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domenica 20 febbraio 2022


I CATARI DI PÉRIGUEUX

Descrizione di una comunità dualista della Dordogna 

Riporto un testo notevole, una testimonianza del XII secolo (correva l'anno 1147) che ci permette di capire come un monaco della Chiesa di Roma vedeva i Catari che andavano diffondendo i loro insegnamenti in una regione dell'Aquitania: il Périgord, anticamente noto come Diocesi Petrocoricense.

Io, monaco Eriberto, desidero che sia noto a tutti i cristiani quanto debbono agira accortamente con gli pseudoprofeti che cercano di sovvertire in questi tempi la cristianità. Sono infatti apparsi nella regione di Périguex numerosi eretici, i quali affermano di seguire la vita apostolica. Essi non mangiano carne, non bevono vino, se non in piccola misura ogni tre giorni. Fanno quotidianamente centinaia di genuflessioni, ma non accettano denaro in elemosina. Invece di dire soltanto "Gloria al Padre", essi aggiungono "perché tuo è il regno, e tuo il potere su tutta la creazione, in eterno, amen", parole che non sono nella Scrittura. 

Essi sostengono che le opere di carità sono inutili, perché nessuno dovrebbe possedere ricchezze con cui fare elemosina. Considerano di nessun valore la messa, e asseriscono che il sacramento dell'eucarestia è unicamente la consumazione di un pezzo di pane. Se qualcuno di loro celebra la messa, per ingannare i fedeli, non recita il canone e non partecipa al sacramento, ma getta l'ostia dietro l'altare o la caccia dentro il messale. Essi non adorano la croce né l'immagine del Signore, anzi trattengono dall'adorarle, per esempio, pronunciando davanti all'immagine del Signore queste parole: "Come sono meschini coloro che ti adorano!", e recitando il Salmo "Gli idoli dei Gentili, ecc.". 

Già moltissime persone si sono lasciate sedurre da queste falsità, anche tra i nobili, che hanno abbandonato i loro averi e il loro stato, e persino tra i membri del clero, preti, monaci e suore. 

Non c'è tra costoro nessuno così incolto che, se si mette al loro seguito, non possa divenire nello spazio di otto giorni tanto abile da non lasciarsi confondere né in discussioni né in citazioni. Non c'è alcun mezzo per isolarli dagli altri, perché, anche se vengono messi in prigione, non possono essere tenuti da nessun vincolo: il diavolo stesso scioglie le loro catene. Essi compiono pure grandi prodigi: anche se, legati da manette di fetto, vengono ficcati dentro una botte capovolta, e tenuti sotto stretta sorveglianza, l'indomani non sono più visti, essendosi liberati da soli. 


(Eriberto, Epistola de haereticis Petragoricis, in J.P. Migne, Patrologia latina, volume CLXXXI) 

Da questa vivida descrizione apprendiamo il sacro terrore che una parte del clero cattolico nutriva verso i portatori di una tradizione giudicata incomprensibile, di cui intuiva però il potenziale antinomico. Il monaco Eriberto fotografa una situazione di incipiente cambiamento sociale: dalle sue parole è ben chiaro che all'epoca in cui scrisse il Catarismo in Dordogna era una novità destinata a mettere salde radici. Nonostante la cultura e l'intelligenza del chierico, si nota come la sua inquietudine era costantemente minacciata da cadute nell'irrazionale. L'attribuzione ai Perfetti di capacità soprannaturali e demoniache ricorre in molti altri testi. Questo luogo comune era diffuso anche a Oriente. Ad esempio, quando l'imperatore di Bisanzio Alessio Comneno fece condannare al rogo Basilio il Bogomilo, temette fino all'ultimo che questi potesse essere liberato con l'aiuto dei demoni. Il clima di superstizione offuscava le menti e preparava le peggiori atrocità. La cultura egemone a quell'epoca era dominata da rapporti complessi e rigidi che non ammettevano infrazioni, l'ostilità a qualsiasi cambiamento permeava ogni cosa. Anche solo il tentativo di applicare il Vangelo nella vita di tutti i giorni, negando le stratificazioni sociali, era ritenuta follia di ispirazione diabolica. Come dice a questo proposito J.P. Poly, studioso di storia medievale, "coloro che vogliono, molto o poco, modificare le situazioni esistenti, sono considerati ambiziosi senza scrupoli e spititi sovversivi, nella misura in cui mettono in causa l'ordine voluto da Dio." 

Eppure, anche in mezzo a tanta oscurità, una scintilla di luce riuscì a trovare il terreno per attecchire e svilupparsi. 

La profondità dottrinale di questa comunità catara appare già perfettamente delineata. Traspare nitidamente la concezione docetica che nega la carnalità di Cristo e la sua passione sulla croce, attribuendo alla Cena del Signore un mero significato commemorativo. È evidente che l'opera di Dio menzionata nella dossologia "perché tuo è il regno, e tuo il potere su tutta la creazione, in eterno, amen" non è il mondo materiale e sensibile, creato da Satana, ma il mondo dello Spirito in cui le anime umane hanno avuto origine. Già vi appare il particolare modo cataro di intendere il verbo "creare" nonché i termini "tutto" e "nulla". Anche la dieta seguita dai Perfetti è menzionata, segno che la religione dualista era già ben definita nei suoi costumi e nella sua gerarchia, a dispetto di quanto sostenuto da alcuni autori che parlano di movimenti spontanei. Il nome dato a questi religiosi eterodossi, Eretici Petragorici, fa riferimento al nome della regione, che trae la sua origine dai Celti Petrucorii che la abitarono (*). In seguito tuttavia, a causa della credenza nella metempsicosi, il nome Petracorici sarebbe stato mutato spesso in Pitagorici.

(*) In lingua gallica il nome Petrucorii significa "Quattro Tribù".

giovedì 10 febbraio 2022

EON DELLA STELLA

La storia di un Messia Bretone

Eudo (Eudes) nacque da una famiglia della nobiltà minore, nei pressi di Loudéac, in Bretagna. Si ignora l'anno della nascita, così come non si hanno notizie sulla prima parte della sua vita. Si sa che Eudo divenne un monaco degli Agostiniani, conducendo vita da anacoreta nella foresta di Brocéliande (Brecheliant in lingua bretone). Era quello un luogo considerato sacro dagli antichi Druidi e ricco di testimonianze di una civiltà megalitica anteriore all'arrivo dei Celti. Nel 1140, durante il regno di Conan III di Bretagna, ebbe la sua residenza in un'abbazia abbandonata, nel luogo conosciuto come Moinet. Tuttavia non rimase per lungo tempo in quel luogo. Secondo quanto ci è riportato da alcune fonti, mentre assisteva alla messa, udì nitidamente il prete dire "Per eum qui venturus est judicare vivos et mortuos", ossia ("per colui che verrà a giudicare i vivi e i morti", e riconobbe nella formula il suo nome, perché la pronuncia del prete avrebbe riprodotto la parola "eum" della liturgia come "Eon", essendo "Eon" (con la variante "Yun") la forma bretone di Eudo, Eudes. Altrove è invece riportata una versione del tutto diversa: egli avrebbe fatto un sogno soprannaturale. In questa rivelazione divina in cui gli sarebbe stato nominato Giudice Universale e gli sarebbe al contempo stato imposto di cambiare il suo nome in Eon. È possibile che in seguito all'episodio della messa, egli abbia avuto il sogno, la cui descrizione farebbe pensare all'uso di amanita muscaria, un fungo dagli intensi poteri allucinogeni. C'è anche chi pensa che queste narrazioni fossero null'altro che scherni e irrisioni da parte delle autorità ecclesiastiche, di cui è ben nota la strategia di negare l'intelligenza degli avversari per screditarli agli occhi delle genti. Quale che sia la verità dei fatti, ammesso che a distanza di tanto tempo sia ancora appurabile, dal momento della rivelazione il nobile bretone si fece chiamare Eon e si presentò come Profeta e Messia.

Correva l'anno 1145 quando si registrarono segni celesti, tra cui il passaggio di una cometa, in concomitanza alla morte del Pontefice Lucio II. Verosimilmente da questo evento, Eon prese il soprannome "de Stella" (in francese "de l'Étoile"). Nel Medioevo le comete erano ritenute portenti nefasti, che annunciavano la caduta dei potenti. Proprio in quell'anno
Eon cominciò a predicare nella foresta. Riscosse immediatamente molti consensi tra i poveri e gli oppressi, tanto che un folto gruppo di seguaci si riunì intorno a lui, costituendo il primo nucleo di una setta destinata ad accrescere rapidamente la propria popolarità. I tratti distintivi della nuova religione fondata da Eon erano improntati a un acceso messianismo: in modo simile al Cristo di Bourges di alcuni secoli prima, egli era ritenuto lo Spirito Santo incarnato e chiamato il Signore dei Signori, mentre i suoi seguaci erano Angeli e Apostoli. In quest'ottica, elesse una sua corte i cui membri si fregiavano di altisonanti appellativi: Giudizio, Saggezza, Conoscenza, etc. Mentre imperversava una carestia atroce in tutta la Bretagna, Eon predicava in nome di Cristo. Esaltava la vita ascetica e le virtù evangeliche contro le crapule e la dissolutezza degli ecclesiastici, che pensavano solo a rubare, a riempire i loro pingui ventri mentre il popolino moriva di fame e non aveva di che nutrire i proprii figli. I sacramenti della Chiesa Romana erano giudicati inefficaci, perché il Vangelo era stato tradito e usato come maschera dell'iniquità. Mentre altrove, a molte miglia di distanza, Bernardo di Chiaravalle si stava affannando per restaurare la dignità perduta e la parvenza di santità degli ordini monastici ormai decadenti, Eon della Stella era arrivato a giudicare i vivi e i morti. I toni delle sue prediche divennero sempre più esaltati e violenti, tanto che presto iniziarono i saccheggi delle proprietà della Chiesa di Roma. I granai furono svuotati, le chiese e i monasteri subirono razzia e devastazione. I tesori immensi dei monaci rapaci furono ridistribuiti al popolo. La fama di Eon si espanse, tanto che ci furono suoi seguaci in Normandia e persino in Guascogna. Si diceva che un alone luminoso lo circondasse e che avesse il potere di bilocarsi. Un grande paradosso si produsse a questo punto, perché le risorse sottratte servirono ad alimentare un grandissimo lusso tra Eon e i suoi seguaci, che finirono col vivere in modo altrettando dissoluto dei chierici da loro condannati a causa della mondanità. Se dobbiamo credere ai cronisti, mangiavano avidamente, vivevano tra mille eccessi, incarnando una contraddizione.

La reazione della Chiesa di Roma non poteva tardare. Ci fu un grande
clamore a proposito di quelle che fu chiamata Eresia Eonista, e il Pontefice, Eugenio III, la condannò nel Concilio di Reims. Era il 1148. Fu ordinato l'arresto di Eon, ma è riportato che i primi uomini inviati a catturarlo si convertirono, attratti dallo stile di vita stravagante che regnava alla corte del profeta bretone. Ci furono altri tentativi e alla fine Eon della Stella fu catturato dagli uomini dell'Arcivescovo Ugo di Ammiens, e portato in catene davanti al Sinodo presieduto dallo stesso Pontefice Eugenio III. Egli aveva con sé un ramo a forma di Y, e disse fieramente che lo avrebbe puntato verso il cielo se Dio avesse dovuto possedere due terzi del mondo e lui un terzo, mentre sarebbe stato il contrario se lo avesse puntato verso il basso. Il Concilio scoppiò a ridere fragorosamente di fronte a queste dichiarazioni. Quanto seguì non fu certo comico. Il prigioniero venne sottoposto a spaventose torture, nel tentativo di fargli ritrattare ogni cosa. Alla fine, dato che insisteva nel ritenersi lo Spirito Santo venuto a giudicare i vivi e i morti e il mondo nel fuoco, fu ritenuto del tutto insano di mente e condannato ad essere imprigionato a vita a pane e acqua. La Chiesa Romana affermò che si era riconciliato, pentendosi e ritrattando, in modo tale da togliere vigore ai suoi seguaci; non è facile stabilire cosa realmente avvenne, a parte il fatto che il condannato fu assegnato alla custodia dell'Arcivescovo Sansone di Reims e rinchiuso nell'Abbazia di Saint-Denis. Morì nel 1150, a causa delle privazioni e dei maltrattamenti. La sua organizzazione resisté con coraggio, e tutti i suoi membri furono catturati solo dopo molte difficoltà, in quanto si annidavano in luoghi impervi. A differenza del loro Messia, furono tutti riconosciuti sani di mente e condannati ad essere bruciati vivi sul rogo, dato che nessuno di loro rinnegò la propria religione.

Questo è il testo originale di Guglielmo di Neuburg che parla di Eudo
de Stella, tratto dalla Historia de Rerum Anglicarum: 

Eudo is dicebatur, natione Brito, agnomen habens de Stella, homo illileratus et idiota, ludificatione daemonum ita dementatus, ut, cum sermone Gallico Eon diceretur, ad suam personam pertinere crederet, quod in ecclesiasticis exorcismis dicitur, scilicet "per eum, qui venturis est judicare vivos et mortuos, et seculum per ignem." Ita plane fatuus, ut Eon et eum nesciret distinguere, ded supra modum stupenda caecitate crederet, se esse dominatorem et judicem vivorum et mortuorum. Etatque per diabolicas praestigias tam potens ad capiendas simplicium animas, ut - seductam sibi multitudinem aggregaret, quae tota illum tanquam dominum dominorum individue sequeretur. - Et interdum quidem mira velocitate per diversas provincias ferebatur: interdum vero morabatur cum suis omnibus in locis desertis et inviis, mosque instigante diabolo, erumpebat improvisusi, ecclesiarum maxime, ac monasteriorum infestator. Accedebant ad eum plerumque noti ejus et propinqui, erat enim non infimi generis; sive ut eum familiari ausu corriperent, sive ut quomodo se circa eum res haberet cautius explorarent. Videbatur autem esse circa eum ingens gloria, apparatus fastusque regius, et qui cum eo erant, sollicitudinis laborisque expertes, pretiose indui, splendide epulari, et in summa laetitia agere videbantur : in tantum ut plerique, qui ad corripiendum eum venerant, conspecta ejus non vera sed fantastica gloria, corrumperentur. Fiebant enim haec fantastice per daemones ; a quibus scilicet misera ilia multitudo, non veris et solidis, sed aeriis potius cibis in locis desertis alebatur. Nam, sicut postmodum per quosdam audivimus qui in ejus fuerant comitatu, eoque sublato tanquam agentes poenitentiam per orbem vagabantur, in promptu eis erant, quotiescunque volebant, panes, carnes, et pisces, et quique cibi lautiores. Verum quod iidem cibi non solidi sed aerii fuerunt, subministrantibus invisibiliter spiritibus aeris hujus, ad capiendas magis quam pascendas animas, hinc elucet, quod quantamcunque ex cibis illis repletionem modico ructu exinanitio sequebatur, tanta mox succedente esurie ut eosdem cibos illico repetere cogerentur. Quicunque autem forte ad eos accedens ex cibis eorum vel modicum gustasset, ex participatione mens daemoniorum mente mutata spurcissimae multitudini continuo adhierebat; et quicunque ab eis aliquid in qualibet specie.

Veniamo ora all'interpretazione di questa strana vicenda. Non pochi sono rimasti impressionati dall'assonanza tra il nome Eon e l'Eone gnostico, arrivando persino a supporre che nel monastero degli Agostiniani in cui era stato per breve tempo, il nobiluomo avesse avuto accesso ad antichi testi che descrivevano una qualche forma di Gnosticismo antico. Tuttavia egli è definito "analfabeta" da Guglielmo di Neuburg, e a quei tempi davvero in pochi sapevano scrivere, anche nella piccola aristocrazia. Se davvero egli fu incapace di leggere, crolla la possibilità che abbia potuto avere accesso a fonti antiche. Quello che appare evidente è la scarsità di influenze da parte del Dualismo, a parte la negazione della validità dei sacramenti della Chiesa di Roma e la condanna della sua mondanità. Ma queste caratteristiche erano all'epoca molto diffuse. I nomi dati ai ministri di Eon, Saggezza, Giudizio, Conoscenza, ricordano in effetti caratteri gnostici. Dall'analisi dei fatti, manca tuttavia il riscontro di una qualsiasi forma di anticosmismo e di dottrina di tipo gnostico. Anzi, l'esiguità del corpo dottrinale eonista è palese. Egli non era interessato a dispute filosofiche sull'origine dell'universo e sulla natura di Dio, a stabilire se Satana fosse a sua volta un Dio o una creatura, e così via. Tutto in lui era pratico, volto ad instaurare in concreto il Regno Millenario, una caratteristica tipica di una grande schiera di predicatori indipendenti e di visionari di ogni genere, dal Cristo di Bourges ad Adolf Hitler. L'opinione prevalente tra gli studiosi moderni è scettica a proposito di un qualsiasi nesso con tradizioni più antiche: nonostante la gran confusione delle fonti, è estremamente improbabile che Eon abbia qualcosa a che vedere con gli Eoni dei sistemi di Valentino e di Basilide.

venerdì 24 dicembre 2021


LA GRANDE ABBUFFATA 

Titolo originale (in francese): La Grande Bouffe 
Paese di produzione: Francia, Italia
Lingua: Italiano, francese
Anno: 1973
Durata: 132 min (versione originale)
     123 min (versione distribuita in commercio italiano)
     112 min (versione censurata)
Rapporto: 1,66:1
Genere: Grottesco, drammatico, erotico
Regia: Marco Ferreri
Soggetto: Marco Ferreri
Sceneggiatura: Marco Ferreri, Rafael Azcona, Francis
     Blanche (dialoghi)
Produttore: Edmondo Amati
Casa di produzione: Mara Films S.a.r.l. (Parigi),
     Capitolina Produzioni Cinematografiche S.r.l. (Roma)
Distribuzione in italiano: Fida Cinematografica
Fotografia: Mario Vulpiani
Montaggio: Amedeo Salfa, Claudine Merlin, Gina Pignier
Effetti speciali: Paul Trielli
Musiche: Philippe Sarde
Scenografia: Roger Jumeau, Michel Suné
Costumi: Gitt Magrini
Trucco: Alfonso Gola, Jacky Bouban
Interpreti e personaggi:
    Ugo Tognazzi: Ugo
    Marcello Mastroianni: Marcello
    Philippe Noiret: Philippe
    Michel Piccoli: Michel
    Andréa Ferréol: Andréa, la maestra
    Solange Blondeau: Danielle, prostituta
    Florence Giorgetti: Anne, prostituta lesbica
    Alexandre Michèle: Nicole, prostituta lesbica
    Monique Chaumette: Monique, moglie di Ugo
    Rita Scherrer: Anulka
    Henri Piccoli: Hector
    Bernard Menez: Pierre
    Louis Navarre: Braguti
    Cordelia Piccoli: Barbara
    Giuseppe Maffioli: Lo chef
    James Campbell: Zac
    Patricia Milochevich: Mini
    Mario Vulpiani: Il copilota
    Gérard Boucarou: L'autista
    Margaret Heneywell: Una hostess
    Annette Carducci: Una hostess
    Eva Simonnet: La segretaria
Doppiatori italiani:
    Pino Locchi: Michel
    Sergio Graziani: Philippe 
Titoli in altre lingue: 
   Inglese: The Great Feast 
   Tedesco: Das große Fressen
   Spagnolo: La gran comilona
   Russo: Большая жратва
   Finlandese: Suuri pamaus 
   Ungherese: A nagy zabálás 
   Greco (moderno): Το μεγάλο φαγοπότι 
   Giapponese: 最後の晩餐 (Saigo no bansan) 
Riconoscimenti: 
- Festival di Cannes 1973
- Premio FIPRESCI 


Trama: 
Quattro uomini stanchi di una vita sommamente noiosa e priva di appagamento, decidono di farla finita in un modo abbastanza inconsueto: intendono chiudersi in una villa fuori Parigi nel corso di un weekend, andando avanti a mangiare e a bere fino alla morte. Eccoli:   
   Ugo: è proprietario di un ristorante, "Le Biscuit à Soupe", oltre che un rinomato chef; la sua famiglia paterna è originaria di Carpugnino.
   Philippe: è un importante magistrato, un giudice scapolo, diabetico e pieno di complessi, che ancora vive con la balia, una donna massiccia come un armadio; la balia si occupa di soddisfare i suoi bisogni masturbandolo, per impedirgli di frequentare altre donne.
   Michel: è un produttore televisivo effeminatissimo, passivo, petomane e con gravi problemi intestinali, riconducibili a una grave sindrome del colon irritabile.
   Marcello: è un pilota Alitalia e un donnaiolo esuberante, che non può stare un solo giorno della sua vita senza penetrare qualcuna. 
Arrivati nella villa, i quattro trovano il vecchio custode, Hector, che ha preparato tutto per la grande festa, senza sapere che si tratta di un banchetto funebre. Trovano anche un visitatore cinese che vuole offrire un lavoro a Philippe nella lontana Cina; il magistrato rifiuta cortesemente pronunciando la frase "Timeo Danaos et dona ferentes", citando Virgilio. Arriva la consegna di una grandissima quantità di carne, soprattutto selvaggina, porci e manzi macellati. 
Rimasti soli, i quattro iniziano ad ingurgitare selvaggiamente. In una scena, Marcello e Ugo gareggiano per vedere chi riesce a inghiottire più ostriche. A un certo punto discutono di organizzare una piccola "presenza femminile" e decidono di invitare a casa tre prostitute la sera successiva (non quattro, perché Philippe non vuole partecipare). La colazione del giorno dopo viene interrotta dall'arrivo di una classe scolastica che vorrebbe visitare il giardino della villa per vedere il famoso Tiglio di Boileau, un albero monumentale chiamato così perché il poeta francese Nicolas Boileau (1636 - 1711) era solito sedersi alla sua ombra, in cerca di ispirazione. I quattro invitano volentieri i bambini non solo in giardino, ma anche a vedere la vecchia Bugatti blu nel garage, per poi offrire un magnifico pranzo in cucina. Cosa più importante, fanno la conoscenza della fulva Andréa, la giovane e prosperosa maestra, che invitano spontaneamente a cena quella sera. Philippe è sgomento all'idea che l'insegnante di scuola sia nella stessa compagnia di tre prostitute; lui la avverte, ma lei sembra non essere turbata. Le prostitute arrivano a tempo debito e l'atmosfera diventa frivola e sessualmente carica. Andréa è attratta da Philippe e trova il modo di sedurlo: con la scusa di attaccargli un bottone della patta, gli bacia il fallo e inizia a fellarlo. Lui rimane sconvolto da quelle attenzioni (la balia si limitava a segarlo), che le fa una proposta di matrimonio. 
Le crapule continuano senza sosta. Ugo è il responsabile della preparazione dell'incessante rifornimento per i bagordi sfrenati. Il femmineo Michel, allevato rigorosamente per non avere fiato, ha una grave indigestione e gli si occlude l'intestino. Per fortuna riesce a riprendersi e dal suo ventre scaturisce in un'emissione impetuosa di miasmi fecali. Terrorizzate e sconvolte dall'andamento degli eventi, le prostitute fuggono all'alba, in preda a nausea profonda e vomito. L'unica donna che rimane è Andréa. L'insegnante sembra intuire lo scopo ultimo dei protagonisti, così decide di aiutarli nei loro sforzi, stabilendo un tacito accordo e rimanendo con loro fino alla morte di tutti e quattro. Dopo la partenza delle meretrici, si abbandona al sesso con tutti gli uomini, anche col non troppo virile Michel, partecipando attivamente alla loro abbuffata. 
Il primo a essere ghermito dalla Morte è Marcello: infuriato per la propria improvvisa impotenza, va in bagno e fa esplodere le tubature, provocando un'inondazione di liquami. La materia escrementizia, che percola dal soffitto sottostante, lascia un fetore nauseabondo anche dopo aver ripulito. Rendendosi conto dell'inutilità della farsa, decide di uscire di casa nella notte, durante una tempesta di neve, a bordo della vecchia Bugatti blu che aveva riparato all'inizio della giornata con grande gioia. I suoi amici lo trovano la mattina dopo, morto assiderato sul sedile di guida. Philippe, essendo un giudice, fa desistere i compagni dall'idea di seppellire Marcello in giardino - avvertendo che è prevista una pena severa per la sepoltura illegale di un cadavere. Così il cadavere viene riposto nella cella frigorifera della villa, dove rimane seduto e ben visibile dalla cucina. Dopo Marcello muore Michel, che trova nel cortile un nuovo cane seduto nella Bugatti. Già sofferente di indigestione e stracolmo di cibo (non riesce nemmeno a sollevare le gambe praticando la danza, il suo passatempo preferito), è colpito da un violentissimo attacco di diarrea mentre suona il pianoforte. Scaricando flatulenze e un fiume di merda liquida giallastra, crolla sul terrazzo. I suoi amici lo mettono nella cella frigorifera accanto a Marcello. Sotto lo sguardo dei morti nella cella frigorifera, Ugo prepara un enorme ed elaboratissimo piatto composto da un'ingente massa di tre diversi tipi di fegato (oca, anatra e pollo), a cui dà la forma della cupola dell'Hotel des Invalides. Tuttavia, Philippe e Andréa non riescono a ingerirne nemmeno un boccone. Ugo è deciso a ingerire l'intera preparazione. Dopo alcuni tentativi di dissuaderlo dall'insano proposito, il magistrato e l'insegnante si occupano di lui. Philippe lo imbocca, mentre Andréa lo masturba. Di colpo l'anima di Ugo vola al cospetto di Anubi, proprio nel momento in cui esce il materiale genetico. L'ultimo a trapassare è il diabetico Philippe, sulla panchina sotto il Tiglio di Boileau e tra le braccia di Andréa, dopo aver mangiato un gigantesco e dolcissimo budino a forma di una coppia di seni, da lei preparato. Va in coma iperglicemico e muore proprio mentre arriva un'altra consegna di carne. I fattorini restano sbalorditi quando Andréa ordina loro di lasciare nel giardino la carne - animali interi e parti di maiale e manzo. Le sequenze si concludono in modo bizzarro con una scena del giardino pieno di cani che iniziano a inseguire il pollame e a ingozzarsi della carne delle carcasse.
 
Citazione del regista:
"Basta con i sentimenti, voglio fare un film fisiologico!"  


Recensione: 
Questo film di Ferreri è viscerale! VI-SCE-RA-LE! Tognazzi è pantagruelico, gargantuesco! Proprio per questo ci piace. Gli elementi sadiani sono evidenti: il tema degli uomini altolocati che si appartano in una dimora nobiliare, lontano da occhi indiscreti, compiendo atti dissoluti, è preso direttamente dal romanzo incompiuto del Divin Marchese, Le 120 giornate di Sodoma (Les Cent Vingt Journées de Sodome ou l'École du libertinage). Sono convinto che lo stesso Pasolini abbia almeno in parte tratto ispirazione dalla pellicola di Ferreri per il suo adattamento Salò o le 120 giornate di Sodoma (1975). Nella gerarchia delle passioni descritte da Sade, Ferreri si limita alle cosiddette passioni semplici, anzi, al loro livello più elementare: ingurgitare smodatamente cibi e bevande, compiere atti sessuali tra uomo e donna. Nel film mancano del tutto, com'è ovvio, già le passioni semplici più estreme, come l'ingestione di escrementi e di urina, oltre agli atti di pedofilia che Sade non risparmia certo nelle sue pagine. Ferreri non va oltre, non giunge ai successivi livelli delle passioni complesse (stupri, incesti, flagellazioni), delle passioni criminali (pratiche al limite dell'assassinio, necrofilia, zoofilia) e delle passioni assassine (torture efferate e altre aberrazioni). In ogni caso, è indubitabile l'impianto sadiano dell'opera. Su questa architettura fondata dal Divin Marchese, Ferreri ha innestato una corrosiva critica alla società dei consumi. Il concetto di base è questo: l'abbondanza, che dovrebbe rappresentare l'apoteosi di ogni civiltà umana, è in realtà la causa prima della decadenza e dell'autodistruzione. Una volta raggiunto il pieno soddisfacimento dei sensi, subentra una noia mortale che porta al cupio dissolvi. Un'idea senza dubbio molto interessante, anche se la vedo sempre professata da gente che la fame non l'ha mai dovuta soffrire.
 
Etimologia di Carpugnino 
 
Ugo afferma di essere partito da Carpugnino all'età di 14 anni assieme a suo padre, che portava con sé un'eccellente collezione di coltelli, comprati col ricavato della vendita di due vacche. Il borgo di Carpugnino si trova nel Verbano e mi è ben noto, perché passavo sempre nelle sue vicinanze in compagnia di amici quando eravamo diretti all'Ossola. Vedevamo il cartello con scritto "CARPUGNINO" e facevamo battute grottesche, perché quel nome ci sembrava bizzarro. Il paese attualmente si chiama Brovello-Carpugnino
Brovello deriva dal celtico: è senza dubbio da *brogellos, una variante di *brogilos "frutteto", ben attestato nell'area romanza (da cui anche il toponimo Breuil) - a sua volta formato da *brogā, *brogis "campo", "paese", "confine". Gli Allobrogi (celtico Allobroges, adattato in latino come Allobrogēs) sono stati chiamati così perché "traslati da un altro paese", come riportato da Polibio. In gallese sopravvive tuttora la forma allfro "esiliato", che è di identica etimologia. 
Carpugnino (attestato anche come Carpignino; piemontese Carpugnì), è un derivato del leponzio *karpinos "carpino" (Carpinus betulus), di origine ligure (pre-celtica), passato al latino come carpĭnus come elemento di sostrato. Dal fitonimo deve essere derivata la forma *karpiniom "bosco di carpini", da cui l'aggettivo *karpiniīnom "(villaggio) del bosco di carpini". Sorprende che nessuno si sia occupato, a quanto ne so, di studiare questo singolare toponimo. 
 
Meringhe al cioccolato!
 
Nel vocabolario tognazzesco, la locuzione "meringhe al cioccolato" indica l'atto di leccare l'ano del partner (in genere una puttana) allo scopo di dare e provare piacere. Per il resto, l'atto viene soltanto accennato, con Ugo che si china davanti alle chiappe di una prostituta con la parrucca rossiccia e crespa, dando un leggero bacio sul coccige. La donna sarà poi posseduta carnalmente da Marcello, la cui sessualità è puramente penetrativa e poco incline a fantasie morbose.  
 
 
L'insegnante libertina

Per il ruolo di Andréa, il regista aveva idee molto precise: voleva un'attrice procace, sensuale e morbidissima, con due poppe prorompenti, capaci di mandare un uomo in criticità al minimo contatto. Uno dei suoi assistenti vide a teatro Andréa Ferréol, allora sconosciuta al grande pubblico. "Mi hanno chiamato una mattina alle 9, non conoscevo affatto Ferreri, ma conoscevo gli altri attori", ha detti la Ferréol. Al primo incontro fu subito entusiasta del ruolo, solo che per assumerlo doveva crescere molto di peso. Questo ebbe a dire: "Rappresento la donna, la sorella, l'amante, l'angelo della morte. Questa donna capì che volevano morire e decise di accompagnarli. Così mi sono detta: 'Questo ruolo lo avrò', e mi sono messa a mangiare". Quando la giovane incontrò finalmente il regista, utilizzò un furbo escamotage: "A questo incontro, da cattiva che ero, avevo messo tre maglioni per ingrandirmi e degli stivali. Dovevo ancora prendere 25 chili in due mesi. Con il suo meraviglioso accento italiano, lui mi ha semplicemente chiesto se potevo ingrassare di più". Alla fine è stata assunta. Alain Coiffier si è incaricato di negoziare il contratto un po' insolito dell'attrice: "Lei veniva pagata per ogni chilo in più che prendeva, sotto controllo medico, e poi dovevamo farci carico di un programma di dimagrimento. Ferreri la invita regolarmente al ristorante per controllare la sua dieta e le chiede di cambiare colore di capelli". Detto fatto, diventata fulva e pesante 85 chili, era pronta! 

Un'erezione improvvisa 

La Ferréol ha detto che Mastroianni aveva avuto un'erezione turgidissima durante le riprese: avrebbe potuto schiacciare le noci col glande! "Era nella scena in cui mi prende da dietro", ricorda l'attrice. In parole povere, Mastroianni pressava da tergo e cercava di penetrarla con l'immenso favone. In seguito lei ha ricordato l'accaduto con un linguaggio molto sobrio: "Niente di cui vergognarsi e questo posso dirlo anche adesso. Quando ho capito che a Marcello stava succedendo qualcosa, ho fatto finta di non preoccuparmi per non metterlo in imbarazzo"
 

La farfalla e il ramo secco 
 
Il giudice Philippe appartiene a una specie di setta lucifuga, un gruppo di esclusi e reietti di cui la società sana non vuole nemmeno sentir parlare. In un mondo in cui vengono esaltati modelli di performance, abilismo, successo e iperattività sessuale, non c'è posto per i vinti. Vengono macinati. Così il magistrato è cresciuto in quasi completo isolamento, in un rapporto morboso e innaturale con la nutrice che lo aveva allattato da piccolo. Questa vecchia libidinosa lo ha plagiato nel corso degli anni, facendo di tutto perché non potesse avere il benché minimo contatto con altre donne. Gli ha indotto il terrore delle prostitute e delle malattie veneree. Per impedire ogni tentativo di fuga da questa prigionia domestica, ha provveduto a drenargli manualmente lo sperma. Quando si trova per la prima volta a contatto con una libertina, Philippe crolla. L'insegnante prosperosa gli pratica la fellatio e gli distrugge ogni traccia di volontà, rendendolo una specie di succubo. Quest'uomo, travolto da una mole ingestibile di sensazioni intensissime, si ritrova di colpo in condizioni larvali. Vuole legarsi alla donna nel matrimonio ed ecco che subito gli tocca sopportare le corna! Alla fine accetta docile di uscire dal mondo, il coma è per lui una liberazione. Qualcuno ha detto che Ferreri nel suo film dipinge la donna come elemento salvifico. Guardando l'epilogo, direi che si tratta di un'opinione valida soltanto a patto di identificare la Salvezza con la Morte. Cosa che difficilmente le genti fanno, perché non rientra nel loro modo di concepire il mondo.   


Un difficile ruolo da fallofora 
 
Tra Florence Giorgetti, che interpreta una delle prostitute, e Ferreri, i rapporti diventarono presto molto tesi. "All'inizio andavamo d'accordo con Marco...", ha detto l'attrice, "poi all'improvviso ho compreso la sua perversione". All'epoca lei era ancora alle prime armi nel suo cammino nella Settima Arte. Era sposata con Pierre Arditi ed aveva da poco partorito. Ha provato un immenso disagio per via di una scena di pasto improvvisato in cui si strozza con un osso di pollo, afflitta dalle risate del resto della squadra. "Guardo Ferreri e non taglia. Martella: 'dai, dai, dai!'", dice. Poi il suo vicino di tavolo, il libidinoso e priapico Mastroianni, le ha dato una pacca sulla spalla, facendole sputare finalmente il bolo. "Sentivo di avere davanti a me un pervertito, qualcuno che amava tutti i pericoli che possono esistere su un set cinematografico", ha ricordato, ancora indignata. La scena dello strozzamento venne finalmente tagliata in fase di montaggio, ma di fronte alla reazione rabbiosa della Giorgetti, il regista ha cercato di spingerla negli ultimi passi e di metterla in situazioni sempre più sgradevoli. A un certo punto le ha chiesto di pisciare davanti a tutti. Lei pensava ai suoi genitori iperprotettivi e tradizionalisti, quasi vandeani, sentendosi annientata. Aveva il terrore di tradire le loro aspettative: immaginavano che lei dovesse fare un film straordinario con Tognazzi, ignorando la sua provenienza dalle 120 giornate di Sodoma! Alla fine la scena della pisciata è stata interpretata da Michel Piccoli. Questi sono i terribili ricordi che la Giorgetti ha avuto delle riprese: gesti distorti, scene di sesso dolorose. Una delle cose che più mi ha colpito nell'interpretazione di quest'attrice biondiccia è stata la sua reazione di fronte a una colossale torta al cioccolato preparata da Tognazzi: prima ci ha sputato sopra, lasciando sconvolti gli astanti, poi ha afferrato la zolla su cui ha deposto la sua saliva, ne ha fatto una grossa pallottola e l'ha tira al cuoco. 
 

La medicina tognazzesca 

Ugo utilizza un metodo di cura più arcaico dei Merovingi! Secondo il suo principio fondante, ogni malattia del corpo deve essere curata tramite uno specifico cibo. La scelta del cibo-farmaco, definito pomposamente "medicamentoso", segue in un certo qual modo il principio dell'omeopatia: simile cura simile. La parola "omeopatia" non deve però essere intesa in senso quantitativo, come di solito oggi avviene, bensì qualitativo. Quando Michel cade malato con sintomi abbastanza chiari di occlusione intestinale, ecco che Ugo gli porta un immenso vassoio di "puré medicamentoso". Si tratta di puré di patate fatto senza alcuna aggiunta di burro. Perché questa scelta? Semplice: l'occlusione intestinale provoca un particolare tipo di vomito, detto fecaloide, che ha l'aspetto del puré di patate ma puzza di merda. Per curare questo pericoloso inconveniente, al malato viene somministrata una sostanza alimentare che ricorda nell'aspetto quella espulsa. Michel non vuol mangiare? Poco importa. Ugo lo imbocca. L'atto di imboccare è ritenuta una pratica taumaturgica! Infatti l'occlusione intestinale di Michel si risolve e dall'ano scaturisce una raffica di spaventosi peti! I gas intestinali, liberi di uscire, saturano la stanza asfissiando i presenti! 
 

L'esplosione delle tubature merdarie! 

Una delle sequenze più significative dell'intera pellicola è senza il minimo dubbio quella dell'esplosione delle condotte del cesso, incidente che causa la fuoriuscita di un'immensa quantità di merda. A quanto ho potuto apprendere da un veneto che ha sposato un'esuberante parigina, nella capitale francese simili incidenti non sono affatto rari. Non essendo stata rasa al suolo dai bombardamenti, Parigi conserva tuttora moltissimi edifici vetusti, spesso risalenti addirittura alla fine del XIX secolo. Come ben sappiamo, George A. Romero nei suoi film ci mostra il consumatore compulsivo trasformato in zombie, che è un morto vivente completamente privo di facoltà di pensiero e di senso critico. Marco Ferreri invece insiste sull'incessante produzione di escrementi. Il consumatore compulsivo viene a trasformarsi in una macchina il cui output consiste in montagne di merda. La domanda è questa: come smaltire tutte queste feci? Non è possibile farlo, il processo di smaltimento richiede infatti risorse ed energie che non sono disponibili. L'unica possibilità è occultare la merda in qualche recesso oscuro, in modo che non possa turbare la coscienza dello spettatore. Il problema è che da queste spelonche, da queste latebre, da questi canali, il materiale digerito ed espulso da milioni di buchi del culo compie un'opera di corrosione delle strutture, ritornando poi alla luce del sole tramite una possente eruzione. Non ci si libera di queste scorie!   


Le uova come simbolo di morte
 
A un certo punto Philippe chiede a Ugo: "Perché metti le fettine di uovo?" Ugo risponde in modo singolare e notevole: "Perché le uova, secondo i Giudei, sono il simbolo della morte". La cosa è di per sé abbastanza sorprendente. In realtà non è così semplice e potrebbe essere avvenuto qualche fraintendimento. 
Nella cultura ebraica la pietra è simbolo di lutto, perché la parola per dire "pietra", èven, somiglia nel suono alla parola per dire "lutto", èvel. L'uovo somiglia a una pietra. Un uovo è il primo alimento con cui viene rotto il digiuno praticato durante il lutto. Questo ha portato ad associare l'uovo alla morte. Tuttavia l'uovo è al contempo anche simbolo nella nascita e della vita. Una profonda ambivalenza. Nel sulfureo film Angel Heart - Ascensore per l'Inferno (Alan Parker, 1987), Louis Cyphre, ossia Lucifero, ha l'abitudine di mangiare uova sode. Spiega che l'uovo per le antiche religioni è il simbolo dell'anima. Così Lucifero divora le anime e a causa del suo atto, l'uovo viene a rappresentare la dannazione eterna, ossia la Morte dell'Essere. 
Vale la pena di vedere il film di Ferreri già soltanto per le parole pronunciate da Ugo sulle uova e sulla morte! 
 
Alcuni problemi pratici 
 
Nella realtà sarebbe molto difficile realizzare qualcosa di simile alla vicenda narrata nel film di Ferreri. Già notiamo che Philippe si oppone per motivi legali alla sepoltura clandestina di Marcello nel nudo terriccio del giardino. La morte per bagordi non è per forza un improvviso, fulmineo passaggio dalla pienezza delle viscere alla Pace. In genere non è indolore e rapida. Si agonizza come cani. Immaginamo, tanto per fare un esempio che l'occlusione intestinale occorsa a Michel non si fosse risolta, peggiorando fino ad evolvere in una peritonite fulminante. Cosa fare di fronte a tanta sofferenza atroce, se non chiamare all'istante i soccorsi? Lo stesso dicasi per gli ictus emorragici o ischemici, per gli attacchi ischemici transitori, per gli infarti cardiaci o intestinali, insomma, per ogni incidente che dovesse presentarsi. Va inoltre notato che sistono sistemi di difesa del corpo, come la nausea e il vomito, che renderebbero molto difficile masticare e ingollare fino all'exitus. Secondo Ferreri, nausea e vomito colpiscono soltanto le puttane. Insomma, l'impianto narrativo non sembra reggere. Andréa, avendo somministrato i budini a Philippe proprio per farlo morire (secondo il principio della goccia che fa traboccare il vaso), rischierebbe un'imputazione di omicidio intenzionale. Non uno scherzo, dunque. In sostanza, volendo proprio farla finita, si potrebbe ricorrere a sistemi molto più semplici ed efficaci.

L'opinione di Pasolini
 
Pier Paolo Pasolini scrisse queste parole sul film di Ferreri, apparse sulla rivista Cinema Nuovo (n. 231, settembre-ottobre 1974):
 
"Corpi colti in una sintesi di gesti abitudinari e quotidiani che nel momento in cui li caratterizzano li tolgono per sempre alla nostra comprensione, fissandoli nella ontologicità allucinatoria dell'esistenza corporea."  
 
L'idea più ricorrente è che Pasolini abbia identificato Philippe, Ugo, Marcello e Michel con i pilastri dell'ideologia borghese, che ridurrebbe la vita alle sue funzioni biologiche elementari, da cui si originerebbe proprio la merda. Poi bisognerà vedere se in una società socialista la gente non mangerebbe, non berrebbe, non copulerebbe e non cagherebbe. O forse le interiora vuote hanno il potere miracoloso di trasformare le persone affamate in intellettuali?  
 
Altri giudizi critici 
 
Morando Morandini assegna 5 stelle su 5 nel suo Dizionario, riportando il seguente giudizio: 
 
"Scritto con Rafael Azcona, è probabilmente il più grande successo internazionale (di scandalo) nell'itinerario di M. Ferreri. Questo apologo iperrealista ha gli scatti di una buffoneria salace e irriverente, i toni furibondi di una predica quaresimalista e, insieme, l'empietà provocatrice di un pamphlet satirico; e chi lo prende per un film rabelaisiano, non ne ha inteso la sacrale tristezza. C'è piuttosto l'umor nero, la salute, la disperazione di uno Swift. Con qualcosa in più: la pena. La sua forza traumatica risiede nella calma lucidità dello sguardo, e nell'onestà di un linguaggio che Ferreri conserva anche e soprattutto quando non arretra davanti a nulla. Se si esclude parzialmente Mastroianni, forse il meno riuscito del quartetto, i personaggi non sono mai volgari. Nonostante le apparenze realistiche (di un neorealismo fenomenico e irrazionalistico), sfocia nel clima allucinato di un apologo fantastico come certi segni e invenzioni suggeriscono." 

Alcune opinioni interessanti sono riportate nel sito del Davinotti: 


Daniela ha scritto nel lontano 2016:

Lo chef, il produttore televisivo, il pilota e il giudice: quattro amici di varia estrazione sociale e caratteri diversi decidono di rinchiudersi in una villa e mangiare fino alla morte... Svaporata l'aura di scandalo col passare dei decenni, il capolavoro di Ferreri mantiene però intatta la sua forza di limpida metafora: quel che divoriamo, ci divora ed il cibo, nella società opulenta veicolo di piacere fine a se stesso, è l'arma utilizzata per un paradossale suicidio causato da un'abbondanza che provoca assuefazione, noia, infine vuoto esistenziale. Banchetto sadiano con un cast memorabile.
MEMORABILE: All'arrivo alla villa, nello scaricare le merci dal furgone, vengono minuziosamente elencate tutte le vivande e le carni; il budino mammelloso
 
Homesick ha scritto nel remoto 2011:

Apologo culinario e freudiano sulla società capitalistica destinata a collassare sotto il peso della propria opulenza e a restituirsi all’Es. Commensali dell’apocalittica crapula quattro individui - variamente frustrati - che si autoannientano negli spasmi di un edonismo tragicomico, ove leccornie da gourmet si mischiano a vomito, liquami, coiti promiscui e peti, e i profumi dei cibi svaniscono in una cupa atmosfera di malinconia, dolore e morte. L’erudizione della messa in scena e la somma bravura e signorilità degli attori edulcorano il disgusto, stimolando sane risate e amare riflessioni.
MEMORABILE: Ugo e i suoi coltelli legati al ricordo del padre; l’esplosione del wc; le morti, ciascuna delle quali corrispondente a passioni o vizi dei quattro.
 
Se tanti odiano il piacere fine a se stesso e vogliono restituire il proprio essere all'Es freudiano, perché non sperimentano il contrario dell'opulenza, ovvero la carestia dura e severa? In fondo si fa presto a sentenziare davanti a uno schermo del pc, avendo la pancia ben satolla. 

 
Censura  
 
La versione originale del film, la cui durata è 132 minuti (secondo altri 135 minuti), è stata sottoposta a tagli in alcune scene di natura sessuale. Tra le sequenze rimosse, ci sono quelle in cui Andréa si mette a dare baci alla francese con vistosi slinguazzamenti. In Italia il film ha subìto una pesante censura. La versione francese dura 129 minuti, mentre quella italiana ne durava soltanto 123. Il film è stato ridotto ulteriormente ad appena 112 minuti per il commercio home video italiano. Quest'ultima versione è quella che si trova in VHS e nei DVD, dove evidenti le discontinuità causate dai tagli. Soltanto nel 2019 la CG Entertainment ha fatto uscire il DVD e il Blu-Ray del film nella sua versione integrale e restaurata. All'epoca in cui la pellicola fu fatta, il problema principale era il sesso, che oggi non sembra più destare alcuna reazione di traumatismo. Invece ci sono scene in cui vengono mostrati animali macellati, che oggi desterebbero la furia di elementi animalisti e vegani sempre più integralisti, aggressivi, violenti. 

martedì 9 novembre 2021

 
THE WICKER MAN
 
Titolo originale: The Wicker Man
AKA: L'uomo di vimini
Lingua: Inglese
Paese di produzione: Regno Unito
Anno: 1973
Data di uscita: 6 December 1973
Durata: 88 min
   102 min (Director's Cut)
Genere: Orrore
Sottogenere: Horror popolare
Regia: Robin Hardy
Soggetto: David Pinner (non accreditato)
Sceneggiatura: Anthony Shaffer
Produttore: Peter Snell
Casa di produzione: British Lion Films
Fotografia: Harry Waxman
Montaggio: Eric Boyd-Perkins
Musiche: Paul Giovanni e Gary Carpenter
Scenografia: Seamus Flannery
Interpreti e personaggi:
    Edward Woodward: Sergente Howie
    Christopher Lee: Lord Summerisle
    Diane Cilento: Miss Rose
    Britt Ekland: Willow MacGregor
    Ian Campbell: Oak
    Lesley Mackie: Daisy
    Ingrid Pitt: La bibliotecaria
    Aubrey Morris: Il becchino
    Lindsay Kemp: Alder MacGregor
    Russell Waters: Il capitano di porto
    Irene Sunter: May Morrison
    Jennifer Martin: Myrtle Morrison
    Donald Eccles: T. H. Lennox
    Walter Carr: Il maestro di scuola
    Roy Boyd: Broome
    Paul Giovanni: Un musicista
    Peter Brewis: Un musicista
    Geraldine Cowper: Rowan Morrison
    John Young: Pescivendolo
    Myra Forsyth: Signora Grimmond
    Barbara Rafferty: Donna con bambino
    John Sharp: Dottor Ewan
    Alison Hughes: Fidanzata vergine del Sergente Howie
    John Hallam: Conestabile di Polizia McTaggart
    Tony Roper: Postino  
Titoli in altre lingue: 
   Francese (Canada, Belgio): Le dieu d'osier  
   Spagnolo (Spagna): El hombre de mimbre  
   Spagnolo (Argentina, Venezuela): El culto siniestro
   Greco: Το καταραμένο σκιάχτρο 
   Greco (traslitterato): To katarameno skiahtro 
   Ungherese: A vesszőből font ember
   Lituano: Karklu zmogus 
   Norvegese: Narrenes konge 
   Svedese: Dödlig skörd 
   Turco: Lanetli Ada 
   Polacco: Kult 
   Polacco (titolo TV): Slomiane bóstwo
   Sloveno: Moz iz protja 
   Russo: Плетеный человек 
   Giapponese: ウィッカーマン
Budget: 471.600 – 500.000 sterline
Box office: 475.661 dollari US
 
Citazioni:
 
"For believing what you do, we confer upon you a rare gift, these days - a martyr's death."
(Lord Summerisle)
 
Traduzione: 
"Credendo in ciò che credi, ti conferiamo un dono raro in questa epoca - una morte da martire."

Trama:
Il Sergente Neil Howie si reca in idrovolante nella remota isola di Summerisle, nelle Ebridi, dopo aver ricevuto una lettera in cui si denunciava la scomparsa di una giovane ragazza, la fulva Rowan Morrison. Dato che l'isola è impervia, sembra molto difficile che la fanciulla possa essersene andata via di sua volontà. Howie, che è un cristiano devoto e casto appartenente a una setta evangelica particolarmente fanatica, si mette ad indagare ma non ottiene alcun risultato di rilievo, visto che nessuno sembra aver mai sentito parlare di Rowan. L'ufficiale rimane fortemente turbato quando scopre che gli isolani praticano un antico culto pagano celtico. Le coppie fanno sesso apertamente nei campi, ai bambini viene insegnata a scuola la natura fallica dell'Albero di Maggio. Per curare la pertosse vengono messi in bocca i rospi. Le persone portano nomi di alberi, fiori ed erbe. Nell'isola non ci sono ministri o preti cristiani. La sua chiesa e i suoi cimiteri sono stati da lungo tempo sconsacrati e ora vengono utilizzati per i peculiari rituali funebri della gente del luogo, che crede nella reincarnazione. Durante la permanenza alla taverna Green Man Inn, il sergente nota una serie di fotografie che celebrano il raccolto annuale, ciascuna raffigurante una giovane ragazza nei panni della Regina di Maggio. Manca proprio la fotografia dell'ultima celebrazione; tuttavia il gerente gli dice che è stata rimossa perché si era rotta. Persino la donna identificata come la madre di Rowan nega in modo pervicace la sua esistenza. Anche alla scuola locale tutti gli alunni negano che la ragazzina sia mai esistita; tuttavia nel registro scolastico il nome di Rowan risulta presente. Non potendo più sostenere l'omertà, l'insegnante suggerisce a Howie di recarsi al cimitero, dove trova la tomba di Rowan. L'inglese va su tutte le furie, incenerisce con lo sguardo una ragazza venuta a portare un uovo, trattenendosi a stento dal massacrarla a sganassoni come vorrebbe, quindi distrugge le offerte pagane e colloca sulla tomba una croce improvvisata. Sembra Olaf Tryggvason redivivo! Per ottenere il permesso di compiere
l'esumazione, si reca dal signore dell'isola, Lord Summerisle. Il nobiluomo gli spiega che suo nonno, un agronomo vittoriano, sviluppò varietà di alberi da frutto che avrebbero prosperato nel clima scozzese e incoraggiò la convinzione che le antiche divinità avrebbero portato immensa prosperità sull'isola se la popolazione avesse abbracciato la religione pagana. Avendo ottenuto abbondanti raccolti, il culto pagano si impose e i ministri cristiani abbandonarono l'isola. Il sergente si mostra arrogante, arrivando ad ammonire Lord Summerisle e a ricordargli che è un suddito di un paese cristiano. Ottenuto il permesso per l'esumazione, non riesce a trovare il cadavere di Rowan: all'interno della bara c'è soltanto la carcassa di una lepre. Salta invece fuori la fotografia mancante, in cui la giovane è tra le ceste vuote, perché il raccolto è fallito. Tornato nella taverna, la figlia del padrone di casa tenta di sedurlo, ma lui resiste, perché crede nell'istituto del fidanzamento e intende conservarsi vergine per il matrimonio, ovviamente inteso come sacramento cristiano. In seguito ad alcune letture nella biblioteca, si fa strada nel sergente l'idea, niente affatto peregrina, che Rowan sia ancora viva ma nascosta, dovendo essere sacrificata agli dei pagani a causa di questo fallimento. In cerca di assistenza dalla terraferma, Howie torna sul suo idrovolante per scoprire che non funziona più e la sua radio è danneggiata: non può andarsene o chiedere aiuto. Gli eventi precipitano. Quello stesso giorno, durante la celebrazione del Primo Maggio, Howie tramortisce il locandiere, gli ruba il costume e la maschera di Punch, quindi si infiltra nella parata. Viene però scoperto e smascherato. Lord Summerisle gli rivela che Rowan non è mai stato il sacrificio previsto. A dover essere immolato è lo stesso inglese, perché soddisfa i quattro requisiti previsti per essere una vittima adatta: è venuto di sua spontanea volontà, ha "il potere del Re" (ossia rappresenta la legge), è vergine ed è uno sciocco. Howie avverte Lord Summerisle che i raccolti stanno fallendo a causa del clima inadeguato e che gli abitanti del villaggio si rivolteranno gli si rivolteranno contro, sacrificandolo la prossima estate, quando il raccolto fallirà di nuovo. La fede del nobile nelle divinità è incrollabile: afferma che i raccolti non falliranno, perché l'offerta sacrificale sarà gradita. Gli abitanti del villaggio costringono Howie a entrare in una gigantesca statua di un uomo di vimini insieme a vari animali, quindi la danno alle fiamme e la circondano, cantando la canzone popolare inglese medio Sumer is icumen in. All'interno dell'uomo di vimini, Howie recita il Salmo 23, prega Dio e maledice gli isolani, ma non può nulla contro le fiamme, morendo per le ustioni. La testa dell'uomo di vimini crolla ardendo e rivela il sole al tramonto.  
 

Recensione: 
Un film decisamente insolito, bizzarro, forse addirittura unico nel suo genere. Secondo uno stratagemma ben collaudato, analogo al fantomatico manoscritto manzoniano che avrebbe ispirato i Promessi sposi o agli inesistenti testi ossianici che James Macpherson affermò di aver reperito, la vicenda narrata nella pellicola è presentata come reale. Chiaramente non ci casca nessuno, comunque è suggestivo. All'inizio della pellicola compare un avvertimento fittizio: "The producer would like to thank The Lord Summerisle and the people of his island off the west coasts of Scotland for this privileged insight into their religious practices and for their generous co-operation in the making of this film" ("Il produttore vorrebbe ringraziare Lord Summerisle e la gente della sua isola al largo delle coste occidentali della Scozia per questo sguardo privilegiato nelle sue pratiche religiose e per la sua generosa cooperazione nella realizzazione di questo film"). Il soggetto è tratto da un romanzo di David Pinner (che finì non accreditato), risalente al 1967 e intitolato Ritual. Ne riporto in forma sintetica la trama. A un agente di polizia inglese di nome David Hanlin, un cristiano puritano, viene chiesto di indagare su quello che sembra essere l'omicidio rituale di un bambino locale in un villaggio rurale della Cornovaglia. Durante il suo breve soggiorno, Hanlin si confronta con inganni psicologici, seduzione sessuale, antiche pratiche religiose e rituali sacrificali da incubo. L'attore Christopher Lee, il produttore Peter Snell e lo scrittore Anthony "Sleuth" Shaffer, si accordarono per acquistare i diritti sull'adattamento cinematografico del romanzo. Sono stato effettuati numerosi cambiamenti, ad esempio la Cornovaglia è diventata la Scozia insulare. L'opera compiuta è ottima. Vi è ben rappresentato lo scontro di due mondi tra loro incompatibili. Decenni dopo la sua iniziale distribuzione, la pellicola continua a ricevere critiche favorevoli, ed è considerato uno dei migliori film dell'anno 1973.
 
Riconoscimenti: 
 
- Nel 1974 The Wicker Man ha vinto il primo premio nel Festival di film fantastici in Parigi.
- Nel 1977 la rivista statunitense Cinefantastique ha definito The Wicker Man "Il Quarto potere dei film dell'orrore."
- Nel 1999 il British Film Institute ha inserito The Wicker Man al 96º posto della lista dei migliori cento film britannici del XX secolo.
- Nel 2003 il Crighton Campus dell'Università di Glasgow ha dedicato una conferenza di tre giorni proprio a The Wicker Man.
- Nel 2006 The Wicker Man ha ricevuto il 45º posto nella lista Bravo dei 100 momenti più spaventosi del cinema.
- Nel 2008, a The Wicker Man è stato dato dal periodico Empire il 485º posto nella sua lista dei 500 film migliori della storia.
- Nel 2010 nel documentario BBC A History of Horror, l'attore Mark Gatiss ha nominato The Wicker Man come un buon esempio del genere da lui definito "folk horror", paragonabile a Il Grande Inquisitore (Michael Reeves, 1968) e La pelle di Satana (Piers Haggard, 1971). 
 
 
Etimologia di Summerisle 
 
In realtà esiste un piccolo arcipelago in Scozia chiamato The Summer Isles, ossia "le Isole dell'Estate" (gaelico Na h-Eileanan Samhraidh). Tuttavia, queste isole non hanno alcuna evidente connessione a questo film, almeno non in modo voluto. Si noterà che anche l'isola di Bermuda era precedentemente conosciuta anche come Somer's Isle, pur essendo una fonte d'ispirazione meno credibile. La parola isle "isola" è arcaica per island e deriva dal francese antico (in francese moderno è île). In ultima analisi la parola francese è l'esito naturale del latino īnsula. In island la -s- è dovuta a una falsa etimologia proprio per analogia ad isle:  in antico inglese era īġland, īeġland, īeġ, corradicale del tedesco -au "stanziamento su un fiume", comunissimo nei toponimi, oltre che del tedesco Eiland "isola" (la parola usuale è Insel) e dell'olandese medio eyland "isola".  
 
 
Howie e la religione nel Regno Unito 
 
Il sergente puritano afferma più volte il concetto secondo cui, essendo il Regno Unito un paese cristiano, ogni singolo suddito sarebbe di conseguenza obbligato ad aderire al Cristianesimo in una sua confessione. Qualcuno farà notare che in effetti il Regno Unito ha una religione di Stato, l'Anglicanesimo, una particolare confessione cristiana di cui il Sovrano d'Inghilterra è in automatico il capo supremo. Tuttavia questo non implica affatto l'inesistenza della tolleranza religiosa, ossia del diritto di ogni suddito britannico di aderire alla fede che preferisce. Se la popolazione di un'isola abbandonasse la propria confessione cristiana per adottare riti pagani ancestrali, vivendo di conseguenza (nei limiti delle leggi), sarebbe liberissima di farlo senza infrangere alcun principio giuridico del Regno. Si può quindi ritenere che il ragionamento del poliziotto inflessibile sia come minimo anacronistico. Ogni dettaglio del suo comportamento è volutamente odioso. Egli non mostra rispetto alcuno per coloro che lo ospitano e finisce col compiere svariati atti di prepotenza. Attacca verbalmente il Lord nella sua dimora signorile. Irrompe in casa d'altri, trova due pupazzi posizionati in modo da mimare una copula, ne rimane offeso e li scaraventa via. Si può dire che il suo comportamento sia tutto il contrario di quello che un rappresenante delle Forze dell'Ordine dovrebbe tenere. Abusa in modo sistematico del suo potere. La sceneggiatura è studiata in modo accurato, proprio per spingere lo spettatore a gioire della combustione finale di un simile molesto personaggio.   

 
Un'incoerenza o fallacia narrativa

A un certo punto Willow MacGregor, la bionda e procacissima figlia del taverniere, vagamente simile a Brigitte Bardot, cerca di sedurre il sergente puritano. In una camera vicina a quella occupata dal poliziotto barricato, la bionda ragazza danza nuda e canta di voler mungere il toro, riempiendo secchi con il suo sperma! Lui la guarda da una fessura ed è sconvolto dalla libidine, suda come un cavallo e si rivolge a Dio cercando con tutte le sue forze di resistere alla tentazione. Peccato che la cosa non abbia il benché minimo senso. Questo per un motivo molto semplice, direi quasi lapalissiano: se il poliziotto avesse ceduto alla tentazione e avesse consumato un atto sessuale con la procace ragazza, non sarebbe stato più vergine e quindi non sarebbe più sussistita la sua idoneità al sacrificio. Alla fine si scopre che i pagani di Summerisle lo hanno attirato sull'isola proprio per immolarlo, sapendolo vergine e rappresentante del Regno; la sua scelta tra le genti della terraferma non è stata senza difficoltà. Certamente avrebbero impedito con fanatica determinazione qualsiasi ostacolo al destino che gli avevano assegnato! 
 
Riporto il testo del canto seduttivo della pseudo-Bardot, biondissima e completamente nuda.
 
Willow's Song
 
Heigh ho.
Who is there?
No one but me, my dear.
Please come say,
How do?
The things I'll give to you.
A stroke as gentle as a feather.
Heigh ho. I am here. 
Am I not young and fair? 
Please come say, 
How do? 
The things I'll show to you. 
Would you have a wond'rous sight 
ummm 
The midday sun at midnight?
Fair maid, 
white and red, 
Comb you smooth and stroke your head, 
umm  
How a maid can milk a bull  
And every strike a bucketful 
 
Traduzione: 
 
Ii-oo
Chi c'è qui
Nessun altro a parte me
mio caro
Per favore
vieni
Dimmi come fare
le cose
Che ti dirò
Una carezza tanto dolce
come una piuma
Catturerò un arcobaleno in cielo
e ne legherò le estremità
insieme
Ii-oo
Sono qui
Non sono giovane
e bella?
Per favore
vieni
Dimmi come fare
che ti mostrerò
Potresti avere
una meravigliosa visione
Mmm hmm-hmm-mmm  
Il sole di mezzogiorno
a mezzanotte
Bella donzella,
rossa e bianca,
(i)
ti pettina con dolcezza
ed accarezza la tua testa
(ii)
Mmm mmm
Mmm mmm-mmm
Come una donzella può mungere un toro
Mm-hmm, mm-hmm
Ed ogni carezza
(iii)
Un secchio pieno


(i) I sottotitoli hanno "rosso e bianco": il traduttore si riferisce alla pelle dell'asta del poliziotto e al suo glande infiammato.  
(ii) È il Priapo rubizzo, il glandone! 
(iii) I sottotitoli traducono abusivamente stroke "colpo" con "carezza".

 
Alcune tracce musicali 
 
La colonna sonora, stranissima, è opera di Paul Giovanni; Gary Carpenter ha fatto l'arrangiatore musicale. Mi sento in dovere di riportare i testi di alcuni brani di sommo interesse.  

The Highland Widows Lament
 
Oh I am come to the low Country
Ochon, ochon,
Ochrie  
Without a penny
In my purse
To buy a meal
For me.  
One time I had
One hundred sheep
Ochon, ochon,
Ochrie
Keeping on yon narrow creek
And growing wool
For me 

Traduzione: 

Oh, arrivo
Alla terra del Nord
Ochon, ochon,
Ochrie
Senza un penny
Nella mia sacca
Per un pasto
Per me
Una volta avevo
Cento pecore
Saltellando in
Questo stretto ritornello
E coltivando lana
Per me

 
Note: 
Nel ritornello Ochon, ochon, ochrie, -ch- ha la pronuncia aspirata, come nel tedesco Achtung e come in Loch Ness. Non ha il suono palatale di much! Trascrizione: 
/o'χɔn, o'χɔn, o'χri:/
Non si capisce come mai purse "sacca" sia tradotto erroneamente come "senza paura" nei sottotitoli. Forse è per uno sbandamento dell'autore.

Corn Rigs and Barley Rigs 

It was upon a Lammas night 
when corn rigs are bonny 
beneath the moon's unclouded light 
I held awhile to Annie 
the time went by with careless heed  
til 'tween the late and early, 
with small persuasion she agreed 
to see me through the barley
Corn rigs and barley rigs, 
And corn rigs are bonny, 
I'll not forget that happy night  
among the rigs with Annie 

Traduzione:

Era una notte di mietitura
Quando le pannocchie sono buone
Sotto la luce senza nuvole della luna
Cedetti un po' con Annie
Il tempo passò senza preoccupazioni
Fin quando arrivò il giorno
Con poca persuasione lei accettò
di vedermi tra il frumento
Pannocchie e frumento
Ed il mais è buono
Non dimenticherò quella notte felice
Tra le pannocchie con Annie


Note: 
L'aggettivo bonny, bonnie in Scozia significa "buono", "bello". Deriva chiaramente dal francese antico bon "buono".
Per quanto riguarda la notte con Annie, che dire? Questa è la gioventù che tutti avremmo voluto vivere. Una gioventù di sperimentazioni, senza problemi e senza paure. Invece certe fortune capitano soltanto ai bulli! 
 
Ed ecco un canto erotico: 
 
Gently Johnny 
 
I put my hand on her knee
And she says do you want to see?
I put my hand on her breast
And she says do you want a kiss? 
I put my hand on her thigh
And she says do you want to try?
I put my hand on her belly
She says do you want to fill me?
Gently, gently 
Gently Johnny 
My jingaloe  
Gently, gently 
Gently Johnny 
My jingaloe
 
Traduzione: 
 
Metto la mano
Sul suo ginocchio
E lei dice
'Vuoi vedere?'
Metto la mano
Sul suo seno
E lei dice
'Vuoi un bacio?'
Metto la mano
Sulla sua coscia
E lei dice
'Vuoi provare?'
Metto la mano
Sul suo ventre
E lei dice
'Vuoi riempirmi?'
Dolcemente, dolcemente
Dolcemente, Johnny
Mio gigolo 
Dolcemente, dolcemente
Dolcemente, Johnny
Mio gigolo  

Note: 
L'enigmatica parola jingaloe /'dʒɪngələʊ/, scritta anche jingalo, è semplicemente un adattamento del francese gigolo alla fonetica inglese. Nei sottotitoli in italiano è lasciata non tradotta. Ho rimediato alla mancanza.

Questa canzone, cantata al suono del marranzanu e del violino, sintetizza la credenza druidica nel ciclo dell'esistenza e nella trasmigrazione, non necessariamente da essere umano ad essere umano. 
 
Maypole Song 

In the woods there grew a tree
and a fine fine tree was he
and on that tree there was a limb
and on that limb there was a branch
and on that branch there was a nest
and in that nest there was an egg
and in that egg there was a bird
and from that bird a feather came
and of that feather was a bed
and on that bed there was a girl
and on that girl there was a man
and on that man there was a seed
and on that seed there was a boy
and from that boy there was a man
and for that man there was a grave  
and from that grave there grew a tree 

Traduzione:

Nel bosco crebbe un albero
Era un bel bell'albero
E in quest'albero c'era un braccio 
E da quel braccio uscì un ramo  
E in questo ramo c'era un nido
E in questo nido c'era un uovo
E in quest'uovo c'era un uccello
E da questo uccello uscì una piuma
E da questa piuma uscì
Un letto
E sopra questo letto c'era una ragazza
E sopra questa ragazza c'era un uomo
E da quest'uomo uscì un seme 
E da questo seme uscì un bambino
E da questo bambino uscì un uomo
E per quest'uomo c'era una tomba
E da questa tomba crebbe
Un albero

Note: 
Si segnala una traduzione libera nei sottotitoli: "and on that man there was a seed" reso con "e da quell'uomo uscì un seme". Anche se tecnicamente non è esatta, la ammettiamo, perché la canzone allude a una cosa soltanto: la sborra!  
Questo tipo di canzone è stato usato da Noam Chomsky per dimostrare l'esistenza di una struttura ricorsiva senza limiti come caratteristica fondante del linguaggio umano. Ho potuto confutare a più riprese questa futile tesi. La ricorsività esiste ma è labile, non può essere infinita e incappa in un enorme numero di ambiguità che la invalidano! 
 
Attorno a un fuoco acceso al centro di un antico cerchio megalitico, danzano ragazze nude, intonando un incantesimo per favorire la gravidanza. Ci si sarebbe aspettati un testo in una lingua celtica, invece è in comune inglese. Alcuni passi della traduzione nei sottotitoli erano scadenti, così li ho messi a posto. 
 
The Fire Dance

Take the flame inside you
Burn and burn below
Fire seed and fire feed
And make the baby grow

Take the flame inside you
Burn and burn belay
Fire seed and fire feed
And make the baby stay

Take the flame inside you
Burn and burn belong
Fire seed and fire feed
And make the baby strong

Take the flame inside you
Burn and burn belie
Fire seed and fire feed
To make the baby cry

Take the flame inside you
Burn and burn begin
Fire seed and fire feed
And make the baby King


Traduzione:

Porta la fiamma dentro di te   
brucia e brucia
Infiamma il seme e alimenta il fuoco
e fa' crescere il bambino

Porta la fiamma dentro di te   
brucia e brucia
Infiamma il seme e alimenta il fuoco
metti il bambino in piedi

Porta la fiamma dentro di te  
brucia e brucia
Infiamma il seme e alimenta il fuoco
e fa' rinvigorire il bambino  
 
Porta la fiamma dentro   
brucia e brucia
Infiamma il seme e alimenta il fuoco
per far piangere il bambino

Porta la fiamma dentro   
brucia e brucia
Infiamma il seme e alimenta il fuoco
e fa' del bambino il Re

 
C'è anche una canzone puttanesca da osteria, dedicata alla bionda e prosperosa pseudo-Bardot, che fa le gangbang con i veci!   
 
The Landlord's Daughter 
 
Much has been said of the strumpets of yore 
Of wenches and bawdy house queens by the score
But I sing of a baggage that we all adore,
The Landlord's Daughter
You'll never love another
Although she's not the kind of girl
to take home to your mother
Her ale it is lively and strong to the taste
It is brewed with discretion, never with haste
You can have all you like if you swear not to waste
The Landlord's Daughter
And when her name is mentioned
The parts of every gentleman
Do stand up at attention
Oh, nothing can delight so
As does the part that lies between
Her left toe
And her right toe
 
Traduzione:

Molto si è detto sulla meretrice dell'anno
Di ragazzate e concupiscenza
prostitute e inoffensività
Ma canto di una puttana
che tutti adoriamo
La figlia del proprietario
Mai ne vorremmo un'altra
Benché non sia il tipo di ragazza
Da presentare a tua madre
La sua birra è intensa
e di forte sapore
Si fa con discrezione,
mai con fretta
Può prendere tutto ciò che vuole
se giura di non sciuparla
La figlia del proprietario
E quando si menziona il suo nome
Gli attributi di tutti
gli uomini si alzano
Sull'attenti
Dice della giovane
tutto il popolo
Che si toglie la cintura
turandola via
Quella bambolina che la guarda
non è più terribile
Mentre prendo la figlia
del proprietario
Oh, niente delizia così tanto
- Come la parte che hai dentro
- Tra la punta del piede sinistro  
E del piede destro
 
 
Note:
Ci sono alcuni punti oscuri nella traduzione, come quando si parla di "ragazzate e inoffensività". 
La birra è una chiara allusione allo squirting.
I versi finali alludono al footjob: la pseudo-Bardot è abilissima nell'arte di masturbare i falli eretti usando i piedi! 
 

Un errore marchiano nei sottotitoli

Nella versione sottotitolata da me vista di Sumer is icumen in, la cosiddetta Canzone del Cuculo, compare un verso che dice "germoglia l'idromele". Molto suggestivo, non ci sono dubbi. Mi fa piacere ogni volta che si menziona la mia bevanza preferita! Il punto è che l'idromele fermenta, non germoglia. Non è un vegetale: è un sublime nèttare. Cos'è successo? Da dove è comparsa l'ambrosia divina? L'errore è stato prodotto da un'omofonia. 

mead /mi:d/ "idromele"
mead /mi:d/ "prato" (omofono): è un'antica variante di meadow /'mɛdəʊ/ "prato" 
 
Ecco svelato l'arcano: il ritornello diceva "germoglia il prato". La causa dell'equivoco è il traduttese, grossolano e incapace di gestire il lessico arcaico o poetico. 
Riporto il testo originale completo della canzone in medio inglese (XIII secolo), in cui la lettera þ è l'antico modo di scrivere th.
 
Sumer is icumen in 
 
Sumer is icumen in 
Lhude sing cuccu
Groweþ sed 
and bloweþ med 
and springþ þe wde nu
Sing cuccu 
 
Awe bleteþ after lomb 
lhouþ after calue cu 
Bulluc sterteþ 
bucke uerteþ 
murie sing cuccu 
 
Cuccu cuccu 
Wel singes þu cuccu 
ne swik þu nauer nu 
 
Sing cuccu nu · Sing cuccu 
Sing cuccu · Sing cuccu nu 
 
Traduzione 
 
L'estate è arrivata,
Canta più forte, cuculo,
Cresce il seme e fiorisce il prato
e spunta il bosco adesso.
Canta ora, cuculo, canta cuculo!  
 
La pecora bela dietro al suo agnello,
La mucca muggisce dietro al suo vitello.
Il torello si impenna,
Il caprone scorreggia.
Canta felice, cuculo! 
 

Cuculo, cuculo,
Tu canti bene, cuculo,
Non fermarti mai adesso!

Canta, cuculo, adesso! Canta, cuculo!
Canta, cuculo! Canta, cuculo, adesso!
 
Questo è puro anglosassone, dialetto del Wessex. Non vi è nemmeno una parola di origine francese, con buona pace dei coglioni che negano la natura germanica dell'inglese dicendo che sarebbe "francese mal pronunciato". 
Nel manoscritto originale della canzone, che riporta la notazione musicale, sono contenute anche alcune istruzioni in latino medievale, utili per cantarla: 
 
Hanc rotam cantare possunt quatuor socii. A paucio/ribus autem quam a tribus uel saltem duobus non debet/ dici preter eos qui dicunt pedem. Canitur autem sic. Tacen/tibus ceteris unus inchoat cum hiis qui tenent pedem. Et cum uenerit/ ad primam notam post crucem, inchoat alius, et sic de ceteris./ Singuli de uero repausent ad pausaciones scriptas et/non alibi, spacio unius longe note. 
 
Traduzione:  
 
Quattro compagni possono cantare in questo giro. Ma non deve essere cantato da meno di tre, o almeno due oltre a quelli che cantano il piede*. Ecco come si canta. Mentre tutti gli altri tacciono, una persona inizia contemporaneamente a chi canta a terra. E quando arriva alla prima nota dopo la croce**, deve cominciare un altro cantore, e così per gli altri. Ciascuno osservi le pause scritte per lo spazio di una nota lunga***, ma non altrove.

*Il piede è l'unità metrica.
**La croce che segna la fine delle prime due battute.
***Indica la terzina. 
 
La versione della canzone cantata nel film è in parte diversa, oltre che adattata in parte all'inglese moderno. Solo il verso iniziale è in medio inglese; non si trova ad esempio la desinenza verbale -eþ. Due sole strofe sono ripetute di continuo: 

Summer is icumen in
Loudly sing Cuckoo
Grows the seed and blows the mead
And springs the wood anew.
Sing Cuckoo!

Ewe bleats harshly after lamb
Cows after calves make moo
Bullock stamps and deer champs
Now shrilly sing Cuckoo ...
... Cuckoo ... Cuckoo.
O wild bird are you!
Be never still Cuckoo!

 
L'Antica Religione 

Alla base del film c'è un'idea molto diffusa ai nostri giorni: quella dell'esistenza di un'unica religione precristiana, detta "The Ould Religion", comune a tutti i popoli del Regno Unito e composta prevalentemente da elementi folklorici e carnevaleschi. In altre parole, questa tradizione sarebbe identica per i popoli di origine germanica, come gli Inglesi, e per quelli di origine celtica, come ad esempio i Gallesi e le genti delle Highlands. Si tratta di un'assurdità semplicistica, che ignora del tutto la geografia culturale e linguistica, oltre che la complessità della Storia. La cristianizzazione non è avvenuta dovunque nello stesso periodo e con le stesse modalità. Si è sovrapposta a tradizioni tra loro molto diverse. Prima di essere cristianizzati, i Sassoni, gli Angli e gli Juti adoravano Wôden e Thunor, a cui offrivano vari tipi di sacrifici anche umani, com'era costume antichissimo tra tutti i Germani. Per contro, i Britanni erano in maggioranza cristiani quando le legioni romane abbandonarono l'isola. 
 

Nel film non si ha la benché minima menzione di una lingua celtica effettivamente parlata dalla popolazione di Summerisle, che sembra essere soltanto anglofona da tempo immemorabile. Sono tuttavia menzionati due teonimi celtici:
1) Nuada (pronunciato erroneamente /nu'a:da/), considerato il nome del Dio del Sole;
2) Avellenau (pronunciato /avələ'naʊ/), considerato il nome della Dea dei Frutteti. 
Lord Summerisle arringa il popolo parlando della necessità un sacrificio congiunto al dio Nuada e alla dea Avellenau. 
Il teonimo Nuada non risulta connesso con il sole. Corrisponde chiaramente al britannico Nodens.   
Il teonimo Avellenau, non attestato, è stato derivato dal gallese antico avallen, avallenn "melo", "albero da frutto" (gallese moderno afallen "melo"), tramite il suffisso plurale -au: avallenau "meli", "alberi da frutto" (gallese moderno afallennau "meli"). In realtà non è plausibile una simile formazione di un nome proprio femminile da un plurale. Il nome è stato scelto perché rimanda al toponimo mitologico Avalon - anche se sembra essere un'etimologia popolare.  
 
Non è difficile comprendere le origini ultime della visione bidimensionale dell'antichità pagana della Gran Bretagna, in cui le più disparate suggestioni finiscono in un calderone indifferenziato: basta davvero poco per scorgere l'ombra le manipolazioni dell'occultista Gerald Gardner (1884 - 1964), fondatore della religione conosciuta come Wicca. Egli era un decostruzionista ante litteram, che ha fatto danni immensi. L'unica cosa positiva che aveva era la sua passione per le pratiche femdom. Va detto che il regista e lo sceneggiatore erano soprattutto interessati a trasmettere al pubblico qualcosa di comprensibile.   
 
 
L'uomo di vimini  

Il concetto di "uomo di vimini" si trova in un passo dei Commentarii de Bello Gallico di Gaio Giulio Cesare (Libro VI, 16). Il condottiero romano affermò che i Druidi dei Galli costruivano effigi con bastoni e vi mettevano uomini vivi, quindi li davano alle fiamme per rendere omaggio agli dei. Afferma inoltre che gli uomini scelti erano tipicamente criminali o schiavi. Ecco l'attestazione: 
 
Natio est omnis Gallorum admodum dedita religionibus, atque ob eam causam, qui sunt adfecti gravioribus morbis quique in proeliis periculisque versantur, aut pro victimis homines immolant aut se immolaturos vovent administrisque ad ea sacrificia druidibus utuntur, quod, pro vita hominis nisi hominis vita reddatur, non posse deorum immortalium numen placari arbitrantur, publiceque eiusdem generis habent instituta sacrificia. Alii immani magnitudine simulacra habent, quorum contexta viminibus membra vivis hominibus complent; quibus succensis circumventi flamma exanimantur homines. Supplicia eorum qui in furto aut in latrocinio aut aliqua noxia sint comprehensi gratiora dis immortalibus esse arbitrantur; sed, cum eius generis copia defecit, etiam ad innocentium supplicia descendunt. 
 
Traduzione: 
 
"I Galli sono molto dediti alle pratiche religiose, perciò quelli che sono gravemente ammalati o si trovano in guerra o in pericolo, fanno sacrifici umani o fanno voto di immolarne e si servono dei druidi come esecutori di questi sacrifici: essi credono infatti che gli dei immortali non possono essere soddisfatti se non si dà loro, in cambio della vita di un uomo, la vita di un altro uomo; fanno perciò anche sacrifici ufficiali di questo genere. Certe popolazioni costruiscono statue enormi, fatte di vimini intrecciati, che riempiono di uomini vivi ed incendiano, facendoli morire tra e fiamme. Credono che cosa più gradita agli dei sia il sacrificio di coloro che sono sorpresi a rubare, rapinare o commettere qualche altro delitto; ma quando mancano costoro, sacrificano anche degli innocenti."
 
Gli incompetenti storici moderni, decostruzionisti e inclini alla puffologia, sono particolarmente ostili al racconto di Cesare, la cui veridicità è stata da loro messa in dubbio a più riprese. Volendo dipingere i Celti come pacifisti New Age macrobiotici e Figli dei Fiori, questi fautori delle storture politically correct e woke cercano con ogni mezzo di correggere l'Universo, ricorrendo all'influenza mediatica per spargere baggianate di ogni sorta. La loro ansia di "riscrivere la storia" è ribadita dai giornalisti malfattori, a ogni piè sospinto. In realtà i Celti erano bellicosissimi e cruenti: non avevano nulla a che vedere con le stronzate moderne e postmoderne. La testimonianza di Cesare non è affatto isolata. Questo ci ha tramandato Strabone (Geographia, IV, 4, 5): 
 
καὶ τούτων δ᾽ ἔπαυσαν αὐτοὺς Ῥωμαῖοι καὶ τῶν κατὰ τὰς θυσίας καὶ μαντείας ὑπεναντίων τοῖς παρ᾽ ἡμῖν νομίμοις. ἄνθρωπον γὰρ κατεσπεισμένον παίσαντες εἰς νῶτον μαχαίρᾳ  ἐμαντεύοντο ἐκ τοῦ σφαδασμοῦ. ἔθυον δὲ οὐκ ἄνευ δρυϊδῶν. καὶ ἄλλα δὲ ἀνθρωποθυσιῶν εἴδη λέγεται: καὶ γὰρ κατετόξευόν τινας καὶ ἀνεσταύρουν ἐν τοῖς ἱεροῖς καὶ κατασκευάσαντες κολοσσὸν χόρτου καὶ ξύλων, ἐμβαλόντες εἰς τοῦτον βοσκήματα καὶ θηρία παντοῖα καὶ ἀνθρώπους, ὡλοκαύτουν.
 
Traduzione: 

"I Romani posero fine a queste usanze, nonché ai sacrifici e alle pratiche divinatorie contrastanti con le nostre istituzioni. Così un uomo era stato consacrato agli dei, lo si colpiva alla spalla con una spada da combattimento e si divinava il futuro a seconda delle convulsioni dell’agonizzante. Non si praticavano mai sacrifici senza l’assistenza dei druidi: così talora uccidevano le vittime a colpi di frecce, o le crocifiggevano nei loro templi o, ancora, fabbricavano un colosso di fieno e di legno, vi introducevano animali domestici e selvatici di ogni tipo assieme a degli uomini e vi appiccavano fuoco." 
 
Abbiamo poi la testimonianza di Diodoro Siculo (Bibliotheca historica, V, 32, 6): 
 
Ἀκολούθως δὲ τῇ κατ᾽αὐτοὺς ἀγριότητι καὶ περὶ τὰς θυσίας ἐκτόπως ἀσεβοῦσι· τοὺς γὰρ κακούργους κατὰ πενταετηρίδα φυλάξαντες ἀνασκολοπίζουσι τοῖς θεοῖς καὶ μετ᾽ἄλλων πολλῶν ἀπαρχῶν καθαγίζουσι, πυρὰς παμμεγέθεις κατασκευάζοντες. Χρῶνται δὲ καὶ τοῖς αἰχμαλώτοις ὡς ἱερείοις πρὸς τὰς τῶν θεῶν τιμάς. Τινὲς δ᾽αὐτῶν καὶ τὰ κατὰ πόλεμον ληφθέντα ζῷα μετὰ τῶν ἀνθρώπων ἀποκτείνουσιν ἢ κατακάουσιν ἤ τισιν ἄλλαις τιμωρίαις ἀφανίζουσι. 
 
Traduzione:
 
"Essi sono - è una conseguenza della loro natura selvaggia - di un'empietà mostruosa nei loro sacrifici. Così, tengono imprigionati i malfattori per un periodo di cinque anni e poi, in onore ai loro dei, li impalano e ne vanno degli olocausti, aggiungendo ad essi molte altre offerte, su immense pire appositamente preparate. Trasformano anche i prigionieri di guerra in vittime per onorare i loro dei. Alcuni usano allo stesso modo anche gli animali catturati in guerra. Li uccidono unitamente agli uomini o li bruciano, o li fanno perire con altri supplizi." 

Sono della convinzione che Cesare, Strabone e Diodoro Siculo siano più autorevoli dei moderni, perché scrivevano di cose e di persone loro contemporanee, senza essere contaminati da ideologie che non potevano nemmeno concepire. Santo Cielo, Cesare ha visto le genti delle Gallie con i propri occhi! Detto questo, non sono affatto inorridito dalle usanze degli antichi Celti: erano popoli gloriosi, del cui valore bisogna essere fieri! A destarmi ripugnanza è l'ipocrisia fondante di questi tempi in cui sono costretto mio malgrado a vivere!
 
Testimonianze moderne 
 
Grandi simulacri fatti di vimini erano bruciati in Francia ancora nel XIX e nel XX secolo, anche se ovviamente non vi erano rinchiusi esseri umani. In ogni caso, questi rituali di origine celtica erano perfettamente integrati all'interno della religione cattolica. Fino al 1743, la figura di un soldato fatto di vimini veniva bruciata il 3 luglio a Parigi, in Rue aux Ours, mentre gli astanti intonavano il Salve Regina (Frazer, 1922). A Brie la combustione di un gigante di vimini avveniva in occasione del Solstizio d'Estate e di questo fu testimone il folklorista e mitologo tedesco Wilhelm Mannhardt (1831 - 1880). Nel comune pirenaico di Luchon, nell'Alta Garonna, erano arsi vivi serpenti all'interno di una colonna di vimini ornata di foglie e fiori, sempre in occasione del Solstizio d'Estate. I giovani uomini danzavano attorno alla colonna in fiamme, mentre il clero e la folla intonavano inni. Un inglese poté assistere alla cerimonia nel 1890 (Davidson, 1988). Nel Portogallo settentrionale, il rituale del Careto si conclude con la combustione di una figura umana cornuta fatta di vimini.   

 
Punch, ovvero Pulcinella  
 
Il poliziotto si documenta nella biblioteca locale, leggendo da un grosso volume quanto riporto in questa sede, trascrivendo i sottotitoli in italiano: 

La festa del Giorno di Maggio 

L'uomo primitivo viveva e moriva per il suo raccolto. Lo scopo delle sue cerimonie primaverili era assicurare un autunno prosperoso. Vestigia di questi drammi di fertilità si trovano in tutta Europa. In Gran Bretagna, per esempio, si possono ancora vedere versioni esangui delle sue danze in remote popolazioni, il Giorno di Maggio. Certi tipi includono personaggi inquietanti, un uomo-animale o maschera-cavallo che galoppa alla testa della processione caricando contro le ragazze, un uomo-donna, il sinistro burlone che interpreta il capo della comunità o sacerdote, e l'uomo sciocco, Punch, la più completadi tutte le figure simboliche, il privilegiato babbeo e re per un giorno. Sei spadaccini seguono queste figure e nel clima della cerimonia uniscono le loro spade come chiaro simbolo del sole. In epoche pagane, senza divieti, queste danze non erano semplicemente pittoresche figure. Erano frenetici riti che finivano con il sacrificio. Con questo i ballerini si aspettavano disperatamente di placare la dea dei campi. In buone epoche, offrivano prodotti agli dei e uccidevano animali. Ma nelle annate cattive, quando il raccolto era povero, il sacrificio era un essere umano. In alcune culture, era proprio il re. In altre, la vergine più bella. Spesso lui o lei rimanevano nascosti durante i mesi prima della cerimonia, proprio come il sole si nasconde alla terra in inverno. I metodi sacrificali differivano. A volte la vittima veniva affogata in mare o arsa fino alla morte su una enorme pira sacrificale. A volte i sei spadaccini decapitavano ritualmente la vergine. Poi il sommo sacerdote scuoiava il bambino e indossando la pelle ancora calda, come un mantello, guidava l'allegra moltitudine per le strade. Poi il sacerdote rappresentava la dea rinata e garantiva un altro buon raccolto per l'anno successivo. 
 
Questa è la "narrazione" a cui il film di Hardy riconduce i culti pre-cristiani. Ebbene, il "re per un giorno" Punch ci è noto: in sostanza è Pulcinella. La famosissima maschera fu introdotta dalla commedia dell'arte italiana, non certo in epoca antica. Il personaggio mascherato apparve in Inghilterra nel XVII secolo. Nel XVIII furono fissate e codificate alcune sue caratteristiche: la gobba e il naso adunco, che quasi sfiora il mento prominente e incurvato verso l'alto. La casacca giullaresca di Punch è gialla e rossa, a differenza di quella bianca dell'originale Pulcinella, che di nero ha solo la maschera e le scarpe. Il nome Pulcinella, Pullicinella venne adattato in Pulchinello, dissimilato in Punchinello, quindi abbreviato in Punch. Elementi antichissimi e ben documentati, come il sacrificio del Re, vengono a mescolarsi in modo inestricabile a moderni articoli d'importazione. Trovo assurdo far apparire Punch come un residuo del paganesimo anglosassone o addiruttura di quello celtico: una simile strategia è pura e semplice disonestà intellettuale.  
 

Curiosità 

La barca a remi Evil Eye ("Malocchio"), che porta il sergente Howie da e verso il suo aereo, non è stata costruita per questo film. Apparteneva a un residente di Plockton. Dopo averla vista, i produttori hanno deciso che sarebbe stata adatta al film, così hanno chiesto al proprietario di poterla utilizzare. La barca è sopravvissuta fino al 2004, quando è stata distrutta da una tempesta. 

Molti anni dopo aver realizzato il film, Edward Woodward ha rivisitato alcuni dei luoghi dove è stato girato. Ha affermato di aver trovato la croce improvvisata, che Howie aveva ricavato da alcuni pezzi di legno, ancora intatta dove era stata lasciata nella scena originale. Sembra quasi che volesse far passare l'accaduto per un miracolo e che il ruolo del sergente puritano gli fosse entrato nel midollo! 

Le riprese sono avvenute in autunno, quando gli alberi non sono certo fioriti. Data l'impellente necessità cinematografica, sono stati realizzati fiori e germogli finti, applicati uno ad uno a mano. Le ragazze che zampettavano nude tra i cerchi megalitici (in realtà erano blocchi di cartapesta) hanno avuto qualche difficoltà per via del clima rigido. Per mitigare le terribili condizioni in cui si girava, furono utilizzate ventole industriali in grado di diffondere un po' di calore. 

Uno dei musicisti, Ian Cutler, ha scritto che il film è stato tagliato male nel corso degli anni. Alcune scene non sono mai apparse in nessuna delle molte versioni. Una di queste sequenze è "Dream". Mentre il sergente Howie dorme, la Mano della Gloria brucia. Il sogno è un caleidoscopio di immagini altamente simboliche. Un'enorme pietra a forma di uovo gira sempre più velocemente. Anche la donna nel cimitero, che sta dando da mangiare al bambino, ha l'uovo in mano e lo schiaccia. L'arrangiatore musicale Gary Carpenter ricorda qualcosa di simile: "Ho un vivido ricordo di aver dovuto realizzare la colonna sonora di una sequenza di sogno straordinariamente complessa per Howie, che era come post-registrare un'animazione, era così intricato. Le dissolvenze e l'uso estensivo di filmati di archivio per questa sequenza hanno seriamente intaccato il budget. Nonostante l'entusiasmo del regista, non ho mai visto più riferimenti ad essa e non è presente in nessuna versione esistente del film." Peccato! 
 
L'attrice che ha interpretato la pseudo-Bardot, la svedese Britt Ekland, era incinta di suo figlio Nic Adler durante le riprese e avrebbe accettato di girare le sue scene di nudo solo dalla vita in su. Una controfigura, Lorraine Peters, è stata segretamente utilizzata per le inquadrature posteriori a corpo intero della danza di Willow: la schiena e le sensualissime chiappe! Le scene sono state girate dopo che lei aveva lasciato il set. Al termine delle riprese, la Ekland era furiosa nell'apprendere di essere stata raddoppiata in quelle riprese, ma il regista ha detto che era lei non voleva che il suo sedere fosse filmato, perché non le piaceva. Ancora oggi, ogni volta che viene avvicinata dai fan per autografare le foto della scena di nudo integrale, rifiuta sempre, perché, come sottolinea continuamente, quella non è lei. Quante tragedie per un morbido culo! 
 
La locanda dell'isola prende il nome dall'Uomo Verde. L'Uomo Verde è una figura folcloristica, simbolo di rinascita che rappresentava il ciclo di nuova crescita che avviene ogni primavera. Si  ritiene che il Cavaliere Verde nel racconto arturiano Sir Gawain e il Cavaliere Verde (XIV secolo) rappresenti una versione medievale di questo racconto.  

Un sequel abortito 

Shaffer intendeva girare un sequel raccapricciante, di cui riuscì a produrre soltanto il copione, intitolato The Loathsome Lambton Worm ("L'odioso Verme di Lambton"). La trama era stupidissima: il Sergente Howie si sarebbe salvato in extremis a causa di una forte pioggia che avrebbe spento le fiamme. Questo appare in netta contraddizione col finale stesso di The Wicker Man, in cui si vede il gigantesco manichino di vimini che crolla in fiamme (è finita, nessuna pioggia può resuscitare un cadavere carbonizzato). Hardy detestava questa idea folle di Shaffer e la contrastò sempre. Gli ricordò anche che nel frattempo era passato un ventennio, con tutte le immaginabili conseguenze sul fisico degli attori. Così commentò il Verme di Lambton di Shaffer: "Lo so che lo aveva scritto, ma credo che non piacesse a nessuno. Se no, sarebbe stato girato". E questo è quanto.  
 
Lo pseudo-sequel: The Wicker Tree  

Lo stesso regista, Robin Hardy, nel 2010 ha girato quello che avrebbe dovuto essere un sequel di The Wicker Man: si è intitolato The Wicker Tree. Questa è la trama grezza, ridotta all'osso. Una coppia americana di missionari casti appartenenti alla Chiesa Evangelica, particolarmente aggressivi e puritani, si sono recati in Scozia per convertire i pagani, della cui esistenza hanno avuto notizia. Arrivati in loco, sono stati ricevuti dal Lord locale, interpretato proprio dal sulfureo Christopher Lee. I fan sono andati in delirio, assolutamente certi che il personaggio fosse quello di Lord Summerisle. A questo punto è accaduto qualcosa di imbarazzante. Dopo che il regista si è sbilanciato, ammettendo che i fan avevano ragione, Christopher Lee lo ha smerdato malamente. Sì, è stato come se gli avesse rovesciato addosso un gran secchio pieno zeppo di diarrea fumante. Ha dichiarato che Lord Summerisle e il nobiluomo visto in The Wicker Tree erano due personaggi diversi. Inoltre ha aggiunto che il film del 2010 non era da intendersi come un sequel di quello del 1973. Sembra che Hardy, mortificato e annichilito, per un po' non si sia mostrato in giro. Ancora oggi non si comprende il perché dell'agire distruttivo di Christopher Lee. Qualcuno ha definito il film un "sequel spirituale". Bah.    

Uno squallidissimo remake 

Nel 2006 fu fatto un remake The Wicker Man, che in italiano fu intitolato Il prescelto, diretto da Neil LaBute e ambientato negli States, dove è stata fatta una connessione con le onnipresenti streghe di Salem. Il ruolo del Sergente Howie, qui chiamato Edward Malus, è stato interpretato da Nicolas Cage. Ormai la Settima Arte è morta, si è ridotta a qualcosa di pappagallesco, ripetitivo fino allo sfinimento. Può soltanto cercare di reinterpretare i precedenti film nel tentativo di riplasmare il genere umano secondo i dettami del politically correct, imponendo al contempo una nuova iconografia asettica e artificiosa, facendo uso ed abuso di effetti speciali computerizzati alquanto insipidi. Non credo che vedrò Il prescelto, ho la netta impressione che sarebbe come infilare le mani in un secchio di cagnotti.