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mercoledì 24 agosto 2022


LE NOTTI DEL TERRORE 

Titolo originale: Le notti del terrore 
Titolo in inglese: Burial Ground 
AKA: The Nights of Terror, The Zombie Dead, 
      Zombi horror, Zombie Horror, Zombi 3   
Lingua originale: Italiano
Paese di produzione: Italia
Anno: 1981
Durata: 85 min
Genere: Orrore 
Sottogenere: Zombesco, etruscologico, incestuoso   
Regia: Andrea Bianchi (come Andrew White) 
Sceneggiatura: Piero Regnoli
Produttore: Gabriele Crisanti
Casa di produzione: Esteban Cinematografica
Distribuzione in italiano: Stefano Film
Fotografia: Gianfranco Maioletti
Effetti speciali: Gino De Rossi
Musiche: Elsio Mancuso, Berto Pisano
Trucco: Rosario Prestopino 
Segretario alla produzione: Mirella Cavalloro,
    Gianfranco Fornari 
Supervisore alla produzione: Marcello Spingi 
Reparto artistico: Giovanni Fratalocchi 
Tecnico sonoro: Umbreto Picistrelli 
Fotografo: Fabio Cavicchioli 
Reparto elettrico e telecamera: Paolo Cavicchioli, 
    Gianni Marras 
Continuità: Paola Villa 
Interpreti e personaggi: 
    Wilma Truccolo: Janet
    Gianluigi Chirizzi: Mark
    Simone Mattioli: James
    Antonella Antinori: Leslie
    Roberto Caporali: George 
    Mariangela Giordano: Evelyn 
    Pietro Barzocchini: Michael (come Peter Bark)
    Claudio Zucchet: Nicholas
    Anna Valente: Kathryn
    Raimondo Barbieri: Professore* 
    *Secondo IMDb.com sarebbe invece Benito Barbieri
    accreditato come Renato Barbieri, in contrasto con 
    quanto riportato da Wikipedia in italiano. 
Titoli in altre lingue: 
   Tedesco: Die Rückkehr der Zombies 
   Francese: Le Manoir de la terreur 
   Siciliano: Li notti du tirruri  
   Finlandese: Hautaholvi Helvettiin 
   Russo: Могильный холм 

Trama: 
Uno scienziato dalla barba imponente è ossessionato dai segreti degli Etruschi e studia un'antica cripta vicino a una grande villa. Nel corso degli scavi scatena accidentalmente un'antica maledizione malvagia. Il maleficio rianima i morti sepolti nella necropoli e gli zombie risorgono per divorare le interiora di colui che li ha evocati. 
Nello stesso giorno, il ricco castellano George visita la sua nobile tenuta di campagna insieme alla sua amante Evelyn e al grottesco figlio adolescente Michael, un essere nanesco e macrocefalo danneggiato dal conflitto di Edipo. Altri ospiti sono due coppie di amici, giunti per trascorrere una vacanza vacanza serena e spensierata. Il gruppo è inizialmente sorpreso dall'assenza del bizzarro scienziato che aveva promesso loro una buona notizia, ma presto prendono la propria strada. Separatamente, nel tardo pomeriggio le coppie fanno lunghe passeggiate nell'adiacente parco del castello.
Nel frattempo, le creature semidecomposte, gravemente lesionate e aggredite dai vermi, si alzano e camminano con decisione, emettendo strani rumori. La loro prima vittima è George, che, nonostante sia armato e opponga una strenua resistenza, viene circondato dalle creature e ucciso nel vicino padiglione. Prima di spirare, era riuscito con abnegazione a distrarre i mostri da Evelyn e Michael, che hanno colto l'occasione e sono fuggiti. Contemporaneamente anche le altre due coppie fanno la "conoscenza" involontaria dei cadaveri vivi, salvandosi per il rotto della cuffia fuggendo verso il parcheggio o nel castello. Lungo la strada l'attraente Janet cade in una tagliola e si ferisce in modo atroce un piede. Il suo amico, il fotografo Mark, dopo aver respinto un attacco di morti viventi, finalmente la libera dalla lama e cerca di condurla in salvo. 
Il gruppo si barrica nella villa assieme al personale di servizio. La fuga con le auto sembra impossibile, perché gli zombie, dando prova di un'intelligenza sinistra e inquietante, hanno tagliato le gomme. I morti viventi iniziano il loro assedio dopo il tramonto e mostrano livelli insolitamente alti di cooperazione e d'ingegno, riuscendo ad usare strumenti come le asce per sfondare le porte. Ogni volta che la situazione sembra essersi un po’ calmata, le creature riprendono le loro incursioni con immutata ferocia. Oltre all'uso degli strumenti, questi esseri ripugnanti possiedono anche inaspettate capacità di arrampicata, tanto da fare diverse vittime tra la servitù. Diventa presto chiaro che il rifugio, percepito come sicuro, non può resistere all'assalto dei cadaveri in decomposizione. Il grottesco Michael, dal cranio angoloso e deforme, simile a un'incudine, ha così tanta paura che cerca la vicinanza e l'amore di sua madre. La tocca avidamente, fa di tutto per palparle i seni morbidissimi, per prenderle in bocca i capezzoli e ciucciarli. Al culmine della sua passione incestuosa, le mette le mani tra le gambe, facendosi strada fino a quell'umido e tiepido passaggio da cui tempo prima era uscito come feto! La madre, turbata dalle avance del figlio, gli fa capire che non tollererà in alcun modo questo rapporto incestuoso. Michael rimane sconvolto dal rifiuto della donna che lo ha messo al mondo. Poco tempo dopo, il ragazzo disturbato viene ucciso e cannibalizzato dalla domestica Leslie, che era morta e ora è risorta come zombie, prima di cadere anch'essa vittima di Evelyn, che si vendica fracassandole il cranio. Nel frattempo, l'edificio nobiliare viene invaso da un'orda di zombi, così numerosi da non poter essere fermati. Il gruppo decimato decide di attirare tutti i mostri nell'edificio per ottenere così un vantaggio sufficiente per la fuga imminente. Il loro piano riesce, così scappano. 
All'alba, Mark, James, la traumatizzata Evelyn e la ferita Janet raggiungono quello che sembra essere un monastero sicuro, ma a un esame più attento si rivela essere una roccaforte degli zombie: i fratacchioni sono stati contaminati e trasformati in cadaveri deambulanti! In una sala di preghiera, James viene sopraffatto e le sue viscere sono divorate da un'orda di creature demoniache che vestono ancora il saio bruno. Come risultato di questo atto, consumato tra forti urla, anche lui si trasforma in uno zombie affamato di carne, mentre i tre sopravvissuti scappano. La loro odissea li porta in un'opificio lì vicino, anch'esso popolato da zombie. Tra questi esseri dell'Inferno c'è il risorto Michael, che non sembra toccato dalle forze ctonie della decomposizione. Non sembra appartenere a CALU. La sua pelle è rosea e florida. Piena di gioia materna, Evelyn lo prende tra le braccia, credendo che le sia stato davvero restituito dall'Ade. A questo punto Michael le morde il seno, la strazia e la uccide brutalmente. Alla fine delle sequenze, anche Janet e Mark vengono circondati e sommersi da un gran numero di zombie famelici. Non è fornita alcuna informazione su dove si trovino a questo punto. 

Citazioni: 

"Sembrano corrosi dal tempo!"
"È incredibile: dei mostri viventi!" 
"Mamma, questo coso odora di morte!" 

  
Recensione: 
Il filone incentrato sugli Etruschi aveva una certa importanza nel complesso universo dei B-movie italiani. Ad affascinare il pubblico era il mistero impenetrabile di questa civiltà scomparsa, percepita come lugubre, rivolta interamente all'Annientamento e proiettata in un Oltretomba incubico, infernale. In altre parole, una civiltà della Morte Eterna. Il lavoro di Andrea Bianchi ha una sua peculiarità degna di nota: a quanto ne so, è l'unico film "etruscologico" a trattare il tema degli zombie. Inoltre introduce un'ulteriore innovazione. Dà agli zombie una marcia in più, rendendoli in qualche modo sociali e tecnologici. Il morto vivente classico non è in grado di comunicare né di aggregarsi ai suoi simili lavorando per un fine comune, così come si dimostra incapace di servirsi di utensili. Ne Il giorno degli zombi (Dawn of the Dead, 1985), George A. Romero ci mostra un morto vivente che riesce ad usare una pistola, ma in seguito a un intenso addestramento e con grande fatica. Le notti del terrore pullula di morti viventi in grado di usare spontaneamente falci, asce, forconi e addirittura di cooperare per fondare un portone servendosi di un tronco come ariete. Indubbiamente si è prodotto qualcosa di nuovo, che però non ha potuto svilupparsi. Non è stato capito il genio. I film devono essere classificati per regista, non per genere, come molti si ostinano a fare. Pochi sanno che Andrea Bianchi, a cui si deve questa buona pellicola zombesca, ha diretto anche una ventina di film pornografici. Cosa ha a che fare la produzione porno con una pellicola horror come questa? A unire tutti i film biancheschi è sicuramente lo stile: una particolare luce cupa che pervade ogni meandro della creazione cinematografica. La critica, velenosa, odia mortalmente questo regista ispirato e inveisce, giudicando immondizia le sue opere. Me ne frego delle opinioni di simili mezze calzette e insorgo contro di loro: Le notti del terrore è un capolavoro immortale! Non m'interessa se i mezzi sono trash e minimalisti (corpi di morti viventi che sembrano di cartapesta, cervelli colanti che sembrano gelato alla fragola squagliato al sole, interiora fatte di liquame di uova marce, etc.). L'idea che anima il tutto è sublime! 


Rituali dell'Immortalità 

Era credenza degli Etruschi che ci fosse la possibilità concreta di ottenere l'immortalità recitando apposite formule. Chi si fosse trovato a dire le giuste parole davanti agli Dei, avrebbe avuto in automatico la Vita Eterna. Non esistevano requisiti morali di alcun tipo: una persona sadica e malvagia che avesse recitato correttamente ogni sillaba, avrebbe vinto la Morte. Queste formule sinistre non ci sono giunte, sappiamo soltanto che sono esistite. Sarebbe stato molto interessante poterle analizzare per amore della Conoscenza e della Filologia. Com'è ovvio, non si può credere che abbiano alcuna efficacia. Del resto, il film di Andrea Bianchi dovrebbe essere un monito sempiterno verso che si illuda di poter far durare oltre ogni limite la condizione dell'esistenza terrena. 
 

Morbosità estrema 

Anche se appena abbozzati, i contenuti incestuosi sono sconvolgenti. Una volta che li si è visionati, restano per sempre stampati nella memoria! Pietro Barzocchini (anglicizzato in Peter Bark) è l'attore che ha interpretato il figlio della sensualissima Evelyn, perennemente sconvolto da incalzanti pulsioni edipiche. A dispetto delle apparenze, non era affatto un bambino. In realtà era un adulto affetto da una forma di nanismo ipofisario. All'epoca delle riprese aveva circa 26 anni (è nato nel 1955) e si può ben immaginare che fosse capace di poderose erezioni. Il regista ha fatto ricorso all'utilizzo di un attore adulto perché doveva aggirare leggi che impedivano di impiegare minorenni in scene dai contenuti erotici o violenti. Dal canto suo, sembra che la splendida Mariangela Giordano non abbia particolarmente apprezzato il proprio ruolo basato sulle fantasie d'incesto dell'attore nanesco. In particolare, a proposito della sequenza del seno strappato a morsi, ha dichiarato quanto segue: 
 
"Quella scena era così ridicola. Non riuscivo quasi a mantenere la faccia seria. Avevo un seno di gomma adattato al mio, che sembrava così finto che non posso credere che qualcuno lo prendesse sul serio!"  

Mentre la Giordano ha potuto godere di una carriera cinematografica lunga e varia, così non è stato per Barzocchini, che in qualche misura è stato colpito dallo stigma. Se è vero che l'interpretazione nel film di Bianchi gli ha dato una certa notorietà, questa non è stata certo positiva. Il pubblico italiano ha una mentalità molto chiusa e piena di pregiudizi, non apprezza questo genere di cose. Ha il terrore superstizioso. La Giordano è stata considerata una vittima innocente delle attenzioni del figlio malefico, ritenute "disgustose" e in grado di far adirare l'Artefice. La colpa della rappresentazione scenica dell'incesto è quindi ricaduta interamente su Barzocchini. Perché tutto questo? Semplice: il pubblico mostra più facilmente clemenza verso una bella donna che verso un uomo dai tratti inusuali. 


Adozione zombesca 

L'opinione comune del pubblico e della critica è che gli zombie etruschi a un certo punto si siano travestiti da frati, indossando sai marroni, allo scopo di far cadere in trappola i fuggitivi. Mi stupisce che sia fatta un'ipotesi così contorta. Sono convinto che la spiegazione sia molto più semplice e diretta: gli zombie etruschi hanno contaminato i frati, trasformandoli a loro volta in morti viventi. Sappiamo che le persone uccise dagli zombie etruschi sono destinate ad essere assimilate a loro, a condividerne l'atroce destino. Si può parlare di una vera e propria adozione. Il bambino grottesco e incestuoso, una volta ucciso, diventa a tutti gli effetti uno degli zombie, anche se non sono presenti segni di decomposizione sul suo corpo abnorme, inquietante, orribile. È come se gli zombie, sia quelli etruschi che quelli adottati, formassero un tutt'uno, parti diverse di un unico essere animato dalla volontà dell'Ade!  

 
Le profezie del Ragno Nero 

Secondo Renzo Baschera, studioso di paranormale e misteriologia, il Ragno Nero era una persona reale ed era davvero un profeta. Era un oscuro monaco bavarese, vissuto nel XVI secolo; voci sparse lo danno invece per austriaco o addirittura italiano. Il suo vero nome ci è sconosciuto; un commentatore in IMDb.com ipotizza che si chiamasse Federico Martell, senza specificare la fonte della sua illazione. Il soprannome del monaco profetico derivava dalla sua abitudine di siglare ogni foglio da lui manoscritto con il disegno di un ragno nero, sopra al testo. Avrebbe predetto con sorprendente precisione una lunga serie di luttuosi eventi futuri come le due bombe atomiche sganciate sul Giappone a Hiroshima e Nagasaki, il disastro di Chernobyl e la pandemia di AIDS. Le sue previsioni, classificate per anno, arrivano fino al 2042, in cui colloca una "Grande Trasformazione", seguita dall'Era dello Spirito (nello stile di Gioacchino da Fiore). La "profezia" mostrata nel cartello alla fine del film, tuttavia, è apocrifa. Questo è il testo in inglese, che riporto con i refusi originali ("nigths" per "nights"; "profecy" per "prophecy"): 

The earth shall tremble... 
graves shall open...
they shall come among the living 
as messengers of death and there shall be
the nigths of terror... 
"Profecy of the Black Spider"

Traduzione: 

La Terra tremerà... 
le tombe si apriranno... 
verranno tra i vivi 
come messaggeri di morte, e ci saranno
le notti di terrore... 
"Profezia del Ragno Nero" 

Va notata una cosa alquanto singolare: delle profezie del Ragno Nero, pubblicate dallo stesso Baschera, che ne sarebbe lo scopritore, ci è ignoto il testo originale. Il mondo accademico le giudica falsi grossolani, della cui reale esistenza non esistono prove concrete - mentre sono numerosi gli indizi che siano una fabbricazione (le profezie sono chiarissime fino all'anno dell'edizione di Baschera, non esatte o incomprensibili per gli anni seguenti; non sembrano essere conosciute nel mondo germanico, etc.). Il nome tedesco del Ragno Nero, che dovrebbe essere Die Schwarze Spinne (Spinne "ragno" è di genere femminile!), viene spesso riportato in modo erroneo e non grammaticale, come Der Schwarze Spinne o addirittura Schwarzer Spinner. Nel Web si trova una gran confusione sull'ordine di appartenenza del monaco: c'è chi lo vuole Cistercense, chi Francescano. Nonostante queste gravi difficoltà, tra i cattolici tradizionalisti esiste la tendenza a considerare autentico il materiale in questione. Si giunge a una desolante conclusione. Andrea Bianchi ha composto un passo apocrifo attribuito a un testo con ogni probabilità a sua volta apocrifo. 

Curiosità 

Il set del laboratorio visto al culmine del film è presente anche in Inferno (1980) di Dario Argento, in Contamination - Alien arriva sulla Terra (1980) di Luigi Cozzi e in Apocalypse domani (Cannibal Apocalypse, 1980) di Antonio Margheriti. Era un set di interni situato proprio nei Des Paolis Studios di Roma. 

Uno degli zombie indossa chiaramente una maschera di Frankenstein di Boris Karloff con abbondanza di sangue e una parrucca aggiunta per oscurarne le origini. 

Il film è stato girato a Villa Parisi, già Villa Taverna Parisi-Borghese, a Monte Porzio Catone, nei pressi di Roma. È una delle dodici Ville Tuscolane. Per molti anni vi abitò Paolina Bonaparte, moglie del principe Camillo Filippo Ludovico Borghese. Se non ricordo male, era quella che ha posato nuda per una statua di Venere, mostrando le tette prosperose. Nel 1966 a Villa Parisi fu girato in gran parte il film La lama nel corpo, diretto da Elio Scardamaglia con lo pseudonimo di Michael Hamilton. Nel 2019 il regista Dean Craig vi ha girato il film Un amore e mille matrimoni, una deprecabile commedia romantica con Sam Claflin, Olivia Munn ed Eleanor Tomlinson. 

Le riprese del film bianchesco sono durate in tutto quattro settimane. Il Tricolore è visibile in una delle stanze in cui gli zombie attaccano. 

Errori 

L'acconciatura della bionda Janet cambia continuamente nel corso del film, anche tra un'inquadratura e l'altra di alcune scene. A volte ha i capelli crespi, a volte sono lisci.

Quando Michael viene mostrato morto, ucciso da Leslie, una delle sue braccia è stata rimossa. Si vede che la stessa assassina sta masticando la carne dell'arto amputato. Tuttavia, quando Michael ritorna come zombie nel finale del film, ha entrambe le braccia intatte.

Ad un certo punto, un personaggio dichiara giustamente che sparare alla testa degli zombie è l'unico modo per ucciderli, anche se non viene spiegato come sia arrivato ad avere questa informazione. Spara e uccide alcuni zombie con un fucile, poi dice che sono rimasti solo due proiettili. Quando gli zombie irrompono nella villa, il fucile e la tattica vengono presto dimenticati. Alla fine del film Mark colpisce gli zombie senza una logica, ma ormai dovrebbe sapere che l'unico modo per ucciderli è distruggere loro la testa.

Quando i sopravvissuti nella villa sono circondati su tutti i lati da zombie mangiatori di carne, in grado di usare strumenti, a un personaggio viene un'idea incongrua. Suggerisce così che gli zombie potrebbero semplicemente volere qualcosa che si trova nella casa. La sua soluzione è quindi aprire le porte e lasciarli entrare. Non che abbia importanza, dato che gli zombie sanno come usare un ariete con cui presto forzano la porta d'ingresso. Inoltre, la teoria secondo cui gli zombie desidererebbero qualcosa oltre a mangiare carne umana non viene mai ulteriormente spiegata. 

Ad un certo punto entrambi i gruppi di sopravvissuti si riuniscono davanti al castello con tre zombie visibili. Si sente una donna chiedere "dove andiamo adesso?", e lo zombie più vicino nell'inquadratura alza chiaramente la mano sinistra e indica con entusiasmo nella direzione e tutti corrono in quella direzione.


Critica 

Consiglio agli eventuali lettori, giunti in questo antro solitario, la lettura del cut-up ricavato dai commenti apposti sul famoso sito di critica cinematografica Il Davinotti


"Perla imperdibile del trash italiano che vanta numerosissimi estimatori" 
"Il fascino del brutto colpisce ancora, in questo imperdibile B-movie"
"Mega-cult del trash nostrano"
"Se siete in cerca di crasse risate questo è il film che fa per voi" 
"i dialoghi ridicoli, gli attori impresentabili, l'inverosimiglianza di alcune situazioni (frutto di una sceneggiatura pessima e grossolana) contribuiscono a renderlo indimenticabile" 
"Bianchi infiamma la libido con un'opera zozza e morbosissima, dove salta fuori l'indole del regista di Cora e La moglie di mio padre
"Effetti splatter artigianali ma copiosi, recitazione terribile da parte dell'intero cast, scene di una ridicolaggine quasi ricercata, incesti edipici con attori nani in vece di bimbi, dialoghi che brillano di luce propria"
"il putridume alla Oltretomba è servito con portate di puro weird marcio e puzzolente e l'ossessione incestuosa resta un must"
"squallidissimo, accatastato su una sceneggiatura (di Piero Regnoli) pressoché inesistente" 
"Va riconosciuto: per scalcinato che sia l’acting, il necro-serraglio etrusco di Bianchi un timor panico più certo che vago lo incute ancora oggi: un lebbrosario deossoriano, un défilé di putredo che i morituri romerian-fulciani te salutant" 
"lo zombi etrusco qui proposto (credo peraltro unico caso nel cinema) per i canoni di allora è assolutamente convincente" 
"Risvegliare il sonno dei morti (etruschi in questo caso) non sembra una grande idea" 
"Una zombata pazzesca" 
"Lo script del matusa dei generi, Piero Regnoli, è carne putrida più che riscaldata, di cui il sig. Bianchi compie perfetto apocalittico macello" 
"Zombie-movie all'amatriciana (anzi alla coratella) con un'atmosfera generale fra il demenziale e l'assurdo, ma non priva di qualche attrattiva divertente"
"Uno dei capisaldi dell'horror-trash nostrano" 
"Pessimo" 
"Bianchi annienta da subito ogni logica ammannendoci (ex abrupto) adolescenti inquieti, copule, magie etrusche e frati zombi putrescenti" 
"L'incedere del film, ipnagogico e macilento, è quello stesso degli zombi"
"Con assoluto mestiere Bianchi concilia "alla perfezione" erotismo patinato, pulsioni incestuose ed esplosioni ultra-splatter"
"Esilaranti la pistoletta con ben undici colpi e l'inopinata tagliola. Non male il trucco dei mortacci"
"Allucinante, indifendibile, quindi prezioso"
"Paradossalmente assume un certo fascino malgrado la pochezza che lo caratterizza e la completa assenza di trama"
"Bravo Andrea Bianchi!"
"Il narrato, che appiattisce il fantastico en plein air tra fontane e roseti, è oscenamente pedestre" 
"Non lesina in quanto a teste fracassate e smembramenti con tanto di frattaglie sempre in bella vista oltre che a zombi a non finire" 
"Mistico" 
"È un oggetto che lascia ipotizzare un composto di immagini plasmate secondo idee in libertà di cinema eversivo (a suo modo, ovviamente)" 
"Il più assurdo degli zombie-movie made in Italy e quindi, trashisticamente parlando, il più imperdibile"
"la violenza e lo splatter che malgrado tutto nel finale inquietano"
"Qui gli zombi sono evoluti (prima di Romero, chissà?): usano falci, martelli, picconi e addirittura travestimenti" 
"I soldi sono pochi e Bianchi non si perde in chiacchiere" 
"Bistrattata da molti per l'animo trash e amatoriale, la pellicola lascia invece il segno per questo suo modo di essere che rende le atmosfere più morbose, acide, malsane" 
"Conoscendo il pedigree di questo film, perfino all'estero, è impossibile aspettarsi neanche lontanamente un erede di Fulci" 
"la pellicola sconfina nello splatter e nell'eccesso di dettagli ripugnanti (zombie con i vermi, banchetti di interiora umane) che inutilmente cercano di coprire la modestia complessiva dell'opera"
"Film imprescindibile per tutti gli amanti del cinema trash italiano" 
"Indimenticabile (!) il personaggio del "piccolo" Michael, specialmente nel suo ricongiungimento finale con la madre"
"Il film più trash che i mie occhi abbiano mai visto" 
"Il film m'è piaciuto parecchio" 

lunedì 22 agosto 2022


L'ASSEDIO DEI MORTI VIVENTI

Titolo originale: Children Shouldn't Play with Dead Things 
AKA: Revenge of the Living Dead; Things from the Dead; 
    Zreaks 
Lingua originale: Inglese 
Paese di produzione: Stati Uniti d'America
Anno: 1972
Durata: 87 min
Genere: Orrore, commedia nera  
Sottogenere: Zombesco, satanico 
Regia: Bob Clark (come Benjamin Clark) 
Soggetto: Bob Clark
Sceneggiatura: Alan Ormsby
Produttore: Bob Clark, Gary Goch
Produttore esecutivo: Ted V. Mikels, Peter James
Casa di produzione: Geneni Film Distributors
Fotografia: Jack McGowan
Montaggio: Gary Goch
Musiche: Carl Zittrer
Scenografia: Forest Carpenter
Trucco: Benita Friedman, Lee J. O'Donnell, Alan Ormsby, 
    Judy Whalen 
Reparto artistico: Ken Goch, Gene McCullum,
    David Trimble 
Reparto sonoro: Jim Clark, Henri Lopez 
Cineoperatore: Randy Franken 
Fotografo: Tony Gulliver 
Assistente alla telecamera: John McGowan 
Direttore della fotografia: Michael McGowan 
Elettricista: Robert Goggins, Chester Phebus 
Continuità: Sandra Marley 
Assistente alla produzione: Joe Bonvosu, Mike Harris, 
    Oliver Rish 
Interpreti e personaggi: 
    Alan Ormsby: Alan
    Valerie Mamches: Val
    Jeff Gillen: Jeff
    Anya Ormsby: Anya
    Paul Cronin: Paul
    Jane Daly: Terry
    Roy Engleman: Roy
    Robert Philip: Emerson
    Bruce Solomon: Winns
    Seth Sklarey: Orville Dunworth 
    Bob Sherman: Zombie 
    Curtis Bryant: Zombie 
    William R. "Bob" Smedley: Lo zombie più alto 
    Debbie Cummins: Zombie 
    Gordon Gilbert: Zombie 
    Peter Burke: Zombie 
    Chester Phebus: Zombie 
    Stuart Mitchell: Zombie 
    Lee J. O'Donnell: Zombie 
    Jack Sohmer: Zombie 
    Sandra Laurie: Zombie 
    Camille MacDonald: Zombie 
    Brendan Kenny: Zombie 
    Jean Clark: Zombie  
    Al McAdams: Zombie 
    Jane McAdams: Zombie 
    Stephanie Solomon: Zombie 
    Carl Richardson: Zombie 
    Paula Hoffer: Zombie 
    Andy Herbst: Zombie 
    Trey Ward: Zombie 
    Harry Boehme: Zombie 
    Heywood Banks: Zombie 
Budget: 50.000 dollari US 


Trama: 
La storia è incentrata su una squallida troupe teatrale che nottetempo viaggia in barca fino a raggiungere una piccola isola al largo della costa di Miami, utilizzata principalmente come cimitero per criminali d'ogni tipo: assassini, stupratori, psicopatici e quant'altro. L'intento dei guitti è quello di trascorrere una notte di divertimento e di giochi. Il loro direttore, Alan, è un individuo contorto e sadico, con l'ispida barbetta corvina e uno sguardo spiritato, luciferino. Indossa abiti sgargianti come un lanzichenecco. Il gruppo - che definisce i suoi "bambini" - è composto da Anya, Emerson, Jeff, Paul, Roy, Terry, Val e Winns. L'esagitato direttore parla senza sosta, raccontando numerose storie macabre relative alla tetra storia dell'isola e agli infami abitanti sepolti nel molle terriccio di morte. 
Cercando un luogo in cui pernottare, Alan conduce i suoi "bambini" in un cottage abbandonato, quindi apre una cassa che hanno portato con sé, indossa una veste cerimoniale e li prepara per un'evocazione a mezzanotte - con la minaccia di licenziare tutti se non fanno ciò che vuole. A mezzanotte, dopo aver dissotterrato il corpo di un uomo di nome Orville Dunworth, Alan usa un grimorio e inizia un rituale satanico, invocando il Maligno per resuscitare i morti. Anche se l'intento originale del rituale doveva essere solo uno scherzo di cattivo gusto, l'istrionico Alan sembra molto deluso dal fatto che non succeda nulla, così commette l'errore di insultare Satana. 
L'estenuante festa continua e Alan arriva ad estremi inaudito allo scopo di degradare gli attori, manipolando il cadavere di Orville e usandolo per le sue battute malate. Poi, però, all'improvviso, animati dal funesto rituale, i morti ritornano davvero in vita e costringono la troupe a rifugiarsi nella vecchia casa. In un ultimo disperato tentativo, il terrorizzato Alan tenta di leggere un altro incantesimo dal libro dei morti per riportare gli zombie nelle loro tombe. All'inizio sembra funzionare e i morti viventi iniziano a ritirarsi nella foresta. Tuttavia, non avendo rispettato la regola di riportare il cadavere di Orville nella sua tomba, gli zombie riprendono ad emergere e tendono un'imboscata al gruppo che sta lasciando la casa. Jeff e Val vengono uccisi, mentre Alan e Anya si ritirano di nuovo da dove sono usciti. Nonostante abbiano barricato la porta, gli zombie riescono ad irrompere, inseguendoli per le scale. Nel tentativo di salvarsi, Alan lancia Anya agli zombie. I morti viventi continuano però a concentrare la loro attenzione su di lui e a inseguirlo. Il folle pensa di salvarsi chiudendosi nella camera da letto dove ha lasciato il cadavere di Orville. Ora scopre che anche Orville si è animato, così attacca e lo abbatte, seguito dagli altri zombie che sfondano la porta. 
Mentre scorrono i titoli di coda del film, gli zombi salgono a bordo della barca di Alan. Le luci di Miami brillano sullo sfondo. 


Recensione: 
Volendo approfondire la filmografia di Bob Clark, questo film ha richiamato la mia attenzione. È stato girato subito dopo La morte dietro la porta (Deathdream, 1972), che ho apprezzato in modo particolare e che è stato distribuito nello stesso anno. Ho visto L'assedio dei morti viventi in spagnolo, lingua molto altisonante, che è in grado di irritare i timpani e i nervi acustici, specie se si è costretti ad ascoltare i discorsi ininterrotti di un guitto privo di senno. Direi che non è stata un'esperienza molto soddisfacente. Forse per questo, oltre che per il fatto che gli zombie appaiono con deprecabile ritardo, mi sono maldisposto. Certo, c'è da ammirare il nero siderale che percola come petrolio nel corso delle sequenze, come se il sole fosse morto per l'eternità e avesse lasciato il suo dominio al gelo dell'Estinzione Universale. Il finale ci mostra i prodromi di una pandemia zombesca che divorerà il mondo intero! I morti viventi, in grado di lasciare l'isola servendosi di barche, porteranno l'infezione dovunque! C'è qualche buona idea. Non è da buttar via il matrimonio tra l'enfatico officiante satanico e il cadavere di Orville (siamo ai confini della necrofilia!); peccato che le scintille creative siano soffocate in un mare di fuffa e banalizzate da un onnipresente clima di irrisione. In estrema sintesi si tratta di un racconto morale (morality tale), la cui sostanza non si discosta molto da quella del Toby Dammit di Edgar Allan Poe: non bisogna mai scherzare con ciò che non si conosce. 

Alan Ormsby è costantemente sopra le righe, come se avesse fiutato un quantitativo immane di bamba. È uno che ha sempre addosso la scimmia. Notevole  l'interpretazione dell'allucinata Anya Ormsby, che ha gli occhi strabuzzati come quelli dell'ineffabile Teocoli. La fissità dello sguardo della giovane donna ha qualcosa di agghiacciante, forse anche a causa dello strabismo e del colore chiaro degli occhi. In preda all'esaltazione, enuncia concetti New Age particolarmente stupidi e molesti: "Quello che la gente percepisce come cattivo nei fantasmi e negli spiriti è solo un riflesso del proprio male. E della propria paura. Le persone creano i propri demoni." Poi, alla fine, viene gettata agli zombie dal suo brillante ganzo, sbudellata e divorata viva. Le sue baggianate New Age non la salvano. 

Una reminiscenza baviana! 

A un certo punto (non ricordo il minuto e non ho intenzione di rivedere il film), nella casa in cui trovano scampo l'attore megalomane e i suoi adepti, vediamo una scala a chiocciola per gli Inferi, estremamente simile a quella vista in Operazione paura (1966), di Mario Bava. Potrei essere il primo a segnalare la cosa: finora non ho trovato nessuno che ne abbia parlato nel Web. 

Alcuni comuni equivoci

Se un testo di evocazione dei Demoni non è enunciato in una lingua arcana, come ad esempio l'Enochiano, non potrà mai sortire effetto alcuno. Purtroppo nella Settima Arte si tiene conto di rado di questa verità. Le "formule" in lingua volgare, quotidiana, come quelle usate da Alan, servono meno della carta igienica imbrattata. Tramite la magia nera si possono soltanto arrecare danni. Non si possono ottenere beni o vantaggi di sorta. Inoltre, cosa non meno importante, non esistono contro-evocazioni. La sola idea di evocare potenze del Male per poi ricacciarle indietro è stupida come pensare di infilare la merda nel culo da cui è stata defecata!  


Critica 

Marcel M.J. Davinotti Jr. definisce questo film "uno dei primi figli (non degeneri) del classico di Romero che aprì una nuova via al cinema horror". Credo che l'inciso "non degeneri" sia frutto di eccessiva magnanimità. La conclusione del critico è questa: "Purtroppo la povertà di mezzi è evidente, la fotografia scadente e il cast non proprio il massimo". "Eppure, a tratti, funziona", aggiunge. Certo che qualcosa funziona, per qualche manciata di secondi - purtroppo a film molto inoltrato! 
Riporto in questa sede giusto qualche opinione sparsa. Questa volta il cut-up davinottiano è abbastanza magro.


"Bizzarro zombie-movie dei primi '70"
"Curioso zombie-movie di Clark che si fa notare specialmente per il clima abilmente giostrato fra il lugubre e il buffo" 
"La gestione dei tempi è pessima (si arriva all'attesa svolta romeriana solo dopo un'ora)" 
"Discreto anche il make up, grottesco il giusto"
"Se Clark si fosse limitato a girare un mediometraggio, sicuramente l'opera ne avrebbe beneficiato" 

In Rete si trovano poche altre perle: 

"come se non bastasse leggono delle strane formule sul Manuale delle Giovani Marmotte sperando di resuscitare qualche morto"
(Mklane, letto su Cineastio.it

"Uno dei primi film di Bob Clark più tardi dedito alla saga dei Porcelloni" 
(letto su Mymovies.it

Il riferimento al clarkiano Porky's - Questi pazzi pazzi porcelloni (Porky's, 1981) ricorre anche in un commento dell'utente Gianfry su Filmscoop.it

"E' interessante notare come il regista Bob Clark, dopo questo film e altre due piccole perle dell'horror seventies (Black Christmas e La Morte Dietro la Porta) si sia dedicato poi negli anni '80 alla saga dei porcelloni (Porky's). Curiosita: il protagonista Alan Ormsby, assieme all'attore Jeffrey Gillen (quello più grasso) dirigerà l'anno seguente uno dei film a tema necrofilo più malsani della storia del cinema: "Deranged"." 

In conclusione, possiamo dire che il film zombesco di Clark sia quasi ignorato nel Web.


Curiosità 

Alan Ormsby e Anya Ormsby erano sposati al momento della realizzazione di questo film. Non mi si dica che il nepotismo è esclusivo dell'Italia! 

I nomi sulle lapidi sono quelli dei vari membri della troupe. Le stesse pietre tombali sono state realizzate in polistirolo, di marmo non c'è nemmeno l'ombra. Tutto si è svolto in estrema economia, sia di risorse che di tempo. La sceneggiatura è stata scritta in soli 10 giorni. 

La guida del 1990 "Uranian Worlds: A Guide to Alternative Sexuality in Science Fiction, Fantasy, and Horror" di Eric Garber e Lyn Paleo elenca questo film come uno dei primi film horror a mostrare personaggi maschili omosessuali in luce positiva (sebbene stereotipati), con anche un ruolo importante nella trama. Con l'aiuto di due sodomiti truccati da cadaveri, Alan fa uno scherzo pratico agli altri personaggi che li spaventa così tanto che uno di loro si piscia addosso. 

Un progetto insensato 

Nel 2005 (secondo IMDb.com nel 2007), preso da un attacco di insania, il regista avrebbe voluto produrre un remake della sua stessa opera; non ci riuscì a causa della sua morte in un incidente d'auto. Un remake in meno! In seguito, la Gravesend Film Enterprises tirò ancora in ballo questa idea inutile e deleteria del rifacimento, annunciando l'inizio delle riprese nel 2012, con la regia di Tom Savini e la sceneggiatura di Drew Daywalt. Per fortuna il progetto sembra essere finito in niente. Visto che qualcosa è andato storto, Savini si è giustamente occupato d'altro. Riporto in questa sede le sue stravaganti dichiarazioni: 

"Voglio creare qualcosa di unico e interessante e voglio anche portare gli zombie a un nuovo livello. I migliori zombie degli ultimi tempi sono stati quelli che Greg Nicotero ha creato per The Walking Dead. Sono favolosi... i migliori che abbia mai visto. Ma gli zombie in Children non sono i tuoi morti viventi del tipo sono-appena-morti-e-ora-sono-zombie-per-strada. Sono già morti da un pezzo, a volte da molto tempo. Quindi non sono solo zombi, sono cadaveri - cadaveri che camminano - ed è questo che voglio mostrare, ciò di cui voglio spaventarvi. C'è poco che puoi fare al viso, alle mani, al petto e ai vestiti degli zombie per renderli spaventosi, ed è ciò che Greg ha fatto in modo così magnifico - e questo è sempre stato l'handicap nel fare un film sugli zombie. Con la nuova versione di Children Should'nt Play With Dead Things, vogliamo rendere nuovamente spaventosi gli zombie." 
(Fonte: upcominghorrormovies.com)

Reputo Savini un genio per i suoi meriti dei tempi in cui collaborò con George A. Romero, ma non riesco a capire questa necessità di ricicciare sempre le stesse cose, ad infinitum. Fa parte dell'ansia di "riscrivere la storia", una malattia spirituale tipica di questi tempi malati. Mi sento di far notare alcune cose:  
1) The Walking Dead è in sostanza una commediola leggerella in cui ci sono gli zombie; 
2) Savini parafrasa le parole del Ciuffo di Zabaione, Donald Trump: il saviniano "we want to make zombies scary again" è un evidente calco del più famoso slogan politico "Make America great again" (che era stato usato anche da Bill Clinton e da Ronald Reagan). 

Il punto è questo: se gli zombie non terrorizzano più, non è che si possa risolvere il problema con l'ennesimo remake! Si deve piuttosto pensare a qualcosa di nuovo! Siamo sempre daccapo. I produttori, che sono avari, avidi e meschini, non vogliono rischiare nulla, hanno paura della loro ombra, hanno paura delle idee, non hanno il coraggio di rompere il loop infinito, etc. Meritano diarrea eterna e damnatio memoriae

martedì 16 agosto 2022


MILANO CALIBRO 9

Titolo originale: Milano calibro 9 
Titolo in inglese: Caliber 9
Lingua originale
Italiano
Paese di produzioneItalia
Anno1972
Durata88 min
Rapporto1,85:1
GenereNoir, poliziesco, thriller
Sottogenere
: Poliziottesco, gangsterologico 
Regia: Fernando Di Leo
Soggetto: Fernando Di Leo, Giorgio Scerbanenco
    (accreditato da IMDb.com
Sceneggiatura: Fernando Di Leo 
Produttore: Ermanno Curti e Armando Novelli
Casa di produzione: Cineproduzione Daunia 70
Distribuzione in italiano: Minerva Pictures
Fotografia: Franco Villa
Montaggio: Amedeo Giomini
Musiche: Luis Enríquez Bacalov e gli Osanna
Scenografia: Francesco Cuppini
CostumiFrancesco Cuppini e Marcella Moretti
TruccoAntonio Mura 
Continuità: Vivalda Vigorelli 
Interpreti e personaggi: 
    Gastone Moschin: Ugo Piazza
    Barbara Bouchet: Nelly Bordon
    Mario Adorf: Rocco Musco
    Frank Wolff: Commissario di polizia
    Luigi Pistilli: Vicecommissario Mercuri *
    Ivo Garrani: Don Vincenzo
    Philippe Leroy: Chino
    Lionel Stander: L'Americano **
    Salvatore Aricò: Luca
    Mario Novelli: Pasquale Tallarico
    Giuseppe Castellano: Nicola
    Ernesto Colli: Alfredo Bertolon 
    Giulio Baraghini: Brigadiere baffuto 
    Giorgio Trestini: Franceschino
    Fortunato Cecilia: Vincenzo Affatato
    Omero Capanna: Uomo con il tick alla spalla
        nelle scene iniziali; uomo ucciso nella piscina
    Mira Vidotto: Prostituta nella villa
    Rossella Bergamonti: Prostituta nella villa
    Marina Brengola: Prostituta nella villa
    Bruno Bertocci: Primo corriere 
    Empedocle Buzzanca: Secondo corriere 
    Imelde Marani: Terzo corriere
    Sergio Serafini: Quarto corriere 
    
Fernando Cerulli: Portiere d'albergo
    Ettore Geri: Barman del night club
    Gastone Pescucci: Funzionario di polizia 
    Alessandro Tedeschi: Corriere tedesco 
    Artemio Antonini: Incappucciato  
    Franco Beltramme: Incappucciato 
    Salvatore Billa: Incappucciato
    Alberto Fogliani: Incappucciato 
    Gilberto Galimberti: Incappucciato 
    Dolores Calò: Cliente del night club 
    Pupita Lea Scuderoni: Ciente del night club 
    Cesare Di Vito: Poliziotto 
    Luigi Antonio Guerra: Poliziotto 
    Mauro Vestri: Poliziotto
    Edda Tiberio: Prostituta 
    Toni Trono (come Tony Trono) 
    Luciano Cecchini 
    * Nella versione in inglese è Fonzino
    ** Nella versione in inglese è The Mikado.
Doppiatori originali: 
    Noemi Gifuni: Nelly Bordon
    Stefano Satta Flores: Rocco Musco
    Sergio Rossi: Commissario di polizia
    Renato Izzo: Vicecommissario Mercuri
    Giacomo Piperno: Chino
    Antonio Guidi: L'Americano 
Titoli in altre lingue: 
   Tedesco: Milano Kaliber 9 
   Francese: Milan calibre 9 
   Spagnolo: Milán, calibre 9
   Russo: Миланский калибр 9 


Trama: 
Primi anni '70. Dopo un periodo in prigione, il piccolo gangster milanese Ugo Piazza viene subito perseguitato dai suoi vecchi soci, guidati da un potente riciclatore conosciuto semplicemente come "L'Americano", che lo crede colpevole di avergli rubato rubato 300.000 dollari durante una consegna, poco prima del suo arresto per rapina. Piazza nega categoricamente il furto, anche sotto coercizione da parte del volubile braccio destro dell'Americano, Rocco Musco. Anche la sua ragazza, la bionda ballerina go-go Nelly Bordon, crede che lui abbia rubato i soldi, così come il lombrosiano commissario di polizia, che tenta invano di convertirlo in un informatore. 
Piazza incontra il suo ex padrino Don Vincenzo, ormai vecchio e cieco, con il suo unico uomo rimasto, Chino. Anche se Rocco si fa beffe dell'autorità di Don Vincenzo, nutre ancora un riluttante rispetto per Chino, che si è rifiutato di lasciare il suo padrino anche dopo che tutti gli altri lo hanno fatto. L'Americano dà a Piazza un ultimatum per restituire i soldi e riprendere a lavorare per lui, ma lui insiste ancora affermando di non averli e di non sapere chi li abbia. Paranoico per altri furti simili, Rocco inizia a brutalizzare e uccidere i suoi corrieri di denaro. 
Piazza viene inviato a uno scambio di 30.000 dollari, che avviene in una sala da bowling. Lo scambio è però interrotto da un misterioso aggressore con una sciarpa bianca, che uccide il loro cliente e ruba la borsa di pelle marrone contenente i soldi. L'Americano dà a Rocco e a Piazza l'ordine di uccidere gli uomini da lui ritenuti responsabili, ma quando i due arrivano a destinazione scoprono che le vittime designate sono Chino e Don Vincenzo. Piazza si rifiuta di uccidere il suo ex padrino, ma Rocco spara a sangue freddo al vecchio, mentre Chino riesce a scappare per un pelo. L'Americano fa picchiare Piazza per la sua insubordinazione e sta per farlo uccidere, tuttavia gli viene risparmiata la vita quando sostiene in modo convincente che dietro il furto dei 30.000 dollari c'erano Rocco e la sua gang. 
L'Americano si ritira in una tenuta rurale con le sue guardie del corpo, tra cui Piazza, ma viene colpito e ucciso in un'imboscata dal vendicativo Chino. Nel corso della strage, Piazza punta la pistola contro gli uomini dell'Americano e li abbatte, prima che Chino muoia per le ferite riportate. A questo punto Piazza si reca in una chiesa abbandonata nelle spettrali campagne fuori Milano e recupera una borsa blu con i 300.000 dollari, rivelando di aver rubato davvero i soldi all'Americano anni prima e di aver orchestrato tutto per farlo uccidere. Viene però fermato dalla polizia per guida con patente scaduta e costretto a recarsi in commissariato per un colloquio. 
Nella sala d'attesa Piazza incontra Rocco, interrogato per il massacro in casa dell'Americano. Rocco, vedendo la borsa contenente il denaro, non mostra animosità e anzi propone a Piazza di entrare in società con lui. Piazza rifiuta e viene rilasciato; subito si dirige a casa di Nelly con i soldi, progettando di fuggire insieme a lei per andare a vivere a Beirut, a quell'epoca capitale della Dolce Vita. La sorpresa che scopre è amarissima: la perfida marchettara Nelly è assieme a Luca, un gangster della banda di Rocco, scelto come amante per via del suo enorme Schwanzstücker. È proprio lui il misterioso uomo con la sciarpa responsabile del furto dei 30.000 dollari al bowling. Nelly aveva cospirato con il suo amante segreto per impadronirsi dei 300.000 dollari da Piazza! Luca spara a Piazza, ancora annichilito dallo stupore, che però riesce ad uccidere Nelly con un solo pugno prima di spirare. Rocco, che aveva seguito Piazza a casa, irrompe e uccide Luca facendogli cozzare la nuca contro uno spigolo, spinto da un impeto di rabbia per il suo tradimento e per aver mancato di rispetto alla statura criminale di Ugo Piazza. I poliziotti, che a loro volta avevano seguito Rocco, lo trascinano lontano dal cadavere insanguinato di Luca. 

Citazioni: 

“Tu uno come Ugo Piazza non lo uccidi a tradimento! Tu a uno come Ugo Piazza non lo devi neanche toccare! Tu a uno come Ugo Piazza non lo devi neanche sfiorare! Tu quando passa uno come Ugo Piazza il cappello ti devi levare! Il cappello ti devi levare! Il cappello ti devi levare!”
(Rocco Musco) 


Recensione: 
Questo è il primo capitolo della cosiddetta Trilogia del milieu di Fernando Di Leo, che prosegue con La mala ordina (1972) e Il boss (1973). 
Ambientato in una Milano cupa e plumbea, questo è un ottimo film con un robusto Gastone Moschin, scerbanenchiano fino al midollo. Anche quando si vede la luce del sole, è pallida e malata. La tenebra dell'Essere è assoluta, impenetrabile, compatta, così densa che nemmeno un'esigua scintilla può farvi il suo corso. Il concetto stesso di speranza è del tutto assente, non se ne trova nemmeno il minimo abbozzo. Ogni singola sequenza trasuda totale senso di annichilimento: il mondo che il regista ci mostra è uno dei più abissali distretti dell'Inferno. È la Morte Eterna. Molte sono le interpretazioni memorabili. Indimenticabile è il sanguigno Mario Adorf nel ruolo di Rocco Musco, il colossale gangster siciliano e smargiasso, perennemente esagitato. 
Il massacro finale assume proporzioni irreali, quasi genocidarie. Ricorda quei film spaghetti-western in cui nel corso di alcuni regolamenti di conti venivano annientate intere comunità! Le pistole sparano infiniti colpi come se le pallottole scaturissero dal nulla: si assiste in tutto soltanto a un caricamento! Solo i film brasiliani di Glauber Rocha sulle gesta di Antonio das Mortes mostrano sparatorie più prodigiose! Chino, ottimamente interpretato da Philippe Leroy, è una vera e propria macchina da guerra. 
Posso senz'altro dire che aver visionato questa pellicola gangsterologica mi abbia molto giovato. La trovo eccellente!

Milano calibro 9 è il titolo di una raccolta di 22 racconti dello scrittore e giornalista Giorgio Scerbanenco, nato Volodymyr-Džordžo Ščerbanenko, all'anagrafe italiana Wladimiro Scerbanenko (Kiev, 1911 - Milano, 1969). Fu pubblicata per la prima volta nel 1969. Uno di questi racconti noir si intitola Milan by Calibro 9, ma ha una trama molto diversa ed è stato adattata in un altro film di Di Leo, La mala ordina. Qualcuno pensa che l'ispirazione sia stata tratta da un altro racconto di Milano calibro 9, ossia Stazione centrale ammazzare subito. Non mi pare comunque che ci sia una grande somiglianza, trattandosi della storia di due malviventi, ciascuno dei quali riceve l'incarico di uccidere l'altro. Lo scrittore dalla figura scheletrica, notissimo per i polizieschi-noir, ha scritto anche romanzi di generi molto diversi: fantascienza, western e persino rosa (incredibile dictu). 


Conversazioni sull'origine del crimine 

A un certo punto Di Leo ha pensato di espungere un dialogo particolarmente scomodo tra il commissario fascista e il neocommissario comunista Mercuri, appena promosso e trasferito nell'impervia Lucania (promoveatur ut amoveatur). Il regista riteneva che la conversazione ad alto contenuto politico togliesse forza alla trama, o forse gli è venuto in mente di aver osato troppo. Per fortuna ha deciso di conservare quelle sequenze: il lavoro degli attori Frank Wolff e Luigi Pistilli era così eccellente che non poteva assolutamente essere tagliato. Riporto a pubblica edificazione l'interessante discorso. 

Commissario: "Ah, Mercuri! Signori, il nostro caro Mercuri, funzionario democratico, è stato promosso. Trasferito e promosso. Fategli le vostre congratulazioni. Che, mi vuoi parlare, Mercuri?" 
Neocommissario Mercuri: "Sì, un momento solo." 
Commissario: "Scusatemi, eh. Torno subito. Vieni, vieni."
Neocommissario Mercuri: "So che debbo a lei il mio trasferimento."
Commissario: "Trasferimento d'urgenza e d'ufficio per lei, mio caro commissario Mercuri." 
Neocommissario Mercuri: "Volevo dire che fare il poliziotto in Basilicata o in Lombardia per me è lo stesso. L'importante è saper fare il proprio dovere."
Commissario: "E io non ho dubbi che lei lo sappia fare il suo dovere. Specialmente dove non ci sono ricchi e soprattutto gente come l'Americano." 
Neocommissario Mercuri: "Posso dire qualcosa, senza urtare la sua suscettibilità?"  
Commissario: "È molto difficile urtare la mia suscettibilità. Dica pure, collega."
Neocommissario Mercuri: "Lei è un vecchio poliziotto, cioè un poliziotto vecchio. Sì, lei ha pochi anni più di me, ma ha una mentalità vecchia. E perciò è inadatto a occupare il posto che occupa." 
Commissario: "Ti senti di fottere, eh, Mercuri? E che cosa ci vuoi fare? Io che ho una mentalità arretrata, me ne resto qua, e tu che sei moderno te ne vai a pascolare bello bello le tue pecorelle in Basilicata. Perché, non ti va?" 
Neocommissario Mercuri: "No, io non mi sento di fottere, come dice lei. Volevo soltanto spiegarle due o tre cose, e lei mi permette." 
Commissario: "E come, lo permetto! Ma fa' presto, perché non aggio pigliato ancora o' cafè"
Neocommissario Mercuri: "L'Americano è un effetto e non una causa, come sono effetti tutti i delinquenti. Mi ascolta?"
Commissario: "Sì, sì, la ascolto."
Neocommissario Mercuri: "Lei mi capisce?" 
Commissario: "Finora no. Ma vada avanti. Continui."
Neocommissario Mercuri: "Dicendo che l'Americano e i delinquenti meridionali sono un effetto, intendevo dire questo. La massa dei meridionali che viene a lavorare qui nel Nord fa i mestieri più umili, quelli che da decenni gli altri si rifiutano di fare. Mal pagati, male alloggiati, niente affatto assistiti. Per forza poi diventano delinquenti." 
Commissario: "E basta, Mercuri, aggio capito. Delinquenti si nasce. Per adesso va dove ti hanno mandato, va'. E scrivi una cartolina illustrata, mi raccomando." 

Poco prima i due avevano avuto un altro scambio di opinioni su un tema connesso e cruciale. Questo spiega la particolare avversione di Mercuri per i plutocrati. 

Vicecommissario Mercuri: "Perché non agiamo in modo più massiccio?"
Commissario: "Ah, in modo più massiccio! Ma fammi il piacere: gli uomini chi me li dà? Tu stai qua da poco tempo, ma il nostro organico lo conosci, no?"
Vicecommissario Mercuri: "Facciamoci dare quelli che cacciano chi non ha una casa, che picchiano gli studenti, che disperdono gli operai! Per questa roba agenti ce ne sono!"
Commissario: "Mercuri, non fare il sovversivo! La cittadinanza non ne può più di scioperi e occupazioni abusive: gli agenti occorrono lì!"
Vicecommissario Mercuri: "Ma di quale cittadinanza parla? Dei cosiddetti "benpensanti"?"
Commissario: "Mercuri, tu leggi troppo i giornali di sinistra! Ho capito dove vuoi arrivare, ai ricchi, ma ci sono ricchi e ricchi!"
Vicecommissario Mercuri: "Ma di quali ricchi parla lei?! Di quelli che dicono "paghiamo meglio i terroni"? "Diamo loro le case più abitabili"? Ma ne conosce qualcuno?!"
Commissario: "I ricchi non danno fastidio!" 
Vicecommissario Mercuri: "E no, commissario, li danno eccome! Di che cosa ci stiamo occupando? Di ricchi che mandano i soldi all'estero! Di fastidi ne danno eccome!"
Commissario: "Insomma, Mercuri, tu vuoi fare un comizio. Te l'ho detto: ci sono ricchi e ricchi, e noi lotteremo contro quelli che mandano via i soldi! Mercuri, lo so, tu vuoi una bandiera rossa, ma la questura ne è sfornita. Poliziotti, ricordatevi: la proprietà è un furto. È giusto?" 
Vicecommissario Mercuri: "Sì, commissario, proprio così! Noi della polizia dobbiamo tenerlo presente che la proprietà è un furto! Noi, che finora siamo sempre stati al servizio dei ricchi!" 
Commissario: "A noi spetta soltanto di fare osservare le leggi, e la legge, mio caro Mercuri, è uguale per tutti!" 
Vicecommissario Mercuri: "Uguale per tutti?! Ma mi dica lei quando mai abbiamo manganellato dei ricchi! Oppure i ricchi hanno sempre ragione, e il torto sta sempre dove stanno gli operai, gli studenti e i meridionali?!" 
Commissario: "C'è qualcuno che vuole applaudire, no? E applaudo io! E adesso ascolta, Mercuri, quello che hai detto forse è giusto, forse è sbagliato, non lo so. Però la realtà qua è un'altra. Tu hai fatto il tuo servizio in provincia, e hai avuto a che fare con quattro rubagalline, cose 'e pretura. Qui la lotta è contro l'Americano. Un giro grosso, gente che ce li ha quadrati, e se io mi distraggo, lui me lo fa tanto così! Le belle parole non servono. Tu le hai dette, le belle parole. E a che sono servite? A fare fumo! Ma voi guardate che cacchio mi tocca sentire in questura!"

Ed ecco qualche considerazione sul sistema carcerario e sull'efficacia della pena:  

Commissario: "Come si sta adesso a San Vittore?"
Ugo Piazza: "Un carcere vale l'altro: uno schifo!"
Commissario: "Ah si capisce, adesso si son messi pure a contestare i carceri! San Vittore lo vogliono chiudere, ai detenuti non sta più bene! Vogliono luoghi salubri, spaziosi, vogliono andare in vaganza! Tra poco vorranno le donne come in Messico e finiranno col dargliele! Ci sarà qualche psicologo o sociologo che dirà che è giusto, che fa bene! E già, e questi devono stare bene in carcere, in modo che quando escono sono in perfetta salute!"
Vicecommissario Mercuri: "Be', io credo che un po' male delle carceri italiane lo si possa dire, perché così come sono messe adesso fanno pensare che lo Stato si voglia vendicare sui detenuti. Commissario, per esempio il potere legislativo per le amnistie..." 
Commissario: "Loro prima di delinquere si possono fare i calcoli, visto che è ricorrente, e a volte più volte in un anno. Questo si vede soltanto in un Paese come il nostro che perdona sempre! Ti dico che l'amnistia è uno stimolo a delinquere! Avanti, Piazza, dillo anche tu, di' la verità, tanto puoi dirla: facendo la rapina pensavi sì o no ai benefici dell'amnistia?" 
Ugo Piazza: "Pensavo a non farmi prendere."
Commissario: "Pensavi a quanti anni ti davano e a quanti anni ti saresti fatto realmente in carcere!"
Ugo Piazza: "All'amnistia si pensa quando si è dentro, non prima."

Nessuno dei due funzionari ha davvero ragione sull'ontologia delinquenziale. La vera origine del crimine organizzato non è genetica e non è sociale: è esoterica. La mafia è una vera e propria setta, una forma di religione occulta il cui codice si trasmette da una generazione all'altra. Ha i suoi miti fondanti, i suoi riti di iniziazione, i suoi complessi rituali che regolano ogni aspetto della vita, i suoi tabù, la cui violazione può essere espiata soltanto tramite la morte.  

Razzismo indotto 

L'apparato delle Forze dell'Ordine è composto quasi interamente da meridionali, eppure si nota sia nel Commissario che negli agenti una diffusa avversione nei confronti dei propri conterranei. "Finalmente abbiamo trovato un delinquente che non è meridionale", dice il commissario, che è napoletano. "È un anàrcoco (sic)", sentenzia il brigadiere, un massiccio baffuto. Molti anni fa mi sono imbattuto in un caso simile, che era stato etichettato dalla stampa come "razzismo indotto", in cui un poliziotto di Parigi, di origine magrebina, vessava con particolare accanimento una comunità magrebina non assimilata, comportandosi come un aguzzino e cercando addirittura di imporre la violazione del Ramadan. Anche questa è a tutti gli effetti una forma di autorazzismo, ossia di odio verso la propria stessa etnia. Seppur diverso nell'aspetto, nella sostanza e negli effetti pratici, questo autorazzismo è molto simile alla ripugnante follia woke, quella malattia dello spirito che sostiene l'inesistenza dei popoli, spingendo i dementi che ne sono colpiti a proferire aberrazioni del tipo "non esistono Italiani etnici", "non esistono Tedeschi etnici", "non esistono Francesi etnici", "non esistono Finlandesi etnici" e via discorrendo. 


La pronuncia del commissario 

Nelle conversazioni non mancano tratti "dialettali". Un esempio è l'uso che il Commissario fa di una lenizione molto spinta. Le consonanti /p/, /t/, /k/, /f/, sono realizzate come /b/, /d/, /g/, /v/. Il mutamento però non scatta nei gruppi /sp/, /st/, /sk/ e quando le consonanti sono doppie, /pp/, /tt/, /kk/, /ff/. Anzi, i gruppi /sp/, /st/, /sk/ all'inizio di parola sono realizzati con la sibilante palatalizzata, come /ʃp/, /ʃt/, /ʃk/. Spesso la sibilante /s/ inervocalica è realizzata come /z/ (la cosiddetta "s di rosa") anche quando le vocali appartengono a parole diverse. Ecco alcuni esempi, ben coglibili anche da uno spettatore dall'udito poco attento:   

calcoli => gàlgoli 
come => gome 
commissario => gommissario
continui => gondinui  
delinquenti => delinguendi 
delinquere => delinguere 
furto => vurdo  
mio caro => mio garo 
non sta => non shta
parole => barole 
perdona sempre => berdona zembre  
prima => brima 
proprietà => brobriedà 
provincia => brovingia 
può => buò 
ricordatevi => rigordadevi 
ricorrente => rigorrende 
scrivi => shcrivi 
stesso => shtesso 
tanto => dando 
tempo => dembo 

Detto dal Commissario, "puoi" suona indistinguibile da "buoi" e si fa un'enorme fatica a distinguere le forme verbali "puoi" e "vuoi". Bizzarramente non si nota la lenizione nei segmenti in napoletano genuino, come "aggio pigliato", "aggio capito", "ancora""o' cafè", che mostrano le consonanti sorde /p/, /t/, /k/ e /f/. Non dice *bigliado, *gabido, *angora, *gavè. Queste stranezze sono sempre molto affascinanti e si fa una gran fatica a spiegarle. Una cosa davvero strana: non si conosce il cognome del Commissario! 


L'Americano e i problemi di doppiaggio

Nella versione in inglese, l'Americano è chiamato The Mikado. Il motivo di questa scelta, a prima vista così stravagante, è quella solita del doppiatore raffreddato. La parola "Americano" è stata percepita come qualcosa di simile a "Mikado", per via della difettosa pronuncia di alcune consonanti da parte di un uomo dal naso pieno zeppo di catarro (Americano > *Americado > Mikado). Ecco che il nome distorto è stato quindi frainteso e interpretato come l'appellativo dell'Imperatore del Giappone! Un caso molto simile è quello di Darth Vader, che nella versione in italiano di Star Wars (George Lucas, 1977) è diventato Dart Fener.  
Del tutto incomprensibile è invece il destino del Vicecommissario Mercuri (poi promosso a commissario), che si è visto trasformare prodigiosamente in Fonzino. Qui non c'è nemmeno l'ombra di una somiglianza fonetica e non so dare una ragionevole spiegazione della scelta arbitraria. No, non penso che Fonzino sia un piccolo Fonzie, chiamato così perché vuol fare a tutti i costi il fighetto. 


Il Padrino e i Beati Paoli

Chino: "L'Americano fa troppo chiasso. Bombe, in pieno giorno. Una volta li faceva sparire con più cura."
Ugo Piazza: "Ora ha molta più gente." 
Chino: "Appunto. E più sono e meno si controllano. Lui queste cose le dovrebbe sapere, no? Si vede che impegni grossi ha. Dammi retta, stanne alla larga, Ugo. Non dura."  
Ugo Piazza: "Ah, sai che mi ha detto l'Americano? Che hai esagerato. E vuole delle scuse."  
Chino: "Non voglio avere niente a che fare con lui, nemmeno per delle scuse. Una volta lo stimavo, adesso te l'ho detto, fa troppo chiasso.
Don Vincenzo: "Se continua così, vedrai che faranno l'Antimafia pure per Milano."
Ugo Piazza: "Un'Antimafia per Milano? Ma che c'entra?"
Don Vincenzo: "Niente! Perché, credi che nelle altre parti c'entri? La chiamano "mafia", ma oggi sono... sono bande: bande in lotta e concorrenza tra di loro. La vera mafia non esiste più. Quando quelli della droga vogliono investire i loro guadagni, costruiscono palazzi. E quelli della milizia sparano. Che c'entra la mafia? La vera mafia è morta." 

Don Vincenzo si presenta come un nostalgico di un ideale di "mafia cavalleresca", da lui considerata come una diretta discendenza della setta medievale dei Beati Paoli, simili per impegno a Robin Hood. Il suo racconto è chiaramente una distorsione profonda della realtà, in ogni caso si capisce cosa lo inquieta. Depreca soprattutto la mancanza di discrezione ("l'Americano fa troppo chiasso") e la mancanza di coesione ("bande in lotta e concorrenza tra loro"). Vuole mantenere "zone grigie" ed evitare lo scontro diretto con lo Stato.
Una cosa sorprende molti nella galassia della critica online: la menzione dell'Antimafia in un film del 1972. In effetti, la Direzione Nazionale Antimafia (DNA) e la Direzione Investigativa Antimafia (DIA) furono istituite nel 1991 su iniziativa di Giovanni Falcone, circa vent'anni dopo gli eventi immaginari narrati dal film. Abbiamo a che fare con una profezia? In realtà penso che non ci sia nessun anacronismo. L'aggettivo "antimafia" esisteva già negli anni '70, come pure la sua forma sostantivata. L'opera di Di Leo potrebbe infatti riferirsi alla Commissione Parlamentare Antimafia, che era stata istituita nel dicembre 1962. Resta in ogni caso un fatto: a Milano fino agli anni '80 dello scorso secolo persisteva nelle istituzioni un atteggiamento di radicale negazione della presenza mafiosa nella metropoli, ben al di fuori del suo contesto di origine. Quindi in un qualche modo si può dire che comunque Di Leo abbia precorso i tempi. 


Curiosità 

La pubblicità occulta è imperante. Il whisky J&B, con la sua tipica etichetta gialla e rossa, è onnipresente, come in molti altri poliziotteschi e non solo. Anche altri prodotti sono messi in bella vista: ricordo che nel secondo film della Trilogia del milieu, oltre al J&B era reclamizzato in modo massiccio il vermut tipicamente milanese (d'adozione) Punt e Mes. In seguito queste pratiche furono vietate.  

La morte di Luca originariamente era più lunga e sanguinosa, ma dovette essere ridimensionata a causa delle lamentele della censura. Probabilmente anche l'invettiva di Rocco doveva essere più lunga e questo spiegherebbe come mai se ne trovino in giro citazioni estese: "Tu uno come Ugo Piazza non lo devi neanche nominare! Tu uno come Ugo Piazza non lo devi neanche guardare!", etc. 

L'attore Frank Wolff è morto suicida poco dopo aver completato le sue scene, quindi il suo doppiaggio in inglese ha dovuto essere completato dal suo frequente co-protagonista ed ex compagno di stanza Michael Forest. Il suicidio di Frank Wolff, forse dovuto a depressione causata da una delusione amorosa, fu davvero terribile: si recise la carotide in una stanza d'albergo, a quanto pare usando la lametta di un rasoio. 

Nel 2006, una sequenza di questo film, con Moschin che torna nella discoteca dove balla Barbara Bouchet, è stata utilizzata dal gruppo Vinylistic come videoclip per la loro canzone Record Player

Gastone Moschin (Ugo Piazza) e Lionel Stander (L'Americano) si sono ritrovati nello stesso anno di uscita di Milano calibro 9, il 1972, a interpretare rispettivamente Don Camillo e Peppone in Don Camillo e i giovani d'oggi, diretto da Mario Camerini. Indimenticabile è poi l'eccellente interpretazione di Stander nella parte del bizzarro Cardinale Maravidi in Nonostante le apparenze... e purché la nazione non lo sappia... All'onorevole piacciono le donne, sempre del 1972, diretto da Lucio Fulci! 


Il tallone d'Achille, la spalla di Sigfrido

Ugo Piazza sembra fatto di acciaio. Impassibile, subisce tutti i colpi dell'avversa fortuna senza mai lasciarsi sfuggire un lamento. In realtà ha un solo punto debole: le femmine. Al loro fascino è molto sensibile. In particolare è fissato con la prostituta bionda che alla fine lo fa ammazzare dal suo nuovo ganzo. Basta poco per essere condotti all'annientamento. 
La morale è lampante, eppure è necessario ripeterla senza sosta, all'infinito: le puttane fanno schifo, sono peggiori dei vermi dei cadaveri! 

Colonna sonora

L'autore è il maestro argentino Luis Enríquez Bacalov, che ha utilizzato le musiche da lui composte per il complesso progressive degli Osanna. Si nota anche l'inserimento di un brano dei New Trolls, intitolato Adagio e tratto dall'album Concerto grosso. 
Queste sono le tracce: 

1. Preludio
2. Tema
3. Variazione I (To Plinius)
4. Variazione II (My Mind Flies)
5. Variazione III (Shuum...)
6. Variazione IV (Tredicesimo cortile)
7. Variazione V (Dianalogo)
8. Variazione VI (Spunti)
9. Variazione VII (Posizione raggiunta)
10. Canzona 


Critica 

Riporto un cut-up ottenuto dalla pagina dedicata al film di Di Leo sul sito Il Davinotti


"Regia e fotografia di altissimo livello e musiche straordinarie"
"Un Moschin superlativo per un film teso, sporco e piuttosto crudele" 
"Se Gastone Moschin appare inespressivo, Mario Adorf risulta caricaturale nel ruolo del solito mafioso siciliano impomatato."
"Un film più strutturato rispetto alla media dei polizieschi italiani"
"Teso, violento, cinico e beffardo, un noir che attinge a Melville e Siegel, ma che marca l'impronta personalissima di Di Leo"
"Colpisce come il protagonista si lasci, almeno apparentemente, scivolare tutto addosso: insulti, minacce, pressioni" 
"Donne inermi percosse a sangue, presunti traditori fatti esplodere con la dinamite... Impensabile poter riproporre nelle sale odierne una pellicola tanto radicale e drasticamente pessimista."
(Invece dovremmo avercelo, il sacrosanto coraggio di farlo!) 
"I primi minuti sono una vetta inviolabile anche per Tarantino e compagnia"
"Se alla solida sceneggiatura che si impreziosisce di spunti sociologico-politici aggiungiamo un cast di altissimo livello (il furioso Adorf, il glaciale Moschin e il tenace Leroy) è impossibile non chinare il capo e applaudire alla maestosità del progetto"
"Memorabile poliziesco fortemente noir di Fernando di Leo: violento, brutale, ma con molto ritmo e ben realizzato" 
"Luigi Pistilli, poliziotto "progressista" contrapposto al "destrorso" Frank Wolff, è un po' manieristico" 
"Comincia così una violenta partita a scacchi in cui ruoli e morale si annullano"
"Il gelido realismo, il pessimismo di fondo, l’esemplare rappresentazione dell’ambiente criminale e lo spessore psicologico dei personaggi, lo rendono una pietra miliare del genere"
"Fernando Di Leo con questo film ha dimostrato cosa sapesse fare: vero cinema" 
"se si pensa che Moschin e Stander erano appena stati Don Camillo e Peppone vengoni (sic) i brividi!"
"Violento quanto basta, ideologicamente agguerritissimo (ancora oggi fanno molto discutere i dialoghi tra Wolff, commissario conservatore e Pistilli, poliziotto progressista in rotta con i superiori) e per certi versi anche profetico"
"Grandi facce, grandi attori: Moschin indecifrabile, Adorf una forza della natura!" 
"Probabilmente il miglior film di Di Leo e uno dei migliori noir di sempre" 
"Cupo, pessimista, imperdibile" 
"Un tuffo negli anni 70 in una Milano autunnale, quando il Duomo era ancora annerito" 
"Più che un film, uno spaccato di storia sociale italiana: potrebbero farlo studiare nelle facoltà di Storia, magari per un esame di Storia contemporanea italiana"
"Più che un poliziesco è un noir dalle atmosfere tese e dure, con un'analisi interna alla società italiana davvero spietata"
"Un incubo nero sognato a occhi aperti"
"la polizia non capisce niente dei delinquenti, di tutte le variabili etiche, esistenziali, estetiche, insospettabili sfumature di un universo che appare uniforme, dominato da un plumbeo ed elementare codice d'onore, e invece è variegato e profondo" 
"Scelta come teatro la plumbea Milano, Di Leo disegna un'esiziale parabola sul potere, capace di perpetrare se stesso attraverso espiazioni, tradimenti e compromessi necessari"
"Particolare Philippe Leroy doppiato in siciliano" 
"Noir da pelle d'oca con musiche fantastiche, una Milano fredda, grigia, cinica e maledetta" 
"Il punto di vista di Fernando Di Leo è forte, tragicamente reale, vergognosamente identico al nostro, abitanti dell’anno 2012" 
"Eccezionale Di Leo che partendo da Scerbanenco delinea un genere che negli anni a seguire produrrà centinaia di (discontinui) cloni."
"Gregari e nemici sono sostanza per far la guerra per il bottino, per la vita e l'onore."
"Film senza fronzoli, dalle inquadrature sporche."
"Ovunque è diventato film di culto: e non a caso."
"Se il personaggio di Pistilli è quasi una caricatura, gli altri sono invece ineguagliabili per tensione emotiva e credibilità: grande Moschin nella sua imperturbabilità, fantastico Adorf nella sua irruenza." 
"Capolavoro di Di Leo che compone un noir antieroico pressoché perfetto e incalzante con evidenti echi melvilliani, dotato di un intreccio torbidissimo e tragico, violento e paranoico in cui si mescolano senso dell'onore, romanticismo e nefandezza."
"Un tuffo negli anni 70 in una Milano autunnale, quando il Duomo era ancora annerito."
"Più che per la sceneggiatura, questa pellicola va protetta come le specie in estinzione per il suo valore storico." 
"Unico appunto: la sparatoria in villa, girata con un po' di leggerezza."
"Cult Assoluto."

Una sorta di "auto-remake" 

Il regista nel 1978 diresse Diamanti sporchi di sangue, che è una riedizione di Milano calibro 9, ambientato però a Roma. La sceneggiatura originale si intitolava proprio Roma calibro 9; il titolo è stato cambiato in fase di lavorazione, dapprima in Diamanti rossi di sangue e quindi nel definitivo Diamanti sporchi di sangue. Questa mania di apportare lievi cambiamenti nei titoli, anche solo in una preposizione o in un articolo, è tipica degli editori di noir, che non riescono a comprendere il suo potenziale di confusione. Nel riadattamento romano la parte dell'equivalente di Ugo Piazza è interpretata da Claudio Cassinelli, mentre a Martin Balsam è toccato il ruolo di un boss molto simile a quello che conosciamo col volto di Lionel Stander. 

Il sequel 

Un sequel del film di Di Leo, Calibro 9, fu girato nel 2020. È stato diretto da Toni D'Angelo e prodotto da Gianluca Curti, il cui padre Ermanno era stato un co-produttore della prima pellicola. Marco Bocci interpreta Fernando Piazza, figlio del personaggio di Moschin, con Barbara Bouchet che riprende la parte di Nelly Bordon (ma come, non era stata uccisa con un pugno?). Tra gli attori c'è anche Michele Placido nella parte di Rocco Musco, oltre ad Alessio Boni e alla russa Kseniya Rappoport. La trama sembra una riedizione: il figlio di Ugo Piazza è sospettato di aver sottratto soldi alla mafia. La mia idea è sempre la stessa: Paganini non ripete. Che necessità c'era di fare un sequel?