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mercoledì 15 settembre 2021

ETIMOLOGIA LONGOBARDA DI GUITTO E DELL'ANTROPONIMO GUITTONE

Negli anni della mia gioventù, ero convinto che la parola guitto fosse derivata dalla stessa radice germanica dell'inglese wit "detto sagace", "motto di spirito". Nonostante la sua grande bellezza, questa ipotesi si rivelò presto del tutto fallace. In estrema sintesi, i fatti sono questi:
 
1) Se ammettiamo l'etimo di cui sopra, la parola non può essere genuinamente longobarda, dato che manca della Seconda Rotazione Consonantica, che l'avrebbe resa *guizzo
2) Il termine "guitto" non aveva un tempo il suo significato attuale di "attorucolo": indicava piuttosto il vagabondo, inteso come "individuo inutile e sudicio". In toscano la parola è tuttora usata come aggettivo col significato di "meschino, misero, povero" e anche di "avaro, gretto", "squallido"
 
Vediamo ora di ingegnarci a chiarire l'origine della parola in esame, combattendo contro difficoltà di ogni genere pur di tirarla fuori dal pantano etimologico in cui sembra sprofondata. 
 
I guitti, cittadini di Guittalemme

Chi si ricorda di Erminio Macario? Certamente tra i Millennials, e ancor più tra la Z Generation, nessuno ha la benché minima idea dell'esistenza di questo personaggio, che iniziò la sua carriera come "comico grottesco". Ricordo che in un documentario, visto molti anni fa, si parlava della formazione giovanile di Macario a Guittalemme. Il toponimo Guittalemme stava a indicare una fantomatica città popolata dai guitti, forse addirittura il luogo d'origine di tutti i guitti. La formazione del toponimo immaginario è ben chiara: la radice è la parola guitto "attore vagabondo", mentre il suffissoide -lemme, interpretato popolarmente come "città", è stato estratto dai toponimi di origine ebraica Gerusalemme e Betlemme. Ovviamente si tratta di un procedimento abusivo e infondato, la cui causa è l'ignoranza della lingua ebraica. Infatti Gerusalemme è da יְרוּשָׁלַיִם Yerushalayim, tradizionalmente interpretato come "Fondazione di Pace", nonostante -ayim abbia l'aspetto di un suffisso duale fossilizzato; invece Betlemme è da בֵּית לֶחֶם Beth Lechem "Casa del Pane" (לֶחֶם lechem significa "pane"). Nel documentario su Macario si parlava delle "guittate", trovate da attorucoli privi di mezzi. Due esempi di guittate: salire sul palco con residui del trucco dello spettacolo precedente; simulare il passaggio dei soldati pestando ritmicamente dei manici di scopa sul pavimento dietro un tendone, da cui emergeva solo la paglia delle ramazze, che dovevano far venire in mente agli spettatori una fila di copricapi militari. Riporto a pubblica edificazione questi frammenti di memorie di un mondo perduto.
 
Alcune etimologie tradizionali 

Ipotesi catalana: 
Il Michaelis, citato nel Dizionario Etimologico Online, propone l'origine della parola guitto dall'aragonese e catalano guit, guito "cattivo, sfrenato, indocile", che a quanto pare sarebbe stato detto soprattutto dei muli - quegli equini caparbi, dotati di smisurato priapo e scorreggioni, che in preda a crisi convulsive tirano calci a destra e a manca. Così una mula guita significa "una mula recalcitrante". Il Diccionari de la llengua catalana glossa guit con "Que acostuma a tirar guitzes", ossia "che è solito tirare calci". In aragonese e in catanano, dalla stessa radice sarebbe derivato anche guiton "vagabondo, ozioso, mendico". Per quanto riguarda l'origine ultima, nel Dizionario Etimologico Online è indicato il basco gaitz "cattivo", cosa impossibile già soltanto per motivi di fonetica. Altre proposte etimologiche riportate in quella fonte sono ancora più stravaganti e implausibili (gallese gwid "vizio"; latino vietus "floscio, marcescente").   


Si nota che il catalano guit, guito, è pronunciato con un'occlusiva velare semplice e senza -u-, e tale era anche in epoca medievale, tanto che in italiano sarebbe stato adattato come *ghitto. In spagnolo esiste una variante güito "indocile" (detto di animale), pronunciato /'gwito/. Tuttavia proprio questa peculiarità fonetica della parola spagnola fa pensare che si tratti piuttosto di un prestito dall'italiano. Tutte le forme citate, aragonesi, spagnole e catalane, sono a parer mio prestiti dall'italiano guitto: il flusso è proprio l'inverso di quello descritto dai romanisti. 

Ipotesi olandese: 
Il Vocabolario Treccani sostiene l'origine della parola guitto dall'olandese guit "briccone, furfante". Com'è costume dei romanisti, nessuno sembra preoccuparsi minimamente di fornire una traccia etimologica in grado di spiegare la voce olandese.


Si deve ricorrere a fonti più aggiornate e decenti. Nel Wiktionary in inglese, si trova quanto segue: guit deriva dal medio olandese guyte, di origine incerta e probabilmente connesso con ghoiten "rimproverare" e con guiten, guten "prendere in giro, schernire". Possibili paralleli in altre lingue germaniche sono: norreno gauta "parlare molto" e antico alto tedesco gauzen "insultare con un nomignolo". Un problema di non poco conto è la pronuncia stessa della parola olandese, che ha un dittongo discendente /œy/, con l'accento sulla prima vocale: /γœyt/. Il dittongo era discendente anche in epoca medievale, per sua derivazione da un dittongo protogermanico. I romanisti hanno dato per scontato che la pronuncia fosse */gwit/, con un dittongo ascendente. In pratica, hanno ciccato! La parola del medio olandese non avrebbe mai potuto dare guitto in toscano. 


Per quanto riguarda la semantica, la somiglianza è abbastanza notevole, ma questo conta assai poco. Che una provenienza olandese della parola fosse abbastanza improbabile, è facile da capire.

L'antroponimo Guittone 
 
Nel XIII secolo esisteva in Toscana l'antroponimo Guittone, chiaramente derivato da guitto. Ci è ben noto Guittone d'Arezzo (Santa Firmina, 1230/1235 - Firenze, 1294). Aveva moglie e figli ed era libidinosissimo, poi ebbe una crisi religiosa e divenne un fratacchione... gaudente! Di lui si ricorderà certamente la poesia immortale "Stavasi un eremita in Poggibonsi"... 😀 Il nomen omen è una realtà!
 
La vera etimologia 
 
Si deve evitare il marasma, visto che in questo caso specifico esiste modo di farlo. Presento dunque la sorgente etimologica a cui bisogna fare riferimento. 
 
Proto-germanico:  *wiχtiz "essenza, essere; cosa, creatura" (genere: femminile). 

Singolare 

nominativo: *wiχtiz 
genitivo: *wiχtīz 
dativo: *wiχtī
accusativo: *wiχtin 
vocativo: *wiχti 
strumentale: *wiχtī
 
Plurale
 
nominativo: *wiχtīz
genitivo: *wiχtijōn
dativo: *wiχtimaz
accusativo: *wiχtinz 
vocativo: *wiχtīz
strumentale: *wiχtimiz

Discendenti (l'elenco non è esaustivo e non riporta tutte le varianti ortografiche): 

Gotico: waihts "cosa"
Norreno: véttr, vætr "creatura, specie di gnomo"
Antico inglese: wiht, uht "cosa" 
  Medio inglese: wight "creatura, cosa; persona; mostro; 
     piccola quantità" (pl. wightes
  Inglese moderno: wight "creatura, entità", whit "piccola 
    quantità" 
Antico olandese: wiht "creatura; bambino; ragazza"
  Medio olandese: wicht, wecht "creatura; bambino;
      ragazza"  
   Olandese moderno: wicht "creatura; bambino; ragazza"
Antico sassone: wiht (f.) "creatura, cosa; persona"
Antico alto tedesco: wiht "creatura; cosa"
  Medio alto tedesco: wicht "creatura; cosa" 
  Tedesco moderno: Wicht "piccola creatura; nano"
 
Esiste anche una variante i cui esiti non sono sempre facili da distinguere, specialmente nelle lingue moderne. Eccola: 
 
Proto-germanico *wiχtan "cosa; creatura" (genere: neutro).  

Singolare 

nominativo: *wiχtan
genitivo: *wiχtas, *wiχtis  
dativo: *wiχtai
accusativo: *wiχtan
vocativo: *wiχtan  
strumentale: *wiχtō
 
Plurale
 
nominativo: *wiχtō
genitivo: *wiχtōn
dativo: *wiχtamaz
accusativo: *wiχtō 
vocativo: *wiχtō
strumentale: *wiχtamiz
 
Discendenti (l'elenco non è esaustivo e non riporta tutte le varianti ortografiche): 
 
Gotico: ni waiht "nulla" 
Antico inglese: wiht "creatura, cosa";
     āwiht "qualcosa";
     nāwiht, nōwiht "niente"
  Medio inglese: wight "creatura, cosa, persona; mostro; 
     piccola quantità" (pl. wighten);  
     ought "qualcosa";
     naht, noht, noght, naght, naught "niente"
  Inglese moderno: wight "creatura, entità";
     nought
, naught "niente", not "non"
Antico olandese: wiht "creatura; bambino; ragazza"; 
      niewiht, nuwieht, niuweht "niente" 
  Medio olandese: wicht, wecht "creatura; bambino;
      ragazza"; 
      niwet, nit, niet "niente"  
   Olandese moderno: wicht "creatura; bambino; ragazza";
      niet "non", "no"
Antico sassone: wiht (n.) "creatura, cosa, persona"; 
     neowiht, niowiht, nieht "niente"  
   Medio basso tedesco: wicht, wucht (n.) "cosa"
Antico alto tedesco: wiht (m., n.) "creatura; cosa";
      niowiht "non"
  Medio alto tedesco: wicht "creatura; cosa"; 
     niuweht, nieweht, niht, nit "niente, nessuno; non"
  Tedesco moderno: Wicht "piccola creatura; nano";
      nicht "non"
 
A questo punto è chiarissima l'origine longobarda di guitto e di Guittone
 
Longobardo ricostruito: 
  GUICT "creatura, cosa"; "buono a nulla, vagabondo"; 
  NIGUECT, NEIGUECT, NAIGUECT "niente".
Il pronome indefinito ha lasciato importanti esiti in alcuni dialetti gallo-italici della Lombardia: milanese nigòtt "niente", brianzolo nigòtt, nagòtt "niente"; in bergamasco ho sentito vergòt, ergòt "qualcosa". 
 
Non ho dubbi sul fatto che il catalano guit provenga da una forma germanica, la stessa che troviamo nell'antico alto tedesco wiht. Si potrebbe pensare che l'origine sia nella lingua dei Franchi. Tuttavia si nota che non risulta un esito di questa radice passato al francese o al provenzale. Potrei sbagliarmi, ma se esistesse, i romanisti lo avrebbero già usato come fonte etimologica. Non credo che i Franchi avessero potere in Catalogna. Non può trattarsi di una parola del germanico orientale a causa del vocalismo. Resta un'unica soluzione: è provenuta dall'Italia. 
 
Conclusioni 
 
Con questo contributo ho fatto chiarezza su alcuni punti controversi. 
 
1) Ho dimostrato che l'italiano guitto non deriva dall'olandese guit
2) Ho dimostrato che l'italiano guitto non deriva dal catalano guit, essendo vero il contrario. 
3)  Ho enunciato l'origine longobarda dell'italiano guitto e dell'antroponimo Guittone.

sabato 14 agosto 2021

ETIMOLOGIA DEL NOME TOTILA: LA SOLUZIONE DI UN ANNOSO PROBLEMA

Totila (forse 516 - 552) fu un grande condottiero e il penultimo sovrano degli Ostrogoti, che combatté eroicamente contro i Bizantini, finendo sconfitto e morendo in battaglia. Cosa significa esattamente il nome Totila? Secondo una tradizione inveterata quanto fallace, Totila (pronuncia Tòtila) significherebbe "L'Immortale". Questa informazione distorta, la cui origine ultima non mi è affatto chiara, è riportata dovunque, sia in libri cartacei che nei siti del Web. Lo storico Procopio di Cesarea (VI secolo) non ne fa menzione. Ho reperito una fonte del XIX secolo, l'Almanacco perpetuo martiro-etimologico di Raffaello Mazzoni (1839), che consiste in un elenco di "traduzioni" di moltissimi nomi propri di persona, accompagnate da un'abbreviazione descrivente la lingua d'origine (teut. sta per "teutonico", ossia "germanico"). Ecco cosa è scritto su Totila:

Totila , m. Liberato dalla morte, teut. 

Gli almanacchi perpetui erano per così dire la Wikipedia dei tempi andati.
 
La lingua dei Goti è ben conosciuta nella sua forma usata da Wulfila per la traduzione delle Scritture, di cui ci restano in massima parte i testi del Nuovo Testamento. Dovrebbe essere quindi chiaro che Totila non può significare "Immortale", né tantomeno "Liberato dalla morte": stupisce che praticamente nessuno abbia sollevato la questione. 
 
1) Nonostante l'assonanza tra Totila e il tedesco moderno Tot "morte", tod "morto", la radice dell'antroponimo non ha a che fare con la morte. Questi sono i corrispondenti in gotico delle parole tedesche in questione (il carattere þ indica il suono di th dell'inglese thing; il dittongo au ha il suono di una o aperta e lunga): 
 
dauþus "morte"
dauþs "morto"  

In gotico il risultato del protogermanico *d- è d-, mentre in tedesco è t-, essendosi avuta la seconda rotazione consonantica. Se questa fosse la radice, ci aspetteremmo trascrizioni come *Dothila, *Dodila o simili, cosa che però non sussiste.
2) Il suffisso -ila è un diminutivo maschile. Così il nome Wulfila significa "Piccolo Lupo" e deriva da wulfs "lupo". In nessun modo il suffisso -ila può essere considerato un privativo o una forma negativa. 
3) L'unica possibilità sarebbe ammettere che il nome Totila non sia gotico, bensì originato in un'area che aveva la seconda rotazione consonantica nel VI secolo, come ad esempio la Baviera: in tal caso significherebbe "Piccola Morte". Questa ipotesi è stata enunciata da Marja Erwin in un gruppo di Google (2014). In gotico "Piccola Morte" sarebbe *Dauþula.
 
Avvertiamo subito una certa ridondanza nelle informazioni. Totila era un nome di guerra: sappiamo infatti che il vero nome del Re degli Ostrogoti era Baduila (varianti: Baduela, Baduilla), che possiamo tradurre facilmente con "Piccola Battaglia" o con "Piccolo Guerriero". 
 
Questa è la declinazione di *badwa "battaglia" in gotico:  
 
Singolare  
 
nominativo: *badwa "battaglia"
genitivo: *badwos "della battaglia"
dativo: *badwai "alla battaglia"
accusativo: *badwa "battaglia"
 
Plurale  
 
nominativo: *badwos  "battaglie"
genitivo: *badwo "delle battaglie"
dativo: *badwom "alle battaglie"
accusativo: *badwos "battaglie"
 
Corrispondenze in altre lingue germaniche: 
 
Antico inglese: badu, beado, beadu "battaglia" 
Antico sassone: badu-, -bad(u) "battaglia"
     (solo in nomi propri) 
Antico alto tedesco: badu-, batu-, pato-; -bad(u), -batu
     -pato "battaglia" (solo in nomi propri) 
Norreno: bǫð "battaglia" (poet.)
 
Queste sono le forme ricostruibili per il protogermanico: 
 
Singolare 
 
nominativo: *baðwō "battaglia" 
genitivo: *baðwōz "della battaglia" 
dativo: *baðwōi "alla battaglia"
accusativo: *baðwōn "battaglia" 
strumentale: *baðwō "con la battaglia" 

Plurale 

nominativo: *baðwôz "battaglie"
genitivo: *baðwôn "delle battaglie"
dativo: *baðwōmaz "alle battaglie"
accusativo: *baðwôz "battaglie"
strumentale: *baðwōmiz "con le battaglie" 

Il vocabolo protogermanico era di genere femminile, ma si usava la forma maschile *baðwaz quando era il secondo elemento di antroponimi maschili composti e quando era un antroponimo maschile semplice. 
Ritengo quindi un errore ricostruire in gotico un maschile *badus o *badws "battaglia" come sostantivo del linguaggio comune: doveva però essere *-badus o *-badws quando ricorreva come secondo elemento in antroponimi maschili composti (cfr. antico alto tedesco Deodpato, Sigipato) e quando era un antroponimo maschile semplice (cfr. antico alto tedesco Bado, Pato, Patto). 

L'antroponimo Baduila (pronuncia Bàduila) poteva anche essere un diminutivo del gotico *badwja "guerriero", regolarmente derivato tramite un suffisso agentivo -ja, con la declinazione debole. Esempi di sostantivi con questo suffisso: baurgja "cittadino"; ferja "informatore, spia"; fiskja "pescatore"; gudja "sacerdote"; haurnja "trombettiere"; kasja "vasaio";  timrja "carpentiere", etc.

Singolare 

nominativo: *badwja "guerriero"
genitivo: *badwjins "del guerriero"
dativo: *badwjin "al guerriero"
accusativo: *badwjan "guerriero"

Plurale 

nominativo: *badwjans "guerrieri"
genitivo: *badwjane "dei guerrieri"
dativo: *badwjam "ai guerrieri"
accusativo: *badwjans "guerrieri" 
 
Ecco la declinazione dell'antroponimo: 
 
nominativo: BADWILA
genitivo: BADWILINS 
dativo: BADWILIN 
accusativo: BADWILAN  
 
Corrispondenze in altre lingue indoeuropee: 

Celtico: *bodw- "battaglia"
   Attestato in antroponimi gallici: 
      Ate-boduus, Boduo-gnatus
   Antico irlandese: Bodb "Dea della battaglia" (in forma di 
       corvo)

La ricostruzione di Bradley
 
È anche possibile che il nome originale di Totila fosse un composto TOTABADWS, come ricostruito da Henry Bradley (1845 - 1923), filologo e lessicografo britannico succeduto a James Murray come senior editor dell'Oxford English Dictionary (OED). C'è tuttavia qualcosa che manca nella sua ricostruzione. Sembra che lo studioso non abbia compreso completamente il significato del nome composto. Se è consapevole del significato di -BADWS, non riporta nulla a proposito di TOTA-
 
 
Questo è quanto Bradley riporta nel testo originale, The Story of Goths: From the Earliest Times To the End of Gothic Dominion in Spain (1888), a pag. 280: 
 
It shoud be mentioned here that Totila seems on becoming king to have changed his name to Baduila. Or possibly the latter may have been his real nale, and Totila only a nickname. At any rate he was known to his countryman by both names, though Baduila is the only one which appears on his coins. However, in history he is always calles Totila ; the other name would have been unknown to us but for the coins and a solitary mention in Jordanes.1

1 Perhaps the truth may be that his original name was Totabadws, and that Totila and Baduila are diminutive of this (see Appendix). 
 
Traduzione:

Va qui menzionato che Totila, divenuto re, sembra abbia cambiato il suo nome in Baduila. O forse quest'ultimo potrebbe essere stato il suo vero nome, e Totila solo un soprannome. In ogni caso il suo connazionale lo conosceva con entrambi i nomi, anche se Baduila è l'unico che compare sulle sue monete. Nella storia però viene sempre chiamato Totila; l'altro nome ci sarebbe stato sconosciuto se non fosse stato per le monete e per una menzione isolata in Giordane.1

1 Forse la verità è che il suo nome originale era Totabadws, e che Totila e Baduila ne sono diminutivi (vedi Appendice). 

Questo è riportato nell'Appendice a pag. 370:

Amongst the Goths, as among all other peoples, diminutives or "pet names" were formed from ordinary pet names by shortening them and adding an affix. This affix was usually -ila, but sometimes -ika. Thus such a name as Audamer-s might become Audila or Merila ; Wulfareiks might become Wulfila or Reikila. But just as in modern timies children are sometimes christened Harry or Lizzie, so these Gothic diminutives were often used as regular names, as in the case of Bishop Wulfila and King Badwila or Totila.

Traduzione:

Presso i Goti, come tra tutti gli altri popoli, i diminutivi o "nomi vezzeggiativi" venivano formati dai vezzeggiativi comuni, abbreviandoli e aggiungendo un suffisso. Questo suffisso era solitamente -ila, ma talvolta -ika. Quindi un nome come Audamers potrebbe diventare Audila o Merila; Wulfareiks potrebbe diventare Wulfila o Reikila. Ma proprio come nei tempi moderni i bambini vengono talvolta battezzati Harry o Lizzie, così questi diminutivi gotici erano spesso usati come nomi regolari, come nel caso del Vescovo Wulfila e del Re Badwila o Totila.
 
Una spiegazione innovativa 
 
Nella lingua gotica doveva esistere la preposizione *tota /'to:ta/ "verso", pur non essendo attestata in Wulfila. Corrisponde alla perfezione all'antico alto tedesco zuoza (variante: zuozi) "verso", "a"; "con". In protogermanico è ricostruibile come *tō-tō "verso", "fino a"; secondo altri sarebbe *tō-ta, ma a parer mio non è necessario. In pratica è una forma duplicata della preposizione *tō, la stessa che ha dato origine anche all'inglese to e al tedesco moderno zu. Guardate queste attestazioni: 
 
Antico sassone: tōtō, tōte "fino a" 
  Medio basso tedesco: tôte, tote, tôt, tot "fino a"  
Antico olandese: tuote "fino a", "verso" 
  Medio olandese: tote, tot, toete, toet "fino a", "verso" 
  Olandese moderno: tot "fino a"
Antico frisone: tote, tot "fino a"  
Antico alto tedesco: zuoza, zuozi "verso", "a"; "con" 
  Medio alto tedesco: zuoze "verso", "a"; "con"  
 
In tedesco moderno questa preposizione duplicata non esiste più. 

A questo punto direi che esiste una sola possibilità plausibile. Il nome Totila e il nome Baduila sono ipocoristici derivati rispettivamente dal primo e dal secondo membro del nome composto TOTABADWS, come sostenuto da Bradley. A sua volta questo nome sarebbe stato formato ispirandosi a una frase TOTA BADWAI "verso la battaglia", che doveva essere un sinonimo dell'attestato du wigana "alla battaglia". Quindi Totila corrisponde alla perfezione aun antroponimo maschile attestato in antico alto tedesco: Zuozo. Cercando di dare una concreta traduzione del nome Totila, opterei per "Piccolo Bellicoso", alla lettera: "(che si scaglia) verso", "(che si scaglia) contro (il nemico)". 

venerdì 7 maggio 2021

ETIMOLOGIA DI PINGUINO

Molti anni fa mi imbattei in un robusto e giovane bergamasco che sosteneva a spada tratta l'origine della parola pinguino dall'aggettivo pingue, sinonimo dotto di "grasso", "abbondante". Questa ingenua spiegazione costituiva per lui un dogma. "I pinguini si chiamano così perché sono pingui, pòta!", continuava a ripetere. Se provavo ad esporre i miei dubbi, ripeteva la frase tal quale, ma la caratteristica interiezione "pòta!" diventava un più violento "òstia!". Era permalosissimo e non voleva sentire ragioni. Ovviamente quella da lui escogitata è una falsa etimologia, come sempre accade ogni volta che una persona cerca di spiegare Omero con Omero. Essendo quel bergamasco collerico e attaccabrighe, mi astenni dall'insistere e dall'enunciare ulteriori critiche. In casi simili, lasciar cadere il discorso è sempre la strategia migliore. Purtroppo ho potuto constatare che ci sono stati e ci sono tuttora dotti sostenitori della derivazione di pinguino da pingue, come se fosse una parola italiana tratta in qualche modo dal latino dei letterati. In realtà l'italiano pinguino viene dal francese pingouin, a sua volta preso a prestito dall'inglese penguin (secondo altri dall'olandese pinguin). Il medico e naturalista inglese John Latham (1740 - 1837) fu il primo a difendere espressamente l'origine di penguin dal latino pinguis (1785). La latinizzazione forzata di ciò che appariva inspiegabile era una strategia molto ben considerata e prestigiosa nei secoli passati - anche quando non conduceva a risultati plausibili. 
 
 
Il pinguino e l'alca impenne 
 
Lo strano ornitonimo pinguino diventa immediatamente analizzabile quando si considera la sua vera origine dal bretone pennguenn, il cui significato letterale è "testa bianca" (penn "testa", guenn "bianco"). Anche in gallese si ha pen gwyn "testa bianca" (pen "testa", gwyn "bianco"). Mi sembra un'etimologia molto ragionevole, eppure non ha convinto tutti gli studiosi. La questione è tuttora molto dibattuta, credo per motivi semantici che ora analizzeremo. A questo punto molti si saranno posti una domanda. Perché il pinguino dovrebbe chiamarsi "testa bianca" se ha la testa nera? Perché avrebbe un nome celtico se vive in Antartide? Semplice: in origine la parola "pinguino" designava un uccello diverso da quello che conosciamo con questo nome. Si tratta dell'alca impenne (Pinguinus impennis), un uccello inabile al volo ed estinto verso la metà del XIX secolo, che viveva nelle regioni artiche e che aveva una grande macchia bianca sulla testa. I pinguini dell'Antartide appartengono a una famiglia completamente diversa, denominata Sfeniscidi (Spheniscidae, Bonaparte 1831). Gli esploratori europei notarono subito la somiglianza che i pinguini dell'emisfero australe avevano con l'alca impenne e lo designarono così col suo nome, senza curarsi affatto dei problemi tassonomici. L'alca impenne può essere definita pinguino boreale, in opposizione al pinguino australe della famiglia degli Sfeniscidi. 
 
Un tentativo di ricostruzione 
 
La forma gallica e britannica ricostruibile a partire da questi dati è senza dubbio *pennon windon "testa bianca", da *pennon "testa" e da *windon, forma neutra di *windos "bianco". Almeno nella lingua di una parte dei Celti sarebbe stata chiamata l'alca impenne ai tempi di Vercingetorige e di Cesare. La forma ibernica ricostruibile per "testa bianca" è *kwennon windon, ma non si trova nelle lingue goideliche alcuna denominazione simile dell'alca impenne. Dovrebbe essere *ceann find. In irlandese moderno l'uccello è chiamato falcóg mhór, ossia "grande uccello marino". Il termine falcóg bheag, ossia "piccolo uccello marino" indica invece la gazza marina (Alca torda, Linnaeus 1758), che tra l'altro è la specie vivente più vicina geneticamente all'alca impenne. Sembra che falcóg sia un prestito dal norreno alka (vedi nel seguito) con l'aggiunta del tipico suffisso -óg, anche se la consonante iniziale f- è al momento poco chiara. Forse questa denominazione medievale ha sostituito un precedente *ceann find.
 
Riscontri su alcuni dizionari  
 
Il vocabolario Treccani (www.treccani.it) riporta quanto segue, senza citare i dati dalle lingue celtiche (l'appartenenza dell'istituzione al filone dei romanisti è notoria): 
 
 
pinguino s. m. [dal fr. pingouin, e questo dall’oland. pinguin, di origine oscura]
 
Fustigo e stigmatizzo questo atteggiamento di negazione di tutto ciò che è al di fuori di un dizionario di latino ad uso delle scuole superiori. Quell'assurda etichetta "di etimologia oscura" è pensata apposta per negare l'esistenza di interi mondi. Va comunque riportato il fatto che in tedesco il pinguino era un tempo chiamato Fettgans, ossia "oca grassa". In olandese è stato formato il calco vetgans /ˈvɛt.xɑns/, di identico significato. Potrebbe trattarsi del calco di una falsa etimologia, a dimostrazione di quanto siano complessi questi percorsi. 

Questo è quanto riporta il dizionario etimologico Etymonline:  
 

penguin (n.)

1570s, originally used of the great auk of Newfoundland (now extinct; the last two known birds were killed in 1844); the shift in meaning to the Antarctic swimming bird (which looks something like it, observed by Drake in Magellan's Straits in 1578) is from 1580s. The word itself is of unknown origin, though it often is asserted to be from Welsh pen "head" (see pen-) + gwyn "white" (see Gwendolyn). The great auk had a large white patch between its bill and eye. The French and Breton versions of the word ultimately are from English. A similarity to Latin pinguis "fat (adj.), juicy," figuratively "dull, gross, heavy," has been noted.
 
Traduzione: 
 
Anni '70 del Cinquecento, usato in origine per la grande alca di Terranova (ora estinta; gli ultimi due esemplari sono stati uccisi nel 1844); lo slittamento semantico all'uccello nuotatore antartico (che in qualche modo gli somiglia, come osservò Drake nello Stretto di Magellano in 1578) è degli anni '80 del Cinquecento. La parola stessa è di incerta origine, nonostante sia spesso sostenuto che derivi dal gallese pen "testa" (vedi pen-) + gwyn "bianco" (vedi Gwendolyn). La grande alca aveva una grossa macchia bianca tra il becco e gli occhi. Le versioni francesi e bretoni della parola sono in ultima analisi dall'inglese. Una somiglianza col latino pinguis "grasso (agg.), succoso", in senso figurato "ottuso, grossolano, pesante", è stata notata. 
 
Dissento in modo netto dall'opinione dei compilatori di Etymonline, che sostengono l'origine inglese del bretone pennguenn. Tale proposta di derivazione non ha senso alcuno: si comprende benissimo la comune origine celtica del bretone pennguenn e del gallese pen gwyn. Forse questo sproposito si deve a un errore. Per il resto, Etymonline contiene molte informazioni interessanti sulla cronologia e sulle attestazioni. 
 
L'alca impenne in altre lingue  
 
In norreno l'alca impenne era chiamata geirfugl (gen. geirfugls, n. pl. geirfuglar), alla lettera "uccello-giavellotto" (da geirr "giavellotto", fugl "uccello"). In inglese esiste gerfowl "alca impenne", che deriva dal norreno: se in inglese vi fosse una corrispondente parola anglosassone genuina, questa suonerebbe *goarfowl. In norreno era invece chiamata alka (gen. ǫlku, n. pl. ǫlkur) la gazza marina. Anche la parola inglese auk (varianti: awk, alk) "uccello del genere degli alcidi" è giunta dal norreno, ma il percorso è poco documentato, essendo attestata per la prima volta negli anni '70 del Seicento. Secondo altri il prestito sarebbe avvenuto in epoca abbastanza recente dall'islandese moderno. In particolare notiamo che l'alca impenne è detta great auk. La protoforma germanica ricostruibile per l'ornitonimo norreno alka è *alkōn con ogni probabilità della stessa radice indoeuropea del latino olor "cigno".  
 
In basco l'alca impenne era chiamata arponaz. A quanto risulta, il vocabolo è oggi del tutto estinto, come la specie animale a cui si riferisce. Le fonti riportano che il suo significato letterale è "becco a lancia". Le attestazioni sono scarse. Nonostante questa scarsità di dati, vediamo subito che arponaz non può essere una parola non può essere genuinamente basca. Deriva senza dubbio da arpoi "arpione", prestito dal francese harpon, da confrontarsi col latino harpagōne(m) - anche se non è esclusa un'origine germanica. Il secondo elemento, -naz, dovrebbe essere dal latino nāsus "naso, becco". Teniamo conto del fatto che il Web è avarissimo di informazioni, nonostante le masse acefale ne decantino l'onniscienza e l'onnipotenza. Dal basco il vocabolo arponaz sarebbe poi giunto in francese antico per effetto boomerang, divenendo apponatz. La voce in questione è oggi scomparsa, ma si nota l'esistenza di un vocabolo simile, apponat /apo'na/, il cui significato è però "pulcinella di mare" (Fratercula arctica, Linnaeus 1758).  

Conclusioni 
 
Sono e resto convinto che l'ornitonimo pinguino sia puramente celtico, che non abbia nulla a che vedere con l'aggettivo pingue e che un'importante memoria storica di un passato dimenticato.

domenica 24 gennaio 2021

ALCUNE NOTE SULL'ETIMOLOGIA DI RUM

Qual è l'etimologia di rum? Quanti se lo saranno chiesto? Ricordo che un tempo in italiano si scriveva addirittura rhum, con una consonante -h- intrusiva e inutile, ma per fortuna questa ortografia bizzarra è poi caduta in disuso. Molti si accontentano di dire che la parola in questione viene dall'inglese rum (pronuncia /ɹʌm/; inglese scolastico italico /ram/). Questo non è il punto d'arrivo, ma il punto di partenza: il problema è capire da dove l'inglese ha preso un termine tanto strano. Ebbene, indagare l'argomento significa immergersi in acque torbide e profonde, in cui all'inizio si ha l'impressione di annaspare senza certezza di ottenerne alcunché di utile. Il percorso per arrivare a un'ipotesi verosimile è abbastanza tortuoso, come spesso accade nel chimerico regno delle etimologie di vocaboli inglesi che sembrano fatti di aria sottile. Questo è ciò che riporta il dizionario Etymonline.com a proposito del nome del famoso liquore (traduzione del sottoscritto): 
 
 
rum (n.) 
 
"liquore distillato dal succo della canna da zucchero o dalla melassa", anni '50 del Seicento, evidentemente un'abbreviazione di rumbullion (1651), rombostion (1652), tutte parole di incerta origine, ma i sospetti cadono su rum (agg.) "eccellente, buono, pregiato"; la frase rum bouse "buon liquore" è attestata dagli anni '60 del Cinquecento e per tutto il Settecento. La parola inglese è stata data in prestito all'olandese, al tedesco, allo svedese, al danese, allo spagnolo, al portoghese, all'italiano, al francese e al russo. 

Questa è un brano riportato sempre nella stessa fonte: 
 
"In the Library of Trinity College, Dublin, is a manuscript entitled "A briefe description of the Island of Barbados." It is undated but from internal evidence it must have been written about the year 1651. In describing the various drinks in vogue in Barbados, the writer says : "The chief fudling they make in the Island is Rumbullion alias Kill-Divill, and this is made of sugar canes distilled, a hot, hellish, and terrible liquor."
["The Etymology of the Word Rum," in Timehri, 1885]
 
Traduzione: 

"Nella Biblioteca del Trinity College, a Dublino, c'è un manoscritto intitolato "A briefe description of the Island of Barbados" ("Una breve descrizione dell'Isola di Barbados"). Non è datato, ma dall'evidenza interna deve essere stato scritto all'incirca nell'anno 1651. Descrivendo le varie bevande in voga a Barbados, l'autore dice: "Il principale intossicante che producono nell'isola è il Rumbullion, anche detto Kill-Divill*, ed è fatto con canna da zucchero distillata, un liquore caldo, infernale e terribile." 
 
*Sta per kill-devil, chiamato così perché avrebbe una tale potenza da uccidere persino il Diavolo (N.d.T). 
 
C'è un'altra interessante testimonianza: 

"Rum is a spirit extracted from the juice of the sugar-canes, commonly, twice as strong as brandy, call’d Kill-Devil in New England, whither 'tis sold, at the rate of twelve pounds of sugar per gallon."
["An impartial description of Surinam upon the continent of Guiana in America", George Warren, 1667

Traduzione: 

"Il rum è uno spirito alcolico estratto dal succo delle canne da zucchero, comunemente, due volte più forte del brandy, chiamato Kill-Devil nel New England, dove viene venduto, alla tariffa di dodici libbre di zucchero per gallone".

Già agli inizi del XIX secolo, negli Stati Uniti d'America è ben attestato l'uso della parola rum per indicare in generale qualsiasi bevanda intossicante. Si tratta di un uso spregiativo, ostile. Questa semantica è frutto del moralismo puritano tanto radicato in quella nazione, e ha dato origine a numerosi vocaboli gergali in uso nell'epoca del proibizionismo, come rum-runner "contrabbandiere di alcolici". Questa è una testimonianza riportata su Etymonline.com:  

"Rum I take to be the name which unwashed moralists apply alike to the product distilled from molasses and the noblest juices of the vineyard. Burgundy in "all its sunset glow" is rum. Champagne, soul of "the foaming grape of Eastern France," is rum. ... Sir, I repudiate the loathsome vulgarism as an insult to the first miracle wrought by the Founder of our religion!"
[Oliver Wendell Holmes, "The Autocrat of the Breakfast-Table," 1871] 
 
Traduzione: 
 
"Considero rum il nome che gli sporchi moralisti applicano allo stesso modo ai prodotti distillati dalla melassa e ai più nobili succhi del vigneto. Il Borgogna in "tutto il suo splendore del tramonto" è rum. Lo Champagne, anima "dell'uva spumeggiante della Francia Orientale" è rum. ... Signore, ripudio l'odioso volgarismo come un insulto al primo miracolo operato dal Fondatore della nostra religione!" 
 
L'origine di rum "distillato di canna da zucchero" va quindi ricercata nell'aggettivo gergale rum "buono, eccellente". Sono sicuro che quest'ultimo vocabolo non sia molto familiare ai lettori. Certamente non viene insegnato nelle scuole italiane ai branchi di bulli somari e di stronze che le infestano. Questa è la spiegazione approssimativa e grossolana riportata da Etymonline.com (la traduzione è sempre mia):  


rum (agg.)

"eccellente, bello, buono, pregiato", gergo dei ladri, anni '60 del Cinquecento, anche rome "bello", che si ritiene derivare dal Romaní rom "maschio, marito" (vedi Romany). Una parola furbesca molto comune del XVII secolo (opposta a queer), come in rum kicks "Pantaloni di broccato d'oro o d'argento, o riccamente allacciati con oro o argento."
[Grose, "Dictionary of the Vulgar Tongue," 1785]
 
E ancora:

"Entro il 1774 è venuto a significare piuttosto l'opposto: "bizzarro, strano, cattivo, omosessuale, spurio", forse perché era stato usato tanto spesso in modo positivo dai furfanti rifendosi gli uni agli altri. O forse questa è una parola diversa. Questo era il senso comune dopo il 1800 circa.
 
"Rom (o rum) e quier (o queer) entrano largamente in combinazione, così -- rom = coraggioso, bello, furbo, eccellente, forte; rom-bouse = vino o bevanda forte; rum-bite = un espediente furbo o una frode; rum-blowen = una bella signora; rum-bung = un borsellino pieno; rum-diver = un borseggiatore abile; rum-padder = un bandito ben equipaggiato, etc.: anche queere = ignobile, criminale; queer-bung = un borsellino vuoto; queer-cole = soldi cattivi; queer-diver = un borseggiatore maldestro; queer-ken = una prigione; queer-mort = una prostituta malata, e così via."
[John S. Farmer, "Musa Pedestris," 1896] 
 
A partire da questi dati pur tanto disomogenei, si riesce comunque a trovare il bandolo della matassa. L'origine del rum è sicuramente dalla lingua Romaní e può essere ben tracciata. Riportiamo a questo proposito i dati relativi all'importantissimo vocabolo rrom, con alcune forme declinate, derivati di vario tipo, oltre a qualche frase notevole d'uso corrente: 
 
rrom "uomo (zigano), marito, maschio" 
    accusativo singolare: rromes 
    genitivo singolare: rromesko  
    dativo singolare: rromeske  
    locativo singolare: rromeste 
    ablativo singolare: rromestar
    comitativo singolare: rromesa 
    privativo singolare: bi rromesko  
    vocativo singolare: rromeja  
  plurale: rroma "uomini (zigani), mariti, maschi" 
    accusativo plurale: rromen  
    genitivo plurale: rromengo 
    dativo plurale: rromenge  
    locativo plurale: rromende 
    ablativo plurale: rromendar
    comitativo plurale: rromensa  
    privativo plurale: bi rromengo 
    vocativo plurale: rromale
rromní "donna (zigana)" 
    accusativo singolare: rromnja 
    vocativo singolare: rromnile
  plurale: rromnja "donne (zigane)"
    accusativo plurale: rromnjen  
    vocativo plurale: rromnjale, rromnale  
aggettivo maschile: rromanó "zigano" 
aggettivo femmile: rromaní "zigana" 
   rromani čhib "lingua zigana"
avverbio: rromanes "in lingua zigana" 
altri derivati: rromanipen "identità zigana", 
   rromanimos "identità zigana"  
fraseologia:  
maškare Rroma "tra gli Zigani" 
e rromeskro kher "la casa dell'uomo (zigano)" 
rrom rromensa, gadjé gadjensa "gli Zigani con gli Zigani, i non Zigani con i non Zigani"

Nel gergo tipico dei ladri inglesi (Thieves' cant), il nome di Londra era Romeville (varianti: Rumville, Rum-ville, Rome-vile, Rome vyle, Rum File, etc.), alla lettera "Città Eccellente". In origine il significato era senza dubbio "Città degli Zigani".
 
Questa è la catena degli slittamenti semantici che hanno portato dal rom al rum
 
"uomo (zigano), marito, maschio" => 
"maschile, virile" => 
"forte" => 
"valente, coraggioso" => 
"buono" 
 
Quindi:  
 
"liquore forte", "liquore buono" => 
"distillato di canna, rum" 

Una seconda catena di slittamenti, generata da un certo puritanesimo antialcolico anglosassone, è questa: 

"liquore forte" =
"ubriachezza"; "pieno di liquore" =>  
"deviante, anormale, perverso"  

Se pensiamo poi che la parola rrom "uomo (zigano), marito, maschio" è derivata in ultima analisi dal sanscrito डोम्ब ḍomba (ḍumba, ḍoma) "uomo di bassa casta che esercita il mestiere di musico", possiamo avere un'idea di come le parole siano soggette a profondi mutamenti nel corso dei secoli e di come sia complicato tracciarle.

Questo per me è tutto ciò che si può dedurre di sensato dai dati a disposizione. È la reale etimologia della parola rum, per quanto non abbia un'apparenza molto lineare.  

Il termine rumbullion, citato nelle fonti del XIX secolo, appartiene all'insieme delle parole gergali formate a partire da rum "forte, buono". Il secondo elemento di questo composto è il francese bouillon "bevanda calda" (da bouillir "bollire", stessa radice dell'italiano bollire e dell'inglese to boil). Alla lettera è "qualcosa che ribolle". Sbagliano quindi coloro che ritengono rumbullion un'alterazione popolare di revolution "rivoluzione". Nel Devonshire rumbullion significava in effetti "grande tumulto, rivolta", ma era senza dubbio una metafora proveniente dal significato originario di "liquido che ribolle fortemente". Simile a questo vocabolo e sempre della stessa origine era il termine marinaresco rumbowling "grog". Nelle Barbados ci fu lo stanziamento di coloni inglesi provenienti proprio dal Devonshire, e questo spiega l'attestazione di rumbullion per designare il distillato di canna. 
 
Un'altra serie di vocaboli simili deriva dall'uso dell'aggettivo rum associato a booze (variante: bouze) /bu:z/ "bevanda alcolica": rum booze, rum bouze "bevanda forte", "bevanda eccellente". In epoca elisabettiana rum booze significava "vino" (attestazione del 1567). Secondo gli accademici, la parola booze è di origine controversa. A me sembra chiaro che l'origine è dal turco boza, che indica vari tipi di bevande alcoliche, dall'idromele a una specie di birra di miglio. La parola dovette entrare in inglese in epoca abbastanza precoce: già nella metà del XIV secolo abbiamo l'attestazione di bous "bevanda intossicante". Secondo il British Council, si tratterebbe invece di un derivato del medio olandese būsen "bere in eccesso". Sono farneticanti i tentativi di ricondurre booze a nomi di distillatori più o meno fantomatici, come un certo E.G. Booz di Filadelfia. Avevo reperito persino una storiella che parlava di importanti distillerie il cui nome era Ramboozle. Quando ho cercato di nuovo l'informazione, non ho trovato più nulla - a ulteriore riprova che era un fake. Sono state persino fabbricate bottiglie false con il nome di E.G. Booz o delle distillerie Ramboozle! Queste sono etimologie popolari studiate ad hoc, che meritano soltanto di essere irrise e schernite. Nel vocabolario di Johnson (1755) troviamo rambooze, glossato come "Una bevanda fatta di vino, birra, uova e zucchero in inverno, o di vino, latte, zucchero e acqua di rose in estate". Il prefisso ram- è una variante di rum-. Si capisce subito che ramboozle è una semplice variante di rambooze; una bevanda con questo nome è tuttora prodotta dalla ditta Hard Way Cider Co., anche se nella sua ricetta non sono più incluse le uova. In Nuova Zelanda, durante la Seconda Guerra Mondiale, boozeroo significava "abbuffata alcolica".

La locuzione rum booze "bevanda forte", sarebbe stata scritta anche rumboes. Data la sua forma, sarebbe stata scambiata per un plurale, donde avrebbe avuto origine per retroformazione la variante rumbo "punch forte". Non sembra essere una spiegazione plausibile, data la differenza della vocale nell'ultima sillaba: rum booze /'rʌmbu:z/ rispetto a rumbo /'rʌmbəʊ/. Si dovrebbe immaginare l'origine di rumbo da una pronuncia ortografica, cosa che di per sé pone l'ipotesi in dubbio (i contesti in cui sorgevano queste forme gergali erano agrafi). 
 
Da rumbullion derivano formazioni arbitrarie come rumbustion, rombostion e rugumption per influenza di rum booze, ma anche di boisterous "rude, grossolano; turbolento, chiassoso (detto di persone)", robustious "id." e bumptious "offensivamente assertivo". Un aggettivo rumbustious, sinonimo di boisterous, è documentato con numerose varianti come rambunctious, rambumptious, rambustical, rugumptious, rambuskious, etc., con significati che vanno da "rude, violento" a "scaltro, audace, avventato". Esiste anche gumption "senso comune", abbreviazione di un precedente rumgumption nel senso originale di "rude senso comune". L'aggettivo berummaged "confuso" (lett. "pieno di liquore") è stato attestato a Dartmoor, nel Devon, nel 1885.
 
In francese abbiamo i seguenti termini argotici di origine inglese, connessi col materiale esposto: 
 
rogomme "bevanda forte" (< ingl. rugumption)  
guildive "rum industriale" (<  ingl. kill-devil)

Una serie di false etimologie 

Riporto le proposte etimologiche fallaci che sono riuscito a reperire:

1) rum sarebbe derivato dal greco rheuma "flusso", da cui provengono anche le parole rheumatic "reumatico", rheumatism "reumatismo";
2) rum sarebbe derivato dal greco aroma, conservando soltanto la sillaba tonica; 
3) rum sarebbe derivato dal latino saccharum "zucchero" (di origine greca), conservando soltanto la sillaba finale; 
4) rum sarebbe derivato dall'olandese roemer /'ɹu:məɹ/ "grande bicchiere per bevande alcoliche" (variante rummer); 
5) rum sarebbe derivato dal malese beram "bevanda alcolica, vino di riso", con caduta della prima sillaba atona (Skeat, 1882); 
6) rum sarebbe derivato dal sanscrito रोम roma "acqua" (parola tecnica che ha diversi altri significati, come "buco", "cavità").

Adattamenti in altre lingue 

Il francese è il responsable dell'ortografia rhum, per via dell'errata credenza nella derivazione da rheuma. La pronuncia in francese è /ʁɔm/. Lo spagnolo ha adattato il vocabolo inglese in ron, non amando la consonante finale -m. In molte altre lingue, tra cui l'italiano e il tedesco, si è avuta una pronuncia ortografica. Per questo motivo in italiano rum si pronuncia /rum/, che è molto più simile nel suono all'inglese room "stanza" /ɹu:m/ che non all'originale rum "distillato di canna" /ɹʌm/. Del resto non dobbiamo stupirci troppo. Accade anche il percorso inverso. Gli antenati di Donald Trump erano prussiani e pronunciavano il loro cognome /tʁʊmp/, mentre oggi suona ortograficamente /tɹʌmp/. Deleterio quanto duraturo è il brutto vizio di apprendere le parole dalla forma scritta senza avere idea della loro vera pronuncia. In questo modo le genti di Milano e di vasti distretti della Lombardia hanno addirittura attribuito a rum la pronuncia /rüm/

Reperti blogosferici
 
Nel lontano 2010, Anatoly Liberman ha pubblicato un interessante articolo sul rum e sulla sua storia: