.), poetessa tedesco-americana
Emil Voigt (1879–1946), ginnasta e multiplista statunitense
Emil Voigt (1883–1973), mezzofondista britannico 
Erika Voigt (1898–1952), attrice danese 
Eva-Maria Voigt (1921-2013), filologa tedesca
Frederick Augustus Voigt (1892–1957), giornalista inglese
Friedrich Siegmund Voigt (1781–1850), zoologo e botanico tedesco 
Georg Voigt (1827-1891), storico tedesco
Harry Voigt (1913-1986), velocista tedesco
Ian Voigt (..., viv.), tecnico del suono britannico 
Irma Voigt (1882–1953), Decano delle Donne all'Università dell'Ohio 
Jaap Voigt (1941, viv.), giocatore olandese di hockey
Jan Voigt (1928–1997), attore e ballerino norvegese 
Jens Voigt (1971, viv.), ciclista tedesco
Joachim Otto Voigt (1798-1843), botanico danese 
Johann Carl Wilhelm Voigt (1752-1821), geologo tedesco
Johannes Voigt (1786–1863), storico tedesco 
Margarete Voigt-Schweikert (1887–1957), compositrice tedesca e critico musicale 
Mario Voigt (1977, viv.), politico democristiano tedesco 
Noelia Voigt (1999, viv.), Miss USA 2023
Richard Voigt (floruit XX sec.), ciclista su strada tedesco
Teresa Fioroni-Voigt (1799-1880), pittrice italiana
Udo Voigt (1952, viv.), politico ultra-conservatore tedesco 
Vanessa Voigt (1997, viv.), biatleta tedesca
Wilhelm Voigt (1849–1922), criminale tedesco (il Capitano di Köpenick)
William "Will" Bryant Voigt (1976, viv.), allenatore di pallacanestro  statunitense
Woldemar Voigt (1850–1919), fisico tedesco
Woldemar Voigt (1907–1980), ingegnere tedesco 
Wolfgang "Gas" Voigt (1961), musicista tedesco 

VOIGHT 
Barry Voight (1937, viv.), geologo americano
Charles Voight (1887–1947), cartonista americano
Dutch Voight (1888–1986), gangster americano
Robert G. Voight (1921–2008), accademico americano
Jack Voight (1945, viv.), Tesoriere dello Stato del Wisconsin
Jonathan "Jon" Voight è un attore e produttore statunitense, nato a Yonkers, New York nel 1938. 
La famosa attrice Angelina Jolie è nata Angelina Jolie Voight  nel 1975 ed è proprio la figlia del sopracitato Jon Voight. Suo fratello James Haven è nato James Haven Voight nel 1973. 

VOIT 
Brigitte Voit (1963, viv.), professore di chimica 
Eszter Voit (1916-1990), ginnasta ungherese
G. Mark Voit (1961, viv.), fisico americano
Louis Linwood Voit III (1991, viv.), giocatore di baseball americano
Otto Emil Voit (1845–1906), soldato americano decorato 
Robert Voit (1889-1963), artista americano 

von VOIT 
Carl von Voit (1831-1908), fisiologo e dietista tedesco 
Richard Jakob August von Voit (1801-1870), architetto tedesco 

VOOGD 
Bob de Voogd (1988, viv.), giocatore olandese di hockey su prato
Floris de Voogd (circa 1228-1258), fratello e procuratore di Guglielmo II d'Olanda
Hendrik Voogd (1768–1839), pittore e incisore
Jan de Voogd (1924–2015), politico olandese

Abbiamo inoltre qualche altra ricorrenza interessante del termine: 

Herr Vogt è il titolo di una pubblicazione polemica pubblicata da Karl Marx;
Vogt è un comune del distretto governativo di Tubinga (Baden-Württemberg, Germania);  
Funker Vogt è un progetto tedesco di musica elettronica; 
4378 Voigt è un asteroide della fascia principale; 
L'Effetto Voigt è un fenomeno magneto-ottico; 
La Notazione di Voigt è un sistema di scrittura dei tensori.

giovedì 2 dicembre 2021

 
HO AMMAZZATO BERLUSCONI
(film grottesco)
 
Titolo originale: Ho ammazzato Berlusconi
AKA: Ops... Ho ammazzato Berlusconi
Lingua originale: Italiano
Paese di produzione: Italia
Anno: 2008
Durata: 88 min
Genere: Grottesco, drammatico, commedia 
Sottogenere: Commedia nera, fantapolitica, antiberlusconismo 
Regia: Gian Luca Rossi, Daniele Giometto
Soggetto: dal romanzo L'omicidio Berlusconi, di Andrea Salieri
Sceneggiatura: Gian Luca Rossi, Daniele Giometto
Produttore: Caterina Rogàni
Segretario di produzione: Laura Petruccelli
Casa di produzione: Collepardo film
Distribuzione in italiano: Collepardo film
Fotografia: Silvio Fraschetti
Montaggio: Valentina Mariani
Musiche: Bruno Ventura
Trucco: Michela Maucione 
Dialoghi: Bruno Ventura
Riregistrazione: Alberto Bernardi
Rumorista: Marco Ciorba 
Effetti sonori: Saverio Lancia, Paolo Pucci
Direttore della fotografia: Daniel Arvizu 
Musicista: Dario Vero
Supervisore musicale: Giovanni Marolla 
Interpreti e personaggi:
    Alberto Bognanni: Matteo
    Andrea Roncato: Gaetano
    Sabrina Paravicini: Livia
    Lello Arena: Infermiere all'obitorio
    Paolo Baroni: Cesare
    Aurelio Levante: Commissario Guidini 
    Riccardo Cavallo: Giuliano
    Jean-Pierre Duriez: Gianni
    Enea Tomei: Carabiniere
    Dario Biancone
Censura: 101300 del 11-12-2007
Budget: 600.000 euro 
Box office: 63.000 euro - 77.794 dollari US
Titoli in altre lingue: 
     Inglese: I killed Berlusconi 
     Romagnolo: Cajùsi... A-j-ò masâ Berlusconi 
  N.B. Non sembra che il film sia stato distribuito in lingue diverse dall'italiano. 
 
