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venerdì 16 luglio 2021

ORIGINI LONGOBARDE DELLA GORGIA TOSCANA

Nel mio incessante peregrinare per gli antri del labirintico Web, mi sono imbattuto in un post sulla gorgia toscana, pubblicato sul sito Toscana Stato, aka Centro Studi Indipendentisti Toscani (motto: La Toscana non è Italia). Questo è il link:
 
 
Riporto le conclusioni del post, senza mutare nulla, nemmeno l'orrido uso della punteggiatura:

"Capire quale sia l’origine esatta della gorgia è compito estremamente arduo anche per i filologi più esperti . Possiamo dire però con buon grado di certezza che sicuramente non è un fenomeno di origine etrusca , anche se rimane una ipotesi altamente attrattiva ed affascinante per chiunque."

"E’ assai più logico , anche se purtroppo più prosaico , ipotizzare che la gorgia sia un fenomeno autoctono fiorentino , probabilmente nato in “reazione” alla sonorizzazione settentrionale, e che si è successivamente diffuso al resto della Toscana in seguito alla dominanza e al prestigio della città ." 
 
"L’ipotesi dell’origine germanica della gorgia rimane ancora poco suffragata di prove e rimane debole al pari dell’ipotesi “etrusca” , anche se ulteriori studi sarebbero auspicabili."
 
Questo è il commento che ho aggiunto al post: 

Buongiorno. Sono impegnato nella ricostruzione della lingua longobarda e in un tentativo di rivitalizzazione. Ho le prove dell'origine longobarda della gorgia toscana, che esporrò in dettaglio nel mio blog, http://perpendiculum.iobloggo.com. Il punto è questo: in qualche luogo abbastanza isolato una minoranza longobarda mantenne a lungo la sua lingua germanica con una rotazione consonantica estrema e perse del tutto le sonore /b/, /d/, /g/, desonorizzandole e spesso aspirandole. Poi adottò il romanzo locale, che possedeva /b/, /d/, /g/, oltre ad altri suoni. Si creò quindi una parlata nuova e dotata di gorgia. Poi questa si espanse nel corso dei secoli. Forse Dante poté morire senza saperne nulla. Quando la pronuncia di origine longobarda si diffuse, fu ritenuta un malcostume e fu tentata la sua eradicazione.
Si noterà che in etrusco le occlusive sorde erano fonemi diversi dalle aspirate, mantenendo capacità di contrasto in molti contesti fonetici, con buona pace di Pallottino. Data la singolare fonotattica della lingua, l'eliminazione di questa opposizione avrebbe prodotto gravi fraintendimenti.
Un saluto
Marco 

All'epoca il mio blog era ancora ospitato sulla fatiscente piattaforma Iobloggo, che nel frattempo si è estinta. Purtroppo il commento da me apposto sul sito del Centro Studi Indipententisti Toscani non è stato minimamente considerato. Non ha ricevuto alcun feedback, anche se a mio avviso il problema sollevato potrebbe essere degno di nota. In quanto a proclami, sono tutti bravi. Poi, se si tratta di indagare una questione importante, nessuno si impegna. Tante supposizioni, tutte superficiali. 
 
Mia intenzione è quella di fornire con questo mio minuscolo trattatello un tentativo di ricostruzione delle fasi di formazione della gorgia toscana. Credo che oltre alle tante chiacchiere fatte sull'origine etrusca o germanica di questo interessantissimo fenomeno, non sia mai stato tentato nulla di simile. C'è chi crede che la fonetica degli antroponimi longobardi toscani fosse dovuta alla gorgia della lingua romanza, cosa assurda anche solo a pensarsi. In realtà è tutto l'opposto: è la gorgia della lingua romanza che ha tutta l'aria di essere nata in qualche modo dalla fonetica della lingua dei Longobardi.
 
Fase I 
Livellamento tra antiche occlusive sonore e occlusive sorde in tardo longobardo toscano 

Si è completato un processo già in atto durante il Regno Longobardo e continuato anche in seguito, come documentato da numerosi antroponimi. Noi assumiamo che questo sia avvenuto in modo pervasivo in qualche comunità abitante in una zona sufficientemente impervia, in cui la lingua ha continuato ad essere in uso ancora in epoca molto bassa, successiva alla caduta del Regno, forse collocabile nel X-XI secolo. 
 
Questo è il prospetto dei mutamenti: 

/b/, /p/ > /pʰ/
/d/, /t/ > /tʰ/ (in sillaba finale anche /ts/, /s/)
/g/, /k/ > /kʰ/ 
 
/sp/ rimane /sp/
/st/ rimane /st/
/sk/ rimane /sk/  
 
Questi sono alcuni esempi, deducibili dal ricchissimo materiale antroponimico e da altre testimonianze (termini legali, etc.):  

GAIDA "punta di lancia" > CATA /'kʰa:tʰa/ 
GAIR "giavellotto" > CAR /kʰa:r/ 
GAND "demone" > CANT /kʰantʰ/ 
GAST "ospite" > CAST /kʰast/ 
GODES "di Dio" > COTES /'kʰɔtʰes/  
GUND "battaglia" > CUNT /kʰuntʰ/ 
LAIB "eredità", "erede" > LAP /la:pʰ/
LEUB "caro" > LEOP /leopʰ/ 
LIUT "popolo" > LIT /li:tʰ/, LIS /li:s
PLOD "sangue" > PLOT /pʰlo:tʰ/, PLOTZ /pʰlo:ts/ 
ROD "fama" > ROT /ro:tʰ/ 
THEUDA /'θeuda/ "popolo" > TEUS /tʰeus/
 
Persino il fonema /gw/ sviluppato dall'antico /w/ si è evoluto in /kw/, come documentato in alcuni antroponimi tardi, in attestazioni che sono spesso successive alla caduta del Regno dei Longobardi. Ecco alcuni esempi, tratti da Bruckner (1895): 
 
QUALDIPERTUS (anno 850) : WALDIPERTUS (anno 848), 
        GUALDIPERTUS (anno 765)
QUARNIPERTUS (anno 824) : UUARNEPERTUS (anno 885), 
        WARNIPERTUS (anno 823)
QUASCO (anno 848) : GUASCO, WASCO   
QUASPERT (anno 764) : GUASPERTUS (anno 812) 
QUESTO (anno 873) "Occidentale"  

Poniamo così che l'approssimante /w/, evoluta in /gw/ e in /kw/ in longobardo, sia poi divenuta /kʰw/ in tardo longobardo toscano:  

GUALD "bosco" > QUALT /kʰwaltʰ/ 
GUALDEMAN "intendente forestale" > QUALTEMAN 
     /kʰwaltʰeman/ 
GUARN "cauto" > QUARN /kʰwarn/ 
GUASCO "Basco" > QUASCO /kʰwasko/ 
GUEST "Occidente" > QUEST /kʰwɛst/ 

Completati questi mutamenti, non rimane nel tardo longobardo toscano alcuna traccia di consonanti occlusive sonore /b/, /d/ e /g/.  

