giovedì 29 giugno 2017


IL CATECHISMO PER I CHONO
E LA SUA NATURA DI PROPAGANDA
ANTI-MANICHEA

I Chono erano una popolazione stanziata nell'Isola di Chiloé e in alcuni arcipelaghi del Cile Meridionale. Il loro territorio, residuo di una cordigliera preistorica in parte sommersa, si estendeva da Chiloé alla Penisola di Taitao. Una regione selvosa e impervia dalla morfologia molto complessa, ricchissima di fiordi. La cultura materiale dei Chono era simile a quella delle genti della Terra del Fuoco: Alakaluf, Yamana, Selknam (Ona) e Haush (Manekenkn). Descritta dagli antropologi come tra le più arretrate del pianeta, la tecnologia di quei popoli ignari dell'agricoltura può essere considerata come paleolitica. Viaggiavano su fragili imbarcazioni, proteggendosi dal freddo intenso soltanto con rudimentali abiti fatti di pelle di guanaco. Vivevano unicamente di carne, perché qualsiasi forma di coltivazione era resa impossibile dal clima rigidissimo. Verso la metà del secolo XVIII i Chono furono visitati da missionari della Chiesa Romana, che composero un catechismo nella loro lingua nativa. Questo catechismo era intitolato "Doctrina para los viejos Chonos", ossia "Dottrina per i vecchi Chono". Infatti tutti i giovani Chono all'epoca in cui il testo fu scritto erano diventati bilingui, parlando anche la lingua degli Huilliche, che è una varietà di Mapudungun. A quanto pare, l'ultimo parlante Chono morì nel 1875. Siccome tutte le opere scritte nella lingua dei Chono andarono perdute assieme al dizionario e alla grammatica compilata dai missionari, gli studiosi finirono per credere che i Chono parlassero una varietà di Kawesqar, la lingua degli Alakaluf. Questa assurda supposizione, ispirata dal generale abuso del Rasoio di Occam fatto dagli accademici anglosassoni e germanici, si è rivelata falsa quando il catechismo per i Chono è stato riscoperto. Non è un testo lungo. Credo quindi che sia il caso di pubblicarlo integralmente in questa sede.

Quentaumet Dios?

Jo Padre.

Met yo cautau Dios?

Jo Padre.

Yglesiataumet Dios?

Jo Padre.

Acha taumet Dios?

Jo Padre.

Ecu lammet Dios?

Jo Padre.

Lam jeyeulam toquieu?

Jo Padre.

Fau [tau?] met Dios?

Dios Sap, Dios Cot, Dios Espiritu Santo, tas persona, cayca Dios üeñec.

Dios Sap?

Jo Padre.

Dios Cot?

Jo Padre.

Dios Espíritu Santo?

Jo Padre.

Dios tas?

Yamchiu, tas Persona, cayca Dios üeñec Padre.

Ti [Fi?] Dios eyuhau [ayuhau?] yemamin?

Jo Padre.

Yema zelà jasmou?

Jo Padre.

Queni cullin eyuic zeu agic Dios qui?

Lam lam leng jaguaitau.

Ni persona tas queni persona yentau tau?

Dios cot.

Quentim tecau?

Señor Jesuchristo.

Señor Jesuchristo cay acau zuquena Dios?

Jo Padre.

Señor Jesuchristo cay acau zuquena yema?

Jo Padre.

Zeu tau g[...]jo Señor Jesuchristo?

Jo Padre.

Queguai tu zeu tau Señor Jesuchristo?

Sua ta via.

Lam met jo quipet cay acua quenau?

Jo Padre

L'ortografia è quella spagnola, così "zuquena" si pronuncia all'incirca /sukena/; "jo" si pronuncia con una forte aspirazione iniziale, e così via. Alcune letture incerte sono indicate tra parentesi quadre con un punto interrogativo. Non esiste una traduzione tramandata di questo testo, soltanto quella fatta tramite metodo combinatorio dallo studioso italiano Alessandro Bausami (che tra l'altro è un islamista senza conoscenze delle lingue amerindiane). Ora, quello che si è potuto dedurre immediatamente e con sicurezza dall'analisi del catechismo sono le seguenti traduzioni:

sap = padre
cot = figlio
üeñec = uno
tas = tre
zuquena = vero
yema = uomo
acha = cielo
jo = sì
yamchiu = no
lam = buono
quentim = come
cau = chiamarsi
cay = anche
cayca = ma, però
met = essere, stare

Tra l'altro il termine "yema" è stato anche preso a prestito in alcuni dialetti Kawesqar, dove indica il concetto di uomo appartenente ad altro popolo, in particolare bianco e cileno. Probabilmente il prestito è avvenuto per via di matrimoni misti, non certo per una parentela tra le due lingue, che non si somigliano affatto. Si segnala qualche prestito dalla lingua dei Mapuche, come ad esempio "toqui-" /toki/ = chiedere, comandare (che è "tokin" in Mapudungun). Alcune frasi sono infatti ben chiare a causa dei molteplici prestiti dallo spagnolo, in quanto come si può ben immaginare la lingua dei Chono non era fatta per le dispute teologiche e per i concetti cattolici. Così abbiamo le seguenti traduzioni, altamente significative:

Ecu lam Dios? = Dio è tutto buono? 

Señor Jesuchristo cay acau zuquena Dios? = È il Signore Gesù Cristo vero Dio?
 

Señor Jesuchristo cay acau zuquena yema? = È il Signore Gesù Cristo vero uomo?

A tutte e tre le domande ovviamente il catechismo prescrive invariabilmente di rispondere: "Sì, Padre". Appare oggi evidente a tutti quanto assurdo fosse il tentativo fatto dai missionari di trapiantare nelle menti dei popoli nativi concetti che erano e sono tuttora assolutamente alieni alla loro cultura e al loro modo di vedere l'universo.

Appare però ancor più curioso che i catechismi, come questo sopra riportato, fossero concepiti quasi per prevenire lo sviluppo di concetti manichei. Da come i nativi americani concepiscono il mondo, dai loro paradigmi, pare del tutto improbabile che possano giungere a conclusioni dualiste ed anticosmiche. Questo però non importava ai missionari. Gli inviati della Chiesa Romana avevano ed hanno tuttora uno e un solo compito, che non è affatto quello di evangelizzare le genti: è quello di impedire che le genti possano diventare manichee, anche spontaneamente, anche senza che nessuno possa influenzarli insegnando loro qualcosa di dualista e di anticosmico.

Ai missionari non interessava nulla della salute fisica e spirituale dei popoli che incontravano, prova ne è che quelle genti furono ridotte in schiavitù, sterminate o costrette a meticciarsi e a perdere la loro cultura. Ai missionari interessava soltanto che alla domanda: "Chi ha creato il mondo è buono?", nessuno potesse rispondere: "No! Egli è malvagio!".

Se non si può condannare interamente l'opera di questi missionari è soltanto perché ci hanno preservato memoria di lingue oggi estinte o nascoste, che altrimenti sarebbero svanite irrimediabilmente nell'Oblio.

martedì 27 giugno 2017


I ROBOT DELETERI DI SHAVER:
UNA TRUFFA FANTASCIENTIFICA

Molti ricordano ancora la Guerra dei Mondi di Orson Welles, la famosa truffa radiofonica che fece passare per verità un'invasione marziana sul territorio degli Stati Uniti d'America. Esiste però un evento altrettanto notevole, che però pochi conoscono in Europa nonostante la risonanza che ebbe all'epoca: il cosiddetto Mistero Shaver.

Richard Sharpe Shaver nacque a Berwick, Pennsylvania, nel 1907. Si sa molto poco degli anni giovanili della sua vita. Egli affermò in seguito di aver lavorato in una fabbrica, e che proprio in quell'ambiente cominciarono a manifestarsi strani fenomeni. Un giorno cominciò ad accorgersi che un saldatore che usava sul lavoro, a causa di una disfunzione dei suoi componenti, gli permetteva di captare i pensieri dei suoi colleghi. A questo fenomeno telepatico si sarebbero aggiunte visioni ben più stravaganti e terribili. In una di queste egli avrebbe vissuto una sessione di tortura ad opera di esseri diabolici che abitavano in spelonche di un mondo che si trovava nelle viscere della Terra. A seguito di questo trauma, egli si licenziò e condusse per qualche anno vita da vagabondo. Anche se sembra che rimase internato per qualche tempo in una clinica psichiatrica verso il 1934, le sue tracce sono confuse fino al 1943, quando egli fece la sua ricomparsa in uno stato di esaltazione. Scrisse una prima lettera al direttore di Amazing Stories, una famosissima rivista di fantascienza. Affermava di aver scoperto un'antica lingua chiamata Mantong, che sarebbe stata la prima lingua parlata dall'umanità, quella dalla quale ogni altra derivò in seguito. Sono state fatte molte ricostruzioni della lingua del cosiddetto Proto-Mondo. I Cabalisti e lo stesso Dante Alighieri pensavano che quella lingua fosse l'Ebraico, ipotesi che non regge all'analisi delle moderme conoscenze, ma perlomeno si tratta di un'idea a cui non mancano tradizione e cultura. Altri studiosi hanno analizzato migliaia di lingue arrivando a ricostruzioni la cui sonorità è simile a quella del Bantu. La conoscenza del Mantong implicava una corrispondenza semplice tra suoni e significati occulti, applicabile a tutte le parole di tutte le lingue del passato e del presente: chi l'avesse conosciuta, avrebbe avuto accesso al codice definitivo per comprendere la vera natura di ogni cosa. In buona sostanza, le chiavi fondamentali sono in questa lista:

A - Animale
B - Essere
C - Vedere
D - Energia dannosa (generata dal sole)
E - Energia
F - Fecondo
G - Generare
H - Umano
I - Io
J - Generare
K - Cinetico (in moto, energia)
L - Vita
M - Uomo
N - Bambino
O - Orifizio, sorgente
P - Potere
Q - Ricerca
R - Orrore (una grande quantità di D)
S - Sole (emette D)
T - Forza benefica (l'opposto di D)
U - Tu
V - Vitale (magnetismo animale)
W - Volontà
X - Conflitto (D e T in contrasto)
Y - Perché
Z - Zero (T e D che si annullano)

Il direttore di Amazing Stories, Ray Palmer, chiese a Shaver dove avesse appreso il Mantong, e questi gli rispose con una seconda lettera molto ponderosa, composta da ben 10.000 parole. Palmer fu molto colpito, e si divertì ad applicare l'interpretazione Mantong di diverse parole. Si convinse così che il visionario dicesse la verità. Secondo la narrazione contenuta nella voluminosa lettera, i parlanti Mantong avrebbero abitato in Lemuria e si sarebbero chiamati TEROS. In seguito a un cataclisma solare di immane portata, questi Lemuriani avrebbero abbandonato la Terra su navi spaziali, lasciando gli antenati della presente umanità e alcune creature sotterranee. Questi esseri, chiamati ABANDONDEROS, termine per comodità abbreviato in DEROS, avrebbero continuato ad abitare un continente sotterraneo costituito da un vasto sistema di caverne. Orbene, se Palmer trovò da sé la chiave per comprendere molte parole, era perché il Mantong non è altro che... Inglese! La parola ABANDONDEROS altro non è se non un'abbreviazione di ABANDONED DETRIMENTAL ROBOTS, ossia "Robot Nocivi Abbandonati". Lo stesso termine Mantong, che dovrebbe riuscire sospetto a chiunque abbia anche una minima infarinatura di lessico anglosassone, altro non è che MANKIND'S TONGUE, ossia Lingua dell'Umanità. Eppure nessuno se ne accorse. Per tutti era assolutamente naturale che i Lemuriani parlassero una lingua fatta di parole inglesi abbreviate, in cui la struttura pronominale di base è costituita da I "io", U "tu", Y "perché" (pronunciato "why"), etc.


Gli ABANDONDEROS non sarebbero stati robot costruiti dai loro antichi signori, ma esseri in origine umani diventati chissà come marchingegni meccanici a causa della loro malvagità e decadenza. Questo infatti afferma la dottrina di Shaver, che le membra biologiche di un essere rivolto al Male sono destinate a trasformarsi automaticamente in metallo e circuiti a causa del prevalere dei raggi solari nocivi. Al giorno d'oggi, qualsiasi persona sana di mente cestinerebbe simili bizzarrie senza pensarci troppo. Palmer però era troppo avido per lasciarsi sfuggire una simile occasione, così diede inizio a una serie di pubblicazioni di questo materiale su Amazing Stories. Il primo episodio comparve sul numero di marzo del 1945 con il titolo "I REMEMBER LEMURIA" (Io ricordo Lemuria), e fu seguito da altri, tra cui "THE RETURN OF SATHANAS" (Il Ritorno di Sathanas). Le descrizioni degli ABANDONDEROS erano dense di particolari raccapriccianti ed esplicitamtente pornografici. A quanto fu scritto, questi automi diabolici non si limitavano a vagare nella Terra Cava. Essi spiavano invece attivamente i terrestri, intrudendosi nelle loro vite ed effettuando non pochi rapimenti a scopo di stupro, di tortura e di macellazione. Le loro prede preferite erano guardacaso di sesso femminile: queste affascinanti vittime venivano condotte negli antri oscuri del sottosuolo, penetrate in tutti i modi possibili dai giganteschi organi copulatori degli aguzzini robotici e infine ridotte a cibo. Ogni evento che funestava la vita della Nazione fu attribuito agli automi sotterranei. Tramite un potere chiamato TELAUG, ossia TELEPATHIC AUGMENTATION, gli ABANDONDEROS erano in grado di controllare le vite di milioni di persone piegandole al loro volere, mentre il SEX-SLIM era descritto come una specie di raggio elettromagnetico a cui veniva attribuita la capacità di porre la gente in uno stato di perenne eccitazione sessuale e di violenza. Le vendite della rivista schizzarono alle stelle. Fu un successo mai visto a memoria d'uomo. Le rivelazioni di Shaver non venivano però considerate come un semplice racconto di science fiction. Venivano intese alla lettera. Presto si moltiplicarono gli episodi di donne che avevano attacchi di panico perché temevano di essere possedute carnalmente dagli ABANDONDEROS. Si scatenò il panico. I livelli furono tali che ne nacquero vere e proprie epidemie di schizofrenia. Ogni recesso domestico poteva celare un diverticolo attraverso cui gli automi malefici potevano introdursi nottetempo. La redazione di Amazing Stories arrivò a ricevere 50.000 lettere al mese, tutte da persone che affermavano con estrema pervicacia di aver avuto contatti con i robot deleteri. In molte città furono fondati degli "Shaver Mystery Club", e l'argomento guadagnò persino spazio anche nei media mainstream, inclusa una menzione su Life.

Tutta questa diffusione del Mistero Shaver non poteva però durare indefinitamente senza che qualcuno si opponesse. Molti fan della genuina fantascienza protestarono contro tali basse speculazioni, e si cominciò a parlare dell'Imbroglio Shaver. Per il visionario della Pennsylvania iniziò così una parabola discendente. Non appena le vendite di Amazing Stories cominciarono a dare segnali inequivocabili di flessione, lo stesso Palmer finì con il dissociarsi, ritornando a pubblicare racconti fantastici. Correva l'anno 1948. Echi dell'accaduto perdurarono in ogni caso ancora per lungo tempo. Sul finire degli anni '50 c'erano ancora Shaver Mystery Club attivi, e in alcuni programmi radiofonici i deliranti contenuti sugli ABANDONDEROS erano ancora menzionati. Palmer sostenne sempre l'autenticità delle narrazioni di Shaver, pur proponendole a un pubblico ristretto sul periodico The Hidden World. Quando nel 1971 fu diffusa la notizia che Shaver era stato rinchiuso in una clinica psichiatrica, Palmer arrivò ad affermare che le sue esperienze erano in ogni caso valide: se egli non visitò fisicamente la Terra Cava, poté tuttavia esplorarla per mezzo della proiezione astrale mentre il suo corpo giaceva nella camicia di forza in una cella dalle pareti imbottite. Richard Shaver negli anni '70 viveva nell'oscurità, perdendo tutto il suo tempo alla ricerca di fantomatici Libri Pietrificati, ossia scritti fossili redatti in lingua Mantong dagli antichi Lemuriani e Atlantidei. Questi reperti avrebbero subito una completa mineralizzazione e sarebbe stato possibile reperirli negli strati geologici delle montagne d'America. In seguito a rivelazioni telepatiche, il visionario era convinto di poterne trovare alcuni che spiegavano in dettaglio come costruire armi laser non diverse dalle spade di luce di Guerre Stellari. Per molti anni cercò di convincere invano diverse case editrici a pubblicare testi che riportavano fotografie dei reperti da lui trovati. Morì nel 1975.

