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sabato 1 ottobre 2022

ETIMOLOGIA DI CUM 'SPERMA' E TO CUM 'EIACULARE', 'AVERE L'ORGASMO'

Ricordo una scena di un film trash. Buzzanca stava copulando selvaggiamente in una grande stanza d'albergo. Mentre era in procinto di eiaculare nella sua maliarda, urlava "vino!", intendendo "vengo!" in rumeno maccheronico (in realtà "vino!" significa "vieni!", mentre "vengo" è "eu vin"). I camerieri, materialoni stoltissimi, gli portavano caraffe di vino rosso, credendo che egli volesse ubriacarsi durante l'amplesso.

Questa è la pagina del Wiktionary che riporta le forme della coniugazione del verbo rumeno in questione:

(vedi coniugazione)

L'episodio porta ad alcune mortificanti riflessioni:
1) Basta un cambiamento fonetico minimo per rendere incomprensibile una parola
2) Basta una stupida omofonia per trarre in inganno (vedi anche il caso dell'idromele: come la gente ne sente parlare, pone subito la fastidiosissima domanda sulle mele del cazzo).
3) Regna e imperversa la fede cieca nell'assoluta sovrapponibilità e traducibilità di tutte le lingue. Appurata l'esistenza di una frase idiomatica in una lingua, questa viene automaticamente creduta esistente in tutte le altre e tradotta in modo letterale.  

No. Non è assolutamente detto che la parola "venire" sia usata dovunque col significato di "avere l'orgasmo", "godere". Nella stessa lingua italiana, potrebbe benissimo essere un calco dell'inglese to cum, diffuso con la pornografia negli anni '70 e '80 dello scorso secolo. Non si può dare nulla per scontato: è necessaria un'indagine rigorosa.
Si noterà che l'inglese non ha parole distinte per indicare i concetti di "avere l'orgasmo" (detto di uomo o di donna) e di "eiaculare" (detto di uomo): entrambi i significati sono resi da to cum

Esempi di fraseologia:

"godo" => I cum
"sborro"
=> I cum
"sto godendo"
=> I'm cumming
"sto per sborrare"
=> I'm cumming
"sto sborrando"
=> I'm cumming
"mi fa godere"
=> she makes me cum
"mi fa sborrare"
=> she makes me cum
"fammi godere"
=> let me cum
"fammi sborrare"
=> let me cum

Alcune note di grammatichina inglese

A scuola si insegna con grande cura e pedanteria la differenza tra il presente abituale e quello progressivo in -ing, ma ci sono moltissimi usi particolari ed eccezioni.
Per quanto riguarda il verbo to cum "sborrare", "godere", le due forme di presente si equivalgono. Se qualcuno dice "I cum", intende generalmente dire "I'm cumming": non si tratta per necessità di un presente abituale. 

"When used as a noun, it usually refers to sperm. When used as a verb, it can be used to describe both men and women. You didn't mention part of speech, although @Kevin made that helpful distinction in his answer, i.e. between noun and verb"
(Ellie Kesselman, 2023) 

Traduzione: 

"Quando è usato come nome, di solito si riferisce allo sperma. Quando è usato come verbo, può essere usato per descrivere sia gli uomini che le donne. Tu non hai menzionato la parte del discorso, tuttavia @Kevin ha fatto questa utile distinzione nella sua risposta, ossia tra nome e verbo" 

Il verbo è considerato regolare (debole) o irregolare (forte)

"he cummed in her mouth"
"he came in her mouth"


Il participio passato è per lo più regolare (debole): cummed. La variante cum sembra un'abbreviazione di cummed. Tuttavia, secondo Wikipedia, le forme irregolari (forti) sono diffuse: cum, come.

"cummed tits":
"Huge cummed tits brunette babe Amy Anderson"
quasi sinonimo: creampied
cum boobs = cummed boobs
"cummed lips"
"Your pussy is so cute, and her cummed lips are so hot"
"Would you kiss me with a cummed lips?"
"The most I love kissing girl cummed lips and cum boobs"

etc.

Appurato questo, qual è la vera origine di to cum "eiaculare; godere" e di cum "sperma"? Il problema è annoso e di difficile soluzione.

Proposte etimologiche

1) Esiste l'idea che si tratti di un'abbreviazione di "come to climax", ossia "giungere al culmine".

"It's an informal way of spelling 'to come', which can mean having an orgasm. How exactly that verb has become associated with sexual acts is unclear (to me). My best guess would be that it was commonly used in a phrase similar to:
I'm coming to an orgasm!"

(Kevin, 2011) 

Traduzione: 

"È un modo informale di scrivere 'to come', che può significare avere un orgasmo. Non è chiaro (per me) come esattamente quel verbo sia stato associato ad atti sessuali. La mia ipotesi migliore sarebbe che fosse comunemente usato in una frase simile a: Sto arrivando all'orgasmo!"

Un tempo si usava dire anche in Italia "venire all'orgasmo" (esempio: "le faccio un ditalino e la faccio venire all'orgasmo"). Questa locuzione ormai è completamente desueta, non l'ho più sentita dall'epoca in cui ero adolescente.
Quello che manca completamente in italiano è un sostantivo derivato dal verbo calcato sull'inglese: non si è mai usata una parola come "venuta" col senso di "sperma".

"To this, I will add that as far as the verb come is concerned, there are similar constructions in German (kommen) and French (arriver)."
(RegDwigHt, 2011) 

Traduzione: 

"A questo aggiungo che per quanto riguarda il verbo venire esistono costruzioni simili in tedesco (kommen) e francese (arriver)."

L'argomento di ReDwigHt non è risolutivo: è ben possibile che in tedesco e in francese, proprio come in italiano, sia stata la produzione pornografica a causare un calco dell'inglese to cum.
Anche il tedesco e il francese non dispongono di sostantivi per indicare lo sperma, che siano derivati dai verbi kommen e arriver.
In questo, italiano, tedesco e francese differiscono radicalmente dall'inglese.

2) Esiste l'idea insensata che to cum "eiaculare, etc." derivi dalla preposizione latina cum "con, insieme a" (glossa inglese: with, together with).
Il percorso semantico escogitato dai fautori di questa proposta è ingegnoso ma abbastanza contorto.
John-cum-Paula significherebbe così "John (è) insieme a Paula",  ossia "John e Paula fanno coppia", da cui si sarebbe ingenerato lo slittamento semantico "John sborra Paula" (dentro o sul corpo). Da qui il significato si sarebbe esteso, arrivando a indicare anche l'orgasmo femminile. 
Detestando i romanisti e gli etimologi popolari, sono incline a irridere questa pseudoetimologia. Devo però riconoscere che chi l'ha avanzata poteva pensare di avere qualche ragione, basandosi sul buon senso e sull'evidenza della vita di coppia. 

3) I verbi to come "venire" e to cum "eiaculare, etc." non hanno tra loro alcuna connessione. In altre parole, si tratta di una pura e semplice omonimia dovuta a coincidenza. Possiamo pensare che il verbo relativo all'orgasmo fosse in origine regolare (debole) e che le forme irregolari (forti) si debbano ad analogia con to come "venire".  
Conclusioni: 
1) è perfettamente nota l'etimologia indoeuropea di to come "venire";
2) l'etimologia di to cum "eiaculare, etc." è sconosciuta e tale potrebbe permanere ancora a lungo.  

Un'importante attestazione 

La prima attestazione di to cum, in realtà to cum off, si trova in una poesia della metà del XVII secolo, Walking in a Meadow Green, contenuta nel cosiddetto Percy Folio, un enorme manoscritto recuperato dal poeta, religioso e antiquario inglese Thomas Percy, Vescovo di Dromore (1729 - 1811). Purtroppo il Percy Folio è rimasto gravemente danneggiato da domestici maligni che ne hanno strappato molte pagine per accendere il camino e con ogni probabilità anche per pulirsi il deretano dopo aver defecato. Riporto la poesia per intero, nella malferma ortografia originale. L'autore secentesco è anonimo. Ecco il testo, tutto incentrato sull'irreversibilità della sborra:  

Walking in a Meadow Green
(Bishop Thomas Percy, 1650)

Walking in a meadowe greene,
fayre flowers for to gather,
where p[r]imrose rankes did stand on bankes
to welcome comers thither,
I hard a voice which made a Noise,
which caused me to attend it,
I heard a lasse say to a Ladd,
"once more, & none can mend it."


They lay soe close together,
they made me much to wonder;
I knew not which was wether,
vntill I saw her vnder
then off he came, & blusht for shame
soe soone that he had endit;
yet still shee lyes, & to him cryes,
"Once More, & none can mend it."


His lookes were dull & verry sadd,
his courage shee had tamed;
shee bad him play the lusty lad
or else he quite was shamed;
"then stifly thrust, hee hit me iust,
ffeare not, but freely spend it,
& play about at in & out;
once more, & none can mend it."


And then he thought to venter her,
thinking the ffitt was on him;
but when he came to enter her,
the poynt turnd backe vpon him.
Yet shee said, "stay! goe not away
although the point be bended!
but toot againe, & hit the vaine!
once more, & none can Mend it."


Then in her Armes shee did him fold,
& oftentimes shee kist him,
yett still his courage was but cold
for all the good shee wisht him;
yett with her hand shee made it stand
soe stiffe shee cold not bend it,
& then anon shee cryes " come on
once more, & none can mend it!"


"Adew, adew, sweet hart, "quoth hee,
"for in faith I must be gone"
"nay, then you doe me wronge, "quoth shee,
to leaue me thus alone."
Away he went when all was spent,
wherat shee was offended;
Like a troian true she made a vow
shee wold have one shold mend it. 

Traduzione: 

Camminando in un prato verde,
fiori favolosi da raccogliere,
dove sui banchi si trovavano i ranghi delle primule
per accogliere i visitatori che vengono lì,
Ho forte una voce che faceva rumore,
che mi ha spinto a parteciparvi,
Ho sentito una ragazza dire a un ragazzo,
"Ancora una volta, e nessuno può ripararlo." 

Giacevano così vicini,
mi hanno fatto molto meravigliare;
Non sapevo quale fosse il motivo,
finché non l'ho vista sotto
poi lui sborrò, arrossendo per la vergogna
tanto presto ebbe fine;
eppure lei mente ancora, e lo implora,
"Ancora una volta, e nessuno può ripararlo."

Il suo aspetto era spento e molto triste,
il suo coraggio lei lo aveva domato;
gli aveva detto di interpretare il ragazzo voglioso
oppure si vergognava parecchio;
"poi spingi forte, mi ha colpito giusto,
non temere, ma consumalo liberamente,
e gioca dentro e fuori;
ancora una volta, e nessuno può ripararlo." 

E allora pensò di ingravidarla,
pensando che il problema fosse per lui;
ma quando venne ad entrare in lei,
la punta si rivoltò contro di lui.
Eppure lei disse: "Resta! Non andare via
anche se la punta è piegata!
ma suona ancora e colpisci la vagina!
Ancora una volta, e nessuno può ripararlo."

Poi nelle sue braccia lo fece piegare,
e spesso lo baciava,
eppure il suo coraggio era tutt'altro che freddo
per tutto il bene che gli augurava;
eppure con la mano lo fece stare in piedi
così rigida che lei non poteva piegarla,
e poi subito implora "andiamo".
Ancora una volta, e nessuno può ripararlo!"

"Addio, addio, tesoro", disse lui,
"perché in fede devo andarmene"
"no, allora mi fai un torto", disse lei,
"a lasciarmi così sola."
Lui se ne andò quando tutto fu trascorso,
per questo lei si offese;
Come una vera troiana, lei fece un voto:
ne vorrebbe uno che lo riparasse.

Glossario:

adew "addio" (1) 
cold = could 
ffeare not "non temere" 
ladd "ragazzo"
lasse "ragazza" 
meadowe greene "prato verde" (2)  
off he came "eiaculò"
quoth hee "disse lui"
quoth shee "disse lei" 
shee kist = she kissed 
shold = should 
soe = so 
sweet hart "tesoro" (3) 
toot "suona (il corno)", "scorreggia"  
vaine "vagina" (4) 
wold = would 
yett = yet 

(1) Deriva dall'antico francese adieu. Secondo l'Oxford English Dictionary, questa parola ricorre soltanto in medio inglese. 
(2) Gli aggettivi erano spesso posposti, con buona pace delle odierne maestrine gnè-gnè
(3) Sta chiaramente per sweet heart e non ha nulla a che fare con hart "cervo maschio". 
(4) A quanto mi risulta è un hapax. Deriva dall'antico francese. Nel Web si trova spesso scritto hit the vain anziché hit the vein "colpisci la vena" (nel linguaggio dei medici e in quello dei tossicomani), che a mio avviso non ha nulla a che fare col vaine della poesia. 

Walking in a Meadow Green irradia angoscia e senso dell'irreparabile: è una testimonianza di un'epoca in cui era chiaro a tutti che il sesso non è affatto un gioco innocuo. 


Derivati e composti

Esistono numerosi derivati di cum "sperma":   

cumbucket, cumdump, cum dumpster, cum receptacle
"persona laida" (lett. "serbatoio di sborra")
"persona promiscua" (spesso detto di omosessuali o bisessuali)

cumrag
"fazzolettino usato per pulire lo sperma"
"persona che fa sesso occasionale ricevendo sperma dentro o addosso"
Può dirsi di donne o di omosessuali effeminati.

cum guzzler
"inghiottitrice di sperma", "inghiottitore di sperma" 
Note: 
Si dice di donne o di omosessuali effeminati che praticano ossessivamente la fellatio a partner promiscui ingurgitando il materiale genetico.

cum towel
"fazzolettino usato per pulire lo sperma"
Note: 
Si dice di donne remissive, che si umiliano prendendo spermi differenti.

cumskin 
termine usato dai MANDINGO per indicare i bianchi, irridendoli (lett. "pelle di sborra").

cum tribute
"foto di una persona, su cui un uomo si masturba e versa lo sperma"

cum catcher
"un condom"; "una persona molto promiscua"
(alla lettera: "che acchiappa lo sperma")

Gli Anglosassoni sono lividi e violenti.

Tentativi di traduzione letterale: 

cumrag "straccio zuppo di sborra"
cumslut "troia di sborra"
cumsoaked "zuppo di sborra"

Non fa specie che il politically correct sia nato anche come reazione ad abusi verbali di questa specie, che non ho mai sentito proferire in Italia. Si tratta a mio avviso di un vero e proprio tabù verbale. In Italia c'è una sorta di interdetto che impone di non essere troppo espliciti nell'insultare una donna promiscua e persino un omosessuale. Si sente dire che una è una "troia", che uno è un "frocio",  un "finocchio" o un "ricchione", ma non che è una "latrina di sborra", un "cencio sborrato" o simili. 

giovedì 2 dicembre 2021

 
HO AMMAZZATO BERLUSCONI
(film grottesco)
 
Titolo originale: Ho ammazzato Berlusconi
AKA: Ops... Ho ammazzato Berlusconi
Lingua originale: Italiano
Paese di produzione: Italia
Anno: 2008
Durata: 88 min
Genere: Grottesco, drammatico, commedia 
Sottogenere: Commedia nera, fantapolitica, antiberlusconismo 
Regia: Gian Luca Rossi, Daniele Giometto
Soggetto: dal romanzo L'omicidio Berlusconi, di Andrea Salieri
Sceneggiatura: Gian Luca Rossi, Daniele Giometto
Produttore: Caterina Rogàni
Segretario di produzione: Laura Petruccelli
Casa di produzione: Collepardo film
Distribuzione in italiano: Collepardo film
Fotografia: Silvio Fraschetti
Montaggio: Valentina Mariani
Musiche: Bruno Ventura
Trucco: Michela Maucione 
Dialoghi: Bruno Ventura
Riregistrazione: Alberto Bernardi
Rumorista: Marco Ciorba 
Effetti sonori: Saverio Lancia, Paolo Pucci
Direttore della fotografia: Daniel Arvizu 
Musicista: Dario Vero
Supervisore musicale: Giovanni Marolla 
Interpreti e personaggi:
    Alberto Bognanni: Matteo
    Andrea Roncato: Gaetano
    Sabrina Paravicini: Livia
    Lello Arena: Infermiere all'obitorio
    Paolo Baroni: Cesare
    Aurelio Levante: Commissario Guidini 
    Riccardo Cavallo: Giuliano
    Jean-Pierre Duriez: Gianni
    Enea Tomei: Carabiniere
    Dario Biancone
Censura: 101300 del 11-12-2007
Budget: 600.000 euro 
Box office: 63.000 euro - 77.794 dollari US
Titoli in altre lingue: 
     Inglese: I killed Berlusconi 
     Romagnolo: Cajùsi... A-j-ò masâ Berlusconi 
  N.B. Non sembra che il film sia stato distribuito in lingue diverse dall'italiano. 
 
Trama: 
Silvio Berlusconi riesce a vincere le elezioni politiche del 2001. In un suggestivo borgo della Toscana vivono l'amorfo Matteo e Livia, una coppia di estrema sinistra. La bionda Livia è una convulsionaria che pensa soltanto all'impegno politico e sociale. Il povero Matteo, con i capelli rossicci e crespi, è un umile professore di matematica che subisce passivamente le sfuriate della moglie e il suo isterismo, nella speranza di poter ottenere un pompino o una sega ogni tanto. Speranza che si dilegua senza rimedio non appena la pasionaria viene a sapere che il marito alle ultime elezioni ha subdolamente votato per Forza Italia. Si scatena un litigio furibondo al cui termine Livia si allontana da casa nel cuore della notte, sbattendo la porta. Accade l'impensabile: proprio in quel  momento un velivolo precipita addosso alla donna, schiantandosi e uccidendola sul colpo. Matteo, sconvolto dalla morte della moglie, prende la macchina e si avvia alla cieca nel temporale. A un certo punto ha un incidente e si accorge di aver investito un uomo. Sceso dalla vettura per prestare soccorso alla vittima e per vedere se ci sono stati danni, gli sfugge di mano il cric, che sfonda il cranio dell'uomo disteso a terra, provocandone la morte istantanea. A questo si aggiunge un piccolo problema: da un'occhiata ai documenti risulta che l'uomo rimasto ucciso è proprio Silvio Berlusconi! Non sapendo cosa fare, preso dal panico assoluto, Matteo decide di occultare il cadavere. Non gli viene in mente idea migliore di seppellirlo in giardino, stando bene attento a non farsi scoprire da occhi indiscreti. Sconvolto dai sensi di colpa, decide di recarsi al comando di Polizia, autodenunciandosi. Nessuno gli crede, anche perché Berlusconi appare regolarmente in televisione e non è giunta alcuna segnalazione sulla sua scomparsa. Pochi giorni dopo Matteo viene rapito e portato in un ambiente lussuoso, davanti a tre esponenti berlusconiani: un anziano di nome Gianni, un anziano di nome Cesare e un individuo untuoso di nome Giuliano, con i capelli corvini un po' lunghi, la barba brizzolata e una corporatura notevole a stento sorretta dalle bretelle. Cesare rivela a Matteo una scomoda verità: l'uomo che appare in televisione non è Silvio Berlusconi, bensì un suo sosia ben istruito. Il vero Cavaliere è effettivamente stato ucciso dall'insegnante, a cui viene promessa un'ingente somma di denaro pur di ottenere il recupero della salma. L'offerta comprende anche un biglietto aereo di sola andata per Cuba. Matteo, che nel frattempo ha traslato il corpo di Berlusconi nel congelatore, confida l'accaduto all'amico Gaetano, a cui offre la metà del compenso che dovrà essergli versato dai politici. Il problema è che si tratta di una trappola fatale: giunti all'appuntamento per la consegna del feretro, i due sventurati finiscono tra le grinfie di pericolosissimi trafficanti di droga. I gangster intimano a Matteo di consegnare loro la cocaina, minacciando di uccidere di Gaetano. Va tutto in merda, anche perché la cocaina non c'è, così Gaetano finisce ucciso, mentre Matteo riesce a fuggire e a fare ritorno alla sua ordinaria vita di docente. I giorni passano e presto l'uomo comprende che il "caso Berlusconi" è stato dimenticato: nessuno nota cambiamenti, "nemmeno Emilio Fede se n'è accorto". Lo scomodo cadavere, ancora una volta sepolto in giardino, vi resterà. Nell'insegnante cresce la paranoia, che prende forma nel terrore di essere pedinato. Non potendo più reggere la pressione delle sue paure, Matteo finisce col barricarsi in casa assieme al suo cane, unica compagnia. Poi anche l'animale muore. Questo lutto causa un nuovo crollo mentale al protagonista, che scava una buca profonda nel terriccio molle vicino a un albero di arance, cresciuto sulla tomba di Berlusconi, rigoglioso per via dell'augusto concime di cui si era nutrito. Dopo aver parlato a lungo al morto, con cui ormai si identifica, Matteo affetta un'arancia raccolta dall'albero funebre, ne mangia qualche frammento, quindi si cala nella fossa e si ricopre da sé di terriccio. Pone così fine ai suoi giorni soffocando, dopo aver riconosciuto di essere moralmente colpevole della morte di Livia. 
 
Citazioni: 
 
"Gianni era ingessato, robotico, inespressivo. Cesare cominciò lui a parlare, cosa che in tribunale faceva assai di rado."
(Matteo) 

"Il potere si regge sul potere, non sulle persone. Se lo ricordi."
(Cesare)
 

Recensione:  
Una pellicola davvero bizzarrissima, forse unica nel suo genere. Potremmo considerarla una distopia dickiana non fantascientifica. Proprio come in un romanzo di Philip K. Dick, gioca un ruolo fondamentale l'alterazione delle realtà ad opera dei media, che procede fino a diventare completa dissoluzione di ogni possibilità di conoscenza e di giudizio. Il progressivo allontanamento del protagonista dalla realtà, la sua deriva schizoide, non può che condurre alla disgregazione dell'Essere. Il potere politico è qualcosa che sfugge a ogni analisi, a conti fatti la sua natura non può essere dedotta dalle apparenze con cui si manifesta, in quanto le persone che lo rappresentano sono simulacri, gusci vuoti a cui non corrisponde un'essenza propria, bensì un puro e semplice ruolo. A questo punto, il ruolo è autoconsistente. Non serve che dietro l'involucro delle apparenze esista davvero un individuo. Chi muove questo teatrino? Resterà sempre oscuro, inconoscibile. Peccato che queste riflessioni siano sorte nelle menti di pochi commentatori. 
Sotto gli occhi di tutti è lo scarsissimo successo di quest'opera, presentata il 13 agosto 2008 al Drake International Film Festival Caserta. Giancarlo Zappoli definisce Ho ammazzato Berlusconi "un film irrisolto che manca gli obiettivi", specificando che "non basta una buona idea per realizzare un film".   
Gian Luca Rossi è un regista non molto prolifico, a cui si devono in tutto quattro film, compreso questo. Due sono documentari: Mare carbone (2015) e Se ho vinto, se ho perso (2020). C'è poi il film drammatico Lontano in fondo agli occhi (2000). Non si riescono a reperire molte informazioni su questo materiale. La sola notizia biografica sembra essere questa: Rossi è nato ad Aosta nel 1973 (ha sette anni meno di me). Qualche volta il suo nome è scritto Gianluca anziché Gian Luca.
Daniele Giometto ha al suo attivo unicamente il film diretto assieme a Gian Luca Rossi. Nemmeno un cortometraggio, nulla di noto. Si trova in Rete soltanto un larvato abbozzo di biografia: Giometto è nato ad Aosta nel 1977 (ha undici anni meno di me).  

Lirismo assoluto 

Matteo, ormai identificatosi con lo spirito dell'illustre morto che nutre l'albero di arance, declama questo testo poetico:

Questa notte mi sono deciso. 
Ho scardinato la porta e sono sceso in giardino. 
Silvio nello scorgermi fu quasi stupito e cacciò un gridolino di gioia vegetale. 
Lui cresceva, cresceva... io invece mi ero fatto più piccolo e smagrito. 
La prossima primavera sarebbe stato alto più di un metro. 
Le foglie lo prefiguravano un poderoso arancio. 
Divenuto grande, avrebbe riempito i canestri di delizie zuccherine. 
Mi accomodai accanto a lui. 
Ci soffermammo a contemplare la rotta, e parlammo a lungo, ed arrivammo ad una conclusione. 
Se ancora c'era, se ancora era possibile un mondo, ovunque fosse, lo avremmo trovato insieme. 

Senza dubbio il componimento merita un posticino nella storia della Settima Arte!

 
L'omicidio Berlusconi
 
Non ho ancora avuto occasione di leggere L'omicidio Berlusconi, il libro di Andrea Salieri del 2003, pubblicato da Edizioni Clandestine (128 pagine; codice EAN: 9788865961261), di cui il film di Rossi-Giometto costituisce un adattamento a quanto pare abbastanza fedele. Questa è la descrizione (da www.ibs.it): 
 
"E se Berlusconi non fosse lui? Se il vero Berlusconi fosse stato ucciso la notte del 28 maggio 2001? Andrea Salieri offre in questo libro un diario ironico e graffiante di un omicida per caso, una critica spietata che non risparmia niente e nessuno, il manifesto bizzarro di un nuovo ideale di libertà, perché non esiste un mondo perfetto, ma ce n'è uno possibile." 

L'utente Filippo N. - W2M.it ne è entusiasta:

"Scritto con stile che oserei definire neo-sheakespeariano, il romanzo di Salieri è una continua sorpresa, una prova difficile per il lettore, che è costretto dall'autore a pensare, ragionare ogni singola frase, dietro cui scopre di volta in volta - e quasi sempre con un sorriso - una mente viva, affilata, sapiente, critica e satirica, come poco spesso, anzi molto raramente, accade di incrociare tra le pagine di un libro oggigiorno."

Un altro romanzo dal titolo simile, Chi ha ucciso Silvio Berlusconi, è stato scritto da Giuseppe Caruso e pubblicato dalla casa editrice Ponte delle Grazie nel 2005, con una nuova edizione della casa editrice TEA nel 2008. Quest'opera è più controversa di quella di Salieri, in quanto parla di un attentato a Berlusconi. Sembra tuttavia esistere una connessione: il protagonista, Ettore Saleri, ha il cognome molto simile a quello di Andrea Salieri. Sarebbe molto interessante per un antropologo scavare nell'immaginario collettivo di quegli anni convulsi, in cui l'aria era più irrespirabile dell'atmosfera di Venere! 

Il serpente nell'occhio 

Mi pare ottima l'interpretazione di Alberto Bognanni, che ha una mirabile peculiarità fisica: è quella che i Vichinghi chiamavano ormr í auga ossia il "serpente nell'occhio". Sullo sfondo dell'iride azzurrissima si nota ogni minimo movimento della pupilla, un abisso di nero assoluto  che si dilata e si contrae con estrema facilità. In occasione della presentazione del film, all'attore è stato assegnato il Premio Massimo Troisi come migliore attore protagonista. 
 
Tentativi di censura  
 
In sintesì andò così: fracassarono gli zebedei per ottenere il ritiro di questa commedia nera. Ci furono piagnistei e geremiadi. Secondo la versione più accreditata, alcuni esponenti di Forza Italia si misero a frignare come poppanti tolti alla tetta e dissero che il film di Rossi-Giometto era un perverso accanimento contro la persona di Silvio Berlusconi. A parte etichettare a ciclo continuo il Magnate di Arcore come un benefattore del genere umano, sempre innocente e sempre santo, non ci sono state in realtà obiezioni seriamente politiche a quest'opera satirica. Anche se ignoro chi a chi si debba l'iniziativa, a un certo punto fu imposta un'interiezione ops..., che trasformò il rude titolo originale Ho ammazzato Berlusconi in un meno traumatico Ops... Ho ammazzato Berlusconi, in cui la natura accidentale dell'uccisione viene subito affermata senza mezzi termini, proprio per neutralizzare ogni potenziale emulativo, istigatorio e apologetico insito nella fatidica frase. Questi potenziali perigliosi non sono in alcun modo contenuti nella trama, che semmai presenta Berlusconi in modo estremamente umano, fino al punto di ispirare compassione, empatia. 
 
Una censura più insidiosa
 
Lo swibble, pericolosissimo meccanismo di indottrinamento politically correct, avverte in modo paternalistico lo spettatore delle seguenti cose:

- Non è un film violento.
- Si vedono cadaveri diverse volte.  
- Si vede un cadavere colpito da una pallottola.
- Si capisce a colpo d'occhio che i cadaveri sono finti.
- Qualche bacio.
- Qualche volgarità.
- Largo uso di medicine.
- Il film diventa più triste verso la fine.
- Un cane muore di malnutrizione.
- Il protagonista tenta di suicidarsi coi farmaci.
- Alla fine del film, il protagonista si seppellisce vivo.


In poche parole, questa sarebbe una storia di cadaveri (non di paura). Il prodotto dello swibble è la cosiddetta "Parents Guide", un'insopportabile compressione delle libertà individuali!
 

 
Altre recensioni e reazioni nel Web  
 
In generale le recensioni reperibili nel Web sono poco entusiastiche. I topoi principali sono questi: 

1) Il film è moscio
2) I mezzi sono scarsi
3) Le idee sono tutte concentrate nel titolo
4) Andrea Roncato non ci azzecca (è il copro-tagonista) 

Possiamo dire per certo che Andrea Roncato è ben lontano dai tempi in cui interpretava Loris Batacchi, il "capoufficio pacchi" dotato di uno smisurato e tesissimo Priapo, sempre rubizzo per l'eccitazione! Dicamo che la sua parte ha un che di stonato. Si nota anche un Lello Arena amorfo, abbastanza rudimentale. Lo preferivo nei panni del glorioso Re Alboino! 

Ecco alcuni estratti dal sito Filmtv.it


L'utente Fanny Sally ha scritto:
"Dopo la caustica premessa il film si affloscia perdendo mordente satirico e demenziale e diventando un qualcosa di indefinito: accusa alla falsità della politica e della televisione? denuncia dello scadimento dei valori morali? ritratto di un depresso? Potrebbe essere tutte queste cose o nessuna, sta di fatto che non convince nella sua forte vena grottesca e neppure nei risvolti melodrammatici. Occasione sprecata."

L'utente Mulligan71 ha scritto:
"I primi cinque minuti sono anche carini e promettenti, poi il tutto crolla sotto una mediocrità senza fine: attori annoiati e noiosi, trama esile e fotografia da peggiore televisione. Addirittura, a tratti, mi sembrava di vedere il Bagaglino. E poi Andrea Roncato, ma dai, come si fa."

L'utente gene55 ha scritto:
"Nonostante mezzi senza dubbio scarsi e tutte le difficoltà del caso,il film dimostra un coraggio ed un'intelligenza a cui,sembra,non siamo molto nè abituati nè preparati...La storia è semplice semplice,il protagonista ha lo sguardo giusto ed alcune frecciate,colpiscono in pieno il bersaglio...80 minuti divertenti e pensierosi,anche se inverosimili,che difficilmente vedremo in tv o se ne parlerà da Vespa..." 
 
Ecco giusto un estratto dal sito Davinotti.com:  
 
 
L'utente Ryo ha scritto:
"È un film difficile da inquadrare: talvolta sembra una commedia classica, in alcune scene si raggiungono vette di nonsense puro, come se lo sviluppo stesso fosse uno strano sogno. In alcuni momenti è il grottesco a farla da padrone, con accompagnamenti musicali che non riescono a valorizzare il prodotto dando l'impressione di essere inseriti a caso. MEMORABILE: Berlusconi con la maglia del'Inter; L'auto-seppellimento." 
 
Molto interessante, ricca di spunti e niente affatto banale la recensione di Alessio Bosco apparsa su INDIE eye:
 

sabato 3 luglio 2021

LADY MONDEGREEN E LE DISTORSIONI PERCETTIVE

La scrittrice e giornalista americana Sylvia Wright (1917 - 1981) ricordava il testo di una poesia che durante l'infanzia sua madre le leggeva spesso. L'autore era il poeta, antiquario e religioso inglese Thomas Percy, nato Piercy (Bridgnoth, 1729 - Dromore, 1811). Il componimento in questione è stato tratto dalla ballata scozzese The Bonnie Earl O' Moray e fa parte della raccolta Reliques of Ancient English Poetry. È scritto in un inglese che presenta una certa influenza della lingua Scots. Ecco il testo nella versione ricordata dalla Wright:
 
Ye Highlands and Ye Lowlands,
Oh Where hae ye been?
They hae slain the Earl Amurray
And Lady Mondegreen.

"Voi monti e vallate,
Oh, dove siete stati?
Hanno ucciso il Conte di Moray
E Lady Mondegreen."
 
Spiccano il pronome ye "voi" (corrisponde a you) e la forma verbale hae "avere" (corrisponde a have). Il problema è che c'è un vistoso errore nell'ultimo verso, causato da una distorsione percettiva! La frase originale era "and laid him on the green" ed è stata segmentata in modo erroneo dalla scrittrice-giornalista, dando origine a un antroponimo femminile fantomatico: Lady Mondegreen.
 
and laid him on the green => and Lady Mondegreen 
 
Questa è la trascrizione IPA della pronuncia, che descrive il mutamento avvenuto:
/ənd 'leɪd (h)ɪm 'ɔn ðəˌgɹi:n/ => /ənd 'leɪdɪ 'mɔndəˌgɹi:n/  

Il pronome obliquo di terza persona singolare maschile, him, spesso perde l'aspirazione e viene agglutinato al verbo che lo precede. In questo caso la consonante finale -m è stata incorporata dalla seguente preposizione on; la fricativa interdentale sonora dell'articolo the è stata percepita come un'occlusiva dentale sonora d-, cosa che senza dubbio ha favorito la creazione di un antroponimo fantomatico. La pronuncia attuale di Mondegreen è /'mɔndɪˌgɹi:n/

Questo è il testo corretto della poesia: 
 
Ye Highlands and Ye Lowlands,
Oh Where hae ye been?
They hae slain the Earl o' Moray
And laid him on the green.
 
"Voi monti e vallate,
Oh, dove siete stati?
Hanno ucciso il Conte di Moray
E lo hanno disteso sul verde."

Questa è la versione in Scots:

Ye Hielands an ye Lowlands,
Oh, whaur hae been?
They hae slain the Earl o' Moray
And lain him on the green. 
 
Si noterà che lo Scots presenta molte più forme verbali irregolari rispetto all'inglese: il verso And lain him on the green non avrebbe potuto essere frainteso come ha fatto la Wright per via della presenza di lain "distesero" anziché laid

Questo è il link all'articolo scritto da Sylvia Wright sull'argomento nel 1954, intitolato The Death of Lady Mondegreen e arricchito con disegni di Bernarda Bryson (che nome evocativo!): 
 
 
Ecco spiegata l'origine della denominazione mondegreen, usata in linguistica per descrivere un particolare tipo di distorsione percettiva in cui una frase viene scambiata per un'altra omofona o quasi omofona. Sia la frase originale che quella male interpretata in genere appartengono alla stessa lingua, ma non necessariamente. In genere un mondegreen avviene ascoltando una canzone, una poesia o uno slogan. Si può descrivere il mondegreen come un fenomeno di pareidolia acustica. Le definizioni inglesi più comuni sono mishearing "malinteso, fraintendimento" e misinterpretation "errata interpretazione". I mondegreen sono particolarmente comuni nella lingua inglese, che è caratterizzata dall'estrema debolezza delle code delle parole. Quando una lingua è composta prevalentemente da monosillabi e da bisillabi, è facile capire male qualcosa: ogni distorsione anche minima avrà gravi ripercussioni. 

Il mondegreen: possibili origini psicologiche
 
Secondo Steven Connor, il mondegreen fa parte del meccanismo conosciuto come dissonanza cognitiva, descritto per la prima volta da Leon Festinger nel 1957. Si può descrivere il cervello umano come una macchina programmata per attribuire un senso a un universo insensato. Quando una persona sente delle parole il cui significato le sfugge, il suo cervello riduce il disagio e la sofferenza mettendosi in azione per cercare di colmare la lacuna conoscitiva, deformando le parole fino a renderle in qualche modo comprensibili. Connor ha definito i mondegreen come "distorsioni del nonsenso nel senso" ("wrenchings of nonsense into sense"). Ecco la citazione dalla sua opera Earslips: Of Mishearings and Mondegreens (2009): 
 
"Ma, sebbene i fraintendimenti possano apparire piacevoli o addirittura sovversivi nel sabotare il senso, in realtà sono essenzialmente neghentropici, vale a dire che spingono verso l'alto il pendio dal rumore casuale alla ridondanza della voce, spostandosi quindi dalla direzione del non senso al senso, dalla non direzione alla direzione. Sembrano rappresentare l'intolleranza dei puri fenomeni. In questo sono diversi dai difetti del linguaggio a cui sono spesso associati. Considerare i lapsus dell'udito semplicemente come il complemento uditivo dei lapsus del linguaggio ne confonde la natura e la funzione programmatica. I fraintendimenti sono i disordini del senso causati dal nonsenso; i fraintendimenti sono la distorsione del nonsenso nel senso." (testo originale: "But, though mishearings may appear pleasingly or even subversively to sabotage sense, they are in fact in essence negentropic, which is to say, they push up the slope from random noise to the redundancy of voice, moving therefore from the direction of nonsense to sense, of nondirection to direction. They seem to represent the intolerance of pure phenomena. In this they are different from the misspeakings with which they are often associated. Seeing slips of the ear as simply the auditory complement of slips of the tongue mistakes their programmatic nature and function. Misspeakings are the disorderings of sense by nonsense; mishearings are the wrenchings of nonsense into sense.").
 
L'iperottimista Steven Pinker, moderno Pangloss nonché massimo esperto mondiale nella difficile scienza della puffologia, si è occupato del fenomeno del mondegreen, cercando in tutti i modi di trovare una spiegazione pierangelista (ossia riduzionista, meccanicista, deterministica, dogmatica). Secondo quanto scritto da Pinker nella sua opera The Language instinct (1994), il mondegreen tende ad essere meno plausibile della frase originale non distorta e crea una sorta di blocco mentale nella persona che ha avuto la distorsione percettiva: una volta fraintesa una frase, scatterebbe un legame emotivo fortissimo con la propria interpretazione fuorviante. Così lo studioso cita l'esempio di uno studente che aveva frainteso una canzone delle Bananarama, Venus (1986), quella che faceva "I'm your Venus, I'm your fire, And your desire" (ossia "Sono la tua Venere, sono il tuo fuoco, e il tuo desiderio"), intrerpretando il ritornello come "I'm your penis, I'm your fire, And your desire" (ossia "Sono il tuo pene, sono il tuo fuoco, e il tuo desiderio"). Questo studente era attratto in modo morboso dai transessuali e fissato con i loro attributi in erezione, tanto che non sapeva pensare ad altro: si masturbava furiosamente fantasticando di penetrare quelle creature androgine mentre raggiungevano l'orgasmo ed eiaculavano. Anche quando è stato messo di fronte alla copertina del disco delle Bananarama, non ha voluto riconoscere il proprio errore. Anzi, in un impeto di ipocrisia si è detto persino sorpreso che una simile canzone fosse trasmessa alla radio. La distorsione percettiva era stata causata da una sola consonante: in inglese Venus suona /'vi:nəs/ e rima con penis, che suona /'pi:nəs/. Io stesso ho frainteso un verso di questa canzone per una consonante, udendo "Making every man mad" ("facendo impazzire ogni uomo") anziché "Making every man a man" ("facendo di ogni uomo un uomo"). 

James Gleick è invece dell'idea che il mondegreen sia una fenomeno abbastanza recente. Nella sua opera The Information: A History, a Theory, a Flood (2011), sostiene che senza l'informazione migliorata e la standardizzazione del linguaggio apportate dalla radio, non ci sarebbe stato modo di riconoscere e di discutere questa esperienza condivisa. Tuttavia l'autore riconosce che nelle canzoni popolari avvengono trasformazioni spontanee del testo quando qualche termine diventa oscuro in quanto non collegabile all'esperienza corrente. Cita come esempio la canzone popolare The Golden Vanity, dove il verso "As she sailed upon the lowland sea" ("Mentre lei navigava sul Mare del Nord") è stato mutato in "As she sailed upon the lonesome sea" ("Mentre lei navigava sul mare solitario") dagli immigrati britannici che si stanziarono in Appalachia. Non avendo più idea di cosa fosse il Mare del Nord, così ben conosciuto dai Vichinghi, lo trasformarono nel mare solitario. Non concordo con Gleick sull'origine non troppo antica del mondegreen, che senza dubbio esiste da quando la specie umana usa il linguaggio articolato. La lingua dei Sumeri aveva in comune con l'inglese moderno la debolezza della coda delle parole: possiamo essere sicuri che vi abbondassero i mondegreen. Alla fine il sumerico è divenuto una lingua puramente letteraria, usata soltanto dai sacerdoti e dagli scribi, forse perché come lingua parlata aveva subìto un'eccessiva degradazione fonetica e dava origine a troppi fraintendimenti. Sarebbe interessante studiare a fondo i documenti in lingua sumerica per trovare qualche possibile traccia di questo processo.
 
Alcuni mondegreen musicali 
 
La canzone Bad Moon Rising dei Credence Clearwater Revival (1969) ha un testo in cui ogni verso termina con le parole "There's a bad moon on the rise" ("C'è una luna cattiva in crescita"). Ebbene, moltissimi anglosassoni hanno inteso "There's a bathroom on the right" ("C'è un cesso sulla destra"). 
La canzone Purple Haze di Jimi Hendrix (1967) ha il verso "Scuse me while I kiss the sky" ("Scusami mentre bacio il cielo"), che è stato costantemente equivocato in "Scuse me while I kiss this guy" ("Scusami mentre bacio questo tipo"). 
Nemmeno i Beatles sono stati immuni al potere del mondegreen: nella canzone Lucy in the Sky with Diamond (1967), il verso "The girl with kaleidoscope eyes" ("La ragazza con gli occhi caleidoscopici") è stato equivocato in un esilarante "The girl with colitis goes by" ("Passa la ragazza con la colite"). La gentile creatura doveva avere occhi magici e bellissimi: è diventata una cagona! 
La missionaria americana Fanny Cosby (1820 - 1915), discendente dei Puritani, ha composto l'inno Keep Thou My Way, il cui verso "Gladly the cross I'll bear" ("Volentieri porterò la Croce") ha subìto una grottesca distorsione in "Gladly, the cross-eyed bear" ("Gladly, l'orso strabico"). A causare il mondegreen è stata la sintassi inconsueta del verso, caratterizzata da un ordine OSV (oggetto-soggetto-verbo), incomprensibile agli attuali anglosassoni.  
 
Alcuni mondegreen letterari 

Lo scrittore e attore irlandese-americano Malachy McCourt ha dato alle sue memorie un titolo singolare: A Monk Swimming (1998). Questo perché ha male interpretato la frase amongst women "tra (tutte) le donne", che compare nella Salutatio Angelica, come a monk swimming "un monaco che nuota". Evidentemente la parola amongst /ə'mʌŋst/ non è stata capita dall'autore perché rara e ricercata. Così ha subìto una profonda metanalisi e la sequenza /ə'mʌŋs(t) 'wɪmɪn/ è diventata /ə'mʌŋk 'swɪmɪn/
Lawrence A. Perkins ha scritto un racconto di fantascienza Come You Nigh: Kay Shuns, pubblicato sulla rivista americana Analog Science Fiction and Fact nel 1970. Il tema fondante di questa storia è la codifica delle comunicazioni interplantarie usando i mondegreen per renderle sicure e incomprensibili agli alieni: ad esempio la parola comunications "comunicazioni" è codificata in "come you nigh, Kay Shuns", ossia "vieni vicino, Kay Shuns".  

Esperienze personali
 
I primi esempi di mondegreen, di cui sono stato consapevole, provengono dalla mia giovinezza. Ricordo quando frequentavo le scuole medie, quel dannato calderone di stramaledetti bulli. Cominciavo a guardare cartoni animati giapponesi, le cui sigle, tradotte in italiano, erano particolarmente grottesche. La sigla della serie Jeeg robot d'acciaio diede luogo ad alcune difficoltà di comprensione a causa della voce del cantante, che impastava le parole. Così la frase "Jeeg va!", con l'accento sulla prima parola, era da me percepita come "Gippa!", con una bizzarra assimilazione consonantica (in tempi abbasstanza recenti, l'amico P. mi ha detto che anche lui sentiva "Gippa!"). Poi c'era la frase "vola fra lampi di blu", pronunciata in un modo che era umanamente impossibile comprendere: alle mie orecchie giungeva come "o la falappi di blu". Ho la chiara memoria di un fatto curioso: anche Beppe Grillo in una trasmissione aveva riportato lo stesso mondegreen, "o la falappi di blu", chiedendosi cosa potesse significare. All'epoca faceva ancora il comico. Il mio cervello, proprio come quello di Grillo, aveva cercato di decrittare la frase pronunciata male, rianalizzandola e creando il verbo falappare, a cui però sembra impossibile attribuire un valore semantico.   
Ricordo quando udii per la prima volta una famosa canzone di Edoardo Bennato, Il gatto e la volpe (1977). La frase "Lui è il gatto ed io la volpe" fu da me compresa come "Lui è il gatto e Dio la volpe". Allo stesso modo, il titolo dello sdolcinato film Il Re ed io (The King and I, diretto da Walter Lang, 1956) fu da me compreso come "Il Re e Dio". Anche il titolo originale può essere frainteso in modo simile come The King and Die!, anche se non è grammaticalmente sensato. In questi due casi, il problema è la congiunzione "e" nella sua forma eufonica, ossia "ed", la cui consonante finale si agglutina per necessità alla vocale iniziale della parola seguente. Questo può creare gravi equivoci in moltissimi casi: ogni volta che ricorre la sequenza "ed a", può essere frantesa come "e da". Così "ed ai monti" corre il rischio di diventare "e dai monti". Per questo motivo la stessa Accademia della Crusca è intervenuta con voce tonitruante, condannando l'abuso delle forme eufoniche e cercando di limitare l'uso di "ed" ai casi in cui la parola seguente inizia con la vocale e-. Analogamente l'uso di "od" dovrebbe essere limitato ai casi in cui la parola seguente inizia con la vocale o- e via discorrendo. 
Un altro mondegreen risale a tempi ben più recenti. Ricordo ancora quando il rossochiomato F. mi fece ascoltare una serie di canzonette allegre di una band denominata My Chemical Romance. In uno di questi brani c'era un insistente e nitidissimo ritornello che suonava così alle mie orecchie: "LECCA LA CALIPPA BLU!" Non sono riuscito a ottenere spiegazioni dal bellimbusto fulvo, che si è limitato a sorridere, segno che anche lui aveva inteso qualcosa di strano; neppure le mie insistenti ricerche in Google mi sono state fruttuose. Ho anche visionato diversi video dei My Chemical Romance presenti in YouTube, senza trovare quello che mi interessava. Non ho mai compreso la natura della distorsione percettiva che mi ha colpito. Verosimilmente ho interpretato una frase in un inglese degradato distorcendola in una frase in italiano. Ho poi cercato di razionalizzare la distorsione percettiva immaginando che la parola "calippa" indicasse la fica, anche se il riferimento al colore resterebbe comunque inesplicabile. Forse si parla di una fica livida? Oppure è la fica di una femmina aliena dalla pelle blu? Fatto sta che per me è diventato un tormentone: ancora a distanza di anni, ogni tanto la frase insensata erutta dalle profondità del mio encefalo, ossessionandomi per ore ed ore, simile a un mantra, al punto da farmi temere di morire pazzo come è successo a Cantor. 
Vediamo che certi mondegreen stravaganti (es. "o la falappi di blu", "LECCA LA CALIPPA BLU") sembrano contraddire le spiegazioni psicologiche date da Pinker e da Connor, proprio perché hanno prodotto frasi prive di senso e neppure assimilabili ad antroponimi. Non riducono l'inspiegabilità e l'assurdo: si limitano a dargli una labile apparenza di sintassi coerente.

Soramimi e traduzioni omofoniche

Un fenomeno non troppo dissimile dal mondegreen è il soramimi, (dal giapponese 空耳 "ascolto alterato", "pensare di aver sentito"), che però si distingue per il fatto non irrilevante di essere volontario. Alcuni lo reputano un caso particolare di mondegreen; questa ipotesi mi appare abbastanza discutibile. Tuttavia non si può escludere che all'origine di un soramimi possa esserci un mondegreen, una pareidolia involontaria poi usata a bella posta. Un caso particolare di soramimi è la traduzione omofonica o quasi omofonica, che consiste nell'adattamento di una frase o di un intero testo da una lingua ad un'altra, basandosi interamente sull'assonanza. La traduzione omofonica parte dal testo in una data lingua e ottiene un testo in una lingua diversa. Il soramimi include anche casi in cui si parte dal testo in una data lingua e si ottiene un altro testo nella stessa lingua. L'intento di simili costruzioni non è necessariamente di scherno o di satira.
Tutti ci siamo imbattuti in stramberie di questo genere nel corso della nostra esistenza. Ricordo il cantante biondiccio dei Gatti di Vicolo Miracolo, mentre si esibiva su Antenna 3 Lombardia assieme a Umberto Smaila, all'epoca affettuosamente soprannominato "Smaiala". La canzone intitolata Georgia on my mind (Ray Charles, 1979, da un precedente motivo) era tradotta come "Giorgia, non mangi mai", richiamando l'attenzione sul terribile problema dell'anoressia giovanile. In modo simile, le parole "feelings, nothing more than feelings" (Morris Albert, 1974) furono trasposte in italiano come "fili, fili di parole". Credo che questo adattamento fosse opera di Johnny Durelli, pardon, Dorelli.
La tipica pronuncia accademica inglese della lingua latina ha permesso il proliferare di soramimi goliardici, che rientrano nella casistica del cosiddetto Pig Latin ("latino dei maiali") o Dog Latin ("latino dei cani"), come ad esempio questa poesiola: 
 
Caesar had some jam for tea,
Brutus had a rat.
Ceasar sick in omnibus,
Brutus sick in 'at.
 

Questa è la spiegazione:
 
Caesar adsum iam forte "Cesare, sono già qui, come capita" è diventato Caesar had some jam for tea "Cesare ha preso della marmellata per il tè"; 
Brutus aderat "Bruto era presente" è diventato Brutus had a rat "Bruto aveva un ratto";
Caesar sic in omnibus "Cesare è così in tutte le cose" è diventato Ceaesar sick in omnibus "Cesare ha vomitato nell'autobus"; 
Brutus sic in at (frase di dubbia grammatica ma traducibile alla lettera come "Bruto è così nel ma") è diventato Brutus sick in 'at "Bruto ha vomitato nel (suo) cappello". 
 
L'autore a quanto pare è il giornalista e scrittore inglese Geoffrey Willans (1911 - 1958). Si può riportare anche un singolare caso di soramimi inverso. Jonathan Swift (1667 - 1745) voleva adorare una fanciulla bellissima che si chiamava Molly, così le scrisse questa poesiola in pseudo-latino:

Mollis abuti,
Has an acuti,
No lasso finis, 
Molli divinis. 
Omi de armis tres, 
Imi na dist res, 
Cantu disco ver 
Meas alo ver?

Ecco il testo in inglese, nascosto con cura sotto le apparenze latine:

Moll is a beauty 
Has an acute eye, 
No lass so fine is, 
Molly divine is. 
O my dear mistress, 
I'm in a distress, 
Can't you discover 
Me as a lover?

Il testo che sembra in latino non ha alcun senso, è stato costruito a partire da quello in inglese.

venerdì 28 maggio 2021

 
O VARIUM FORTUNE 
 
Titolo originale: O varium Fortune 
Gruppo: Corvus Corax 
Autori: Corvus Corax, Ingeborg Schöpf & Klaus Lothar Peters 
Album: Cantus Buranus II 
Anno: 2008 
Data di rilascio: 1 agosto 2008
Genere: Musica neomedievale, Folk Rock 
Paese: Germania
Lingua: Latino medievale
Etichetta: Pica Records, Irond 
Formato: CD, Digibook
Orchestra: Deutsches Filmorchester Babelsberg
Formazione Corvus Corax: 
   Ardor von Venushügel 
   Castus Rabensang 
   Harmann der Drescher
   Hatz 
   Meister Selbfried  
   Patrick der Kalauer
   Teufel 
   Wim 
Cantante (Soprano): Ingeborg Schöpf 
Etimologia del nome del gruppo: dal nome scientifico del corvo imperiale (Corvus corax Linnaeus, 1758) 
Video: Live in München 2009 
Rimasterizzazione: 2016 
Link: 
 
Testo in latino medievale:
 
O VARIUM FORTUNE 
 
O varium fortune lubricum
Dans dubium tribunal iudicum,
Non modicum paras huic premium,
Quem colere tua vult gratia.

Et petere rote sublimia,
Dans dubia tamen prepostere
De stercore pauperem erigens,
de rhetore consulem eligens.

Et petere rote sublimia,
Dans dubia tamen prepostere
De stercore pauperem erigens,
de rhetore consulem eligens.

O varium fortune lubricum
Dans dubium tribunal iudicum,
Non modicum paras huic premium,
Quem colere tua vult gratia.

Et petere rote sublimia,
Dans dubia tamen prepostere
De stercore pauperem erigens,
de rhetore consulem eligens.

Edificat Fortuna diruit;
Nunc abdicat quos prius coluit. 
Edificat Fortuna diruit;
Nunc abdicat quos prius coluit. 
 
Et petere rote sublimia
Dans dubia tamen prepostere
De stercore pauperem erigens
De rhetore consulem eligens.

Et petere rote sublimia
Dans dubia tamen prepostere
De stercore pauperem erigens
De rhetore consulem eligens.
 
Il testo è un piccolo estratto di un componimento ben più esteso, che fa parte dei Carmina Burana. Questi testi poetici sono opere dei Goliardi o Clerici vagantes. Risalgono al XI e al XII secolo e sono riportate nel Codex Latinus Monacensis 4660, detto anche Codex Buranus - da cui il nome della raccolta - in quanto reperito nel 1803 nella Bura di San Benedetto (Benediktbeuren) in Alta Baviera. In tutto sono 228, scritti nella maggior parte dei casi in latino, anche se alcuni sono in medio alto tedesco e uno in provenzale. Riflettono un movimento internazionale, che andava dalla Linguadoca alla Germania, all'Inghilterra e alla Scozia. Stava sorgendo l'Università, che è un'istituzione più antica dell'Impero Azteco, per quanto la cosa possa essere sorprendente. Questi Clerici vagantes vagavano da un ateneo all'altro, per tutta l'Europa, per poter seguire le lezioni che consideravano più utili. In questo erano favoriti dall'uso pervasivo del latino, vera e propria lingua franca dell'epoca. Avevano gli ordini minori, quindi godevano di alcuni privilegi ecclesiastici, pur non essendo vincolati ai voti imposti dall'ordinazione sacerdotale: conducevano esistenze sregolate tracannando ettolitri di vino e copulando selvaggiamente. Furono loro a reintrodurre il vino nella poesia dopo secoli di silenzio. Immensa era la loro avversione alla Curia pontificia, colpita dagli strali della satira per la sua simonia e per la sua corruzione. Di questi argomenti si dovrà parlare con maggior dettaglio in altra sede.

Ecco il testo completo della poesia da cui hanno attinto i Corvus Corax:  
 
O VARIUM (CB 14)

1.
O varium | Fortune lubricum,
dans dubium | tribunal iudicum,
non modicum | paras huic premium,
quem colere | tua vult gratia
et petere | rote sublimia,
dans dubia | tamen, prepostere
de stercore | pauperem erigens,
de rhetore | consulem eligens.

2.
Edificat | Fortuna, diruit;
nunc abdicat, | quos prius coluit;
quos noluit, | iterum vendicat
hec opera | sibi contraria,
dans munera | nimis labilia;
mobilia | sunt Sortis federa,
que debiles | ditans nobilitat
et nobiles | premens debilitat.

3.
Quid Dario | regnasse profuit?
Pompeïo | quid Roma tribuit?
Succubuit? | uterque gladio.
eligere | media tutius
quam petere | rote sublimius
et gravius | a summo ruere:
fit gravior | lapsus a prosperis
et durior | ab ipsis asperis.

4.
Subsidio | Fortune labilis
cur prelio | Troia tunc nobilis,
nunc flebilis | ruit incendio?
quis sanguinis | Romani gratiam,
quis nominis | Greci facundiam,
quis gloriam | fregit Carthaginis?
Sors lubrica, | que dedit, abstulit;
hec unica | que fovit, perculit.

5.
Nil gratius | Fortune gratia,
nil dulcius | est inter dulcia
quam gloria, | si staret longius.
sed labitur | ut olus marcidum
et sequitur | agrum nunc floridum,
quem aridum | cras cernes. Igitur
improprium | non edo canticum:
o varium | Fortune lubricum. 

Traduzione libera in italiano:

1. 
O Fortuna, volubile e scivolosa
che giudice incostante tu sei.
Largisci premi smisurati
a chi hai deciso di prediligere con la tua grazia
e di porre sulla sommità della tua ruota.
Ma i tuoi doni sono incerti e senza preavviso:
alzi il povero dallo sterco
ed eleggi l'orator a console.

2. 
La Fortuna costruisce, la Fortuna distrugge:
in un attimo abbandona colui che finora coccolava
per favorire un altro che poc'anzi respingeva.
Com'è contraddittoria quest'opera,
come sono fugaci i doni della Fortuna.
Incerti sono i patti della sorte
che umilia i nobili opprimendoli
e nobilita gli umili arricchendoli.

3. 
Che cosa è servito a Dario essere re?
Come Roma ha ripagato Pompeo?
Tutti e due sono stati vinti dalla spada.
È più sicuro scegliere la via di mezzo
che salire in alto sulla ruota
e poi cadere rovinosamente in basso.
Chi oggi Fortuna esalta
domani sarà ridotto in miseria.

4. 
Per quale capriccio della Fortuna
Troia un tempo gloriosa in battaglia
e ora degna di pianto, è annientata da un incendio?
Chi ha distrutto la grandezza dei Romani,
estinto l'eloquenza dei Greci,
infranto la gloria dei cartaginesi?
È la Sorte incostante che sottrae ciò che elargiva,
solo essa abbatte ciò che prima favoriva.

5. 
Niente è più grato della grazia della Fortuna
niente è più dolce tra le cose dolci
della gloria, se resta più a lungo. 
Ma decade come verdura marcia 
e segue il campo ora in fiore, 
che domani ti accorgi essere arido. 
Allora non mangio una brutta canzone: 
O Fortuna, volubile e scivolosa. 

[traduzione: Modo Antiquo 1999 (1 - 4); sottoscritto (5)] 
 

Memorie: 
Vidi i Corvus Corax con i miei occhi di carne nel lontano 1991, nell'augusta e metallica città di Berlino. Ne rimasi subito conquistato. Ero in una rievocazione medievale simile a una fiera, molto ben ricostruita. Anche il suduciume era autentico. C'erano molte persone che sembravano uscite dal XI secolo. A una specie di tenda era affisso un invitante cartello. Mostrava il disegno di una donna nuda messa a pecora che esibiva il deretano, con una scritta in medio tedesco ben traducibile: "Date un'inseminata a questa femmina". Sì, avrei voluto farlo. Poi ho saputo da un passante che in realtà c'era soltanto una massaggiatrice e che era un'audace trovata pubblicitaria. Dopo aver fatto qualche giro e aver trangugiato un litro di birra scura, mi sentivo a casa. Mi ero dimenticato di tutto, vivevo nella convinzione di essermi svegliato da un brutto sogno e di essere finalmente me stesso. Fu a questo punto che mi imbattei nei Corvus Corax. Suonavano le cornamuse su un palco di legno. La loro musica mi penetrava fin nelle ossa. Fui stupito dalle loro figure. Avevano la faccia tinta come antichi Britanni. Fu uno di quegli incontri che non si possono dimenticare, perché cambiano la vita.    

Recensione:
Esaltante! Sia la musica che il video dello spettacolo tenuto a Monaco di Baviera nel 2009 sono capolavori assoluti! Ogni nota entra nel sangue e nelle ossa e scuote le fondamenta stesse della mia anima. Ho ascoltato il brano per ore, cadendo in uno stato simile all'estasi. La cantante bionda vestita come la Dea Fortuna è la soprano austriaca Ingeborg Schöpf. È di una bellezza divina. Ancora oggi, ogni volta che guardo il video non riesco a staccare gli occhi da lei. La gioia che mi dà contemplarla è come quella che provo a inebriarmi con l'idromele. Se la incontrassi di persona, mi innamorerei alla follia e cadrei folgorato senza potermi più rialzare. Mi viene da piangere e mi sembra di essere un lombrico, una specie di uomo-verme, condannato a non poter neppure sfiorare tanto splendore. Ci sono donne così, che mi fanno questo effetto. Sarebbe stato bellissimo se fosse stata cantata l'intera poesia, anziché soltanto il suo inizio. Forse gli autori temevano che un'eccessiva lunghezza del canto non avrebbe giovato. Peccato.    

Il problema della musicazione dei testi 
 
Sappiamo che 47 componimenti del Codex Buranus sono corredati di una trascrizione musicale tramite neumi in campo aperto (notazione adiastematica), la cui interpretazione può considerarsi un'impresa disperata. La ricostruzione delle musiche originali è a quanto pare un cammino in salita che non ha un traguardo univoco, anche se sono stati fatti diversi tentativi. Il compositore tedesco Carl Orff (Monaco di Baviera, 1895 - Monaco di Baviera, 1982) è famoso per aver musicato i Carmina Burana, anche se la sua opera non ha nulla a che vedere con le melodie originali, essendo stata composta di sana pianta (O varium non figura tra l'altro nell'elenco delle 24 poesie musicate). La stridente diversità dei risultati delle musicazioni del componimento che stiamo trattando è evidente da alcuni video reperibili nel Web. Invito tutti ad ascoltarli per comprendere ciò che intendo dire. 
 



La musicazione di un testo implica il tentativo di comporre qualcosa che appartiene al mondo contemporaneo al musicatore, non a quello contemporaneo all'autore delle parole. Si dà così origine a un insieme armonico di suoni che non poteva esistere all'epoca in cui visse il poeta. Il punto è che la sensibilità di un secolo viene ad essere innestata in un secolo diverso, con una sensibilità che potrebbe addirittura essere incompatibile. Non è un problema di poco conto. Si canta la Fortuna che abbandona ciò di cui aveva favorito la diffusione. Non dobbiamo però dimenticarci la forza spaventosa che tutto domina: l'Oblio. Ogni cosa finisce in una discarica, dove subisce disgregazione e si disfa nel Nulla. Mi pongo quindi una domanda. Ha senso la mia stessa opera? Ha senso che io mi curi di cose che sono state lasciate alla deriva? Ha senso che cerchi con ogni mezzo di ricostruirle, di restaurarle nella forma originale? No. Non ne ha nessuno. Dopo anni e anni di sforzi inani, sono costretto a questa conclusione, che nulla di sensato esiste nell'Universo. Siamo come topi in un labirinto variabile che non permette di dedurre una regola in grado di spiegarne il funzionamento. Questa mutabilità estrema ci condanna al logorio e alla morte vana.    

Glossario latino: 
 
abdicat "abbandona"  
consulem "il console" (accusativo di consul)
dans "che dà" 
dubium "dubbio" 
   dubia "dubbi" (neutro plurale)
de rhetore "dall'oratore"  
de stercore "dallo sterco" 
diruit "distrugge", "demolice", "manda in rovina"
edificat "costruisce" 
     (latino classico aedificat)
eligens "che elegge" 
erigens "che fa alzare"  
Fortuna "Fortuna, Sorte"
Fortune "della Fortuna, della Sorte" (genitivo) 
     (latino classico Fortunae
huic "a questo", "a costui" (dativo)
lubricum "scivoloso" (aggettivo neutro) 
non modicum "non scarso" (aggettivo neutro) 
nunc "ora, adesso" 
O varium Fortune lubricum "O Fortuna volubile e scivolosa", 
    alla lettera "O cosa volubile scivolosa della Fortuna"
paras "prepari" 
petere "chiedere, ricercare"
pauperem "il povero" (accusativo di pauper
premium "premio, ricompensa" 
     (latino classico praemium)
prepostere "confusamente, senza ordine" (avverbio)
      (latino classico praepostere
rote "alla ruota" (dativo) 
      (latino classico rotae)
quos prius coluit "coloro che prima trattava con riguardo": 
    quos "coloro" (accusativo plurale) 
    prius "prima" 
    coluit "trattava con riguardo" 
sublimia "le cose sublimi" (neutro plurale collettivo 
    dell'aggettivo sublimis
tamen "nondimeno, ciononostante" (avverbio) 
tribunal iudicum "tribunale dei giudici": 
   iudicum "dei giudici" (genitivo plurale di iudex "giudice") 

Si nota che dans dubium tribunal iudicum significa letteralmente "tribunale dei giudici che dà il dubbio".

Note sulla pronuncia e sull'ortografia: 
 
Si nota che in luogo del dittongo grafico ae si trova la vocale semplice e, così abbiamo Fortune, rote, edificat, premium, prepostere. Questa è una caratteristica tipica del latino medievale. 

Una peculiarità della musicazione è la posizione dell'accento, che cambia a seconda delle necessità del ritmo. Ecco un elenco di parole in cui l'accento cambia posizione: 
 
variúm anziché várium 
lubrícum anziché lúbricum 
dubiúm anziché dúbium 
tribunál anziché tribúnal  
modicúm anziché módicum 
coleré anziché cólere 
parás anziché páras
peteré anziché pétere 
roté anziché róte 
dubiá anziché dúbia 
tamén anziché támen
prepostére anziché praepóstere 
stercoré anziché stércore 
paupérem anziché páuperem 
erígens anziché érigens 
consúlem anziché cónsulem 
elígens anziché éligens
 
Forme con accentazione normale: 

Fortúne 
iúdicum 
húic 
prémium 
grátia 
sublímia 
túa
 
Anche nella poesia dell'antica Roma l'accento poteva subire simili variazioni. C'è però una differenza sostanziale. Nell'antica metrica a determinare la posizione dell'accento - che poteva contrastare con quella della lingua parlata - era la sequenza di sillabe brevi e sillabe lunghe secondo schemi precisi, come ad esempio quello dell'esametro. Qui invece è importante soltanto il ritmo musicale, dato che non vi è alcuna consapevolezza della quantità delle sillabe nel loro alternarsi.  

La pronuncia adottata è quella ecclesiastica ed accademica tipica della Germania, in cui g davanti a vocali anteriori ha il suono velare e non si palatalizza: 
 
erigens /e'rigens/ (anziché /'erigens/)
eligens /e'ligens/ (anziché /'eligens/)  
 
Come nella pronuncia ecclesiastica italica, t seguito da i e da vocale ha il suono affricato: 
 
gratia /'gratsia/ 
 
Non si ha l'approssimante /j/, bensì la vocale piena /i/
 
varium /vari-'um/ (anziché /'varium/)
dubium /dubi-'um/ (anziché /'dubium/)
dubia /dubi-'a/ (anziché /'dubia/)

Persino in iudicum all'inizio della parola si nota una sequenza iatale: 
 
iudicum /i-'udikum/
 
La pronuncia di qu è /kv/
 
quem /kvem/  
 
Si noti che questa pronuncia è comunque diversa da quella usata dai Clerici vagantes, che era la pronuncia carolingia elaborata dal dottissimo Alcuino per placare i timori superstiziosi del Re Carlo. 
 
Conclusioni 
 
Stupisce osservare che c'era molta più integrazione linguistica in Europa nel XI secolo che attualmente. Ai nostri giorni uno studente di Milano che volesse recarsi a frequentare lezioni all'Università di Parigi o di Strasburgo farebbe una grande fatica, dovrebbe parlare un inglese informe, alterato da pronunce scolastiche semiortografiche e corrotte. All'epoca invece esisteva una vasta comunità di giovani latinofoni che potevano andare ovunque, capire e farsi capire senza difficoltà con una lingua maneggevole dalla pronuncia facile. L'inglese usato nell'attuale Europa è distorto, turpe, dominato da una deformità abominevole: ogni parlante pronuncia i suoni incerti di quella lingua in modo tanto confuso da non poter essere quasi inteso da un suo conterraneo. Ci sono tante lingue pseudoinglesi quanti sono gli studenti! Pensiamo un po' a cosa doveva essere il mondo dei Goliardi (ben diversi dai tristissimi bulli che ne hanno usurpato il nome): tramite loro si tramandava in qualche modo il ricordo, seppur alterato, di Roma antica, il vagheggiamento di una gloria che strideva con la miseria del presente; con i loro attacchi contro l'alto clero ebbe vita un materiale che sarebbe riverberato per secoli, facendo infine diroccare l'edificio tirannico del Papato.