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martedì 22 novembre 2022

ETIMOLOGIA DI MANIBERGA E PEDIBERGA 'PARTI DELL'ARMATURA'

Ricordo ancora quando al liceo appresi qualcosa sulla biografia di Dante Alighieri. Uno dei particolari che più mi è rimasto impresso è sicuramente l'inglorioso esordio del Poeta sul campo di battaglia. Egli fu un feditore a cavallo dell'esercito guelfo nella battaglia di Campaldino (11 giugno 1289). Il suo compito era quello di provocare i nemici con beffe e insulti, sostenendo il loro primo urto. In questo caso, lo schieramento ostile era ghibellino e composto in massima parte da aretini. L'Alighieri, che all'epoca era ventiquatrenne, si fece prendere dal panico. Così commentò l'accaduto finita la battaglia: "Ebbi temenza molta". Per motivi politici, molti insorgerebbero se affermassi che egli fu codardo e si diede alla fuga. Dato che sostengo a spada tratta i Ghibellini, come minimo sarei accusato di essere fazioso. Volendo evitare sterili polemiche, rimando ad altra sede la discussione su Campaldino. 
 
La prima volta che lessi la parola "feditore", ebbi una distorsione percettiva, al punto che i miei occhi videro nitidamente "feritore". Lessi anche così, ma l'insegnante mi corresse. Una spiegazione però non la diede: la scuola è monolitica e priva di ogni tentativo di indagine sul passato, vuole presentare ogni cosa come un mistero, come una nozione pietrificata da inculcare nel cervello senza comprensione delle sue ragioni ultime. Poi venni a sapere che in effetti "feditore" deriva dal verbo arcaico "fedire", che è proprio una variante di "ferire". Dapprima si è avuta dissimilazione della rotica -r- della radice a causa di quella della desinenza dell'infinito -ire. Poi l'occlusiva dentale -d- si è estesa a tutta la coniugazione e ai derivati.

L'equipaggiamento del feditore era composto da un'armatura che egli si doveva comprare a sue spese. Tra le parti di questa armatura, oltre all'elmo, alla cotta di maglia (protezione del corpo, in maglia metallica) e al camaglio (protezione della testa, in maglia metallica), se ne menzionano altre due di particolare importanza: 

maniberga "protezione della mano"   
definizione tecnica: "cilindro di maglia con annesso guanto a moffola, atto alla protezione della mano e del braccio"

pediberga "protezione del piede" 
definizione tecnica: "calza di maglia aperta e allacciata sul retro, atte alla protezione dalla coscia alla caviglia"

Come si può ben comprendere, il corredo di ogni feditore comprendeva due maniberghe e due pediberghe. 

Questa è la definizioni della prima delle due voci, data dall'Enciclopedia delle armi, a cura di Edoardo Mori: 

Maniberga
Term. mil.del medio evo. Armadura della mano, e forse pur del braccio: Manica di maglia che copriva la mano e talvolta anche il braccio. 

La definizione della seconda voce, relativa alla protezione del piede, non è invece inclusa nell'opera menzionata. 


Alcune note etimologiche 

Si capisce all'istante che maniberga e pediberga sono due composti formati a partire rispettivamente dalle parole mano e piede. Invece l'elemento -berga è un tipico germanismo. Stupiscono queste formazioni di carattere ibrido, che sono state trascurate dagli studiosi, nonostante la loro natura mirabile.

Etimologia dell'elemento -berga:

Protogermanico: *bergō "protezione" 
Genere: femminile 
   Antico alto tedesco: -bërga, -përga "protezione" 
   Longobardo: -perga / -berga "protezione"  
N.B. 
Ricorre come secondo elemento in composti, in particolare in antroponimi femminili. 


Possiamo ricostruire agevolmente i composti germanici originali: 

Protogermanico: *χandubergō "protezione della mano" 
     (< *χandu- "mano") 
Protogermanico: *fōtubergō "protezione del piede" 
     (< *fōtu- "piede") 

Esiti antico alto tedeschi: 

AAT: *hantpërga "protezione della mano"
AAT: *fuozpërga "protezione del piede" 

Esiti longobardi: 

Longobardo: *andeperga "protezione della mano"
Longobardo: *fozeperga "protezione del piede" 

Traduzione del primo elemento del composto: 
   ande- (1) => mani- 
   *foze- => pedi- 
Causa della traduzione: formazione di un gergo romanzo-longobardo in epoca tarda. 

(1) Attestato in andegauuerc "manufatti" (Rotari). 

Esiste nell'italiano letterario anche un altro vocabolo militare formato in modo simile, anche se di diverso genere grammaticale: usbergo "armatura, corazza" (varianti desuete: asbergo, osbergo), dall'antico provenzale ausberc "cotta di maglia" (varianti: ausberg, asberg, etc.), a sua volta dal francone *halsberg "protezione del collo". Esistono svariate forme mediolatine derivate dalla stessa fonte germanica, come alsbergum, halsbergium, etc. Come si può vedere, in questo caso la trafila è differente da quella di maniberga, pediberga

Conclusioni 

È un vero peccato che simili gioielli lessicali non siano considerati e studiati a dovere, per colpa dell'ottusità dei romanisti, che li trattano come inutili scorie. Questo accade perché in loro l'intelletto è paralizzato dall'ideologia, mentre ad essere ipertrofico è l'ego. 

sabato 12 novembre 2022

ETIMOLOGIA DELL'INGLESE AFROAMERICANO TO JIVE 'INGANNARE'; 'BALLARE'

Il jive o jive jazz è una danza in ritmo di 4/4, che ha avuto origine negli Stati Uniti d'America nei primi anni '30. Si è formata tra gli afroamericani; anche la musica che accompagnava il ballo è chiamata musica JiveNel ballo da sala da competizione, il jive è spesso raggruppato con i balli da sala di ispirazione latina, anche se le sue radici sono molto diverse e basate sullo swing. Questo è ciò che si puà apprendere esplorando il vasto Web. Ora rimane la solita domanda etimologica: qual è l'origine della parola jive?

Partiamo dai dati disponibili: 

to jive 
Pronuncia: /tə 'dʒaɪv/
Uso: verbo 
III persona sing. indicativo presente: jives
Participio presente: jiving 
Passato semplice/participio passato:
jived
Significato: 
1) ingannare, prendere in giro 
4) ballare 
Prima attestazione nota: 1928

jive 
Pronuncia: /dʒaɪv/
Uso: sostantivo 
Forma plurale: jives 
Origine: derivazione verbale 
significato: 
1) palese sciocchezza, stronzata, discorso palesemente ingannevole, presa in giro, esagerazione  
2) ballo popolare negli anni '40 e '50
3) swing (stile di musica jazz) 
4) gergo associato ai musicisti jazz (patois hepcat, gergo hipster) 
5) inglese volgare afroamericano (dispregiativo

jive 
Uso: aggettivo 
Significato: 
1) ingannevole 
2) insincero, pretenzioso 
Prima attestazione nota: 1968
     Glossa: not acting right  

Questi sono alcuni derivati: 

hand jive "tipo di danza degli anni '50"
      (variante: hand-jive)
jive around "ballare, danzare"
jive turkey "falso scemo"
jive-ass "falso scemo"
jiver "colui che inganna"; "falso scemo"  



Questi sono alcuni esempi di uso del verbo to jive

1) "ingannare", etc.

Don’t try to jive me! I know where you were last night! 

Lara was pretty certain Charlie was jiving her and she demanded a straight answer.

It's the year when all of the white politicians will be back in the so-called Negro community jiving you and me for some votes.
(Malcolm X, The Ballot or the Bullet, 1969) 

2) "ballare" 

There were a lot of people jiving on the dance floor.

You can dance, you can jive, having the time of your life; ooh, see that girl, watch that scene, diggin' the dancing queen!
(ABBA, Dancing Queen, 1976) 

"Can you flamenco?" "If I have to. How about you?" "Love, I can barely waltz. Jive a bit if I'm pissed enough."
(Peter Corris, Torn Apart, 2010) 

When it was time for stage games, I found myself jiving to Chinese orchestra and *Nsync tunes with my colleague’s sister — one of my “supporters”
(Yeo Sam Jo, The Straits Times, 2015) 

Questi sono alcuni esempi di uso del sostantivo jive

1) "stronzata", etc.

Don’t give me that jive. I know where you were last night. 

Pete asked for the facts without any jive

2) "ballo popolare negli anni '40 e '50" 

Jive, a lively and energetic dance style, has a colorful history that spans several decades and cultures.

3) "swing" 

Harry listens to a lot of jive.

4) "gergo hipster" 

Then the loud sound did seem to fade / Came back like a slow voice on a wave of phase / That weren't no DJ, that was hazy cosmic jive
(David Bowie, "Starman", 1972) 

5) "inglese volgare afroamericano"

Although speaking Western Japanese to your friends in Ōsaka, Kyōto, or Kōbe will allow you to get closer to them, speaking Western Japanese in Tōkyō might seem as outlandish as hearing a Japanese exchange student back home speaking jive or cockney. 
(Peter Tse, Kansai Japanese: The Language of Osaka, Kyoto, and Western Japan: This Japanese Phrasebook and Language Guide Teaches the Kansai Dialect, 1993)

"Oh come on," she said. "I heard you talking jive the other day when you were playing with your dolls. And back in February, when you recited that poem by, by—what was the poet's name?
"Langston Hughes?"
"Right, Langston Hughes," Kanta said. "You spoke jive when you read that poem, remember?"
(Mathea Morais, There You Are, 2019) 

Questi sono alcuni esempi di uso dell'aggettivo jive:

I've had enough of your jive talk; just tell me what I want to know.

Etimologia: 

Nella lingua degli Wolof si riesce a trovare facilmente una parola adatta a spiegare l'origine della parola afroamericana. Eccola:

Wolof: jev, jeu "parlare di una persona assente (in modo denigratorio)"  

Questa è la trafila fonetica ricostruibile: 

Wolof jev => *jēv => 
neo-Wolof afroamericano *jave /dʒeɪv/ => 
neo-Wolof afroamericano *jave /dʒεɪv/ => 
inglese afroamericano jive /dʒaɪv/ 

Questa è la trafila semantica ricostruibile: 

Wolof: "parlare di una persona assente (in modo denigratorio)" => 
neo-Wolof afroamericano: "denigrare" => "dire stronzate", "mentire", "ingannare" 
inglese afroamericano: "eseguire movenze di danza per schernire qualcuno" => 
inglese afroamericano: "ballare" 

Altre proposte etimologiche: 

Un'opinione diffusa, anche se problematica, è quella di chi vorrebbe considerare to jive uno sliluppo di to gyve "incatenare, mettere i ceppi". 

to gyve 
Pronuncia: /dʒaɪv/, /gaɪv/
Uso: verbo 
III persona sing. indicativo presente: gyves
Participio presente: gyving
Passato semplice/participio passato: gyved
Origine: derivazione dal sostantivo (vedi sotto)
Significato: 
1) Incatenare  
2) Mettere i ceppi 

gyve 
Pronuncia: /dʒaɪv/, /gaɪv/ 
Uso: sostantivo
Significato: 
1) catena 
2) ceppi  


Etimologia: 
Il sostantivo gyve deriva dal medio inglese gives, gyves "catene", "ceppi" (plurale tantum). L'origine ultima è considerata incerta, spesso però è ricondotta alle lingue celtiche: gallese gefyn "catena", "ceppi", irlandese geimheal "catena", "ceppi". Trovo l'ipotesi assai plausibile e la sostengo a spada tratta. Escludo invece ogni rapporto con to jive.
Il verbo to gyve, derivato dal sostantivo, è presente già nel medio inglese given "incatenare".  
N.B.
La pronuncia originale aveva un'occlusiva velare (come g- in gatto); il suono affricato postalveolare (come g- in getto) si è sviluppato a causa di un errore da parte di persone che, ignorando il vocabolo, lo hanno appreso dalla scrittura senza averlo mai udito prima, pronunciandolo male per analogia con altre parole a loro ben note. Si tratterebbe quindi di una pronuncia ortografica.

Uno strano caso di lenizione 

Esiste un verbo quasi omofono di to jive, pur avendo diversa origine:  

to jibe 
Pronuncia: /dʒaɪb/ 
Uso: verbo 
III persona sing. indicativo presente: jibes
Participio presente: jibing
Passato semplice/participio passato: jibed
Significato: 
1) rimproverare con parole sdegnose 
2) deridere, provocare, schernire  
3) dire qualcosa in modo scherzoso 
4) essere d'accordo (*) 

(*) In questa accezione, to jibe è un sinonimo di to agree. Esiste la variante to jive "essere d'accordo", che è considerata un errore dall'Oxford English Dictionary (OED). A parer mio non si tratta di un errore: il mutamento è dovuto a una lenizione. Simili evoluzioni sono documentate in un vasto numero di lingue.  

jibe 
Pronuncia: /dʒaɪb/ 
Uso: sostantivo
Forma plurale: jibes 
Origine: derivazione verbale
Significato: 
1) frecciata, stoccata 
2) beffa 


Etimologia: 
Nel senso di "deridere" e simili, deriva dall'antico francese giber "impegnarsi in scherzi; praticare un'attività sportiva in modo rozzo". In ultima istanza deriva dal norreno geipa "dire sciocchezze".  
Nel senso di "essere d'accordo" deriva invece da una parola del gergo marinaresco, to jib, to gybe, con il senso originale di "spostare una vela o un boma sull'altro lato", forse dall'olandese gijpen, gijben "girare all'improvviso", a sua volta di etimologia incerta. 

Conclusioni: 

Sono convinto che to jive derivi dallo Wolof e che la sua trafila evolutiva sia separata da quelle di to jibe e di to gyve. Resta in ogni caso la difficoltà di orientarsi nel mare magnum di infinite voci di un passato oscurissimo, che si sovrappongono in modo sfocato a causa del rumore di fondo!  

lunedì 17 ottobre 2022

ETIMOLOGIA DI YANKEE

Tutti conoscono bene la parola Yankee "Americano", "Statunitense" (plurale Yankees). Spesso si trova sui muri la scritta "Yankees go home!", ossia "Americani tornatevene a casa!", manifestazione di una diffusa insofferenza. Si noterà che in origine Yankee si riferiva soltanto agli abitanti del New England. Negli Stati del Sud, è tuttora considerato un termine dispregiativo nei confronti delle genti del Nord (i Nordisti). Esiste anche la forma abbreviata Yank (plurale Yanks). 
La situazione può essere riassunta in questo breve componimento:  

To Foreigners, a Yankee is an American.
To Americans, a Yankee is a Northerner.
To Northerners, a Yankee is an Easterner.
To Easterners, a Yankee is a New Englander.
To New Englanders, a Yankee is a Vermonter.
And in Vermont, a Yankee is somebody who eats pie for breakfast.  
(Elwyn Brooks White)

Traduzione: 

Per gli americani, uno yankee è un nordista.
Per i nordisti, uno yankee è un orientale.
Per gli orientali, uno yankee è un abitante del New England.
Per gli abitanti del New England, uno Yankee è un abitante del Vermont.
E nel Vermont, uno yankee è qualcuno che mangia torta salata a colazione.

Possiamo aggiungere che per un abitante della Louisiana, uno yankee è un individuo discendente da anglo-americani, in contrapposizione ai discendenti di franco-americani. Appurato ciò, qual è l'origine di questa bizzarra parola? Esistono diverse opinioni sull'argomento, che è considerato controverso.   

L'etimologia più diffusa, e proprio per questo altamente sospetta, è quella che fa risalire Yankee al nome proprio olandese Janke, alla lettera "Giovannino", "Gianni", diminutivo di Jan "Giovanni". Quando ero un moccioso, alle scuole medie avevo un compagno di classe, a dire il vero mitissimo, il cui cognome era Jäneke. Era figlio di un imprenditore tedesco, che non gli aveva insegnato la propria lingua materna. Venni poi a sapere che la città di origine della sua famiglia era Amburgo. L'etimologia del cognome, che si pronuncia /'jεnəkə/ (ma egli stesso aveva adottato la pronuncia ortografica /'janeke/), è la stessa di quella dell'ipocoristico olandese Janke "Giovannino", "Gianni". 

Incapaci di comprendere l'esistenza del suffisso diminutivo -ke in una lingua diversa dalla loro, alcuni hanno escogitato uno stratagemma che a detta loro avrebbe spiegato meglio la sillaba finale di Yankee: si sono inventati una derivazione dall'olandese Jan Kees, ritenuta una variante di Jan Kaas, ossia "Gianni Formaggio". Questo perché spesso i nomi di scherno attribuiti a uomini di nazionalità ostili traevano origine dal cibo preferito. Così Jean Farine era il francese tipico, alla lettera "Gianni Farina", mentre l'inglese tipico era etichettato come Jack Pudding, ossia "Gianni Budino". In modo simile, moltissimi italiani si sono visti appioppare dai francesi il nomignolo Macaroni, ossia "maccheroni, spaghetti". Per i tedeschi, specie per quelli di simpatie neonaziste, un italiano è descritto con la parola Spaghetti-freßer, ossia "divoratore di spaghetti" (si noterà che il verbo freßenfressen "mangiare, divorare" è usato per riferirsi ad animali). Tuttavia, va detto che nemmeno i figli della Germania sono stati immuni dalla derisione e dallo scherno più grossolano: spesso si sono sentiti chiamare Hanswurst, ossia "Gianni Salsiccia"! 
Per cercare di far fronte alla ridicola ipotesi di "Gianni Formaggio", nel vasto Web è saltata fuori anche l'interpretazione di Kees come ipocoristico di Cornelius, nome che in effetti era abbastanza comune in Olanda. Tempo fa mi sono imbattuto in qualcuno, ancor più ottuso, che è giunto a ipotizzare che Jan e Kees fossero i nomi di due fratelli, inventandosi ex post un mito. Non sono più riuscito, per somma fortuna, a trovare traccia di un simile scempio! Infine, c'è anche chi vorrebbe ricondurre le radici di Yankee al bucaniere olandese Jan Willems (morto nel 1688), noto anche come Janke o Yankey Willems.  

Il bibliotecario, editore e musicologo americano Oscar Sonneck (1873 - 1928), nella sua opera Report on "The Star-Spangled Banner", "Hail Columbia", "America", "Yankee Doodle" (1909), ha confutato una falsa etimologia romanzata secondo cui la parola sarebbe provenuta da una tribù che si faceva chiamare Yankoos, il cui nome avrebbe significato "Invincibili". La risibile storiella affermava che gli abitanti del New England avevano sconfitto questa tribù dopo una sanguinosa battaglia; i restanti indiani Yankoos avrebbero trasferito il loro nome ai vincitori. Sonneck ha notato che diversi scrittori americani dal 1775 avevano ripetuto questa narrazione come un fatto, nonostante fosse piena zeppa di lacune. Secondo Sonneck, non è mai stata tradizione di nessuna tribù indiana trasferire il proprio nome ad altri popoli, né alcun colono aveva mai adottato un nome indiano per descrivere se stesso. Sonneck ne conclude che non è mai esistita una tribù chiamata Yankoos

Il Dizionario Merriam Webster considera le origini della parola Yankee nel modo più deprimente: ETIMOLOGIA SCONOSCIUTA. Esiste una leggenda abbastanza diffusa, secondo cui la parola Yankee deriverebbe dal Cherokee eankke "codardo" o "schiavo". All'origine di questo pacchetto memetico ci sarebbe l'ufficiale britannico Thomas Anburey.  Per contro, sembra che William Gordon abbia dichiarato che la stessa parola avrebbe avuto il significato opposto: "eccellente". Il condizionale, come al solito, è d'obbligo. Resta il fatto che nella lingua dei nobilissimi Cherokee tale vocabolo non si trova, né col senso di "codardo", né con quello di "eccellente". In altre parole, è una fabbricazione, nemmeno tanto ingegnosa!   

Il bandolo della matassa

Non esiste un motivo chiaro che spieghi il successo di trovate tanto grossolane, radicatissime persino in ambito accademico. Anche se la specie umana si sta avviando rapidamente alla demenza più completa, persistono comunque alcune scintille di Scienza e di Verità, che è mio dovere indefettibile evidenziare a pubblica edificazione. 

Nel lontano 1994, Claudio R. Salvucci ha scritto quanto segue (i grassetti sono miei): 


Regarding the etymology of "yankee", someone mentioned that it was a term for the Dutch, which is confirmed in some dictionaries. 
However, there are quite a few 19th century scholars who derive it from an Algonquian (Lenape) attempt to pronounce "English" (The actual Algonquian form given is "Yengwe", later anglicized to "Yankee". I don't know if modern etymological studies have disproved this, but so goes the theory in the 1800's (i think by Rev. John Heckewelder) 

Traduzione: 

Per quanto riguarda l'etimologia di "yankee", qualcuno ha detto che era un termine olandese, cosa che è confermata in alcuni dizionari. 
Tuttavia, ci sono parecchi studiosi del XIX secolo che lo fanno derivare da un tentativo algonchino (Lenape) di pronunciare "English" (l'attuale forma algonchina data è "Yengwe", successivamente anglicizzato in "Yankee". Non so se moderno gli studi etimologici hanno smentito questo, ma così va la teoria nell'800 (penso dal Rev. John Heckewelder) 

Non sono riuscito a reperire altri messaggi di questo interessantissimo thread. Sono però convinto che il Reverendo John Gottlied Ernestus Heckewelder (1743 - 1823) avesse ragione da vendere! Nella buona sostanza, lo Yankee è proprio l'Inglese passato attraverso alla genuina usura fonetica del volgo tra gli Algonchini. 

English => Yeng(w)e => Yankee

1) English è stato assimilato come Yengwe in algonchino; 
2) Yeng(w)e è tornato in inglese americano ed è stato assimilato come Yankee

Questo è un caso lampante di effetto boomerang

“Yengees. This name they now exclusively applied to the people of New England, who, indeed, appeared to have adopted it, and were, as they still are, generally through the country called Yankees, which is evidently the same name with a trifling alteration.” 
(Rev. John Heckewelder) 

Traduzione: 

“Yengees. Questo nome ora lo applicavano esclusivamente al popolo del New England, che, in effetti, sembrava averlo adottato, e si trovavano, come lo sono ancora, generalmente attraverso il paese chiamato Yankees, che evidentemente è lo stesso nome con una piccola alterazione.” 

James Fenimore Cooper (1789 - 1851) è pienamente d'accordo con Heckewelder. Sia ne L'uccisore di daini (Deerslayer: or The First Warpath, 1841) che nel più noto L'ultimo dei Mohicani (Last of the Mohicans, 1826), usa il termine "Yengee" per riferirsi ai coloni inglesi. Sarebbe quindi ora di mandare finalmente al macero tutte le stronzate su Gianni Formaggio et similia! 

martedì 27 settembre 2022

ETIMOLOGIA DI LANDFOGTO 'MAGISTRATO DISTRETTUALE'

Ricordo ancora nitidamente quando visitai il castello di Locarno in compagnia di amici. Accadde un fatto che ha dell'incredibile e che ancora oggi desta il mio stupore. C'era una camera con una scritta sopra l'architrave della porta d'ingresso. Incredulo, lessi questa scritta, chiarissima ai miei occhi: 

SALA DEI LINFOCITI 

Fui colpito da un intenso mal di testa e da un senso di grande confusione. Mi ci volle un po' per capire che il mio cervello mi stava ingannando. Non potendo in alcun modo darsi una spiegazione dei dati che gli giungevano dagli occhi, i neuroni increduli e le sinapsi sovraccariche hanno operato una distorsione percettiva che è culminata in un'autentica allucinazione. Il dato reale, oggettivo, è stato sostituito da un tentativo di interpretazione fallace. Una cosa atroce! Alla fine, con immensa fatica, sono riuscito a distinguere la scritta vera: 

SALA DEI LANDFOGTI 

Lì per lì mi sono chiesto che diamine di parola fosse mai quella che i miei occhi mi stavano mostrando, ma quasi subito sono riuscito a riconoscere un composto formato a partire dal tedesco Land "terra, terreno", "territorio". Il secondo membro del composto è mascherato da un'ortografia inconsueta ma non è poi così difficile da comprendere. Ho allora capito che era un prestito dal tedesco all'italiano incerto del Canton Ticino. Landfogto significa "magistrato distrettuale". Si pronuncia Lanfocto e spesso si scrive anche così. Ecco la trafila della seconda parte del composto:  

Latino classico: advōcātus "avvocato, attendente";
      "sostenitore", "mediatore", "aiutante", "difensore"  
  Latino medievale: (ad)vocatus 
  => Antico alto tedesco: fogat "balivo", "giudice", "avvocato",
           "patrono"
      Medio alto tedesco: voget "balivo, magistrato" 
           varianti: vogt, voit, woith, vougt 
      Tedesco moderno: Vogt "balivo, magistrato"
      Pronuncia: /fo:kt/ (standard); 
                           /fo:xt/ (Germania settentrionale e centrale; 
                           Franconia, Baviera settentrionale) 
      Declinazione: gen. Vogts, Vogtes; pl. Vögte  
      Derivati: Vogtei "protettorato; prefettura" 

Nel Canton Ticino i funzionari detti Landfogti operarono per ostacolare la diffusione della Riforma Protestante e per promuovere lo sviluppo economico (due obiettivi che fanno a pugni tra loro, si noterà). 
Vogt era il titolo usato in area tedesca per indicare chi gestiva un'avvocazia.  

Termini derivati: 

Olandese: (land-)voogd "governatore"
Danese: foged "ufficiale giudiziario"
Norvegese: fogd "ufficiale giudiziario"
Svedese: fogde "ufficiale giudiziario" 
Polacco: wójt "impiegato governativo"; "balivo,
     signore di un comune rurale"
Finlandese: vouti "balivo"
Lituano: vaitas "balivo" (desueto)
Rumeno: voit "balivo" (desueto) 

Sono numerosi i cognomi derivati dal tedesco Vogt, alcuni dei quali diffusi anche nell'area di lingua olandese. Lo stesso Vogt è comunissimo in Norvegia.  

Vogt 
de Vogt
 
van Vogt 
Vogd 
Vogdt 
Voet 
Voigt 
Voight 
Voit 
von Voit 
Voogd 
etc. 

Sicuramente ci saranno altre varianti ancora. Ecco che l'eventuale lettore potrà finalmente comprendere l'origine del bizzarro cognome dello scrittore di fantascienza Alfred Elton van Vogt (Gretna, 1912 - Los Angeles, 2000), come pure il nome del famosissimo test Voight-Kampff che compare nell'opera di Philip K. Dick (Chicago, 1928 - Santa Ana, 1982), Il cacciatore di androidi (Do Androids Dream of Electric Sheep?, 1968). Inoltre, Georg Voigt (Königsberg, 1827 - Lipsia, 1891) fu uno storico e umanista tedesco, che scrisse un'opera in tre volumi su Papa Pio II, al secolo Enea Silvio Bartolomeo Piccolomini. Se non vado errato, Dick era abbastanza fissato su questo pontefice. Riporto nel seguito un elenco di personaggi il cui cognome è formato a partire dal prestito latino in tedesco.  

VOGT  
Alfred Vogt (1879–1943), oftalmologo svizzero
Alois Vogt (1906–1988), Deputato Primo Ministro del Liechtenstein
Andreas Vogt (1880-1958), politico liechtensteinese 
Achim Vogt (1970, viv.), sciatore alpino liechtensteinese
Carina Vogt (1992, viv.), saltatrice con gli sci tedesca 
Carl Vogt (1817–1895), scienziato e filosofo tedesco 
Carl Vogt (1817-1895), filosofo e zoologo tedesco
Emil Vogt (1863-1936), architetto svizzero 
Erich Vogt (1929–2014), fisico canadese
Eskil Vogt (1974, viv.), sceneggiatore e regista norvegese 
Evon Z. Vogt (1918–2004), antropologo americano
François-Xavier Vogt (1870-1943), vescovo cattolico francese
Franz-Josef Vogt (1985, viv.), calciatore liechtensteinese
Fredrik Vogt (1892-1970), ingegnere norvegese
Gerhard Vogt (2003, viv.), calciatore tedesco 
Hans Vogt (1903–1986), linguista norvegese
Heinrich Vogt (1890-1968), astronomo tedesco
Heinrich Vogt (1875-1936), neurologo tedesco
Jakob Vogt (1902-1985), sollevatore tedesco
Jordan Vogt-Roberts (1984, viv.), regista, attore e sceneggiatore statunitense
Jørgen Herman Vogt (1784-1862), politico norvegese
Joseph Vogt (1895-1986), storico tedesco
Kevin Vogt (1991, viv.), calciatore tedesco
Lars Vogt (1970-2022), pianista tedesco 
Linda Vogt (1922–2013), flautista australiana
Lorenz Juhl Vogt (1828–1901), politico norvegese
Lothar Vogt (1952, viv.), scacchista tedesco
Luis Vogt (2002, viv.), sciatore alpino tedesco 
Marthe Louise Vogt (1903–2003), neuroscienziata tedesca
Mary E. Vogt (1950, viv.), costumista statunitense
Matthias Theodor Vogt (1959, viv.) storico e musicologo tedesco
Miriam Vogt (1967, viv.), sciatrice alpina tedesca 
Niels Nielsen Vogt (1798–1869), politico norvegese
Oliver Vogt (1980, viv.), cestista svizzero
Oskar Vogt (1870-1959), neurologo tedesco
Petra Kandarr, nata Vogt (1950-2017), atleta tedesca 
Ramona Vogt (..., viv.), fisico statunitense
Richard Vogt (1894-1979), ingegnere aeronautico tedesco 
Rochus Eugen Vogt (1929, viv.), fisico tedesco-americano 
Roland Vogt (1941–2018), politico tedesco
Roy Vogt (1934-1997), economista canadese e critico letterario 
Stephanie Vogt (1990, viv.), tennista liechtensteinese
Steven S. Vogt (1949, viv.), astronomo statunitense 
Svend Borchmann Hersleb Vogt (1852–1923), politico norvegese 
Thorolf Vogt (1888–1958), geologo norvegese 
Ulrich Andreas Vogt (1952, viv.), tenore tedesco e direttore di orchestra 
Von Ogden Vogt (1879-1964), teologo americano 
William Vogt (1902-1968), ornitologo americano e scrittore di problemi di popolazione globale