Shaver era indubbiamente una persona disturbata, in un'epoca in cui la schizofrenia non era ben compresa. Un gran numero di suggestioni fantastiche concorsero in lui a formare per paradosso una mitologia che parve plausibile a molti, perché alimentava il fuoco del panico. Tra gli elementi più notevoli c'è la leggenda della Terra Cava, unita al terrore della degenerazione genetica. Nella descrizione dell'insaziabile brama sessuale degli automi si possono cogliere persino accenni di pornografia streicheriana. Per certi versi, si può persino leggere la narrazione del visionario pennsylvano come una metafora sul potere manipolatorio dei media, già allora notevole. In buona sostanza si tratta di fantascienza fatta passare per realtà dalle macchinazioni di un editore con pochi scrupoli. Quello che più dovrebbe sorprendere è invece la rapidità e la vastità del contagio psicotico che si è originato da queste letture solo per il fatto di essere state descritte come realtà. Persino gli oppositori, i membri dei club anti-Shaver, non hanno fatto altro che deridere l'intera storia della Lemuria sotterranea, senza addurre alcuna argomentazione per confutare la realtà del Mantong - cosa che sarebbe stata più logica.

Penso sia poi il caso di riportare menzione della mostra organizzata da "The Pasadena City College Art Gallery" dedicata ai lavori di Stanislav Szukalski (1893-1987) e di Richard S. Shaver, intitolata "Mantong e Protong". Si è svolta a Pasadena dal 9 ottobre al 14 novembre 2009 e le è stato dedicato anche un gruppo in Facebook, ormai inattivo. La mostra comprendeva disegni, dipinti, sculture, dipinti, pubblicazioni rare e interviste registrate. Esistono diversi blog e siti dedicati all'argomento.

giovedì 22 giugno 2017


I MORTI VIVENTI:
STORIA E SOLUZIONE DI UN ENIGMA

Un primo passo verso la comprensione dell'Oscurità 

Dietro ogni leggenda si nasconde un nucleo anche vago di verità. In alcuni casi è però possibile andare oltre il campo delle supposizioni e dimostrare scientificamente l'esistenza della causa prima che ha generato il mito. Un esempio è quello degli zombie, che tutti conosciamo come Morti Viventi, protagonisti di centinaia di film horror al pari dei vampiri e di altre creature delle Tenebre.

La miglior definizione è quella data dal libro Voodoo (1959) di Alfred Metraux, secondo il quale gli zombie sono quelle persone "la cui morte non solo è stata appurata, ma che sono state sepolte da tempo... e che improvvisamente ricompaiono, magari anche dopo anni... in una condizione di vita completamente obnubilata, come se fossero inconsapevoli idioti".

A chi non è familiare il modo quasi robotico di camminare di questi cadaveri rianimati? È in ogni caso ovvio che la massima parte della popolazione releghi queste narrazioni nel regno della superstizione, come ubbie generate dall'ignoranza degli schiavi africani deportati nel Nuovo Mondo. Haiti è il centro di diffusione di quella che a prima vista parrebbe solo una singolare credenza.

Seabrook, ne "L’isola magica" (1929), racconta: «La luna piena saliva lentamente nel cielo, sbiancando le colline e le piantagioni di  cotone, ed io me ne stavo seduto davanti alla porta di casa con Costantino Polinice, un fittavolo haitiano, a parlare di demoni, licantropi e vampiri. Il discorso cadde sugli zombi. Avevo sentito dire che lo zombi è un corpo privo di anima, clinicamente morto, che riacquista magicamente un’apparenza di vita puramente meccanica; un cadavere che agisce, si muove, cammina come se fosse vivo, grazie alle arti di uno stregone. Questi sceglie un cadavere sepolto di fresco che non abbia ancora avuto il tempo di decomporsi e lo sottopone ad una specie di galvanizzazione. Poi lo asservisce sia per fargli commettere qualche delitto, sia per affidargli, come capita più sovente, lavori agricoli o domestici pesanti. Non appena il morto accenna a rilassarsi, questi lo bastona come una bestia da soma. Quando ne parlai a Polinice, il mio scettico amico mi rispose: 'Creda a me, non si tratta di una superstizione. Fa parte purtroppo dei nostri usi e costumi. Sono cose vere ad un punto che voi bianchi non sospettate neppure. Lei non si è mai chiesto perché i contadini più poveri seppelliscono i loro morti sotto massicce torri di muratura? Che altro motivo vuole che ci sia se non quello di difendere i propri morti?'»

Per comprendere la natura e la formazione di tale macabro contesto, occorre dare qualche cenno di storia. L'isola di Hispaniola, di cui Haiti rappresenta la porzione occidentale, fu scoperta da Cristoforo Colombo nel 1492 e colonizzata dagli Spagnoli. Le genti indigene, della stirpe degli Aruachi, furono in parte sterminate e in parte ridotte in una durissima schiavitù. Incapaci di sopportare le fatiche della vita nelle miniere, si estinsero nel giro di poche generazioni. Si rese così necessario importare schiavi dall'Africa. Nel XVII secolo ebbero luogo nuovi flussi migratori: nel 1697 la parte occidentale dell'isola fu ceduta ai Francesi.


Sotto i Francesi le condizioni in cui vivevano gli schiavi erano disumane come lo erano state sotto gli Spagnoli. I neri venivano governati con pugno di ferro sotto la costante minaccia di torture raccapriccianti. Ad ogni minima insubordinazione venivano straziati e uccisi senza esitare nei modi più atroci e raffinati. Potevano essere inchiodati ad alberi, e dopo essere stati cosparsi di melassa, lasciati spolpare da eserciti di formiche giganti. Particolarmente in auge era il cosiddetto "scoppio dell'asino nero": l'intestino retto del condannato veniva riempito di polvere da sparo, alla quale veniva dato fuoco tramite una miccia. Ci si può immaginare cosa restasse della vittima. I Francesi assistevano volentieri a questo truculento spettacolo, tra risa di scherno. Non ci vuole molto a capire il doppio senso, il gioco di parole tra "asino nero" e "ano nero".

Una simile vita era peggiore della morte, così non erano in pochi a rischiare tutto nel tentativo di fuggire. In molti casi l'impresa riusciva, e i fuggitivi, chiamati Maroons, trovavano rifugio in luoghi inaccessibili dell'interno, in valli isolate in cui il potere dell'uomo bianco non arrivava. In queste aree avevano preso forma comunità nelle quali fioriva la religione Voodoo, libera dall'oppressione delle autorità cattoliche.

Si narra la storia di Macandal, uno schiavo nato in Guinea (Africa) nel 1728, che deportato ad Haiti finì con un braccio stritolato da una pressa in un'industria per la produzione dello zucchero. Fuggito sui monti, trovò rifugio presso i Maroons, ai quali aveva insegnato l'arte dell'avvelenamento. Si faceva chiamare il Messia Nero, e predicò la ribellione contro il potere dell'oppressore francese. Come conseguenza, ci fu un'orrida strage di bestiame e molti coloni furono uccisi allo stesso modo. Tradito, Macandal fu processato e condannato al rogo. Questa condanna non risolse il problema: nonostante il suo corpo fu in effetti consumato dalle fiamme, si diffuse la voce che il mago fosse riuscito a ingannare gli esecutori e a fuggire grazie alle sue arti arcane. Questo episodio ebbe conseguenze durature: non soltanto portò all'inoculazione di germi rivoluzionari tra i Maroons, ma ebbe come conseguenza anche la scoperta di una portentosa mistura.


La prima ad intuire la verità fu una studiosa, Zora Neale Hurston, che nel 1936 trovò nella valle haitiana di Artibonite una donna nuda che vagava in stato di automatismo, del tutto priva di memoria. Dalle indagini fatte, risultò che la donna era morta all'età di 29 anni e che era stata seppellita. Ricoverata in ospedale, fu descritta dalla studiosa come una donna "dal viso pallido, gli occhi morti, le palpebre bianche come se fossero state bruciate dall'acido". 

Non ci potevano essere dubbi: delle persone effettivamente tornavano in vita dopo il trapasso, in una condizione che poteva essere descritta come un incubo perpetuo. In seguito ad alcune voci raccolte, avanzò l'ipotesi che a indurre uno stato simile alla morte fosse l'effetto di un qualche veleno. A causa del clima di omertà alimentato dal terrore, non fu comunque in grado di trovare persone disponibili a comunicarle informazioni più accurate.

Ritornata in patria, la Hurston fu accolta dalla comunità scientifica in modo glaciale: avendo violato i dogmi del positivismo venne bollata come "un po' troppo superstiziosa". Aveva riportato quanto aveva visto, eppure i suoi colleghi non solo non cercavano di trovare una spiegazione razionale a questi fatti, ma non li credevano affatto veri.

Eppure il suo maestro, Metraux, giunto ad Haiti per indagare, si imbatté lui stesso nei Morti Viventi. In un'occasione incontrò un sacerdote della religione Voodoo, un houngan. Aveva l'aspetto di un nano dalla lunga barba bianca, e lo aveva invitato a casa sua. Qui i due vennero a un'accesa discussione sul reale potere di una formula magica chiamata wanga. Per vincere lo scetticismo dell'americano, l'houngan fece un cenno, e uno zombie entrò dalla porta. In questo cadavere deambulante, riconobbe un amico del luogo, un certo M. Celestin, che era morto da più di 6 mesi. Lo zombie protese le sue mani e prese gli occhiali dell'uomo in preda al terrore, e come questi cercò di riprenderli, il nano glielo proibì, dicendo che "non c'è nulla di più nefando e pestifero di dare o prendere un qualsiasi oggetto dalle mani di uno zombie, un morto vivente". Gli rivelò che M. Celestin era stato ucciso da una formula di morte di un potente mago malvagio, un bokor, che resolo zombie glielo aveva poi venduto per venti dollari come schiavo. Metraux riportò anche altri casi nel suo libro, ma non fu mai in grado di fornire una spiegazione. In preda all'inquietudine, non poteva far crollare il suo mondo di certezze illuministe, così liquidò l'accaduto come pura e semplice superstizione.

Ci vollero molti anni perché l'ipotesi della Hurston fosse ripresa da uno studioso canadese, Wade Davis, che per primo fu in grado di identificare alcune componenti del veleno utilizzato nel processo di zombificazione. In due libri memorabili ha raccolto le conoscenze acquisite: "The Serpent and the Rainbow" (1985) e "Passage of Darkness: The Ethnobiology of the Haitian Zombie" (1988).

Anche se non fu in grado di impossessarsi della ricetta completa della mistura, Davis ne poté comunque fornire un campione a una casa farmacologica per un'analisi approfondita. I princìpi attivi sono quelli contenuti nella pelle del rospo Bufo marinus (la bufotenina), nelle viscere del pesce palla (tetradotossina) e in una pianta cosmopolita, la Datura stramonium, che le tradizioni locali associano ai Morti Viventi. Alla droga vengono aggiunte dai bokor diversi ingredienti inutili ma creduti magicamente potenti, come terriccio di cimitero e penne di gallo nero ridotte in cenere. Non appena la vittima viene a contatto con il veleno, subisce una serie di lesioni cerebrali e cade in uno stato di catalessi. A questo punto viene dichiarata morta e inumata. Non è raro che l'intossicato sia consapevole di quanto gli sta accadendo, ed assista con lucidità alla propria sepoltura senza poter muovere un muscolo. I bokor fanno attenzione a inserire nella fossa un tubicino per assicurare alla vittima la respirazione. Quindi nel corso di rituali notturni, la riesumano e le somministrano un antidoto di composizione ignota. Tra il terrore generale dei partecipanti, ecco che la persona data per morta si anima!

Ogni aspetto della tradizione haitiana trova una spiegazione. In particolare la tetrodotossina possiede una curiosa proprietà: blocca i canali submicroscopici che consentono il passaggio degli ioni di sodio attraverso le membrane delle cellule nervose e muscolari. Questo blocco ionico impedisce le attività muscolari. Si produce così una paralisi del sistema muscolare e una depressione del sistema nervoso. Ha un fondamento anche la prescrizione di evitare di somministrare agli zombie il sale in qualsiasi forma: l'aumento della concentrazione di ioni di sodio si opporrebbe al blocco ionico indotto dalla tetrodotossina. La bufotenina, contenuta in grande quantità nella pelle e nelle ghiandole salivari del Bufo marinus, diminuisce le pulsazioni del cuore, aumentando al contempo la pressione sanguigna. 

Eppure, nonostante tutte queste prove scientifiche, esiste ancora chi usa un insano scetticismo, arrivando in modo assurdo a ritenere la zombificazione un "fatto culturale", e i Morti Viventi semplici vagabondi e minorati mentali.

Segnalo infine l'articolo 246 del Codice Penale Haitiano, che fa esplicito riferimento agli zombie:

"Si considera attentato per avvelenamento alla vita di una persona, qualsiasi impiego che si faccia contro di lei di sostanze che, senza dare la morte, possano produrre uno stato letargico più o meno prolungato, e questo senza tener conto del modo di utilizzo di suddette sostanze o del suo conseguente risultato. Se in seguito di questo stato letargico la persona è stata inumata, il fatto sarà ritenuto assassinio".

domenica 18 giugno 2017


L'ENIGMATICA SCIMMIA DI DE LOYS 

Nel 1917 Il geologo François de Loys condusse una spedizione alla ricerca di giacimenti di petrolio nei pressi del Lago di Maracaibo, nella zona di confine tra Venezuela e Colombia. La spedizione si protrasse per diversi anni tra difficoltà quasi insormontabili, subendo attacchi da parte degli Indios Motilones. Il gruppo di De Loys alla partenza constava di venti persone, ma a causa dell'ostilità degli autoctoni i superstiti furono solo quattro. Nel 1920 avvenne un fatto eccezionale: in prossimità del Rio Tarra gli uomini di De Loys furono attaccati da due grosse scimmie antropomorfe. Erano così aggressive e gigantesche che all'inizio furono scambiate per orsi. Una delle due creature, probabilmente un maschio, si mise a urlare e a scagliare contro gli uomini i propri escrementi. La materia fecale, evidentemente infetta, mandava un fetore insopportabile. Reagendo a questo assalto, gli esploratori fecero fuoco abbattendo un animale, la femmina.  De Loys capì subito che c'era qualcosa di strano: la scimmia uccisa aveva caratteristiche molto peculiari che non si incontravano negli altri primati della regione. Non aveva coda, in contrasto netto con ogni specie conosciuta di scimmia americana. La sua altezza era di 1,57 metri, e furono contati ben 36 denti, mentre le scimmie platirrine del continente hanno ne hanno soltanto 32. La carcassa, che aveva il collo spezzato, fu collocata su una cassa e il suo capo fu tenuto sollevato grazie a un lungo bastone, in modo che fosse possibile fotografarla meglio. L'animale fu rasato perché fosse possibile avere un'idea più esatta della sua corporatura e della sua struttura muscolare. Di tutte le fotografie fatte, ne sopravvisse una sola. A quanto pare le altre andarono disperse nel corso di un'inondazione o durante l'attraversamento di un fiume.

La fotografia sopravvissuta fu pubblicata su molte riviste in Francia e in Inghilterra. Il caso destò l'interesse dell'antropologo George Montandon, che propose per il misterioso animale un nome scientifico: Ameranthropoides Loysi, ossia Ominide Americano di De Loys. Subito divamparono le polemiche. Montandon fu ritenuto inaffidabile con argomentazioni ad hominem: siccome era stato condannato per spionaggio come traditore della sua patria, ogni cosa da lui detta doveva necessariamente essere priva di valore o mendace. Alcune sue affermazioni di stampo razzista non fecero che confermare questa impressione. Si raccolsero dichiarazioni dell'inaffidabilità dello stesso De Loys, che sarebbe stato un gran burlone. Secondo un certo Enrique Tejera, De Loys avrebbe ricevuto in dono una scimmietta dalla coda affetta da ulcere in suppurazione. Avrebbe così ordinato l'amputazione della coda del povero animale e la cauterizzazione della ferita. Come conseguenza di questi traumi, la scimmietta sarebbe morta di lì a poco, e De Loys avrebbe fatto fabbricare una cassetta in miniatura, alterando i riferimenti per far sembrare la foto quella di un primate colossale.

Alcuni scettici ritengono che la scimmia di De Loys fosse una comune scimmia ragno. Va però detto che ci sono significative caratteristiche nella morfologia che rendono l'ipotesi scettica difficilmente credibile. Michael Shoemaker puntualizza differenze nella massa del corpo, nella forma delle mani, della faccia e della fronte. La faccia delle scimmie ragno è triangolare, quella della scimmia di De Loys è ovale. Qualcuno ha notato che in Brasile viveva un tempo una scimmia ragno gigantesca, Protopithecus brasiliensis, della quale sono stati rinvenuti resti fossili, compreso uno scheletro completo. Protopithecus brasiliensis, che si è estinto 10.000 anni fa circa, aveva dimensioni doppie rispetto a quella delle scimmie ragno attuali. Tuttavia va notato che non si trattava di una scimmia antropomorfa; inoltre anche da una sommaria analisi, la forma del cranio risulta del tutto diversa da quella del primate di De Loys.

Una nuova spedizione in Venezuela fu fatta da americani nel 1991. Ad alcuni nativi fu mostrata la foto della scimmia di De Loys, ed essi la riconobbero subito come appartenente ad una bestia da loro chiamata mono grande (grande scimmia). Si attende la cattura di un animale vivo per porre fine a questo annoso mistero.

Riporto l'immagine di una scimmia ragno e quella del teschio del suo parente fossile, perché sia a tutti possibili fare un confronto.


 

Per finire, non posso fare a meno di notare un dettaglio a cui nessuno sembra aver fatto caso: la scimmia di De Loys ha tra le gambe un'appendice che potrebbe essere il pene, anche se gli esploratori riferirono che l'animale era una femmina. Tra l'altro, non può trattarsi per la sua posizione di un'ipotetica coda amputata. 

OLIVER LO SCIMPANZUOMO

Oggi voglio raccontarvi la storia di Oliver, il primo ibrido tra uomo e scimpanzé di cui si abbia notizia.

Nel lontano 1960 Frank e Janet Berger acquistarono un giovane scimpanzé di circa due anni, nato nello Zaire (ex Congo Belga). Subito si accorsero della stranezza dell'animale: sia la sua struttura fisica che il suo comportamento erano eccezionali per un primate. La scimmia infatti aveva una postura eretta e si trovava più a suo agio con compagni umani che con quelli che avrebbero dovuto essere i suoi simili. Fu educato a indossare abiti umani, a usare la tazza del water per evacuare i suoi reflui e a pulirsi il deretano con la carta igienica. Sedeva a tavola, usando con perfetta maestria le posate. Sapeva persino cucinare e spingere carriole. Guardava la televisione sorseggiandosi tranquillo dei cocktail. Ma la cosa che più fu causa di stupore era il suo comportamento sessuale. Quando raggiunse la maturità, Oliver dimostrò subito un'invincibile attrazione per le donne, le preferiva di gran lunga alle femmine della sua specie. Come vedeva una donna si masturbava furiosamente e le faceva pesanti avances, esibendole i suoi genitali in erezione. Janet Berger fu traumatizzata da questo comportamento, perché Oliver cercava costantemente di accoppiarsi con lei. Presto fu chiaro che lo scimpanzé era una grave minaccia per Janet, che decise di venderlo. Diversi testimoni garantirono che gli approcci Oliver con Janet erano autentici tentativi di stupro e non semplici esibizioni pagliaccesche. Alcuni giurarono che il libidonoso primate non emanava dal suo corpo il fetore tipico degli altri scimpanzé.

Non appena fu venduto ad un addestratore professionista di nome Miller, Oliver iniziò una portentosa carriera. Illuminava tutti con i segni di un'intelligenza chiaramente umana. In seguito passò a Ralph Helfer, gestore di un parco tematico in California.

Sorpresi da tutto questo, molti iniziarono a costruirci teorie. Per alcuni Oliver doveva essere il celebre "anello mancante" ipotizzato da Darwin, altri pensarono che fosse invece il frutto di qualche esperimento genetico. Si sapeva che Mengele aveva dichiarato a molte sue prigioniere di averle ingravidate con lo sperma estratto da scimpanzé, e all'epoca non si sapeva ancora che il medico nazista bluffava: le sue si rivelarono tecniche di raffinata violenza psichica. Furono fatti diversi test genetici, ma i risultati ottenuti si rivelarono contrastanti - a mio parere a causa dell'ottusità di un mondo scientifico così schiavo dei pregiudizi. A una prima analisi, Oliver rivelò un corredo composto da soli 47 cromosomi, uno in meno dei normali scimpanzé e uno in più degli esseri umani. Un secondo test effettuato all'Università di Chicago dichiarò invece, con infinita pruderie, che il sospetto ibrido avrebbe invece avuto 48 cromosomi. Il Dottor David Lebletter scrisse che "La presenza di 47 cromosomi nel suo DNA può essere spiegata come un'interpretazione errata dei dati, o semplicemente una rappresentazione schematica modificata". La dottrina soggiacente è la stessa usata dagli scettici ad oltranza che vedendo un oggetto inspiegabile in cielo sbottano "è un pallone sonda". Qualsiasi cosa sia, avesse anche la forma di un sigaro o di un rombo composto da luci separate, deve essere un pallone sonda - così come per i villici di distretti isolati deve essere la Madonna.

Qualche scienziato più moderato ha fatto invece notare come siano nati altri scimpanzé bizzarri con caratteristiche simili a quelle di Oliver, formulando l'idea che si debba trattare di una nuova specie o sottospecie del tutto naturale.

Sono convinto che Oliver sia il prodotto di un coito ferino tra uno scimpanzé maschio e una femmina umana. Infatti il rapporto tra un maschio umano e una femmina di scimpanzé darebbe più difficilmente frutto, per via della diversa struttura dell'utero. Se i cavalli montano le asine dando origine ai bardotti, se gli asini montano le cavalle dando origine ai muli, perché mai non dovrebbero essere possibili ibridi uomo-scimmia? Le differenze di corredo genetico tra uomo e scimpanzé sono molto minori di quelle che sussistono tra animali come cavalli e asini, cavalli e zebre, tigri e leoni, CHE PRODUCONO SICURAMENTE IBRIDI! E si badi bene, non sto parlando di esperimenti, di inseminazioni in vitro: parlo invece di copule! Il problema è che il mondo scientifico, che è corrotto, teme di rivelare questi arcani, per paura di rappresaglie da parte del mondo religioso!

Voglio mostrare che l'universo è una fornace di orrori e di miserie insopportabili! Voglio distruggere i dogmi buonisti della società cattolicizzata! Voglio dimostrare che l'uomo non fu fatto a immagine e somiglianza di Dio, ma di Satana! E se è possibile fecondare un ventre umano con lo sperma di esseri subumani, questo dimostra l'origine diabolica, non divina, del corpo e della fecondità!

Riporto le vibranti parole di Lovecraft, tratte da "La verità sul defunto Arthur Jermyn e la sua famiglia" e capaci di illuminare questa tenebra:

La vita è una cosa orribile e dietro le nostre esigue conoscenze si affacciano sinistri barlumi  di verità che la rendono ancora più mostruosa. La scienza, già oggi sconvolgente nelle sue terribili rivelazioni, rappresenterà la fine della razza umana - ammesso pure che siamo una specie autonoma - quando fornirà alla nostra mente la chiave di orrori insopportabili che un giorno dilagheranno nel mondo. Se sapessimo ciò che veramente siamo, dovremmo seguire l'esempio di Arthur Jermyn: e Arthur Jermyn si cosparse di benzina e si diede fuoco nel cuore della notte.

mercoledì 14 giugno 2017


UNA PERDITA GRAVISSIMA

Preziosa raccolta di vasellame etrusco polverizzata per errore da una squadra demolizioni

“Una perdita gravissima per il patrimonio culturale del Paese”: così ha dichiarato, trattenendo a stento le lacrime, il professor Berardi Gasperini dell’Università di Tor Bella Monaca. “A causa di un malaugurato disguido, i demolitori hanno minato l’edificio sbagliato, il Museo delle Antichità Etrusche, anziché il fatiscente palazzo attiguo”. L’esplosione ha letteralmente cancellato dalla faccia della terra migliaia e migliaia di cocci, anfore e pitali sbrecciati d’inestimabile valore, recuperati nel corso degli scavi archeologici condotti dall’Unità d’Italia ad oggi. Appresa la notizia, la direttrice del Museo professoressa Maddalena Serri, in vacanza studio a Capo Verde, è stata colta da malore. In un comunicato, la Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per il Comune di Roma ha annunciato che “Nessuno sforzo sarà risparmiato per riportare in vita la prestigiosa sede museale e i miseri rimasugli delle collezioni in essa custoditi”.

Pietro Ferrari, aprile 2017

lunedì 12 giugno 2017


STRANO INTERLUDIO 

Una vasta catacomba: questo sembra l’auditorium del Cidis, il Consorzio Interuniversitario per il Diritto allo Studio di Milano. Dopo alcune ore di permanenza in quel locale sotterraneo rischiarato da luci opache, ore trascorse all’ascolto di una relazione sulla “Piattaforma per la certificazione dei crediti ed il monitoraggio dei debiti”, chiunque sarebbe colto da una profonda sensazione di tedio. Il brio dell’oratore, titolare di uno studio tributario, appare del tutto ingiustificato vista la desolante aridità degli argomenti trattati.
Nel corridoio limitrofo all’auditorium è stato allestito un buffet con generi di conforto. Riconosco una delle hostess: era presente a un convegno svoltosi l’anno scorso, ma la ricordavo bionda. Anche lei pare rammentarsi di me. Apprendo dalla sua viva voce che non lavora abitualmente nel settore del catering, ma svolge attività di mediazione culturale presso un centro d’accoglienza in Valtellina. Non senza sorpresa scopro che è tunisina, originaria di Sousse (Susa), località presso cui, nel giugno del 2015, gli islamisti assassinarono decine di turisti alloggiati in un hotel.
A un tratto, chiede di poter fare “una foto ricordo” accanto a me, ed io acconsento.
Chissà, forse la foto confluirà nel database dei servizi segreti tunisini.

Pietro Ferrari, giugno 2016

sabato 10 giugno 2017

DIPARTITE 

Alle dieci e quaranta del 30 giugno 2016, nel bel mezzo dell’ultima lezione del corso di Letteratura apoftegmatica, il professor Fabbri fu colpito da un ictus cerebrale fulminante: impallidì di colpo e si accasciò al suolo senza vita. Dal pubblico di studenti presenti in aula si levò un mormorio di sgomento. I giovani esitarono ad accostarsi al vegliardo, temutissimo a causa del suo carattere dispotico. L’accademico aveva assunto al momento della caduta la posizione caratteristica dei cadaveri composti nelle bare: braccia distese lungo i fianchi, gambe diritte. Si verificò un incidente curioso e inesplicabile: un merlo, introdottosi nell’aula dal lucernario, si posò sulla fronte dell’accademico e gli beccò il naso. Dopo un quarto d’ora sopraggiunse un’ambulanza: il personale dopo aver constatato il decesso del professore decise di non rimuoverne il corpo, la cui stazza pachidermica avrebbe richiesto come minimo l’utilizzo di un paranco. Si convenne di lasciare l’ingrato compito all’impresa di pompe funebri, già allertata. Gli studenti abbandonarono speditamente l’aula. All’arrivo dei necrofori, l’ambulanza prese il largo. I portieri dell’università, individui dall’aria patibolare, furono allontanati con modi spicci. Fatto ciò, i necrofori si misero all’opera. La salma del professor Fabbri fu fatta rotolare su un materasso gonfiabile analogo a quelli utilizzati dai pompieri, che fu poi gonfiato mediante un compressore, quindi venne deposta in un feretro collocato su un carrello elevatore elettrico porta barelle, e di qui fatta scivolare nel vano dell’auto attrezzata per il trasporto. Tutto si svolse celermente e senza intoppi. La moglie, in vacanza studio a Capo Verde con un’amica, raggiunta telefonicamente dal vicerettore, lanciò grida acutissime, assordanti, placandosi solo in seguito alla promessa di una cerimonia funebre suntuosa a spese dell’ateneo. Dopo meno di un’ora, sul cortile della facoltà di Lettere calò il silenzio.

Pietro Ferrari, giugno 2016

mercoledì 7 giugno 2017


I FRATTALI SONO INFINITI!

La legge della potenza implica che, se si ingrandisce una parte di una rete fluviale, si ottiene un modello molto somigliante all'insieme generale. In altre parole, la rete non è complessa come appare. Innumerevoli accidenti rendono ogni sistema fluviale unico, e tuttavia ciò che accade su una certa scala è sempre strettamente connesso con ciò che accade su un'altra. Tale caratteristica, che rivela come nella struttura di tutte le reti fluviali sia insita una fondamentale semplicità, è definita autosimilarità, e strutture di questo tipo sono chiamate a volte frattali. La legge della potenza è importante perché, in sostanza, mostra come anche in un processo storico influenzato da probabilità casuali possano emergere dei modelli simili a leggi. In quanto universalmente caratterizzate da autosimilarità, le reti fluviali si assomigliano tutte. La storia e le probabilità sono pienamente compatibili con l'esistenza di un ordine e di un modello.
Dunque le scienze storiche sono qualcosa di più di una cronaca. Per spiegare come mai un particolare ramo di un sistema fluviale esista e si trovi dove si trova, forse non si può fare altro che analizzare tutti gli accidenti storici che hanno condotto alla sua evoluzione. Il ramo che ha tratto origine da un violento temporale notturno avrebbe potuto benissimo formarsi altrove. Se la storia potesse ripetersi, il temporale e la sua acqua colpirebbero forse in un altro luogo, conferendo all'intera rete fluviale caratteristiche diverse. Eppure la rete, nel suo compleso avrebbe sempre lo stesso identico carattere frattale e soddisferebbe la stessa legge della potenza, che riflette una struttura autosimilare organizzata globalmente. Questo modello si manifesta ogni volta e, parafrasando Whitehead, mostra "il generale nel particolare e l'eterno nel transitorio".

Mark Buchanan - NEXUS
(Esilio a Mordor, 23/06/2007)

Quello che non si tiene mai in considerazione quando si parla di questi argomenti, è un dettaglio essenziale e imprescindibile della natura dei frattali: l'autosomiglianza o autosimilarità dei frattali non ammette limiti. In altre parole, i frattali sono oggetti geometrici che ripetono la loro struttura su ogni scala, sia nell'infinitamente piccolo che nell'infinitamente grande. A qualsiasi livello li si indaghi, essi mostrano sempre le stesse forme. Quello che Buchanan omette di dire è che, se si usa il rigore matematico, nessun componente della Natura è realmente un frattale. Certo, può essere comodo usare la matematica dei frattali per descrivere i fiocchi di neve o le reti fluviali, ma bisogna tener presente che come si scende a livello atomico, non si ha evidenza alcuna di autosomiglianza. Gli atomi e le particelle subatomiche obbediscono alle leggi della fisica quantistica e mostrano caratteristiche drasticamente diverse dagli oggetti macroscopici. Se noi ingrandiamo un fiocco di neve, a un certo punto non troviamo più una struttura che si ripete: incontriamo le molecole di acqua, formate da atomi di idrogeno e di ossigeno. Non possiamo usare un modello frattale per descrivere gli orbitali degli elettroni e le distribuzioni di probabilità di tali particelle, per non parlare dei nuclei, dal momento che si tratta di realtà che non ripetono la forma e la struttura dell'oggetto macroscopico che compongono. Allo stesso modo, un fiocco di neve è limitato nello spazio e nel tempo. Non ha dimensioni infinite e non ripete se stesso fin oltre i limiti delle galassie! Quindi possiamo dire che quanto sostengono i fautori della natura frattale dei componenti della Natura non corrisponde al vero. Andrebbe sempre specificato che i modelli usati dagli studiosi sono approssimazioni. Sono studi della massima importanza, non posso certo negarlo. Tuttavia, quando Buchanan scrive che una rete fluviale ha un carattere frattale - senza specificare quali sono i limiti del suo assunto - afferma il falso.

lunedì 5 giugno 2017


IL PANTOCRATORE DIGITALE 

Nel World Wide Web non esistono particelle subatomiche e le reti non hanno "livelli di energia", non nell'accezione fisica del termine. Perché parlare allora di condensazione di Bose-Einstein? Questa fu la domanda che posi a Bianconi un sabato pomeriggio del 2000, quando feci un salto all'università per prelevare alcune carte. Mentre lasciavo l'ufficio Ginestra mi comunicò con una certa eccitazione che aveva trovato qualcosa d'interessante.
"Non ho tempo ora, - dovetti risponderle, con mio figlio di quattro anni che mi aspettava in automobile, - ci vediamo lunedì". Condensazione di Bose-Einstein? Quando mai si era sentito parlare di un condensato al di fuori della meccanica quantistica? Bianconi doveva occuparsi del modello a fitness, governato dalle normali leggi della fisica classica: cosa c'entrava la meccanica quantistica con il Web e le reti sociali? Questi erano i pensieri che attraversavano la mia mente nelle due ore di viaggio dalla Notre Dame University a Chicago. Ma il lunedì successivo mi aspettava una sorpresa.
Usando una semplice trasformazione matematica, Bianconi aveva sostituito la fitness con l'energia, assegnando nel modello a fitness un livello di energia a ogni nodo.
Improvvisamente i calcoli assunsero un significato nuovo. Cominciarono a somigliare a quelli in cui si era imbattuto Einstein ottant'anni prima scoprendo il condensato. Forse era una coincidenza, forse non significava nulla, ma fra il modello a fitness e un gas di Bose esisteva in effetti una precisa corrispondenza matematica. A ogni nodo della rete corrispondeva un livello di energia nel gas di Bose; più era alta la fitness del nodo, più il corrispondente livello di energia era basso. I link della rete diventavano le particelle di gas: ognuna assegnata a un determinato livello di energia. Aggiungere un nuovo nodo alla rete è come aggiungere un nuovo livello di energia al gas di Bose; e aggiungere un nuovo link è come introdurre una nuova particella di Bose nel gas.
Nell'ambito di questa corrispondenza formale le reti complesse sono descritte come un immenso gas quantistico, dove i link si comportano allo stesso modo delle particelle subatomiche.
Questa corrispondenza fra le reti e un gas di Bose era qualcosa di decisamente inatteso.
Dopotutto, un gas di Bose è una creatura che appartiene esclusivamente alla meccanica quantistica. È regolato dalle speciali leggi della fisica subatomica, che ammettono una serie di fenomeni controintuitivi senza equivalenti nel mondo macroscopico.  Queste leggi sono molto diverse da quelle che governano le reti incontrate nel corso di questo libro.
I nodi e i link di Internet, per esempio, sono oggetti macroscopici: router e cavi che possiamo toccare, nonché recidere se vogliamo. Nessuno potrebbe credere seriamente che siano governati dalla meccanica quantistica. Eppure per decenni abbiamo considerato le reti come oggetti geometrici appartenenti al rigoroso regno della matematica. La scoperta che le reti del mondo reale sono sistemi dinamici in rapida evoluzione ha coinvolto nello studio delle reti complesse anche i fisici. Forse stiamo per assistere a un ennesimo rivolgimento culturale. In effetti la scoperta di Bianconi indicava che le regole di comportamento di una rete sono identiche a quelle di un gas di Bose. Alcune proprietà delle reti complesse gettano un ponte di collegamento fra il micro e il macrocosmo, con conseguenze tanto affascinanti quanto l'esistenza del collegamento stesso.
La conseguenza più importante di questa scoperta è che alcune reti possono effettivamente subire una condensazione di Bose-Einstein. Anche chi non ha una grande confidenza con la meccanica quantistica può facilmente intuirne le implicazioni: semplicemente, è possibile che in alcune reti chi vince conquisti tutto. Così come nel condensato di Bose-Einstein le particelle si raggruppano al livello di energia più basso lasciando deserti tutti gli altri livelli, in certe reti il nodo con la fitness più alta può accaparrarsi tutti i link senza lasciare nulla algli altri. Chi vince piglia tutto.

Albert-László Barabási - Link, la nuova scienza delle reti
(Esilio a Mordor, 25/06/2007)


Di certo Barabási non comprendeva del tutto dove avrebbero portato gli spaventosi processi in corso, dominati dalle forze immani e funeste che stavano cominciando a plasmare il Web. Quando scriveva era il 2004, l'anno in cui divenni un blogger. Ci volle ancora un po' prima che mi accorgessi dell'esistenza del suo libro e mi immergessi nella sua lettura, traendone grande giovamento. Nel frattempo qualcosa di terribile andava formandosi e diffondendosi, senza che nessuno se ne rendesse conto, fornendo la dimostrazione delle teorie fondate sulla bizzarra associazione tra la fisica quantistica e le proprietà delle reti. Ebbene, Zuckerberg è il prodotto tangibile di una drammatica condensazione di Bose-Einstein! È una singolarità ineliminabile, l'equivalente informatico di un buco nero supermassiccio nel nucleo di una galassia! Scandaglia ogni mente, al punto che la vita di ogni essere umano è per lui un film da acquisire, catalogare e stoccare in archivio, in attesa di farne l'uso che più ritiene opportuno. Quando parlo di queste cose, sono in molti a tremare e a reagire con grande stizza. Ci sono donne che sono prese da crisi isteriche quando sono messe di fronte al fatto che i loro pruriti anali non sono un mistero per Montagna di Zucchero. Eppure le cose stanno così. Nemmeno i politici si salvano dalla volontà di questo giovane Baal sulla Terra. Possiamo citare per esempio il caso di Netanyahu, che strepitava e minacciava a destra e a manca, faceva fuoco e fiamme. Sembrava che stesse per lanciare i missili, avviando la combustione del Medio Oriente, riducendo le nazioni confinanti a inabitabili distese di radionuclidi crepitanti. Non è durata a lungo. Ecco che il Grande Zuckerborg ha inchiodato Bibi, minacciando di rendere noto certo materiale compromettente che lo ritraeva nell'atto di leccare il boccone del prete ad alcune pingui fallofore. Ecco la Nuova Intelligenza scaturita dai nodi e dai link di Internet! 

domenica 4 giugno 2017


DALLA FITNESS AL DOMINIO DI BAAL 

Ci sono persone che sanno trasformare ogni incontro casuale in un rapporto sociale duraturo e aziende che riescono a trasformare ogni cliente in un partner fedele. Certe pagine Web rendono il navigatore schiavo della rete. Che cos'hanno in comune questi nodi della società, degli affari e del Web? Ognuno di loro ha un talento innato, che lo pone davanti a tutti gli altri. Benché sia impossibile trovare la chiave universale del successo, possiamo studiare il processo che separa i vinti dai vincitori: la competizione nei sistemi complessi.
In un ambiente competitivo ogni nodo ha una certa fitness. La fitness è la nostra attitudine a stringere più amicizie rispetto ai nostri vicini; è l'abilità di un'azienda di attirare e mantenere più clienti rispetto ad altre aziende; è la bravura di un attore che lo fa apprezzare e ricordare più di altri; è la capacità di una pagina Web di farci tornare quotidianamente sul suo contenuto anziché su quello di altri miliardi di pagine che si contendono la nostra attenzione. La fitness misura l'abilità competitiva di ogni nodo. Negli esseri umani può essere una questione genetica; per le aziende può dipendere dalla qualità del prodotto e della gestione, per gli attori dal talento, per i siti Web dal contenuto. In una rete possiamo assegnare una fitness a ogni nodo per indicare la sua capacità di competere per i link. Sul Web, per esempio, la fitness della mia pagina è 0,00001, mentre quella di Google è 0,2. Ciò che conta non è la reale grandezza di queste cifre, ma il loro rapporto, da cui si deduce il nostro potenziale d'attrazione nei confronti dei visitatori. Chiunque, infatti, si rende conto che Google è 20000 volte più utile del mio sito personale.
L'introduzione della fitness non elimina gli altri due meccanismi che governano l'evoluzione delle reti, la crescita e il collegamento preferenziale; modifica però il criterio in base al quale qualcosa viene considerata attraente in un ambiente competitivo. Nel modello a invarianza di scala abbiamo assunto che la capacità di attrazione di un nodo era determinata esclusivamente dal suo numero di link. In un ambiente competitivo anche la fitness ha un suo ruolo: i nodi con una fitness più elevata vengono linkati più frequentemente. Un modo semplice per far rientrare la fitness nel modello a invarianza di scala è assumere che il collegamento preferenziale sia guidato dal prodotto tra la fitness del nodo e il suo numero di link. Ogni nuovo nodo decide dove connettersi confrontando il prodotto tra fitness e connettività di ogni nodo disponibile, preferendo quello con un prodotto più alto e, quindi, con una più alta capacità di attrazione. Fra due nodi con lo stesso numero di link quello con una fitness più alta acquisirà nuovi link più velocemente dell'altro. Se due nodi hanno la stessa fitness, tuttavia, il favorito rimane comunque il più vecchio. Questo semplice modello a fitness, in grado di combinare la competizione e la crescita, fu il nostro primo tentativo di spiegare Google. Nato per distinguere velocemente i nodo l'uno dall'altro e dare un'opportunità ai nuovi arrivati, presto rivelò implicazioni più profonde, aprendo nuove prospettive su un'ampia famiglia di fenomeni che non era possibile scorgere in un universo ugualitario e privo di fitness.

Albert-László Barabási - Link, la nuova scienza delle reti
(Esilio a Mordor, 16/06/2007)

Se ci guardiamo intorno, possiamo capire facilmente che i concetti espressi dallo studioso ungherese non bastano più a spiegare la realtà delle cose. All'epoca in cui pubblicavo su Esilio a Mordor citazioni tratte da Link, la nuova scienza delle reti, i suoi enunciati descrivevano molto bene il complesso ecosistema del Web. La colpa principale dell'autore era l'ingenuità: egli credeva davvero che dal magma della Rete delle Reti si stesse autoaggregando un mondo migliore e che la competizione tra i siti fosse una cosa splendida, positiva, costruttiva. Dopo un periodo di tempo irrilevante dal punto di vista storico, vediamo che non c'è più fitness alcuna per i siti personali e per i blog. Ciò che era piccolo ora tende a zero: il mio sito personale non ha nessuna utilità. Ciò che era grande ora tende all'infinito: l'utilità dei Giganti è incommensurabile. Esistono soltanto pochissimi nuclei che sono quasar dell'informazione, come Google e Facebook, e per il resto una distesa infinita di relitti insignificanti. Facebook è il centro assoluto che oscura ogni altra sorgente di luce virtuale, con Zuckerberg che ha raggiunto capacità incredibili e sempre più inquietanti, prossime all'onniscienza, all'onnipotenza, all'onnipresenza. Egli concentra nelle sue mani un potere che nessuno sulla faccia del nostro pianeta ha mai avuto da che vi esiste il genere umano. Egli è il Sommo Dittatore, il Tiranno Assoluto. In questo presente desolante la gente è in preda alle febbri politiche e per questo crede di avere una visuale privilegiata sull'intero Universo: fissata con le proprie categorie obsolete, vede Hitler sotto ogni sasso e lo proietta dovunque, ma ignora che la propria vita è trasparente come il vetro. Dalle proprietà delle reti è nato un mostro che è Baal sulla Terra, è Moloch immanente. Egli arriva dove nessuno degli imperatori e dei despoti è mai giunto: all'interno del nostro cranio! 

venerdì 2 giugno 2017

IRRILEVANZA DEL PAGERANK DEI BLOG

L'algoritmo di Google per la stima del pagerank effettua accurati controlli sulle chiavi di ricerca, per mezzo delle quali si verifica l'accesso a un blog e le confronta con il contenuto dei testi pubblicati. In questo modo si pretende di poter verificare la pertinenza del contenuto delle pagine indicizzate. È ovvio che negli angiporti di Google si usano programmi di traduzione automatica che snaturano ogni parola. Ricordo un testo in cui si parlava di sodomia tradotto in italiano da un servomeccanismo e trasformato in un esilarante resoconto di galli che finivano giù in una botola. Non ho ragione di credere che sia meno assurdo il processo inverso, ossia la traduzione di una pagina dall'italiano all'inglese. È anche possibile che l'Homo Americanus (sottospecie dell'Homo Insipiens) creda davvero, con disarmante ingenuità, a una simile utopia gumpista di perfetta sovrapponibilità di tutte le lingue umane.

Fatte queste premesse, non trovo poi così sconcertante che Esilio a Mordor abbia un Google pagerank bassissimo, di 3/10, anche per merito degli assurdi e molteplici criteri utilizzati per raggiungerlo. Un ringraziamento all'utente che è entrato ieri digitando FOTO DI PAPULE SUL PENE. Ma a cosa serve or della fine questa indicizzazione? Non significa assolutamente nulla, perché è soltanto il prodotto di automi senz'anima e non rende in alcun modo conto di ciò che sente chi legge un qualsiasi contenuto messo online. L'ennesima insulsa forma di marketing, volta a diminuire il livello di realtà dei navigatori impastoiandoli in comportamenti coatti. Per commentare, non ho che da usare un'altra chiave di ricerca che mi è capitato di trovare in questi giorni: NON FU L'ODIO MA LO SCHIFO CHE QUASI DIVORO' LA MIA VITA.
(Esilio a Mordor, 22/11/2007)

A circa un decennio di distanza, possiamo constatare che le cose sono cambiate in modo drastico: nei blog non entra più quasi nessuno tramite ricerche in Google, così il problema del pagerank e del suo calcolo non si pone più. Moltissimi digitano ancora le chiavi di ricerca più bizzarre, ma non trovano interessanti i risultati e non entrano nei blog, considerati la spazzatura di un Web che già di per sé è una cloaca. Le stringhe cercate con Google vengono comunque mostrate nell'apposita pagina di StatCounter, anche se chi le ha digitate non ha effettuato alcun accesso al portale: il sito di statistiche registra infatti tutte le volte che qualcuno ha visto comparire il blog tra i risultati della sua ricerca. In sintesi, si possono visualizzare due colonne nella pagina con i dati degli ingressi: la prima è denominata Impressions (the number of times your website was shown in a Google search results page) e la seconda CTR (Click Through Rate on Google Search Results pages: what percentage of people who were exposed to your website on Google for a given search actually clicked on the result for your website). Mentre le Impressions sono numerose, il CTR è nullo per quasi tutte le voci.

Ecco un sintetico campionario di ricerche che non hanno portato alcuna visita al blog IL FILO A PIOMBO DELLE SCIENZE:  

  • aborigeni australiani telepatia

  • alboino pronuncia

  • antilopi dalle zampe sottilissime

  • barbra streisand che posa nuda

  • camminatore sulle punte idiopatico

  • cognomi vampireschi

  • collare di venere sifilide

  • congrega di politicanti sinonimo

  • coprofilia tra marito e moglie

  • coprofilia treccani

  • d'accapo o daccapo accademia della crusca

  • dick in inglese

  • esame liquido seminale aspetto citrino

  • fellatio significato

  • fumetti violenti pornografici anni 80

  • gallinaceo selvatico

  • gay male scat porn 

  • geco satanico dalla coda a foglia

  • il peggior nemico del triceratopo 

  • il teorema del pappagallo pdf gratis

  • il vampiro e le succhione

  • inno israele barbra streisand

  • inserviente di cucina significato

  • jimmy savile

  • mare splendente fallout wiki

  • marg helgenberger nuda

  • masturbatore pompei

  • orso grolare dimensioni

  • personaggi famosi che soffrono di coprofagia

  • proctologo etimologia

  • prostituta francese

  • quanto durano le uova fresche del contadino

  • ragazzo biondo occhi azzurri blue whale

  • ricchioni dal 1962 dove si trova

  • si friggono con i calamari settimana enigmistica 

  • smegma incrostato

  • spoilerare coniugazione

  • tette delle monache origine

  • turgido significato treccani

  • video amanti napoletani la ragazza ha girato altri due film e pare sia fuggita in germania

  • virginia raggi sex

I flussi informativi, da lungo tempo in agonia, si sono dissipati nello Stagno Termodinamico del Web, lasciando esigue tracce di particelle irriconoscibili, residui di kipple digitale alla deriva nel vuoto. Difficile pensare che da questo tenue spolverio di Nulla si possano rapprendere nuove galassie blogosferiche.