Fase II 
Adozione della lingua romanza 
 
Si instaura il bilinguismo. Supponiamo che la lingua romanza adottata avesse già i caratteri dell'antico toscano. Per un certo periodo, il longobardo deve essere stato usato come memoria storica. La legge fonetica che ha reso sorde le occlusive sonore longobarde si è esaurita da tempo e non intacca le parole romanze. Non trasforma cioè il gallo in un callo
Prima conseguenza: le consonanti occlusive sorde /p/, /t/, /k/ del romanzo vengono adottate dai parlanti del tardo longobardo toscano come occlusive aspirate [pʰ], [tʰ], [kʰ].

pera /'pera/ > ['pʰera]
talpa /'talpa/ > ['tʰalpʰa]
toro /'toro/ > ['tʰɔro]
callo /'kallo/ > ['khallo] 
cane /'kane/ > ['khane] 
casa /'kasa/ > ['kʰasa]
corno /'korno/ > ['kʰɔrno]

Seconda conseguenza: le consonanti occlusive sonore /b/, /d/, /g/, che sono suoni nuovi (assenti nella lingua avita), vengono adottati tali e quali dai parlanti del tardo longobardo toscano.
 
bene /'bɛne/ > ['bɛne]
botte /'botte/ > ['bottʰe]
dente /'dɛnte/ > ['dɛntʰe] 
duro /'duro/ > ['duro]
gallo /'gallo/ > ['gallo]
grande /'grande/ > ['grande]
 
Anche la consonante fricativa interlabiale /v/ è un suono nuovo (assente nella lingua avita) e viene adottata tale e quale dai parlanti del tardo longobardo toscano.

vento /'vɛnto/ > ['vɛntʰo]
vero /'vero/ > ['vero]
vino /'vino/ > ['vino]

Fase III 
Decadenza e scomparsa del tardo longobardo toscano 
 
La lingua romanza viene a prevalere e la lingua avita di questa cominità si estingue fino ad essere completamente dimenticata. Resta una lingua romanza toscana che presenta consonanti occlusive aspirate [pʰ], [tʰ], [kʰ]
 
una casa [una 'kʰasa]
un cane [un 'kʰane] 
a ccasa [a k'kʰasa]
du' cani [du 'kʰani]
tre ccani [tre k'kʰani]
 
Fase IV  
Diffusione di questa parlata aspirata in territori sempre più estesi della Toscana 
 
Possiamo supporre che la diffusione della pronuncia aspirata delle consonanti sorde sia cominciata in un'epoca verosimilmente successiva a quella in cui visse Dante Alighieri (che non notò il fenomeno pur avendo competenze linguistiche notevoli per i suoi tempi). In ogni caso, non esistendo un'opposizione fonemica tra consonanti occlusive sorde aspirate e consonanti occlusive sorde non aspirate, è anche possibile che questo modo peculiare di articolare il toscano sia passato inosservato per lungo tempo. 

Fase V  
Evoluzione delle consonanti occlusive aspirate in fricative in posizione intervocalica anche sintattica 
 
Primo passaggio: le consonanti occlusive aspirate, quando si trovano in posizione intervocalica anche sintattica, evolvono in affricate. Così /pʰ/ diventa /pφ/; /tʰ/ diventa /tθ/; /kʰ/ diventa /kχ/.  
 
una casa [una 'kχasa]
un cane [un 'kʰane] 
a ccasa [a k'kʰasa]
du' cani [du 'kχani]
tre ccani [tre k'kʰani]
 
Secondo passaggio: le consonanti affricate evolvono in fricative. Così /pφ/ diventa /φ/; /tθ/ diventa /θ/; /kχ/ diventa prima /χ/ e quindi si affievolisce in /h/
Credo che sia molto importante notare che questa evoluzione non si applica in caso di raddoppiamento sintattico. 
 
 
una casa [una 'χasa]
un cane [un 'kʰane] 
a ccasa [a k'kʰasa]
du' cani [du 'χani]
tre ccani [tre k'kʰani] 

Ecco infine le forme moderne, proprio quelle che ci eravamo proposti di spiegare nel dettaglio:
 
una casa [una 'hasa] (gorgia)
un cane [un 'kʰane] (aspirazione)
a casa [a k'kʰasa] (aspirazione)
du' ccani [du 'hani] (gorgia)
tre ccani [tre k'kʰani] (aspirazione) 

Un processo simile ha colpito a questo punto anche le consonanti occlusive sonore /b/, /d/, /g/ intervocaliche, dando origine a fricative [β], [ð], [γ]. Inoltre le consonanti postalveolari /tʃ/ e /dʒ/ (assenti in longobardo) si sono rilassate in [s] e [ʒ]
 
libero ['liβero]
lago ['laγo] 
lodare [lo'ðare]
dice ['diʃe] 
facile ['faʃile]
fragile ['fraʒile] 
 
Si tratta di sviluppi interamente pertinenti alla lingua romanza, che si sono realizzati molto tempo dopo l'estinzione del tardo longobardo toscano. Questa ricostruzione sembrerebbe ineccepibile, dato che rende conto della situazione attuale. Tuttavia, tirando le somme dopo anni, non mi soddisfa del tutto. 
 
Problemi insoluti:  
 
1) Nei vernacoli toscani in cui è presente la gorgia, non si ha alcuna traccia di aspirazione quando la parola si trova all'inizio assoluto di una frase. Dobbiamo così supporre che in questa posizione si sia avuta una deaspirazione di [pʰ], [tʰ], [kʰ] in [p], [t], [k] dopo la scomparsa del tardo longobardo toscano. A questo punto potrebbe essere obiettato che la mia ricostruzione è troppo complessa per essere verosimile. 
2) Permane un immenso baratro cronologico tra le prime manifestazioni documentate della gorgia e qualsiasi possibile azione di sostrati, superstrati o adstrati. Non si riesce a trovare gli elementi necessari per localizzare quanto è avvenuto. Dove è iniziata questa bizzarria? Tramite quali percorsi si è propagata tra le genti? Al momento non si riesce a trovare una risposta precisa.  

Alcuni aneddoti ridicoli sulla gorgia toscana 

Ho un televisore inattivo. Non lo accendo da molto tempo. Non ho acquistato alcun decoder, così non posso ricevere alcuna trasmissione. Molti anni fa, quando quella macchinetta abominevole ancora funzionava, mi capitò di scanalare e di imbattermi in un programma abietto condotto da Amadeus. Questo showman cercava di imitare la gorgia toscana e procedeva come segue: sostituiva una consonante a cazzo nelle parole delle futili frasi che sciorinava senza sosta. Così a un certo punto la parola "andiamo" fu sostituita da un fantomatico e abnorme *andiaho!
In un filmucolo escrementizio diretto da Castellano e Pipolo, che si intitolava Il Burbero (1986), Adriano Celentano veniva a trovarsi a Siena nel bel mezzo del Palio. Così accadeva che un energumeno paccianesco gli si avvicinava e gli chiedeva con fare autoritario: "Sei dell'Oha?" (alludendo alla celebre Contrada dell'Oca). Così gli rispondeva Celentano, che si improvvisava contradaiolo bullesco: "Hazzo!", con tanto di gorgia in iniziale assoluta. 
In realtà la gorgia toscana non è ben compresa dai mass media, che l'hanno sempre interpretata in modo buffonesco, insensato, tanto per far ridere la gente. Trovo molto utili gli esempi riportati da Vieri Tommasi Candidi nel suo sito web, che invito a consultare per avere maggior chiarezza sulla questione. 
 

martedì 13 luglio 2021

ALCUNE CONSIDERAZIONI SUL RADDOPPIAMENTO SINTATTICO

Su Quora, social network deprecabile quanto deleterio, è comparsa tempo fa questa domanda: 
 
 
"Ho fatto" si pronuncia con un raddoppiamento fonosintattico (ho ffatto)? 

Questa è la risposta del conlanger Alessandro: 

Sì.

Ora so che tutti ti diranno il contrario. Il raddoppiamento fonosintattico non viene notato nemmeno da chi lo usa. Non esiste in molte regioni italiane. Non viene scritto e quindi quando viene notato è subito bollato come errato, anche perché come regola non è intuitiva.

Innanzitutto: il raddoppiamento fonosintattico è la regola per cui le parole tronche (e altre) fanno raddoppiare la consonante iniziale della parola successiva.

Si utilizza anche in italiano standard. Non è un difetto regionale.

E dato che “ho” è monosillabico e tonico, conta come parola tronca. Dunque la parola successiva raddoppia la propria consonante iniziale: quindi, “ho ffatto”.

 
Così ho replicato, usando il mio vero nome, Marco Moretti: 
 
Qui in Lombardia il raddoppiamento fonosintattico non si usa. Non solo: viene percepito come un difetto regionale. Rimane allo stato fossile soltanto in parole come “ovvero”, “eccome” e via discorrendo. L’italiano lombardo si è ormai separato dal toscano e nella competizione linguistica ha acquisito un maggior prestigio (es. anche Pippo Baudo lo usa e non ha mai detto “avvolte hoffatto”). Le lingue cambiano. Nuove varietà si evolvono e lottano tra loro. Alcune prevalgono, altre avvizziscono e infine muoiono. Le accademie, che venerano la lettera scritta e trascurano la lingua viva, non sono in grado di normare la fonetica, limitandosi all’ortografia, alla grammatica e al lessico. Non comprendono che le lingue si trasformano in continuazione. Quando si accorgono di qualcosa, è già troppo tardi. 
 
L'utente ha risposto così al mio intervento: 

Secondo me dovresti ascoltarti meglio: se non senti il raddoppio fonosintattico stai certamente staccando le parole [ˈɔ: ˈfatto]; a Milano [ɔˈffatto] non suona affatto innaturale, purché il raddoppio della f sia debole tanto quello della t. 

Pensava di avere a che fare con un parlante inconsapevole, incapace persino di distinguere i suoni. Così ho ribattuto: 

Negativo. So benissimo come pronuncio le parole: [ɔˈfatto] con [f] come in bifolco e non con [ff] come in affetto, e senza staccare le parole. Così se dico “porta la ciotola a Fido”, il nome Fido ha [f] come bifolco e non si confonde con affido. Come me fanno milioni di Lombardi. Chi usa il raddoppiamento fonosintattico viene riconosciuto subito ed è percepito come bizzarro. Un mio collega, ad esempio, lo usa, e si sente. Dice “porta la ciotola affido”, “avvolte hoffatto”, etc. Tutto ciò può piacere o non piacere, me ne rendo conto, ma i dati di fatto non cambiano. 
 
Aggiungo anche che il "raddoppio della t" di ho fatto non è "debole". Il raddoppio in questione è in piena regola. 
 
Questi sono alcuni altri esempi di contrasti o coppie minime nell'italiano settentrionale: 
 
ha colto è diverso da accolto
ha detto è diverso da addetto 
ha fatto è diverso da affatto 
ha posto è diverso da apposto 
a posto è diverso da apposto 
a Dio è diverso da addio  
a letto è diverso da alletto 
a mettere è diverso da ammettere 
o fendere è diverso da offendere 
 
Esiste anche un interressante doppione: 
 
O Dio! è sentito come diverso da oddio!, pur avendo lo stesso significato
 
Eppure capita che i fautori fanatici del raddoppiamento sintattico, che lo vorrebbero imporre come normativo, ignorino tutte queste evidenze tratte dalla lingua viva usata in Lombardia e altrove. Poi si manifestano navigatori che non comprendono la questione e attribuiscono il problema a una pretesa difficoltà nella pronuncia delle consonanti doppie. In genuino toscano si direbbe che sono bischeri. Bisogna però capire la pervasività del condizionamento scolastico e della tradizione popolare. Quello che voglio far presente è che non siamo di fronte a una difficoltà di pronuncia delle consonanti doppie. Come ho esposto sopra, in "ho fatto" e in "ha fatto", la consonante -tt- è regolarmente doppia anche nell'italiano lombardo, proprio come in quello toscano. Nessuno pronuncia un fantomatico *fato anziché fatto: è assurdo quanto grottesco anche solo pensare una cosa del genere. 
 
Come già ho accennato sopra in un  io intervento, in Lombardia si pronunciano correttamente con la consonante doppia moltissime parole derivate dal raddoppiamento sintattico e fossilizzate. Ne riporto pochissime a titolo di esempio: 
 
ovvero
davvero
nevvero 
neppure  
oppure 
ossia 
chicchessia
dapprima 
siccome 
siffatto 
suvvia 
evviva 
cosiddetto  
 
Interessante è la testimonianza del pugliese Antonio Natile, che riporta un fatto di grande importanza: 

Non so perché ma nel mio dialetto pugliese diciamo “ efatt, afatt, ofatt" per dire “ho fatto, hai fatto, ha fatto”, però quando parliamo italiano tutti dicono “offatto, affatto". Nel dialetto raddoppiamo solo dopo alcuni monosillabi, cioè “è, e, a, più e il che complemento oggetto” e dopo “qualche” e “ogni”; non raddoppiamo neanche dopo le parole che finiscono con la vocale accentata, tipo: perchè, libertà ecc… Eppure quando parliamo italiano imitiamo grossomodo i raddoppiamenti standard, aggiungendo però i nostri, come le b e le g ad inizio parola, oppure raddoppiando la prima consonante di parole come “merda, robe, qua, , più”. 
 
Come si vede, la situazione non è così uniforme come molti vorrebbero. Questi dettaglio sono poco studiati o non lo sono affatto. Eppure meriterebbero maggiore approfondimento. 
 
L'origine del raddoppiamento sintattico 
 
Qual è la vera origine del raddoppiamento sintattico? Un'opinione comune è che risalga al latino. Alcune parole monosillabiche (preposizioni, pronomi, numerali) che finivano in consonante, avrebbero mantenuto causato il raddoppiamento della consonante iniziale della parola seguente. L'utente Josef G. Mitterer, che ha notevoli competenze linguistiche, spiega in dettaglio questa evoluzione fonetica. A pubblica edificazione riporto in questa sede l'intervento:  
 
 
Il raddoppiamento fonosintattico (o geminazione fonosintattica) è, per così dire, "l'eco" delle consonanti finali latine che nello sviluppo verso l'italiano sono scomparse. È il caso, ad esempio, nelle parole

    AD > a
    AUT > o
    ET > e
    PLUS > più
    (EC)CU HOC > ciò
    TRES > tre
    ecc.

La scomparsa di queste consonanti finali ha causato l'allungamento della consonante successiva: AD CASA >
a [kk]asa, AUT MELIU > o [mm]eglio, TRES LIBRI > tre [ll]ibri ecc. Si tratta, dunque di un allungamento compensativo che restituisce la quantità dei suoni in questione. Che dalla scomparsa di un suono risulti l'allungamento di un suono adiacente non è certo un processo particolarmente raro, anche se, almeno nelle lingue indoeuropee, è più frequente l'allungamento compensativo delle vocali, cf., ad esempio dĭsmittere > dīmittere in latino o la cosiddetta 'i lunga' (langes i) tedesca nella cui grafia ⟨ie⟩ si rispecchia ancora il vecchio dittongo /iɛ̯/ che è passato alla vocale scempia, ma, appunto, lunga /iː/. 

La geminazione fonosintattica è simile all'assimilazione totale, il cui risultato è la sostituzione di due consonanti brevi con una consonante lunga: FACTU > fatto, DIXI (= DICSI) > dissi o anche, già in latino, *ad-capere > accipere, *sterla > stella ecc.

In italiano la geminazione fonosintattica non è solitamente rappresentata nella grafia. Se, tuttavia, una delle parole che la causano si è fusa con un'altra parola iniziante per vocale, il fenomeno è afferrabile pure nella scrittura: AUT PURE >
oppure, PLUS TOSTU > piuttosto, (IL)LAC DE UBI > laddove ecc.

È del resto interessante che la geminazione fonosintattica è tuttora
distintiva. In italiano, l'unico esempio che mi viene in mente è la coppia minima a Roma /arroma/ vs. aroma /aroma/. Sono molto più rilevanti gli esempi in napoletano, specie nel "neutro di materia" la cui geminazione risale alla /-d/ finale nel dimostrativo neutro latino ILLUD > o, opposto a ILLU > o: ILLUD FERRU > o ffierro 'ferro (in contesto generico), ILLU FERRU > o ferro 'il ferro (concreto, presente)'.
 
I romanisti non si sono realmente occupati dei dettagli dell'evoluzione delle forme verbali dal latino volgare alle lingue romanze. Faccio un esperimento e provo a ricostruire alcuni di questi passaggi, perduti quanto negletti dagli studiosi.  
 
habes "tu hai" > *habs (1) > hai
habet "egli ha" > *hapt > ha
facis "tu fai" > *fax > fai 
facit "egli fa" > *fact > fa
potes "tu puoi" > *pos > puoi
potest "egli può" > *post (2) > può
sapis "tu sai" > *saps > sai
sapit "egli sa" > *sapt > sa 
vadis "tu vai" > *vas > vai
vadit "egli va" > *vat > va
*vols "tu vuoi" (sostituisce il classico vis) > vuoi   
*volt "egli vuole" (sostituisce il classico vult) > vuole  
 
(1) La h- del verbo habere è puramente grafica. La indichiamo soltanto per motivi storici. 
(2) La forma italiana antica puote è invece regolarmente da potest
 
Sono incline a cercare di ricostruire forme dirette e plausibili per le parole concretamente usate nella lingua italiana. Mi rendo conto di pooter essere scambiato per un costruttore di arzigogoli.   

*habnunt "hanno" > hanno 
facere "fare" > *facre > fare 
*facnunt > fanno
dicere "dire" > *dicre > dire  

Queste sono alcune brevi frasi ricostruite: 
 
*hapt dictu > ha ddetto 
*hapt factu > ha ffatto 
quid dicit? > che ddice? 
*quid fax? > che ffai? 
*quid fact? > che ffa? 
 
In alcune varietà di toscano e in napoletano avviene questo sviluppo: 
 
quid est? > chedè? 
 
Nel Web c'è gente che prova un sincero orrore per questa locuzione vernacolare, che a voler ben vedere è più autentica dell'italiano "cos'è?", risalendo in modo diretto al latino volgare - anche se in italiano standard non la si può usare altrimenti la Crusca si arrabbia. 
 
Dante Alighieri ci riporta nel De vulgari eloquentia il caso di una frase comune della parlata romana della sua epoca: 
 
Messure, quinto dici? "signore, cosa dici?" 
 
quid tu dicis? > *quittu dici? > quinto dici?   

Si tratta di una dissimilazione, in cui la consonante raddoppiata -tt-, venutasi a creare per motivi sintattici, viene mutata in -nt-. Mi pare che questo caso sia una reazione al raddoppiamento sintattico e che non sia stato studiato praticamente da nessuno.  
 
Il raddoppiamento sintattico che occorre dopo ogni potrebbe spiegarsi facilmente: 
 
Omnes Sancti > Ognissanti  

A questo punto tutto sembrerebbe filare liscio. 
 
Alcuni problemi di non poco conto
 
Esistono numerosi casi in cui il raddoppiamento sintattico non può essere giustificato dall'assimilazione di un'antica consonante finale di parola alla consonante iniziale della parola seguente. 
 
1) Forme verbali monosillabiche di prima persona singolare 
Consideriamo questi semplici casi: 
 
*habeo "io ho" > *habjo > *hajo > *hao, ao > ho
*sapio "io so" > *sabjo > *sajo > sao > so
 
La forma sao è realmente attestata in uno dei primi documenti in una lingua romanza, i Placiti Cassinesi, in cui ricorre tre volte, in due testimonianzze registrate nel marzo del 960 e in una testimonianza registrata nell'ottobre del 963. Eccole:  
 
1) Sao ko kelle terre, per kelle fini que ki contene, trenta anni le possette parte Sancti Benedicti.
(Capua, marzo 960)

2) Sao cco kelle terre, per kelle fini que tebe monstrai, Pergoaldi foro, que ki contene, et trenta anni le possette.
(Sessa, marzo 960)

3) Sao cco kelle terre, per kelle fini que tebe mostrai, trenta anni le possette parte sancte Marie.
(Teano, ottobre 963)

Si nota subito il raddoppiamento sintattico: sao cco "so che". Eppure non ci dovrebbe essere. Si possono avere nel mondo romanzo anche esiti diversi di habeo e di sapio, in cui la consonante labiale seguita da approssimante palatale si è evoluta in un'affricata: in napoletano abbiamo aggio "io ho" e saccio "io so". Non si ha alcuna consonante finale in nessuno di questi casi di prime persone singolari monosillabiche del presente indicativo. Eppure esse producono il raddoppiamento sintattico. Come mai? I romanisti pensano che si tratti di esiti dovuti all'analogia con la terza persona singolare. 
 
2) Il pronome  di seconda persona singolare 
Il pronome tu dà luogo a raddoppiamento sintattico, eppure non ha mai avuto una consonante finale. Per rendere conto della spiegazione dei romanisti, dovremmo ammettere che esistono due possibilità: 
i) L'analogia con altri monosillabi;
ii) Il fatto che tu nell'italiano potrebbe derivare da forme più complesse, come tumet o tupte "tu stesso": 
 
tumet > *tumt > tu
tupte > *tupt > tu
tupte facis > *tupt fax > tu ffai 
tupte sapis > *tupt saps > tu ssai  
 
Queste protoforme romanze sono talmente contorte che difficilmente le si potrà ritenere sensate.  
 
3) I prefissi intra-, contra-, sovra- / sopra- 
Esistono in italiano numerose formazioni in cui non esiste alcuna consonante latente che possa giustificare il raddoppiamento. 
 
intrattenere 
intrattenitrice 
contraddire 
contraddetto 
contraddittorio 
contrapporre 
contrapposto
contrapposizione 
contravveleno 
contravvenire 
contravvenzione 
sopraggiungere 
soprattutto
sovrannaturale / soprannaturale 
sovrapporre 
sovrapposto 
sovrapposizione  
 
4) Alcuni prestiti esotici 
La parola caffè genera raddoppiamento sintattico nel composto caffellatte. Si è arrivati al punto che in Lombardia bisogna scrivere caffellatte altrimenti la Crusca si arrabbia, anche se si pronuncia a tutti gli effetti caffelatte. Ebbene, caffè deriva dall'arabo qahwa, che non ha alcuna consonante finale. In un racconto fantasy di Fritz Leiber, La maledizione delle piccole cose e delle stelle (The Curse of the Smalls and the Stars, 1988), il caffè è chiamato kahved. Notevole la consonante finale, che però non ha alcun fondamento etimologico. In italiano si è formato un diminutivo cafferino, segno che è diffusa la credenza popolare in una derivazione di caffè da una fantomatica protoforma *caffèr. Anche il derivato caffettiera sembra essere dovuto alla credenza popolare in una derivazione di caffè da una fantomatica protoforma *caffèt. Probabilmente esistono anche altre parole entrate in italiano in epoca non troppo remota, che generano un raddoppiamento sintattico senza una valida giustificazione. 
 
Una soluzione alternativa 
 
Sono dell'idea che la teoria delle consonanti latine latenti potrebbe non essere una spiegazione completa e definitiva del raddoppiamento sintattico. Forse sarebbe più semplice una spiegazione fonologica, che riduce tutto a un fenomeno compensativo: 
 
sillaba tonica + consonante semplice seguente => 
sillaba atona + consonante raddoppiata 
 
Del resto, se i romanisti attribuiscono all'azione dell'analogia qualsiasi cosa che depone contro la loro teoria, non si può dire molto di sensato. Proviamo ad applicare il Rasoio di Occam, tanto caro ai fautori del riduzionismo! Sarebbe cancellata ogni macchinazione romanistica. All'istante. Il filosofo Karl Popper direbbe che le teorie dei romanisti non sono falsificabili, quindi nessuno ne potrebbe mai dimostrare la veridicità. Va anche detto questo: se si nomina Popper, tutti dicono che è una specie di liquido volatile venduto dai pusher, che è annusato soprattutto dai sodomiti passivi! Detto questo, parlerò sempre in italiano lombardo, come mi hanno insegnato i miei genitori (RIP), respingendo con sdegno e orgoglio il raddoppiamento sintattico! Gli accademici fautori della lingua normativa possono anche tenersi un sacchetto di merda.

martedì 8 dicembre 2020

I DOPPIONI NELLA LINGUA ITALIANA

In linguistica l'allotropia (o fenomeno allòtropo) è un insieme di parole che si sono originate dalla stessa matrice, come ad esempio la lingua latina, seguendo però vie diverse. Le allotropie più interessanti sono quelle in cui si ha l'opposizione tra la trafila popolare e la trafila dotta. Nel primo caso una parola è giunta fino a noi dalla lingua d'origine tramite la genuina usura fonetica ad opera del volgo, spesso subendo anche notevoli slittamenti semantici (ossia cambiamenti di significato), mentre nel secondo caso la stessa parola è stata introdotta artificialmente nella lingua viva per intervento dei letterati, degli accademici, degli ecclesiastici, delle istituzioni politiche e via discorrendo. Una parola passata per la trafila popolare è detta anche voce ereditaria o voce patrimoniale. Una parola passata per la trafila dotta è detta anche voce colta o cultismo. Non sempre le cose sono così semplici. Se una parola è stata presa a prestito da un'altra lingua imparentata, come ad esempio il francese, è voce ereditaria di tale lingua: la trafila popolare è avvenuta nella lingua donatrice. Spesso le allotropie sono chiamate doppioni o doppietti, consistendo delle due forme sopra descritte. Si insiste sul fatto che una voce ereditaria debba essere stata trasmessa tramite tradizione ininterrotta, senza aver subito discontinuità e successivi ripristini. Nel caso dell'italiano, questo percorso non si è svolto necessariamente sempre in Toscana, ma anche in altre regioni della Penisola, con diverse tradizioni linguistiche (è questo il caso di alcune parole di origine genovese o veneziana).
  
Riporto alcuni notevoli doppioni che si trovano nella lingua italiana. Non amando parlare di "triploni" o di "quadruploni", quando ci sono più di due forme derivate dalla stessa voce latina, in genere le risolvo in più doppioni. Molte voci, sia ereditarie che colte, sono oggi estinte: in questo caso le marchiamo con una croce (). In un'epoca in cui l'Idiozia Artificiale impera, si fa una fatica enorme a trovare nel Web un elenco completo di questo tipo di allotropi. Cerco per quanto possibile di sopperire alla mancanza, pur non avendo la presunzione di trattare in modo esauriente l'argomento.
 

Forma volgare

Forma dotta

Origine latina

abate

†abbate

abba:te(m)

acquaio

acquario

aqua:riu(m)

†adoltero, †adoltro

adultero

adulteru(m)

agevole

agibile

agibile(m)

Agosto

Augusto

Augustu(m)

agro

acre

acre(m)

†agumine

acume

acu:men

aia

area

a:rea(m)

aitante

aiutante

adiu:tante(m)

†aitare

aiutare

adiu:tare

aiuola

areola

a:reola(m)

†Alemagna,
†Lamagna

Alemannia

Alemannia(m)

allegro

alacre

alacre(m)

alloro

lauro

lauru(m)

†alma

anima

anima(m)

angoscia

angustia

angustia(m)

annale

annuale

annua:le(m)

†ànsima

asma

asthma

aria

àere

aëra, aëre(m)

†asciolvere

assolvere

absolvere

ascoltare

auscultare

ausculta:re

†assempio

esempio

exe:mplu(m)

attimo

atomo

atomu(m)

baccello

bacillo

bacillu(m)

bacìo

opaco

*opa:ci:vu(m),
opa:cu(m)

badia

abbazia

abba:tia(m)

befana

Epifania

epiphania(m)

Benito

benedetto

benedictu(m)

bestemmia

blasfemia

blasphe:mia(m)

biasimo

blasfemo

blasphe:mu(m)

bieco

obliquo

obli:quu(m)

biscia

bestia

be:stia(m)

Borgogna

Burgundia

Burgundia(m)

borgognone

burgundo

burgundio:ne(m), burgundu(m)

bottega

apoteca

apothe:ca(m)

bravo

pravo

pra:vu(m)

brutto

bruto

bru:tu(m)

Bucintoro

bucentauro

bu:centauru(m)

cagione

occasione

occa:sio:ne(m)

caglio, †quaglio

coagulo

coa:gulu(m)

caldo

†calido

calidu(m)

†carrobbio

quadrivio

quadriviu(m)

cavo “fune”

capo

caput

ceppo

cippo

cippu(m)

cerchio

circolo

circulu(m)

cerusico

chirurgo

chi:ru:rgu(m)

Chiara

Clara

Cla:ra(m)

chiavica

cloaca

cloa:ca(m)

chierico

clerico

cle:ricu(m)

chiosa

glossa

glo:ssa(m)

chiostro

claustro

claustru(m)

chiusura

clausura

clausu:ra(m)

civaia

cibaria

ciba:ria

cinghiale

singolare

singula:re(m)

cirnèco “tipo di
cane”

cirenaico

cy:re:naicu(m)

còllera

coléra

cholera(m)

colto

culto

cultu(m)

coltura

cultura

cultu:ra(m)

comprare,
comperare

comparare

compara:re

conio

cuneo

cuneu(m)

contado

comitato

comita:tu(m)

contare

computare

computa:re

conte

†còmito

comite(m)

coppia

copula

co:pula(m)

corazza

coriacea

coria:cea(m)

coricare

collocare

colloca:re

cosa

causa

causa(m)

costare

constare

co:nsta:re

†credevole

credibile

cre:dibile(m)

cresima

crisma

chri:sma

desco

disco

discu(m)

†desiare, †desirare

desiderare

desi:dera:re

†desìo, †desìro

desiderio

desi:deriu(m)

ditale

digitale

digita:le(m)

doge

duce

duce(m)

dritto, diritto

diretto

di:rectu(m)

ergere

erigere

e:rigere

†ermo

eremo

ere:mu(m)

†etterno

eterno

aeternu(m)

favola, fiaba, fola

†fabula

fa:bula(m)

feccia

feci

*faecea, feaece:s

fermare

firmare

firma:re

fiaccola

facola, facula

facula(m)

fiato

flato

fla:tu(m)

fievole

flebile

fle:bile(m)

fiotto

flutto

fluctu(m)

foce

fauci

fauce(m), fauce:s

foga

fuga

fuga(m)

foia

furia

furia(m)

frazzo

fracido

fracidu(m)

†frale

fragile

fra:gile(m)

frode

†fraude

fraude(m)

freddo

frigido

fri:gidu(m)

gabbia

cavea

cavea(m)

gallinaccio

gallinaceo

galli:na:ceu(m)

ghianda

glande

*glanda(m), glande(m)

†giacchio “tipo di
rete”

†iaculo “dardo; tipo di serpente”

iaculu(m)

giaggiolo

gladiolo

gladiolu(m)

giogante

gigante

gigante(m)

giorno

diurno

diurnu(m)

giuoco

gioco

iocu(m)

giustezza

giustizia

iu:stitia(m)

gomito

cubito

cubitu(m)

granchio

cancro

cancru(m)

grasso

crasso

crassu(m)

grotta

cripta

crypta(m)

guaina

vagina

vagi:na(m)

inchiostro

encausto

encaustu(m)

†inchiudere

includere

inclu:dere

intero

integro

integru(m)

†inveggia

invidia

invidia(m)

iscrivere

inscrivere

inscri:bere

ladino

latino

lati:nu(m)

†lattovaro “tipo di farmaco”

elettuario

e:lectua:riu(m)

lavezzo “pietra ollare”

lapideo

lapideu(m)

leggenda

legenda

le:genda

†liofante, †lionfante

elefante

elephante(m)

lode

†lauda, †laude

laude(m)

†lòico

logico

logicu(m)

Lombardia

Longobardia, Langobardia

Longobardia(m),
Langobardia(m)

lombardo

longobardo

longobardu(m),
langobardu(m)

†lonza “tipo di belva”

lince

*luncea(m), lynce(m)

lordo

lurido

lu:ridu(m)

lulla “lunetta di una botte”

lunula

lu:nula(m)

macchia

†macola, macula

macula(m)

macchiato

†macolato, maculato

macula:tu(m)

†macìa

macerie

ma:cerie(m)

macina

macchina

ma:china(m)

macinare

macchinare

ma:china:ri:

magione

mansione

ma:nsio:ne(m)

malinconia

†melancolia, melanconia

melancholia(m)

manfruito

ermafrodito

hermaphrodi:tu(m)

†manicare, †manucare

†manducare

manduca:re

manovale

manuale

manua:le(m)

marcio

marcido

marcidu(m)

Maremma

marittima

maritima(m)

†martòro, †martìro

martirio

martyriu(m)

mattino

mattutino

matu:ti:nu(m)

matto

madido

madidu(m)

†menomo

minimo

minimu(m)

meraviglia, †maraviglia

mirabilia

mi:ra:bilia

mestiere

ministero

ministeriu(m)

mezzano

mediano

media:nu(m)

mezzo

medio

mediu(m)

micragna “miseria”

emicrania

he:micrania(m)

milanese

mediolanense

mediola:ne:nse(m)

†minugia “budello”

minuzia

minu:tia(m)

moggio

modio

modiu(m)

netto

nitido

nitidu(m)

†notomìa

anatomia

anatomia(m)

novero

numero

numeru(m)

†nodrire

nutrire

nu:tri:re

nuvola

nube

nu:bila, nu:be(m)

oliato

oleato

olea:tu(m)

†olifante “corno da caccia”

elefante

elephante(m)

onorevole

onorabile

hono:ra:bile(m)

†orrevole

onorabile

hono:ra:bile(m)

ospedale

ospitale

hospita:le(m)

oste

ospite

hospite(m)

†ozìaco “funesto”

egizìaco

aegyptiacu(m)

pabbio “tipo di graminacea”

pabulo

pa:bulu(m)

padrone

patrono

patro:nu(m)

pagare

†pacare

pa:ca:re

†palagio

palazzo

pala:tiu(m)

pania

pagina

pa:gina(m)

†parlesìa

paralisi

paralysi(m)

†parletico

paralitico

paralyticu(m)

parmigiano

parmense

*parme:nsia:nu(m), parme:nse(m)

parola

parabola

parabola(m)

pazzo

paziente

patie:ns, patiente(m)

pellegrino

peregrino

peregri:nus

pesare

pensare

pe:nsa:re

pidocchio

pediculo

*pe:duculu(m) pe:diculu(m)

piega

plica

plica(m)

pieve

plebe

ple:be(m)

pigione

pensione

pe:nsio:ne(m)

†piuvico

pubblico

pu:blicu(m)

piva

pipa

pi:pa(m)

podere

potere

*pote:re

podestà

potestà

potesta:te(m)

poggio

podio

podiu(m)

pollo

pullo

pullu(m)

posa

pausa

pausa(m)

posare

pausare

pausa:re

pregio

prezzo

pretiu(m)

†prence, †prince

principe

princeps, principe(m)

prete

presbitero

presbyteru(m)

Provenza

provincia

pro:vincia(m)

provenzale

provinciale

pro:vincia:le(m)