de VOGT 
Carl de Vogt (1885-1970), attore e cantante tedesco

VOGDT 
Eberhard Vogdt (1902-1964), cordaio estone,
Marion Vogdt (1956, viv.), politico tedesco 

VOGTS 
Berti Vogts (1946, viv.), calciatore e allenatore tedesco
Howard C. Vogts (1929-2010), allenatore di football americano 

VOET 
Alexander Voet il Vecchio (1608-1689), incisore ed editore fiammingo
Alexander Voet il Giovane (1637–1693/1705), incisore ed editore fiammingo
Gijsbert Voet (1589–1676), teologo olandese
Jacob Ferdinand Voet (circa 1639–1689/1700) ritrattista barocco fiammingo
Johann Eusebius Voet (1706–1788), medico, poeta, illustratore ed entomologo olandese
Johannes Voet (1647–1713), giurista olandese
Judith G. Voet (1941, viv.), biochimica americana e autrice di libri di testo
Willy Voet (1945, viv.), fisioterapista sportivo belga

VOIGT
Alexander Voigt (1978, viv.), calciatore tedesco
Angela Voigt (1951-2013), atleta tedesca
Brooke Voigt (1993, viv.), ex snowboarder canadese 
Cynthia Voigt (1942, viv.), autrice americana di libri per ragazzi 
Deborah Voigt (1960, viv.), soprano statunitense 
Edwin Edgar Voigt (1892–1977), vescovo metodista americano
Ellen Bryant Voigt (1943, viv.), poetessa tedesco-americana
Emil Voigt (1879–1946), ginnasta e multiplista statunitense
Emil Voigt (1883–1973), mezzofondista britannico 
Erika Voigt (1898–1952), attrice danese 
Eva-Maria Voigt (1921-2013), filologa tedesca
Frederick Augustus Voigt (1892–1957), giornalista inglese
Friedrich Siegmund Voigt (1781–1850), zoologo e botanico tedesco 
Georg Voigt (1827-1891), storico tedesco
Harry Voigt (1913-1986), velocista tedesco
Ian Voigt (..., viv.), tecnico del suono britannico 
Irma Voigt (1882–1953), Decano delle Donne all'Università dell'Ohio 
Jaap Voigt (1941, viv.), giocatore olandese di hockey
Jan Voigt (1928–1997), attore e ballerino norvegese 
Jens Voigt (1971, viv.), ciclista tedesco
Joachim Otto Voigt (1798-1843), botanico danese 
Johann Carl Wilhelm Voigt (1752-1821), geologo tedesco
Johannes Voigt (1786–1863), storico tedesco 
Margarete Voigt-Schweikert (1887–1957), compositrice tedesca e critico musicale 
Mario Voigt (1977, viv.), politico democristiano tedesco 
Noelia Voigt (1999, viv.), Miss USA 2023
Richard Voigt (floruit XX sec.), ciclista su strada tedesco
Teresa Fioroni-Voigt (1799-1880), pittrice italiana
Udo Voigt (1952, viv.), politico ultra-conservatore tedesco 
Vanessa Voigt (1997, viv.), biatleta tedesca
Wilhelm Voigt (1849–1922), criminale tedesco (il Capitano di Köpenick)
William "Will" Bryant Voigt (1976, viv.), allenatore di pallacanestro  statunitense
Woldemar Voigt (1850–1919), fisico tedesco
Woldemar Voigt (1907–1980), ingegnere tedesco 
Wolfgang "Gas" Voigt (1961), musicista tedesco 

VOIGHT 
Barry Voight (1937, viv.), geologo americano
Charles Voight (1887–1947), cartonista americano
Dutch Voight (1888–1986), gangster americano
Robert G. Voight (1921–2008), accademico americano
Jack Voight (1945, viv.), Tesoriere dello Stato del Wisconsin
Jonathan "Jon" Voight è un attore e produttore statunitense, nato a Yonkers, New York nel 1938. 
La famosa attrice Angelina Jolie è nata Angelina Jolie Voight  nel 1975 ed è proprio la figlia del sopracitato Jon Voight. Suo fratello James Haven è nato James Haven Voight nel 1973. 

VOIT 
Brigitte Voit (1963, viv.), professore di chimica 
Eszter Voit (1916-1990), ginnasta ungherese
G. Mark Voit (1961, viv.), fisico americano
Louis Linwood Voit III (1991, viv.), giocatore di baseball americano
Otto Emil Voit (1845–1906), soldato americano decorato 
Robert Voit (1889-1963), artista americano 

von VOIT 
Carl von Voit (1831-1908), fisiologo e dietista tedesco 
Richard Jakob August von Voit (1801-1870), architetto tedesco 

VOOGD 
Bob de Voogd (1988, viv.), giocatore olandese di hockey su prato
Floris de Voogd (circa 1228-1258), fratello e procuratore di Guglielmo II d'Olanda
Hendrik Voogd (1768–1839), pittore e incisore
Jan de Voogd (1924–2015), politico olandese

Abbiamo inoltre qualche altra ricorrenza interessante del termine: 

Herr Vogt è il titolo di una pubblicazione polemica pubblicata da Karl Marx;
Vogt è un comune del distretto governativo di Tubinga (Baden-Württemberg, Germania);  
Funker Vogt è un progetto tedesco di musica elettronica; 
4378 Voigt è un asteroide della fascia principale; 
L'Effetto Voigt è un fenomeno magneto-ottico; 
La Notazione di Voigt è un sistema di scrittura dei tensori.

giovedì 15 settembre 2022

UN RELITTO CELTICO IN ROMANCIO: CARMUN 'DONNOLA'

In romancio esiste la parola carmun "donnola". L'origine è chiaramente celtica. 

Proto-celtico: *karmū*karmon- "donnola; ermellino" 
   Gallico: CARMO (attestato come antroponimo maschile) 
   Celtiberico: CARMO (nome di città, oggi Carmona
 
   Gallese: carlwm "ermellino" 
   Bretone: kaerel "donnola" (*)  

(*) Si noti l'irregolarità fonetica, forse dovuta ad analogia con kaer "forte".

Esiste qualche parallelo in altre lingue indoeuropee: 

1) Proto-germanico: *χarmǣn "donnola; ermellino" 
(ricostruzioni alternative: *xarmēn, *harmǭ, etc.)
  Antico inglese: hearma "ermellino; toporagno; ghiro" 
     (gen./dat./acc. hearman; nom./acc. pl. hearman;
      gen. pl. hearmena
dat. pl. hearmum
  Frisone occidentale: harmel "ermellino" 
  Antico sassone: harmo "ermellino" 
     Medio basso tedesco: harm "ermellino" 
  Antico olandese: *harmo, *hermilo "ermellino" 
    Medio olandese: hermel "ermellino"
    Olandese: herm "ermellino" (obsoleto); hermelijn
        "ermellino" 
  Antico francone: *harmo "ermellino; furetto"; 
        *hermilo, *hermilîn "ermellino" (**)
  Antico alto tedesco: harmo "ermellino; furetto";
        harmiloharmilîn "ermellino"  
     Medio alto tedesco: harme "ermellino"; hermelîn
        "ermellino"  
     Tedesco moderno: Harm "ermellino" (obsoleto);
        Hermelin "ermellino"  

(**) L'antico francese ha ereditato ermine (ermin, hermin, hermine) "ermellino" dalla lingua dei Franchi. La parola francese è poi passata in medio inglese ermyne (armyn, armyne, ermin, ermine, ermyn, hermyn), dando infine l'inglese moderno ermine


2) Proto-baltico: *čarm-ō̃, *čarm-ul-ia- (/ -e-"ermellino"
  Lituano: šarmuõ "ermellino; gatto selvatico", 
       šermuonėlis "ermellino" 
  Lettone: sarmulissermulis "ermellino" 

A partire da queste forme è stato possibile ricostruire un possibile antenato: 

Proto-indoeuropeo: *k'ormōn, *k'ormen- "ermellino" 
  (Starostin ricostruisce *k'er
əm-)

La parola è con ogni probabilità un resto di un più antico sostrato, assorbito nel tardo indoeuropeo occidentale. Allo stato attuale delle conoscenze non si riesce a specificare di più sull'origine ultima della radice e sulle sue dinamiche di diffusione.   

Il caso del topo dell'Armenia 

I romanisti, come ben noto, ritengono un libro chiuso tutto ciò che va oltre le conoscenze di latino del liceo. Così hanno escogitato una grossolana pseudoetimologia. Partendo dalla forma latina medievale (XIII sec.) armeninus "ermellino", chiaramente derivata dall'antico alto tedesco harmilîn con assimilazione, hanno ricostruito un inesistente (mūs) armenīnus "topo d'Armenia", facendolo derivare da armēnus "armeno".  

domenica 30 gennaio 2022


UNA BREVE NOTA SUI MEROVINGI
E SULLA LORO LINGUA


Quando si formulano ipotesi infondate, come fa Dan Brown, si dovrebbe sempre aver ben presente il contesto dell'epoca in cui si ambientano le proprie fantasie.
A proposito dell'ormai annosa teoria del Sangreal, giova tener presente che i Franchi non erano Francesi nel senso moderno del termine. Erano un'unione di popoli germanici che parlavano dialetti appartenenti in parte all'area dell'Antico Alto Tedesco e in parte a quella dell'Antico Basso Tedesco. Non si esprimevano in idiomi romanzi come la Lingua d'Oïl, all'epoca neppure pienamente formata. Non potevano capirsi con i loro popolani. I Merovingi non si curavano di certo del problema. Carlo Magno, figlio del distruttore della dinastia di Meroveo, si cullava ancora nell'assurda illusione che i suoi sudditi si esprimessero nel Latino degli antichi Romani, integro e puro come quello di Cicerone, come quello di Giulio Cesare.


Questo sovrano, cresciuto analfabeta e rozzo, era tanto distante dalla cultura delle genti del suo regno da ignorare persino l'uso del formaggio. Furono dei monaci a fargli conoscere questo alimento, e all'inizio il chiomuto sovrano ne fu disgustato perché non sapeva come mangiarlo: addentò la rancida crosta come prima cosa e la sputò schifato, chiedendosi come mai potesse un essere umano godere un cibo tanto immondo. Solo come gli fu insegnato a mangiare la polpa, divenne un grande estimatore della produzione casearia. 
 
Fu Alcuino, monaco dottissimo, a mettere a Carlo la pulce nell'orecchio, e questi ordinò un'indagine accurata tra le genti sottoposte al suo potere per accertare quale lingua parlassero. I risultati mostrarono che senza alcun dubbio i popolani non erano capaci di comprendere i loro pastori. A questo punto in poi la politica franca cominciò a cambiare. 
 
Il Giuramento di Strasburgo, formulato in Antico Alto Tedesco e in una forma ancora grossolana di lingua neolatina sono una testimonianza della volontà di comunicazione di Carlo il Calvo (823 - 877) e di Ludovico il Germanico (804 ? - 876). Carlo giurò in tedesco antico e Ludovico in romanzo, per farsi capire dai rispettivi eserciti, ma è del tutto chiaro che entrambi i sovrani, che erano fratelli, si esprimevano nel loro ambiente usando la stessa lingua avita, di chiara origine germanica. 

Ludovico:
Pro Deo amur et pro christian poblo et nostro commun salvament, d'ist di in avant, in quant Deus savir et podir me dunat, si salvarai eo cist meon fradre Karlo et in aiudha et in cadhuna cosa, si cum om per dreit son fradra salvar dift, in o quid il mi altresi fazet et ab Ludher nul plaid nunquam prindrai, qui, meon vol, cist meon fradre Karle in damno sit.

Carlo: In Godes minna ind in thes christianes folches ind unser bedhero gehaltnissi, fon thesemo dage frammordes, so fram so mir Got gewizci indi mahd furgibit, so haldih thesan minan bruodher, soso man mit rehtu sinan bruher scal, in thiu thaz er mig so sama duo, indi mit Ludheren in nohheiniu thing ne gegango, the minan willon, imo ce scadhen werdhen.

Esercito di Carlo: Si Lodhuvigs sagrament que san fradre Karlo jurat conservat et Karlus, meos sendra, de suo part non l'ostanit, si io returnar non l'int pois, ne io ne neuls cui eo returnar int pois, in nulla aiudha contra Lodhuwig nun li iu er.

Esercito di Ludovico: Oba Karl then eid then er sinemo bruodher Ludhuwige gesuor geleistit, indi Ludhuwig, min herro, then er imo gesuor forbrihchit, ob ih inan es irwenden ne mag, noh ih noh thero nohhein, then ih es irwenden mag, widhar Karle imo ce follusti ne wirdoohg.

Per rendere il tutto più chiaro ai lettori, fornisco alcuni scritti germanici dell'epoca, esempi rappresentativi dell'Alto Tedesco: diverse versioni del Padre Nostro, che i missionari cristiani sentirono di non poter comunicare direttamente nella forma latina.

Questa è la versione nella lingua degli Alemanni di San Gallo, risalente all'VIII secolo d.C.:

Fater unseer, thu pist in himile,
uuihi namun dinan,
qhueme rihhi diin,
uuerde uuillo diin,
so in himile sosa in erdu.
prooth unseer emezzihic kip uns hiutu,
oblaz uns sculdi unsero,
so uuir oblazem uns skuldikem,
enti ni unsih firleiti in khorunka,
uzzer losi unsih fona ubile.

Questa è la versione nella lingua dei Franchi della Renania Meridionale, databile al IX secolo d.C.:

Fater unsêr, thu in himilom bist,
giuuîhit sî namo thîn,
quaeme rîhhi thîn,
uuerdhe uuilleo thîn,
sama sô in himile endi in erthu.
Broot unseraz emezzîgaz gib uns hiutu,
endi farlâz uns sculdhi unsero,
sama sô uuir farlâzzêm scolôm unserêm,
endi ni gileidi unsih in costunga,
auh arlôsi unsih fona ubile.

Per ultima, riporto la versione nella lingua dei Franchi Orientali, sempre del IX secolo.

Fater unser, thū thār bist in himile,
sī geheilagōt thīn namo,
queme thīn rīhhi,
sī thīn uuillo,
sō her in himile ist, sō sī her in erdu,
unsar brōt tagalīhhaz gib uns hiutu,
inti furlāz uns unsara sculdi
sō uuir furlāzemēs unsarēn sculdīgōn,
inti ni gileitēst unsih in costunga,
ūzouh arlōsi unsih fon ubile.

Si paragonino ora questi testi con la preghiera in Gotico redatta dal vescovo ariano Wulfila nel IV secolo d.C.:

Atta unsar, þu in himinam,
weihnai namo þein,
qimai þiudinassus þeins,
wairþai wilja þeins,
swe in himina jah ana airþai.
Hlaif unsarana þana sinteinan gif uns himma daga,
jah aflet uns þatei skulans sijaima,
swaswe jah weis afletam þaim skulam unsaraim,
jah ni briggais uns in fraistubnjai,
ak lausei uns af þamma ubilin;
unte þeina ist þiudangardi
jah mahts jah wulþus in aiwins.
Amen


(þ = th come nell'inglese thin; ei = i lunga; ai = e lunga aperta; au = o lunga aperta; e = e lunga chiusa; o = o lunga chiusa; iu ha l'accento su i; gg = ng come nell'inglese sing; gk = nk)

La Conoscenza smaschera gli impostori.

martedì 25 gennaio 2022


I MEROVINGI: LA PRIMA DINASTIA DI FRANCHI

La dinastia dei Merovingi trae il suo nome da Meroveo, re dei Franchi nato nel 411 e morto nel 456. Meroveo (francese Mérovée) deriva direttamente da Meroveus, latinizzazione del franco Merowech. Il suffisso -ing è un ben noto mezzo espressivo germanico usato per indicare i discendenti di un capostipite nobile. È importante tenere presente che i Franchi erano una coalizione di popoli della Germania renana, e parlavano un idioma germanico, non l'antenato del francese, che è invece una lingua neolatina. La prima citazione di Meroveo si trova in Gregorio da Tours, storico gallo-romano e vescovo, che nelle Grandi Cronache di Francia lo indica come successore di Clodione il Capelluto. Non si riesce tuttavia a capire da questa informazione se Meroveo fosse figlio di Clodione. Tra i Germani non esistevano a quell'epoca concetti come la successione ereditaria e il diritto di primogenitura. Contava solo che i sovrani fossero scelti all'interno della tribù regale. Si pensa che Meroveo combatté come alleato dei Romani nella terribile battaglia dei Campi Catalaunici nel 451, conclusasi con una vittoria di Pirro contro gli eserciti di Attila.

Già gli antichi misero in dubbio la vera origine di Meroveo, e a questo proposito sono note due diverse leggende. La prima, più antica, era di certo un residuo del paganesimo dei Franchi, che si convertirono al Cristianesimo Romano soltanto sotto il merovingio Clodoveo, ispirato da un calcolo politico più che da autentiche convinzioni religiose. Si narra che la moglie di Clodione stesse in riva al mare, e che dalle acque scaturì un gigantesco toro in calore. La regina copulò con la bestia mostruosa, restando incinta proprio di Meroveo. Per alcuni addirittura il nuovo nato avrebbe avuto caratteristiche fisiche anomale che ne denunciavano l'origine ferina. I fautori di questa spiegazione derivano l'antroponimo Merowech dall'antica radice mer- 'mare', che si trova anche nel gotico marei, parente del latino mare, del celtico more e dello slavo morje. In realtà è più probabile che mero- sia simile al gotico mereis 'glorioso'. Nessun dubbio invece su -wech, -wig, che significa 'guerriero': allo stesso modo Clodoveo significa 'guerriero famoso'.

La seconda leggenda è invece più tarda, e risale di certo ad un'epoca in cui i Franchi erano stati cristianizzati, quindi non prima della fine del V secolo. Secondo questa narrazione, Gesù sarebbe stato lo sposo di Maria Maddalena e avrebbe generato figli con lei. Maria Maddalena sarebbe fuggita dalle persecuzioni dei Romani assiema a Maria di Betania, a Marta di Betania e a Maria madre di Gesù, trovando scampo nella Gallia Narbonese, che è l'attuale Provenza. Dalla zona palustre oggi conosciuta come Camargue, vicino all'importante città di Arelate (attuale Arles), la Maddalena avrebbe navigato sul Rodano con le sue compagne di sventura, fino ad incontrare la tribù dei Franchi. Ora, i Franchi sono descritti da queste dubbie fonti come una delle tribù di Israele, per la precisione come discendenti di Beniamino fuggito alla repressione operata dai Romani in Giudea. Questa ipotesi, riportata in vita da Baigent e da Dan Brown, è contraddetta in modo palese dalla realtà dei fatti.

I Franchi non avevano nulla a che vedere con gli Ebrei, e anche l'archeologia lo dimostra. Come conciliare con la pretesa origine mediorientale di questi germani il fatto che sono costantemente descritti da tutte le fonti allo stesso modo di tutti gli altri nordici, come dotati di pelle chiarissima, occhi azzurri e capelli biondi? Sappiamo con precisione l'origine dei Franchi, che si sono formati dall'unione di tribù più antiche come i Chatti, i Cauchi, i Tencteri, gli Usipeti, i Sigambri. Si sa anche che alcuni popoli loro simili, come gli Angrivari, rimasero tagliati fuori dalla coalizione e non accettarono di essere cristianizzati finché Carlomagno non li costrinse con la forza tra la fine del VIII secolo e l'inizio del IX. Quando Clodoveo fu battezzato, il vescovo Remigio di Reims che gli diede il sacramento, trovò necessario esortarlo con una frase rimasta famosa: "Fiero Sigambro, brucia ciò che hai adorato e adora ciò che hai bruciato!".

Il primo franco noto con questo etnonimo fu Arbogaste (Arbogast), un generale politeista che combatté contro la tirannia di Teodosio nel IV secolo, finendo disfatto assieme al suo protettore Eugenio. Fu adoratore di Wotan il duca Pharamond, padre di Clodione, e lo fu allo stesso modo lo fu Meroveo. Non è difficile immaginare che all'epoca dei primi Merovingi la situazione non fosse pacifica, e i sentimenti anticristiani fossero molto potenti: era in corso una guerra di religione. In tutto questo scenario ben attestato non può in alcun modo inserirsi la storia di Maria Maddalena. Le incongruenze e gli anacronismi sono insormontabili anche dal punto di vista linguistico e geografico. Dovremmo sorvolare sul fatto che Sangue Reale nella lingua dei Franchi parlata in epoca carolingia si diceva Kuninges Pluot (quasi come il tedesco moderno königlich Blut): la locuzione germanica è una sorgente improbabile per il termine Sangreal. Dovremmo ignorare che il Rodano nasce in quella che oggi è la Svizzera, e che non scorre in regioni sottoposte al potere franco nel V secolo. Ai tempi di Augusto la Renania era sotto il controllo di Roma, e la Maddalena avrebbe dovuto navigare sul Reno verso il Mare del Nord e addentrarsi in pericolose foreste per trovare gli antenati dei Franchi. A scanso di equivoci, aggiungo che il famoso sito di
Rennes-le-Château  ha una collocazione a dir poco eccentrica rispetto a tutto ciò che ha a che fare con i Franchi.

Il mito dell'origine dalla stirpe di Gesù e di Maria di Magdala nacque in un'epoca in cui non esistevano conoscenze di etnologia e di storia. A seguito della cristianizzazione, i Franchi avevano perso parte del proprio passato in una vera e propria operazione di etnocidio, come spesso avveniva quando un popolo pagano si poneva sotto il dominio della Chiesa di Roma. Quando i primi storici dei Franchi ci dicono che Clodoveo aveva venerato gli Dei della Grecia, dimostrano solo quanto fu efficace a distanza di un secolo la rimozione di un intero patrimonio culturale.

Lo scopo della leggenda del Sangue Reale è evidente: serviva ai Merovingi cristianizzati per assicurarsi un potere mistico, quando la loro scarsa abilità con le armi non poté più garantire loro il pieno controllo sul popolo franco. Infatti la dinastia dopo Clodoveo subì un rapido processo di degenerazione. Si parlò di Re Fannulloni, che non erano neppure più capaci di impugnare un'arma a causa della loro temperatura corporea costantemente superiore alla media. Il potere effettivo andò così ad una nuova figura capace di gestire gli eserciti: il Maestro di Palazzo, detto anche Maggiordomo. La causa di questo è chiara e va ricercata nell'endogamia. I reiterati matrimoni tra consanguinei stretti avevano propagato un qualche difetto genetico, come si può oggi notare tra le genti della Micronesia, in cui intere popolazioni soffrono di sindromi parkinsoniane o sono cieche ai colori. Si racconta come vivevano questi discendenti di Meroveo. Assieme al loro seguito viaggiavano su carri, e giunti alla dimora di un nobile vi si installavano, divorando ogni commestibile e bevendo a dismisura. Quando le dispense e le cantine non avevano più nulla da offrire, partivano alla ricerca di una nuova fonte di approvvigionamenti.

Conservavano molti costumi del loro passato pagano, come quello che li costringeva ad essere intonsi, ossia a non tagliarsi mai capelli e barba. Trasformare i difetti in virtù era necessario a quei tempi, così nacque l'idea che il Re fosse in grado di risanare i malati con il solo tocco delle mani. Per dare una giustificazione storica di questo preteso potere, l'origine dal Sangue Reale poteva servire molto bene. Gesù infatti era a tutti noto per le miracolose guarigioni che era in grado di operare. Secoli dopo si sarebbe parlato ancora dei Re Taumaturghi. Tra le altre usanze bizzarre si menzionano la poligamia e la trapanazione del cranio dei morti. Queste sono tradizioni che hanno una spiegazione nell'ambito dell'antichità precristiana europea. Se proprio si vogliono trovare contatti con l'antica cultura egiziana, più che una Chiesa Gnostica nascosta vengono in mente le menzioni di Tacito sul culto di Iside tra i Suebi.

Le generazioni si susseguirono, e la stirpe merovingia sembrava essere destinata a un'eterna vita nell'agonia, ma qualcosa andava cambiando. Il potere dei Maggiordomi premeva e minacciava la dinastia decennio dopo decennio: un potere concreto, fatto di ferro, di complotti e di ferocia. Il rapporto tra il Re e il Maestro di Palazzo era in tutto e per tutto simile a quello che in Giappone si produsse tra l'Imperatore e lo Shogun. La stirpe che deteneva il comando militare sarebbe stata destinata a rimpiazzare i vecchi re e ad acquisire grande gloria: era la stirpe dei Carolingi.

Il quarantaseiesimo e ultimo merovingio fu Childerico III. Noto con il significativo soprannome di Re Idiota o addirittura Re Fantasma, fu riconosciuto come sovrano dai Maggiordomi Carlomanno e Pipino il Breve, dopo sette anni di trono vacante. Qualcuno avanza persino il dubbio che fosse un autentico discendente di Meroveo. Con tutta probabilità era un figlio di Chilperico II, ma non esistono prove certe a questo riguardo. Si trascinò in un'ingloriosa esistenza da fantoccio, finché Pipino il Breve ebbe sufficiente coraggio per deporlo. In una lettera scritta al Papa Zaccaria, Pipino gli chiedeva retoricamente se dovesse essere re chi aveva ereditato il titolo in virtù del suo sangue o chi invece il potere lo deteneva davvero. La risposta del Pontefice fu chiara e dura: doveva essere Re chi esercitava il potere. Così avvenne che nel 751 Papa Stefano II, succeduto nel frattempo a Zaccaria, diede disposizione che Childerico III fosse privato del suo titolo e che il suo cranio fosse completamente rasato. Pipino alla lettera deposit et tonsit l'ultimo dei Merovingi, quia non erat utilis, perché non era utile. Rinchiuso in un monastero, Childerico morì pochi anni dopo di stenti e di crepacuore.

I sostenitori della teoria del Sang Real di solito indicano erroneamente in Dagoberto II l'ultimo dei Merovingi, ma questi era il trentanovesimo rappresentante della dinastia, morto nel 679. Tra lui e Childerico III ci furono ben sei regnanti dello stesso sangue: Teodorico III, Clodoveo II, Childeberto II, Dagoberto III, Chilperico II e Teodorico IV. Una tradizione vuole che Dagoberto fosse padre delle sante Erminia e Adele. Che si sappia non lasciò eredi diretti. Un figlio chiamato Sigisberto pare proprio il frutto di una falsificazione storica, come tutto ciò che ha a che fare con il Priorato di Sion.

Comunque la si metta, l'ipotesi della discendenza dei Merovingi da Gesù non implicherebbe in alcun modo che Gesù fosse interamente umano, come spesso si sente dire. Secondo l'idea della Chiesa di Roma, Gesù avrebbe avuto due nature in sé: quella umana e quella divina. Quindi, seguendo questa contorta teologia, si potrebbe pensare credibile che Cristo abbia generato figli, ferma restando la sua resurrezione. Per questo motivo i Merovingi non furono condannati come eretici dal potere di Roma. Invece la religione Catara è ferma a questo riguardo: Cristo, che non mangiò col corpo e non ebbe un corpo di carne, non può in alcun modo aver emesso seme e procreato una discendenza di qualsiasi tipo. Una simile storia sarebbe stata rifiutata da tutti i Buoni Uomini come falsa e blasfema.