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martedì 12 aprile 2022


CONFUTAZIONE DEL LIBRO
DEL BATTESIMO DI FUOCO 

Un singolare falso di origine massonica, presentato come Regola Segreta dei Cavalieri Templari, circola da qualche secolo. È noto come Libro del Battesimo di Fuoco o Regola Segreta; il titolo completo è Il Libro del Battesimo di Fuoco o riguardo gli Statuti segreti redatti per i Fratelli dal Maestro Roncelinus. Incredibile a dirsi, qualcuno lo ha anche preso sul serio. Lo stesso Runciman, ottimo autore, sembra che l'abbia ritenuto autentico e che abbia pubblicato un libro sull'argomento. Questo a dispetto delle gravi inconsistenze che la Regola in questione contiene. 

Il testo fu ritrovato negli archivi del Vaticano verso la fine del XVIII secolo da Friederich Münter, il vescovo cattolico di Copenhaghen (alcuni riportano nel 1780, altri nel 1794). In quell'epoca la Massoneria fioriva, e documenti di questo tipo venivano chissà come alla luce un po' dovunque. La Regola non mi è nota nella versione originale in latino, ma soltanto in alcune sue traduzioni reperibili in rete, compilate in inglese, in francese moderno e in castigliano. Tuttavia, va notato che queste diverse versioni sono congruenti: in alcuni casi saltano all'occhio grossolani errori di trascrizione che fanno pensare ad un'unica fonte.

Il Libro del Battesimo di Fuoco sarebbe opera di Matthieu de Tramlay e di Robert de Samfort, Procuratore del Tempio in Inghilterra. Secondo quanti lo reputano autentico, dovrebbe risalire al XIII secolo. È diviso in due parti, una formata da 31 articoli e l'altra da 20. La prima parte è la Regola dei Fratelli Eletti (firmata Matthieu de Tramlay), datata 1205, mentre la seconda è la Regola dei Fratelli Consolati (firmata Robert de Samfort), datata 1240. 

Cominciamo ad analizzare il titolo dell'opera. Chi è il Maestro Roncelinus? Il nome è una latinizzazione di Roncelin de Fos. Questo personaggio vive una vita spettrale nel fantomatico cosmo della Disinformazione. Scarse le sue attestazioni in documenti autentici dell'epoca, è poco più di un nome, un capro espiatorio che vegeta rivestito di pixel negli antri cyberspaziali. Mentre è arduo trovare notizie di questo nobile negli archivi, è oltremodo facile imbattersi in una sua menzione in un qualsiasi sito misteriologico.

Secondo la versione più comune, questo Roncelin sarebbe stato testimone degli orrori della crociata di Simon de Montfort, in particolare al massacro di Béziers e alla battaglia di Muret, e avrebbe quindi maturato la convinzione che ad avere la Verità non fosse la Chiesa di Roma, ma la Chiesa Catara. Avrebbe allora cominciato ad importare nell'Ordine Templare gli insegnamenti dei Buoni Uomini. Quest'ipotesi sarebbe tra l'altro difficile da sostenere, dato che anche se si reputasse genuina la Regola degli Eletti, questa sarebbe stata redatta qualche anno prima del bando stesso della nefasta crociata. Siccome sembra che Roncelin de Fos sia nato nel 1198, così quando Montfort cominciò la guerra avrebbe dovuto avere undici anni!  

Dato che molti reputano il documento come la prova del nesso tra Templari e Catari, è necessario passarlo al vaglio. Evidenziamo i punti più contraddittori della Regola degli Eletti.

L'articolo 10 afferma: "Saranno esclusi rigorosamente i discendenti di Arefasto, servitore del Duca di Normandia Riccardo II, che, per suo tradimento, ha causato il martirio di Stefano e di Lisoio a Orléans: chierici o laici, che essi siano esclusi dalla Fratellanza degli Eletti fino alla settima generazione."

I fatti ai quali allude l'articolo 10 sono avvenuti nel XI secolo. Per saperne di più si rimanda all'articolo "Lo strano caso dei Canonici di Orléans". Orbene, se ammettessimo per vero questo testo, dovremmo dedurre che tra i Templari sopravviveva proprio la setta dualista di Stefano di Orléans. Purtuttavia ci sarebbe da chiedersi come mai la Regola non escludesse anche i discendenti del Duca di Normandia e del Re Roberto il Pio che aveva materialmente ordinato il martirio dei Protocatari in questione. Sarebbe anche interessante capire come mai di tutti gli assassini macchiatisi dell'uccisione di Buoni Uomini, soltanto questi meritassero l'interdetto. Visto che il pronipote di un compagno di Ugo di Payns ha perseguitato con ferocia i Catari di Reims nel XII secolo, sembra come minimo profilarsi una certa incoerenza.

L'articolo 11 afferma: "Rituale di ricevimento degli Eletti: giuramento di custodire il segreto dell'Ordine, la minima indiscrezione sarà punita con la morte. L'Iniziatore bacerà successivamente il neofita sulla bocca, per trasmettergli il soffio, sul plesso sacro, che comanda la forza creatrice, sull'ombelico, e infine sul membro virile, immagine del principio creatore maschile."  

Tutto ciò è incompatibile con il Catarismo, che reputa ogni giuramento malvagio, e che identifica nel principio creatore della sessualità il Male Assoluto. Già Stefano di Orléans e Lisoio vedevano nella carne e nella sua generazione la radice dell'universo di Satana, quindi se ammettiamo per vera la Regola, dobbiamo ammetterne anche l'insostanzialità.

Gli articoli 12 e 13 sono di stampo docetista: si afferma che Cristo non è nato, né morto né resuscitato, e si prescrive il calpestamento della croce. Eppure l'articolo 14 definisce Cristo "Figlio di Maria" in netto contrasto con il dogma cataro. Dio viene definito Creatore. Inoltre si afferma: "Noi pieghiamo le ginocchia davanti al Padre di Tutto, dal quale viene la paternità del Cielo e della Terra". Sembra una riedizione del Simbolo di Nicea, che definisce Dio creatore del Cielo e della Terra, di tutte le cose visibili e invisibili. Il Catarismo invece afferma che Dio creò le cose visibili al cuore e invisibili agli occhi.

L'articolo 22 afferma: "È inutile digiunare. Il Templare è esentato dalla quaresima e dagli altri digiuni, ma deve stare attento a non scandalizzare altre persone. Tutto è puro per i puri. Mangiate la carne e ringraziate Dio che vi dona l'abbondanza."  

In questo passo della Regola si rilevano forti influenze del Libero Spirito a proposito del consumo di carne: inutile far notare che tale impostazione è assolutamente incompatibile con il Catarismo. Come si può vedere, queste prescrizioni ricalcano come se fossero fotocopie le dottrine di Amalrico di Bène, quando affermano che tutto è puro per i Puri. Quanto diversa è l'impostazione ideologica rispetto a quanto affermavano i Buoni Uomini! Se per i Catari è inutile che un semplice credente digiuni, per chi ha ricevuto il Consolamentum l'astinenza dalla carne vale sette giorni su sette. Inoltre la dottrina catara afferma che è inutile pregare o ringraziare il Vero Dio per l'abbondanza terrena, perché è Satana che genera il cibo per nutrire il corpo degli uomini.

L'articolo 24 menziona ancora Stefano di Orléans e Lisoio: "Se voi passate da Orléans, andate piamente verso le mura della città dove i gloriosi martiri della Scienza Divina, Stefano e Lisoio, assieme ad altri dieci figli dei nostri Padri, sono stati cremati su ordine del Re, Roberto il Pio, e dei vescovi."  

Quegli stessi Protocatari condannavano il consumo di carne. La loro Scienza Divina era la stessa identica predicata e messa in pratica dai Catari di Reims, non si vede cosa potesse distinguerli.

L'articolo 25 cita Tertulliano, che condannava Marcione e ironizzava raccomandandogli di lasciarsi morire di fame per curare il suo orrore verso il mondo materiale. "Noi laici, non siamo noi stessi dei preti?" Ma per i Catari è il Battesimo di Spirito che fa il Cristiano, mentre il credente è sotto il potere di Satana. Non si capisce perché questi Templari Eletti, se la loro fede fosse davvero stata catara, avrebbero citato Tertulliano, nemico della Conoscenza del Bene, e negato la struttura stessa di ogni società dualista.

L'articolo 28 parla dei libri che la Biblioteca del Tempio deve possedere, citando tra questi gli scritti di Amalrico di Bène, a conferma del già citato articolo 22, e le ritiene "tesori di saggezza". Nessun Buon Uomo avrebbe questa opinione di una qualsiasi opera panteista.  

Passiamo alla Regola dei Consolati.

L'articolo 5 dice: "Voi che siete il vero Tempio di Dio, costruito sulle fondamenta della saggezza e della Santità antiche, sappiate che Dio non fa alcuna differenza tra le persone: Cristiani, Saraceni, Giudei, Greci, Romani, Franchi e Bulgari, perché ogni uomo che prega Dio è salvo."

Il Catarismo afferma il contrario: esiste Salvezza solo nella Chiesa di Dio tramite il Consolamentum. Solo i Catari sono salvi, mentre gli altri o sono demoni (dannati in eterno) o sono esseri umani privi della Conoscenza del Bene (che quindi trasmigreranno finché non rinasceranno Catari). Solo i Buoni Uomini possono recitare il Pater, mentre i non consolati e i cattolici che lo fanno sono in peccato mortale.

Per l'articolo 7, "A voi che siete Santi, tutto è permesso. Nonostante ciò, non dovete abusare di questa licenza."

Questa è ancora una volta dottrina del Libero Spirito, non Catarismo. Un Buon Uomo perde il Consolamentum se rompe un uovo, se si masturba o se ingerisce anche una minima particella di carne. Invece un Templare Consolato sembra che possa abbandonarsi ai piaceri carnali essendo immune dal peccato, proprio come affermava Amalrico di Bène.

L'articolo 8 dice che "Ci sono Consolati in ogni parte del mondo", e cita tra questi "i Buoni Uomini di Tolosa, i Poveri di Lione, gli Albigesi, quelli di Verona e di Bergamo, i Bajolesi di Galizia e di Toscana, i Begardi e i Bulgari".  Inoltre sostiene che "Là dove costruirete grandi edifici, fate i segni di riconoscimento e troverete molte persone istruite da Dio e dalla Grande Arte."

Costruttori, segni di riconoscimento, Grande Arte, siamo in pieno dominio massonico. Sorvoliamo pure sul fatto che Valdesi e Fratelli del Libero Spirito non sono affatto Consolati e le loro dottrine non equivalgono affatto a quella dei Buoni Uomini.

Il rituale del Consolamentum descritto nell'articolo 13 è molto fantasioso e non ha nulla di cataro. Si prescrive la recita di un'antifona tratta dal Deuteronomio, che notoriamente era ritenuto dai Buoni Uomini un testo diabolico. Il giuramento di silenzio, obbedienza e fedeltà è pur sempre un giuramento, e in questa forma non avrebbe mai potuto essere pronunciato.

Articoli 14, 15 e 16: "La prima preghiera è quella di Mosè: Magnificetur, fortitudo Domini..., seguita dalle parole: Dixit que Dominus vivo ego et implebitur gloria Domini universa terra. Quindi il Precettore tagli un pelo della barba, dei capelli e l'unghia dell'indice destro del neofita, dicendo: Servi Dio, e soffrirai più nel tuo cuore che nel tuo corpo in segno dell'Alleanza di Dio con lo Spirito dell'uomo".

Per i Catari Mosè era un demone. Il concetto di Alleanza implica un patto tra forze tra loro incompatibili perché di diversa origine. In questo senso si parla dell'Alleanza tra un popolo della terra e il Dio Straniero (Iehova Satanas).

Naturalmente non poteva mancare qualche menzione di Baphomet. "La terza preghiera detta di Baphomet è quella di apertura del Corano, che porta il nome di Fatiha". L'ipotesi sposata dall'autore del manoscritto è quella che identifica Baphomet con Maometto. Allora come mai si usa la forma alterata del suo nome mentre si riporta correttamente la parola araba Fatiha?  

L'articolo 18 afferma in buona sostanza il Principio della Convergenza delle Fonti Dottrinali, su cui si fonda l'esoterismo massonico: "Il neofita è condotto agli archivi dove gli si insegna la Scienza Divina, di Dio, di Gesù Bambino, del vero Baphomet, della Nuova Babilonia, della natura delle cose, della Via Eterna della Grande Filosofia, Abrax(as) e i talismani."

Curioso è l'articolo 19, che parla esplicitamante dell'Alchimia: "È proibito nelle case in cui tutti i Fratelli non sono Consolati o Eletti di lavorare certi materiali mediante la Scienza Filosofica, e dunque di trasformare i metalli vili in oro e in argento."

Sembra davvero poco credibile che i Cavalieri del Tempio fossero interessati alla fantomatica Pietra Filosofale: l'idea di Templari alchimisti sembra molto più consona all'immaginario del XVIII secolo.

Il testo della Regola è intessuto su anacronismi, incoerenze e luoghi comuni vetusti. Ha in altre parole tutte le caratteristiche di un falso storico di bassa qualità. 

Il nesso tra Catari e Templari è illusorio.  

venerdì 8 aprile 2022


LA CARTA DI LARMENIUS E IL PROBLEMA DELLA CONTINUITÀ OCCULTA DEL TEMPIO 

Sfogliando un dizionario che riporta molte informazioni su società occultiste di ogni genere (Greer, 2008), mi sono imbattuto nella voce Johannes Marcus Larmenius. Su questo argomento l'utile volume riporta quanto segue:  

Secondo le tradizioni elaborate nei circoli massonici francesi di inizio Ottocento, Larmenius, un Cavaliere Templare, fu segretamente nominato Gran Maestro dell'Ordine nel 1314 da Jacques de Molay, l'ultimo Gran Maestro storicamente riconosciuto. 

Larmenius presumibilmente scrisse e trasmise ai suoi successori un documento, la Carta di Trasmissione, che concedeva loro i poteri di Gran Maestro dei Templari. La Carta emerse nel 1804 nelle mani di Bernard Favré-Palaprat, un massone francese, che la utilizzò come base per un ordine templare rinnovato. 

La Carta di Trasmissione è stata esaminata da esperti ed è chiaramente ritenuta essere un falso settecentesco, anche se l'identità del falsificatore non è in alcun modo certa. La Carta è l'unico documento in cui viene citato il cavaliere templare chiamato Johannes Marcus Larmenius, e le prove suggeriscono in modo definitivo che lo stesso Fabré-Palaprat, o il falsificatore da cui ottenne il documento, semplicemente si inventarono di sana pianta la figura di Larmenius. Fatto questo non inusuale nella creazione di storie sulle origini di società segrete. 

(Dal Dizionario Enciclopedico dei Misteri e dei Segreti, di John Michael Greer, pag. 306, edito da Mondadori) 

Il nome di questo misterioso personaggio di pura finzione è in realtà un appellativo derivato da una sua presunta origine armena: è infatti nota anche la variante Jean-Marc de l'Armenie. La forma Larmenius contenuta nel manoscritto implicherebbe un'agglutinazione dell'articolo francese, cosa un po' strana, dal momento che un autore del XIV secolo avrebbe piuttosto usato forme come Armenus o Armeniacus (una variante della seconda in effetti ricorre nella Carta, ma è riferita a due personaggi diversi e forse sta per D'Armagnac). Larmenius è descritto come nato in Palestina da genitori cristiani la cui origine ultima, armena o meno, non è precisata. 

Questo è l'inizio della Carta di Trasmissione, scritta in un latino ineccepibile al punto da sembrare libresco e sospetto: 

"Ego frater Johannes Marcus Larmenius, hierosolymitanus, Dei gratia et secretissimo venerandi santissimisque martyris supremi Templi militiae magistri (cui honos et gloria) decreto, communi fratrum concilio confirmato, super universum Templi ordinem, summo et supremo magisterio insignitus, singulis has decretales litteras visuris, Salutem! Salutem! Salutem! .........Fiat sicut dixi. Fiat! Amen! Ego Johannes-Marcus Larmenius, dedi die decima tertia februari 1324." 

Consultando documenti dell'epoca alla quale la Carta è ascritta dai sostenitori della sua autenticità, troviamo tutta una varietà di  forme bizzarre e sgrammaticate, che spesso ripugnano a chi ha studiato il latino a scuola (ad esempio, molto spesso il dittongo -ae- è ridotto a -e-, compare -y- dove dovrebbe esserci -i- e viceversa, a volte manca la h-, ecc.). 

Il documento contiene una lista di tutti coloro che avrebbero nei secoli ricoperto la carica occulta di Gran Maestro. Johannes Marcus Larmenius avrebbe ricoperto il suo incarico fino al 1324, quindi avrebbe scelto come successore Franciscus Theobaldus (da altri è riportato come Thomas Theobald), che avrebbe retto il Priorato di Alessandria fino al 1340. A questi sarebbero succeduti Arnaud de Braque (1340-1349), Jean de Claremont (1349-1357), Bertrand de Guesclin (1357-1381), Bertrand Arminiacus (1381-1392), Jean Arminiacus (1419-1451),
Jean de Croy (1451-1472), Bernard Imbault (1472-1478), Robert Leononcourt (1478-1497),  Galeatius de Salazar (1497-1516), Phillippe Chabot (1516-1544), Gaspard de Galtiaco Tavanensis (1544-1574), Henri de Montmorency (1574-1615), Charles de Valois (1615-1651),  Jacques Ruxellius de Granceio (1651-1681), Jacques Henri Duc de Duras (1681-1705), Phillippe, Duc d'Orleans (1705-1724), Louis Augustus Bourbon (1724-1737), Louis Henri Bourbon Conde (1737-1741), Louis-Francois Bourbon Conti (1741-1776), Louis-Hercule Timoleon, Duc de Cosse Brissac (1776-1792), Claude-Mathieu Radix de Chavillon (1792-1804), Bernard Raymond Fabre Palaprat (1804-1838). 

Cosa possiamo dedurre da questa lista? Innanzitutto mi balza agli occhi un membro di una famiglia legata alla stirpe di Simon de Montfort, la cui moglie aveva il cognome De Montmorency. Un'altra cosa notevole è una lacuna nella successione tra Bertrand Arminiacus e Jean Arminiacus: il primo avrebbe dismesso il suo incarico nel 1392, e un successore sarebbe stato trovato solo nel 1419. A questo fatto non viene a quanto mi consta data alcuna spiegazione. Dulcis in fundo, la lista si conclude proprio con il nome del suo scopritore/autore!  

In alcuni siti massonici sono date forme lievemente diverse dei nominativi, e la trasmissione del titolo di Gran Maestro viene fatta continuare dopo Palaprat con nomi anglosassoni. 

A parer mio, la Carta di Trasmissione fu creata in risposta a una richiesta di nobilitazione delle origini della Massoneria, inizialmente fatta derivare dalle Gilde dei Muratori della Scozia (risalgono alla sua fase più antica le leggende sull'Architetto Hiram). Quando la società segreta fu importata nel continente, molti nobili sentirono con disgusto ogni connessione con una qualche forma di lavoro manuale. Fu così ideata la connessione all'Ordine dei Cavalieri Templari, sentito come la quintessenza del mistero per via delle orribili ed oscure circostanza della sua scomparsa. Non dimentichiamoci che non era estranea alle società segrete del XVIII secolo una dimensione goliardica (basti pensare alle inverosimili leggende dell'Ordine dei Gormogons). In seguito la goliardia degenerò in falso storico, e ancora oggi ci si imbatte abbastanza spesso in residui di questa attività di mistificazione. 

Le conseguenze a lungo termine del falso in questione si sono rivelate macroscopiche: è di certo in quella lista di pretesi Maestri Segreti l'origine dell'odierna pullulazione di associazioni neotemplari. 

mercoledì 6 aprile 2022


I TEMPLARI, IL BAPHOMET E LA SINDONE 

Un articolo sui Templari è apparso recentemente sui quotidiani, recando un sunto degli studi di una studiosa vaticana che ha libero accesso agli archivi segreti della Chiesa di Roma: Barbara Frale. L'idea portante - da lei presentata come una sconvolgente scoperta - è l'adorazione tributata dai Cavalieri del Tempio a un manufatto di incerta origine, già tacciato di falso dalle autorità ecclesiastiche non appena la sua esistenza è stata resa manifesta: la Sindone

Secondo questa ipotesi, il famoso idolo barbuto denominato Baphomet e presumibilmente oggetto di culto da parte dei Templari altro non sarebbe che il dubbio sudario custodito oggi a Torino (dagli anglofoni noto appunto come Shroud of Turin). Eppure la stessa Frale non può nascondere che l'identificazione con la Sindone era già stata fatta nei tardi anni settanta del novecento, da parte di uno studioso di nome Oxford Ian Wilson. Aggiungo che tale ipotesi è stata subito bollata come pseudoscienza, così come al reame della fantasia sono state assimilate molte altre proposte. Q
uindi la storica del Vaticano non ha inventato proprio nulla: ha solo attinto a materiale preesistente datato di almeno un ventennio, e per giunta neppure di buona qualità. 

L'immagine più diffusa del Baphomet è quella che lo identifica con il Capro di Mendes, una divinità egizia connessa con la fertilità. Non c'è alcun fondamento storico per questa iconografia: si tratta del frutto della fantasia del massone Eliphas Lévi in pieno XIX secolo. Fu nel suo Dogma e rituale dell'alta magia, edito nel 1845, che questo autore produsse un'immagine di questa divinità ermafrodita cornuta dal vello nero. I suoi attributi sono densi di significati esoterici, basti pensare alle ali, alla torcia fallica sulla fronte, alla posizione delle mani. Non c'è nulla di tutto questo che abbia la benché minima connessione con i Templari; tra l'altro le fonti dell'epoca non alludono mai a corna, ma solo al fatto che si trattava di una testa barbuta. 

Le etimologie proposte per il nome Baphomet sono tante, una più assurda dell'altra. Ne citerò soltanto alcune. Friedrich Nicolai, un libraio tedesco, ha collegato il nome al verbo greco che significa 'immergere' e che è anche l'origine della parola 'battesimo'. In questo caso resterebbe in ogni caso un residuo suffisso -met, inanalizzabile. Invece Elipas Lévi sostenne un anagramma da un fantomatico TEM.O.H.P.AB, che starebbe per Templi omnium hominum pacis abbas (ossia 'Abate del Tempio della Pace di tutti gli uomini'). Alesteir Crowley, che in preda all'esaltazione orgiastica aveva assunto Baphomet come epiteto, arrivò a proporne l'origine da una frase bizzarra da lui inventata e tradotta come 'Padre Mitra'. 

Qualcuno afferma che Baphomet derivò dalla pronuncia popolare del nome Maometto, di cui si registrano molte varianti, dal veneziano Malcometto fino all'inglese Mahound, ora usato soltanto in Scozia. Esiste però una difficoltà. Com'è risaputo, l'Islam è una religione che rifiuta il culto delle immagini, al punto che rappresentare Maometto è assolutamente vietato ai suoi fedeli. Tra i musulmani non c'è mai stato un culto dell'immagine di Maometto, né dipinta né scolpita. I fautori di questa origine del Baphomet affermano che Filippo IV di Francia considerava del tutto irrilevante questo fatto: a lui importava solo inculcare l'idea che i Templari avessero tradito la Cristianità per servire segretamente l'Islam, insozzando così la loro integrità morale. 
 

Se inseguire un manufatto a forma di testa non ci porta da nessuna parte, le cose non vanno meglio con l'immagine impressa su telo. Stando sempre al racconto della Frale, "I Templari si procurarono la
sindone per scongiurare il rischio che il loro ordine subisse la stessa contaminazione ereticale che stava affliggendo gran parte della società cristiana al loro tempo: era il miglior antidoto contro tutte le eresie"

Inizierei col mettere i puntini sulle i, precisando che soltanto il Catarismo nega la corporeità di Cristo. Le altre forme di dissidenza religiosa note all'epoca, come il Valdismo, affermano la natura carnale del corpo di Cristo esattamente come fa la Chiesa Romana.
L'idea della Sindone come 'antidoto' all'eterodossia non regge affatto, anche perché per un cataro un idolo è soltanto il Nulla. Nessun docetista si convertirebbe all'idolatria vedendo l'immagine di un uomo barbuto stampata su un telo, e nessun cattolico di una certa levatura avrebbe bisogno di un idolo per dimostrare la sua teologia. Siamo ai livelli degli strani racconti sulla mummia di Cristo che si trovano nella Rete. 

Se i Templari avessero avuto tutto questo terrore dell'eresia, difficilmente avrebbero mantenuto una posizione di neutralità nei confronti dei Catari, ma anzi avrebbero partecipato attivamente alla crociata di Montfort. 

Non contenta, la Frale insiste. Aggiunge che "L'umanità di Cristo che i catari dicevano immaginaria, si poteva invece vedere, toccare, baciare. Questo è qualcosa che per l'uomo del medioevo non aveva prezzo". 

Incredibile. Forse nessuno ha detto all'autrice che anche i Catari dei secoli XIII-XIV erano uomini del Medioevo?  

Inoltre vale la pena di riportare che nel 1353 la Sindone fu esibita a Lirey, in Francia, da Goffredo di Charny. Il vescovo di quella regione ne fu scandalizzato e ordinò subito un'indagine. Risultato: fu stabilito che il telo era un falso ed è anche riportato che il vescovo riuscì a contattare il suo autore! Non dimentichiamoci che i Sudari di Cristo proliferavano, tanto che ci sono notizie di una quarantina di reliquie di questo tipo. Come distinguere un vero dai tanti falsi? Impossibile. Tant'è che calmatesi le acque, Goffredo di Charny rimise in mostra l'idolo, provocando una nuova inchiesta, con lo stesso esito. Gli ecclesiastici dell'epoca avevano le idee più chiare di quelli odierni? Si direbbe di sì. D'altronde spopolavano anche i prepuzi rinsecchiti detti reliquie della Circoncisione di Gesù. Bisogna credere che simili contraffazioni costituissero un antidoto al Catarismo? Lascio al lettore le conclusioni. 

In contrasto stridente con l'idolatria della Sindone è il rituale eminentemente docetico del calpestamento del crocifisso. Difficile negare l'esistenza di questa strana pratica richiesta alle reclute dei Templari. La
Frale propone un'interpretazione goliardica del rituale, assimilandolo persino a un atto di nonnismo malinterpretato e ingigantito. La cosa è tanto assurda che non vale nemmeno la pena di sforzarsi a deriderla: la verità è su queste basi la studiosa non può dare una spiegazione consistente con le sue premesse.   

D'altro canto, si può smentire con certezza l'appartenenza dei Templari al Catarismo. Se ci fosse anche stata l'ombra di un sospetto, i nemici dell'Ordine avrebbero sicuramente colto l'occasione. L'inquisitore Bernardo Gui, che studiò approfonditamente la distruzione del Tempio, non menziona mai una sola traccia del Catarismo - e se avesse avuto anche solo una mezza idea della presenza di Catarismo tra i Templari l'avrebbe certamente menzionato nella sua opera (non dimentichiamoci che i Domenicani sono molto precisi). 
Si deduce quindi che il calpestamento del crocifisso, pur di essenza docetica, doveva avere un'origine diversa. Ritorneremo su questo affascinante argomento.  

In buona sostanza, concordo con la Frale soltanto su una cosa, che il 99% di ciò che si dice sul Tempio è spazzatura. Comprese molte cose che lei afferma.
Non so ancora dire quasi nulla in positivo a proposito della strana vicenda dei Templari, mentre non riesce difficile confutare assurdità dette da altri. 

Meditando su tutto ciò si arriva a una conclusione desolante: il destino più orribile dei Poveri Cavalieri di Cristo non furono le torture e i roghi, ma la caduta del loro nome nell'abisso della Disinformazione. Che il Dio dei Buoni Spiriti protegga la Conoscenza del Bene e la Chiesa dei Buoni Uomini da un simile fato. 

(Il Volto Oscuro della Storia, 13 aprile 2009) 

lunedì 4 aprile 2022


I TEMPLARI E IL GIOVANNISMO 

Una delle ipotesi più strane formulate nel tentativo perennemente vano di spiegare il mistero dei Templari, è quella che li collega al Mandeismo o Giovannismo. Secondo alcuni studiosi o sedicenti tali, tra cui si annoverano anche i famigerati Leigh e Baigent, i Poveri Cavalieri di Cristo sarebbero in qualche modo venuti in contatto con i Mandei in Mesopotamia e ne avrebbero assunto segretamente la religione. In altre parole, questa interpretazione ammette che i Templari avrebbero praticato una forma di Gnosticismo non connesso con il Catarismo. 

I Mandei, chiamati anche Cristiani di San Giovanni, sono i soli eredi diretti degli Gnostici ancora viventi alla luce del sole. Essi continuano di generazione in generazione una religione di tipo gnostico sicuramente antica: alcuni pensano che vi aderisse già il padre di Mani. Documentati nel III secolo dopo Cristo, i Mandei sono qualcosa che lega il mondo antico a quello odierno attraverso una linea di successione autentica e ininterrotta. A differenza dei Neognostici, che hanno ripreso insegnamenti antichi leggendoli sulla carta. 

Si devono tuttavia fare alcune precisazioni di importanza capitale. Il Mandeismo è molto diverso dalle altre forme di Gnosticismo antico, al punto che qualcuno ha formulato l'idea che si tratti di uno Gnosticismo non cristiano, poi cristianizzato solo in superficie. 

Il Mandeismo non è propriamente anticosmico. Sostiene sì che il mondo materiale è opera dello Spirito delle Tenebre, Ruha, ma ammette anche che l'anima dei morti fa ritorno alla Luce subito dopo la morte, in modo quasi automatico. Il rito fondamentale di questa religione è il Battesimo d'Acqua di Giovanni il Battista e non vi esiste invece alcun equivalente del Battesimo di Fuoco o di Spirito. Infatti il Mandeismo è  chiamato anche Giovannismo proprio per il ruolo centrale di Giovanni il Battista. I Mandei si battezzano più volte nella loro vita nelle acque di un fiume sacro, che nella loro lingua aramaica è sempre chiamato Giordano. Propugnano il matrimonio come unione carnale, e sostengono anzi  che nessuno può salvarsi se non ha contratto tale vincolo - in netta opposizione con le religioni dualiste anticosmiche. Il ciclo delle rinascite lo credono una maledizione riservata a chi muore senza essersi sposato. Questa condanna del celibato, ritenuto peccato, dimostra in modo irrefutabile la lontananza dalla teologia catara. Non è ammesso il proselitismo: per diventare Mandei occorre avere almeno un parente che lo sia per nascita. 

I Mandei non solo non ammettono un Cristo venuto sulla Terra, ma addirittura lo considerano malvagio e incarnato. Chiamano questo uomo, Ishu Mshiha (Gesù Terreno), un impostore: dicono infatti che fu crocifisso realmente nella corpo terreno e contrapposto allo Spirito di Luce, Manda d-Haiye. Secondo la tradizione mandea, Cristo sarà smascherato alla fine dei tempi dall'angelo Anosh Uthrà, identificabile con l'Enoch biblico. Egli "accuserà Cristo il romano, il mentitore, figlio di una donna che non
è dalla luce" e "smaschererà Cristo il romano come mentitore; egli sarà legato dalle mani dei giudei, i suoi devoti lo legheranno e il suo corpo sarà trucidato"

Questa avversione per Cristo si adatterebbe alla perfezione alla pratica del calpestamento del crocifisso ricorrente tra i Templari.  Per rendere più verosimile l'ipotesi, Baigent e gli altri citano alcune testimonianze del rifiuto di Cristo. Alcune frasi, che sarebbero state pronunciate durante la cerimonia di iniziazione, sono ad esempio riportate nel libro Il Santo Graal di M. Baigent, R. Leigh e H. Lincoln, edito da Arnoldo
Mondadori Editore S.p.A.: 

"Tu credi erroneamente, perché egli [Cristo] è in verità un falso
profeta. Credi soltanto in Dio nel cielo, e non in lui". 

"Non credere che l'uomo Gesù, crocifisso dai Giudei in Outremer, sia
Dio e possa salvarti" 

"Credi solo in un Dio Superiore" e "Non riporre grande fede in questo
[Cristo], perché è troppo giovane". 

Se devo essere franco, non ho molta fiducia nell'attendibilità di questi documenti. Non riuscendo a trovarne traccia da nessuna parte, se non appunto nell'opera di Baigent, attendo che qualche esperto che ha più conoscenza di me mi illumini. Fino ad allora, sarò propenso a ritenere questo materiale falso e costruito ad hoc per dimostrare la tesi del Giovannismo templare. 

Il problema è che non si capisce come il Mandeismo sia potuto passare nel Tempio, visto che è una religione priva di attività missionaria. Dovremmo pensare all'esistenza di un mandeo eterodosso entrato nelle file dei Templari per poi spargere tra di loro una religione mandea modificata - cosa di cui non esistono documenti e che appare di per sé molto improbabile. 

Chi accetta l'interpretazione giovannita della dottrina occulta dei Templari, identifica il Baphomet con la testa di Giovanni il Battista. Il problema è che non si ha nessuna documentazione di un rito battesimale mandeo tra i Poveri Cavalieri di Cristo. Nessuno afferma che essi propugnassero forme di anabattismo, né tantomeno che ripetessero un battesimo d'acqua più volte in un anno. Non risulta neppure che avessero un particolare culto per Giovanni il Battista. 

Ammettendo l'ipotesi di una dottrina templare occulta, si dovrebbe sperare di trovare le prove di una forma di religione finora ignota che spieghi alla perfezione tutti i fatti documentati. Comunque la si metta, non si riesce ad avere che una visione sfocata dell'argomento,
soprattutto perché gli accademici rimangono chiusi nella loro torre d'avorio ed evitano con cura di cimentarsi in un'ardua battaglia contro le forze della Disinformazione. 

mercoledì 9 marzo 2022


SEBORGA, OMPHALOS DELLA CONFUSIONE 
 
Una micronazione e i suoi falsi: cui prodest?

Sono ormai più di due anni che un amico, purtroppo defunto, mi parlò di qualcosa di eccezionale che aveva visto con i suoi occhi viaggiando per la riviera ligure di Ponente. Descrisse un impervio paesino chiamato Seborga, sito nei pressi di Bordighera, che costituirebbe uno stato indipendente, una specie di enclave nel territorio italiano. Era affascinato dalla moneta locale, il luigino, nella quale potevano essere cambiate le lire tramite appositi uffici. Qualcuno direbbe per pura coincidenza, mi capitò in mano in quei giorni una rivista con un articolo che parlava del Principato di Seborga, il cui territorio a quanto si diceva non sarebbe parte integrante della nostra nazione. In sintesi, negli anni '60 questo borgo fu dichiarato indipendente e sovrano da un suo cittadino, Giorgio Carbone. Costui si insignì all'improvviso del titolo di Principe. La rivendicazione si basava sul fatto che il comune di Seborga non sarebbe stato registrato dai Savoia nei propri domini, e non passò quindi alla Repubblica quando questa fu proclamata. Giorgio Carbone passò così da capo della corporazione dei fiorai a sovrano, ornato del bizzarro titolo di Sua Tremendità

Lo staterello ligure mi incuriosì non poco, ma dovendo occuparmi di cose più importanti, mi uscì del tutto di mente. Durante i miei vagabondaggi per la blogosfera splinderiana mi capitò ancora di incrociare il nome di Seborga: esisteva un blog chiamato
Utopia Micronation in cui alcuni post erano dedicati all'argomento di cui stiamo trattando. Mi accorsi subito che si trattava di un argomento controverso. Se il Principe di Seborga sosteneva i suoi diritti, in realtà non era mai esistito alcun riconoscimento da parte dell'Italia. Non solo, ma una blasonata proclamatasi discendente di Federico II affermava di avere diritto a quel fazzoletto di terra. Per contro un nobile genovese aveva colto l'occasione per estendere gli angusti domini territoriali del Pontefice, sostenendo a spada tratta l'appartenenza feudale di Seborga al Vaticano. Un utente anonimo particolarmente livido sputava veleno, sostenendo i diritti feudali del Vaticano e deplorando il fatto che una fantomatica "setta neocatara" volesse impadronirsi del paese. Senza esitare scesi in campo, e quello, terrorizzato dal 666 contenuto nel mio nick, fuggì via senza farsi più rivedere. Il blog è attualmente del tutto vuoto, ma i suoi contenuti possono essere trovati in Rete, sparsi su decine di siti. 

Poco tempo fa mi è venuto in mente di tornare ad occuparmi di Seborga, quasi per un'improvvisa illuminazione. Per prima cosa ho cercato in Google e sono entrato in un portale del Principato. Analizzandone i contenuti con attenzione, subito mi sono accorto della sovrabbondanza di gravi inconsistenze nella contorta storia seborghina presentata online.
 
Emerge una certa incapacità di distinguere i Catari dai Druidi: li si presenta come antichi sacerdoti precristiani operanti nella zona già nel 400 d.C., contro ogni buon senso storico. Anche le affermazioni più sobrie rigurgitano di visioni distorte. Basta analizzarne qualcuna
presa a caso.  
 
"Seborga (originariamente CASTRUM SEPULCRI), antico Feudo dei Conti di Ventimiglia, era una base molto importante dei Catari, setta religiosa che si sviluppò, in seguito, nella vicina Provenza e lingua D’Oc."
"Il movimento Cataro, che viveva in estrema povertà, molto rigido rispetto al Culto Cattolico e che contestava il potere temporale ed economico della Chiesa di Roma, non portava certo benefici ai proprietari del Feudo, che venivano privati della riscossione delle gabelle."  
"Per la ragione su esposta e per il fatto che si era sviluppata, nella famiglia dei Conti Guerra, una credenza di maleficio, che, seguendo il consiglio dell’Arcivescovo di Arles o del Priore di Montemaggiore, nell’anno 954, il Feudo fu ceduto ai Monaci Benedettini di Santo Onorato in Lerins."
 
La cronologia è del tutto errata. Nel X secolo non si può parlare certo di Catarismo, come abbiamo mostrato ripetutamente. Si può supporre che al massimo nel 954 qualche Fundaita abbia visitato la regione, facendo ai locali strani discorsi sulla corruzione della Chiesa Romana e sull'illiceità del matrimonio.

Del tutto fuorviante è anche l'analisi prensentata nel sito: è vero che la Chiesa di Dio era di un'estrema povertà, ancor più severa di quella di San Francesco, ma in media c'era un Perfetto ogni cento Credenti, e molti membri del movimento erano ricchissimi. Vi erano anche principi catari. Farinata degli Uberti era cataro, così come Ezzelino da Romano e suo padre prima di lui. Il discorso delle gabelle non regge: i Credenti erano molto laboriosi. Inoltre, essendo ferocemente ostili alla Chiesa di Roma, ogni signore che non fosse guelfo avrebbe avuto interesse a sostenerli per potersi impossessare delle proprietà ecclesiastiche.
 
In alcuni punti si giunge a un assurdo revisionismo: 

"Dicono la storia e la leggenda, che dopo la repressione condotta in Provenza contro la Comunità, con la famosa Crociata condotta intorno al 1150 da Simon De Monfort e nel 1200 dal Vescovo di Tolosa, che fece abbattere  il Castello Abbazia di Monsegue (sic), dove furono bruciati vivi oltre trecento  tra uomini, donne e bambini, gli unici Catari sopravvissuti siano proprio quelli di Seborga e che qui sia stato nascosto e sepolto il mitico 'Graal'."
 
Secondo l'autore di questo testo, Simon de Montfort avrebbe guidato la nefasta guerra di sterminio quindici anni prima di nascere! In realtà le ostilità iniziarono nel 1209 e Montfort fu ucciso nel 1218. L'assedio di Montsegur (non Monsegue) si concluse nel 1244. Stando al revisionista, gli eroici difensori di Montsegur sarebbero stati bruciati prima ancora dell'inizio del genocidio. È del tutto falso affermare, come fanno molti francesi, che il Catarismo morì con Montsegur. In Italia era ancora fiorente, e iniziò a declinare soltanto a partire dal terribile rogo di Verona del 1278.
 
A parte il fatto che già solo per ragioni demografiche di certo nel XIII secolo c'erano più Catari a Saronno che a Seborga, il fatto che nella zona di Bordighera sussistesse un simile centro del Catarismo non risulta affatto. Non nego che ci siano stati Catari a Seborga, per il semplice fatto che ce n'erano praticamente dovunque! Non potevano comunque essere molto numerosi: se anche l'intera popolazione di quel paesino fosse stata composta da Credenti, dire che erano un centinaio era tanto. Non mi pare che qualche autore parli di Seborga in connessione alla religione dei Buoni Uomini, e non si conosce il nome di un solo Perfetto originario di quella regione. Possiamo descrivere abbastanza bene i vescovati catari in Italia e in Linguadoca, e per contro non sembra che alcun centro della Liguria fosse sede di un vescovo cataro. Genova era descritta come un luogo pullulante di eretici, ed è verosimile credere che il Catarismo ligure si sia irradiato proprio da quella città, che a sua volta lo aveva ricevuto dal Piemonte.
 
Per definire meglio l'intera questione, mi sono anche affidato alla versione cartacea della famosa Enciclopedia Utet del 1973. All'epoca in cui fu impressa ero un moccioso e credevo che il nome Enciclopedia traesse la sua etimologia dai Ciclopi. Ecco quanto riporta:
 
"SEBORGA. Comune della Liguria, con 247 ab., in provincia di Imperia, da cui il capoluogo, a m 500 sul mare, dista 46,5 km a NO."
 
Questo è tutto. La cosa mi ha sorpreso, viste le continue mormorazioni incentrate su questo suggestivo borgo ligure da qualche anno a questa parte.

Dato che gran parte della storiografia fittizia parla diffusamente dei Cavalieri Templari, ho chiesto alla carissima amica Krak, esperta in materia, cosa ne pensasse. Riporto qui il suo prezioso contributo: 
 
"Scorrendo le pagine che riguardano il fantomatico Principato di Seborga ho notato delle grossissime incongruenze che riguardano la storia dei Templari. I fautori di tale sito affermano che nel 1118 il Principe-Monaco Edouard (tra l’altro non identificabile) nomina i primi 9 Templari in Seborga. Da quel momento il luogo diverrà il primo stato Sovrano Cistercense della storia. Per quanto lacunosa la gloriosa storia del Tempio, ha riferimenti piuttosto attendibili riguardo alla nascita dell’Ordine. Guglielmo di Tiro ci narra di quando i primi nove fondatori si presentarono al reggente Baldovino II per fare voto di povertà castità e obbedienza. La data oscilla tra il 1118 e 1120 (non ci sono riferimenti più specifici sicuri). Il sito di Seborga prosegue affermando che San Bernardo nel 1117 si trovava nel loro “principato” per consacrare i primi 9. A me sembra piuttosto verosimile considerando che aveva ricevuto il terreno su cui sorgerà Chiaravalle nel 1115. Della vita di tale monaco abbiamo varia documentazione storica, in nessuna di esse viene citato un suo viaggio in tale luogo. Tra l‘altro non capisco come sia possibile che San Bernardo benedica i 9 nel 1117 e il Principe-Monaco nel 1118, quindi secondo il sito i Templari si sarebbero trattenuti a Seborga più di un anno, un bel lasso di tempo….a quale scopo? La presunta storia prosegue citando tra i fondatori il Conte di Champagne, notizia non vera, egli entrerà nella milizia solo nel 1126. Inoltre è quasi certo che il fondatore del’Ordine Ugues de Payns sia andato in Terra Santa nel 1114 con il Conte di Champagne e lì sia rimasto dopo la partenza di quest’ultimo l’anno dopo. Quindi non vedo come sia possibile che tra il 1117 e il 1118 si potesse trovare a Seborga. Proseguendo il testo gli stessi sarebbero rientrati nel Principato nel 1127 per incontrarsi di nuovo con San Bernardo. In questa circostanza avrebbe nominato il primo Gran maestro. Tutto ciò è falso Ugo de Payns ricopriva tale carica dalla fondazione. Non è vero che tutti i primi 9 fecero ritorno in Europa per partecipare al concilio di Troyes. Ancora secondo chi ha redatto questo scempio storico San Bernardo i Templari e Padre Gerardo di Mortigues, che nel 112 aveva fondato l’ordine che oggi si chiama Cavalieri di Malta, si incontrarono in segreto a Seborga. Ora prima di tutto va detto che l’ordine venne fondato nel 1113 (la documentazione si trova alla Valletta) dal Beato Gerardo Sasso morto nel 1120, quindi a parte il grossolano errore di date, vorrei sapere come faceva Gerardo ad essere presente ad un presunto incontro avvenuto nel 1127 se a quella data era già morto da 7 anni. Il racconto prosegue affermando che sempre il Principe-Monaco Edouard in tale occasione avrebbe eletto Ugues de Payns Gran Maestro (come già detto era in carica dall’anno della fondazione). Per ultimo affermano che quindici dei Cavalieri Templari furono anche Principi pro tempore di Seborga tra cui Guillaume de Chartres che morì li a seguito di ferite riportate in Terra Santa nel 1219. Mi chiedo, se tutto ciò fosse vero, perché non esiste nessuna documentazione in merito? È documentata invece la morte del de Chartres avvenuta a causa della peste durante l’assedio di Damietta. Un ultimo pensiero se tale Gran Maestro è sepolto a Seborga dove possiamo visitare la sua tomba, io la vedrei volentieri…."
Saluti
Krak
 
Per fare paragoni sui Templari a Seborga, potrei citare Menelao morto a Troia nel film Troy. In conclusione, i cittadini di Seborga sono sottoposti alla legge dell'Italia, le loro guardie in uniformi multicolori sono l'equivalente della Polizia Locale, il luigino non è diverso dalle banconote usate dalla Lega Nord nelle sagre di paese, semplici buoni con il faccione rubicondo di Bossi e la scritta "cincentfranc".

(Il Volto Oscuro della Storia, 15 dicembre 2007)

Il Principe Giorgio Carbone (Giorgio I) è deceduto il 25 novembre 2009. Il titolo è passato a Marcello Menegatto (Marcello I) il 25 aprile 2010. Dal 10 novembre 2019, in seguito all'abdicazione di Marcello I, la Principessa di Seborga è Nina Dobler Menegatto.

giovedì 3 marzo 2022


IL TAGLIO DELL'OLMO:
UN ENIGMA TUTTORA IRRISOLTO

Alle radici di un'oscurità secolare

Normandia, 1188. Qualcosa di inaspettato avvenne nel borgo di
Gisors, sperduto in monotone campagne e apparentemente del tutto privo di interesse per un moderno. Un albero venne abbattuto. Può sembrare che fin qui non ci sia nulla di strano. Eppure quel luogo era famoso proprio perché vi sorgeva questo albero, un esemplare monumentale, plurisecolare di olmo.

Occorre a questo punto fare qualche cenno sulla religione dei Celti e sull'importanza che dava al culto degli alberi.
Il Cristianesimo aveva molto faticato a penetrare nelle regioni rurali delle Gallie, al punto che ancora Carlo Magno emanò editti per proibire i sacrifici alle fonti e agli alberi. In particolare era sentito il culto dell'olmo, di cui perduravano ancora in epoca recente residui anche nella provincia di Cuneo: i contratti venivano spesso stipulati sotto tale albero. L'olmo di Gisors era così antico da essere già venerato in epoca precristiana. Aveva visto i secoli scorrere, udito diverse lingue, visto gli Dei cambiare. Quando era ancora un tenero arboscello, la gente parlava gallico. Erano arrivati i Romani.

Poco a poco il latino cominiciò a essere parlato nelle città
, e fece in tempo a trasformarsi in volgare, finché giunse anche nelle campagne, dove sostituì gli ultimi residui del tardo gallico. I Druidi erano ormai da tempo spariti nelle selve e si erano estinti in silenzio, l'Impero era decaduto, erano arrivati i Franchi. Eppure l'olmo era un elemento di continuità, qualcosa che resisteva ai flussi e ai riflussi della storia.

Ancora nel tardo XII poteva sopravvivere un uso cultuale dell'Olmo di Gisors,
poiché spesso dietro parvenze cristiane le popolazioni rurali conservavano forme distorte di riti e di credenze dell'antico paganesimo. Fatto sta che senza dubbio il luogo continuava ad essere usato come luogo di adunanza per regnanti e personaggi importanti della nobiltà francese e inglese: era una sorta di territorio neutrale in cui stabilire alleanze o tregua delle ostilità. Qualcuno potrà a questo punto pensare che si trattasse della punizione di perduranti culti pagani. In fondo la Storia pullula di episodi simili. Chi non ricorda l'Irminsul o il Noce di Benevento? Dall'analisi dei pochi dati disponibili risulta invece che le cose non sono così semplici, e che questo episodio risulta al centro di una matassa intricatissima di complotti internazionali.

Colpisce subito l'insostanzialità dei documenti.
Esistono versioni diverse, riportate da cronisti medievali. Enrico II d'Inghilterra si sarebbe incontrato lì con Filippo II di Francia (già noto per aver perseguitato aspramente i Catari di Reims). Gerusalemme era appena caduta nelle mani degli eserciti del Saladino, e gli animi erano tesi in tutta la Cristianità: l'anno seguente sarebbe iniziata la III Crociata. Non si capisce in ogni caso cosa abbia spinto i due sovrani con il loro seguito ad incontrarsi proprio a Gisors. Sembra in ogni caso che non sia stato possibile raggiungere un accordo, così alla fine dell'incontro l'albero fu abbattuto. I resoconti che ho potuto reperire non erano disponibili in italiano, così li ho tradotti dall'inglese.

Questo è il primo, molto stringato, riportato dal professore di storia Bradford Smith, dell'università di Oglethorp
:

"A Gisors, Enrico II e i suoi consiglieri sedettero sotto un albero di olmo, mentre Filippo e il suo seguito soffrivano sotto il solleone. Dopo l'incontro, Filippo ordinò che l'albero fosse abbattuto e ridotto in pezzi, dando il messaggio che non avrebbe dato quartiere agli Inglesi."

Con il secondo resoconto inizia la confusione.
È un racconto del tutto diverso e più articolato, risalente al 1260 circa. È riportato nell'opera di un autore noto come il Menestrello di Reims, e concorda col primo soltanto nel triste fato dell'albero:

"Re Riccardo inviò un messaggio ai conti di Sancerre e di Barre, dicendo loro che avevano preso il pane del Re e non avevano dato a lui nulla in cambio, ma se essi fossero stati abbastanza coraggiori da venire fino all'Olmo di Gisors, li avrebbe ritenuti veramente valenti. I nobili francesi gli inviarono un messaggio dicendo che sarebbero venuti il giorno dopo, all'ora terza, per abbattere l'albero, malgrado lui. Quando il sovrano inglese udì che essi stavano per venire a tagliare l'albero, egli ne fece rinforzare il tronco con fasce di ferro, che furono avvolte per cinque volte intorno al legno. Il mattino dopo, i nobili francesi si armarono e riunirono cinque squadroni dei loro uomini, e uno di questi era guidato dallo stesso Conte di Sancerre, un altro dal Conte di Chartres, il terzo dal Conte di Vendome, il quarto dal Conte di Nevers, il quinto dal Sire Guglielmo di Barre e dal Sire Alain di Roucy. Essi cavalcarono fino all'Olmo di Gisors, con i balestrieri ed i carpentieri davanti, ed avevano nelle loro mani asce acuminate e buoni martelli appuntiti, con cui tagliare le fasce metalliche che erano state strette intorno all'albero. Si fermarono davanti all'olmo, divelsero le fasce e lo abbatterono, a dispetto di ogni resistenza."

A quale delle due narrazioni dobbiamo dare credito? Salta anche agli occhi un'incongruenza.
Nella prima versione si parla di Enrico II, nella seconda di suo figlio Riccardo Cuor di Leone, che nel 1188 non era ancora stato incoronato re. Sembra che già nel XIII secolo le cose fossero poco chiare.

Fatte queste premesse, tutto è impenetrabile mistero.
Chiunque se ne può rendere conto navigando nella Rete: si trovano soltanto pagine piene di assurdità e di ipotesi del tutto fantasiose, che sembrano create a bella posta per gettare il lettore nella confusione. Depistaggio. Nella maggior parte dei casi il Taglio dell'Olmo viene associato ai Templari, anche se di questo non esiste la benché minima prova. La versione più diffusa spiega come tale evento abbia sancito simbolicamente la scissione dei Templari dal
Priorato di Sion. Il punto è che l'esistenza di questo Priorato di Sion non poggia su alcunché di concreto e di credibile. Si tratta della fumosa invenzione di un certo Pierre Plantard, oscuro disegnatore francese che lo fondò come società segreta nel 1956, dandosi subito da fare per fornirgli una giustificazione tramite documenti falsi e fonti inventate. Il Priorato di Sion è diventato parte dell'immaginario collettivo a causa del Codice da Vinci di Dan Brown, un libro di pseudostoria fuorviante che in troppi credono realtà. Se la Chiesa di Roma ha condannato il Codice per questioni strettamente dottrinali, reputo che il danno fatto dalla sua diffusione sia incommensurabile e che riguardi tutti: è in gioco la possibilità di conoscere la verità. Moltissimi argomenti ci sono quasi preclusi per carenza di materiale e di attestazione. Qui invece assistiamo a qualcosa di eccezionale e prodigioso: la sovrabbondanza infinita di informazione spazzatura.

C'è da porsi un'inquietante domanda: chi sta dietro queste manipolazioni? CUI PRODEST?

giovedì 24 febbraio 2022


LO STRANO CASO DEI CANONICI DI ORLÉANS

Una comunità dualista infiltrata nella Chiesa di Roma 

Ad Orléans nel 1022 avvenne un fatto misterioso che gettò la Corte del Re di Francia nel panico. Un prete di nome Eriberto svolgeva il suo prestigioso incarico di cappellano presso la dimora di un nobile franco, Arefasto di Crepon. Il chierico aveva ricevuto la sua istruzione religiosa ad Orléans da due canonici di Santa Croce: Stefano e Lysoe (Lisoio). Forse era convinto di essere ineccepibile agli occhi della Chiesa di Roma. Senonché un giorno cercò di istruire Arefasto nelle dottrine che aveva ricevuto, e questi si accorse immediatamente della loro natura eterodossa. La cosa è degna di nota, perché a quell'epoca i nobili franchi avevano in genere una cultura di infimo livello. Già stupisce che questo Arefasto sapesse leggere e scrivere, ancor più strano che sapesse di teologia al punto da operare nette distinzioni tra ortodossia cattolica e contenuti ereticali. Il Re di Francia, Roberto II il Pio (972-1031), fu immediatamente informato della presenza eretica assieme a sua moglie Costanza di Arles. Il fatto che l'eterodossia si fosse sviluppata in seno all'organizzazione della Chiesa di Roma destò un terribile scandalo. 

Su consiglio del sovrano, Arefasto si infiltrò nella setta per raccogliere prove. Una volta accumulate testimonianze sufficienti degli insegnamenti segreti dei canonici di Orléans, questi furono arrestati e interrogati in modo approfondito. 

La dottrina e i costumi di questi preti e di queste suore erano inconfondibili. Lo Spirito Santo, fonte di ispirazione, era trasmesso tramite l'imposizione delle mani in un rito molto simile al Consolamentum. Non veniva attribuito alcun valore a sacramenti come il battesimo e l'eucarestia, e non veniva riconosciuta la Trinità. La cristologia si fondava sulla negazione dell'incarnazione, della morte e della resurrezione di Gesù. Era praticata l'astensione dalle carni, e il matrimonio era condannato come il peggiore di tutti i mali. 

Abbiamo visto nei casi di
Leotardo e dei Protocatari di Monforte una relativa prudenza da parte della Chiesa Romana. In questo caso invece l'applicazione di misure draconiane fu una diretta imposizione di Roberto il Pio e della sua crudele consorte. Mentre in diverse aree esisteva già una forte presenza di gruppi di idee bogomile, spesso sostenuti da buona parte della popolazione, in Orléans esplodevano reazioni popolari di intolleranza e di ferocia. 

La folla insorse e tentò di linciare i canonici mentre si trovavano in chiesa, convinta che il Vescovo non avrebbe avuto la volontà di punirli. La Regina Costanza si frappose tra gli insorti e gli accusati, non certo per spirito di giustizia, ma solo per impedire che il sangue insozzasse e profanasse il suolo consacrato. Il clima esoterico in cui questi protocatari erano immersi era il prodotto della necessità oltre che del segreto iniziatico. Mimetizzarsi e propagare il Verbo di nascosto era l'unica chance di sopravvivenza in una ambiente tanto ostile. Il processo, opera del potere secolare, si svolse con metodi brutali e primitivi. 

In netto contrasto con la purezza della loro fede, gli imputati sotto tortura furono costretti a confessare ogni genere di aberrazione: adorazione di Satana, riti orgiastici collettivi e persino uccisioni di bambini con consumazione finale delle loro carni bruciate. In questo si vede il peso che l'autorità patristica aveva su una chiesa smarrita di fronte a ciò che non poteva conoscere. Una cinica esigenza di razionalizzazione dell'insondabile portava a rinnovare in modo artificioso accuse rivolte agli Gnostici e ai Manichei molti secoli prima. Secondo gli avversari dello Gnosticismo nei primi tempi del Cristianesimo, le peggiori dissolutezze si sarebbero accompagnate in modo quasi automatico a coloro che disprezzavano in modo radicale la procreazione. Secondo Agostino, gli Eletti dei Manichei avrebbero coltivato segretamente il vizio, tanto che descrisse l'episodio boccaccesco di un Perfetto che avrebbe tentato di ghermire una donna. 

Per i rappresentanti della morale normativa, non era possibile fare altro che applicare quanto scritto dalle autorità antiche, le cui opinioni erano considerate sempiterne e immutabili. Così quanto Agostino diceva DOVEVA essere la guida nel giudicare di situazioni del tutto dissimili. Le masse prive di qualsiasi istruzione, ricorrevano per contro a spiegazioni grossolane: nelle loro testimonianze Agostino è assente, mentre compare sempre come sola causa il "diverso". Secondo alcuni a spargere l'eresia sarebbero stata di volta in volta una donna venuta dall'Italia, oppure un contadino pagano versato nelle arti magiche. 

La Regina Costanza dimostrò una grande crudeltà e aberrazione, anche per il metro di quell'epoca. Quando si accorse che uno dei capi della setta, Stefano, era stato il suo istruttore spirituale, lo accecò personalmente servendosi di un bastone acuminato. Soltanto due degli imputati abiurarono. Il 28 dicembre del 1022 gli altri, in tutto una quindicina, furono arsi vivi sul rogo. Alcuni segnalano questa sentenza come la prima nel suo genere: in Occidente nessun eretico sarebbe stato condannato ad essere bruciato prima di allora (in Oriente la pratica era comune da secoli). Vediamo come di lì a pochi anni la stessa condanna avrebbe colpito i membri della comunità di Monforte. L'idea si stava diffondendo con la rapidità del vento. Il corpo di un altro canonico, Teodato, che era morto tre anni prima, fu esumato, fatto a pezzi e disperso. 

Queste esecuzioni non lasciarono Roberto il Pio del tutto soddisfatto, e il capro espiatorio della sua ira fu il Vescovo di Orléans Thierry (Teodorico), che fu destituito per la sua incapacità ad individuare e sopprimere la dissidenza religiosa tra i suoi chierici. Nello stesso anno numerosi Protocatari vennero scoperti a Tolosa e condannati a morte. 

Difficilmente l'oblio cancella del tutto episodi di questo genere. Passarono molti secoli, e 866 anni dopo i roghi dei Canonici di Santa Croce accadde che un uomo di nome Jules Doinel compì delle ricerche  nella biblioteca di Orléans. Vi scoprì per puro caso un manoscritto del canonico Stefano e lo studiò con attenzione. Pur provenendo da una famiglia molto cattolica, Doinel era uno spirito ribelle quanto ambiguo. Fu cacciato dal seminario perché ossessionato da morbose visioni dell'Eterno Femminino, e dopo alterne vicende divenne massone ed occultista, dedicandosi alle sedute spiritiche allora tanto di moda. Colpito dagli argomenti del protocataro di Orléans, Doinel cominciò a indagare sui movimenti dualisti che si sono avvicendati nel corso dei secoli, finendo col convincersi che il fondamento della dottrina massonica fosse proprio lo Gnosticismo. In realtà la Massoneria non è affatto dualista, e vede nell'universo materiale l'opera di un Grande Architetto piuttosto che di un Creatore Malvagio. Si tenga anche conto che nel confusionario XIX secolo si avevano conoscenze approssimative di questi argomenti. Doinel cominciò ad avere allucinazioni e visioni mistiche. Affermò di essere stato consacrato Vescovo di Montségur e Primate degli Albigesi direttamente dall'Eone Gesù. Un argomento ingegnoso quanto vano per ovviare alla difficoltà di reperire un Consolamentum valido (il bypass della successione apostolica è comune in molte associazioni moderne). Se può sussistere qualche dubbio sulla sua osservanza della Regola dei Buoni Uomini, di certo non si fece mancare conoscenze mondane e sedute spiritiche. Un gran calderone in cui degenerazioni del Libero Spirito si mescolavano a dottrine della Cabala travisate e incomprese, il tutto rinsaldato da suggestioni misticoidi. In questo clima assolutamente folle fu evocato lo spirito del Canonico Stefano, ma il culmine si ebbe quando quaranta Vescovi Catari avrebbero proclamato Doinel Vescovo dell'Assemblea del Paracleto, organizzazione che dal 1890 fu conosciuta come Chiesa Gnostica. 

In preda a nuove crisi di follia, nel 1894 Doinel abdicò dal suo ruolo di capo della Chiesa Gnostica e si separò anche dalla Massoneria, convertendosi alla Chiesa di Roma. Per anni si scagliò contro la setta che aveva fondato, accusandola di rappresentare il Demonio. Dopo la pubblicazione di numerosi libelli antimassonici di grande violenza verbale, ecco l'ennesimo colpo di scena: Doinel chiese umilmente di essere riammesso in seno alla Chiesa Gnostica, dichiarando di essere sempre rimasto fedele allo Gnosticismo. Negli anni che gli rimasero continuò in ogni caso a seguire anche i riti della Chiesa di Roma. Morì a Carcassonne nel 1902. 

Resta una domanda: dov'è finito il testo del Canonico Stefano di Orléans? 

martedì 25 gennaio 2022


I MEROVINGI: LA PRIMA DINASTIA DI FRANCHI

La dinastia dei Merovingi trae il suo nome da Meroveo, re dei Franchi nato nel 411 e morto nel 456. Meroveo (francese Mérovée) deriva direttamente da Meroveus, latinizzazione del franco Merowech. Il suffisso -ing è un ben noto mezzo espressivo germanico usato per indicare i discendenti di un capostipite nobile. È importante tenere presente che i Franchi erano una coalizione di popoli della Germania renana, e parlavano un idioma germanico, non l'antenato del francese, che è invece una lingua neolatina. La prima citazione di Meroveo si trova in Gregorio da Tours, storico gallo-romano e vescovo, che nelle Grandi Cronache di Francia lo indica come successore di Clodione il Capelluto. Non si riesce tuttavia a capire da questa informazione se Meroveo fosse figlio di Clodione. Tra i Germani non esistevano a quell'epoca concetti come la successione ereditaria e il diritto di primogenitura. Contava solo che i sovrani fossero scelti all'interno della tribù regale. Si pensa che Meroveo combatté come alleato dei Romani nella terribile battaglia dei Campi Catalaunici nel 451, conclusasi con una vittoria di Pirro contro gli eserciti di Attila.

Già gli antichi misero in dubbio la vera origine di Meroveo, e a questo proposito sono note due diverse leggende. La prima, più antica, era di certo un residuo del paganesimo dei Franchi, che si convertirono al Cristianesimo Romano soltanto sotto il merovingio Clodoveo, ispirato da un calcolo politico più che da autentiche convinzioni religiose. Si narra che la moglie di Clodione stesse in riva al mare, e che dalle acque scaturì un gigantesco toro in calore. La regina copulò con la bestia mostruosa, restando incinta proprio di Meroveo. Per alcuni addirittura il nuovo nato avrebbe avuto caratteristiche fisiche anomale che ne denunciavano l'origine ferina. I fautori di questa spiegazione derivano l'antroponimo Merowech dall'antica radice mer- 'mare', che si trova anche nel gotico marei, parente del latino mare, del celtico more e dello slavo morje. In realtà è più probabile che mero- sia simile al gotico mereis 'glorioso'. Nessun dubbio invece su -wech, -wig, che significa 'guerriero': allo stesso modo Clodoveo significa 'guerriero famoso'.

La seconda leggenda è invece più tarda, e risale di certo ad un'epoca in cui i Franchi erano stati cristianizzati, quindi non prima della fine del V secolo. Secondo questa narrazione, Gesù sarebbe stato lo sposo di Maria Maddalena e avrebbe generato figli con lei. Maria Maddalena sarebbe fuggita dalle persecuzioni dei Romani assiema a Maria di Betania, a Marta di Betania e a Maria madre di Gesù, trovando scampo nella Gallia Narbonese, che è l'attuale Provenza. Dalla zona palustre oggi conosciuta come Camargue, vicino all'importante città di Arelate (attuale Arles), la Maddalena avrebbe navigato sul Rodano con le sue compagne di sventura, fino ad incontrare la tribù dei Franchi. Ora, i Franchi sono descritti da queste dubbie fonti come una delle tribù di Israele, per la precisione come discendenti di Beniamino fuggito alla repressione operata dai Romani in Giudea. Questa ipotesi, riportata in vita da Baigent e da Dan Brown, è contraddetta in modo palese dalla realtà dei fatti.

I Franchi non avevano nulla a che vedere con gli Ebrei, e anche l'archeologia lo dimostra. Come conciliare con la pretesa origine mediorientale di questi germani il fatto che sono costantemente descritti da tutte le fonti allo stesso modo di tutti gli altri nordici, come dotati di pelle chiarissima, occhi azzurri e capelli biondi? Sappiamo con precisione l'origine dei Franchi, che si sono formati dall'unione di tribù più antiche come i Chatti, i Cauchi, i Tencteri, gli Usipeti, i Sigambri. Si sa anche che alcuni popoli loro simili, come gli Angrivari, rimasero tagliati fuori dalla coalizione e non accettarono di essere cristianizzati finché Carlomagno non li costrinse con la forza tra la fine del VIII secolo e l'inizio del IX. Quando Clodoveo fu battezzato, il vescovo Remigio di Reims che gli diede il sacramento, trovò necessario esortarlo con una frase rimasta famosa: "Fiero Sigambro, brucia ciò che hai adorato e adora ciò che hai bruciato!".

Il primo franco noto con questo etnonimo fu Arbogaste (Arbogast), un generale politeista che combatté contro la tirannia di Teodosio nel IV secolo, finendo disfatto assieme al suo protettore Eugenio. Fu adoratore di Wotan il duca Pharamond, padre di Clodione, e lo fu allo stesso modo lo fu Meroveo. Non è difficile immaginare che all'epoca dei primi Merovingi la situazione non fosse pacifica, e i sentimenti anticristiani fossero molto potenti: era in corso una guerra di religione. In tutto questo scenario ben attestato non può in alcun modo inserirsi la storia di Maria Maddalena. Le incongruenze e gli anacronismi sono insormontabili anche dal punto di vista linguistico e geografico. Dovremmo sorvolare sul fatto che Sangue Reale nella lingua dei Franchi parlata in epoca carolingia si diceva Kuninges Pluot (quasi come il tedesco moderno königlich Blut): la locuzione germanica è una sorgente improbabile per il termine Sangreal. Dovremmo ignorare che il Rodano nasce in quella che oggi è la Svizzera, e che non scorre in regioni sottoposte al potere franco nel V secolo. Ai tempi di Augusto la Renania era sotto il controllo di Roma, e la Maddalena avrebbe dovuto navigare sul Reno verso il Mare del Nord e addentrarsi in pericolose foreste per trovare gli antenati dei Franchi. A scanso di equivoci, aggiungo che il famoso sito di
Rennes-le-Château  ha una collocazione a dir poco eccentrica rispetto a tutto ciò che ha a che fare con i Franchi.

Il mito dell'origine dalla stirpe di Gesù e di Maria di Magdala nacque in un'epoca in cui non esistevano conoscenze di etnologia e di storia. A seguito della cristianizzazione, i Franchi avevano perso parte del proprio passato in una vera e propria operazione di etnocidio, come spesso avveniva quando un popolo pagano si poneva sotto il dominio della Chiesa di Roma. Quando i primi storici dei Franchi ci dicono che Clodoveo aveva venerato gli Dei della Grecia, dimostrano solo quanto fu efficace a distanza di un secolo la rimozione di un intero patrimonio culturale.

Lo scopo della leggenda del Sangue Reale è evidente: serviva ai Merovingi cristianizzati per assicurarsi un potere mistico, quando la loro scarsa abilità con le armi non poté più garantire loro il pieno controllo sul popolo franco. Infatti la dinastia dopo Clodoveo subì un rapido processo di degenerazione. Si parlò di Re Fannulloni, che non erano neppure più capaci di impugnare un'arma a causa della loro temperatura corporea costantemente superiore alla media. Il potere effettivo andò così ad una nuova figura capace di gestire gli eserciti: il Maestro di Palazzo, detto anche Maggiordomo. La causa di questo è chiara e va ricercata nell'endogamia. I reiterati matrimoni tra consanguinei stretti avevano propagato un qualche difetto genetico, come si può oggi notare tra le genti della Micronesia, in cui intere popolazioni soffrono di sindromi parkinsoniane o sono cieche ai colori. Si racconta come vivevano questi discendenti di Meroveo. Assieme al loro seguito viaggiavano su carri, e giunti alla dimora di un nobile vi si installavano, divorando ogni commestibile e bevendo a dismisura. Quando le dispense e le cantine non avevano più nulla da offrire, partivano alla ricerca di una nuova fonte di approvvigionamenti.

Conservavano molti costumi del loro passato pagano, come quello che li costringeva ad essere intonsi, ossia a non tagliarsi mai capelli e barba. Trasformare i difetti in virtù era necessario a quei tempi, così nacque l'idea che il Re fosse in grado di risanare i malati con il solo tocco delle mani. Per dare una giustificazione storica di questo preteso potere, l'origine dal Sangue Reale poteva servire molto bene. Gesù infatti era a tutti noto per le miracolose guarigioni che era in grado di operare. Secoli dopo si sarebbe parlato ancora dei Re Taumaturghi. Tra le altre usanze bizzarre si menzionano la poligamia e la trapanazione del cranio dei morti. Queste sono tradizioni che hanno una spiegazione nell'ambito dell'antichità precristiana europea. Se proprio si vogliono trovare contatti con l'antica cultura egiziana, più che una Chiesa Gnostica nascosta vengono in mente le menzioni di Tacito sul culto di Iside tra i Suebi.

Le generazioni si susseguirono, e la stirpe merovingia sembrava essere destinata a un'eterna vita nell'agonia, ma qualcosa andava cambiando. Il potere dei Maggiordomi premeva e minacciava la dinastia decennio dopo decennio: un potere concreto, fatto di ferro, di complotti e di ferocia. Il rapporto tra il Re e il Maestro di Palazzo era in tutto e per tutto simile a quello che in Giappone si produsse tra l'Imperatore e lo Shogun. La stirpe che deteneva il comando militare sarebbe stata destinata a rimpiazzare i vecchi re e ad acquisire grande gloria: era la stirpe dei Carolingi.

Il quarantaseiesimo e ultimo merovingio fu Childerico III. Noto con il significativo soprannome di Re Idiota o addirittura Re Fantasma, fu riconosciuto come sovrano dai Maggiordomi Carlomanno e Pipino il Breve, dopo sette anni di trono vacante. Qualcuno avanza persino il dubbio che fosse un autentico discendente di Meroveo. Con tutta probabilità era un figlio di Chilperico II, ma non esistono prove certe a questo riguardo. Si trascinò in un'ingloriosa esistenza da fantoccio, finché Pipino il Breve ebbe sufficiente coraggio per deporlo. In una lettera scritta al Papa Zaccaria, Pipino gli chiedeva retoricamente se dovesse essere re chi aveva ereditato il titolo in virtù del suo sangue o chi invece il potere lo deteneva davvero. La risposta del Pontefice fu chiara e dura: doveva essere Re chi esercitava il potere. Così avvenne che nel 751 Papa Stefano II, succeduto nel frattempo a Zaccaria, diede disposizione che Childerico III fosse privato del suo titolo e che il suo cranio fosse completamente rasato. Pipino alla lettera deposit et tonsit l'ultimo dei Merovingi, quia non erat utilis, perché non era utile. Rinchiuso in un monastero, Childerico morì pochi anni dopo di stenti e di crepacuore.

I sostenitori della teoria del Sang Real di solito indicano erroneamente in Dagoberto II l'ultimo dei Merovingi, ma questi era il trentanovesimo rappresentante della dinastia, morto nel 679. Tra lui e Childerico III ci furono ben sei regnanti dello stesso sangue: Teodorico III, Clodoveo II, Childeberto II, Dagoberto III, Chilperico II e Teodorico IV. Una tradizione vuole che Dagoberto fosse padre delle sante Erminia e Adele. Che si sappia non lasciò eredi diretti. Un figlio chiamato Sigisberto pare proprio il frutto di una falsificazione storica, come tutto ciò che ha a che fare con il Priorato di Sion.

Comunque la si metta, l'ipotesi della discendenza dei Merovingi da Gesù non implicherebbe in alcun modo che Gesù fosse interamente umano, come spesso si sente dire. Secondo l'idea della Chiesa di Roma, Gesù avrebbe avuto due nature in sé: quella umana e quella divina. Quindi, seguendo questa contorta teologia, si potrebbe pensare credibile che Cristo abbia generato figli, ferma restando la sua resurrezione. Per questo motivo i Merovingi non furono condannati come eretici dal potere di Roma. Invece la religione Catara è ferma a questo riguardo: Cristo, che non mangiò col corpo e non ebbe un corpo di carne, non può in alcun modo aver emesso seme e procreato una discendenza di qualsiasi tipo. Una simile storia sarebbe stata rifiutata da tutti i Buoni Uomini come falsa e blasfema. 

sabato 8 gennaio 2022

L'OFISMO: UN'ANTICA FORMA
DI SINCRETISMO GNOSTICO

I sistemi gnostici dei Naasseni, detti anche Ofiti, hanno la peculiarità di ritenere il Serpente che tentò Eva come il Portatore di Conoscenza, ossia della capacità di distinguere tra Bene e Male preclusa al Demiurgo. Il Demiurgo Jaldabaoth, considerato inferiore al Vero Dio, è identificato con il Geova dell'Antico Testamento. Gli stessi nomi di questi gnostici sono molto interessanti. Ofiti viene dal greco ophis 'serpente', ed è a sua volta una traduzione letterale di Naasseni, dall'ebraico nahash, che pure indica il rettile strisciante.

Se vogliamo fare un confronto con le dottrine dualiste del Medioevo, risulta chiaro che il Catarismo non appartiene alla classe di sistemi gnostici ofiti, in quanto non ammette un ruolo positivo per il Serpente. Per l'Insegnamento dei Buoni Uomini, il Serpente è infatti il prodotto dalla bava di Satana-Geova, che ha insegnato ad Eva l'accoppiamento penetrandola con la coda. In ogni caso, comune al Catarismo e allo Gnosticismo dei Naasseni è la visione dello spirito gettato in un abisso di tenebra da cui non riesce più ad uscire. Questo è evidente ad esempio dalla lettura dell'inno tramandatoci da Ippolito nei Philosophoumena (V, 10, 2):

Gesù ha detto: Guarda, Padre.
Perseguitata dai mali, sulla terra,
Lontano dal tuo afflato essa vaga:
Cerca di fuggire il crudele caos,
E non sa come attraversarlo.

Per molti versi, i Naasseni si allontanavano dallo Gnosticismo di matrice cristiana, al punto che alcuni propongono di considerare la loro religione una forma di Gnosticismo pagano influenzato da elementi giudaizzanti. Ad esempio, il loro culto per il Serpente arrivava al punto che essi lo indentificavano addirittura con Cristo e lo credevano inviato dalla Sophia. Qualche studioso ha ravvisato nella mitologia anche influenze persiane ed egiziane. Oltre che in antiche forme di culto misterico pagano, le basi dottrinali dell'Ofismo sono da ravvisarsi in due brani biblici, uno dell'Antico Testamento e uno del Nuovo. Infatti in Numeri 21 si legge:

Il popolo disse contro Dio e contro Mosè: "Perché ci avete fatti uscire dall'Egitto per farci morire in questo deserto? Perché qui non c'è né pane né acqua e siamo nauseati di questo cibo così leggero". Allora il Signore mandò fra il popolo serpenti velenosi i quali mordevano la gente e un gran numero d'Israeliti morì. Allora il popolo venne a Mosè e disse: "Abbiamo peccato, perché abbiamo parlato contro il Signore e contro di te; prega il Signore che allontani da noi questi serpenti". Mosè pregò per il popolo. Il Signore disse a Mosè: "Fatti un serpente e mettilo sopra un'asta; chiunque, dopo essere stato morso, lo guarderà resterà in vita". Mosè allora fece un serpente di rame e lo mise sopra l'asta; quando un serpente aveva morso qualcuno, se questi guardava il serpente di rame, restava in vita.

In Giovanni 3, 14 si ha invece:

E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell'Uomo.

Sembra evidente che la stravagante identificazione del Serpente con Cristo poggia su un'interpretazione letterale di Giovanni 3, 14.

I Naasseni sopravvissero più a lungo di altri gruppi gnostici: Agostino di Ippona li descrive, affermando che praticavano l'allevamento dei serpenti, facendo poi sfiorare ai rettili il pane che usavano per un sacramento eucaristico. Dall'inizio del V secolo d.C. le tracce dell'Ofismo si perdono, a seguito della repressione sempre più aspra da parte dell'Impero ormai convertito al Cristianesimo niceno.
Non si conosce il nome del fondatore del movimento degli Ofiti. Tuttavia è certo che avevano una letteratura che comprendeva la Predica dei Naasseni e il Diagramma degli Ofiti. Questi due complessi testi teologici sono andati perduti, ma ne esistono descrizioni molto dettagliate nei lavori di due autori ostili: il pagano Celso e il cristiano Origene. Tra l'altro, il Catarismo ha numerosi elementi in comune con la teologia di Origene, tanto che secondo alcuni autori (Duvernoy et al.) sarebbe derivato storicamente dal monachesimo origenista e privo di connessioni dirette con lo Gnosticismo. In altre parole, gli elementi gnostici del Catarismo sarebbero frutto di una convergenza evolutiva. Le ipotesi di Duvernoy non sembrano in ogni caso del tutto convincenti. Credo che ci vorranno ancora molti anni di discussioni e di studio per fare un po' di chiarezza.

Nonostante la Chiesa di Roma avesse ordinato la distruzione di tutti gli scritti ofiti, qualcosa è stato possibile recuperare: tra i testi gnostici scoperti a Nag Hammadi nel 1945 qualcuno è da ascriversi ai Naasseni. Riporto infine un aneddoto. Un'amica che non sento da tempo mi ha raccontato una volta di un prete delle sue parti che in un'occasione avrebbe fatto una predica bizzarra attribuendo un ruolo positivo al Serpente. Anche se la notizia è quasi di certo inattendibile, la cosa mi suscita una qualche curiosità.