Trama: 
Silvio Berlusconi riesce a vincere le elezioni politiche del 2001. In un suggestivo borgo della Toscana vivono l'amorfo Matteo e Livia, una coppia di estrema sinistra. La bionda Livia è una convulsionaria che pensa soltanto all'impegno politico e sociale. Il povero Matteo, con i capelli rossicci e crespi, è un umile professore di matematica che subisce passivamente le sfuriate della moglie e il suo isterismo, nella speranza di poter ottenere un pompino o una sega ogni tanto. Speranza che si dilegua senza rimedio non appena la pasionaria viene a sapere che il marito alle ultime elezioni ha subdolamente votato per Forza Italia. Si scatena un litigio furibondo al cui termine Livia si allontana da casa nel cuore della notte, sbattendo la porta. Accade l'impensabile: proprio in quel  momento un velivolo precipita addosso alla donna, schiantandosi e uccidendola sul colpo. Matteo, sconvolto dalla morte della moglie, prende la macchina e si avvia alla cieca nel temporale. A un certo punto ha un incidente e si accorge di aver investito un uomo. Sceso dalla vettura per prestare soccorso alla vittima e per vedere se ci sono stati danni, gli sfugge di mano il cric, che sfonda il cranio dell'uomo disteso a terra, provocandone la morte istantanea. A questo si aggiunge un piccolo problema: da un'occhiata ai documenti risulta che l'uomo rimasto ucciso è proprio Silvio Berlusconi! Non sapendo cosa fare, preso dal panico assoluto, Matteo decide di occultare il cadavere. Non gli viene in mente idea migliore di seppellirlo in giardino, stando bene attento a non farsi scoprire da occhi indiscreti. Sconvolto dai sensi di colpa, decide di recarsi al comando di Polizia, autodenunciandosi. Nessuno gli crede, anche perché Berlusconi appare regolarmente in televisione e non è giunta alcuna segnalazione sulla sua scomparsa. Pochi giorni dopo Matteo viene rapito e portato in un ambiente lussuoso, davanti a tre esponenti berlusconiani: un anziano di nome Gianni, un anziano di nome Cesare e un individuo untuoso di nome Giuliano, con i capelli corvini un po' lunghi, la barba brizzolata e una corporatura notevole a stento sorretta dalle bretelle. Cesare rivela a Matteo una scomoda verità: l'uomo che appare in televisione non è Silvio Berlusconi, bensì un suo sosia ben istruito. Il vero Cavaliere è effettivamente stato ucciso dall'insegnante, a cui viene promessa un'ingente somma di denaro pur di ottenere il recupero della salma. L'offerta comprende anche un biglietto aereo di sola andata per Cuba. Matteo, che nel frattempo ha traslato il corpo di Berlusconi nel congelatore, confida l'accaduto all'amico Gaetano, a cui offre la metà del compenso che dovrà essergli versato dai politici. Il problema è che si tratta di una trappola fatale: giunti all'appuntamento per la consegna del feretro, i due sventurati finiscono tra le grinfie di pericolosissimi trafficanti di droga. I gangster intimano a Matteo di consegnare loro la cocaina, minacciando di uccidere di Gaetano. Va tutto in merda, anche perché la cocaina non c'è, così Gaetano finisce ucciso, mentre Matteo riesce a fuggire e a fare ritorno alla sua ordinaria vita di docente. I giorni passano e presto l'uomo comprende che il "caso Berlusconi" è stato dimenticato: nessuno nota cambiamenti, "nemmeno Emilio Fede se n'è accorto". Lo scomodo cadavere, ancora una volta sepolto in giardino, vi resterà. Nell'insegnante cresce la paranoia, che prende forma nel terrore di essere pedinato. Non potendo più reggere la pressione delle sue paure, Matteo finisce col barricarsi in casa assieme al suo cane, unica compagnia. Poi anche l'animale muore. Questo lutto causa un nuovo crollo mentale al protagonista, che scava una buca profonda nel terriccio molle vicino a un albero di arance, cresciuto sulla tomba di Berlusconi, rigoglioso per via dell'augusto concime di cui si era nutrito. Dopo aver parlato a lungo al morto, con cui ormai si identifica, Matteo affetta un'arancia raccolta dall'albero funebre, ne mangia qualche frammento, quindi si cala nella fossa e si ricopre da sé di terriccio. Pone così fine ai suoi giorni soffocando, dopo aver riconosciuto di essere moralmente colpevole della morte di Livia. 
 
Citazioni: 
 
"Gianni era ingessato, robotico, inespressivo. Cesare cominciò lui a parlare, cosa che in tribunale faceva assai di rado."
(Matteo) 

"Il potere si regge sul potere, non sulle persone. Se lo ricordi."
(Cesare)
 

Recensione:  
Una pellicola davvero bizzarrissima, forse unica nel suo genere. Potremmo considerarla una distopia dickiana non fantascientifica. Proprio come in un romanzo di Philip K. Dick, gioca un ruolo fondamentale l'alterazione delle realtà ad opera dei media, che procede fino a diventare completa dissoluzione di ogni possibilità di conoscenza e di giudizio. Il progressivo allontanamento del protagonista dalla realtà, la sua deriva schizoide, non può che condurre alla disgregazione dell'Essere. Il potere politico è qualcosa che sfugge a ogni analisi, a conti fatti la sua natura non può essere dedotta dalle apparenze con cui si manifesta, in quanto le persone che lo rappresentano sono simulacri, gusci vuoti a cui non corrisponde un'essenza propria, bensì un puro e semplice ruolo. A questo punto, il ruolo è autoconsistente. Non serve che dietro l'involucro delle apparenze esista davvero un individuo. Chi muove questo teatrino? Resterà sempre oscuro, inconoscibile. Peccato che queste riflessioni siano sorte nelle menti di pochi commentatori. 
Sotto gli occhi di tutti è lo scarsissimo successo di quest'opera, presentata il 13 agosto 2008 al Drake International Film Festival Caserta. Giancarlo Zappoli definisce Ho ammazzato Berlusconi "un film irrisolto che manca gli obiettivi", specificando che "non basta una buona idea per realizzare un film".   
Gian Luca Rossi è un regista non molto prolifico, a cui si devono in tutto quattro film, compreso questo. Due sono documentari: Mare carbone (2015) e Se ho vinto, se ho perso (2020). C'è poi il film drammatico Lontano in fondo agli occhi (2000). Non si riescono a reperire molte informazioni su questo materiale. La sola notizia biografica sembra essere questa: Rossi è nato ad Aosta nel 1973 (ha sette anni meno di me). Qualche volta il suo nome è scritto Gianluca anziché Gian Luca.
Daniele Giometto ha al suo attivo unicamente il film diretto assieme a Gian Luca Rossi. Nemmeno un cortometraggio, nulla di noto. Si trova in Rete soltanto un larvato abbozzo di biografia: Giometto è nato ad Aosta nel 1977 (ha undici anni meno di me).  

Lirismo assoluto 

Matteo, ormai identificatosi con lo spirito dell'illustre morto che nutre l'albero di arance, declama questo testo poetico:

Questa notte mi sono deciso. 
Ho scardinato la porta e sono sceso in giardino. 
Silvio nello scorgermi fu quasi stupito e cacciò un gridolino di gioia vegetale. 
Lui cresceva, cresceva... io invece mi ero fatto più piccolo e smagrito. 
La prossima primavera sarebbe stato alto più di un metro. 
Le foglie lo prefiguravano un poderoso arancio. 
Divenuto grande, avrebbe riempito i canestri di delizie zuccherine. 
Mi accomodai accanto a lui. 
Ci soffermammo a contemplare la rotta, e parlammo a lungo, ed arrivammo ad una conclusione. 
Se ancora c'era, se ancora era possibile un mondo, ovunque fosse, lo avremmo trovato insieme. 

Senza dubbio il componimento merita un posticino nella storia della Settima Arte!

 
L'omicidio Berlusconi
 
Non ho ancora avuto occasione di leggere L'omicidio Berlusconi, il libro di Andrea Salieri del 2003, pubblicato da Edizioni Clandestine (128 pagine; codice EAN: 9788865961261), di cui il film di Rossi-Giometto costituisce un adattamento a quanto pare abbastanza fedele. Questa è la descrizione (da www.ibs.it): 
 
"E se Berlusconi non fosse lui? Se il vero Berlusconi fosse stato ucciso la notte del 28 maggio 2001? Andrea Salieri offre in questo libro un diario ironico e graffiante di un omicida per caso, una critica spietata che non risparmia niente e nessuno, il manifesto bizzarro di un nuovo ideale di libertà, perché non esiste un mondo perfetto, ma ce n'è uno possibile." 

L'utente Filippo N. - W2M.it ne è entusiasta:

"Scritto con stile che oserei definire neo-sheakespeariano, il romanzo di Salieri è una continua sorpresa, una prova difficile per il lettore, che è costretto dall'autore a pensare, ragionare ogni singola frase, dietro cui scopre di volta in volta - e quasi sempre con un sorriso - una mente viva, affilata, sapiente, critica e satirica, come poco spesso, anzi molto raramente, accade di incrociare tra le pagine di un libro oggigiorno."

Un altro romanzo dal titolo simile, Chi ha ucciso Silvio Berlusconi, è stato scritto da Giuseppe Caruso e pubblicato dalla casa editrice Ponte delle Grazie nel 2005, con una nuova edizione della casa editrice TEA nel 2008. Quest'opera è più controversa di quella di Salieri, in quanto parla di un attentato a Berlusconi. Sembra tuttavia esistere una connessione: il protagonista, Ettore Saleri, ha il cognome molto simile a quello di Andrea Salieri. Sarebbe molto interessante per un antropologo scavare nell'immaginario collettivo di quegli anni convulsi, in cui l'aria era più irrespirabile dell'atmosfera di Venere! 

Il serpente nell'occhio 

Mi pare ottima l'interpretazione di Alberto Bognanni, che ha una mirabile peculiarità fisica: è quella che i Vichinghi chiamavano ormr í auga ossia il "serpente nell'occhio". Sullo sfondo dell'iride azzurrissima si nota ogni minimo movimento della pupilla, un abisso di nero assoluto  che si dilata e si contrae con estrema facilità. In occasione della presentazione del film, all'attore è stato assegnato il Premio Massimo Troisi come migliore attore protagonista. 
 
Tentativi di censura  
 
In sintesì andò così: fracassarono gli zebedei per ottenere il ritiro di questa commedia nera. Ci furono piagnistei e geremiadi. Secondo la versione più accreditata, alcuni esponenti di Forza Italia si misero a frignare come poppanti tolti alla tetta e dissero che il film di Rossi-Giometto era un perverso accanimento contro la persona di Silvio Berlusconi. A parte etichettare a ciclo continuo il Magnate di Arcore come un benefattore del genere umano, sempre innocente e sempre santo, non ci sono state in realtà obiezioni seriamente politiche a quest'opera satirica. Anche se ignoro chi a chi si debba l'iniziativa, a un certo punto fu imposta un'interiezione ops..., che trasformò il rude titolo originale Ho ammazzato Berlusconi in un meno traumatico Ops... Ho ammazzato Berlusconi, in cui la natura accidentale dell'uccisione viene subito affermata senza mezzi termini, proprio per neutralizzare ogni potenziale emulativo, istigatorio e apologetico insito nella fatidica frase. Questi potenziali perigliosi non sono in alcun modo contenuti nella trama, che semmai presenta Berlusconi in modo estremamente umano, fino al punto di ispirare compassione, empatia. 
 
Una censura più insidiosa
 
Lo swibble, pericolosissimo meccanismo di indottrinamento politically correct, avverte in modo paternalistico lo spettatore delle seguenti cose:

- Non è un film violento.
- Si vedono cadaveri diverse volte.  
- Si vede un cadavere colpito da una pallottola.
- Si capisce a colpo d'occhio che i cadaveri sono finti.
- Qualche bacio.
- Qualche volgarità.
- Largo uso di medicine.
- Il film diventa più triste verso la fine.
- Un cane muore di malnutrizione.
- Il protagonista tenta di suicidarsi coi farmaci.
- Alla fine del film, il protagonista si seppellisce vivo.


In poche parole, questa sarebbe una storia di cadaveri (non di paura). Il prodotto dello swibble è la cosiddetta "Parents Guide", un'insopportabile compressione delle libertà individuali!
 

 
Altre recensioni e reazioni nel Web  
 
In generale le recensioni reperibili nel Web sono poco entusiastiche. I topoi principali sono questi: 

1) Il film è moscio
2) I mezzi sono scarsi
3) Le idee sono tutte concentrate nel titolo
4) Andrea Roncato non ci azzecca (è il copro-tagonista) 

Possiamo dire per certo che Andrea Roncato è ben lontano dai tempi in cui interpretava Loris Batacchi, il "capoufficio pacchi" dotato di uno smisurato e tesissimo Priapo, sempre rubizzo per l'eccitazione! Dicamo che la sua parte ha un che di stonato. Si nota anche un Lello Arena amorfo, abbastanza rudimentale. Lo preferivo nei panni del glorioso Re Alboino! 

Ecco alcuni estratti dal sito Filmtv.it


L'utente Fanny Sally ha scritto:
"Dopo la caustica premessa il film si affloscia perdendo mordente satirico e demenziale e diventando un qualcosa di indefinito: accusa alla falsità della politica e della televisione? denuncia dello scadimento dei valori morali? ritratto di un depresso? Potrebbe essere tutte queste cose o nessuna, sta di fatto che non convince nella sua forte vena grottesca e neppure nei risvolti melodrammatici. Occasione sprecata."

L'utente Mulligan71 ha scritto:
"I primi cinque minuti sono anche carini e promettenti, poi il tutto crolla sotto una mediocrità senza fine: attori annoiati e noiosi, trama esile e fotografia da peggiore televisione. Addirittura, a tratti, mi sembrava di vedere il Bagaglino. E poi Andrea Roncato, ma dai, come si fa."

L'utente gene55 ha scritto:
"Nonostante mezzi senza dubbio scarsi e tutte le difficoltà del caso,il film dimostra un coraggio ed un'intelligenza a cui,sembra,non siamo molto nè abituati nè preparati...La storia è semplice semplice,il protagonista ha lo sguardo giusto ed alcune frecciate,colpiscono in pieno il bersaglio...80 minuti divertenti e pensierosi,anche se inverosimili,che difficilmente vedremo in tv o se ne parlerà da Vespa..." 
 
Ecco giusto un estratto dal sito Davinotti.com:  
 
 
L'utente Ryo ha scritto:
"È un film difficile da inquadrare: talvolta sembra una commedia classica, in alcune scene si raggiungono vette di nonsense puro, come se lo sviluppo stesso fosse uno strano sogno. In alcuni momenti è il grottesco a farla da padrone, con accompagnamenti musicali che non riescono a valorizzare il prodotto dando l'impressione di essere inseriti a caso. MEMORABILE: Berlusconi con la maglia del'Inter; L'auto-seppellimento." 
 
Molto interessante, ricca di spunti e niente affatto banale la recensione di Alessio Bosco apparsa su INDIE eye:
 

domenica 20 giugno 2021

 
 JOHNNY MNEMONIC
 
Titolo originale: Johnny Mnemonic
Paese di produzione: Stati Uniti d'America
Anno: 1995
Lingua: Inglese
Durata: 96 min
Genere: Fantascienza
Sottogenere: Cyberpunk, distopia
Regia: Robert Longo
Soggetto: William Gibson (dall'omonimo racconto)
Sceneggiatura: William Gibson
Produttore: Dan Carmody
Fotografia: François Protat
Montaggio: Ronald Sanders
Effetti speciali: Rory Cutler
Musiche: Brad Fiedel
Scenografia: Nilo Rodis-Jamero
Interpreti e personaggi:
    Keanu Reeves: Johnny Mnemonic
    Dina Meyer: Jane
    Ice-T: J-Bone
    Takeshi Kitano: Takahashi
    Dennis Akayama: Shinji
    Dolph Lundgren: Karl, il predicatore di strada
    Henry Rollins: Spider
    Barbara Sukowa: Anna Kalmann
    Udo Kier: Ralfi
    Tracy Tweed: Pretty
    Falconer Abraham: Yomamma
    Don Francks: Hooky
    Diego Chambers: Henson
    Sherry Miller: Segretaria di Takahashi 
    Gene Mack: Laslo
    Jamie Elman: Toad 
    Douglas O'Keeffe: Guardia della Pharmakom 
    Marlow Vella: Bambino LoTek
    Howard Szafer: Strike
    Paul Brogren: Stump
    Arthi Sambasivan: Infermiera
    Michael A. Miranda: Stick
    Coyote Shivers: Buddy
    Susan Tsagkaris: Cantante d'opera
    Christopher Comrie: Cronista della rivolta di Pechino
    Robin Crosby: Ragazza nella stanza d'albergo
    Lynne Adams: Yakuza col lanciarazzi
    Caitlin Carmody: Gemella nella hall
    Erin Carmody: Gemella nella hall
Doppiatori italiani
    Francesco Prando: Keanu Reeves
    Cristina Boraschi: Jane
    Nino Prester: J-Bone
    Dario Penne: Takahashi
    Sergio Di Stefano: Shinji
    Alessandro Rossi: Karl, il predicatore di strada
    Francesco Pannofino: Spider
    Vittoria Febbi: Anna Kalmann
    Antonio Sanna: Ralfi
    Stefanella Marrama: Pretty
    Enrico Pallini: Yomamma  
 
Trama: 
Anno del Signore 2021. La società è governata dalle multinazionali. Un Internet virtuale e 3D pervade in modo capillare ogni aspetto della vita. A causa della continua esposizione ai computer e alle loro radiazioni si è diffusa una malattia neurologica pandemica chiamata NAS, ossia "Nerve Attenuation Syndrome" ("Sindrome da attenuazione nervosa"). Johnny è un corriere mnemonico, che riesce a stoccare un'immensa quantità di dati nel cervello grazie a un innesto, anche a costo di perdere i suoi ricordi d'infanza per fare spazio. Questi dati innestati sono molto sensibili e di somma importanza per le multinazionali, quindi devono essere contrabbandati. Johnny ha un incarico da un gruppo di scienziati a Pechino e mostra qualche riluttanza quando scopre che i dati superano la sua capacità di memoria anche con la compressione. Riesce comunque a convincersi visto che la tariffa elevata sarà sufficiente a coprire il costo dell'operazione per rimuovere il dispositivo. Il corriere avverte che deve far estrarre i dati entro pochi giorni, altrimenti subirà danni permanenti che potrebbero anche causargli la morte. Gli scienziati crittografano i dati con tre immagini casuali tratte da un filmato televisivo e iniziano a inviare queste immagini al ricevitore a Newark, nel New Jersey. A questo punto vengono attaccati e uccisi da sicari della Yakuza, guidati dal terribile Shinji, che fa una strage prima che le immagini crittografate possano essere completamente trasmesse. Johnny scappa con una parte delle immagini ma viene inseguito sia dalla Yakuza che dalle forze di sicurezza della Pharmakom, una multinazionale farmaceutica gestita da Takahashi, a cui appartengono i dati trafugati. Johnny inizia ad assistere a brevi immagini della proiezione femminile di un'Intelligenza Artificiale che tenta di aiutarlo, ma lui è costretto a interrompere la comunicazione. A Newark, il corriere deve incontrare il suo boss Ralfi, che però gli fa il bidone, facendolo inoltrare nel territorio degli anarchici LoTek guidati da J-Bone. Nel frattempo Jane, una guardia del corpo potenziata dalla cibernetica, sorprende Ralfi in un locale mentre è intento a smaialare con due transex. Si scatena una rissa tremenda. Jane trova Johnny immobilizzato e lo salva: il suo boss stava lavorando con la Yakuza e voleva ottenere il dispositivo di archiviazione a qualunque costo. Shinji si irrita e fa a pezzi l'isterico Ralfi con un laser, mentre Jane porta il corriere in una clinica gestita da Spider, un benefattore dell'umanità che rivela di essere il destinatario dei dati degli scienziati di Pechino: quello che è nascosto in quel cranio è la cura della NAS sottratta alla Pharmakom. Spider afferma che la Pharmakom si rifiuta di rilasciare questa cura risolutiva poiché ottiene maggiori guadagni con rimedi palliativi. Sfortunatamente, anche la parte delle immagini di crittografia che Johnny ha preso non è sufficiente per decifrare i dati, e Spider suggerisce di vedere Jones alla base dei LoTeks. Proprio in quel momento arriva il gigantesco Karl, un biondo vichingo cristiano e fanatico che di mestiere fa sia il predicatore che il sicario. Lo aveva assunto Takahashi per portargli la testa di Johnny, da cui estrarre i dati. Spider viene crocifisso, torturato e ucciso da Karl, mentre Johnny e Jane riescono a fuggire. I due raggiungono la base LoTek e apprendono da J-Bone che Jones è un delfino un po' incrostato, usato una volta dalla Marina militare. Il cetaceo può aiutare a decifrare i dati nella mente di Johnny. Proprio mentre iniziano la procedura, Shinji e la Yakuza, Takahashi e il vichingo cristiano attaccano la base. Takahashi affronta Johnny ma viene ucciso da Shinji, che vuole i dati per sé. Johnny combatte Shinji e dopo una lotta estenuante riesce a decapitarlo. Takahashi moribondo ha un ripensamento e consegna una parte della chiave di crittografia a Johnny prima di morire, ma questo ancora non basta. J-Bone gli dice allora che dovrà hackerare la sua stessa mente con l'aiuto di Jones. Johnny, Jane, J Bone e i Lo Tek riescono a sconfiggere le restanti forze nemiche. Il brutale religioso Karl viene fulminato da un potentissimo flusso di raggi gamma durissimi e bruciato fino alle ossa cibernetiche. Inizia il secondo tentativo di recupero dei dati. Aiutato dall'intelligenza artificiale femminile, il corriere mnemonico riesce a scaricare il suo contenuto craniale e allo stesso tempo recuperare i perduti ricordi d'infanzia. L'intelligenza artificiale si rivela essere la versione virtuale della madre dello stesso Johnny, che era anche la fondatrice di Pharmakom, prima di ribellarsi all'azienda che tratteneva la cura. Mentre J-Bone trasmette le informazioni sulla cura del NAS attraverso Internet, Johnny e Jane guardano da lontano mentre il quartier generale di Pharmakom va in fiamme a causa della protesta pubblica. J-Bone per festeggiare si sbarazza anche del cadavere bruciato del vichingo cristiano facendolo gettare nelle acque lutulente del Miskatonic, il fiume che attraversa Newark. 
 

Recensione:  
Il film di Longo ha tratto la sua ispirazione da un racconto cyberpunk di William Gibson, Johnny Mnemonico (Johnny Mnemonic), uscito nel 1981 e candidato in quello stesso anno al Premio Nebula per il miglior racconto breve. Nel 1986 questo racconto è stato incluso nell'antologia gibsoniana La notte che bruciammo Chrome (Burning Chrome). In ogni caso, si deve notare che il film non è un semplice adattamento dell'opera di Gibson, che pure ha lavorato alla sceneggiatura: ne ricalca soltanto in parte la trama e introduce svariati elementi nuovi. Si ravvisa soprattutto una forte influenza del romanzo cyberpunk Luce virtuale (Virtual Light, 1993), dello stesso autore, che assieme ad Aidoru (1996) e American Acropolis (1999) forma la Trilogia del Ponte. Questa trilogia non mi piace granché e presenta molteplici contraddizioni. In pratica sono stati compiuti innesti di Virtual Light in Burning Chrome. Secondo quanto affermato dallo stesso Gibson, il film è stato rieditato dai produttori per renderlo più "mainstream", posto che questa parola abbia ancora un senso. Si dice che l'uscita giapponese sia più vicina alla visione originale del regista e dello sceneggiatore, ma non sono riuscito a visionarla. L'ambientazione è perennemente notturna, come se il mondo intero non conoscesse più la luce del sole. Non mancano tuttavia precedenti, basti pensare alla tenebrosa Gotham City, il teatro delle gesta di Batman, in cui non si è mai vista un'alba da secoli. Credo che lo si possa definire un capolavoro assoluto e lo riguardo sempre volentieri.
 
 
Ralfi smaiala! 
 
Nell'ecosistema criminale in cui imperversa la Yakuza, Ralfi è un pesce piccolo che vegeta nel sottobosco. Oltre che di contrabbando di dati, si occupa dell'ingaggio di guardie del corpo e ha una netta predilezione per le transessuali. Fa una battaglia di lingue con la bionda Pretty, che è già in erezione, pronta a inginocchiarsi per continuare a leccare, mentre l'afroamericana Yomamma preferisce mettersi a pecora per ricevere il fallo nel budello. Le due shemale scherniscono Jane facendo esplicita menzione delle loro attività preferite. Ecco la conversazione: 
 
Ralfi (rivolto a Jane): "Hai mai consideratà un'attività fisica... un po' violenta?" 
Yomamma: "Come quella che si fa sulla schiena..." 
Pretty (facendo la linguetta): "O sulle ginocchia!" 
 
Questi dettagli sono passati inosservati, a quanto pare gli spettatori non hanno nemmeno intuito la presenza del cazzone tra le gambe di queste scherane.
 
 
Occhi divini! 
 
Memorabile è lo sguardo da folle di Jane, interpretata magistralmente da Dina Meyer. Avrei voluto incontrarla io una donna che mi guardasse in quel modo, con quegli occhi spiritati! Piena zeppa di adrenalina e sensualissima: non si potrebbe desiderare di meglio. Combatte contro due guardie del corpo transessuali che la bullizzano. Una di queste shemale, l'afroamericana Yomamma, finisce sgozzata con un rapidissimo colpo di stiletto e ha soltanto il tempo di esalare l'ultimo insulto: "Brutta puttana!" L'altra, la bionda Pretty, riesce invece a sottrarsi alla morte, pur finendo massacrata a pugni e a calci. Al giorno d'oggi questo film non potrebbe più essere girato: sarebbe considerato omofobo e trànsfobo.
 

Il vichingo cristiano 
 
Karl, chiamato semplicemente "spazzatura" dagli Anarchici LoTek, è quanto nel XXI secolo di Gibson si avvicina di più al Re Olaf II di Norvegia. Rido degli idioti decostruzionisti che si affannano a ritenere il sovrano norvegese come un "democratico fautore della tolleranza religiosa" e a descrivere i Vichinghi come "nani scuri di pelle coi capelli corvini e crespi" o "simili ai Mandingo". Notiamo le pose grottesche e teatrali di Karl, che fa ridicoli gesti religiosi con le dita, facendo danzare un pugnale sagomato come un crocefisso. Il suo linguaggio è pieno di kenningar molto significative: "far tornare a Gesù" significa "uccidere". Quando il visore di un LoTek inquadra il vichingo cristiano, compare questa sintetica descrizione: 
 
RADICAL HUMAN
MODIFICATION
CYBER-ENHANCED
MUSCULAR STRUCTURE
 
 
FULL CUSTOM
BIOMECHANICS
EXERCISE
EXTREME CAUTION
 
J-Bone: "A quel figlio di puttana non gli è rimasto nemmeno un osso naturale nel corpo." 
Toad: "E davvero un predicatore?"
J-Bone: "Predicatore? Quel gran bastardo ha preso Dio e tecnologia per il verso sbagliato. Farebbe fuori chiunque per pagarsi gli impianti che ha nel corpo." 
Toad: "Vuoi che lo segua?"
J-Bone: "No, staglio lontano. È pericoloso." 
 
Nel finale allo spettatore viene un brivido: sembra che lo scheletro biomeccanico del redivivo Olaf II, morto bruciato dai raggi gamma durissimi, cominci a muoversi e a rianimarsi! Uno zombie cristiano! Per fortuna il brivido dura poco: il movimento delle ossa metalliche è dovuto al gancio di un paranco, con cui la carcassa del fanatico viene issata e scaraventata nei tristi flutti del Miskatonic. 
 
 
Gli affascinanti paradossi dell'Anarchia 
 
I LoTek traggono il loro nome dalla locuzione Low Technology, ossia "bassa tecnologia", perché si oppongono alla riduzione dell'essere umano a una macchina. Sono luddisti irriducibili e sono nemici giurati di ogni forma di autorità. Eppure sono costretti a utilizzare la tecnologia per combattere contro l'establishment. Questa è la base del loro paradosso intrinseco, definitorio. Vagano tra le macerie per sfuggire al controllo delle classi dominanti e hanno il loro rifugio inespugnabile nel Ponte. Utilizzano meccanismi per fare incursioni nelle trasmissioni televisive, cercando di risvegliare la gente obnibilata con messaggi traumatici. Dipendono in tutto e per tutto da un delfino rifatto da molteplici innesti di piastre e di meccanismi, che di biologico conserva ben poco. Per portare avanti la loro guerra sono costretti ad avere una struttura gerarchica. J-Bone dà ordini e i suoi sottoposti li eseguono. J-Bone e Spider sono capi. Toad è uno sfigato che non ha voce in capitolo. Questo contraddice in modo radicale il presupposto dell'Anarchia. Ricordo ancora quando un amico, C., mi parlava degli Anarchici, dicendomi che in gioventù aveva frequentato il Circolo del Ponte della Ghisolfa. Gli chiesi come potessero prendere delle decisioni in quel contesto, dato che un anarchico non dovrebbe riconoscere autorità alcuna senza venir meno ai suoi princìpi. C. mi rispose che il costume era quello di ricorrere alla votazione tramite un'assemblea. La cosa mi parve incredibilmente grottesca e lasciai cadere l'argomento. Tanto non si cavava un ragno dal buco. Bizzarra è comunque la coincidenza tra la denominazione della comunità anarchica milanese, il Ponte, e la creazione di Gibson.      
 

Archeofuturo e incongruenze

Quando correva il 1995, il 2021 sembrava un futuro lontanissimo. Innumerevoli casi dimostrano come sia insidioso ambientare storie in un tempo che dista dal proprio soltanto pochi decenni. Si corre il rischio di costruire uno pseudo-futuro grottesco, con una tecnologia troppo progredita per certi aspetti e incredibilmente arretrata per altri. Ci limitiamo a fare alcuni esempi. A un certo punto Johnny prende un Concorde per Newark, nel New Jersey, proprio dove abitava Portnoy, l'enfant terrible che costringeva le donne puritane a succhiarglielo e faceva mangiare il suo sperma alla madre nascondendolo tra le bistecche. Nel mondo reale, i Concordes sono stati ritirati nel 2003. Notiamo immediatamente altre incoerenze spaventose, stridenti. I teleschermi funzionano con il telecomando, in un mondo dotato di cielo televisivo e pullulante di visori immersivi per la realtà virtuale 3D. Ci aspetteremmo che personaggi che hanno congegni installati nel cervello fossero capaci di accendere e di spegnere un teleschermo servendosi del pensiero o di un semplice gesto. Poi ci sono ancora i fax come normale mezzo di trasmissione dei dati (esempio: "Mando il fax a Newark"). Ebbene sì, tiro fuori per l'ennesima volta il fatto che in Neuromante si usano ancora i telefoni a gettoni. Il prete-sicario Karl usa un videotelefono, ma non è uno smartphone. Non esiste il concetto di smartphone come computer portatile. Non è stata prevista la civiltà dello smartphone. Certo, i visori 3D immersivi esistono anche nella nostra realtà, ma sono ancora poco diffusi, non sono certo il modo usuale di connettersi al Web. Il nostro Web è ancora bidimensionale, si fonda sul principio della pagina che viene sfogliata dal browser. Quando Johnny si connette a un terminale, indossando il visore 3D, mima la presenza di una tastiera inesistente, facendo gesti nel vuoto come se stesse premendo tasti. Siamo ancora lontani da questo livello tecnologico, sempre ammesso che sia proprio questa la tendenza verso cui ci stiamo dirigendo. Nel Web 3D gibsoniano non esiste praticamente socialità. Non troviamo nulla di anche remotamente simile a un blog o a un social: gli sviluppi della Rete Sociale non sono stati previsti da Gibson. Per quanto riguarda i congegni installati nel cervello, siamo ancora ai primi passi, con esperimenti fallimentari portati avanti da Elon Musk, uno stravagante magnate che ha le immense disponibilità finanziarie per mettere in atto i propri deliranti desiderata. Anche l'evoluzione dell'universo criminale nella pellicola non somiglia a quella del nostro corso storico. Mafia e Triadi sono state assorbite dalla Yakuza, che domina il pianeta. Un processo accelerato e forse semplicistico, che non tiene conto della complessità estrema e dell'intrinseca entropia tumorale di queste realtà.    
 

 
Contenuti profetici 
 
Il lavoro di Gibson e di Longo mostra tutta la sua potenza profetica negli sviluppi dell'industria farmaceutica, non nella descrizione dei gingilli tecnologici. Quando i produttori di farmaci hanno come sola legge il profitto, si arriva a paradossi le cui ricadute sono estremamente nocive per l'intero genere umano. Può sembrare banale ma non è affatto così. Facciamo un semplice esempio che mi riguarda molto da vicino. Sarebbe possibile guarire dal diabete II con un intervento agevole e privo di complicanze, asportando un'esigua quantità di grasso presente all'interno del pancreas, causa primaria della spiacevole disfunzione. Ovviamente questa terapia risolutiva spiace all'industria farmaceutica: se fosse possibile guarire dal diabete II, crollerebbe tutta la produzione di farmaci per la sua difficile terapia, oltre a tutto l'indotto di aggeggi (aghi, pungidito, strisce reattive, etc.). Continuare a curare il diabete II è molto più redditizio che eliminarlo una volta per tutte. Così, avendo bisogno di insulina e di altri medicamenti, sono condannato a rimanere uno schiavo vita natural durante, condannato a una morte atroce se mi venissero a mancare le cure necessarie. Per uno come me che si ribella alla dieta e che si ingozza di panettone a colazione, ce ne sono decine che in preda al terrore si costringono a una dieta da Auschwitz, finendo col ridursi a scheletri. Chi paga per tutto questo dolore?  
 
 
Il mito del fantasma nella macchina  

Uno dei cardini del Cyberpunk e più in generale del Transumanismo, è senza dubbio il mind uploading, ossia il caricamento su computer dell'autocoscienza di una persona morta. La fede nella realizzabilità pratica del mind uploading nasce dall'idea che il cervello umano funzioni esattamente come un elaboratore elettronico. A sua volta, Gibson aveva uno strano concetto che lo portava a considerare come organismi biologici, funzionanti per mezzo di organi simili a quelli del corpo umano. Da tutti questi equivoci si è formato il singolare modo di vedere la realtà proprio degli scrittori di questo peculiare sottogenere della fantascienza. Così ebbe a dire in un'occasione il padre del Cyberpunk: "In realtà sono stato in grado di scrivere Neuromante perché non sapevo nulla di computer... non sapevo letteralmente nulla. Quello che ho fatto è stato decostruire la poetica del linguaggio di persone che già lavoravano sul campo. Stavo nel bar dell'hotel alla convention di fantascienza di Seattle ad ascoltare questi ragazzi che sono stati i primi programmatori di computer che abbia mai visto parlare del loro lavoro. Non avevo idea di cosa stessero parlando, ma quella era la prima volta che sentivo la parola “interfaccia” usata come verbo. E sono svenuto. Wow, questo è un verbo. Seriamente, poeticamente è stato meraviglioso." (Gibson, 2020). In un'altra intervista, che purtroppo non sono più in grado di reperire, lo stesso autore dichiarava di essere rimasto molto perplesso quando ha potuto osservare l'interno di un computer. Fino a quel momento aveva creduto che anche i computer avessero qualcosa di corrispondente al fegato, al cuore e al pancreas. La sua delusione è stata immensa. Abbiamo così chiarito l'idea che tra l'organismo biologico e la macchina possa esistere una prosecuzione, una compatibilità assoluta, tale da poter permettere all'autocoscienza di trasmigrare dal suo supporto naturale a un processore artificiale.     
 
  
Curiosità 
 
Robert Longo e William Gibson originariamente intendevano realizzare un film d'autore con un budget limitato, ma non sono riusciti a ottenere finanziamenti necessari. In seguito Longo avrebbe commentato che il progetto "è iniziato come un film d'autore da 1,5 milioni di dollari, ed è diventato un film da 30 milioni di dollari, perché non siamo riusciti a ottenere <solo> un milione e mezzo".  

Il personaggio Molly Millions, dalla storia originale, è stato cambiato in Jane per il film. Sono personaggi molto simili, tranne per il fatto che Molly aveva lame di rasoio retrattili sotto le unghie e una vista aumentata. Si ritiene che il cambiamento sia dovuto al fatto che il personaggio di "Molly" è stato annesso ai diritti per qualsiasi possibile futuro adattamento cinematografico di Neuromante.
 
Durante la scena nella stanza sul retro del Crazy Bob's Computer Store, sembra che Johnny chieda un "iPhone", dodici anni prima che fosse lanciato. Certo, sarebbe bello poter credere che lo sceneggiatore abbia inventato la parola, diventata poi il nome di un onnipresente pezzo di tecnologia dell'informazione. In realtà le cose non stanno così. Johnny chiede un "Eyephone", una rudimentale interfaccia montata su testa e progettata da Jaron Lanier. Infatti chiama il congegno "Thomson Eyephone", con riferimento al fatto che il brevetto di Lanier è stato acquistato da Thomson Electronics. La pronuncia di iPhone e di Eyephone è identica: /'aɪfoʊn/. Nonostante questo, né Gibson né Longo sono stati in grado di prevedere gli sviluppi della telefonia mobile. Un articolo di fede della narrativa cyberpunk è la facilità di innestare impianti nel cervello delle persone, mentre un semplice smartphone rimane inconcepibile.   

La diffusione illimitata di Internet nei primi anni '90, e la conseguente rapida crescita della cultura dell'alta tecnologia, avevano reso il cyberpunk sempre più rilevante: questa è stata una motivazione primaria per la decisione della Sony Pictures di finanziare il progetto con decine di milioni. La Sony si è resa presto conto del potenziale per raggiungere il proprio target demografico attraverso il marketing su Internet e la sua nuova divisione tecnologica ha promosso il film con una caccia al tesoro online che offre 20.000 dollari US in premi. Un dirigente è stato citato per aver osservato: "Vediamo Internet come un passaparola turbo. Invece di una persona che dice a un'altra persona che sta accadendo qualcosa di buono, è una persona che lo dice a milioni!" Il sito web del film ha facilitato un'ulteriore promozione incrociata vendendo prodotti Johnny Mnemonic emessi da Sony Signatures, come una maglietta "Hack your own brain" e tazze di caffè Pharmakom. Gibson è stato schierato per rispondere alle domande sul videogioco dei fan online. Il romanziere, abitualmente solitario, nonostante abbia creato nel cyberspazio una delle metafore centrali dell'era di Internet, non era mai stato personalmente su Internet. 0Ha paragonato l'esperienza a "fare una doccia con l'impermeabile addosso" e a "cercare di fare filosofia in codice Morse". La sua tecnofobia è sorprendente. 

Nel 2021, Robert Longo ha creato una nuova versione del film, interamente in bianco e nero. Come ha detto a Screen Slate, "Quando ho visto la prima versione del film in bianco e nero, ero così felice. Era molto più vicino a quello che immaginavo che fosse, di sicuro. Sapevo che trasformarlo in nero- e-bianco lo avvicinerebbe a come l'avevo immaginato fin dall'inizio.Nel mio lavoro, mi ispiro a film come Agente Lemmy Caution: Missione Alphaville (1965), La jetée (1962), cose del genere. I film in bianco e nero non sono realmente in bianco e nero. Sono un po' grigi. Il contrasto è davvero aumentato ora (in questo montaggio), quindi è molto in bianco e nero". 

Circa al minuto 44 della pellicola, il vichingo cristiano Karl usa un videotelefono nascosto in un libro. Piuttosto che una Bibbia latina, sembra essere incastonato nelle pagine 103-104 del "Venerabilis Caesaris Baronii SRE Cardinalis Bibliothecarii Epistolae Et Opuscula Pleraqve Nunc Primum Ex Archetipis In Lucem Eruta", una raccolta di opere latine del Venerabile Cesare Baronio (1538 -1607), cardinale e storico cattolico italiano. I passaggi di queste pagine recano un testo elogiativo dell'imperatore del Sacro Romano Impero Rodolfo II (1552-1612). Sebbene entrambi i personaggi siano interessanti, il libro e il passaggio non hanno alcuna relazione significativa con il film, quindi molto probabilmente sono stati scelti solo per via del loro aspetto cristiano. 

Altre recensioni e reazioni nel Web

Segnalo la dottissima recensione dell'amico Giovanni "X" De Matteo, Johnny Mnemonic: se vi pare che questo 2021 sia brutto, pubblicata sul sito Quaderni d'altri tempi. Il titolo rimanda a una raccolta di Philip K. Dick, Se vi pare che questo mondo sia brutto (The Shifting Realities of Philip K. Dick, 1995). Il citazionismo estremo ha sempre impreziosito i trattati di Giovanni "X". Non potrei mai stare al suo pari in quanto a conoscenze letterarie e cinematografiche. Questo è il link: