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martedì 1 settembre 2020


APPUNTI PER LA DISTRUZIONE 

Anno: 2008
Lingua: Italiano 
Regia: Simone Scafidi
Genere: Documentario, biografia 
Produzione: La Via della Mano Sinistra, col contributo della
     Provincia di Milano
Sceneggiatura: Andrea Riva de Onestis, Simone Scafidi
Scenografia: Alice Cannavà
Sound Design: Francesco Gaudesi
Operatore: Angelo Albertini
Fotografia: Fabrizio Bracci
Montaggio: Paolo Boriani 
Fonico di presa diretta: Elena Maestroni
Attrezzista: Marco Moroni
Fotografi di scena: Simone Sturla, Andrea Busi, Daniela
    Ferretti
Interpreti: 
    Andrea Riva de Onestis: Il Distruttore 
    Irene Serini: ragazza bionda 
    Nicole Vignola: ragazza rossa
    Luca Zilovich: Hans 
    Marianna Mandirola: ragazza sulla sedia a rotelle
    Lorenzo Carrea: Peter
    Paolo Emiliani: uomo al bancone
    Erika Auletta: ragazza incinta
    Silvia Costa, Gloria Batocchi: ragazze nude
    Roberto Ariata, Alessandro Imelio, Ezio Angeleri, Marco
    Bettinardi, Massimo Barison, Antonio Calandrino:
        squadristi d'assalto
    Mara Cassani, Margherita Bini, Antonio Belli: ragazzi nel
        recinto
    Carlo Gatti: ragazzo rasato
    Alessio Tibaldi: ragazzo torturato
    Brigida Menegatti: ragazza vestita da Madonna
    Silvia Soncini, Carlo Bongiovanni: coppia intervista fake
Interventi di: 
    Ferruccio Parazzoli
          (scrittore, intellettuale cattolico diventato panteista)
    Antonio Franchini
          (editore Mondadori, scrittore, giornalista*)
    Marco Monina
          (fondatore di Pequod Edizioni, ex peQuod)
    Bruno Pischedda
          (saggista e narratore)
    Massimo Fini
         (giornalista, politologo, saggista e attivista)
    Marco Pannella
         (politico, attivista e giornalista, deceduto)
    Vito Mancuso
         (teologo panenteista e antimanicheo)
    David Peace
         (scrittore inglese)
    Giancarlo Simonetti
         (Gran Maestro della Gran Loggia d'Italia)
    Maurizio Blondet
         (giornalista, saggista e blogger)
    Gabriele Mandel
         (psicologo, scrittore e artista di origine afghana)
    Salomone "Moni" Ovadia
         (attore, cantante e autore teatrale ashkenazita) 


*Qualcuno dirà che il giornalismo fu il lavoro dei suoi esordi. Parafrasando Aristotele, ribatto che giornalisti si è per tutta la vita. 

Sinossi (dal risvolto)
 
Dante Virgili (1928-1992), lo scrittore maledetto di cui non esiste nemmeno una fotografia, è lo spunto di partenza del film "APPUNTI PER LA DISTRUZIONE". Attraverso una serie di interviste a parsonalità di spicco del mondo editoriale, letterario, politico e religioso, viee ricostruita la vicenda umana e artistica dell'autore de "LA DISTRUZIONE", lo scandaloso romanzo nazista che, pubblicato nel 1979, anticipò di più di trenta anni l'attentato dell'11 Settembre 2001. La vicenda di Virgili, tornata d'attualità anche per l'uscita del romanzo inedito "METODO DELLA SOPRAVVIVENZA", diventa lo stimolo per un'indagine su cosa sia il Male. Il tutto inframmezzato da potenti ed evocative scene di fiction ispirate all'universo creativo di Virgili.
Un film destinato a far discutere, allegato ad un libro che ne racconta la genesi. 
 
Disclaimer all'inizio del film: 
 
Questo film si ispira all'opera, alla figura e al caso di Dante Virgili per diventare una riflessione sull'impossibilità di definire che cosa sia il Male.

Il film è cadenzato a inserti di fiction ispirati "dalla", e non "alla", lettura del romanzo "La Distruzione" di Virgili.

Quindi le vicende di finzione sono da intendersi come opera autonoma degli sceneggiatori, e non hanno assolutamente la pretesa di ricostruire la vita e l'universo di Virgili.
 
Presentazione: 

La Via della Mano Sinistra presenta: 
La vera storia di Dante Virgili,
lo scrittore nazista che previde
la caduta delle Torri Gemelle. 
 
Struttura: 
 
Appunto 1: dante e "la distruzione" 
Appunto 2: la leggenda del genio maledetto
Appunto 3: le donne di dante
Appunto 4: la casa borghese
Appunto 5: il romanzo nazista
Appunto 6: il silenzio
Appunto 7: dante che vide i grattacieli in fuoco
Appunto 8: la bomba inesplosa
Appunto 9: "metodo della sopravvivenza"
Appunto 10: la fessura del male
Appunto 11: il male dei papi
Appunto 12: caino e abele
Appunto 13: il male e la macchina
Appunto 14: del peccato originale
Appunto 15: la materia del male
Appunto 16: male dentro
Appunto 17: teoria e pratica del male
Appunto 18: la fine del film
Appunto 19: la morte del cigno
Appunto 20: poco male

Recensione: 
 
Innanzitutto ringrazio Gerardo De Stefano per avermi inviato questo prezioso materiale, in attesa di sdebitarmi. Già da tempo dovevo far visionare il film a Cesare Buttaboni, purtroppo l'occasione non si è materializzata. Mi piacerebbe molto avere la sua opinione in proposito. Per quanto la struttura narrativa del film di Scafidi sia abbastanza anomala, lo reputo un capolavoro. Certo il dibattito tra tanti intellettuali non riesce a risolvere il problema del Male, anzi, non è nemmeno in grado di definirlo. In ogni caso, ne scaturisce qualcosa di sommamente interessante. Passo ora a riassumere e a commentare ciascun intervento.   
 
Ferruccio Parazzoli 
 
Ha un colorito quasi rosaceo e un pizzetto canuto, gli occhi chiari mostrano segni di irritabilità. Porta occhiali di vetro violetto e sembra non sopportare la luce della lampada. Non ha un ricordo preciso della prima volta che vide Virgili, un "ometto piuttosto repellente, autore di questo romanzo altrettanto repellente". Il ritratto è impietoso: un piccolo uomo gonfio, una faccia che sembrava una maschera, capelli impomatati, sudati, appiccicati su uno strano cranio distorto, deturpato da un bitorzolo. Ogni documento sullo scrittore è scomparso, come per un destino di ombra e di buio: nessuna foto, nemmeno la carta d'identità. Inclinazioni sessuali virgiliane, da cui irradiava il fascino del Male e della crudeltà: non faceva differenza tra rapporti omosessuali ed eterosessuali, ma la loro ontologia comune era il sadismo, se un rapporto non era sadico non lo soddisfaceva. Idiosincrasie alimentari: mangiava quasi soltanto prosciutto cotto e carne tritata. La casa di Virgili destava una sorta di disgusto interiore. Era una normalissima piccola casa borghese. Un appartamentino anonimo con una stanza vuota. Era la "Stanza del Male". Non c'erano mobili. Mucchi di giornali stracciati a terra, assi vicino al muro, aggeggi di metallo. Quelli erano mezzi di costrizione. La definizione "nazista" del romanzo è arbitraria. L'autore stesso era nazista o era una vittima? Si tratteggia la sua infanzia a Berlino. Ne trasse una gloriosa immagine del Nazismo. Cosa muoveva questa sete di distruzione? Una forma di disperazione? Sì, non aveva speranza. Non c'era nulla, né vicino, né lontano, né immaginabile, che gli desse uno spiraglio di luce. Anelito di autodistruzione. L'unica reazione da parte della società letteraria è stata di silenzio. Il romanzo non suscitò né interesse né messa al bando, nemmeno da parte di intellettuali di sinistra come Pasolini e Moravia. Probabilmente non lo avevano neanche letto, o lo ritennero l'opera di un pazzo. La riedizione de La distruzione è capitata in un momento molto diverso dagli anni '70. La profezia delle Torri Gemelle, auspica la distruzione di New York e dell'intera umanità. Terrorismo in mano alle potenze delle Tenebre. C'è una morale ne La distruzione? Che fine fece ciò che c'era nell'appartamento quando Virgili morì? Probabilmente fu sgomberato tutto. A Parazzoli fu consegnato un manoscritto inedito, la seconda parte di un'ideale trilogia: Metodo della sopravvivenza. La terza parte doveva essere Il crollo, che però non è stato nemmeno iniziato. Franchini non volle pubblicare il Metodo. Il romanzo nasceva dall'attesa della partita dei mondiali, Italia-Germania. Virgili tifava Germania, era il Paese della Forza. Compare più volte nei romanzi parazzoliani (Ti vestirai del tuo vestito bianco; Piazza bella piazza). Paolo VI diceva che il male entra da una fessura nella quotidianità. Da Virgili emanava un rivolo di liquido infetto. Il mistero del Bene e del Male non ha soluzione. L'intellettuale cattolico giunge a una conclusione in netto contrasto con il Cristianesimo: non esiste né il Bene né il Male. La morte di Virgili gli fu annunciata dall'interruzione delle sue consuete telefonate domenicali. Preoccupato, andò a casa sua e la portiera gli disse che era morto. Vide così il corpo immane, gonfio, era per terra, con i capillari scoppiati in una pozza di sangue. Fu poi chiamato per l'identificazione e si occupò della sepoltura, facendo mettere sulla tomba una croce di marmo, dicendo che male non gli farà. 
 
Commenti:
La testimonianza parazzoliana pullula di contraddizioni ed è costellata di dubbi ("credo di ricordare", etc.).
Ci dice che quest'uomo affascinava le donne (in contraddizione col personaggio, caratterizzato da immense frustrazioni) e la cosa non combina: irretiva le casalingue e poi non scopava? 
 
Antonio Franchini 
 
Ha un'espressione sardonica. Capelli corvini, occhi piccoli e simili a feritoie, occhiali, pelle irregolare, a tratti butterata. Parla senza accento, cosa un po' insolita per un napoletano. Sembra quasi che voglia prendere in giro il mondo intero. A suo parere La distruzione era un romanzo concepito per essere scandaloso, ma che in realtà non fece lo scandalo che ci si aspettava facesse. Cita un curioso aneddoto: Virgili fu anche autore di un racconto ambientato sulla pensione al mare, in cui un uomo non sapeva approfittare della disponibilità di una cameriera, parlandole di argomenti astrusi. Fu Parazzoli ad alimentare la leggenda di Virgili come genio maledetto, con la voce chioccia, uomo di ripugnante bruttezza che esisteva solo nelle telefonate, come una voce che veniva da altrove una sorta di emanazione, di essenza. Non si può pensare alla sua immagine fisica, solo alla sua voce. L'unica donna che lo ha conosciuto lo descrive come un uomo di immensa sensibilità. Egli era il Male? Forse no. Infatti l'equazione Dante Virgili = Nazismo non l'aveva fatta nessuno, neanche all'epoca in cui fu pubblicato. Invece Parazzoli sostiene in modo pervicace che per Virgili il Nazismo fosse la medicina del mondo. Lo scrittore abnorme sapeva benissimo che tale medicina fosse un veleno, ma quello che voleva era avvelenare il mondo. Lo voleva annientare. Virgili ha anticipato un orrore simile a quello che viviamo oggi. Il Metodo non fu pubblicato perché riprendeva temi e moduli de La distruzione con meno energia, con meno forza. Un topos virgiliano era Saddam Hussein, da cui si aspettava il riscatto, la palingenesi. Forse Mondadori non era l'editore giusto per un simile autore, ossessionato da cose angoscianti come l'estate in città e la paura di morire da solo (cosa che poi è successa), tanto che il suo ricordo consiste in immagini e percorsi di città deserte. 
 
Commenti:
Possibile che nessuno lo capisca? Hitler non voleva certo annientare il mondo! Qualsiasi studioso riterrebbe ridicola la tesi di Hitler che voleva annientare il mondo, quando in realtà era convinto di risanarlo. Il fatto che io invece voglia davvero annientare il mondo mi rende agli occhi di alcuni peggiore dello stesso Uomo di Braunau!
 
Marco Monina 

Ha grandi occhi chiari dallo sguardo febbrile e contrae di continuo il volto, come se fosse inquieto. Ricorda il romanzo scritto a 6 mani da Giuseppe Genna, Michele Monina e Ferruccio Parazzoli: I Demoni (2002). Uno dei personaggi si chiama Dante Virgilio. Cita un aneddoto curioso: La distruzione ebbe solo due recensioni di cui una di Giancarlo Ferretti sull'Unità, che ne parlava bene. Rammenta poi le notevoli difficoltà di accesso all'opera: prima della ripubblicazione se ne trovavano 11 copie nelle biblioteche di tutta Italia. 

Commenti:
Mi sembra troppo frenetico. Direi che è stato traumatizzato da Virgili!
 
Bruno Pischedda  
 
Ha grandi occhi scuri e baffi prominenti, brizzolati. Pochi capelli, fronte ampia, guance paffute. Si lancia in una dettagliata cronistoria del complesso iter editoriale de La distruzione. Passa poi ad enunciare le proprie tesi. Le donne sono un problema, un punto critico nell'universo virgiliano. Virgili amava una donna e ne è stato tradito. Tortura, prigionia, possesso delle persone: questa è l'essenza delle SS. Il Male sarebbe nato nello scrittore dal rancore per aver perso le sue posizioni di privilegio. Così si è formato il suo universo apocalittico. Fu uno tra i primi ad immaginare un'Apocalisse vera. 
 
Commenti:
Pischedda non crede al Male, ma è inquieto. 

Massimo Fini 
 
Ha un volto grosso, massiccio e rotondo, occhi che sembrano feritoie, capelli foltissimi e grigiastri. Interessante, è il primo libro che mostra la II guerra mondiale dal punto di vista di un collaborazionista del Nazismo. Il Male Assoluto ci riguarda tutti. Virgili sogna la distruzione universale, vuole la gigantesca Götterdämmerung al di là di ogni questione politica. Il libro in sé non è nazista. A forza di sentire che il Nazismo è il Male Assoluto, sorge una reazione di segno opposto. Questo è il motivo per cui si prova una specie di empatia per il personaggio. L'uomo è stato azzerato in favore dell'economia e della tecnologia. Una volta morto Dio, come profetizzato da Nietzche, non può più essere recuperato. Non siamo più nelle condizioni di crederci. A questo punto non importa nemmeno che Dio esista o meno. Il vero Male, quello che provoca genocidio, è quello di chi si crede nel Bene Assoluto. Così il vero Male è il Bene. Il processo di Norimberga come diritto che coincide con la forza del vincitore. Comodo fare del Nazismo il Male Assoluto per poter giustificare tutto il resto.
 
Commenti: 
Trovo condivisibili questi interventi finiani.

Marco Pannella 
 
Faccione coronato da una rada chioma canuta, fronte bombata e prominente, gote cascanti, cute rosea ma non sottile. Accanto alla sua figura si scorge il vessillo del Partito dei Socialisti Radicali, come se l'intervento fosse in realtà un comizio. Il politico sostiene che il vero contenuto è la persona: una delle cose a cui bisogna stare attenti è che si prenda troppo sul serio il mondo, continuando a pensare che c'è il Demonio, il Male. "Si sa che l'infinitamente piccolo include tutta la vita e tutta la morte come l'infinitamente grande". In quest'ottica nascerebbe il Demonio come tentativo di nobilitare il male che ci colpisce.  

Commenti: 
A dire il vero il discorso pannelliano mi appare un po' esiguo. Mi sarei aspettato qualcosa di più.

Vito Mancuso 
 
Ha uno sguardo fisso che non si dimentica, come se gli occhi gli uscissero dalle orbite. Fisionomia pretesca e capelli corvini. Sopracciglia cespugliose. Esordisce parlando di "memoria e identità" di Wojtyła e continua a chiamare il pontefice polacco "il Papa". Pone la questione della teodicea. Wojtyła si rifà alla frase di Goethe messa in bocca a Mefistofele: "Sono una parte di quella forza che vuole sempre il Male ma faccio sempre il Bene". Sostiene l'idea del Diavolo controllato da una volontà superiore che gli fa sempre fare il Bene, così ecco l'idea folle del Male necessario e... benigno. C'è però un problema, visto che la frase di Goethe è negata da Ratzinger (che non è chiamato "il Papa", ma "l'immediato successore"). Si afferma così la difficoltà palese che ha il pensiero cattolico in ordine al problema del Male. Poi lancia in uno sproloquio contro l'idea di Male ontologico. Fa il paragone con la Morte e con la Vita. Sostiene che se la Morte può esserci è solamente perché c'è la Vita. Un paragone puerile, che è ritenuto la prova dell'inesistenza del Bene e del Male come categorie sostanziali e indipendenti. Afferma addirittura la natura parassitaria del Male, dicendo che la vita è puffesca, che non siamo poi così immersi nel Male. Si scaglia anche contro la dottrina del peccato originale e parla dell'idea della libertà umana. Afferma che il serpente essendo stato creato da Dio, debba essere positivo. Le sue argomentazioni si fanno contraddittorie, giungendo ad definire il governo di Dio come qualcosa di impersonale. Parla dei libri sapienziali, Giobbe, i Proverbi, Siracide e Sapienza, che mostrano il mondo come governato non direttamente da Dio, ma da un ordine impersonale, per l'appunto la Sapienza, che potrebbe essere anche chiamato Giustizia o Ordine (Dharma, direbbe un buddhista). L'essere vivente è una serie di relazioni ordinate (atomi, tessuti, etc.), con cui Dio governa il mondo. A questo punto tira in ballo la meccanica quantistica e la biologia per dimostrare la libertà. Egli afferma questo: le relazioni a volte sono irrazionali anziché ordinate e questa sarebbe la profonda radice del Male. 

Commenti: 
Mi domando il perché di questa polemica contro il Penesiero Manicheo a babbo morto da secoli. Nonostante vari tentativi di razionalizzare tutto ciò, una spiegazione convincente contina a sfuggirmi. La teodicea mancusiana è di una fragilità logica molto spinta. Si arrampica sui vetri nel tentativo di negare la realtà concreta, immanente e pervasiva del Male. 

David Peace 
 
Ha una pelle sottilissima e gonfia, dal colorito rosato, occhi ardenti e chiarissimi, con pupille molto dilatate. Il suo messaggio è della massima chiarezza: noi tutti siamo malvagi. Hitler era umano, tutti possiamo essere Hitler ogni giorno. Dobbiamo smetterla di pensarlo come un mostro. Dice che il Male non è in Dio perché Dio non esiste: Il Male è creato dall'uomo. Cita quindi due esempi concreti. Parla di un pestaggio mentre guidava per le vie di Parigi: non è intervenuto, è andato oltre. Subito dopo parla di un ragazzo di colore su un treno Parigi-Milano: non aveva la VISA corretta e non sapeva parlare inglese o francese, così la polizia alla frontiera lo ha condotto giù dal treno. Peace in queste due occasioni non ha fatto il Bene: non ha aiutato chi ne aveva bisogno, anche se avrebbe potuto. Così facendo, egli ha fatto il Male.  

Commenti:
Egli vede chiaramente l'esistenza del problema del Male, non cerca di negarlo e giunge a conclusioni notevoli.

Giancarlo Simonetti 
 
Ha un volto che mi pare sofferente. Una barba ispida e canuta, che spunta a cernecchi sulla pelle rugosa. Rivela alcune dottrine occulte della sua congrega. Per la Massoneria il Male va combattuto. In ogni fucina massonica c'è una scacchiera che ha sette per cinque = 35 piastrelle bianche e nere, in cui la piastrella dispari è nera (il Male). Questa scacchiera rappresenta il Bene e il Male e la sua disparità indica l'(attuale) prevalenza del Male. Adamo ed Eva generano due figli, Caino ed Abele. Sopravvive colui che uccide il Bene. Colui che dava il miglior sacrificio è stato ucciso. Siamo Figli del Male. A questo si contrappone l'idea che si deve operare per il Bene. "Fai agli altri tutto il bene che vorresti fosse fatto a te". Si afferma l'interdipendenza di Bene e Male. Nemmeno qui sono ritenuti davvero princìpi contrapposti e indipendenti: il credo massonico afferma che non vi è Bene se non vi è Male e viceversa. 

Commenti: 
Esiste un'ambiguità di fondo. Se Bene e Male sono interdipendenti, come si può pensare di affermare il primo e di combattere il secondo?

Maurizio Blondet 
 
Ha pochi capelli grigi e una barbetta canuta, fronte ampia, sorriso sardonico. Porta strani occhiali dalle lenti rotonde. Nella sua bocca spicca un dente incisivo inferiore più scuro degli altri. Parla di nichilismo suicida. Stigmatizza un mondo in cui l'essere è valutato solo per il suo valore di funzione. Cita Dostoevskij (se Dio non esiste, allora tutto è lecito - non menziona però l'antropofagia come conseguenza). Cerca di fare catechismo cattolico sul peccato originale, ma non convincerebbe nessuno. Ben più significativo è il discorso sul vincitore che fa quello che vuole del vinto (es. i crimini di Stalin, il giudizio sul Nazismo da parte di giudici che avevano compiuto azioni altrettanto atroci, lo sterminio dei Kulaki, etc.). 
 
Commenti: 
Pur non essendomi particolarmente simpatico, Blondet ha ragione da vendere quando parla dei vincitori e dei vinti. Immagino tuttavia che non gradirebbe molto se cominciassi a descrivere in dettaglio i crimini compiuti dalla Chiesa di Roma nel corso dei secoli. 

Gabriele Mandel 
 
Ha un volto massiccio, che sembra appena sbozzato nel granito. Una barbetta canuta e ispida sembra bucare la spessa cute del suo mento. Le sopracciglia invece sono nere. Inizia con una domanda: "Cos'è il male per il Sufismo?" Fornisce la risposta: "Il Male è Ignoranza". Afferma il monoteismo, l'unicità del Creatore. L'uomo non crea, rielabora cose già create. Dio crea col pensiero e con l'azione. Con l'azione crea energia, che non è materia. L'atomo non è materia (con buona pace di Einstein). Col pensiero crea le leggi divine che coordinano l'energia, che creano la materia. Il "negativo" della materia sarebbe il Male. Bene e Male inseparabili, assurdo separarli e dire "quello è un uomo buono" o "quello è un uomo malvagio". Questa è la sua sentenza finale: "L'uomo è sempre se stesso e non è mai se medesimo. È di volta in volta angelo e demone, divino e diabolico." 
 
Commenti:  
Il sufi usa un linguaggio pseudofisico. Ha moltissimi titoli, ma le sue argomentazioni mi paiono inconsistenti e insidiose. Si ricollega strettamente alle dottrine massoniche enunciate da Simonetti. 
 
Salomone "Moni" Ovadia 
 
Ha una faccia grande e tondeggiante, occhi piccoli e scurissimi, barba corta e candida. Porta una kippah nera con decorazioni bianche. Comincia con alcune affermazioni dottrinali. Il Talmud dice non fare ad altri ciò che non vorresti fosse fatto a te. Questa è la sintesi di tutto l'Ebraismo. Il detto evangelico dice invece di fare agli altri ciò che vorresti fosse fatto a te ed è considerato molto pericoloso: non è detto che ciò che è bene per te lo sia anche per gli altri. Parla della libertà religiosa come massima conquista del genere umano, con l'altrettanto sacrosanta libertà di non credere. Si schiera contro l'idea del Nazismo come Male Assoluto: è convinto che i Nazisti fossero omini piccolissimi, che non fossero affatto mostri, bensì nullità. Ricorda il caso di Mengele, che tolta la sua divisa nera andava a messa e coltivava le rose. Questo gli serve a dare la dimostrazione del fatto che Mengele non era un serial killer. Messi di fronte al tribunale di Norimberga, gli artefici del genocidio hanno cercato di occultare le prove. Non hanno detto: "Sì, l'ho fatto e lo rifarei!" Non erano titani. Questa è la dottrina della "Banalità del Male" esposta della Arendt. 

Commenti: 
Bene la tolleranza religiosa. E se qualcuno portasse il culto di Baal a Gerusalemme che succederebbe? Nella grande conquista della Libertà, per Ovadia sarebbero coinvolte tutte le religioni monoteiste. Ecco, mi piacerebbe sapere cosa direbbe di fronte ai Talebani e a Daesh. Per quanto riguarda da dottrina della Arendt, la reputo futile. Il Male non è mai banale. Senza contare il fatto che uomini come Eichmann e Heydrich non possono essere liquidati come "nullità" o "vermiciattoli". Essi non sono il prodotto della burocrazia, bensì della scuola e del bullismo! 

Una sostanza primigenia 

Con buona pace di Mancuso, si spiega ogni cosa ammettendo il carattere ontologico e increato del Male. Può essere definito come una natura delle cose che ha come fine ultimo la sofferenza dei viventi e la sua perpetuazione. La vita biologica non è altro che un macchinario stritolatore. Spezza e macina le sue vittime, dopo averle dannate. Fa in modo che ci siano sempre vittime: le fa riprodurre. Dante Virgili è davvero il Male? Certo che no. Volendo annientare questo Inferno e porre fine allo strazio dei viventi, si può dire che egli sia il Bene, che egli agisca per il Bene.
 
Schegge nel cervello 
 
Il regista cerca di unire i vari interventi con alcune ipotetiche scene della vita di Virgili, ricostruite con grande fantasia ma senza molti riscontri con quanto leggiamo nei romanzi La distruzione e Metodo della sopravvivenza. Del resto, nel disclaimer che compare all'inizio della pellicola è specificato che si tratta di prodotti dell'immaginazione, dell'ispirazione. Queste sequenze irrompono come potenti flash, come frammenti metallici che si conficcano nei nervi ottici. L'interpretazione di Andrea Riva de Onestis è superba. Vediamo lo scrittore come un baldo giovine, nerboruto e fiero, che avrebbe potuto ambire alle grazie delle più leggiadre fanciulle, senza riscontrare difficoltà alcuna. Non sembra certo un omino ripugnante, fisicamente repellente, una sorta di uomo-ratto rachitico, asfittico e cachettico, quale le fonti ce lo descrivono. Non ha alcun bitorzolo sul cranio. Certo, ha lo sguardo un po' allucinato, ma non credo che questo basti a fare di un ragazzo un mostro. Egli ci appare come un robusto squadrista d'assalto, in camicia nera. È ritratto come un bullo e violento, sempre pronto a infierire sui più deboli. Molesta una ragazza che si trascina su una sedia a rotelle, la immobilizza e la scalza dal suo sostegno, su cui viene dipinta una svastica. Poi si vedono due ragazze nude messe a ridosso di un muro. A una è stato messo un olisbo in bocca. Lui scorreggia sonoramente sulla loro faccia, costringendole a inalare i lezzi intestinali. Seguono scene di tortura inflitte a prigionieri di entrambi i sessi, degradati a porci e randellati selvaggiamente. Un'analisi superficiale di questo materiale può trarre in inganno e portare a scorgere nel personaggio una sorta di titanismo, di senso di onnipotenza. In fondo questo è proprio quanto molti si immaginano quando sentono parole come "fascista" e "nazista". La realtà è un tantino più complessa: le opere di Virgili descrivono un uomo ben diverso da questo postmoderno e sadiano stereotipo del Male. Egli odia il genere umano proprio perché ha dovuto subire le peggiori angherie sulla propria pelle, diventando un escluso, un paria, un dalit, trattato da tutti (e in particolare dal gentil sesso) come un rifiuto, come un escremento umanoide. Non un bullo, ma una vittima dei bulli. La sua misantropia estrema nasce e si sviluppa come feroce vendetta per essere stato sottoposto a bullismo e rifiutato dalle donne, schifate dal suo aspetto fisico e dalle sue perversioni. Proprio come è successo a me. Egli è sadico e anale. La sua crudeltà nei confronti del genere femminile ha proprio questa origine, è una manifestazione della Nemesi Cosmica. Il suo sentire non nasce da un senso di potenza, bensì da un senso di impotenza pervasivo e soverchiante, distillato in odio assoluto ed immortale. Solo contro l'Universo, Virgili ne desidera l'annientamento. In lui brilla la Luce Nera dell'Odio Eterno! Troppo spesso ci si dimentica la frase che accomuna Virgili a me: "Non dovevo nascere"
 
La soluzione a un problema definitorio  
 
Il film di Scafidi è certo molto interessante, ma non apporta alcuna prova della concreta esistenza fisica di Dante Virgili, che resta un problema per i filologi. Anche se potrà sembrare paradossale, l'esistenza stessa dello scrittore apocalittico è irrilevante, perché egli non è soltanto un personaggio, ma un'idea indistruttibile, un virus che vaga nella Noosfera, pronto a materializzarsi senza preavviso in qualunque punto dello spaziotempo. Magari l'idea di Dante Virgili si formerà proprio in un potente che detiene i codici per il lancio dell'arsenale nucleare della sua nazione. Vedete, quando in una specie senziente si manifesta anche soltanto un individuo di questo genere, il destino di quella specie è segnato. Spero che Parazzoli e Franchini leggano queste mie righe. L'ingegno che ha creato Dante Virgili non immagina neppure lontanamente che persone simili alla sua creazione esistono davvero. Proprio in Italia, in Lombardia, ne esistono almeno due! Posso dirmi virgiliano fin nel midollo, nonostante abbia molti dubbi sul fatto che Dante Virgili sia realmente nato dal grembo di una donna. Egli è molto più di un uomo partorito, fatto di carne e di ossa. Egli è immortale! Egli è eterno! 

 
Appunti per la distruzione.
Genesi di un film 


Il libro a cui si allude nella sinossi, distribuito assieme al film in DVD, è il seguente: 

Titolo: Appunti per la distruzione. Genesi di un film. Con
     DVD
Autore: Simone Scafidi
Editore: Pequod
Collana: Pequod
Anno edizione: 2008
In commercio dal: 1 febbraio 2008
Pagine: 32 p., ill. , Brossura
Codice EAN: 9788860680570 
 
Recensione (libro): 
 
Questi libretto contiene suggestive foto tratte dal film e dalla sua lavorazione (alcune infatti non corrispondono a scene viste). Riporta testi di Andrea Riva de Onestis e numerose informazioni su come il documentario è stato concepito e realizzato. Sono spiegate le sequenze e riportati alcuni dialoghi. Contiene anche sintetiche note biografiche su ciascuna delle personalità intervistate nel film. Dalla lettura appare chiaro che Scafidi ha compreso qualcosa di profondo. Qualcosa che ai vari autori degli interventi deve essere sfuggito. "L'idea di Virgili nasce dalla sofferenza. E si manifesa nella sofferenza e in un linguaggio sofferto." (cit.). Il documentario è nato essenzialmente per una difficoltà tecnica che sembra insormontabile: non si riesce a trarre un film dal romanzo La distruzione, la cui struttura è protoplasma del Caos. 

Altre recensioni e reazioni nel Web 
 
Segnalo giusto un paio di recensioni trovate nella Rete: 
 
 

venerdì 24 maggio 2019


ADESSO VIENE LA NOTTE

Autore: Ferruccio Parazzoli
Anno: 2008
Lingua: Italiano
Editore: Mondadori
Collana: Scrittori italiani e stranieri
Tipologia narrativa: Romanzo 
Genere: Thriller teologico, politica, fantapolitica
Codice ISBN-10: 8804577908
Codice ISBN-13: 978-8804577904

Pagine: 123 pagg., rilegato

Sinossi (da www.libreriauniversitaria.it):
Sconcerto e scandalo. Paolo VI denuncia la presenza del Diavolo nell'intera società, "un essere oscuro e conturbante che semina errori e sventure nella storia umana". Un Satana scassone e buffonesco raccoglie la sfida e scommette, con un Dio troppo sicuro di sé, di scardinare nel Vicario la saldezza della Fede mettendolo di fronte alle sofferenze del Giusto. Ha inizio la diabolica messa in scena di una delle più buie storie italiane: il sequestro e l'assassinio di Aldo Moro abbandonato al proprio assurdo destino contro il cui tragico epilogo a nulla serviranno le suppliche del Papa al suo Dio, ai politici, alle Brigate Rosse. Paolo VI morirà tre mesi dopo avere pronunciato nella basilica lateranense, assente la salma dello statista, il discorso di esequie in cui chiede conto a Dio del suo silenzio. "Adesso viene la notte" saranno le ultime parole sul letto di morte. In una serie di serrate sequenze Ferruccio Parazzoli affronta il dramma della Fede di fronte ai cinismi della Politica e ai crimini della Storia.


Recensione:  
Certo, coloro che lessero questo testo parazzoliano quando uscì, nell'ormai lontano 2008, non avrebbero mai potuto immaginare la piega che avrebbero assunto gli eventi. Soltanto qualche anno più tardi, nel 2012, uscì un altro testo dello stesso autore, Eclisse del Dio Unico, da intendersi come l'atto di abiura. Nella sostanza Parazzoli rinunciava alla Chiesa di Roma e alla sua dottrina, dichiarandosi panteista. Sull'intera faccenda è calato un silenzio di piombo. Nessuno ne parla. Eppure esiste sempre qualcuno che le cose le ricorda e che non tace. Ecco, io sono tra questi e non mi arrendo. Adesso viene la notte testimonia il conflitto interiore che sconvolge il Parazzoli, preludendo alla trasformazione descritta in Eclisse del Dio Unico. Paragono il processo alle forze ctonie e magmatiche che in una crisalide sciolgono e riassemblano i tessuti del bruco. Soltanto con l'emergere della farfalla si può comprendere l'intima teleologia di questa riorganizzazione cellulare.       

Il dialogo tra Dio e Satana 

Questa è la dialettica teologica parazzoliana, su cui si regge l'impianto del presente romanzo: 

1) Dio è un prete marchigiano, rozzo, grossolano e approssimativo nella sua lingua italiana male articolata, ricca di inflessioni dialettali, capace di esprimere soltanto concetti sfocati. Tutti i suoi ragionamenti sono rudimentali, appena abbozzati, quasi ai limiti della demenza. Quando rimane a corto di argomenti, il tirannello si mette a fare le bizze, a ricordare che lui ha creato tutto e tutti, pretendendo per questo l'ultima parola. Deludente. Un ragazzotto affetto da trisomia 21 forse potrebbe fare di meglio.
2) Satana è un dottissimo gesuita di Tubinga, rotto ad ogni artificio logico e teologico. I suoi ragionamenti sono acuti e penetranti. A impedirgli di mangiarsi il marchigiano Dio in un boccone è in buona sostanza un dogma del catechismo cattolico, che l'autore del romanzo non se la sente di sfidare. Satana non può nulla contro Dio, che or della fine è il suo stesso Creatore, ripete la vocina stridula di una maestrina delle elementari. 

3) Sia Dio che Satana indossano l'abito talare: coloro che li osservano non sospettano nulla e pensano di avere a che fare con due chierici della Chiesa di Roma. Due preti. Dio e Satana: "nulla di più nero e nulla di più prete" (cit.). 

Piaccia o no, Satana vince. Prevale sulla stupidità delle creature e del loro preteso Creatore. La sua trappola elaborata ha la meglio su tutto. Non è affatto "scassone e buffonesco": dalla sua è il ferreo rigore della logica. Schiaccia e crocifigge il Papa. Frega un Dio che è infantile, a cui non resta che battere i piedi per terra, millantando di aver inventato la Morte. Un Dio che millanta perché non ha inventato proprio nulla, nemmeno le feci. Si ha a questo punto il fondato sospetto che il prete marchigiano sia soltanto un costumante, un pazzo convinto di essere quello che le genti chiamano "l'Onnipotente". Un oligofrenico che dovrebbe stare in un reparto di psichiatria a sbavare, anziché ammorbare il mondo con le sue ripugnanti pantomime. 

Un tragico errore di valutazione 

Ecco quanto scrive Parazzoli su Satana, sminuendone tragicamente la figura:

Autunno 1972

Come sostengono gli esorcisti, e contrariamente a quanto si pensa, Satana non ha una grande fantasia e neppure grandi mezzi per indurre gli uomini in tentazione, specie se il soggetto sul quale impegna la sua scommessa con Dio, questo antico gioco che si svolge tra Cielo e Inferno, ha già scoperto e vinto gli assalti basati su vecchi trucchi da repertorio, quali in sesso, il denaro, il potere. In tal caso rimane a Satana un repertorio da baraccone, articoli piuttosto fastidiosi e in qualche caso assai debilitanti, ma non decisivi per vincere la partita.
   Tutto questo, è ovvio, Satana lo sa, ma non rinuncia a metterlo in atto, non almeno finché la sua intelligenza - tanto più pericolosa quanto mediocre e, quanto a questo, non meno pericolosa della stupidità che, però, è soltanto un retaggio umano - non riesce a partorire un'idea che, anche se prova di originalità, è volta a scalfire nell'intimo la coscienza che l'uomo ha del senso da attribuire alla proprioa vocazione nella vita e, soprattutto, è volta a minare la base su cui fonda la propria fiducia. La vittoria di Satana, nel gioco con Dio, sarà tanto più completa quanto più la fiducia alla quale fa ricorso l'uomo nelle maggiori difficoltà si chiama fede in Dio. Un Dio sempre presente e onnipotente, come vuole quel Catechismo che non per nulla recitava il parroco di campagna nei giardinetti di San Giovanni in Laterano.


Certo, un Dio marchigiano. E vi pare plausibile? Gli esorcisti scadono in esorcicci. Sono pieni di vanità e di superbia, credono di poter parlare a Satana da pari a pari. Credono di poterlo dominare e manipolare con formule superstiziose. Credono che obbedisca ai loro comandi. Non lo vedono nei mafiosi e in altri assassini spregevoli, grandi finanziatori della Chiesa Romana e delle sue nocive opere idolatriche, ma lo vedono in poveri handicappati che vomitano e imprecano facendo colare dalla bocca distorta fiotti di saliva. 

Il Silenzio di Dio 

Quando una dottrina monoteista, come quella cattolica per esempio, non riesce a rendere conto della realtà dei fatti, non può fare altro che andare alla deriva in una condizione di autismo profondo. Chi la professa non ha altre risorse che uscirsene con trovate grottesche quanto illogiche. "Non si muove foglia senza che Dio non voglia", dicono alcuni. Benissimo, allora Dio muove la mano di ogni omicida ed è omicida egli stesso. Muove la volontà di ogni peccatore ed è peccatore egli stesso. Egli ha ispirato Mengele ed è responsabile di ogni sua azione. Lui è proprio il colpevole di ogni crimine compiuto da Heydrich e da Eichmann. Altri dicono che "Dio permette il Male perché lo usa per fare il Bene". Certo, certo. Si può pensare che se un padre snaturato abusa sessualmente dei suoi figli, lo faccia per il loro bene, per insegnare loro qualcosa? Non siamo ridicoli! Poi ci sono quelli, ancora più squallidi, che riducono il Male a un banale frutto di una chimera chiamata "Libero Arbitrio". Come giudichereste voi un padre che permette il rapimento del proprio figlioletto da parte di produttori di snuff pedofili e cannibali? Come giudichereste voi un padre che permette che il suo bambino cada in un precipizio per non turbare la sua libertà? Lo riterreste un buon padre o un mostro? Mi è persino capitato di incontrare persone che si chiedevano come mai esiste il Male (si Deus bonus est, unde malum?), ma poi non ne volevano sapere di ascoltare la mia risposta manichea (il Male non è assenza, è opera del Dio Malvagio). Ebbene, il tanto strombazzato "Silenzio di Dio" è la misura dell'ignoranza di coloro che negano la realtà del Male e poi non sanno come spiegarsi le martellate che tutti gli esseri viventi ricevono senza tregua. 
Ricordo un giornalista, uno dei pochi esseri di quella tristissima categoria ad avere un barlume di dignità, che disse qualcosa di importante mentre commentava gli orrori dell'Afghanistan dei Talebani. Egli definì la religione come "quella cosa che rende insopportabile la condizione umana". Quindi ne tracciò la genesi nella stoltezza dei popoli, che "cerca di far quadrare l'Infinito nel finito". Che dire di più?


Una singolare eresia parazzoliana

L'ambientazione è la camera e studio privato del Papa. Con immenso stupore ho letto queste righe: 

Sa che deve farlo. Quell'uomo, del quale ha visto l'immagine oscura contro lo stipite della finestra mentre la folla gridava «Viva il Papa!», aspetta ormai soltanto questo. È stato condannato a morte due volte, dagli amici e dai nemici. Il Regista ha condotto bene il dramma. Il Papa non ha scelta. Se Dio non risponde, toccherà a lui rispondere, non più nel nome di Dio, ma nel proprio: Giovanni Battista Montini, Concesio, Brescia, 26 settembre 1897, secondogenito di Giorgio Montini e Giuditta Alghisi.
«Io scrivo a voi, uomini delle Brigate Rosse...» Si ferma. Ha un istante di perplessità. Uomini? È giusto chiamarli uomini? E come, altrimenti Se è certo che abbiano un'anima, come è certo che l'hanno poiché l'anima non viene da Dio ma nasce dal basso, con il corpo, se è certo che abbiano un'anima, a chiunque l'abbia spetta il nome di uomo. Quanto alla sua immortalità, che ognuno se la guadagni.


Materialismo: l'anima non è infusa da Dio a ogni uomo, ma ha la sua origine nel corpo.
Neopelagianesimo: la Salvezza viene dalle opere.
Addirittura l'immortalità per il pontefice parazzoliano - secondo le parole che l'autore gli mette in bocca - è condizionata: se uno agisce rettamente se la guadagna, altrimenti la sua anima si dissolve con gli elementi corporali.
Mi piacerebbe proprio sapere cosa avrebbe pensato Papa Montini di tutto questo.


Altre recensioni e reazioni nel Web 

Segnalo senz'altro la recensione di Alessandro Zaccuri, apparsa su Carmillaonline


Questo è l'incipit, che trovo molto suggestivo: 

"Nel Vangelo secondo Giovanni, poco prima di donare la vista al cieco nato, Gesù pronuncia una sentenza indecifrabile e allusiva. Le opere del Padre, afferma, devono compiersi alla luce del giorno perché poi venit nox, viene la notte, e al sopraggiungere delle tenebre nessuno può più operare, neppure colui che pure si proclama «luce del mondo». Il Paolo VI che Ferruccio Parazzoli elegge a protagonista del suo Adesso viene la notte (Mondadori, pagine 128, euro 13,00) è, al contrario, un Papa notturno, impegnato in lunghe veglie di preghiera, lettura, meditazione e lotta contro il Demonio. La prima scena del libro — che conserva ben riconoscibile l’impronta dell’originario e mancato progetto teatrale — descrive infatti l’appartamento privato del Pontefice a poche settimane dalla sua morte, con gli operai ancora indaffarati a rimuovere le tracce delle ripetute battaglie fra il Vicario di Cristo e l’Avversario del genere umano: pareti scurite dallo zolfo, pentacoli, sedie dalle gambe spezzate e, sotto il letto, un deposito innominabile di insetti soffocati."

Una cosa mi ha colpito nella recensione di Zaccuri. Il Papa Notturno, sfinito dalla lotta contro l'Avversario, "mette in guardia i fedeli sull’autentica natura del male: non soltanto un’agostiniana ‘deficienza’, ma anche e specialmente «un’efficienza, un essere vivo, spirituale, pervertito e pervertitore»". Ebbene, ammettendo questa autentica ontologia del Male, si allontana dal dogma di Nicea su cui si fonda il Cristianesimo mainstream, per addentrarsi senza nemmeno accorgersene in pieno territorio del Manicheismo.  Un barlume di Verità filtra nel testo di Parazzoli, una particella di Luce nella tenebra compatta e solida.

Qualcuno ha commentato persino in un luogo squallido come Amazon.it!


Glauco Cartocci  vorrebbe vedere il dramma parazzoliano recitato a teatro: 

"Nato come testo per uno spettacolo teatrale, chissà perché non fu mai realizzato. Peccato, perché questa breve pièce potrebbe risultare al meglio con le luci di scena. L'idea di narrare il rapimento Moro alla luce delle sue ripercussioni su Paolo VI è ottima e ben condotta da Parazzoli. L'antica disputa fra Dio e il Diavolo, con evidenti echi e citazioni della storia di Giobbe, finisce per riproporre il sempiterno interrogativo sulla presenza (o meglio, sull'assenza) di Dio nelle vicende di tutti i giorni, anche qualora riguardino il suo più "stretto collaboratore", ovvero un successore di Pietro. (Peccato per un evidente lapsus a un certo punto, che tuttavia non inficia il risultato complessivo). Il libro merita, e parecchio, coinvolgente e struggente al tempo stesso."

Un maggior numero di interventi lo troviamo su Anobii.com.


Saturdaycure scrive: 

Troppo lontano dalle mie corde.
Come quando ti raccontano una storia affascinante , grottesca finanche, ma proprio non riesci a trovarci un senso , una ragione.
Scivola via.
Troppo.


Carissimo (/-a?) Saturdaycure, il senso non ce lo trovi perché or della fine hai i mezzi per trovarcelo. Dal punto di vista filosofico lo devi prendere per quello che è. Devi però riconoscere che come documento ha comunque un certo interesse storico, coglibile da tutti i lettori.

Più interessante dal punto di vista teologico e filosofico è la recensione anobiana di Sinclair, intitolata La notte di una nazione. Invito a leggerla, anche se non condivido il pensiero di chi l'ha scritta. 

"Ma se Parazzoli in questa sua surreale e allegorica opera teatrale, successivamente trasposta in romanzo, trova alla fine rifugio nella fede e nella speranza cristiana di una vittoria del Bene - evento ineluttabile vista la nullità categorica del Male - cosa resta ad un laico? Il dolore per l'incapacità dello Stato di proteggere uno dei suoi più alti rappresentanti, nel bene o nel male simbolo vivente di un regime comunque democratico?"

Una speranza malriposta, come spesso accade. La stessa frase "speranza cristiana nella vittoria del Bene" è di per sé surreale e contraddittoria. Se si spera che il Bene trionfi, significa che non si è affatto certi che ciò possa accadere. Altrimenti si parlerebbe di "certezza cristiana nella vittoria del Bene". Una simile certezza l'ha soltanto il coglione di cui narra la famosa barzelletta di Nino Manfredi, quello scemo che stava per affogare e mandava via i canotti di salvataggio, uno dopo l'altro, convinto che Dio stesso l'avrebbe tratto dal pericolo - per poi sentirsi rinfacciare da San Pietro, Custode del Paradiso: "Ahó! Tre canotti t'avemo mannato!"

Sempre restando in tema notturno, VittorioC giunge a un'interessante conclusione: 

Ma “Adesso viene la notte” non è un libro sul caso Moro. E’ piuttosto il tentativo, lucido e provocatorio, di spiegare la lunga notte del mondo politico italiano negli ultimi trent’anni.

Anche il mondo politico, proprio come la Chiesa di Roma, è passato attraverso un processo di metamorfosi, che lo ha infine portato alla presente discarica di immondizia. 

lunedì 14 gennaio 2019


ECLISSE DEL DIO UNICO

Autore: Ferruccio Parazzoli
Anno: 2012
Genere: Saggio
Argomenti: Religione, morte di Dio, panteismo, filosofia 
Editore: Il Saggiatore
Autore della prefazione: Vito Mancuso
Codice ISBN: 9788842817758
Pagine: 160


Sinossi (da www.ibs.it): 
"Non avrai altri dei di fronte a me" (Esodo 20,3). Oggi quell'Unico Dio si è disciolto come una montagna di ghiaccio. Con questa immagine sconcertante si apre l'inconsueto saggio di Ferruccio Parazzoli, dove il sublime e l'abisso si incrociano. Con l'eclisse del Dio Unico è crollato il pilastro a cui, in obbedienza e in rivolta, stava abbarbicata la cultura occidentale. Muore la rivolta metafisica, muore la tragedia cristiana, la grande creazione artistica nata dopo il Golgotha. L'autore rifugge da quello che definisce il pensiero ordinato del linguaggio debole, frutto dell'odierno nichilismo di massa, della "pappa del niente" di cui si nutre l'uomo contemporaneo, morto alle grandezze di ogni mitologia. La scrittura di Parazzoli è un incalzare di affermazioni demistificanti, di immagini ribaltanti, è la messa in scena di un dramma dove il Vecchio Dio di Abramo è caduto dietro le quinte, ma dove sul palco non è mai comparso quel Dio Padre che Gesù chiamò dalla croce. A capitoli di lucido sconcerto sull'attuale disorientamento dell'uomo occidentale ("Gli sciamani non volano più", la piatta orizzontalità dell'arte contemporanea; "Apologia del rischio", la perduta eroicità di Prometeo), si alternano capitoli visionari ("La tenda gialla", confine tra vita e morte; "Il discorso di Gesù morto", dove la vittima rivendica il proprio vittorioso fallimento). Fino alla chiusa commovente y final (*) de "La cerimonia dell'addio". Un appassionato j'accuse. Prefazione di Vito Mancuso.  

(*) Non si capisce il perché dell'inserimento di questa locuzione in spagnolo, che si trova in ogni sito nel Web, anche in quello di Mancuso. Forse è stata copiata in modo pedissequo da un originale già bacato? Molti siti hanno anche "commuovente" per "commovente"

Recensione:
Non ringrazierò mai abbastanza l'amico C. per avermi fatto conoscere il libro di Antonio Franchini, Cronaca della fine (2003), che a sua volta mi ha fatto conoscere l'opera di Ferruccio Parazzoli - e la sua stessa esistenza, che prima ignoravo. Tutto è iniziato dal caso assai complesso dell'autore nichilista Dante Virgili, che rappresentava un autentico rompicapo nel panorama letterario italiano. A modo suo, il libro di Franchini mi ha enormemente aiutato a fare chiarezza e a comprendere molte cose. Frugando nella produzione eclettica del Parazzoli, sono arrivato fino a questa gemma pubblicata nel 2012, Eclisse del Dio Unico. Non userò mezzi termini. Per come la vedo, tecnicamente parlando si tratta di un vero e proprio atto di abiura. Coraggioso, non ci sono dubbi, per certi versi unico nel suo genere. Non basta: questo scritto rappresenta molto di più di un mucchietto di opinioni e certamente merita un approfondimento. Questo perché a tutt'oggi, nel 2019, il Parazzoli è ancora presentato come autore cattolico, nonostante abbia da tempo fatto convinta professione di panteismo, negando proprio la fede in quel Dio che è il nucleo stesso del teismo cattolico.

"Questo libro è un documento significativo. L’autore infatti è stato per molti anni (ed è ancora considerato tale ora che scrivo) un intellettuale organico alla gerarchia della Chiesa cattolica, con una collaborazione fissa con “Famiglia Cristiana”, una rubrica sul mensile “Jesus”, svariati articoli su “Avvenire” dove gli è stata affidata anche la striscia di spiritualità quotidiana detta Mattutino, e i puntuali inviti della Presidenza della Conferenza Episcopale a prendere la parola nei congressi e nei simposi ufficiali, per i quali, si sa, la minuziosa e diplomatica selezione degli invitati è già parte integrante del messaggio finale."  

Così Mancuso nella prefazione al saggio in analisi. Il documento è consultabile sul sito del teologo panenteista e anticataro. Questo è l'url:


Come si può ben vedere, non mi sto inventando nulla. Questo però non basta. Leggete tutti con grande attenzione: 

"Ferruccio Parazzoli ha voluto indagare lo sfondo oscuro, “scoprire il punto oscuro del mondo in cui piantare la mia leva per rovesciarlo”, come si legge nel Discorso di Gesù morto. In queste pagine l’ha fatto in forma saggistica, anche se non prive di invenzioni narrative, dopo che nei suoi numerosi romanzi, tra cui desidero ricordare Nessuno muore (Mondadori 2001) e Il mondo è rappresentazione (Mondadori 2011), l’ha fatto in forma narrativa. Ma l’indagine è unica, come unica è la vita. E l’indagine alla fine l’ha condotto ad abbracciare il panteismo.
Questo libro si presenta quindi come l’onesto documento di un uomo che è stato cattolico per tutta la vita, e quindi naturalmente teista, e che ora non è più teista, bensì panteista."


Non bisogna correre troppo con l'immaginazione per comprendere che questo punto oscuro del mondo, che Parazzoli ha usato come leva, ha un nome e un cognome: Dante Virgili. L'identificazione è ancor più interessante, perché proprio la fede cattolica dello scrittore romano - che a quanto mostrato sopra è ormai tutto fuorché certa - è talvolta usata come prova dell'impossibilità di attribuirgli le opere di Virgili. Il ragionamento di chi sostiene questa tesi è lineare e chiaro, anche se a parer mio è fuorviante:

   1) Virgili è tutto fuorché cattolico e simpatizza per Adolf Hitler;
  2) Parazzoli è cattolico, oltre che un importante espontente dell'intellighenzia cattolica.
Ergo, nemmeno una riga delle opere di Virgili può essere stata scritta da Parazzoli. 


Il punto 2) contiene un anello debole della catena logica. In effetti quanto sostengo è duro da mandar giù. Ne sono pienamente consapevole. L'idea che l'autore di Carolina dei miracoli sia anche l'autore di Metodo della sopravvivenza è come un pugno nello stomaco, qualcosa da cui è difficile riprendersi. Eppure questa è la conclusione che possiamo trarre dall'analisi dei dati di fatto, come già mostrato con argomenti piuttosto solidi. Adesso però torniamo a noi, dato che in Eclisse del Dio Unico non si fa alcuna menzione di Dante Virgili e dei due romanzi a lui attribuiti. 

Come Mancuso fa notare, l'uso del termine Eclisse non descrive bene ciò che Parazzoli esprime nel suo saggio. Infatti si tratta di una parola che allude all'occultamento improvviso ma temporaneo della luce di un astro. Se il sole è eclissato, sembra calare la notte, ma poco dopo la luminosità torna a crescere finché la tenebra non viene del tutto dissipata. Parazzoli avrebbe dovuto intitolare la sua opera Tramonto del Dio Unico, perché all'occultamento dell'astro divino non farà seguito la ricomparsa neppure di un singolo raggio di luce. Certo, non si tratta di un annuncio nuovo. Immagino di non dover parlare in modo approfondito del famoso proclama "Dio è morto" (Gott ist tot) che compare in due opere di Friedrich Nietzsche: Così parlò Zarathustra (Als sprach Zarathustra, 1881-1885) e La gaia scienza (Die fröhliche Wissenschaft, 1882). Abbiamo poi Il crepuscolo degli idoli (Götzen-Dämmerung, 1889), sempre del filosofo di Röcken, e L'eclissi di Dio (Gottesfinsternis, 1953), di Martin Mordechai Buber. Il processo di dissoluzione di Dio e del monoteismo è irreversibile e genera un aumento dell'entropia. Non a caso l'autore ricorre all'immagine di un gigantesco iceberg che dapprima dà segni di cedimento per poi scioglersi a ritmo sempre più sistenuto, finendo quindi col disintegrarsi. Una volta che l'iceberg divino si è dissolto nell'oceano, ha perso completamente e per sempre la sua individualità: non c'è più nulla che lo possa ricostituire. 

Procedendo, Parazzoli analizza punto per punto il processo di morte e di decomposizione del concetto stesso di Dio. Non soltanto: è l'idea del rapporto di Dio col mondo, tipica del teismo, che sta subendo disintegrazione. Ad essere in crisi e condannata alla scomparsa è proprio l'idea di Dio come eternamente distinto dall'Universo che ha creato dal Nulla. Va da sé che a sostituire il teismo morente non è l'ateismo. Infatti l'ateismo è la negazione del teismo, che costituisce un presupposto indispensabile per la sua esistenza. Con la dissoluzione del polo monoteista, anche l'ateismo ne subirà le sorti. Ci possiamo porre una prima domanda: "Come muore il teismo?" La risposta data da Parazzoli è semplice: il teismo non muore per azione di un uccisore, che sia consapevole o meno.  Il processo che si è da tempo innescato è spontaneo. Il teismo agonizza nell'indifferenza delle masse. Questo perché Dio è come un attore che ha abbandonato il teatro del mondo a se stesso. Altra domanda cardine è questa: "Perché muore il teismo?" Anche in questo caso la risposta è diretta. Il teismo cristiano si spegne perché non fornisce risposte credibili ai problemi dell'esistenza. Più in dettaglio, non è in grado di risolvere questi problemi, con buona pace dei teologi cattolici: 
1) Il paradosso del Male, che non è semplice "assenza di Bene", ma dolore concreto che colpisce e stritola anche bambini innocenti. 
2) La natura intrinsecamente incoerente di Dio, in cui il Padre amorevole del Nuovo Testamento si scontra con il carnefice genocida dell'Antico Testamento.
3) Il supplizio della croce come destino ontologico di Gesù, deciso ab aeterno, cosa che implica il sostanziale fallimento dell'opera dell'Artefice.
4) L'impossibilità di leggere la Bibbia come Sacra Scrittura, la sua riduzione a semplice narrativa teologica, neppure meritevole di essere salvata da un futuro macero universale.
5) La natura intollerante degli attuali monoteismi, di cui è evidente l'antica derivazione "tribale, nazionalista e populista"


Queste aporie a mio avviso possono essere risolte soltanto per mezzo del Dualismo manicheo, ma si tratta di una soluzione estremamente impopolare che nessuno sembra voler accettare. Infatti Parazzoli non ci pensa nemmeno per un momento, e non fa la benché minima menzione a questa possibilità concettuale: la soluzione che escogita è invece il panteismo. Cessa così la divisione tra Dio e il mondo: Dio è il mondo - con tutte le perigliose conseguenze del caso. Conseguenze che l'autore non esplora: la sua professione di fede panteista resta piuttosto ermetica. Eppure anche il panteismo presenta aporie, non meno spaventose di quelle del teismo cristiano. Ad esempio, se lo sterco fa parte del mondo, e Dio è il mondo, quali conclusioni possiamo trarne? Che anche lo sterco è Dio, che il divino si identifica con lo sterco. Esiste una setta induista di fachiri denominati Aghori, che fanno di queste proposizioni panteiste il loro vessillo: ritengono che nulla di ciò che esiste nel mondo sia impuro, perché tutto è divino, così ingeriscono le feci, bevono l'orina e il mestruo delle prostitute, si cospargono il corpo delle ceneri dei morti, consumano carne umana putrefatta. Soltanto gli Aghori hanno assunto su di sé il peso del panteismo, fino in fondo, con gesti concreti e con coerenza estrema. Per il resto, tutte le parole dei sedicenti panteisti del mondo paiono soltanto un flatus vocis.

Altra soluzione rifiutata da Parazzoli è quella nichilista. Egli distingue tra un nichilismo forte, consapevole ed estrema negazione di qualsiasi senso dell'esistenza, e un nichilismo debole o nichilismo delle masse, quasi una forma di entropia del pensiero, una sfocata scoria collettiva definita come "pappa del niente" (ma forse sarebbe meglio dire "cacca del niente"). La cosa mi lascia un po' perplesso. Se tutto è Dio, come il panteismo afferma, allora è Dio anche la "pappa del niente" (o "cacca del niente"). Per un panteista tutto deve per necessità essere equivalente, perché tutto è Dio. Quindi semmani dovremmo parlare di "pappa di Dio" o di "pappa divina". Un teista cristiano ha ragione di lamentarsi di questa degradazione del sentire delle masse, un panteista non ne avrebbe motivo. Sembra quasi che l'autore, pur cambiando la rotta della propria vita, mantenga ben fissi alcuni residui della sua precedente condizione di cattolico. Spero che altri commentatori dell'opera parazzoliana colgano questa incoerenza e sviluppino trattati più approfonditi del mio. 

Acute, caustiche e pienamente condivisibili sono le osservazioni su un punto di capitale importanza: l'afasia della cultura cattolica. Il mondo cattolico, una volta che la fine del teismo ha spezzato il legame tra il linguaggio e i dati di fatto che dovrebbe descrivere, è diventato autoreferenziale. Un microcosmo cattolico paragonato a "un albero senza fronde né frutti". Altra suggestiva locuzione parazzoliana che ben descrive l'accaduto è "ingresso della cultura cattolica in un alone di buio". Ecco un estratto particolarmente significativo a questo proposito:

"A quasi quattromila anni di distanza un settimanale cattolico ha provato a lanciare un appello ad alcuni attuali e volonterosi sacerdos del linguaggio perché tentino di ricomporre il tramite con il Dio monoteista.
Ridato al linguaggio, sia pure occasionalmente e artificialmente, il Polo di riferimento del Dio Unico - ignorando, o fingendo di ignorare, il discioglimento di Antartide o cercando comunque di esplorarne il disfacimento - gli improvvisati sacerdos - un filosofo, due poeti, tre narratori -, rivestiti per l'occasione i paramenti del rito, riprovano a frarsi tramite con il Dio Personaggio. Ma le fragili navi di Argo trovano il livello delle acque inaspettatamente innalzato, il periplo delle coste irriconoscibile e un silenzio siderale. Gli esploratori mandati in avanscoperta fanno ritorno a mani vuote. Il loro linguaggio si è risolto in un soliloquio senza più alcuna possibilità di risalire all'origine del mito, al «Trono di Dio», come era chiamato il luogo dei cieli dove sedeva il Dio di Occidente.
Ognuno lamenta la moneta perduta, l'ansia della ricerca, il proprio smarrimento, la debolezza della propria nostalgia. In realtà non hanno più alcun Dio a cui parlare. Parlano a un cielo oscurato, forse già vuoto. Il vecchio Dio di Occidente non ritorna in scena.
La Rappresentazione, scaduta in spettacolo, non lo interessa più. Scivolato giù dal Trono, il Dio di Occidente si aggira dietro le quinte, dietro le cupole e i colonnati, nei sotterranei della Storia."

(pagg. 79-80)


Mancuso paragona il testo di Parazzoli all'oracolo che annunciò la morte di Pan, così ben descritto da Plutarco. Si chiede se l'annunciata morte del Dio Unico non possa essere al contempo una resurrezione di Pan e del paganesimo politeista. Poi favoleggia sul passaggio dal Deus cristiano (maschile, personale) a un Deum pagano (neutro, impersonale). Se devo essere franco, non amo molto queste trovate. Iniziamo a stendere un pietoso velo sul fantomatico Deum: le antiche divinità erano peronali e dotate di sesso. Passiamo quindi alla natura stessa delle cose del mondo. In questo Universo dominato dalla crescita dell'entropia, non avvengono resurrezioni. L'antico politeismo si è eroso e degradato, si è mutato in scorie che sono state disperse dalla nuova religione del Dio Unico. Questo è un processo che non ha possibilità alcuna di essere reversibile. Nulla ritorna mai dalla dispersione e dall'Oblio. Una volta che il fuoco delle Vestali è stato spento, nessuno potrà mai pretendere che la sua fiamma, presa a viva forza dai secoli passati in cui ardeva, possa formarsi dal nulla e riprendere ad attecchire. L'Eclisse del Dio Unico non dà nuova luce a ciò che c'era prima che questo Dio Unico sorgesse in Occidente, come la fantasia mancusiana vorrebbe: costituisce invece un inarrestabile progredire dello sfacelo, verso l'orizzonte della Mors Ontologica.