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mercoledì 19 luglio 2023

UN RELITTO RETICO IN ROMANCIO: AGNIEU 'NIDO D'AQUILA'

In romancio esiste la parola agnieu "nido d'aquila", "nido di rapace", "nido di uccello" (variante gnieu; glosse tedesche: Adlerhorst, Vogelnest). L'origine è chiaramente non celtica e riconducibile a un sostrato retico, imparentato in modo stretto con l'etrusco. 

Protoforma retica: *anθaχ "(cosa) dell'aquila" 
    > "nido dell'aquila"  
Adattamento in latino volgare: *andāgu(m) 
Trafila: 
  1) passaggio da -āgu(m) a -au 
  2) passaggio da -au a -eu 
  3) passaggio da -eu a -ieu
  4) assimilazione: passaggio da -nd- a -nn- 
  (*andieu > *annieu)
  5) palatalizzazione di -nn-  
  (*annieu > agnieu)
  Esiti in romancio: agnieu, gnieu
  Varianti dialettali: 
    ignieu
    ugnieu,
    gniou
    agniou
    igniv
    agnif
    ugnif,
    gnif,
    agnîa,
    gnia,
    nia
    etc.  
Questo è il link al lemma in questione sul DGR (Dicziunari Rumantsch Grischun), per maggiori dettagli: 

 
Note: 
L'adattamento in latino del termine retico presenta qualche peculiartà. 
1) Le consonanti aspirate del retico sono state rese con occlusive sonore. 
2) L'occlusiva -g- intervocalica si lenisce regolarmente e scompare, dando origine ad esiti complessi. Ad esempio, latino egō "io" evolve naturalmente in jeujau
etc. 
3) Il gruppo -nd- generalmente si conserva; tuttavia può benissimo essersi sviluppato in -nn- ed essersi poi palatalizzato per via dell'esito della sillaba finale in -ieu

Questi sono i dati relativi alla lingua etrusca: 

Etrusco: anθa-, anta "aquila";
       anθas- "vento di aquilone", "bora" (i.e. "nord") 
   Glosse etrusche di Esichio: 
       ἄνταρ (ántar) = ἀετός (aetós) "aquila" (TLE 807)
       ἄνδας (ándas) = βορέας (Boréas) "Bora" (TLE 805) 
Note: 
Il singolare Anθa-Anta è documentato come nome proprio di persona (genitivo AnθaiaAnθiaia). L'iscrizione CIE 20434 su vaso riporta anta afr mura. La traduzione erronea e comune è "Antio (e) Murio parenti". Tuttavia, afr non è affatto il plurale di apa "padre", come è stato troppo spesso dato per scontato. La traduzione corretta è invece "Antio il Nero giaccia", dove "Antio" corrisponde al latino Aquila. Avremo modo di discutere con maggior dettaglio questo documento in un'altra occasione.
Il plurale etrusco, *anθar, antar, è la forma glossata erroneamente da Esichio come singolare. Si noti che l'etrusco aesar "Dei" è glossato da Dione Cassio come "deus", ossia "dio", al singolare (TLE 803) - pur essendo un chiaro plurale: è evidente che Greci e Romani non riuscivano a capire bene la natura dei plurali della lingua etrusca. 
Il dativo/pertinentivo Anθasi "al vento di aquilone", ossia "al nord", è attestato come iscrizione di una sola parola sulla figura di un suonatore di flauto durante un incontro di pugilato in occasione di un rito funebre (Tarquinia, Tomba delle iscrizioni, 5351). 

Possibili connessioni indoeuropee 

Appurato che l'etrusco anθa-, anta traduce il latino aquila, andiamo oltre. Il latino aquila è sicuramente connesso all'aggettivo aquilus "scuro" - che a sua volta è un prestito da un'altra radice della lingua etrusca. Il vento di aquilone era così chiamato perché rendeva scuro il cielo. Così possiamo ipotizzare il significato della protoforma originale:

Proto-tirrenico *anθa "scuro", da cui 
   *anθa "uccello scuro" > "aquila" 

Questo permette una connessione con una radice indoeuropea ben nota, anche se non molto produttiva: 

Proto-indoeuropeo: *ondh- < *h2endh- "scuro" 
   Proto-italico: *omβra "ombra" 
      Latino: umbra "ombra" 
   Proto-celtico *andos "cieco" 
     Gallico: andābatā, andobattā "tipo di gladiatore"
         (che combatte con un elmo che gli impedisce la vista) 
         Nota: 
         Termine tecnico passato in latino. 
   Proto-balto-slavo: *unksmiā̃ / *unksnā̃ "ombra" 
      Lituano: unksmē̃, paùnksmē "ombra" 
      Lettone: ūksme "nascondiglio"
   Proto-indoiranico: *andha- "cieco", "scuro" 
      Sanscrito: अन्ध  andha- "cieco", "scuro"
      Avestico: anda- "cieco, scuro" 


Ci limitiamo a riportare i dati, che mi sembrano altamente significativi. Le nostre conoscenze non sono ancora abbastanza mature per approfondire oltre il percorso di questa radice. 

L'opinione dei romanisti 

Ovviamente, i romanisti fanno di tutto per ricondurre al latino anche parole oscure che presentano numerosi problemi. Così reputano che il romancio agnieu "nido (d'aquila, etc.)" sia derivato dal latino nīdus, oppure dalla cristallizzazione di in nīdō "nel nido". Questo però sarebbe compatibile soltanto con varianti in -iv, -if, come igniv, gnif e simili. Una vocale tonica lunga -ī- non dovrebbe dittongarsi in un contesto simile del romancio; qualcuno ha sostenuto, in modo folle, che l'evoluzione anomala sarebbe da imputarsi a un'analogia con l'evoluzione di deus "dio" - che non ha la benché minima somiglianza semantica. Volendo salvare una parvenza di credibilità all'etimologia, sarebbe necessario postulare una forma *nīdicus, anche se è ben lungi dall'essere soddisfacente. Si ha un dittongo problematico anche in aragonese (niedo "nido") e in asturiano (nieru, ñeru "nido"). 

giovedì 13 luglio 2023

UN RELITTO CELTICO IN ROMANCIO: LOM 'POLMONE'

In romancio esiste la parola lom "polmone" (variante ortografica lomm), usata in surmirano, sursilvano e sottosilvano. I romanisti in genere la riconducono all'aggettivo quasi omofono lom "debole", engadinese lam, ricondotto generalmente al germanico: longobardo lam "fragole, debole", gotico ricostruito *lamjis "debole", "zoppo" (Gamillscheg, Meyer-Lübke et al.). Tuttavia ci sono anche alcuni significati secondari problematici, come "morbido", "acquoso", "pastoso", che vanificano l'etimologia germanica. Lüdtke ha allora tirato in ballo il vocabolo pre-latino lāma "terreno acquitrinoso", fin troppo spesso considerato "latino". Tipicamente, i romanisti si lasciano andare a simili elucubrazioni.   

Sul Wiktionary in inglese il vocabolo romancio lom è considerato un esito del latino pulmō "polmone", evolutosi direttamente dalla forma nominativa - mentre l'italiano continua l'accusativo pulmōne(m). Non sono stato in grado di identificare l'autore di questa etimologia. Il problema è la mancanza della consonante labiale iniziale, p-. Perché diamine dovrebbe essere scomparsa? Viene postulata una metatesi da pulmō a *plumō per cercare di spiegare lom, ma si noterà che in romancio pl- iniziale si conserva.

Così abbiamo i seguenti esiti in sursilvano:
1) plaun "piano", dal latino plānus
2) plein "pieno", dal latino plēnus
3) plum "piombo", dal latino plumbum

Gli esiti in surmirano sono i seguenti: 
1) plang "piano", dal latino plānus;
2) plagn "pieno", dal latino plēnus;
3) plom "piombo", dal latino plumbum

Gli esiti in sottosilvano sono i seguenti: 
1) plàn "piano", dal latino planus
2) plagn "pieno", dal latino plenus;  
3) plùn "piombo", dal latino plumbum.

Stanti questi dati, è sommamente improbabile che pulmō possa aver dato lom.

Ebbene, la scomparsa della consonante /p/ è un indicatore che depone fortemente a favore della celticità di una parola. Sono consapevole del fatto che nelle lingue celtiche note non è attestato un termine simile per indicare il polmone. Per quanto riguarda le lingue insulari, abbiamo a disposizione i seguenti dati: 

Medio irlandese: scaim "polmoni" (pl.)
   Irlandese moderno: scamhóg "polmone" 
Medio gallese: ysgeveint "polmone" 
   Gallese moderno: ysgyfaint "polmone"

Questi nomi del polmone derivano dal proto-celtico *skamos "leggero" (altri esiti: gallese ysgafn "leggero", bretone skañv "leggero", cornico skav "leggero"). 

Questa invece è la protoforma ricostruibile a partire dalla parola del romancio surmirano:

Proto-celtico: *loumū (< *ploumū) "polmone" 

In Gallia Transalpina e in Britannia il dittongo /ou/ aveva un suono chiuso e tendeva ad evolvere in /u:/. Non è però impossibile che nell'arco alpino ed altrove esistessero lingue celtiche in cui il suono era aperto: /ɔu/
La ricostruzione da me presentata sembra essere inedita: non ho trovato nessun cenno a studiosi che abbiano tentato qualcosa di simile. 

Proto-indoeuropeo: *pleumōn "polmone"
    Forma obliqua: *plumn-


Proto-ellenico: *pléumōn "polmone"
    Greco antico: πλεύμων (pléumōn), πνεύμων (pnéumōn)  
       "polmone" 
    Nota: 
    La forma πνεύμων è secondaria e influenzata da πνεῦμα
    (pneûma) "respiro".
Proto-italico: *plumō "polmone" 
    Latino: pulmō "polmone" (gen. pulmōnis
    Nota: 
    Deve essere una derivazione della forma obliqua indo-
    europea.
Proto-indoiranico: *klaumā "polmone" < *plaumā 
    Sanscrito: क्लोमा klomā "polmone destro", 
    क्लोमानौ klomānau "polmoni" (duale)
    क्लोमानः klomānaḥ "polmoni" (plurale)

Esiste anche una protoforma con un diverso suffisso: *pleutjom / *ploutjom "polmone", che dà origine a esiti nelle lingue baltiche e in quelle slave: 

Proto-balto-slavo: *pljáutja, *pláutja
   Lituano: plaũtis "polmone" (pl, plaũčiai)
   Lettone: plàušas "polmoni" (pl. plàuši)
   Antico prussiano: plauti "polmone"
   Proto-slavo: *pľūťé, *plūťé "polmone"

Si tratta di derivati della seguente radice verbale: 

Proto-indoeuropeo: *pleu- "nuotare"; "scorrere"; "correre" 

domenica 9 luglio 2023

UN RELITTO CELTICO IN ROMANCIO: GIUTTA 'ORZO', 'TRITELLO D'ORZO'

In romancio esiste la parola giutta "orzo", "tritello d'orzo" (varianti: Sutsilvano giuta; Surmirano giotta; Puter, Vallader giuotta; glosse tedesche: Rollgerste, Graupen). La sua origine è chiaramente celtica. Questa è la protoforma ricostruibile:

Proto-celtico: *juttā "minestra", "zuppa" 

In triestino esiste una ben nota parola, jota, che significa "minestra", si trova anche in friulano e chiaramente è parente strettissima del vocabolo romancio. In Emilia (Parma, Reggio, Modena) dzota significa "brodaglia". Nel latino tardo delle Gallie è presente iutta, con la variante iotta "tipo di minestra o di porridge": si tratta di un evidente prestito dal gallico. La protoforma celtica ricostruibile a partire da questi dati è identica a quella ricostruita dal romancio: *juttā. Lievemente diversa è invece la protoforma ricostruibile a partire dalle lingue celtiche insulari: 

Proto-celtico: *jutos "porridge" 
   Antico irlandese: íth "porridge" (glossa latina: puls)
   Antico gallese: iot "porridge"
   Medio gallese: iwt, iwd "porridge"
   Medio bretone: iot "porridge" (glossa latina: puls)

Nella lingua locale del Poitou è presente la parola jut "brodo", senza dubbio una sopravvivenza del sostrato gallico.  

Riporto la ricostruzione della radice proto-indoeuropea con i discendenti nelle diverse lingue derivate. 

Proto-indoeuropeo: *jewH- "mescolare" (detto di preparazioni alimentari) 

Lituano: jaũti "versare sopra acqua calda"; 
    jõvalas "mangimi per suini", "cereali esausti" 
Lettone: jàut "incorporare l'impasto", "mescolare"; 
    javs "miscela di mangimi per animali"  

Con estensione in sibilante: 

Proto-indoeuropeo: *jéwHs "zuppa, brodo"; "prodotto fermentato, lievito" 
    Forma obliqua: *juwHs- 


  i) Proto-italico: *jous, *jūs- "succo", "brodo"
    Latino: iūs "succo", "brodo" (gen. iūris
       genere: neutro 
       derivati:
       iūrulentus "che contiene succo", "stufato", 
       iūsculum "minestra, zuppa"
Nota: 
La parola è un omofono di iūs "diritto, legge" (gen. iūris), con cui non ha nulla a che vedere. 
Esempi: 
iūs nigrum "brodo nero" (piatto tipico di Sparta),
  ii) Proto-ellenico: *jūsmā / *jōusmos
         "prodotto fermentato"
    Greco classico: ζύμη (zýmē) "lievito di birra", 
           ζωμός (zōmós) "brodo" 
Esempi: 
μέλας ζωμός (mélas zōmós) "brodo nero" (piatto tipico di Sparta). 
  iii) Proto-celtico: *jūskos / *juskos "lardo"; "zuppa" 
      Antico irlandese: úsc, úsca "lardo"
      Medio gallese: isgell "brodo"
  iv) Proto-germanico: *justaz "formaggio" 
   Norreno: ostr "formaggio" 
Nota: 
La radice non si è conservata in lingue germaniche al di fuori del norreno. Si nota che in epoca alquanto antica è stata presa a prestito dal finnico (juusto "formaggio") e dal Sami (vuasta "formaggio"). 
  v) Proto-balto-slavo: *jūˀšē "brodo, zuppa" 
     Lituano: jū́šė "zuppa di pesce"
     Antico prussiano: juse "brodo"
  vi) Proto-slavo: *juxá "brodo, zuppa" 
  vii) Proto-albanese: *jausna "brodo, zuppa" 
     Albanese: gjanë "brodo, zuppa" 
  viii) Proto-indoiranico: *juHs*juHsás "zuppa"
   Sanscrito: यूस् yūs "zuppa, brodo"; 
        यूष yūṣa "zuppa", "acqua di bollutura di legumi" 
   Persiano (moderno): جوش -jūš "zuppa" (solo in composti) 

Ranko Matasović è scettico su questa connessione: afferma che il celtico *juttā / *jutos non mostra traccia della laringale del protoindoeuropeo e giunge alla conclusione che si tratti di un antico prestito da qualche lingua non indoeuropea. 


venerdì 7 luglio 2023

UN RELITTO CELTICO IN ROMANCIO: DUMIA 'ORZO' - E IL VALTELLINESE DUMEGA

In romancio surmirano esiste la parola dumia "orzo". L'accento è sulla vocale -i-: dumìa. Giovan Battista Pellegrini riporta la variante dumiec, attestata in surmirano e in soprasilvano, in cui l'accento cade sulla vocale -e-. Chiarissima è la somiglianza con il vocabolo duméga "orzo decorticato", che si trova in Valtellina e a Poschiavo.  

Informazioni interessanti sono riportate da Remo Bracchi nel suo articolo Doméga l'umile orzo dei monti, pubblicato sulla rivista Orbis, numero 37, pagg. 113-127 (1994)


Questo è l'abstract

"Nel Vocabolario dei dialetti della città e diocesi di Como dell'abate Pietro Monti, pubblicato a Milano nel 1845, incontriamo il termine domèga (p. 69), con rimando alla forma omèga (p. 164), che dunque è ritenuta dall'autore quella principale. Nello stesso lemma viene segnalata contemporaneamente la variante omìga. L'abate specifica che la voce, rimanendo all'interno dell'antica diocesi di Como, è soltanto valtellinese, e aggiunge altre notizie utili alla ricostruzione del quadro culturale. «Specie d'orzo coltivato molto in Valtellina; vi udii così chiamare anche l'orzo coltivato distico, o scandella. Brillato con certa macchina mossa dall'acqua [valt. la pila de la duméga], si cuoce in minestra». A tale minestra a Bormio si dà il nome di menešstra de mak. Il Monti riporta il bormino mak (mach) nell'accezione di «orzo ammaccato, brillato», suggerendo così la propria etimologia, e di «minestra d'orzo». La giunzione domèga de mach, non localizzata con esattezza nella valle dell'Adda, vale «orzo da minestra» (Monti 1845: 131)." 

Questa è la glossa fornita dal Monti (V.T. = Valtellina): 

OMÈGA, OMÌGA. V.T.  Specie d'orzo coltivato molto in V.T.; vi udii così chiamare anche l'orzo distico, o Scandella. Brillato con certa macchina mossa dall'acqua, si cuoce in minestra. 

Note:
- Il vocabolo doméga (duméga, varianti oméga, omìga) ha la vocale /e/ chiusa, quindi dovrebbe essere trascritto con é (con l'accento acuto). L'uso di è (con l'accento grave) non è quindi corretto, pur essendo molto comune. 
- Le varianti senza la consonante iniziale sono dovute a un fenomeno di dissimilazione: così pan de doméga è diventato pan de oméga per evitare il susseguirsi di due /d/
- Si nota che esistono attestazioni locali di significati diversi, come "avena" e "segale".

L'origine del vocabolo in questione è celtica. Questa è la protoforma ricostruibile:   

Proto-celtico: *(g)domijewā "orzo umile", "orzo di terra", 
   da *(g)dom- "terra, suolo" e *jewā "cereale"  

Il professor Guido Borghi, a cui si deve l'etimologia, utilizza la tipica grafia *[g]dŏmi̯ĕu̯ā

i) Primo membro del composto: 

Proto-indoeuropeo: *dhég'hōm "terra" 


Proto-celtico: *gdū "terra", "luogo" (gen. *gdonos
  Antico irlandese: "luogo" (gen. don)
Proto-celtico: *gdonijos "essere umano", "persona"
   Antico irlandese: duine "essere umano", "persona" 
   Medio gallese: dyn "essere umano", "persona"
   Gallico: -XTONION "degli esseri umani" (gen. pl.)
Proto-italico: *homos "terra", "suolo" 
   Latino: humus "terra" 
   Sabino: fuma "terra" 
Proto-italico: *homelis "basso", "vicino al suolo" 
   Latino: humilis "basso", "umile", "insignificante" 
Proto-italico: *hemō "essere umano", "uomo" 
   Latino: homō "essere umano", "uomo" (gen. hominis
Proto-ellenico: *khthṓn "terra", "suolo"
   Greco antico: χθών (khthṓn) "terra", "suolo" 
Proto-ellenico: *khamái "sulla terra", "al suolo" 
   Greco antico: χαμαί (khamaí) "sulla terra", "al suolo" 
Proto-ellenico: *khthamalós "basso", "vicino al suolo" 
   Greco antico: χθαμαλός (khthamalós) "basso",
       "vicino al suolo", "strisciante" 
Proto-frigio: dzemelos "essere umano" 
   Frigio: ζεμελως  (zemelōs) "agli esseri umani" (dat. pl.)
Proto-albanese: *dzō "terra", "suolo" 
   Albanese: dhe "terra" 
Proto-albanese: *dzōmjā "creatura della terra" 
   Albanese: dhemje "bruco", "cagnotto", "larva" 
Proto-balto-slavo: *źémē, *źémijā "terra" 
    Lituano: žẽmė "terra" 
    Lettone: zeme "terra"
    Proto-slavo: *zemlja "terra" 
Proto-balto-slavo: *źmijā́ˀ "serpente" 
    Proto-slavo: *zmьja "serpente", "drago" 
Proto-indoiranico: *ḍẓʰā́s "terra", "suolo" 
       (< *dhg'hms
   Sanscrito: kṣāḥ "terra", "suolo", 
       genitivo jmaḥ, gmaḥ, kṣmaḥ
       kṣamya- "terrestre" 
   Avestico: zā̊ "terra", "suolo", 
       genitivo zəmō  
Proto-tocario: *tken "terra", "suolo" 
   Tocario A: tkaṃ "terra", "suolo"
   Tocario B: keṃ "terra", "suolo"

ii) Secondo membro del composto: 

Proto-indoeuropeo: *jewos (< *jewh1-) "cereale", "chicco"; "orzo", "spelta" 


Proto-celtico: *jewornijū "orzo"  
   Medio irlandese: eórna "orzo" (genitivo eornan)
Proto-indoiranico: *jáwas "orzo" 
   Sanscrito: यव  yava "orzo"
   Avestico: yauua "orzo" 
   Persiano moderno: جو  jow "orzo"; "segale"
Proto-ellenico: *jewjā "tipo di cereale"
   Greco omerico: ζειᾱ́ (zeiā́) "piccolo farro"; "spelta" 
Proto-balto-slavo: *jawas "cereale", "chicco" 
   Lituano:
jãvas "tipo di cereale"; javaĩ "cereali" 
   Proto-slavo: *jevinъ "granaio" 
Proto-tocario: yap "miglio" 
   Tocario B: yap "miglio" 

Un'ipotesi implausibile 

Il professor Guido Borghi riporta anche una ricostruzione del tutto diversa da quella vista, in cui duméga è ricondotto a *du̯ō-moi-kā, tradotto con "bi-linea", "a due linee", con allusione a una certa caratteristica morfologica del cereale (dalle radici indoeuropee *dwoh1- "due" e *mei- "rafforzare", "legare"). La proposta si deve a Norbert Jokl (1946), il padre dell'albanologia, che considerava il vocabolo di origine illirica (all'epoca imperversava l'illiromania). L'etimologia sembra nata dalla contorsione mentale di un moderno tassonomo ed è a mio avviso priva di qualsiasi attendibilità. 

mercoledì 5 luglio 2023

UN RELITTO CELTICO IN ROMANCIO: DRAIG, DRATG 'VAGLIO, SETACCIO'

In romancio esiste la parola draig "vaglio", "setaccio" (variante ortografica: dratg). In valtellinese troviamo drèi, glossato dal professor Guido Borghi come "grande vanno di vimini intrecciati per vagliare il grano". L'origine, in apparenza problematica, può essere ricondotta al sostrato celtico. Questa è la protoforma ricostruibile: 

Proto-celtico: *dragijo- "vaglio", "setaccio" 
   Ricostruzione alternativa: *drāgijo- 

A quanto ne so, non sono rimaste attestazioni di discendenti diretti nelle lingue celtiche note, antiche e moderne. Per questo motivo, non mi è possibile allo stato attuale delle conoscenze decidere se la vocale -a- sia breve o lunga. L'ipotesi più convincente è ricondurre questa parola alla seguente radice proto-indoeuropea: 

Proto-indoeuropeo: *der- "dividere", "separare";
     "rompere", "spaccare" 

Gli esiti di questa radice in numerose lingue indoeuropee presentano svariati suffissi, in particolare -n-, -m--t-. Riporto alcune forme, senza la pretesa di essere esaustivo. 

Proto-germanico: *turnanan "rompere"; "partire"
   Gotico: aftaurnan "essere rotto", distaurnan "rompere" 
Proto-germanico: *turθiz "distruzione", "abbattimento" 
   Gotico: gataurþs "distruzione", "abbattimento" 
Proto-celtico: *darnos, *darnā "parte", "frammento"; 
       "porzione" 
   Gallico: *darnā "pezzo", "porzione"
         (da cui francese darne "pezzo", "fetta di pesce")
   Medio gallese: darn "pezzo", "frammento" 
Proto-ellenico: *dṛtis "separazione" 
   Greco classico: δάρσις (dársis) "separazione" 
Proto-ellenico: *dermṇ "cosa tagliata" > "pelle" 
   Greco classico: δέρμα (dérma) "pelle" 
Proto-indoiranico: *dṛnáHti "egli divide, rompe" 
   Sanscrito: *dṛnāti "egli divide, separa, rompe" 
   Avestico: *derəneṇti "essi rompono"

Per spiegare la voce romancia, dobbiamo ipotizzare un'estensione diversa, in -ag- / -āg-: 

Proto-celtico: *d(e)rag- "dividere", "separare", "vagliare" 
   Ricostruzione alternativa: *d(e)rāg- 
Tramite il suffisso -jo- è stato formato il sostantivo (di genere neutro).

Questo suffisso mi è oscuro, anche se non sembrano esserci dubbi sulla radice a cui è stato aggiunto. Non riesco a trovare una spiegazione migliore. Sono grato a chi troverà una spiegazione convincente. Giova però notare che in antico irlandese esiste la parola drécht "porzione, parte", di genere neutro col tema in -u-, verosimilmente derivata da una protoforma *drijaχtu. Anche in questo caso, il suffisso è tutto fuorché chiaro. Sembra però in qualche modo collegato. 

Altri, come il professor Guido Borghi, Wilhelm Meyer-Lübke e Helmut Rix, riconducono il vocabolo romancio a una diversa radice indoeuropea:  

Proto-indoeuropeo: *dhregh- "venire agitato, andare in agitazione", "irritare", "turbolento"  


Greco antico: 
θρᾱ́σσω (thrā́ssō), τᾰρᾰ́σσω (tărắssō)
      "io tormento, disturbo, agito"
Greco antico: 
τρᾱχῠ́ς (trākhŭ́s) "ruvido", "rozzo" 
Proto-slavo: *drāžìti "irritare, tormentare" 
Sanscrito: द्राघते
 drāghate "egli tormenta" 

La proposta è senza dubbio interessante, anche se mi sembra un po' problematica: è più plausibile che un vaglio tragga il suo nome dall'azione tecnica di dividere o di separare, piuttosto che da quella generica di agitare. 

lunedì 3 luglio 2023

UN RELITTO CELTICO IN ROMANCIO: DISCHÖL 'FOLLETTO', 'SPIRITO MALIGNO'

In romancio esiste la parola dischöl "folletto", "spirito maligno" (variante döschel; la grafia -sch- trascrive la fricativa /ʃ/, come in tedesco e come -sh- in inglese). L'origine è chiaramente celtica. 

Proto-celtico: *dus(s)ijos "spirito immondo" 
   Ricostruzioni alternative: *dūsijos, *doussijos
   Possibili esiti in gallico:
        *dusijos, *dūsijos, *duđđijos, *dūđđijos
        *douđđijos
Forma latinizzata: d
usios (acc. pl.) (1),(2)
Forma latinizzata diminutiva: *du(s)siolus 
Bretone: Diz "diavolo"
Cornico: Dus "diavolo" 

(1) Et quoniam creberrima fama est multique se expertos vel ab eis, qui experti essent, de quorum fide dubitandum non esset, audisse confirmant, Silvanos et Panes, quos vulgo incubos vocant, improbos saepe extitisse mulieribus et earum appetisse ad peregisse concubitum; et quosdam daemones, quos Dusios Galli nuncupant, adsidue hanc immunditiam et temptare et efficere, plures talesque adseverant, ut hoc negare impudentiae videatur. ("Ed è notizia assai diffusa e molti confermano di averlo sperimentato o di avere udito chi l'aveva sperimentato che i Silvani e i Fauni, i quali comunemente sono denominati "incubi", spesso sono stati sfacciati con le donne e che hanno bramato e compiuto l'accoppiamento con loro; che certi demoni, denominati "Dusii" dai Galli, continuamente tentano e compiono questa porcheria lo affermano parecchi e sono di tale prestigio che negarlo sembrerebbe mancanza di rispetto.") 
Sant'Agostino, De civitate Dei, XV, 23 

(2) Pilosi, qui Graece Panitae, Latine Incubi appellantur, sive Inui ab ineundo passim cum animalibus. Unde et Incubi dicuntur ab incumbendo, hoc est stuprando. Saepe enim inprobi existunt etiam mulieribus, et earum peragunt concubitum: quos daemones Galli Dusios vocant, quia adsidue hanc peragunt immunditiam. ("I Pelosi sono chiamati in greco Paniti, in latino Incubi, o Inui, perché si insinuano ovunque con gli animali. Da qui anche il nome Incubi, da forzare, ossia stuprare. Spesso, infatti, i malvagi si presentano anche alle donne e riescono a giacere con loro. I Galli chiamano questi demoni Dusii, perché compiono senza sosta questa impurità.") 
Isidoro di Siviglia, Etymologiae, VIII, 11, 103

A partire dai dati disponibili, la ricostruzione esatta della protoforma appare molto incerta. Gli esiti passati dal sostrato celtico al protoromanzo e all'antico tedesco sono numerosi e confermano l'incertezza, dovuta con ogni probabilità all'esistenza di diverse varianti, sia per quanto riguarda il vocalismo che il consonantismo. La radice celtica in questione ha una lunga storia: appartiene all'Europa che andava delineandosi prima che Roma iniziasse la sua espansione, in modo del tutto inatteso. 

Esiti romanzi (oltre a quelli del romancio): 
  Piemontese: dosseul (pron. /du'söl/) "diavolo"
  Vallone: dûhon, dûhin "folletto" (-h- < -ss-)*  
  Ardennese: dusion "incubo"
  Lorenese: dusien "incubo" 

*Il mutamento è analogo a quello avvenuto in bergamasco e in bresciano, ma si verifica solo in posizione intervocalica.

Esiti di sostrato celtico in germanico occidentale:
  Basso tedesco (Westfalia): Düs "diavolo"
  Alto tedesco (Svizzera): Dusl "sfortuna"
Toponomastica tedesca: 
  Duisburg "Fortezza dei Demoni" 

Mi ero già occupato della questione anni fa, nella trattazione dell'etimologia del toponimo Desio:


La radice da cui è derivato questo nome antico, pertinente alla demonologia, è di eminente origine indoeuropea - ed è anche tra le più produttive. Estremamente varia negli esiti in molte lingue, ha prodotto alcune delle parole a noi più familiari, come fumo, fosco, furia, etc. Si presenta varia e differenziata già nella protolingua indoeuropea.  

Proto-indoeuropeo: *dhwes- "respirare"; "spirito";
     "essere animato", "animale" 
Variante: *dhews- 


Riporto un assortimento di forme derivate, senza la pretesa di essere esaustivo: 

Proto-germanico: *deuzan "animale" 
    Gotico: dius "animale" (pl. diuza "animali") 
    Norreno: dýr, djór "animale" 
Proto-germanico: *dunstan "nebbia", "foschia";
        "evaporazione"; "polvere" 
    Antico inglese: dūst "polvere" 
    Antico alto tedesco: tunist, dunist, dunst "foschia"
Proto-albanese: *dauša "ariete" 
    Albanese: dash "ariete" 
Proto-balto-slavo: *dauṣas "soffio", "anima", "spirito";
        "aria"; "cielo" 
   Lituano: daũsos (pl.) "aria"; "cielo" 
   Proto-slavo: *dȗxъ "soffio"; "anima", "spirito" 
   Proto-slavo: *duti "soffiare"; *duxati "soffiare" 
Proto-balto-slavo: *dwas- / *dwes- "respirare" 
   Lituano: dvasia "anima"; dvėselė "anima" 
   Lettone: dvasa "respiro"; dvesele "anima"
Proto-indoiranico: *dhwas- "spirare"; "volare"
   Sanscrito: ध्वंसति dhvaṁsati "egli cade nella polvere"
      (< "cadere esanime")
   Avestico: dvaṣ- "volare" 
 
Proto-italico: *fuskos "di colore scuro" 
   Latino: fuscus "scuro"
Proto-italico: *fuswos "di colore scuro"
   Latino: furvu s "scuro", "nerastro", "marrone" 
Proto-celtico: *dusnos, *dwosnos "bruno" 
   Gallico: donno- "bruno" 
Proto-germanico: *duskaz "scuro" 
   Antico inglese: dox "scuro" 
       Inglese moderno: dusk "crepuscolo"
Proto-germanico: *dusnaz "bruno" 
   Antico inglese: dunn "scuro", "marrone", "nerastro"
       Inglese moderno: dun "bruno" 
    (prestito dal celtico) 
Proto-indoiranico: *dhūs- "grigio" 
   Sanscrito: धूसर dhūsara "grigio" 

Proto-celtico: *dwosijos "essere umano" 
   Antico irlandese: doé, dae "essere umano" 

Proto-germanico: *dwǣsaz "stupido" (agg. e sost.) 
        (< "reso scemo dai demoni")
   Antico inglese: dwǣs "stupido", "persona stupida" 
   Olandese moderno: dwaas "persona stupida"
Proto-celtico: *dwās- "infuriarsi" 
   Antico irlandese: dásacht "furia" (< *dwāđđaχtā);  
         dáistir immum "mi sto infuriando"
Proto-italico: *fus- "adirarsi" (< "essere indemoniato")
   Latino: furō "io mi adiro", furere "adirarsi",
         furēns "adirato", furibundus "furibondo",
         furia "furia", etc. 
Nota:
Il diverso trattamento dell'indoeuropeo dh- e il rotacismo di -s- hanno oscurato l'intima somiglianza della radice latina con quella gallica. 

Proto-balto-slavo: *dūʔmas "fumo" 
   Antico prussiano: dumis "fumo" 
   Lituano: dūmas "fumo" 
   Proto-slavo: *dymъ "fumo", *dymati "fumare" 
Proto-ellenico: *thūmós "fumo" 
   Greco classico: θῡμός (thȳmós) "fumo" 
Proto-indoiranico: *dhuHmás "fumo", "vapore" 
   Sanscrito: dhūma "fumo", "vapore", "foschia" 
Proto-italico: *fūmos "fumo" 
   Latino: fūmus "fumo"  

lunedì 12 giugno 2023

LA PROBLEMATICA ETIMOLOGIA DI SANDOKAN

Tutti sanno chi è Sandokan, soprannominato Tigre della Malesia o Tigre di Mompracem, il pirata protagonista di diversi romanzi dello scrittore veronese Emilio Salgari (1862 - 1911, morto gloriosamente facendo seppuku). Quanti si sono chiesti perché il sanguigno personaggio del ciclo indo-malese è stato chiamato proprio in questo modo? In questo Paese letargico non è costume molto diffuso porsi domande sulle origini di ogni cosa, quindi mi tocca supplire a questa carenza impegnandomi in continue indagini. 


Quando mi sono messo a cercare informazioni credibili sull'etimologia del nome Sandokan, mi sono imbattuto in un racconto che lì per lì mi è parso poco verosimile. Il celeberrimo pirata avrebbe tratto il suo nome da una città, in modo analogo a quanto è avvenuto a coloro che in Italia portano un cognome locativo. In effetti, nel Borneo nord-orientale, nello Stato di Sabah, esiste una città portuale il cui nome è Sandakan. Il significato tradizionalmente attribuito a questo toponimo è "pegno scaduto". Una traduzione migliore dalla lingua Suluk (Tausūg) sarebbe "luogo che è stato dato in pegno". Ecco un'analisi più approfondita, capace di metterne in luce la radice e gli aspetti morfologici: 

Tausūg: 
sandaɁ "pegno", "deposito"  
  -kan, suffisso locativo o agentivo, aggiunto a nomi e a verbi. 

La stessa radice è diffusa anche in altre lingue strettamente imparentate: 


Mapun: sandaɁ "cosa data in pegno" 
Manobo: sandaɁ "impegnare qualcosa",
     "prestare qualcosa lasciando un deposito"
Maranao: sandaɁ "mutuo", "deposito", "pegno"; 
     sandaɁi "prestatore di pegni", "banco dei pegni" 
Tboli: sandaɁ "impegnare qualcosa" 
Yakan: sandaɁ "cosa impegnata", "pegno"
Tiruray: sanda "impegnare qualcosa per denaro"
Minangkabau: sanda "pegno"
Antico giavanese: sanda "pegno", "deposito"  
Balinese: sanda "pegno";
     sandahang "essere indotto a impegnare" 

Un tempo anche in malese esisteva il vocabolo sanda "pegno", ma è caduto in disuso ed è stato sostituito con gadai "pegno".

A quanto si sa, nel XIX secolo il Sultano di Sulu, il cui regno si trovava nelle Filippine meridionali ed estendeva la sua influenza su parte del Borneo settentrionale, si è venuto a trovare in un groviglio internazionale. Uno di quei casini che difficilmente si possono spiegare bene a parole, anche perché c'erano diverse potenze europee che interagivano in quella parte del mondo. Cercando protezione dalla Germania contro le mire della Spagna, il Sultano Jamalul Azam ha venduto nel 1878 la città di Sandakan a un console dell'Impero Austroungarico, il Barone Gustav von Overbeck. Il punto è che Overbeck in seguito ha a sua volta ceduto la proprietà a un mercante coloniale inglese, Alfred Dent. La città ebbe grande prosperità e divenne la capitale del Borneo settentrionale, rimpiazzando Kudat. Dato che si registrava una continua presenza tedesca nell'area, cosa che irritava gli Inglesi, si giunse a un accordo denominato Protocollo di Madrid (1885): la Spagna avrebbe esercitato la sua influenza sull'Arcipelago di Sulu ma non sul Borneo settentrionale. Domanda: Sandakan aveva questo nome già prima della sua cessione? In tal caso si avrebbe ragione di dubitare del valore etimologico della narrazione. Ebbene, sembra proprio che il nome Sandakan sia stato attribuito da un certo William Clarke Cowie, che era un contrabbandiere scozzese di armi da fuoco. Non c'è ragione di credere che i garbugli internazionali siano stati collegati ad hoc a un toponimo più antico per spiegarne l'origine. Sappiamo che la città di Sandakan era anche chiamata Elopura, nome glossato con "Bella Città" e talvolta "Bel Porto": fu lo stesso William Clarke Cowie a coniarlo e ad attribuirlo. Era un autentico poeta scozzese! Come si chiamava Sandakan prima degli anni '7o dell'Ottocento? Non sono stato in grado di appurarlo. Attualmente il toponimo gode di una certa importanza, persino nell'ambito dell'organizzazione territoriale della Chiesa Romana: 

"La diocesi di Sandakan (in latino: Dioecesis Sandakanensis) è una sede della Chiesa cattolica in Malaysia suffraganea dell'arcidiocesi di Kota Kinabalu."
(Fonte: Wikipedia) 


Realtà storica del personaggio 

A quanto è stato appurato, è esistito un comandante navale particolarmente bellicoso, il cui nome era Sandokong. Assieme al sodale Syarif Osman, combatté contro James Brooke, il Rajah Bianco di Sarawak, proprio negli anni in cui sono ambientati i romanzi salgariani. Usava lo stesso vessillo rosso con la testa di tigre. Il luogo che gli ha dato i natali è Marudu (varianti: Maludu, Malludu, Malluda). Syarif Osman, un principe spodestato, avrebbe in qualche modo ispirato la figura di Yanez de Gomera - pur non essendo portoghese. Una appassionata tedesca del ciclo dei pirati della Malesia, Bianca Maria Gerlich, si è recata in Borneo per raccogliere informazioni, riuscendo ad ottenere le prove dell'esistenza storica di questo Sandokong (varianti documentate: SandukongSandokang, Sandukur, Sindukung). Ha inoltre incontrato i suoi discendenti, che sono oggi particolarmente benestanti. A quanto pare, il loro illustre progenitore aveva investito in alcune grotte ricchissime di guano, difendendole con particolare tenacia. Invito tutti a imparare qualcosa di sorprendente leggendo gli articoli contenuti nel sito della studiosa, iniziando da questo:


Dagli interessantissimi dati reperiti, risulta evidente la derivazione dell'antroponimo della Tigre della Malesia dal vocabolo malese sendok "cucchiaio", "mestolo" - come riconosciuto dalla stessa Gerlich. 

Proto-maleo-polinesiano: *sanduk 
    Ricostruzioni alternative: *sinduk 
Significato: cucchiaio, mestolo 
Nota:
In origine lo strumento era fatto con un guscio di noce di cocco, con un manico di bambù.  
Esiti documentati: 
   Tagalog: sandok "cucchiaio", "mestolo" 
      Varianti: sanrok
   Malese: sendok, senduk "cucchiaio", "mestolo" 
      Varianti: sandok 
   Sundanese: séndok, sinduk "cucchiaio", "mestolo" 
Quindi Sandokan doveva significare qualcosa come "che usa il cucchiaio", dato che in malese -an è un suffisso tipico che serve a marcare azioni e che può anche avere funzione di strumentale o di agentivo. Questi sono alcuni esempi, sempre dal malese: 

timbang "pesare" => timbangan "bilancia" 
makan "mangiare" => makanan "cibo" 
pimpin "giudare" => pimpinan "guida", "leader" 
bangun "costruire" => bangunan "costruzione" 
didik "educare" => didikan "educazione" 


Vero è che dalle forme raccolte sul campo, sembrerebbe piuttosto che il suffisso originale fosse -ang (-ong, -ung), che però non sono in grado di spiegare, anche a causa della mia scarsa conoscenza di questa famiglia linguistica. Non sembra comunque esserci molto spazio per i dubbi: si tratterà di varianti locali. 
Evidentemente chi ha dato per la prima volta il nome Sandokan / Sandokang (etc.) a una persona, intendeva indicare una grande voracità, il mangiare a quattro palmenti servendosi di un grosso cucchiaio. Potremmo quasi pensare di tradurre Sandokan con "Cucchiaione"! 

Alcune etimologie farlocche

Mi sono imbattuto in alcune pagine di cui è bene diffidare, perché hanno un altissimo livello di inquinamento memetico. Eccole:


"L'etimologia della parola "SANDOKAN" non è ben comprensibile. Alcuni studiosi sostengono che provenga dal sanscrito "sandhyā", che significa "terra" o "mondo". Altri sostengono che sia una invocazione protettiva."


"La parola "Sandokan" deriva dalla lingua persiana, "sandukān", che significa "ministro" o "capo". Questa parola venne poi adottata dall'italiano con il significato di personaggio o figura di potere." 

Le informazioni contentute in tali testi sono false, inventate di sana pianta. La parola sanscrita संध्या saṃdhyā (sandhyā) ha un significato del tutto diverso da quello indicato dal compilatore del sito di cruciverba: significa "crepuscolo", "unione di giorno e notte"; "transizione", "giuntura". È anche un nome proprio femminile. Ovviamente non ha nulla a che fare con Sandokan.  
La parola persiana صندوق sanduk, sanduq significa "scatola", "cassa", "cofano", "forziere"; è un evidente prestito dall'arabo صُنْدُوق ṣundūq "cassa", "scrigno", "cassetta", "cofano". Anche in questo caso, non c'è connessione alcuna con Sandokan
Mi sorprende che ci siano persone con tanto tempo da perdere, da impegnarsi nel diffondere a piene mani simili stronzate. Danno alle loro spiritosaggini un aspetto verosimile, per gabbare i polli! 
 
Una storiella apocrifa

Riporto ora verbatim ab origine un testo notevole e ameno, che ho raccolto tempo fa: 

"Ebbene, il nome Sandokan deriva da una bestemmia! Salgari, che era un buon veneto amante del distillato di vinacce, cercava invano un nome convincente per il protagonista delle avventure di pirateria malese che gli frullavano per la testa da giorni. Così accadde che inciampò e batté una caviglia contro uno spigolo. Urlò "SAN DIO", seguito dall'epiteto "CAN"! Ecco che la moglie dello scrittore, che era un po' sordastra, fece capolino nella stanza e chiese: "Chi è questo Sandokan?" Aveva interpretato la sonora bestemmia come un nome proprio, perché non aveva sentito la vocale -i-. Ecco il nome che Salgari cercava! Subito fu convinto che avrebbe avuto un gran successo!"  

La grande cultura di Salgari e gli studi della Gerlich mi hanno impedito di credere a una simile favoletta, che appartiene alla immenso oceano delle più grossolane etimologie popolari! Evidentemente lo scrittore conosceva bene gli accadimenti dell'Indonesia ed aveva sentito parlare di Sandokong.

Ricordi di scuola

L'influenza culturale di Sandokan è stata pervasiva in Italia, dando origine ad esiti bizzarri, anche scurrili e goliardici. Ad esempio, Tomas Milian deformava il nome in Sandokazzo, interpretandolo in romanesco come "sa 'ndo cazzo". Ai tempi in cui frequentavo le medie circolava questa canzoncina, che non ho dimenticato:

Sale e scende la marea,
Sandokan ha la diarrea,
e Marianna con piacere,
pulisce e lecca il suo sedere. 

Che altro dire? Aveva proprio ragione Sigmund Freud a definire i marmocchi "perversi polimorfi"!