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domenica 13 giugno 2021

 
LA LEGGENDA VICHINGA 
 
Titolo originale: The Saga of the Viking Women and Their 
     Voyage to the Waters of the Great Sea Serpent 
Aka: Viking Women and the Sea Serpent;
       Le donne vichinghe e il dio serpente
Lingua: Inglese
Paese di produzione: Stati Uniti d'America
Anno: 1957
Durata: 66 min
Colore: B/N
Rapporto: 1,85:1
Genere: Avventura, fantastico
Regia: Roger Corman
Soggetto: Irving Block
Sceneggiatura: Lawrence L. Goldman
Produttore: Roger Corman
Produttore esecutivo: Samuel Z. Arkoff, James H. Nicholson 
Casa di produzione: Malibu Productions 
Direttore artistico: Robert "Bob" Kinoshita
Fotografia: Monroe P. Askins
Effetti speciali: Irving Block, Louis DeWitt, Jack Rabin
Musiche: Albert Glasser
Costumi: Gwen Fitzer
Trucco: Harry Ross 
Fonico: Herman Lewis
Interpreti e personaggi:
    Abby Dalton: Desir
    Susan Cabot: Enger
    Bradford "Brad" Jackson: Vedric
    June Kenney: Asmild
    Richard Devon: Stark
    Betsy Jones-Moreland: Thyra
    Jonathan Haze: Ottar
    Jay Sayer: Senya
    Lynette "Lynn" Bernay: Dagda
    Sally Todd: Sanda
    Gary Conway: Jarl
    Michael "Mike" Forest: Zarko 
    Herman Hack: Cavaliere Grimault 
    Signe Hack: Donna Grimault
    Wilda Taylor: Danzatrice Grimault 
    Ross Sturlin: Guerriero Grimault 
Titoli in altre lingue: 
    Spagnolo (Spagna): Las mujeres vikingo y la serpiente del mar
    Spagnolo (Messico): La serpiente del averno 
    Spagnolo (Perù): Mujeres vikingos  
    Spagnolo (Venezuela): La leyenda de las vikingas y su viaje
         a las aguas del gran dios serpiente 
    Russo: Сага о женщинах-викингах и об их путешествии
         по водам Великого Змеиного Моря 
    Serbo: Saga o vikinškim ženama i njihovom putovanju
        do voda Velike morske zmije
Budget: 65.000 dollari US
 
Trama: 
In una fantomatica terra nordica chiamata Stannjold tumultua senza sosta un gruppo di donne guidate dalla splendida Desir. Sono autentiche virago. I loro uomini sono scomparsi e devono essere ritrovati ad ogni costo, giusto per essere randellati a dovere. Il clima di Stannjold è tropicale, vi splende perennemente il solleone e tutte vanno in giro mezze nude. Desir e le sue seguaci salpano su una lunga nave e in seguito a un vortice marino fanno naufragio in una terra sconosciuta, oltre il Mare Sconosciuto. Qui trovano i loro uomini imprigionati nelle miniere da guerrieri di un popolo crudele che somiglia per aspetto fisico e per costumi agli Unni. Sono i Grimault, crudeli e dai capelli corvini. Sono governati dal tiranno Stark. Dopo mille peripezie, le donne vichinghe riescono a liberare i loro uomini, il cui capo è Vedric, raggiungendo così la costa. Qui avviene un drammatico confronto con i Grimault. Il figlio effeminato del tiranno Stark viene colpito da Thor, che lo uccide con la folgore. Gli uomini e le donne di Stannjold riescono a impadronirsi di un'imbarcazione, prendendo il largo. Affrontano una gigantesca lucertola gommosa scaturita da un immane gorgo, piena di creste che paiono condilomi venerei acuminati, e la uccidono servendosi di una minuscola spada, la cui punta non è certo acuminata. Secondo l'idea del regista, anche un coltellino svizzero sarebbe bastato a squarciare quella massa gelatinosa! Prima di spirare per l'esigua puntura, il mostro marino distrugge con le sue convulsioni la barca dei Grimault lanciata all'inseguimento dei Vichinghi gloriosi. Evidentemente i Grimault erano un popolo piccolissimo: il potere di Stark è distrutto nell'incidente e non giungono altre minacce. Così gli eroici Vichinghi e le loro robuste compagne riescono a raggiungere la torrida patria.
 
Recensione:  
Questo film è un autentico escremento di celluloide, come a volte sono i prodotti di Corman (altri sono invece notevoli). Non penso che esista una sola ragione al mondo perché si debbano vedere simili porcherie. A spingermi deve essere il mio innato masochismo. Qui siamo addirittura a livelli di autolesionismo. Certo, la sensibilità era molto diversa all'epoca in cui la pellicola cormaniana fu distribuita. Senza dubbio lo era anche la mia: non ero ancora nato! 

 
L'onirostorico Paese di Stannjold 
 
All'inizio della pellicola viene mostrata una mappa con la geografia del Nord tropicale cormaniano. Si nota all'istante una cosa stravagante: quella che ora è la Danimarca è invece denominata "Stonjold", mentre "Land of the Danes" (ossia "Terra dei Danesi") indica la costa meridionale del Mar Baltico. Il regista immagina che in seguito quattro o cinque Danesi sarebbero migrati a nord, stanziandosi nella terra di Stannjold e imponendosi sui quattro o cinque nativi, cambiando il nome alla nazione. Secondo l'idea di Corman e di Goldman, tutti i popoli dell'antico Settentrione sarebbero stati talmente esigui come consistenza numerica da poter essere spazzati via da una semplice epidemia di raffreddore! Non ci si possono aspettare idee realistiche sulle antiche migrazioni da individui con una conoscenza tanto limitata. Non mancano gli anacronismi, che sono abbastanza gratuiti e insensati. Vediamo che i Grimault hanno un immenso castello dotato di merli, come se potessero servirsi di una tecnologia assai avanzata e di una grandissima abbondanza di manodopera, ma questo non risulta: sono quattro gatti! Il Re Harald Dente Azzurro non avrebbe potuto concepire nulla di simile, pur essendo la Danimarca tanto popolosa e potente da inviare spedizioni a devastare l'Inghilterra. Se la narrazione del film di Corman è un'ucronia, non siamo in grado di determinare il Punto di Divergenza. Non siamo in grado perché non c'è. Si tratta di un delirio onirostorico, quale può essere concepito in un sogno provocato dall'eccessiva quantità di formaggio ingerito prima di coricarsi.  

 
Una profonda ignoranza del norreno 

Chiaramente Corman non conosceva l'antico nordico. Nemmeno Goldman ne sapeva granché. Probabilmente non avevano la benché minima natura di che lingua fosse. Se qualcuno avesse detto loro che parole inglesissime come big, black, window, fellow, skipper, they, take, call, cast, get e molte altre sono in realtà prestiti dalla lingua dei Vichinghi, ne sarebbero rimasti sconvolti. In ogni caso, il regista e lo sceneggiatore sono riusciti a escogitare alcune cose notevoli, anche se a tratti grottesche. Forse ce l'hanno fatta per puro caso.     
L'antroponimo femminile Desir sembra semplicemente un prestito dall'antico francese desire, che significa "Desiderio". C'è anche un'altra possibilità. In norreno esiste la parola Dísir che indica alcune divinità femminili minori invocate soprattutto in occasione della morte. La forma singolare è dís, il suffisso -ir indica il plurale. In norreno non si hanno forme plurali usate come antroponimi, cosa che già di per sé rende questa etimologia implausibile. I problemi fonetici potrebbero risolversi facilmente se pensassimo che lo sceneggiatore abbia trascritto con una -e- la vocale lunga /i:/ del norreno. 
L'antroponimo femminile Dagda corrisponde al teonimo maschile irlandese Dagda. Come il nome della divinità Dagda è dal protoceltico *dago-dēwos "Buon Dio", Corman ha escogitato un femminile Dagda, la cui protoforma sarebbe *dago-dēwā "Buona Dea". Non sembra difficile né irrazionale, anche se questo nome non risulta attestato. Non credo che lo sceneggiatore conoscesse le lingue celtiche e la loro origine: è più facile pensare che abbia preso il nome a caso da qualche scritto sull'antica Irlanda, scegliendolo soltanto per via della sua sonorità.
L'antroponimo femminile Enger ha una terminazione tipica di un nome maschile. Dovrebbe derivare dal norreno engr "stretto", ma non ha alcuna corrispondenza nella reale antroponimia della Scandinavia: ha tutta l'aria di essere stato inventato di sana pianta. Non ha alcun senso pensare che possa essere derivato da engi "nessuno; nulla" (negazione di einn "uno" tramite il suffisso -gi). 
L'antroponimo femminile Thyra è una latinizzazione del nome della madre del Re Harald Dente Azzurro (Haraldr Blátǫnn), Thurvi (antico danese Þurvi). In islandese moderno è Þuri. Si nota che la vocale tonica è breve. L'etimologia è incerta. Gli accademici concordano nel considerare il nome un derivato del teonimo Thor (Þórr). In effetti si potrebbe ricostruire una protoforma *Þunra-wīχō "Consacrata a Thor" (cfr. gotico weihs "santo", weiha "prete"). La fonetica è altamente irregolare. 
L'antroponimo femminile Asmild viene dal norreno áss (ǫ́ss) "divinità della stirpe degli Asi" (pl. Æsir "gli Asi"), dal protogermanico *ansuz. Il secondo membro del composto viene dall'aggettivo mildr "mite" (femminile mild), che corrisponde all'inglese mild "mite". Non ho presenti attestazioni di questo nome nelle saghe, ma in Danimarca esistono famiglie il cui cognome è Asmild.  
L'antroponimo maschile Ottar (norreno Óttarr) è ben attestato e deriva regolarmente da una protoforma *Ōχti-χarjaz "Esercito del Terrore". La somiglianza di Ottar col norreno otr "lontra" è soltanto casuale. 
L'antroponimo maschile Jarl significa "Conte" ed è una parola norrena ben conosciuta, che deriva dalla protoforma *irilaz "nobiluomo". Più che altro è un titolo, anche se a rigor di logica potrebbe benissimo essere usato come nome proprio di uomo. 
L'antroponimo maschile Vedric pare più che altro di origine celtica. Lo faccio facilmente derivare dal protoceltico *Widu-rīks "Re dei Boschi", nonostante la leggera anomalia del vocalismo. In norreno ci aspetteremmo *Viðrekr, la cui trasposizione cormaniana attesa sarebbe stata *Vidric anziché Vedric. In Norvegia esiste una fattoria chiamata Vidringstad, il cui nome può essere derivato proprio dall'antroponimo *Viðrekr, che ha un perefetto corrispondente nell'antico alto tedesco Witrih
Il nome del tiranno Stark è trasparente e ben comprensibile: è derivato dal norreno sterkr "forte" (anche starkr), a sua volta dal protogermanico *starkuz / *starkjaz. Dalla stessa radice è stato formato il nome dell'eroe Starkaðr, che non temeva alcuna potenza soprannaturale eccetto il Dio Thor. 
Due nomi dei Grimault risultano assolutamente privi di connessioni col norreno: Zarko e Senya. Un verbo to zark, sinonimo di to fuck "fottere", è stato coniato dallo scrittore, sceneggiatore e umorista britannico Douglas Noel Adams, autore della famosa Guida galattica per autostoppisti (The Hichhicker's Guide to the Galaxy), romanzo del 1978 - molto dopo il film di Corman. L'imperativo zark off "fottiti" suona quasi come Zarko. Non so se Adams abbia preso l'idea dall'antroponimo goldmaniano; non si può escludere, anche se mi sembra piuttosto improbabile. Cosa curiosa, in armeno zark significa "colpire, battere" e potrebbe essere la fonte sia del neologismo di Adams che del nome del personaggio del film di Corman. Forse il tramite di queste bizzarre creazioni lessicali è stato un discendente di immigrati armeni, la cui identità ci sarà sconosciuta per sempre.  
Per il resto non ci sono dubbi: la lingua nativa dei Grimault non è il norreno. Il tiranno Stark afferma in un'occasione di aver imparato qualche parola dai prigionieri, anche se risulta che non ci siano difficoltà di comprensione tra lui e le donne vichinghe. Questa è una cosa ben stravagante. Da che mondo è mondo, sono i prigionieri ad imparare per necessità qualche parola della lingua dei loro carcerieri, non il contrario. Le comunicazioni sono spesso difficili quando i prigionieri non hanno alcuna conoscenza della lingua del paese in cui sono detenuti. Si riporta il caso di un danese che fu imprigionato dai Franchi di Carlomagno. Paolo Diacono fu incaricato dal Re di comunicare con questo vichingo, perché nessuno comprendeva le sue parole, nessuno riusciva a farsi capire. Non funzionavano né la lingua germanica del sovrano e della sua corte, né la lingua protofrancese dei sudditi. Paolo Diacono cercò di farsi capire usando il longobardo e il latino, senz'altro risultato che il riconoscimento dei nomi di due divinità adorate dal danese, riportati come Waten (ossia Odino) e Thonar (ossia Thor) - e solo perché erano simili alle corrispondenti forme longobarde. Per ulteriori dettagli di questa vicenda poco conosciuta si rimanda al datato ma interessantissimo Des Paulus Diaconus Leben und Schriften (Dahn, 1876). 
 
 
 
Etimologia di Stannjold 
 
Il fantatoponimo Stannjold (variante Stonjold) non ha alcuna etimologia credibile. Forse lo sceneggiatore voleva suggerire un'origine dall'inglese stone "pietra", anglosassone stān, il cui corrispondente in norreno è però steinn. In ultima analisi tutte le forme storiche provengono dal protogermanico *stainaz attraverso mutamenti molto facili da comprendere. All'origine delle elucubrazioni di Goldman doveva esserci l'idea di una lingua germanica settentrionale diversa dal norreno, poi perduta nel tumulto della Storia, che avesse *stánn, *stónn "pietra" anziché steinn. Anche senza considerate che la Danimarca non è un paese di rupi e scogliere (né lo era nemmeno in epoca antica), resta il fatto che l'elemento -jold sembra privo di qualsiasi parentela discernibile. Non è plausibile una sua connessione col norreno jól "metà inverno", dato che non si spiegherebbe la terminazione -d e non ne verrebbe fuori alcuna semantica credibile. La vera atrocità in questa creazione deforme è senz'altro la pronuncia: Stannjold suona /'stɔndʒold/, con un'orrida consonante postalveolare! 
 

Etimologia di Grimault
 
L'origine dell'etnonimo Grimault è dal norreno grimmr "crudele", a sua volta dal protogermanico *grimmaz "crudele, severo". Potrebbe essere in qualche modo l'equivalente dell'aggettivo grimm-úðigr "feroce". La terminazione richiama il tipico suffisso accrescitivo e peggiorativo -ault, tipico dell'antico francese, di origine germanica (*-waldaz, che in norreno ha dato origine all'elemento antroponimico -(v)aldr). Meno plausibile mi pare una proposta di derivazione da gríma "maschera, travestimento che nasconde il capo". La pronuncia di Grimault nella versione originale del film dovrebbe essere /'gɹɪmoʊlt/. Si registrano nel Web un paio di varianti ortografiche dell'etnonimo: Grimolt e Grimold.
 
Vino d'uva per i Grimault  

Nel corso dell'improbabile festa in onore delle donne vichinghe giunte dal Sud, una rozza serva dei Grimault porta loro una brocca piena di vino rosso. Si tratta certamente di succo d'uva fermentato, non possono esserci dubbi al riguardo. Si direbbe che la Terra immaginata da Corman e da Goldman si trovasse in un periodo interglaciale, caldissimo, in grado di far crescere l'uva anche nelle regioni polari più impervie.  
 

Thor e l'omosessualità
 
Verso il finale del film Thor fulmina un arga. Senya, il gracile e inetto figlio del Re dei Grimault, è evidentemente un omosessuale effeminato che assume ruoli passivi con i guerrieri, comportandosi come una giumenta con gli stalloni (era questo il modo di dire usato nella Scandinavia pagana per descrivere la situazione). Per questo motivo Senya è odiato dalla divinità uranica dei Vichinghi, che lo abbatte senza pietà scagliandogli contro i suoi strali. Qual è il motivo di questo odio, che al giorno d'oggi sarebbe definito "omofobia"? Semplice: Thor era adorato come divinità dei fenomeni celesti e della fertilità. Era diffusa tra le genti del Nord l'assurda convinzione che il sesso anale, anche tra uomini, potesse essere fecondo e portare alla nascita di sventurati. Si credeva nella reale esistenza del parto anale. Ovviamente Thor, che benediceva gli sposi e favoriva la procreazione, era offesissimo dalla generazione di bambini tramite l'intestino. La reazione era prevedibile: scagliava la folgore! Nella mitologia esiste il caso di Loki, che ha ingerito il cuore ancora caldo della gigantessa Angrboða appena bruciata sul rogo, rimanendo in un innaturale stato di gravidanza. I frutti di tale orrida fecondazione erano mostri: il lupo Fenrir, il Serpente del Mondo (Jǫrmungandr) e la Signora degli Inferi, Hel. Con un altro parto anale Loki ha dato alla luce il cavallo Sleipnir, dotato di otto zampe, che è diventato il destriero di Odino. Per concepirlo, l'ambiguo Loki si era trasformato in una giumenta, venendo montato da uno stallone eccitato. Quando aveva la forma di una cavalla, l'ambigua divinità era dotata di una fica. Ritornato nella sua forma naturale, questa fica era scomparsa e restava soltanto l'intestino retto come unica risorsa per far uscire la vita che era stata concepita nel ventre. A differenza delle molte inconsistenze mostrate nelle sequenze della pellicola di Corman, questa trovata di Thor che fulmina Senya sembra abbastanza verosimile e dotata di buone basi filologiche. 

 
Altre assurdità e incongruenze 
 
Il culto di Thor mostrato nel film è amministrato dalla bruna Enger, che ne è la sacerdotessa, cosa già di per sé abbastanza anomala. Inoltre è pieno zeppo di concetti cristiani, come ad esempio un'altisonante quanto vana menzione della rinuncia ai piaceri della carne. Ciò è di una palese assurdità, visto che nella mitologia nordica Thor è descritto come un formidabile mangiatore e bevitore! Un'altra assurdità è un'invocazione pronunciata da Vedric nell'atto di scagliare la sua spada dalla punta smussata contro il mostro marino: "Che Thor abbia pietà delle nostre anime!" C'è stata una fase di commistione tra il Cristianesimo e il culto degli antichi Dei, cosa che può essere ben documentata da molte fonti storiche attendibili, eppure sono certo che le cose non siano andate come le ha descritte Corman.  
 
 
Curiosità varie 

Il regista in un'occasione ebbe a dire: "Il titolo completo è The Saga of the Viking Women and Their Voyage to the Waters of the Great Sea Serpent. Non siamo riusciti a trovare un modo per mettere il titolo in due o tre parole, quindi ho detto "andiamo all'altro estremo e diamo loro il titolo più lungo che abbiano mai visto per poi usare il più grande cliché nelle immagini storiche dell'epoca, che è quello di aprire con un libro di pelle incisa, una mano che entra e apre la copertina del libro, e c'è il titolo del film." Avevo un vago sospetto che il geniale cineasta facesse uso di sostanze pregiate. Dopo aver letto queste sue considerazioni stravaganti, ne ho l'assoluta certezza. 
 
A quanto pare Senya, il principe arga, nella versione in inglese ha un fortissimo accento di Brooklyn, cosa grottesca che ha portato un commentatore a schernire il film ("I didnt' realize that the Grimolts originally hailed from Brooklyn"). Un'irrisione giustissima, ci tengo a precisare.  

Conclusioni 

In sostanza, l'unico aspetto positivo di quest'opera di Corman sono le sensualissime creature femminili!

mercoledì 5 maggio 2021

LA SOLUZIONE DEL MISTERO DELL'UOMO DI TAURED

Questi sono gli eventi leggendari, per come ci sono riportati dalle fonti disponibili. Siamo nel 1954, in Giappone. Un uomo occidentale barbuto e vestito con abiti eleganti ha fatto la sua comparsa nell'aeroporto Haneda, a Tokyo. Passato alla dogana, ha dichiarato di provenire da un paese chiamato Taured e di essere giunto in Giappone per la terza volta. I documenti dell'uomo sembravano validi, ma nessuno tra i funzionari doganali conosceva una nazione con quel nome bizzarro. Il viaggiatore rispondeva al nome di Jenansfer Berhodrick e parlava molte lingue, anche se il francese sembrava essere quella conosciuta meglio. Così gli hanno portato un mappamondo, chiedendogli di indicare la sua nazione. Senza esitare, lui ha indicato il Principato di Andorra ma è rimasto molto sorpreso quando ha saputo che era chiamato con quel nome, che non aveva mai sentito prima. Ha assicurato che la nazione di Taured sarebbe esistita da mille anni. È stato anche appurato che il supposto tauredano aveva con sé denaro di molte nazioni realmente esistenti, prova dei suoi continui viaggi internazionali. A questo punto i doganieri hanno pensato che quell'individuo incongruo fosse una spia, così hanno deciso di trattenerlo in un albergo per la notte, in attesa di poter compiere approfonditi accertamenti. La stanza si trovava al quindicesimo piano dell'albergo e aveva soltanto un ingresso, senza finestre né balcone. Due guardie sono state incaricate di piantonare quell'alloggio. Eppure la mattina seguente la stanza è stata trovata sgombra, senza il suo occupante e senza alcun bagaglio che dimostrasse la sua esistenza. Sembrava essere svanito nel Nulla! Persino i documenti, che erano stati trattenuti in dogana, erano scomparsi! Davvero inquietante! La notizia della misteriosa sparizione del supposto tauredano si è molto diffusa tramite i media, divenendo la fonte di svariate teorie complottiste. Di fronte alla natura inspiegabile dei fatti descritti, molti lettori hanno creduto che l'Uomo di Taured fosse giunto da un universo parallelo, da un'altra linea temporale. In altre parole, sarebbe stato un viaggiatore interdimensionale o qualcosa di simile. Per questo motivo si è guadagnato l'epiteto di "Uomo venuto da un altro mondo". 
 
 
Pronuncia di Taured 
 
Credo che sia un punto molto importante. La pronuncia del toponimo Taured, a quanto ho potuto accertare tramite ricerche nel Web, è /'tɔ:red/ o /tɔ:'red/. Il dittongo -au- è soltanto grafico, la sua pronuncia è una vocale /ɔ:/ lunga e aperta.

Un'implausibile ipotesi
 
Il toponimo Taured mi è subito parso un nome di origine celtica e sono partito in quarta ricostruendone il significato e l'etimologia. Va detto che avevo attribuito a Taured la pronuncia /'tau̯red/, pensando che la trascrizione si fondasse sull'ortografia spagnola o catalana. Questa è la trafila da me escogitata:

Taured < *Tarwedom < *Tarwo-pedom "Suolo del Toro".
 
La variante Torda, che pure si trova (il viaggiatore si è chiesto perché "Torda" sia stata rimpiazzata da "Andorra"), a prima vista mi è sembrata il risultato di un antico neutro plurale. In realtà è più semplice pensare che sia il frutto del tentativo di un agente di trascrivere il nome della nazione sconosciuta. Eppure non si può prescindere dal fatto che la lingua madre dell'Uomo di Taured era il francese. In francese erano redatti i suoi documenti. Pur essendo multilingue, questo individuo enigmatico non si esprimeva in un idioma non identificabile. Quindi ne ho dedotto che l'ipotetico celtico tauredano si doveva essere estinto da tempo. Mi sono poi accorto che la vera spiegazione del toponimo Taured è tutt'altra, così ho abbandonato di colpo le mie elucubrazioni. 
 
La natura incoerente della linea temporale 

Avendo ipotizzato una lingua celtica tauredana, mi ero posto il problema del punto di divergenza da cui sarebbe scaturita la linea temporale in questione. Non lo sono riuscito a individuare, nonostante  gli sforzi compiuti, così ne ho dedotto che il corso fosse onirostorico più che ucronico. Tanto più che le altre nazioni del mondo dell'Uomo di Taured erano indistinguibili (si suppone anche per la loro storia) da quelle del nostro mondo. Un'anomalia non di poco conto, se ne converrà. Esisteva persino un'azienda che è presente anche nel nostro corso storico, tal quale, segno che non si può trattare di una questione di punto di divergenza, ma di diversa disposizione degli elementi esistenti ab origine
 
Problemi nella definizione di Multiverso

L'esistenza di mondi con queste caratteristiche dimostrerebbe che gli universi paralleli non nascono da divergenze a partire da un universo comune o Multiverso, come voleva Hugh Everett III. Nascerebbero invece da blocchi di componenti rimescolate. Sarebbero come tanti racconti con inserite varianti arbitrarie: simili tra loro ma al contempo dissimili, come orride sfingi. Se questo fosse dimostrato, sarebbe più verosimile l'idea di Hawking, che ammette l'esistenza di universi paralleli, ma nega che possano essere in numero così alto come era stato in precedenza stimato. Purtroppo al presente non esiste alcuna possibilità di verificare alcuna ipotesi servendosi del metodo scientifico. Non sono cose misurabili e non è possibile renderle tali, con buona pace di Galileo.  
 
L'ipotesi del crononauta 
 
Non poteva mancare la storiella del viaggiatore proveniente dal futuro. Secondo questa idea, tanto cara alle genti della Terra dei Liberi, l'Uomo di Taured sarebbe giunto nel 1954 dal nostro stesso pianeta partendo da un'epoca che per noi è il futuro, servendosi di una macchina del tempo. Secondo questa spiegazione, Andorra nel futuro sarebbe chiamata Taured o Torda. L'evoluzione fonetica non è impossibile: 
 
Andorra => 
Andorda => 
Antorda => 
Torda, Taured /'to:red/ 
 
Tre sono i mutamenti fondamentali: 
1) il passaggio dalla rotica forte -rr- a -rd-
2) il passaggio da -nd- a -nt- (desonorizzazione); 
3) la caduta della sillaba iniziale an-
 
Ci sono tuttavia alcuni problemi che non posso tacere.  

1) L'Uomo di Taured non riconosce l'antico nome Andorra, lo considera totalmente diverso. La cosa mi sembra improbabile, a meno che a Taured lo studio della storia non fosse un tabù. Sarebbe come se un lombardo non sapesse riconoscere il nome dei Longobardi (Langobardi), oppure come se un francese non sapesse riconoscere il nome dei Franchi. 
2) Se il nome di Andorra si fosse evoluto in Torda / Taured, anche le lingue nel loro insieme sarebbero molto cambiate e non sarebbero state identificabili dai doganieri. Il francese stesso si sarebbe evoluto in una lingua per noi non facilmente riconoscibile.  
 
Oltre al fatto che i viaggi nel passato non sono possibili, i problemi di cui sopra paiono un forte indizio dell'assurdità dell'ipotesi crononautica. Sarebbe più facile pensare che Torda / Taured sia soltanto il francese terre d'Andorre male udito e peggio interpretato dai funzionari nipponici, ma questa possibilità appare inverosimile se si considera che il viaggiatore non avrebbe a sua volta riconosciuto il nome di Andorra pronunciato dai suoi interlocutori. Senza contare il nome della nazione che sarebbe stato scritto sul passaporto. 

 
L'enigma spiegato:
il caso di John Zegrus
 

Infine sono riuscito a trovare in Rete la verità sull'Uomo di Taured. Una verità di una banalità disarmante. Tutto è nato, in maniera molto prosaica, da un paio di stupidissimi refusi e da qualche fraintendimento. Un utente di Reddit, u/NatanaelAntonioli, ha pubblicato nel 2019 un post su un episodio di cronaca da cui si è sviluppato il mito dell'Uomo di Taured. Un altro utente dello stesso social, u/taraiochi, è riuscito a recuperare articoli giapponesi sull'accaduto. 
 
 
John Allen Kuchar Zegrus (trascritto in giapponese come  ジョン・アレン・カッチャー・ジーグラス, Jon Aren Kacchā Jīgurasu) è il nome di un uomo realmente vissuto, che nel 1960 fu detenuto in Giappone per falsificazione di documenti. Procediamo con ordine. Nell'ottobre del 1959, un uomo di 36 anni registrato come John Allen Kuchar Zegrus entrò in Giappone con la sua moglie coreana. Tre mesi dopo fu arrestato dalla polizia di Marunouchi (un distretto commerciale di Tokyo) perché sospettato di aver compiuto una frode d'identità. Il caso fu seguito dal capo dell'Ufficio di pubblica sicurezza del Dipartimento della Polizia metropolitana di Tokyo, Atsuyuki Sassa - da non confondersi con l'omonimo sceneggiatore cinematografico. Il passaporto del detenuto riportava timbri dell'ambasciata giapponese in diverse nazioni asiatiche, eppure fu giudicato contraffatto. Furono riscontrate anche altre irregolarità. John Zegrus sosteneva di essere nato negli Stati Uniti e di essersi trasferito nel Regno Unito passando per la Cecoslovacchia e per la Germania. La biografia da lui dichiarata aveva dell'incredibile. Durante la Seconda guerra mondiale sarebbe stato un pilota della British Air Force catturato dalla Wehrmacht. Finita la guerra sarebbe migrato in America Latina per poi diventare una spia degli Stati Uniti in Sud Corea. Avrebbe fatto il pilota in Tailandia e in Vietnam, quindi sarebbe stato un agente segreto della Repubblica Araba Unita. La sua presenza in Giappone la giustificava proprio come una missione di reclutamento di volontari per la Repubblica Araba Unita. Dopo aver contattato chi di dovere nei paesi menzionati dal prigioniero, fu stabilito che tutto ciò che aveva raccontato non aveva alcun fondamento. I sigilli del suo passaporto erano stati fabbricati. Il 10 agosto 1960, la Corte Distrettuale di Tokyo condannò John Zegrus a un anno di carcere. Di lì a poco l'uomo cercò di suicidarsi tagliandosi le vene con un coccio di vetro. Una volta rilasciato, fu deportato a Hong Kong, mentre sua moglie fu deportata in Sud Corea. 
 
Distorsioni giornalistiche  
 
Il 15 agosto 1960, soltanto 5 giorni dopo il rilascio di John Zegrus, la sua storia appave sul quotidiano americano The Province. Il problema è che nell'articolo, intitolato "Man with his own country", vi erano diverse distorsioni. Secondo i giornalisti, John Zegrus sarebbe stato un cittadino naturalizzato dell'Etiopia e un agente dell'intelligence del Colonnello Nasser. Sul suo passaporto si sarebbe trovata la seguente descrizione: "rilasciato a Tamanrasset, la capitale di Taured a sud del Sahara" (originale: "issued at Tamanrasset, the capital of Taured south of the Sahara"). Si vede facilmente cos'è accaduto: 

1) Tuareg è stato scritto Tuared a causa dell'azione del demone Titivillus, Signore dei Refusi; 
2) Tuared ha subìto una metatesi divenendo Taured
 
A partire 1964 il caso è stato citato nei libri di Jacques Bergier. Secondo la sua versione della storia, un individuo di Tuared (errato per Tuareg), un paese dell'Africa orientale che "si estendeva dalla Mauritania al Sudan e comprendeva gran parte dell'Algeria", sarebbe stato arrestato nel 1954 in Giappone durante un controllo dei passaporti, finendo rinchiuso in un ospedale psichiatrico quando fu rivelato che era venuto a "comprare armi per la vera legione araba". Il paese a cui questa storia allude è la Repubblica Araba Unita, che in realtà comprendeva la moderna Siria e l'Egitto. Nel 1981, la storia è stata menzionata in un libro, The Directory of Possibilities, di Colin Wilson e John Grant, con Tuareg scritto di nuovo in modo errato come Taured. La storia della scomparsa dell'Uomo di Taured dalla camera d'albergo è stata inventata di sana pianta. Si trovano nel Web immagini del supposto documento dell'Uomo di Taured, col cognome Jenansfer, il nome di battesimo Berhodrick, la scritta in inglese "United Kingdom of Taured" e la città di origine denominata Infopolis: sono falsi clamorosi. In teoria Berhodrick dovrebbe essere il cognome e Jenansfer il nome di battesimo. Secondo alcuni utenti di Wikipedia, Berhodrick Jenansfer sarebbe invece uno pseudonimo di John Zegrus; questa informazione è stata cancellata ma risulta ancora nella cache. Come si vede, la confusione è notevole.
 
La nazione di Taured nella Wiki Fandom 
 
Esiste un Wiki dedicato alle nazioni fittizie, la Fake Countries Wikia, in cui si trova anche una pagina dedicata a Taured.  
 
 
Sono forniti numerosi dettagli di varia natura su Taured, incluse note sulla storia e sulla lingua, denominata Tauredish, che non è romanza e neppure classificabile, come accade a molte conlang ucroniche. C'è persino la foto del Capo di Stato, una donna chiamata Valentina Font-Perez, che dal somatismo sembra una filippina. Il punto è che tutte le informazioni contenute nel sito in questa pagina su Taured hanno l'aria di essere pure e semplici invenzioni ex post. Secondo questa narrazione fantastica, la nazione di Taured avrebbe avuto la sua indipendenza nel 1000 d.C. e avrebbe tratto origine dalla parola taure "valle" - che tuttavia non ha alcun fondamento. La locuzione Uniferesi Britanik deoi Taured è tradotta con "The United Kingdom of Taured". Questa è la nota dell'autore: 
 
"NOTE: This is based off of a book, but I'm adding enough original info for it to not be entirely from the story. The book is "The man from Taured." I didn't make the book, have any affiliation with it, or anything. I just want to see what a sorta Wikipedia like page would be like. Also, I understand that this is not a fictional country in the real sense, rather an unsolved mystery."   
 
Traduzione: 
 
"NOTA: Ciò è basato su un libro, ma sto aggiungendo abbastanza informazioni originali perché non sia interamente derivato dal racconto. Il libro è "The Man from Taured" ("L'uomo di Taured"). Non ho scritto il libro, non ho alcuna affiliazione con esso o altro. Voglio solo vedere come sarebbe una specie di pagina simile a Wikipedia. Inoltre, capisco che questo non è un paese immaginario nel vero senso della parola, è piuttosto un mistero irrisolto ".  
 
 
Con ogni probabilità il libro a cui allude l'autore del Wiki è stato scritto da Bryan W. Alaspa: The Man from Taured (2015). Si ispira liberamente alla leggenda metropolitana originata dalla vicenda di John Zegrus; non sembra nemmeno essere ambientato in Giappone. Questa è la pagina relativa all'opera su Amazon: 
 
 
Sinossi (tradotta): 
 
"Uno strano uomo si avvicina allo sportello doganale dell'aeroporto internazionale O'Hare. Porta passaporto, patente di guida, documenti, tutto sembra legittimo. C'è solo una cosa che spinge l'agente doganale a lanciare l'allarme: il passaporto e la licenza provengono da un paese che non esiste e non è mai esistito. Poi sparisce. Noble Randle, che lavora per la Homeland Security, viene chiamato per indagare. La soluzione, calcola, deve essere qualcosa di semplice. Quello che non sa è che la sua vita sta per cambiare, che ha un'abilità davvero unica e che il destino di questo universo e di migliaia di altri è nelle sue mani. I muri tra dimensioni e universi paralleli stanno crollando. Dietro c'è un male antico quanto il tempo stesso. Un male che vuole divorare ogni altro universo e ottenere il controllo totale su tutto e tutti. The Man from Taured è una storia che spazia dall'horror, all'azione, al mistero e alla suspense. Un racconto epico che si chiede: c'è di più in questo mondo di quanto sappiamo? Ci sono altri universi, altre dimensioni, proprio nelle vicinanze? Forse a un soffio di distanza. Dallo scrittore di suspense, horror e gialli Bryan W. Alaspa arriva un racconto che attraversa generazioni e dimensioni. Una storia che metterà alla prova la tua percezione della realtà stessa e ti terrà sveglio fino a tarda notte, timoroso di rispondere al bussare alla porta. Chi è L'UOMO DI TAURED?" 
 
 
Esiste però anche un altro romanzo intitolato The Man from Taured, scritto da Jeremy Bates (2020). Questa è la pagina relativa all'opera su GoodReads:  
 
 
Sinossi (tradotta):  
 
"Sei mai stati a Taured? No? In effetti non ne hai mai sentito parlare? Bene, nemmeno il resto del mondo, quando nel luglio del 2020 un uomo d'affari europeo si presenta all'aeroporto internazionale di Tokyo affermando non solo di provenire dal paese inesistente, ma producendo un passaporto legittimo.
Quello che segue è un racconto a rotta di collo pieno di mistero, intrighi e azione che vi farà girare le pagine ben oltre l'ora di andare a letto."

giovedì 12 novembre 2020

 
ASSASSINIO AL CIMITERO ETRUSCO 
 
Titolo originale: Assassinio al cimitero etrusco
Titolo in francese: Crime au cimetière étrusque
Titolo in inglese: The Scorpion with Two Tails
Paese di produzione: Italia, Francia
Lingua: Italiano, etrusco
Anno: 1982
Durata: 98 min
Genere: Orrore, thriller
Regia: Christian Plummer (Sergio Martino)
Soggetto: Ernesto Gastaldi, Dardano Sacchetti
Sceneggiatura: Ernesto Gastaldi, Maria Chianetta, Jacques
     Leitienne
Produttore: Luciano Martino
Casa di produzione: Dania Film S.r.l. (Roma), Medusa Film 
    (Roma), Imp.Ex.Ci.Sa (Nizza), Les Filmes Jacques
    Leitienne (Parigi)
Distribuzione in italiano: Medusa Film
Fotografia: Giancarlo Ferrando
Montaggio: Eugenio Alabiso, Daniele Alabiso
Effetti speciali: Paolo Ricci
Musiche: Fabio Frizzi
Scenografia: Antonello Geleng
Costumi: Antonello Geleng
Trucco: Franco Rufini, Giovanni Rufini
Interpreti e personaggi:
    Elvire Audray: Joan Mulligan Barnard
    Paolo Malco: Mike Grant
    Claudio Cassinelli: Archeologo Paolo Dameli
    Marilù Tolo: Contessa Maria Volumna
    Wandisa Guida: Heather Hull
    Gianfranco Barra: Commissario
    Franco Garofalo: Fotografo Gianni Andrucci
    Maurizio Mattioli: Masaccio
    Carlo Monni: Senaldi
    Anita Sagnotti Laurenzi: Prof.ssa Sorensen
    Jacques Stany: Nick Forte
    Luigi Rossi: Vecchio suonatore di aulos
    John Saxon: Arthur Barnard
    Van Johnson: Mulligan, padre di Joan
    Nazzareno Cardinali: Guardia del corpo della Contessa
    Angela Doria: Hilda
    Antonino Maimone: Boss a New York
    Fulvio Mingozzi: Ufficiale doganale
    Lucia Monaco: Julie
    Mario Rovelli (Novelli): Guadia del corpo della Contessa
    Gennarino Pappagalli: Archeologo
    Bruno Alias 
    Giuseppe Marrocco
    Mario Cecchi
    Bruno Rosa
    Ettore Martini
    Anna Maria Perego
Doppiatori originali:
    Paila Pavese: Joan Barnard
    Pino Colizzi: Paolo Dameli
    Sandro Iovino: Arthur Barnard
    Luciano De Ambrosis: padre di Joan, Mulligan
    Vittorio Stagni: Gianni Andrucci
Location: Volterra, Cerveteri, Formello, New York, R.P.A.
     Elios Studios di Roma

Trama: 
Joan, la bionda moglie dell'archeologo americano Arthur Barnard, ha le notti sconvolte da incubi atroci in cui assiste a sacrifici umani officiati dagli Etruschi in un'orrida grotta. Le modalità dell'offerta agli Dei Inferi sono terribili: il sacrificatore afferra il cranio della vittima e lo gira a 180 gradi, facendo sì che la faccia venga trovarsi proprio sopra alla parte posteriore della spina dorsale. Joan è scossa da premonizioni e teme per la vita del flaccido marito, impegnato in importanti scavi. A un certo punto l'uomo le telefona, cercando di dirle qualcosa, ma nel corso della chiamata viene ucciso. L'assassino parla in etrusco nella cornetta: "Ecn turce Šarún". Joan, sconvolta, decide di mettersi in viaggio per l'Italia, determinata a far luce sul mistero. Giunge in una Toscana molto diversa da quella che conosciamo, caratterizzata da fenomeni di vulcanismo, abitata da un'accozzaglia di truci banditi intabarrati e tombaroli. Ne sono certo, non è un frutto di qualche distorsione percettiva: questi manigoldi hanno un aspetto rignanesco! L'aristocrazia ha cognomi di origine etrusca: una tipica nobildonna è la contessa Maria Volumna. Alcuni cognomi dei violenti popolani sono invece di origine longobarda, come ad esempio Senaldi. La statuaria Joan nel corso delle sue indagini si imbatte in diversi personaggi. Incontra l'affascinante contessa Volumna, ma non riesce a ottenere dalla sua conoscenza alcun risultato utile. In bosco trova un vecchio suonatore di flauto doppio, che sa molte cose sugli antichi abitanti di quelle terre, da lui chiamati Raséni. Pian piano emerge la verità, che ha un sapore spiritico. Joan conosce la lingua etrusca senza mai aver compiuto alcuno studio, proprio perché è la reincarnazione di una sacerdotessa. Colpo di scena, non è una vera bionda, in realtà ha i capelli castani! Grazie al potere della reminiscenza l'ardimentosa eroina riesce a ritrovare la grotta che ha visto nei suoi sogni. L'anziano auleta si rivela essere proprio il sacrificatore che all'epoca le ha girato la testa fino a spezzarle il collo. A queste arcane rivelazioni si intrecciano vicende più prosaiche: si scopre che l'ingenuo Arthur nel corso dei sui scavi archeologici è rimasto coinvolto in un brutto affare coi gangster rignaneschi, che depredavano le tombe per poi nascondervi colossali quantità di letale polvere bianca (non certo borotalco o zucchero a velo, è ovvio). Il culmine si ha quando la protagonista raggiunge un luogo occulto, il Sancta Sanctorum degli Etruschi, in cui le stesse leggi della fisica sono violate! 
 
 
 
Recensione: 
Mi si perdonino i francesismi, ma ogni volta che guardo film come questo mi sento immerso in pieno nella stagione degli escrementi di celluloide, veri e propri ammassi di scorie espulsi dall'ano della senescente Settima Arte. Un ano che non è certo sensuale e desiderabile come quello di Rita Hayworth! Credo che non sia poi un caso se lo stesso regista abbia in seguito rinnegato la sua opera, motivando la sua ardua scelta con le seguenti parole: "<Il film> non ha aggiunto nulla alla mia carriera, nemmeno dal punto di vista economico". Detto questo, la pellicola di Martino è uscita dieci anni dopo il capostipite del giallo italiano archeologico, L'etrusco uccide ancora (Armando Crispino, 1972). Sembra quasi che le due opere in questione segnino l'inizio e la fine di un'epoca. In origine Martino intendeva dirigere una serie televisiva in ben otto parti, il cui titolo doveva essere Il mistero degli Etruschi, o in alternativa Lo scorpione a due code. Negli archivi SIAE si trovano due diverse sceneggiature, una di Ernesto Gastaldi e l'altra di Dardano Sacchetti, entrambe risalenti al 1982. Il nome del produttore cinematografico francese, Jacques Leitienne, compare per ragioni legate a un'asfissiante burocrazia. Un dettaglio tecnico: nonostante l'opera martiniana sia stata concepita per essere trasmessa in televisione, è stata girata in 16mm e montata come se dovesse essere proiettata nei cinematografi. La fonte di queste informazioni è Roberto Curti, Italian Gothic Horror Films, 1980-1989, McFarland, 2019. Gli sviluppi successivi sono stati prettamente berlusconiani: il film, acquistato da Reteitalia, è stato trasformato in una miniserie TV per essere trasmesso in due puntate su Canale 5. Questo riarrangiamento, firmato da Claudio Lattanzi, non è tuttavia mai stato trasmesso, né sulle reti di Berlusconi né altrove. In buona sostanza, Assassinio al cimitero etrusco è un pastone acido che mescola elementi polizieschi e horror come se fosse stato vomitato da un gigante ingozzatosi di trash. Non ha affatto goduto dello stato di cult raggiunto dal film di Crispino, pur dando un contributo all'immagine degli Etruschi sepolcrali, lugubri, posseduti dall'ossessione del proprio annientamento nell'Ade. In realtà non tutto è da buttare, qualche trovata buona c'è: ad esempio il senso della putrefazione immanente connessa alla reminiscenza, un orrore ontologico che prende forma tramite i cagnotti. Molto bella la musica, composta da Fabio Frizzi, storico collaboratore di Lucio Fulci: a cui si deve la colonna sonora di film horror fulciani come Zombi 2 (1979) Paura nella città dei morti viventi (1980), ... e tu vivrai nel terrore! - L'aldilà (1981).
 
 
Il fantaetrusco di Gastaldi-Chianetta  

La caratteristica precipua della lingua etrusca ricostruita dagli sceneggiatori è la trasformazione delle consonanti velari in palatali davanti alle vocali anteriori -e-, -i-. Così turce "donò", che i Rasna pronunciavano /'turke/, suona invece /'turtʃe/, con la cosiddetta "c di cena". Allo stesso modo muluvanice "donò, diede in dono" viene pronunciato /mulu'vanitʃe/. Manca la benché minima nozione di grammatica. Locuzioni corrette come tular Rasnal "i confini dell'Etruria" sono ripetute durante il rito che si vede all'inizio del film, soltanto perché sono prese di peso dalle attestazioni reali e incorporate nella trama. Quando si tratta di costruire una frasettina, tutto è sbagliato: non viene nemmeno compreso il concetto di declinazione. Il capolavoro di Gastaldi-Chianetta è la frase "Ecn turce Šarún", che dovrebbe significare "Egli è stato dato a Šarún". Qualcosa non quadra: il verbo è attivo, il pronome ecn è chiaramente all'accusativo: Šarún non è il destinatario, bensì il soggetto. La frase dovrebbe quindi tradursi con "Šarun lo ha dato", che significa poco. Se ecn "lui" (complemento oggetto) e turce "ha dato" sono ineccepibili (a parte la pronuncia della forma verbale), dovremmo domandarci cosa possa essere Šarún, con quell'accento anomalo sull'ultima sillaba. Stando all'intenzione degli sceneggiatori, Šarún sarebbe una sorta di divinità ctonia dell'Etruria, che presiede ai fenomeni vulcanici. Non stupisce che non risultino corrispondenze né attestazioni, trattandosi di un'invenzione. Se gli sceneggiatori fossero stati furbi, avrebbero usato il nome estrusco di Efesto, Šeθlans, oppure avrebbero formato un teonimo dalla ben nota parola verse "fuoco", qualcosa come Versens (non attestato). Al pubblico le parole con troppe consonanti piacciono poco. Perché una parola sconosciuta che finisce con una o più consonanti possa colpire l'immaginazione, è preferibile che l'accento cada sull'ultima sillaba. Ecco com'è nato l'improbabile Šarún. Con tutti i nomi etruschi di donna che si conoscono, bellissimi e affascinanti, la sacerdotessa ne ha ricevuto uno tutto sommato banale e inverosimile: Cere. Com'è ovvio attendersi è pronunciato come in italiano. Si tratta chiaramente del nome dell'antica città di Cere, in latino Caere, attestato in etrusco come Caisra, Cisra, Ceizr-, Χaire-. Che altro dobbiamo dire? Considerato che la lingua etrusca non ha avuto un'immensa fortuna cinematografica, dovremmo accontentarci e non pretendere troppo. Magari in qualche spettatore incuriosito si sarà acceso il nobile interesse per l'etruscologia!

 
Il mito dei Criptoetruschi  
 
Pellicole di etruscheria spicciola come quella di Martino hanno contribuito a diffondere il mito dei Criptoetruschi, ossia l'idea che da qualche parte, nei distretti più impervi e selvosi della Toscana, sopravvivano ancora oggi in un segreto catacombale persone continuatrici della lingua e della religione etrusca. Ne avevo già parlato qualche anno fa in un mio brevissimo contributo pubblicato su questo stesso portale: 
 

In un paese, credo fosse nel Casentino, si era diffusa una favola. I suoi abitanti si reputavano genuini discendenti degli Etruschi, mantenutisi nei secoli senza senza alcuna contaminazione esterna. In un articolo su una rivista c'erano anche fotografie di queste persone, di cui ricordo le sembianze oltremodo grottesche - cosa che confermerebbe la presenza di una lunga tradizione endogamica. Lovecraft avrebbe di certo preso spunto da queste cose per uno sconvolgente racconto su qualche antichissimo orrore dalla Toscana. Il problema è che la rivista in questione era ben lungi dall'essere fidedigna; con ogni probabilità si trattava di una squallida trovata per attrarre turisti in un borgo remoto e non certo prospero. In ogni caso, non c'è stata alcuna rivendicazione di una pretesa conoscenza della lingua etrusca o della pratica di sacrifici pagani. Come ho già fatto notare nel 2014, si trovano alcuni individui col cognome Rasna in un'area montuosa a nord di Firenze. 
 
Elementi  di fantafisica etrusca 
 
L'accesso dantesco al Sancta Sanctorum degli Etruschi emerge a causa dei sommovimenti di Šarún. Joan vi si inoltra, arrivando a un luogo che potrebbe essere uscito dalla fantasia di H.R. Giger o di Ridley Scott, tanto ricorda il pianeta degli Ingegneri del film Alien: Covenant (2012). Si vedono alcune teste gigantesche scolpite nella nuda roccia, massi a cui sono state date sembianze umanoidi. Le loro proporzioni ciclopiche opprimono e schiacciano chiunque si trovi in quel tempio, illuminato da un enorme diamante appeso al soffitto come un sole artificiale. Arriva anche Paolo Dameli, l'archeologo, che si rivela corrotto e pericolosissimo. Anzi, è proprio l'assassino che ha ucciso Arthur, il marito di Joan. Ecco il surreale dialogo che si svolge nell'arcana cripta:
 
Joan: "L'ultimo grande potere: la Sfera Cosmica, l'Anti-Universo. La Spirale del Tempo."
Paolo: "Joan, dov'è il tesoro? Joan, Joan, il posto è questo, tu l'hai trovato. Il sacro tesoro della Dodecapoli. Dimmi dov'è il tesoro!"
Joan: "I ciechi non sanno che la luce esiste, mostrargliela sarebbe inutile, non la vedrebbero. Paolo, il tesoro è là. Là c'è la Fine e l'Inizio del Tempo e la materia ha il segno contrario e opposto."
Paolo: "Sembra un grosso diamante. Se lo fosse varrebbe più di mille Kon-ai-Noor (sic!). Se riesco..."
Joan: "Non lo toccare, Paolo! Non lo toccare! Antimateria! Antigravità! Se lo tocchi, Paolo, se tu lo tocchi!" 
(- Paolo rimane colpito da una forte scossa, accompagnata da un rumore simile a quello di un gigantesco flipper! -)
Joan: "Il cristallo è completamente avvolto dal vuoto, è protetto da una forza che è contraria alla forza di gravità e respinge via l'aria. Altrimenti non potrebbe esistere, si sarebbe dissolto all'inizio del Tempo. La materia e l'antimateria non potrebbero coesistere se non ci fossero anche la gravità e l'antigravità. Solo così l'Universo può essere."
Paolo: "Da quanto tempo sai tutto questo?"
Joan: "È come se voci antiche mi parlassero dentro. Andiamo via da qui! Qui tutto appartiene agli Immortali!" 
Paolo: "Allora sei tu l'ultima degli Immortali. Sei tu. Adesso mi dirai dov'è il tesoro! E mi dirai la verità questa volta! Altrimenti... ho già spezzato il collo a molta gente e potrei farlo anche a te!"
Joan: "Allora sei tu che hai ucciso Arthur e tutti gli altri!" 
Paolo: "Certo. A volte con l'aiuto di quelli che volevano la droga."
Joan: "E adesso tu vuoi uccidere anche me." 
Paolo: "Se tu sei veramente immortale, non dovresti avere nessuna paura, non credi?"
Joan: "Io sono la Guardiana del Sacro Tesoro!" 
Paolo: "E se non mi dici subito dove si trova, resterai qui per il resto dell'Eternità!"
Joan (esagitata): "L'ultima conoscenza è il Tesoro degli Dei!!"   
 
A questo punto arriva il Deus ex Machina, che salva una situazione catastrofica. Collega di Joan e agente segreto in incognito, Mike Grant fa la sua irruzione, vincendo il malvagio e riportando l'ordine. Direi che la lunga digressione fantafisica della sacerdotessa etrusca reincarnata non era proprio necessaria. 

Dameli o Domelli? 

L'archeologo corrotto si presenta come Paolo Dameli, ma in diversi siti del Web il suo nominativo è scritto Paolo Domelli. Probabilmente Domelli, pronunciato Dameli nella versione in inglese, è stato mantenuto anche nella versione in italiano con la pronuncia americanizzata.
 
Scene memorabili 
 
I cagnotti che escono dagli occhi di un'antica scultura raffigurante un auleta. Pullulano, spingono, trascinano con sé anche alcune ributtanti pupe rossicce, cadono in massa e si spargono dovunque, contorcendosi.
 
Mike Grant che emerge dagli Inferi, simile a uno zombie avvolto dai gas sulfurei del vulcanismo, procedendo in modo retrogrado come un gambero, guidato dalla testa girata sulla schiena.   
 
Altre recensioni e reazioni nel Web 
 
Arrivati a questo punto, non resta che riportare alcuni significativi estratti davinottiani.  
 

Cotola ha scritto: 
 
"Desolante thriller di Martino (che si firma con uno pseudonimo) che non provoca il benché minimo spavento nello spettatore e non avvince per nulla. Che dire poi della pasticciatissima sceneggiatura che serve un finale a dir poco delirante e ridicolo? Meglio stendere un velo pietoso e passare avanti" 
 
Deepred89 ha scritto:  
 
"Mediocre film di Sergio Martino che combina con scarsi risultati thriller, horror e poliziesco. La regia è insolitamente rozza e la sceneggiatura arranca stancamente senza decidere che strada prendere, fino ad un finale con uno dei colpi di scena più ridicoli di tutto l'horror made in Italy. Cast interessante sfruttato nel peggiore dei modi e penalizzato da un doppiaggio indegno. Insufficiente." 
 
Puppigallo ha scritto:
 
"Pagliacciata horror poliziesca con attori dati in pasto a un copione ridicolo, che li trasforma inevitabilmente in macchiette viventi, credibili come l'esistenza di un politico onesto. Se non altro, si sorride quando subentrano le visioni della bionda e, soprattutto quando viene recitata la "raggelante" frase, o formula antica "Echen turce sciarù!". Da non dormire la notte...E non dimentichiamo le uccisioni tramite rottura del collo "Crac!" ed è tutto finito (gli etruschi erano per la rapidità). La colonna sonora è riciclata da vari zombimovie, mentre il resto è O.T. (Original Trash)."
 
Markus ha scritto:
 
"Tra le grotte degli etruschi con qualche rancore di troppo trascinato ai nostri giorni e la modernissima New York si consuma uno pseudo-horror con venature poliziesche. Sergio Martino dirige senza nerbo un film che ha la pecca maggiore nel non suscitare la benché minima paura. Resta però un certo desiderio di vedere come andrà a finire e un secondo tempo stranamente più avvincente del primo, quasi a voler tenere le scene "migliori" per il gran finale. Si nota una certa povertà di mezzi (statue di evidente cartongesso, attori perlopiù mediocri)."

sabato 24 ottobre 2020

HOWARD PHILLIPS LOVECRAFT AMERICANISTA: L'INVASIONE DEGLI INUTO

La Stella Polare (Polaris) è un breve racconto fantasy di H. P. Lovecraft, scritto nel 1918 e pubblicato per la prima volta nel dicembre del 1920 sulla rivista amatoriale The Philosopher (da non confondersi con l'omonima rivista accademica fondata nel 1923). Quando lo lessi, molti anni fa, ne fui molto colpito. Narra di un uomo ossessionato dalla Stella Polare, convinto di essere vissuto in un'epoca remotissima, nella terra che oggi conosciamo come Groenlandia e che lui chiamava Lomar. Il suo nome non viene mai rivelato nel corso della narrazione. Egli è convinto di essere stato un guardiano incaricato di sorvegliare la capitale del Regno, Olathoë, che sorgeva nel mezzo della piana di Sarkis, tra i monti Noton e Kadiphonek. La città era assediata da orde di genti bellicosissime e barbare, gli Inuto (nell'originale Inutos, col tipico plurale sigmatico anglosassone), descritti come "tarchiati e gialli".
 
Un'interessante incoerenza narrativa 
 
A un certo punto il narratore ascolta nella sua mente una poesia, che sembra essere pronunciata dalla Stella Polare, avvertita come una presenza ostile e maligna. Questo è il testo: 
 
"Slumber, watcher, till the spheres,
Six and twenty thousand years
Have revolv'd, and I return
To the spot where now I burn.
Other stars anon shall rise
To the axis of the skies;
Stars that soothe and stars that bless
With a sweet forgetfulness:
Only when my round is o'er
Shall the past disturb thy door."
   
 
Questa è la traduzione libera di Giuseppe Lippi (RIP):  
 
"Dormi, guardiano, dormi in fila
Per lunghi anni Ventiseimila,
Svegliati solo nel momento
Che brillerò nel firmamento
Proprio dove brillo adesso.
Tu nel ciel vedrai spuntare
Molte stelle da guardare;
E la calma ti daranno,
Dimenticare ti faranno:
Ma quando tornerò nella vecchia posizione
Il passato ti darà una bella lezione." 
 
Non so se sono soltanto io a trovare strano questo canto. La bizzarria non sta nei suoi contenuti: sta nel fatto che è in inglese e che presenta ingegnose rime. Il compianto Giuseppe Lippi ha fatto del suo meglio per rendere la sua struttura poetica, concependo rime idonee in italiano. Direi che il risultato è ottimo, anche se in alcuni punti si ravvisa una certa distanza dal significato dell'originale. La domanda è questa: nella testa del protagonista non avrebbe dovuto pulsare un componimento nella lingua di Lomar? I versi avrebbero presentato rime simili a quelle riportate nel racconto? Quali rime? Dovremmo pensare che il cervello di quell'uomo avesse trasposto i contenuti in inglese adattandoli alle circostanze? Oppure, semplicemente, l'Autore non ci ha pensato e ha dato per scontato che a Lomar si parlasse inglese? Non voglio credere a quest'ultima alternativa, che mi pare oltremodo ingenua e grottesca. 
 
L'ignota lingua di Lomar 
 
Certo è un vero peccato che l'ignota lingua di Lomar non sia stata documentata. Ci saremmo almeno aspettati di veder menzionati i nomi lomariani degli astri funesti, la Stella Polare e Aldebaran. Non sono in grado di ricavare elementi utili dal materiale citato, che consiste in alcuni toponimi (Lomar, l'altopiano di Sarkis, il monte Noton, il monte Kadiphonek, la torre di Thapnen, la valle di Banof, le città Daikos e Zobna), in un antroponimo (Alos) e in poco altro: oltre agli Inuto è menzionato un etnonimo (Gnophkeh), ma questi saranno endoetnici presi a prestito, non esoetnici imposti dai Lomariani; ci sono poi i Manoscritti Pnakotici (in inglese Pnakotic Manuscripts), che compaiono anche in altre opere lovecraftiane e che hanno tratto il loro nome dalla perduta città di Pnakotus, edificata dalla Grande Razza di Yith.
 
Gli Inuto, gli Inuit e la Terra del Sogno    

Ora leggete attentamente queste parole, che concludono il racconto: 

"I have failed in my duty and betrayed the marble city of Olathoë; I have proven false to Alos, my friend and commander. But still these shadows of my dream deride me. They say there is no land of Lomar, save in my nocturnal imaginings; that in those realms where the Pole Star shines high and red Aldebaran crawls low around the horizon, there has been naught save ice and snow for thousands of years, and never a man save squat yellow creatures, blighted by the cold, whom they call “Esquimaux”.
And as I writhe in my guilty agony, frantic to save the city whose peril every moment grows, and vainly striving to shake off this unnatural dream of a house of stone and brick south of a sinister swamp and a cemetery on a low hillock; the Pole Star, even and monstrous, leers down from the black vault, winking hideously like an insane watching eye which strives to convey some strange message, yet recalls nothing save that it once had a message to convey." 

Traduzione:
 
"Ho fallito nel mio compito, ho tradito la marmorea città di Olathoë; mi sono mostrato indegno di Alos, mio amico e comandante, e ancora le ombre del sogno mi deridono. Dicono che la terra di Lomar esiste solo nelle mie fantasie notturne, che nelle regioni dove la Stella Polare brilla alta nel cielo e Aldebaran striscia lungo l'orizzonte non c'è altro che neve e ghiaccio da migliaia d'anni e che l'uomo non ci si è mai avventurato, a parte una razza di individui gialli e tarchiati che qui chiamano "esquimesi".
E io mi tormento nel rimorso, desiderando ardentemente di poter salvare la città: ma ad ogni momento il pericolo cresce e io lotto invano per scuotermi di dosso il sogno innaturale di questa casa di pietra e mattoni, a sud della palude e del cimitero che sorge sulla collina. E la Stella Polare, malvagia e mostruosa, mi deride dalla volta nera, ammiccando orribilmente come un occhio folle che guarda, guarda in continuazione e cerca di trasmettere un messaggio misterioso; ma non ricorda quale, se non che una volta ce n'era uno."  

Stupisce molto che Lovecraft abbia usato l'etnonimo Inuto, in cui si riconosce all'istante un'alterazione di Inuit, ben noto endoetnico delle genti note come Eschimesi (variante obsoleta Esquimesi). Proprio il finale del racconto, sopra riportato, prova al di là di ogni dubbio che questa scelta dell'Autore non è stata casuale. Quanti se ne sono accorti tra i suoi esegeti? Possiamo dire a questo punto che gli Inuto sono i corrispondenti Eschimesi delle Terre dei Sogni (Dreamlands), anzi, uno dei pochi punti di contatto tra queste due realtà parallele. Il nome Dreamlands è dato a una vasta dimensione parallela a cui è possibile avere accesso unicamente tramite l'attività onirica. Proprio in tale mondo si trovano il Paese di Ulthar, ove non si possono uccidere i gatti, l'Altopiano di Leng, l'Isola di Oriab, le Rovine di Sarnath, la Terra di Mnar e innumerevoli altri luoghi incantati. La gelida Lomar appartiene alla stessa geografia del Sogno. Si potrebbe quindi pensare che sia vana la sua identificazione con la Groenlandia, con cui pure presenta molte analogie. Eppure è evidente che il Solitario di Providence ha tratto in qualche modo ispirazione dalla nostra realtà, da quanto poteva immaginare sulle origini degli Eschimesi e della calotta glaciale artica.     
 
Terre del sogno e realtà  
 
Facciamo ora un rapido confronto tra gli eventi ricostruibili e quelli esposti nel racconto. Secondo quanto Lovecraft ha narrato in Polaris, le cose erano tutto sommato abbastanza semplici, se così possiamo dire. Fino a ventiseimila anni prima del suo tempo, la Groenlandia era libera dai ghiacci e abitata da genti di aspetto europeo. Quindi sarebbero giunti dall'Asia gli Inuto a portare devastazione. Distrutta la civiltà di Lomar, sarebbe poi giunta la glaciazione e gli Inuto, adattati al nuovo clima, avrebbero infine dato come discendenti gli attuali Inuit. In realtà gli Inuit sono una presenza molto più recente nell'Artico: sono giunti alcuni secoli dopo la fondazione delle colonie norvegesi in Groenlandia, come spiegato con maggior dettaglio nel seguito. Anche per quanto riguarda la climatologia e la geologia, non c'è rispondenza alcuna tra quanto raccontato in Polaris e gli eventi del nostro pianeta. L'ultima glaciazione, quella di Würm, fu la quarta del Pleistocene: iniziò circa 110.000 anni fa e si concluse circa 12.000 anni fa. La sua massima estensione fu raggiunta circa 18.000-18.000 anni fa in Europa e circa 22.000-18.000 anni fa in Siberia. La calotta di ghiaccio (Islandsis) che ricopre la Groenlandia si formò molto prima, nel tardo Pliocene, circa 3 milioni di anni fa. Le prove delle glaciazioni quaternarie furono scoperte nel corso del XVIII e del XIX secolo, come parte della Rivoluzione Scientifica. Notiamo che la cronologia non torna affatto con quella descritta dal Solitario di Providence. Eppure c'è un dettaglio inquietante quanto innegabile: il cielo del nostro mondo è lo stesso di quello delle Terre del Sogno, con le medesime stelle che vi brillano!  
 
L'origine degli Inuit  
 
Gli attuali Eschimesi includono gli Inuit (Canada, Groenlandia) e gli Yupik (Alaska). Sono anche chiamati Neo-Eschimesi e discendono dalla Cultura di Thule, che è giunta in Groenlandia nel XIII secolo d.C. I loro antenati provenivano dalla regione di Birnirk, in Alaska settentrionale, come suggerito dai reperti archeologici e dall'analisi del genoma (presenza dell'aplogruppo A). Prima della migrazione delle genti della Cultura di Thule, le regioni del Canada settentrionale e della Groenlandia erano occupate da altri popoli, conosciuti come Paleo-Eschimesi. Appartenevano ai Paleo-Eschimesi le culture conosciute come Saqqaq (2500 a.C. - 800 a.C.), Indipendence I (2400 a.C. - 1000 a.C.), Indipendence II (700 a.C. - 80 a.C.) e infine Dorset (500 a.C. - al più tardi 1500 d.C.). Il nome dato a queste culture è tratto dai luoghi delle scoperte archeologiche: le loro lingue sono perdute. L'aplogruppo D è dominante, in netto contrasto con gli antenati degli Inuit. L'origine ultima dei Paleo-Eschimesi, come quella dei Neo-Eschimesi, è la Siberia, da cui sono partite ondate migratorie separate.  

Etimologia di Inuit
 
In proto-eschimese la parola *ińuɣ significa "persona". Ne derivano le seguenti protoforme: proto-Inuit: *inuɣ "persona" e proto-Yupik *yuɣ "persona". 
 
Questa è la declinazione di inuk "persona" in groenlandese: 
 
Singolare:
 
Assolutivo: inuk 
Ergativo: inuup
Allativo: inummut
Ablativo: inummit
Prosecutivo: inukkut
Locativo: inummi
Strumentale: inummik
Equativo: inuttut  
 
Plurale: 
 
Assolutivo: inuit  
Ergativo: inuit 
Allativo: inunnut
Ablativo: inunniit
Prosecutivo: inutsigut
Locativo: inunni
Strumentale: inunnik
Equativo: inuttut  

La forma lovecraftiana Inuto sembra quasi l'equativo di inuit, ossia inuttut "come una persona; come le persone". Non credo tuttavia plausibile che Lovecraft avesse simili conoscenze. Avrà derivato l'etnonimo Inuto a partire dalla forma assolutiva plurale inuit, che certamente doveva essere ben nota agli etnologi. Non dobbiamo dimenticarci che Lovecraft non era Tolkien e non dava grande importanza al rigore filologico.   
 
Lingue Inuit e algonchine: possibili contatti  
 
Le lingue eschimesi sono considerate parte della macrofamiglia nostratica. Eppure i contatti e gli scambi con altri ceppi linguistici del Nordamerica sono senza dubbio stati assai intensi. Nella lingua Innu-aimun parlata dalla popolazione algonchina conosciuta come Montagnais, autoctona della penisola del Labrador, la parola innu significa "persona, essere umano". Potrebbe trattarsi di un prestito da un sostrato o da un adstrato eschimese, dal momento che la lingua dei Montagnais appartiene al gruppo delle lingue Cree e non ha parentela con le lingue degli Inuit. Dal confronto con le altre lingue algonchine emerge che la parola innu è derivata da una protoforma *elenyiwa. A prima vista sembrerebbe difficilmente compatibile con la protoforma eschimese *ińuɣ, ma le difficoltà non sono insormontabili. Se diamo un'occhiata a qualche esito storico, notiamo che potrebbe comunque essere esistita una protoforma comune. 
 
Esiti di *elenyiwa si trovano in tutte le lingue algonchine. Questi sono alcuni esempi: 
 
Cree: iyiniw "uomo"
Fox: ineniwa "uomo"
Menominee: enɛᐧniw "uomo"
Ojibwe: aniniw "uomo"  
Abenaki: alnôba "essere umano"
Massachusett: ninnu "uomo"
Mohegan-Pequot: in "uomo" 
etc.
 
All'interno delle lingue Cree, abbiamo questi dati:  

    Plains Cree: iyiniw
    Woods Cree: iθiniw
    Swampy Cree: ininiw
    Moose Cree: ililiw
    Atikamekw: iriniw
 Cree Occidentale:
    Nord Est Cree: īyiyiw 
    Sud Est Cree: īyiyū 
Montagnais: īlnu (Ovest), innu (Est)
Naskapi: iiyuw, iyyū
 
E se questa radice proto-algonchina fosse un prestito remoto da una lingua artica anteriore da genti anteriori agli Inuit? Potrebbe questa radice essere un antico termine importato dalla Siberia da epoca immemorabile ed evolutosi in seguito in modi indipendenti nelle lingue di popoli diversi, anche non imparentati tra loro? La butto lì.  
 
Thule, Dorset ed Amerindiani 
 
Non ci sono somiglianze genetiche tra Eschimesi e Paleo-Eschimesi. Questo ci dice l'analisi delle sequenze dei resti rinvenuti. Gli accademici non riescono a capire come gli Eschimesi possano aver adottato alcune tecnologie della Cultura di Dorset senza contatti genetici. Ad esempio, risulta che la Cultura di Thule abbia preso da quella di Dorset un particolare tipo di arpione e la tecnica di caccia alle foche tramite un buco nel ghiaccio - anche se non sembra che le genti di Dorset avessero cani per aiutare i cacciatori. Le leggende degli Inuit parlano di una stirpe di giganti che avrebbero abitato in tempi antichi le terre artiche. Sono chiamati Tuniit (al singolare Tuniq) o Sivullirmiut (ossia "Primi Abitanti"). Secondo questa tradizione, questi Tuniit sarebbero stati molto timidi, cosicché gli antenati degli Inuit li avrebbero messi facilmente in fuga. Ma in fuga dove? Questi confusi racconti potrebbero essere nati dal tentativo di nascondere un'orrenda colpa ancestrale, quella del genocidio. Proprio il vocabolo Tuniit potrebbe essere un prestito dalla lingua dei Dorset, il suo ultimo resto e il suo solo documento vivente. Potrebbe essere la prova di qualche contatto intercorso tra le due culture, prima che esplodessero le ostilità con conseguente sterminio degli abitanti più antichi. Se così fosse, prenderebbe sostanza la tesi di coloro che considerano i Paleo-Eschimesi all'origine della diffusione delle lingue Na-Dené in Nordamerica. Tra le lingue di questo ceppo menzioniamo quella dei Navajo e quella degli Apache, popolazioni ben note e gloriose. Il vocabolo dené si trova nelle lingue del ceppo Athabaskan e significa "gente, popolo". Non sembra troppo difficile affermare che la radice *tuni- significasse proprio questo nella lingua della Cultura di Dorset e che avesse la stessa origine. Trovo assurda l'idea di quegli accademici che credono alla scomparsa della Cultura di Dorset prima dell'arrivo di quella di Thule, postulando il saccheggio dei villaggi ormai deserti come fonte di approvvigionamento di manufatti e tecnologie. Proprio la persistenza dell'etnonimo Tuniit confuta questa tesi.  
 
Un esperimento stravagante 
 
D'accordo. Non ho certo l'ardire di ritenermi anche lontanamente pari a Tolkien. Vorrei però tentare un esperimento filologico, a mio avviso di enorme interesse. Pongo i primi rudimenti di una grammatica della lingua degli Inuto che hanno invaso Lomar, portandovi devastazione e morte. Ecco la declinazione di inug "persona, essere umano":
 
Singolare:
 
Assolutivo: inug
Ergativo: inoof
Relativo: inoom
Allativo: inumboth
Ablativo: inumbith
Prosecutivo: inuthkoth
Locativo: inumbë
Strumentale: inumbikh
Equativo: inuhtoth 
 
Plurale: 
 
Assolutivo: inuto
Ergativo: inutof 
Relativo: inutom
Allativo: inumnoth
Ablativo: inumneyth
Prosecutivo: inuthsigoth
Locativo: inumnë 
Strumentale: inumnikh
Equativo: inuhtoth  

A differenza della lingua di Lomar, quella degli Inuto è già fin d'ora ricostruibile.

Un'importante missione 

Anche se non ci riuscirò nel breve termine, vorrei riuscire a produrre un vero e proprio atlante linguistico delle Terre del Sogno! Se tutto andrà per il verso giusto, potrò presentare la mia opera nel giro di qualche anno, rivelando i misteri di Lomar, di Ulthar, del Paese di Mnar e di innumerevoli altri luoghi incantati!