†quadroppio

quadruplo

quadruplu(m)

ratto “veloce”

rapido

rapidu(m)

razza “tipo di
pesce”

raia

raia(m)

razzo, raggio

radio

radiu(m)

reale

regale

re:ga:le(m)

†reddenza

redenzione

redemptio:, redemptio:ne(m)

reggia

regia (agg.)

re:gia(m)

Reggio

regio

re:giu(m)

†reina

regina

re:gi:na(m)

ressa

rissa

rixa(m)

ricoverare

recuperare

recupera:re

rio “fiume”

†rivo, rivolo

ri:vu(m), ri:vulu(m)

†rio “malvagio”

reo

reu(m)

ristorare

restaurare

restaura:re

ristoratore

restauratore

restaura:to:re(m)

ristorazione

restaurazione

restaura:tio:ne(m)

rione

regione

regio:ne(m)

†rocchio

rotolo

rotulu(m)

roco

rauco

raucu(m)

†romita

eremita

ere:mi:ta(m)

rovesciare

riversare

reversa:re

rovescio

riverso

reversu(m)

†ruga “bruco”

eruca

eru:ca(m)

Romagna

Romània

Ro:ma:nia(m)

saetta

†sagitta

sagitta(m)

†sagrifizio

sacrificio

sacrificiu(m)

sanguigno

sanguineo

sanguineu(m)

†sceda

scheda

scheda(m)

scempio
“atto crudele”

esempio

exe:mplu(m)

scempio
“non doppio”

semplice

simplex,
simplice(m)

scialare

esalare

ex(h)a:la:re

sciame

esame

exa:men

scrivano

scriba

scri:ba(m)

secchia, secchio

situla

situla(m)

†secchio “cinque anni”

secolo

saeculu(m)

segare

†secare “tagliare”

seca:re

sego, †sevo

sebo

se:bu(m)

selce

silice

silice(m)

senza

assenza

absentia:, absentia(m)

serpe

serpente

serpe:ns, serpente(m)

servigio

servizio

servitiu(m)

sodo, saldo

solido

solidu(m)

soldo

solido

solidu(m)

spada

spata “tipo di foglia”

spatha(m)

spasimo

spasmo

spasmu(m)

spazzare

spaziare

spatia:re

spazzo “suolo”

spazio

spatiu(m)

specchio

specolo

speculu(m)

spicchio, spigolo

†spiculo

spi:culu(m)

†spirto

spirito

spi:ritu(m)

spremere

esprimere

exprimere

†staggio, stazza

stadio

stadiu(m), stadia

stagione, †stazzone

stazione

statio:ne(m)

stelo

stilo

stilu(m)

†sterpare, strappare

estirpare

extirpa:re

sterpo

stirpe

*stirpu(m), stirpe(m)

†stoggio “lusinga”

studio

studiu(m)

stra-

extra-

extra:-

strano

estraneo

extra:neu(m)

stremo

estremo

extre:mu(m)

†strolomìa, †storlomìa

astronomia

astronomia(m)

teglia, tegghia

tegola

te:gula(m)

topo

talpa

*talpu(m), talpa(m)

torchio

tòrcolo

torculu(m)

†tòsco “veleno”

tossico

toxicu(m)

†trebbio “incrocio di
tre vie”

trivio

triviu(m)

†tremuoto, tremòto

terromoto

terrae mo:tu(m)

udire

†aldire, †audire

audi:re

ufficio, uffizio

opificio

opificiu(m)

uopo

opera

opus, opera

urlare

ululare

ulula:re

uscio

ostio “orifizio”

o:stium

†utonno

autunno

autumnu(m)

†vagellare

vacillare

vacilla:re

vaio

vario

variu(m)

vangelo

evangelo, evangelio

evangeliu(m)

vergogna

verecondia

verecundia(m)

vernaccia “tipo di vino”

vernacola (agg.)

verna:cula(m)

vescovado

episcopato

episcopatu(m)

vescovo

†episcopo

episcopu(m)

vezzo

vizio

vitiu(m)

vezzoso

vizioso

vitio:su(m)

vogare

†vocare

vo:ca:re

zampogna

sinfonia

symphonia(m)

zimbello

cembalo

cymbalu(m)

zotico

idiotico

idio:ticu(m)

 
 
A volte una forma dotta non è genuina, bensì il risultato di analogia o ipercorrettismo: avrà l'aspetto di una forma più fondata e nobile di quella popolare, pur non essendolo. 
 
Forma volgare: dugento                   
Forma artificiosa: duecento                    
 
Forma volgare: secento
Forma artificiosa: seicento  
 
Le forme dugento e secento sono tuttora usate in Toscana. L'aggettivo secentesco è presente anche nella lingua standard.
Per contro, le forme duecento e seicento sono ricostruzioni fondate sull'analogia, da due + cento e sei + cento: non provengono direttamente dalla lingua latina, che ha rispettivamente ducenti e sescenti
 
Una forma popolare può essere un prestito da altre lingue romanze, soprattutto dal provenzale e dal francese, la cui influenza sull'italiano fu considerevole in epoca medievale. Così provengono dalla lingua provenzale le parole artiglio, periglio, viaggio, etc., mentre provengono dalla lingua d'oïl le parole ceffo, ostello, etc. Si noterà che ostello è usato già da Dante, come ognuno ben sa (Ahi serva Italia, di dolore ostello, Purgatorio, canto VI). 

Forma volgare mediata

Forma dotta

Origine latina

Lingua mediatrice

artiglio

articolo

articulu(m)

provenzale

azienda

faccenda

facienda(m)

castigliano

caviglia

clavicola

cla:vi:cula(m)

provenzale

ceffo

capo

caput

lingua d’oïl

congedo

commiato

commea:tu(m)

lingua d’oïl

coniglio

cunicolo

cuni:culu(m)

provenzale

cretino

cristiano

chre:stia:nu(m), chri:stia:nu(m)

lingua d’oïl

cugino

consobrino

consobri:nu(m)

lingua d’oïl

mangiare

†manducare

manduca:re

lingua d’oïl

ostello

ospitale

hospita:le(m)

lingua d’oïl

paladino

palatino

pala:ti:nu(m)

lingua d’oïl

periglio

pericolo

peri:culu(m)

provenzale

periglioso

pericoloso

peri:culo:su(m)

provenzale

selvaggio

selvatico

silva:ticu(m)

provenzale

sembrare,
sembiare

simulare

simila:re,
simula:re

provenzale

vegliare

vigilare

vigila:re

provenzale

ventriglio

ventricolo

ventriculu(m)

provenzale

viaggio

viatico

via:ticu(m)

provenzale

 
 
Si hanno poi casi di doppioni recenti in cui una forma è genuinamente italiana, esistendone un'altra di identica etimologia ma di provenienza francese, inglese o anglolatina. In altri casi entrambe le forme allotropiche sono prestiti francesi o inglesi, ma uno è recente e non assimilato, mentre l'altro è assimilato. Come c'è da aspettarsi, il significato delle parole che formano un doppione di questo tipo può essere molto divergente (o non si sarebbe avvertita la necessità del prestito). Questi sono alcuni esempi:
 

Prestito
non assimilato

Lingua d’origine

Prestito assimilato o forma ereditaria

austerity

inglese

austerità

beige

francese

bigio “grigiastro”

boutique

francese

bottega

bow-window

inglese

†bovindo

chef

francese

ceffo

computer

inglese

computatore

condom

inglese

goldone

cult

inglese

culto

hobby

inglese

†ubino “pony”

hôtel

francese

ostello

jazz

inglese

†giazzo

jet

inglese

getto

maître

francese

maestro

plus

anglolatino

più

restaurant

francese

ristorante

rosé

francese

rosato

solarium

anglolatino

solaio

sport

inglese

diporto

supportare
“sostenere”

inglese

sopportare


 
A mio avviso l'introduzione del verbo supportare può essere attribuita a Berlusconi: a quanto ricordo - mi si corregga se sbaglio - ha cominciato a comparire dopo la sua entrata in politica. 
 
Come ci ricorda Grandgent, i parlanti del latino volgare non avvertivano il bisogno di avere molti aggettivi a loro disposizione. Quindi accadde che numerosissime formazioni, tipiche del linguaggio aulico, finirono con l'essere dimenticate. Quando furono recuperate, dopo secoli, il loro aspetto fonetico dava testimonianza chiara della discontinuità. Ecco alcuni esempi:  
 

Forma volgare

Aggettivo dotto

Origine latina

albero

arboreo

arboreu(m)

aria

aereo

a:ëreu(m)

avorio

eburneo

eburneu(m)

Bibbia

biblico

biblicu(m)

Campidoglio

capitolino

capito:li:nu(m)

cervello

cerebrale

cerebra:le(m)

diamante

adamantino

adamanti:nu(m)

diavolo

diabolico

diabolicu(m)

fiele

felleo

felleu(m)

fiore

floreale

flo:rea:le(m)

fiume

fluviale

flu:men, fluvia:le(m)

ghiaccio

glaciale

glacia:le(m)

Ivrea

eporediese

epore:die:nse(m)

legge

legale

le:ga:le(m)

luogo

locale

loca:le(m)

madre

materno

ma:ternu(m)

maestro

magistrale

magistra:le(m)

meriggio

meridiano

meri:dia:nu(m)

mese

mensile

me:nsi:le(m)

moglie

muliebre

muliebre(m)

nebbia

nebuloso

nebulo:su(m)

neve

niveo

niveu(m)

nozze

nuziale

nuptia:le(m)

occhio

oculare

ocula:re(m)

orecchio

auricolare

auricula:re(m)

oro

aureo

aureu(m)

orso

ursino

ursi:nu(m)

padre

paterno

paternu(m)

piazza

plateale

platea:le(m)

pioggia

pluviale

pluvia:le(m)

piombo

plumbeo

plumbeu(m)

più

plurale

plu:ra:le(m)

pomeriggio

pomeridiano

postmeri:dia:nu(m)

pontefice

pontificio

pontificiu(m)

re

regale

re:ga:le(m)

saetta

sagittabondo

sagittabundu(m)

smeraldo

smaragdino

smaragdi:nu(m)

specchio

speculare

specula:re(m)

toro

taurino

tauri:nu(m)

Trento

tridentino

tridenti:nu(m)

Vangelo

evangelico

evangelicu(m)

veleno

venefico

vene:ficu(m)

vescovo

episcopale

episcopa:le(m)

 
 
Come si può ben vedere, l'aggettivo latino non ha dato esiti nella lingua volgare, così è stato ripristinato dai letterati nella forma originaria. Questo processo affina le possibilità di espressione del pensiero, ma presenta il gravissimo svantaggio di oscurare la lingua. I dotti avevano una buona conoscenza della lingua latina letteraria, quindi ai loro occhi non era presente alcuna idiosincrasia. I problemi iniziano quando a parlare italiano sono persone che del latino non hanno la benché minima nozione. Non è una piaga recente. Ne I promessi sposi di Alessandro Manzoni, l'impetuoso Renzo interrompe don Abbondio con queste parole: "Che vuol ch'io faccia del suo latinorum?" Sempre nella stessa opera, Agnese parla di "matrimonio gran destino" anziché "matrimonio clandestino": ha applicato un'etimologia popolare a una parola che le sembrava aliena!

Non dobbiamo mai dimenticare che Dante Alighieri fu un vero e proprio "conlanger". Egli creò una lingua letteraria e poetica tramite interventi del suo genio nella scelta dei vocaboli esistenti e nella produzione di neologismi. Provando allergia per la parola beninanza, di chiara importazione provenzale, decise di sostituirla artificiosamente con benignità, vocabolo da noi tuttora usato. Francamente preferirei dire beninanza, ma se lo facessi finirei in un reparto di psichiatria. Dante introdusse nel linguaggio della Commedia crudi latinismi come audivi "udii", viro "uomo" e appulcrare "abbellire" (altri li definiscono in modo più anodino "latinismi solenni"). Se io li usassi nel parlato quotidiano, sarei considerato un pazzo - con buona pace di quanti dicono che la nostra lingua sarebbe proprio quella dell'Alighieri.  
 
Si può tracciare un quadro abbastanza impietoso della lingua italiana. È simile a un edificio pieno di crepe e di voragini, che nel corso dei secoli sono state riparate tramite la calce del latino. Come sempre accade, c'è chi vorrebbe abolire lo studio del latino, reputandolo inutile e intendendo sostituirlo con l'inglese manageriale. Se non ci fosse la conoscenza del latino, si potrebbero scorgere nell'italiano soltanto vocaboli inspiegabili e alternanze fonetiche capricciose. Si sarebbe privati per sempre di ogni possibilità di comprendere ciò che diciamo. La lingua italiana non è affatto indipendente dal latino. La lingue inglese è messa anche peggio dell'italiano: è ancor più dissociativa. 
 
Pur deprecando le orride innovazioni linguistiche introdotte dal berlusconismo e dal renzismo, devo riconoscere che un certo purismo è qualcosa di sommamente ingenuo e illusorio. Non esiste al mondo una sola lingua che sia priva di prestiti lessicali. Per una finzione di natura ideologica, i latinismi pullulanti in italiano non sono considerati vocaboli d'importazione. Non lo erano nemmeno ai tempi del Ventennio fascista, quando Mussolini mutilava a colpi d'ascia le consonanti finali delle odiate parole straniere per assimilarle, oppure aggiungeva imbarazzanti vocali paragogiche. Se poi facessimo un'analisi approfondita, scopriremmo che diversi vocaboli di origine latina oggi in uso sono in realtà calchi semantici dall'inglese o dal francese (es. depressione, implementare, etc.). Ora, ogni volta che diamo un'occhiata a un qualsiasi dizionario della lingua latina, scopriamo la presenza di numerosissimi prestiti dalla lingua greca. Molti sono evidenti nelle liste di parole che ho riportato in questo mio contributo. Non sembra che ci siano mai state lamentele per questo fiume di atticismi, a quanto mi risulta: l'antica Roma riteneva l'Ellade fonte di ispirazione e di cultura. Non esistono lingue monolitiche. Sarebbe anche ora di porre fine alle oscene pagliacciate retoriche imperanti nel sistema scolastico italiano!