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sabato 24 novembre 2018



DELICATESSEN

Titolo originale: Delicatessen
Anno: 1991
Paese: Francia
Lingua originale: Francese
Regia: Marc Caro, Jean-Pierre Jeunet
Genere: Commedia, grottesco
Sottogeneri: Black comedy, postapocalittico
Soggetto: Jean-Pierre Jeunet
Musiche: Carlos d'Alessio
Fotografia: Darius Khondji
Montaggio: Hervé Schneid
Scenografia: Jean-Philippe Carp
Attori e interpreti: 

     Dominique Pinon: Louison
     Marie-Laure Dougnac: Julie Clapet
     Jean-Claude Dreyfus: Clapet
     Karin Viard: Signorina Plusse
     Ticky Holgado: Marcel Tapioca
     Anne-Marie Pisani: Signora Tapioca
     Edith Ker: Nonna
     Rufus: Robert Kube
     Jacques Mathou: Roger
     Howard Vernon: Uomo delle rane
     Chick Ortega: Fattorino
     Silvie Laguna: Aurore Interligator
     Jean-François Perrier: Georges Interligator
     Dominique Zardi: Tassista
     Patrick Paroux: Puk
     Maurice Lamy: Pank
     Marc Caro: Fox
     Eric Averlant: Tourneur
     Clara: Mr. Livingston

Doppiatori italiani
    Sergio Di Giulio: Louison
    Cristiana Lionello: Julie Clapet
    Oreste Rizzini: Clapet
    Roberta Greganti: Signorina Plusse
    Claudio Capone: Georges Interligator
    Valerio Ruggeri: Tassista

In un fatiscente edificio, tra gli stravaganti condomini, ci sono i fratelli Robert e Roger Kube, dediti a fabbricare curiosi souvenir; l'isterica Aurore; la vogliosa Plusse; la famiglia Tapioca, i cui componenti (padre, madre, figli e nonna) sono sempre affamati; lo stralunato Potin, dedito all'allevamento di rane e lumache, la giovane violoncellista Julie con suo padre, il macellaio Clapet, un folle individuo intento ad accumulare mais e lenticchie avuti dai suoi clienti in cambio di carne umana. Vittima predestinata del macellaio è il candido Louison, un clown disoccupato che ha chiesto a questi vitto e alloggio in cambio di lavori di pulizia e manutenzione. Julie, innamoratasi di Louison, per salvarlo dal suo triste destino, trova aiuto in misteriosi trogloditi vegetariani, una genia di teppisti che vivono nel sottosuolo metropolitano, i quali sperano così di impossessarsi dei legumi del macellaio...

Premi: Delicatessen ha vinto il Premio César come miglior film, migliore sceneggiatura, miglior montaggio e migliore scenografia.


Recensione:

Il film è stato proiettato al Cineforum Fantafilm dell'amico Andrea "Jarok" Vaccaro il 10 maggio 2010. Per la verità mi è sembrata una pellicola un po' squallidina, che ha deluso le mie aspettative. All'epoca mi sono astenuto dal far notare questo al carissimo Andrea, che è sempre stato animato dalle migliori intenzioni e che è una persona deliziosa come un panino alla nutella. Il lavoro di Caro e Jeunet mi è parso informe, appena sbozzato da un pastone di caos. Il tema del cannibalismo vi è appena accennato e viene affrontato con la tecnica del sottinteso, dell'off-camera, quasi del "si fa ma non si dice", anziché essere mostrato in tutta la sua raggelante natura. L'unica sequenza in cui si mostra la macellazione di un uomo si rivela una fantasia onirica carica di isterismo, prodotta dalla mente febbrile della figlia del macellaio antropofago. Per giunta, durante la proiezione tale breve scena di sgozzamento non ha neppure raggiunto i miei nervi ottici, dato che ero sprofondato in un sonno non REM. Va infatti detto che ho visto la maggior parte delle sequenze mentre mi trovavo in stato comatoso per le libagioni eccessive di whisky e per la stanchezza accumulata da mesi, cosa che ha contribuito a creare in me un senso di profonda irritazione, come quando in un sonno inquieto si è tormentati da sogni pesanti e sovrapposti, in apparenza del tutto privi di significato, in cui emergono come rigurgiti acidi vecchi ricordi immersi in un pastone di vomito. In seguito, quando ho rivisto il film nella calma della mia dimora immersa nel buio della notte, mi sono potuto fare un'idea più precisa della pellicola.

Ambientato in una città perennemente notturna, come tipico di certo cinema francese, Delicatessen può essere ascritto al genere post-apocalittico. Per la verità, nulla di sa e si può dire sulla natura della catastrofe che si è abbattuta sulla Francia - e forse sul mondo intero - salvo un dato di fatto: a causa di questo sconvolgimento si è avuta una penuria cronica di generi alimentari. Ormai non esiste più un potere centrale, non vi sono più banche e nessuna zecca di Stato che batta moneta. Al posto del denaro si usano così i cereali: l'economia è tornata al Neolitico.


Trogloditi e Troglodisti

Durante l'intero corso del film si parla dei Trogloditi, i dissidenti vegetariani che conducono le loro squallide esistenze nelle fogne. Si tratta di dementi che tesaurizzano cereali in un ambiente fetido e umido, mangiandoli quando sono ben ammuffiti, tutti impregnati dai tanfi cloacali. Si nota subito un errore marchiano commesso dai traduttori. Il termine Trogloditi non è esatto. Il francese infatti ha Troglodistes, non Troglodytes. Non conoscendo bene la lingua, anziché coniare il grottesco ma logico neologismo Troglodisti, chi di dovere ha pensato che Troglodistes e Troglodytes fossero semplicemente sinonimi. In realtà i Troglodisti sono i seguaci del Troglodismo, una dottrina derivata dall'Anarco-Primitivismo che ha alcuni seguaci anche in Facebook. Ritenere un troglodista un semplice troglodita è un abuso linguistico: il neologismo ha un valore simbolico del tutto assente nella parola da cui è stato tratto. Per far capire meglio la questione, farò un esempio tratto dalle ceneri della Blogosfera. Esisteva in Splinder un blogger il cui nick era Cattomoderasta, che egli spiegava come "cattolico moderato entusiasta", orrida parola macedonia. Alcuni troll giocavano sull'assonanza tra entusiasta e pederasta, facendone nascere flames infiniti. Ecco, tra un troglodita e un troglodista c'è più o meno lo stesso rapporto che c'è tra un moderato e un moderasta. Detto questo, l'idea di accumulare legumi e granaglie quando si può disporre di proteine nobili mi pare come minimo anticonservativa. 

 

Il guitto a tre gambe 

Vero protagonista del film è Louison, il guitto biondiccio. La cosa non deve sorprendere: la Francia ha un'immensa stima dei guitti, cui attribuisce addirittura poteri taumaturgici e salvifici. Un tempo Louison era un clown di successo, che lavorava in coppia con il Dottor Livingstone, un grosso scimpanzé. Poi era venuta la Grande Carestia e le tenebre erano calate sulla Francia. Un gruppo di facinorosi aveva teso un agguato allo scimmione, uccidendolo, macellandolo e trasformandolo in un succulento stufato. Il compagno di Louison era stato avidamente manducato e di lui in breve erano rimasti soltanto alcuni mucchietti di feci. A causa di ciò, il guitto traumatizzato si era dato alla fuga, temendo di finire anche lui cucinato come spezzatino. Giunto dal macellaio Clapet, il fuggitivo si dimostra subito un abile factotum, capace persino di sostituire le lampadine fulminate. Questo Clapet è un mostruoso energumeno, un individuo colossale, sadico e violento, che medita di uccidere Louison per venderne la carne ai condòmini. La figlia del beccaio antropofago, Julie, ha invece un carattere gentile e sensibile. Si innamora così di Louison. Proprio quando si reca nella camera di lui, vi trova una sorpresa annichilente. Il guitto ha indossato un bizzarro costume priapico, consistente in pantaloni con tre gambe, tutte complete di scarpe buffonesche: così conciato balla allegramente con la concubina di Clapet, la matrigna ninfomane di Julie. Questa donna è una milfona affetta da una cistite cronica che le provoca l'impellente necessità della pressione martellante di un poderoso fallo sulla vescica - per questo si fa trapanare per ore dal suo bestiale compagno. Julie, che avrebbe voluto fare la segaiola di Louison, si ritira piangendo nel proprio alloggio, il cuore infranto. 
 

Nemesi di un energumeno 

Il proprietario della macelleria cannibalica, il mostruoso Clapet, è gelosissimo perché Julie vorrebbe diventare la ragazza di Louison. Agisce nel suo animo fosco un tipico meccanismo freudiano. La povera Julie, in quanto femmina generata dal suo sperma, è da lui vista come una fica aperta nel suo grande ventre, come una cavità femminile preternaturale. Così chiunque concupisca quella vulva ventrale è come se attentasse alla virilità del suo portatore, come se volesse possederlo carnalmente. In realtà non si tratta di una perversione esclusiva di pochi mostri come Clapet: è proprio ciò che accade in ogni uomo che abbia una figlia! I padri vedono le figlie come parti cave del proprio corpo, per questo si sentono fottuti come qualcuno le penetra! Tale è la furia di Clapet per questa triste condizione, che alla fine si ritorce contro di lui uccidendolo. A portarlo alla morte è proprio il coltello scenico di Louison, di cui si è impadronito: lo lancia contro il comico, credendo la lama un volgare temperino. Il punto è che quell'arma, conosciuta come l'Australiano, è come un boomerang. Una volta scagliato, torna al mittente. Essendo questi un bruto ignorante, viene còlto di sorpresa dal coltello prodigioso, che gli si pianta proprio in mezzo alla fronte. 


Macellazione di una suocera 

Decisamente surreale è l'episodio in cui un'anziana residente del condominio viene destinata ad essere macellata, perché sua figlia e suo genero non possono più occcuparsi di lei. Così Clapet fa delle sue membra eduli un pacchetto di carne che consegna di persona ai parenti, proprio al banco della macelleria. Un ben triste destino per una suocera! Quasi una sottile e ironica vendetta contro un oggetto di odio universale. Gli esiti di questa trovata sono notevoli. Sembra valere una legge inderogabile: quando qualcuno viene macellato, una parte della carne appartiene ai suoi congiunti più stretti. Accade persino che un uomo, costretto all'amputazione di una gamba, si è ritrovato con un macabro fagotto di carne avvolto in carta da giornale. Che dire? Questa è l'essenza della black comedy francese. 


Epilogo 

Finito l'incubo della macelleria Delicatessen, centro di irradiazione del cannibalismo, il guitto e Julie escono alla luce del sole, che a quanto pare è spuntato per la prima volta dopo anni di opprimenti tenebre celesti. I due innamorati mostrano al mondo la loro gioia, lei suona un violoncello, lui maneggia uno strumento ben più inconsueto: una sega musicale. In pratica è una comune sega da falegname, che produce suoni striduli quando viene pizzicata con un archetto. Un finale denso di simbolismi erotici. Cos'è il violoncello se non una vulva? Cos'è la lunga sega flessibile se non un grosso fallo svettante? 

Effetto boomerang! 

Le parole si comportano spesso come l'Australiano, il coltello-boomerang di Louison: da una lingua passano ad un'altra, che le prende a prestito, le modifica, le adatta al proprio sistema fonetico, le digerisce, le assimila profondamente, ne rielabora la semantica, poi le rigurgita, così questi prodotti modificati, qualche volta quasi irriconoscibili, ritornano alla lingua di partenza. Con buona pace dei puristi, le lingue non hanno anticorpi lessicali, né sono soggette a devastanti reazioni autoimmuni: assorbono tutto come spugne, anche le proprie feci. In buona sostanza questo fato è capitato alla parola francese délicatesse "delicatezza", da délicat "delicato" (anche in senso gastronomico). È stata presa a prestito dal tedesco come Delikatesse, col regolare plurale Delikatessen. Dal tedesco la parola è giunta negli Stati Uniti d'America, dove è stata resa popolare dai negozianti ashkenaziti. Dall'inglese americano è stata quindi importata in molte altre lingue, tra le quali anche il francese. Il significato più comune è attualmente quello di "negozio dove sono vendute leccornie". 

sabato 25 agosto 2018


IDIOCRACY

Titolo originale: Idiocracy
Paese di produzione: USA
Lingua originale:
Inglese
Anno: 2006
Durata: 84 min
Rapporto: 1,85:1
Genere: Commedia, fantascienza
   Sottogeneri: Distopia, fantascienza satirica,
   commedia cinica, demenziale
Regia: Mike Judge
Soggetto: Mike Judge
Sceneggiatura: Mike Judge, Etan Cohen
Produttore: Mike Judge, Elysa Koplovitz
Produttore esecutivo: Michael Nelson
Casa di produzione: 20th Century Fox
Fotografia: Tim Suhrstedt
Montaggio: David Rennie
Musiche: Theodore Shapiro
Scenografia: William Ladd Skinner
Costumi: Debra McGuire
Interpreti e personaggi    
    Luke Wilson: Joe Bauers/Non Sicuro
    Maya Rudolph: Rita
    Terry Crews: Presidente Dwayne Camacho
    Dax Shepard: Frito Pandejo
    Justin Long: Dr. Lexus
    Sara Rue: Segretario alla Giustizia
    Michael McCafferty: Generale Collins
    Thomas Haden Church: Capo della produzione
        Brawndo
    Brad Terrence "Scarface" Jordan: Upgrayedd
    Andrew Wilson: Beef Supreme
    Ryan Melton: Tecnico dell'ospedale
    Eli Muñoz: Uomo arrapato
    Brendan Hill: Segretario dell'Energia
    Earl Mann: Narratore    
Doppiatori italiani   
    Massimiliano Manfredi: Joe Bauers/Non Sicuro
    Cristiana Lionello: Rita
    Fabrizio Vidale: Frito
    Claudio Fattoretto: Presidente Dwayne Camacho
    Oliviero Dinelli: Generale Collins
    Franca D'Amato: Segretario alla Giustizia
    Luigi Ferraro: Capo della produzione
          Brawndo
    Loris Loddi: Dr. Lexus
    Oreste Rizzini: Narratore
Traduzioni:   
   Finlandia: Idioluutio
   Messico: La Idiocracia
   Polonia: Idiocracja
   Repubblica Ceca: Absurdistán
   Spagna: Idiocracia
   Turchia: Ahmaklar

Trama:

Il film inizia con la spiegazione dettagliata e chiarissima della Verità. Le persone intelligenti hanno difficoltà ad accoppiarsi. Anche se ci riescono, tendono a non procreare. Questo perché valutano ogni cosa e trovano alla fine che le conseguenze nefaste di una simile scelta superino di gran lunga quelle desiderabili. Quanto più una persona è stupida, tanto più riesce ad accoppiarsi. Essendo nient'altro che enormi genitali deambulanti, questi individui deleteri sono perennemente infiammati dalla libidine e sentono l'impulso incoercibile di far sì che il liquido seminale sia versato in sede feconda. L'idiozia li spinge a non valutare le conseguenze dei loro atti criminali, da cui nasceranno figli in gran numero. Questi figli erediteranno l'idiozia assoluta dei loro sciagurati genitori e saranno sempre più numerosi, si riprodurranno come conigli, dando origine alla più stupida progenie immaginabile. Così nelle sequenze iniziali della pellicola sono mostrate due coppie, una di persone intelligenti e l'altra di idioti. Viene quindi descritta la loro situazione nel tempo. La prima coppia rimanda continuamente la procreazione e alla fine il marito ha un infarto letale. Risultato: nessun figlio. Mentre accade tutto questo la seconda coppia ha dato origine a una linea genetica ramificata in modo impressionante, tramandando il proprio inutile genoma. L'Involuzione della Specie è reale! 

Siamo nel 2005. L'esercito americano seleziona due soggetti per un esperimento di ibernazione: il nullafacente archivista Joe Bauers e la prostituta Rita. Quest'ultima è stata ceduta dal suo ganzo e pappone Upgrayedd, finanziato allo scopo da un generale che frequentava gli angiporti. Sia l'archivista che la peripatetica sono privi di parenti stretti, cosa opportuna per evitare complicazioni legali in caso di fallimento. La durata programmata per l'esperimento doveva essere di un anno, ma il generale amante dei postriboli finisce indagato e le capsule di ibernazione vengono dimenticate. Dopo cinquecento anni, le capsule contenenti Joe e Rita, che nel frattempo erano finite in una gigantesca montagna di immondizia, vengono smosse da una frana e si aprono, restituendo i corpi alla vita. L'ex-archivista rianimato, ignaro della sorte della donna, scivola tra i rifiuti e si viene a trovare nella casa di Frito, un decerebrato che passa il suo tempo davanto al televisore a guardare un programma i cui partecipanti fanno soltanto una cosa: si assestano poderosi calci nei coglioni! Per Joe è l'inizio di un incubo ad occhi aperti. Scopre ben presto che la popolazione versa in condizioni spaventose. La demenza è generalizzata: anche le persone più intelligenti sono ben al di sotto del quoziente intellettivo medio degli inizi del XXI secolo. Come conseguenza di questa diffusione del ritardo mentale, tutte le scienze e le arti sono decadute. Parlare di imbarbarimento sarebbe ancora poco. Solo per fare un esempio, le masse vanno al cinema per guardare un film che si intitola CULO, che mostra soltanto il lato B di un uomo intento a scorreggiare tutto il tempo, il sonoro consistendo negli inverecondi crepitii provocati dall'espulsione dei gas intestinali dall'ano.

Nel 2505 la Giustizia in America non è soltanto cieca, è anche ritardata - ci ricorda la voce narrante. Presto Joe si mette nei guai e si ritrova proprio con Frito come avvocato difensore, Inutile dire che un simile demente non possiede le facoltà mentali per assumere un simile incarico. Anzi, vendicandosi dell'interruzione del programma sui calci nelle palle, fa condannare il suo assistito. Non avendo il codice a barre tatuato, Joe viene portato davanti a una macchina identificatrice. Il punto è che anche le macchine sono idiote: l'uomo risponde a una domanda della macchina "non sono sicuro" (I'm not sure) e anziché essere registrato come Joe Bauers si ritrova appioppato il nominativo Non Sicuro (Not Sure), scritto sul tatuaggio identificativo e indelebile! La macchina ha interpretato I'm not sure come I'm Not Sure. Viene portato in galera, dove ha solo due alternative: trovare una via di fuga o rassegnarsi a leccare l'ano a un gigantesco grassone che passa il tempo seduto sulla faccia dei prigionieri. Data l'infinita stupidità delle guardie, riesce ad evadere. La girandola di eventi è così frenetica che si fa fatica a focalizzarsi sui dettagli. La prostituta Rita scopre di trovarsi molto meglio nel nuovo contesto, dato che le è facilissimo ingannare i gonzi che incontra per strada, facendosi pagare compensi stratosferici senza concedere neanche un pompino o una carezza sul glande. Bauers/Non Sicuro e la fallofora si ritrovano e vengono a sapere da Frito dell'esistenza di una macchina del tempo. Subito l'uomo frigge dal desiderio di ritornare al suo tempo e cerca di convincere l'avvocato ebete a condurlo alla macchina. La sua compagna di sventure non è così convinta, anche perché teme la vendetta del suo pappone. Mentre la donna si attarda in una latrina, la situazione precipita: un meccanismo di riconoscimento dei tatuaggi identifica Joe, che viene prontamente catturato dalle forze dell'ordine. Anziché essere condotto in cella a lambire lo sfintere del terribile galeotto obeso, contro ogni aspettativa l'ex-archivista viene condotto alla Casa Bianca, al cospetto del Presidente degli Stati Uniti e del Consiglio. 

Il Presidente Dwayne Camacho è un mostruoso energumeno, un colossale mandingo che si vanta delle sue qualità di wrestler e di pornoattore. Spaventoso è il fasto barbarico della sua corte. Il Consiglio è un consesso di bruti che dimostrano esultanza o disapprovazione sparando in alto raffiche di mitra. Bauers/Non Sicuro è stato condotto alla Casa Bianca perché il test intellettivo a cui si è sottoposto in carcere lo ha identificato come l'uomo più intelligente del pianeta. Gli viene quindi affidato il Ministero dell'Interno (o meglio, delle Interiora), con l'incarico di far cessare le tempeste di polvere, di sistemare l'economia e di risolvere il problema delle carenze di vivere - il tutto in una settimana. Joe capisce subito che la terra è sterile perché irrigata con Brawndo il tronca-sete, una bibita verdastra che ha sostituito completamente l'acqua. Ordina così di usare l'acqua dei cessi, l'unica reperibile, per irrigare i terreni. Questa decisione ha una conseguenza funesta: la società Brawndo, produttrice del diabolico beverone, dà lavoro a metà della popolazione statunitense. Così l'economia precipita e iniziano le rivolte. Le masse chiedono la testa di Joe, che viene condannato ad essere gettato nell'arena a combattere inerme contro macchine trapanatrici. L'esecutore Beef Supreme è sul punto di bruciarlo col lanciafiamme, quando Frito trasmette in diretta le immagini dei germogli che crescono nei campi. Per quanto dotato di un cervello di gallina, l'Homo erectus Camacho è costretto a riconoscere l'efficacia dell'irrigazione con l'acqua e a graziare Joe. 

Joe sceglie di non avvalersi della macchina del tempo e di restare ad aiutare gli americani involuti a ritornare a livelli di intelligenza accettabili. Diventa il nuovo Presidente e sposa Rita, con cui genera tre bambini dall'intelletto vivace. Camacho rimane come Vicepresidente, si mette a copulare come un mandrillo e fa sfornare alle sue otto mogli ben trentadue bambini stupidissimi, al cui confronto una bertuccia potrebbe sperare di ambire al Nobel. La macchina del tempo, che Joe vuole visitare per curiosità, si rivelerà un grossolano lunapark tematico sulla seconda guerra mondiale, in cui Charlie Chaplin ha sostituito Adolf Hitler. Solo dopo la fine dei titoli di coda si vede che il lenone Upgrayyed, anche lui ibernato per nascondere lo scandalo, si risveglia dal suo sarcofago criogenico, mettendosi subito alla ricerca di Rita... 


Recensione:

Pur avendo tutte le caratteristiche del film demenziale, Idiocracy mostra la realtà nuda e cruda delle cose e trasmette allo spettatore una grande conoscenza sulla vera natura del genere umano e sulla sua storia. Come un rullo compressore annienta ogni illusione, fa piazza pulita di tutti i moralismi. Diogene di Sinope sarebbe fiero della pellicola di Mike Judge e la reputerebbe eccellente, se potesse vederla: vi vedrebbe confermato il suo sentire sulla nullità delle istituzioni che queste scimmie glabre hanno prodotto nel corso dei millenni, faticando come Sisifo per lasciare un solco nella merda, subito coperto da nuove defecazioni. Consiglio a tutti la visione di Idiocracy. Coloro che ne rideranno ritenendolo un semplice film comico, avranno fornito la conferna più eloquente delle sue tesi fondanti.


Selezione genetica idiocratica!

L'intelligenza non è il fine ultimo dell'Universo. Poche dottrine sono più false del teleologismo cristiano, che reputa il mondo materiale creato tramite il Logos. A voler ben vedere, la tanto declamata Natura non ha alcunché di divino ed è tutto fuorché puffesca: non solo stritola gli esseri viventi e li condanna a esistenze atroci, ma ritiene che la merda sia infinitamente più utile dell'intelletto. Il sesso femminile è ciò che determina le caratteristiche di una specie, non soltanto stabilendo quelle che emergeranno e si diffonderanno, ma anche decretando quelle destinate a scomparire perché giudicate inutili o dannose. Possiamo pertanto dire che la demiurgia che plasma la storia umana si esprime nella lotteria degli atti sessuali, che premia alcuni maschi ammettendoli alle gioie dell'accoppiamento e dell'emissione dello sperma nel corpo femminile, condannandone altri a vite di solitudine e di emarginazione. Se il XIX secolo pullulava di scienzati, di filosofi, di letterati e di poeti, è perché a un certo punto si sono determinate le condizioni per la loro produzione, la loro crescita e il loro successo. Poi il genere femminile ha ritenuto che scienziati, filosofi, letterati e poeti fossero estremamente noiosi e privi d'interesse, così ne ha decretato l'estinzione: i successivi accoppiamenti hanno introdotto nel folle teatrino dell'esistenza una pletora infinita di dementi e di imbecilli, autentici bruti senz'anima, poco più che golem di fango mossi dal solo desiderio di copulare selvaggiamente. I risultati sono sotto gli occhi di tutti. Scomparsi gli ultimi intelletti degni di nota, quelli prodotti nella prima metà del XX secolo, i segni dell'Involuzione della Specie sono diventati più che evidenti. Quello che Arthur Schopenhauer chiamava Genio della Specie ha sancito e benedetto questa trasformazione, che agli occhi di chi conserva una spirito è sommamente deleteria! In fondo l'umanità ha avuto un'esistenza assai breve su scala geologica, e già sta distruggendo l'omeostasi planetaria, compromettendo le capacità della Terra di ospitare una biosfera. I dinosauri, corpi titanici alti come un palazzo e dotati di un cervello grande come un pacchetto di sigarette, hanno regnato per un periodo incredibilmente più lungo dell'intera storia del genere umano, prosperando proprio grazie alla loro pochezza intellettiva. 


La democrazia involve in idiocrazia

A quanto si dice, la democrazia è la legge dei numeri. Se i numeri sono dettati da una popolazione ritardata, sarà inevitabile il cambiamento involutivo: le istituzioni democratiche si trasformeranno in istituzioni idiocratiche. La democrazia aveva validità e vigore nell'antica Atene, presso quell'inclita stirpe di Elleni nobili e di grande intelletto, ricolmi dei doni di Atena. Valeva ed era all'avanguardia tra tutte le forme di governo di quei tempi, perché esercitata da uomini liberi che passavano il loro tempo a studiare, liberi dal lavoro servile e dall'abbrutimento. Gli schiavi non appartenevano al demos. Se si pretende di applicare la democrazia a una massa di bruti, di corpi privi di spirito in cui non splende la fiammella della Conoscenza, si ottengono ineluttabilmente risultati catastrofici: sarà la brutalità della massa acefala a prevalere, giugendo a perseguitare l'intelletto, a usare la legge per schiacciare ogni opinione critica e ogni dissenso. La pullulazione dei bruti ignoranti è un effetto collaterale della democrazia a suffragio universale. Va da sé che ogni partito desideri avere il maggior numero possibile di elettori, in modo tale da prevalere e da imporre le proprie determinazioni. Così ogni partito favorirà gli accoppiamenti, la procreazione e quindi la produzione di sempre nuovi imbecilli. Il voto di una persona intelligente varrà sempre come il voto di uno stolto. Il punto è che per ogni persona intelligente ci sono migliaia di stolti, le cui opinioni di sterco riusciranno sempre a prevalere in virtù del numero. Le istituzioni di Sparta non avevano in sé un simile vulnus.    

    

Idiocrazia e mutamento linguistico 

La voce narrante ci spiega che in cinque secoli la lingua si era deteriorata in un "ibrido di dialetto campagnolo, slang da ragazzina bene, gergo dei quartieri poveri e grugniti vari", aggiungendo che Joe riusciva anche a comprendere le persone, ma che quando parlava come era abituato a fare, a loro sembrava "pomposo ed effeminato". La catena di ristoranti Fuddruckers col passar del tempo aveva modificato il proprio nome fino a diventare BUTT:FUCKERS, ossia "Fottitori di Chiappe"! In realtà le cose non sarebbero così semplici. Se il genere umano potrà sopravvivere davvero per altri cinque secoli, cosa che reputo a dir poco improbabile, si registrerebbero tali cambiamenti linguistici da rendere irriconoscibili le lingue derivate dalle varietà di inglese parlate oggi in America. Bastano alcuni mutamenti nelle vocali e nei dittonghi per generare una lingua nuova quanto incomprensibile. 


Idiocrazia e omosessualità

Nell'America decerebrata del XXVI secolo l'omosessualità maschile è ritenuta una grave colpa e viene schernita con ferocia assieme alla cultura in ogni sua forma. Così se un uomo legge è ritenuto un frocio, un finocchio, e può anche subire aggressioni fisiche per strada. Ciò non toglie che Beef Supreme, il glorioso eroe dell'arena in stile Mad Max, ostenti atteggiamenti e mosse ben poco virili. Senza contare gli occhi da cerbiatta. Tutto in lui porta a concludere che il suo comportamento sia quello di una giumenta con gli stalloni, per usare l'idiomatica dei Vichinghi. Un personaggio simile sarebbe arrestato persino a Sodoma per oltraggio al pudore e alla morale pubblica! A quanto pare nessuno nella platea oceanica si accorge che il campione è effeminatissimo e ama sedersi sui falli eretti. Per forza: si tratta di un pubblico composto interamente da deficienti! 


Un conversazione illuminante

Joe: "Per l'ultima volta, sono più che sicuro che a uccidere le coltivazioni è quella roba della Brawndo."
Ministro falso magro: "Ma Brawndo ha quello che vogliono le piante, ha gli elettroliti".
Ministra vamp (disgustata): "Aspetta un attimo. Tu stai dicendo che dovremmo praticamente usare l'acqua sui campi?!"
Joe: "Sì"
Ministra vamp: "Acqua?! Cioè quella del cesso?"
Joe: "Be', insomma, non dev'essere per forza presa dal cesso. Ma sì, questa è l'idea."
Ministro falso magro: "Ma Brawndo ha quello che vogliono le piante..."
Ministra vamp: "Sì, ha gli elettroliti."
Joe: "Ok, allora. Le piante non stanno crescendo, perciò sono sicuro che Brawndo non funziona. Io non sono un botanico, ma so che se innaffi le piante con l'acqua, quelle crescono".
Ministro bambino fulvo (sprezzante): "Be', io non ho mai visto delle piante crescere nel cesso!"
Ministro falso magro: "Buona questa! Sei tu l'uomo più sveglio del mondo?"
Ministro obeso (sghignazzante): "Già!"  
Joe: "Sentite, voi volete risolvere il problema, io voglio ottenere la mia grazia, perciò perché non ci proviamo? Ok? E non pensiamo a quello che vogliono le piante."
Ministra vamp: "Brawndo ha quello che vogliono le piante!"
Ministro bambino fulvo: "Sì, ha gli elettroliti!!"
Joe (furibondo): "Che cosa sono gli elettroliti? Lo sapete almeno?!"
Ministro falso magro: "Sono... quelli che usano per fare Brawndo."
Joe (esagitato): "Sì, ma per quale ragione li usano per fare Brawndo?"
Ministro obeso (inebetito): "Perché Brawndo ha gli elettroliti." 

Efficacia degli argomenti di Joe: ZERO. Riuscirà a convincere i suoi interlocutori soltanto quando affermerà di avere poteri stregonici e di essere in grado di parlare con le piante! 


Una banconota profetica

Quando la meretrice Rita si trova in mano una banconota del XXXVI secolo, vi scorge sopra un faccione non dissimile da quello di Donald Trump, con tanto di chioma color zabaione e di sguardo allucinato. Sulla carta moneta campeggia la HAULIN' ASS GETTIN' PAID, in apparenza enigmatica. In realtà la locuzione "to haul ass" (alla lettera "trascinare il culo") in slang urbanoide significa semplicemente "muoversi in fretta": la scritta esprime il concetto di pronto pagamento, come sarebbe formulato dal chiomuto personaggio. La cosa mi pare notevole, visto che il film risale a tempi non sospetti, ben dieci anni prima dell'ascesa del famoso Tycoon alla presidenza degli States. Non si creda però che Donald Trump possa essere etichettato come causa dell'Idiocrazia incipiente. Quando un paziente ha la meningite, bisogna combattere gli agenti patogeni che l'hanno provocata, non pensare che il disastro sia colpa di un sintomo come la febbre.


Un residuo di un'epoca più libera

Inutile nascondere una realtà scomoda. Al giorno d'oggi un film come Idiocracy non potrebbe essere girato. Si può dire che la pellicola di Judge sia una fossile, ereditato da tempi più civilizzati. Va contro il buonismo politically correct e potrebbe essere visto come una forma di dileggio nei confronti di persone "diversamente intelligenti". L'essenza della peste chiamata political correctness è l'eufemismo, ossia la pretesa di rimuovere qualcosa di scomodo dandogli un nuovo nome. I primi segni della pestilenza eufemistica li vidi già quando ero giovane. Tutto cominciò con la sostituzione della parola "cieco" con "non vedente". Le masse non amavano queste novità e le criticavano con vigore. Eppure questa tendenza crebbe e si affermò dovunque. Accadde così che gli invalidi divennero dapprima disabili e poi "diversamente abili". L'uso dell'avverbio "diversamente" è fuorviante. Non soltanto non si rimuovono i limiti di questi infelici, ma si suggerisce la possibilità che siano dotati di poteri come la telepatia o la telecinesi. Il prossimo passo sarà dunque chiamarli "X-men"? Oggi schernire chi ha problemi fisici è giustamente considerata una cosa ripugnante. Un domani potrebbe però innescarsi un processo eufemistico per sostituire termini come "idiota", edulcorandoli fino a sdoganare il concetto stesso di idiozia. Non si potrà più avversare un idiota e si sarà costretti a chiamarlo "diversamente genio"? Mi auguro di no! Un'altra cosa che non sarebbe accettata è la scena in cui si parla della terribile dittatura di Charlie Chaplin. Infatti essa afferma in sostanza la vanità della Memoria e l'impossibilità di impedirne l'estinzione, proprio mentre i superstiti dell'Olocausto e i membri delle Waffen-SS si stanno spegnendo uno dopo l'altro. Idiocracy ci mostra come l'entropia cognitiva domina e si accresce senza rimedio. Il ricordo degli eventi storici, per quanto terribili, si distorce e si disperde nell'Oceano dell'Oblio. Al massimo resta qualche eco irriconoscibile. Non esiste alcuna possibilità di contrastare questa forza cosmica, con buona pace di coloro che vedono Hitler sotto ogni sasso e che strepitano come se fosse ancora vivo ed operante. Cioran diceva: "Il tempo, complice degli sterminatori, atterra la morale. Chi, oggi, ce l'ha più con Nabocodonosor?" Il punto è che l'idiozia è proprio il principale motore della macchina entropica che dissolve ogni ricordo degli eventi storici. Come si può credere che si possa conservare un qualsiasi barlume di memoria in un'umanità di idioti? 

Le cinque leggi fondamentali della stupidità umana

Lo storico pavese Carlo M. Cipolla (1922-200) ha dato contributi di somma importanza allo studio della stupidità umana. Egli ha diviso le persone in quattro categorie:

1) Gli intelligenti: avvantaggiano se stessi e gli altri;
2) I banditi: avvantaggiano se stessi e danneggiano gli altri;
3) Gli sprovveduti: avvantaggiano gli altri e danneggiano se stessi;
4) Gli stupidi: danneggiano gli altri senza conseguire vantaggi per se stessi, o provocandosi danni. 

Queste sono le famose Cinque Leggi che governano la stupidità umana, descrivendone il funzionamento: 

i) Prima Legge Fondamentale: Sempre e inevitabilmente ognuno di noi sottovaluta il numero di individui stupidi in circolazione.
ii) Seconda Legge Fondamentale: La probabilità che una certa persona sia stupida è indipendente da qualsiasi altra caratteristica della persona stessa.
iii) Terza (ed aurea) Legge Fondamentale: Una persona stupida è una persona che causa un danno ad un'altra persona o gruppo di persone senza nel contempo realizzare alcun vantaggio per sé od addirittura subendo una perdita.
iv)
Quarta Legge Fondamentale: Le persone non stupide sottovalutano sempre il potenziale nocivo delle persone stupide. In particolare i non stupidi dimenticano costantemente che in qualsiasi momento e luogo, ed in qualunque circostanza, trattare e/o associarsi con individui stupidi si dimostra infallibilmente un costosissimo errore.
v) Quinta Legge Fondamentale: La persona stupida è il tipo di persona più pericoloso che esista.
Corollario: Lo stupido è più pericoloso del bandito.

Sarebbe un gran bene meditare senza sosta su queste parole!  

Altre recensioni e reazioni nel Web

Esiste persino una voce della Wikipedia in siciliano che parla dell'opera di Judge:

"Idiocrazzia jèni nu firmi miricanu di lu 2006 direttu ri Mike Judge unni l'attura principali sunu Luca Wilson, Maya Rudolph. Lu firmi ni cunta a storia ri dui pirsuni nurmali ca pigghianu a fàri parti di nu spirimentu militari sicrètu di ibbernazioni. Duoppu ca vènu ibbirnati s'arrisbigghianu ruoppu 500 anni 'nta nu munnu unni aisisti na sucitati distopica cìna cìna ri gghienti gnuranti ca nun sapi ni lieggiri e ni scriviri e, si u sapi fari, nun u sapi fari bonu. A pubbricitati e l'odiu ppi l'intillittuali raggiungìu livedda virèmanti prioccupanti e si vinìu a criàri na sucitati sdùbbida unni a nuddu ci antiressa nènti ri cosi curturali, rispunzabbilitati suciali, cuncetti cuirènti, principi ri gghiustizzia."

Su Filmup.leonardo.it abbiamo un certo numero di pagine piene di commenti su Idiocracy. Alcuni hanno una certa utilità. 


Paolo di Cavezzo definisce il film FUTURISMO ASSOLUTO e scrive:

"Bellissimo film, non annoia affatto anzi, la questione della commedia e della possibile comicità all'interno passa in secondo piano purtroppo. Andrebbe fatto vedere a scuola a tutti i ragazzi, perchè le nuove generazioni, andando avanti, saranno sempre più composte da soggetti completamente lobotomizzati e incretiniti dagli esempi e dagli strumenti di massificazione, grossi inibitori di sentimenti e individualità. Meditate gente, perchè "Idiocracy" è la nostra prossima fine, come uomini di spirito e di arte, e non arriverà un ragazzo di cuore dal passato per salvarci."

Riporto infine il link a un'interessante recensione in spagnolo: 

giovedì 3 agosto 2017


APOCALISSE A FROGTOWN
- LA CITTA' DELLE RANE

Titolo originale: Hell Comes to Frogtown
Lingua originale: Inglese
Paese di produzione: Stati Uniti d'America
Anno: 1988
Durata: 86 min
Genere: fantascienza post-apocalittica
Regia: Donald G. Jackson, Robert J. Kizer
Fotografia: Donald G. Jackson, Enrico Picard
Montaggio: R.J. Kizer, James Matheny
Musiche: David Shapiro
Scenografia: Dins W.W. Danielsen, Suzette Sheets
Costumi: Merril Greene
Trucco: June Brickman
Interpreti e personaggi   
    Julius LeFlore: Squidlips
    RCB: The Poor Dufus
    Roddy Piper: Sam Hell
    William Smith: capitano Devlin / conte Sodom
    Sandahl Bergman: Spangle
    Eyde Byrde: Patton
    Lee Garlington: ufficiale briefing
    Cec Verrell: Centinella
    Suzanne Solari: Runaway Girl
    Kristi Somers: Arabella
    Rory Calhoun: Looney Tunes
    Cliff Bemis: Leroy
    Nicholas Worth: Bull
    Brian Frank: comandante Toty
    Danelle Hand: Crosse

Trama:  

In un mondo postatomico, l'ennesimo della serie, la Terra è putacaso ridotta a un deserto di cenere contaminata. A causa del fallout radioattivo, uomini e donne fertili sono una ormai una rarità. In questo scenario non proprio euforizzante, accade che alcune donne fertili vengono rapite da un gruppo di mostruosi mutanti simili a rane e ridotte a schiave sessuali! Difficile immaginare le perverse sedute di bestialità erotica, ma suppongo che tali mutanti, essendo affini ad anfibi, siano sprovvisti di pene e che costringano le prigioniere a produrre la fuoriuscita di masse di sperma tramite sfregamenti e stimolazioni orali della cloaca. Sam Hell è un vagabondo che percorre le contrade desertiche in cui è avvenuto il rapimento. Com'è anche fin troppo ovvio, è un bellimbusto nerboruto e biondissimo, perfettamente epilato e sbarbato. Durante le sue peregrinazioni finisce catturato da un'organizzazione di infermiere guerriere, la cosa più simile a una struttura statale che si possa trovare. Il piano originale delle infermiere prevedeva di usare il prigioniero come stallone da monta per ingravidare un certo numero di donne fertili del loro distretto, ma queste erano proprio quelle catturate dalle rane mutanti! Così accade che Sam Hell viene reclutato come mercenario allo scopo di infiltrarsi nella città dei mutanti, Frogtown, per liberare le donne rapite. Al fine di assicurarsi la lealtà dell'uomo e di impedirne la diserzione, le infermiere gli inseriscono un congegno in grado di esplodere al minimo tentativo di disobbedienza o di fuga. Affinché Sam Hell sia meglio motivato e controllato, l'infermiera Spangle e l'aggressiva guardia Centinella lo affiancano nella pericolosa missione. Nonostante tutte le precauzioni prese per impedirlo, cerca di eludere la sorveglianza, ma Spangle gli ustiona i genitali con una scarica elettrica. Tutto precipita in un susseguirsi di azioni rocambolesche, fino al prevedibile epilogo in cui le ragazze vengono liberate - ovviamente in perfette condizioni igieniche, mentre nella realtà sarebbero state tanto sporche da far rabbrividire e i lezzi di smegma misto a mestruo rancido si sarebbero sentiti lontano un miglio.


Recensione: 

Un film trash, demenziale e oltremodo grottesco. Non è un'impresa facile trovare in una lingua limitata come l'italiano le parole adatte a descrivere il senso di schifo nel vedere i batraci gonfi e sghignazzanti imitare i costumi dell'ormai defunta società americana e tracannare una bevanda ottenuta da scarichi chimici. Le sequenze sono di una rara bruttezza (e bruttura), senza nemmeno un attimo di genialità che possa riabilitare lo scadente prodotto. Ne sono certo: il delirium tremens non è una condizione sufficientemente alterante per arrivare a concepire un simile obbrobrio. Evidentemente l'ideatore di Frogtown aveva il costume di sgranocchiare allegramente una gran quantità di biscotti arricchiti con LSD, senza avere le capacità tecniche necessarie per tradurre le allucinazioni in qualcosa di interessante. Solo un drogato dedito ad allucinogeni pesantissimi avrebbe potuto essere folgorato dalla visione ributtante di una meretrice anfibia tutta bardata come una ballerina di can-can! 


Ancora oggi non è piacevole il riemergere sporadico dei ricordi che ho di questa proiezione al Cineforum Fantafilm del carissimo Andrea "Jarok" Vaccaro, avvenuta il 13 giugno 2011. Certe scene di cui ho trovato documentazione nel Web, come quella dell'infermiera Spangle che si dimena nella cosiddetta "danza dei tre serpenti, sono state provvidenzialmente rimosse dai miei banchi di memoria stagnante, come ad opera di un pietoso censore che non ringrazierò mai abbastanza.

Un gioco di parole

Il titolo originale del film mostra un gioco di parole. Il vocabolo inglese hell "inferno", viene usato come cognome dell'eroe, Sam Hell. Così "Hell comes to Frogtown" che dovrebbe significare "L'Inferno viene nella Città delle Rane", significa in realtà "(Sam) Hell viene nella Città delle Rane". Una cosa ben curiosa, che sfrutta la strana capacità del cervello umano di immagazzinare le parole comuni e i nomi propri in due aree diverse. Così è molto diverso usare la parola "fabbro" in una frase come "il signor Giovanni fa il fabbro" e in una come "il signor Giovanni Fabbro". Anche quando una persona sente le due frasi, la scansione dell'encefalo a falsi colori mostra reazioni ben diverse. Per semplificare, possiamo dire che lampadine diverse si accendono al suono di "fabbro" come nome di professione o come cognome. Non è stato possibile conservare nella nostra lingua queste sfumature, così il titolo è stato reso con "Apocalisse a Frogtown".

Un incubo: ci sono stati seguiti

All'inizio non ci volevo credere, tanto sconvolgente è stata la notizia, ma poi sono stato costretto ad arrendermi. È stato masticato peyote a sufficienza per dar vita a ben due seguiti di Apocalisse a Frogtown. Il primo è Return to Frogtown (1993), di Donald G. Jackson. Il secondo è Toad Warrior (Il Guerriero Rospo), di Donald G. Jackson e Scott Shaw, che risale al 1996, ma è stato mostrato al pubblico soltanto nel 2002.

Altre recensioni e reazioni nel Web: 

Un'ottima recensione è consultabile sul sito Filmbrutti.com, che censisce un intero repertorio di pellicole trash, dementi e più in generale immonde, senza risparmiare battute caustiche al limite del supplizio.


Sul sito Davinotti.com sono stati apposti alcuni commenti significativi.

Patrick 78 (amante degli animali assassini):
Stupido ed involuto filmettino prodotto dalla New World Pictures (senza più Corman alla sua guida), diretto da un regista ai più sconosciuto (e meno male...) ed interpretato da quello stoccafisso di Roddy Piper che da lì a poco sarebbe diventato il protagonista del detestabile Essi vivono di Carpenter. Sceneggiatura spazzatura in un contesto trash e dilettantesco, dove rane mutanti si scontrano all'ultima gracidata con l'ultimo degli "inseminatori" rimasti sulla terra. Fanno sorridere le maschere da anfibio, fanno pietà le musiche, fa inorridire il resto.

Almicione (amante dei gangster e dei film drammatici): 
Fantascienza post apocalittica alla vecchia maniera, dove i nuovi abitanti sono in parte dei mutanti rana la cui origine non è spiegata. Non sono spiegate molte cose, a dire il vero, in questo film che si rivela così piuttosto disadorno; molta azione che si può trovare in altri millemila film e niente di nuovo. Bizzarre allusioni erotiche (relative al bisogno di maschi fertili per aumentare la popolazione) condiscono l'intera visione, raggiungendo il culmine nella grottesca scena fra la rana e l'uomo. Solamente per gli appassionati del genere.

Jena (amante di fantascienza, fantastico e horror): Bello il titolo italiano, per il resto c'è poco da salvare... Fin da subito sembra di essere in un post apocalittico di Bruno Mattei, con l'assurdo protagonista unico uomo fertile che deve ingravidare le donne rimaste! Poi i nostri eroi, che girano su un maggiolino blindato, arrivano nella città maledetta assieme a grossi muppett con testa di rana cattivoni. Tutti sono affamati di sesso, con incroci rane/uomini/donne. Insomma, un delirio affossato del tutto dall'estrema povertà degli effetti speciali e in cui si salva solo la simpatia di Roddy Piper.

domenica 4 dicembre 2016


L'AMORE AL TEMPO DEI MORTI

Titolo originale: Born with the Dead
Autore: Robert Silverberg
Lingua originale: Inglese
Genere: Fantascienza, Dark Science Fiction

Composizione:
 un romanzo breve + un racconto
Anno:
 1974
I pubblicazione in Italia: 1993*
   (Casa Editrice Nord)
II pubblicazione in Italia: 2006
Casa editrice: Fazi Editore

Collana: Le Strade
Numero collana: 111 
Numero pagine: 206
Codice ISBN: 978-8881127740
Traduttori: Carla Vannuccini, Marco Pittoni 
Premi:
   Nebula Award for Best Novella, 1974
   Locus Award for Best Novella, 1975

*Si tratta dell'antologia intitolata Oltre il limite. Nella pagina della Biblioteca Galattica è datata 1971, ma questo è assurdo: sarebbe un caso di pubblicazione nell'universo tachionico, in cui l'effetto precede la causa e i libri possono essere dati alle stampe prima di essere scritti. In realtà è un refuso. Solo uno dei racconti che compongono la raccolta è datato 1971: questa data è stata estesa all'intero volume.  

Sinossi:

Il libro è composto da un romanzo breve e da un racconto: 
1) L'amore al tempo dei morti (Born with the Dead,
    1974)
2) La Partenza (Going, 1971) 

L'amore al tempo dei morti parla di una improbabile fine del XX secolo (ormai è il passato), in cui chiunque lo voglia può essere resuscitato dalla morte tramite la tecnologia. Questi morti vivono in luoghi loro destinati, le Città Fredde, conducendo una vita apparentemente normale, mangiando, defecando, pensando, andandosene a spasso e avendo persino qualche rudimentale attività sessuale. Un uomo, Jorge (no, non è il famoso Pompeo Bergoglio), soffre per la dolorosa perdita della moglie, che ama moltissimo. La donna aveva lasciato come sua ultima volontà quella di essere riportata in vita, così dopo il trapasso è stata portata in una Città Fredda e il suo desiderio è stato realizzato. Una volta resuscitati, questi morti hanno una personalità diversa da quella che avevano in vita, il loro comportamento è difficilmente comprensibile. Il punto è che Jorge continua ad essere innamorato follemente della moglie e cerca in tutti i modi di contattarli, nonostante siano vietati contatti tra vivi e morti. La insegue in capo al mondo e si rivela un fastidiosissimo stalker (molesto persino per il lettore costretto a sopportarne l'idiozia). Questo fino all'inatteso colpo di scena... 

La Partenza parla di un mondo in cui la medicina ha fatto tali progressi da prolungare la vita degli esseri umani. Siccome le persone vivono ben oltre il secolo, la demografia è fortemente controllata, in modo tale da evitare al pianeta di soffocare. Il problema è che perché qualcuno nasca, qualche anziano deve rinunciare a tirare avanti per altri decenni. Si è così sviluppata una nuova religione di sapore nettamente dianetico, affine alle tante sette americane cosiddette del "potenziale umano". Il fondamento di questa forma di condizionamento mentale è il concetto di Partenza. Il vocabolo è un eufemismo e allude con grande chiarezza all'eutanasia, presentata come un atto di somma generosità nei confronti delle nuove generazioni. Il verbo eufemistico Andare, scritto con la maiuscola, assume quindi una valenza mistica. Il racconto è imperniato sulla figura e sulla vita di Henry Staunt, un compositore ultracentenario di fama mondiale, che pur essendo ancora perfettamente sano, all'improvviso è colpito da un'ispirazione inspiegabile e decide di essere portato alla Casa del Commiato per Andare, ossia per essere terminato. 

Recensione:

Pur avendo grande stima per Robert Silverberg e apprezzatondo molte sue opere, devo ammettere che questo libro non mi è piaciuto affatto. Il primo racconto, L'amore al tempo dei morti, l'ho trovato noiosissimo, al punto che ho fatto una gran fatica a finirlo. Quando comincio a leggere un libro capisco subito se mi piacerà o se farà schifo, a volte già dalle prime righe. Mi guida una specie di intuizione. Forse ho sbagliato a non immergermi nella lettura portandola a termine in breve tempo. Si tratta infatti di uno scritto paragonabile a un bicchiere pieno di kefir o di pulque: bisogna berlo tutto d'un fiato. Forse a indisporre è l'ambientazione così stonata, in cui eventi mirabolanti avvengono in anni che sono ormai alle nostre spalle. Si è come presi da una specie di indefinibile amarezza. Questo scritto non appartiene al nostro tempo. Infatti è stato concepito in un'epoca che ancora guardava all'anno 2000 come a un faro in cui si sarebbe realizzato come per incantesimo tutto ciò che la mente umana avrebbe potuto sognare. Le cose sono andate in modo ben diverso. Adesso tutto ci appare chiaro, ma negli anni '70 dello scorso secolo non era così. Si tendeva ad accelerare il progresso scientifico e tecnologico nell'immaginario, facendolo impennare negli anni '90, materializzando dal nulla cose che sono ancor oggi del tutto irrealizzabili. Allo stesso modo alcuni autori dipingevano la fine del secolo come teatro di viaggi interstellari o come luogo pieno di robot. Robert Silverberg in quel lasso di tempo ha addirittura resuscitato i morti. Siamo ormai nel dominio dell'archeofantascienza


Il secondo racconto, La Partenza, avrebbe potuto chiamarsi Geriatric Park, proprio come le esilaranti sequenze nate dalla fantasia di Leslie Nielsen e incorporate nel film Una Pallottola Spuntata 331/3 - L'insulto finale. Si respira un'aria pesantissima, anche se dolciastra come l'asfissia da monossido di carbonio. Il racconto, nel perfetto stile americano della "story of my life", è lento ed estenuante, anche se nettamente migliore di Born with the Dead. Pur essendo ben più plausibile di un mondo in cui i cadaveri resuscitati deambulano, parlottano e fanno safari per cacciare i dodo e i moa, resta comunque un parto dei reami dell'improbabilità. Si fonda infatti sull'assunto che gli esseri umani trovino il modo di controllare su tutto il globo l'impulso di pullulare come cagnotti. Questo è il punto. Il dato ineliminabile e tragico della sovrappopolazione del globo terracqueo viene bellamente ignorato, come se tutto potesse essere risolto con qualche trovata propagandistica. Pensare che questo sia possibile è pericoloso. Nessuno slogan, nessun condizionamento scolastico si è mai dimostrato capace di spingere le masse acefale a tenere a freno i propri deleteri impulsi sessuali. Si capisce che senza un controllo della sessualità e della procreazione a livello planetario - non solo in Occidente, ma soprattutto nelle aree a più elevato tasso di incremento demografico - l'idea di una civiltà umana stabile e pacifica può ritenersi una puerile utopia. 

Moltissimi concordano sul fatto che con questo volume Silverberg abbia anticipato i temi della bioetica e i loro deprimenti sviluppi. Si tratterebbe di uno scritto profetico. Eppure leggendolo si ha l'impressione che sia tutto stonato, che nulla corrisponda davvero a ciò che dobbiamo vivere ai nostri giorni, dove la quasi immortalità è concessa ai topi di laboratorio, ormai immuni da qualsiasi malattia e persino in grado di riparare cancri e fratture della schiena, mentre tali brillanti risultati faticano molto a essere trasferiti agli umani. L'amarezza è inevitabile: nel mondo reale del presente i sofferenti continuano a soffrire e il loro trapasso viene ostacolato dall'ingerenza di ecclesiastici incartapecoriti. Anche le previsioni che si possono trarre concordano poco con il placido mondo di Going. Quando il pungiglione di Thanatos avrà preso uno dopo l'altro tutti i porporati, quando l'invecchiamanto dell'Occidente avrà raggiunto livelli insostenibili, inizierà una sistematica rimozione di tutti i degenti non assistibili, che saranno implacabilmente eliminati. Saranno distribuiti kit per l'eutanasia e decine di milioni di persone subiranno rimozione dalla società - e questo senza che sia cambiata una virgola nelle carte costituzionali delle nazioni. Il Grande Genocidio avverrà in condizioni di piena ed effettiva democrazia, la stessa che oggi impedisce ai paralizzati di porre termine ai loro giorni. La popolazione che sostituirà gli estinti occidentali verrà da zone in cui i feti vengono prodotti con ritmi di accrescimento tipici delle mosche carnarie.     

Isaac Asimov ha dichiarato: "Silverberg va oggi dove la fantascienza andrà domani". Una sentenza brillante, certo, anche se ho i miei dubbi che si possa considerare veritiera. La fantascienza langue come una pozza stagnante destinata a inaridirsi, esponendo all'implacabile sole girini morenti. Il mondo reale procede verso la sua Nemesi a passi da gigante e quanto sognato da Silverberg appare persino idilliaco. In ogni caso, potendo scegliere, troverei splendido poter lasciare la desolazione della Terra dei Morti per trasferirmi su Majipoor. 

Reazioni nel Web

A quanto pare questo libro è come il piatto nazionale scozzese detto haggis, composto da uno stomaco di agnello ripieno di interiora macinate con cipolla e altri ingredienti: o è amatissimo o è odiatissimo, senza mezze misure. Queste sono le brevi recensioni riportate su Anobii.


Si nota che i navigatori SpeakingParts e Karmillion commentano anche un terzo racconto, intitolato Thomas l'araldo (1972), che era incluso nell'antologia Oltre il limite (1993) e che non è stato pubblicato nel volume di Fazi Editore del 2006.

sabato 18 luglio 2015


BUBBA HO-TEP - IL RE È QUI

Titolo originale:  Bubba Ho-tep
Paese di produzione:  Stati Uniti
Anno:  2002
Durata:  92 min
Colore:  colore
Audio:  sonoro
Genere:  orrore, commedia
Regia:  Don Coscarelli
Soggetto:  Joe R. Lansdale (racconto)
Sceneggiatura:  Don Coscarelli
Produttore:  Dac Coscarelli, Don Coscarelli
Produttore esecutivo:  Dac Coscarelli
Casa di produzione:  MGM
Distribuzione (Italia):  Dall'Angelo Pictures
Fotografia:  Adam Janeiro
Montaggio:  Scott J. Gill, Donald Milne
Effetti speciali:
   Robert Kurtzman (make-up),
   David Hartman (effetti visivi)
Musiche:  Brian Tyler
Scenografia: Daniel Vecchione
Costumi:  Shelley Kay
Trucco:  Melanie A. Kay
Interpreti e personaggi:
   Bruce Campbell: Elvis Presley / Sebastian Haff
   Ossie Davis: John "Jack" Fitzgerald Kennedy
   Ella Joyce: l'infermiera masturbatrice
   Bob Ivy: Bubba Ho-Tep
   Heidi Marnhout: Callie, figlia di Bull
Doppiatori italiani:
   Sergio Di Stefano: Elvis Presley / Sebastian Haff
   Germano Longo: John "Jack" Fitzgerald Kennedy
   Alessandra Korompay: l'infermiera masturbatrice
Premi:
   Bram Stoker Awards
   Fant-Asia Film Festival
   U.S. Comedy Arts Festival

TRAMA E RECENSIONE:

Un vero e proprio capolavoro, visto nel 2010 al Cineforum Fantafilm del carissimo amico Andrea Jarok.

Elvis Presley non è morto: si trova in un gerontocomio in Texas, dove nessuno conosce la sua vera identità. Tutti credono che si chiami Sebastian Haff e che sia solo un finto Elvis. I retroscena sono questi: Sebastian Haff ed Elvis Presley si sono scambiati le vite con un patto, che avrebbero potuto rescindere in qualsiasi momento. Tuttavia non appena stipulato questo patto, Sebastian Haff è morto all'improvviso, dando origine alla notizia della morte di Elvis, che quindi è stato creduto un impersonatore. Il patto scritto è andato distrutto in un incendio. Elvis, stanco e malato, costretto su una carrozzina, trascorre le sue giornate nell'ospizio assieme a Jack, un afroamericano che si crede JFK scampato all'attentato e trasformato in un uomo di colore. Un'infermiera masturbatrice si prende cura dei genitali del Re in incognito: con la scusa di pulire la corona del glande dallo smegma, sfrega e accarezza il fallo fino a provocare l'erezione e a far tracimare lo sperma, che raccoglie in un fazzolettino. Ovviamente le sequenze del film mostrano solo il volto estasiato di Elvis-Sebastian, ma quanto accade è di un'evidenza sconcertante. All'improvviso qualcosa in questa vita monotona cambia: tutto ha inizio con un'invasione di ripugnanti scarabei stercorari. Quindi diversi anziani ospiti della struttura muoiono in circostanze misteriose. Sui muri delle latrine compaiono geroglifici egizi, che una volta tradotti si rivelano oscenità. In particolare una frase dice "CLEOPATRA FA LA PORCA". Da una serie di ricerce, Elvis e il suo amico nero vengono a scoprire che l'artefice di tutto questo è una mummia rediviva, Bubba Ho-tep, che trasportata in un museo americano si è risvegliata in seguito a un incidente stradale, vagando alla ricerca di anime da divorare. Traendo uno scarso nutrimento dalle anime deperite di poveri anziani, per continuare la sua terrificante condizione di pseudo-vita, il mostro è costretto ad uccidere in continuazione. La tensione cresce. A un certo punto, il Re in sedia a rotelle si accorge che l'infermiera masturbatrice lo vuole privare della volontà e farlo desistere dalla lotta, così quando lei gli si avvicina una volta di più per manipolarlo e fargli uscire lo sperma, lui con fermezza la respinge. Tutto procede verso l'epilogo. Segue un combattimento spettacolare quanto grottesco, con Elvis che riesce ad aver ragione di Bubba Ho-tep urlandogli: "SUCCHIA L'UCCELLO DI ANUBI!" 

Ricordo ancora alcune osservazioni di Andrea Jarok sul film, che è stato realizzato con una spesa di un milione di dollari e che non ha potuto usufruire di nessuna musica di Elvis Presley perché il pagamento dei diritti di autore sarebbe stato incompatibile con il magro budget. Ancor più interessante è stata la discussione sull'origine del nome Bubba Ho-tep: Andrea ci ha parlato del suffisso -hotep che ricorre nel nome di molti Faraoni e che è stato usato anche da Lovecraft per dare origine al nome Nyarlathotep. In realtà non si tratta di un vero e proprio suffisso, ma di una forma verbale ḥtp(.w) il cui significato è "egli è soddisfatto", "egli è in pace", che i Greci hanno adattato alla fonetica della loro lingua trascrivendola come -ophis: il gruppo consonantico -tp- dell'egiziano antico è stato reso con -ph- /ph/, e un'uscita sigmatica -is è stata aggiunta. 

Certo, stando ad alcuni buontemponi, gli argomenti da me trattati avrebbero il potere di far inflaccidire l'uccello persino a Rocco, ma una cosa è sicura: non hanno alcun effetto sull'uccello di Anubi, che è sempre e comunque durissimo - e auguro a tutti i miei detrattori di attaccarsi presto a tale turgida asta. 😀

sabato 31 maggio 2014


IL CAGNACCIO DEI BASKERVILLES
(The Hound of the Baskervilles, 1978)

Regista: Paul Morrissey

Scritto da: Peter Cook & Dudley Moore...

Data di uscita: Novembre 1980 (USA)

Genere: Commedia, parodia

Cast: 
 Peter Cook ... Sherlock Holmes
 Dudley Moore ... Doctor Watson / Mr. Spiggot / Mrs. Ada
 Holmes / Piano Player
 Denholm Elliott ... Stapleton
 Joan Greenwood ... Beryl Stapleton
 Hugh Griffith ... Frankland
 Irene Handl ... Mrs. Barrymore
 Terry-Thomas ... Dr. Mortimer
 Max Wall ... Arthur Barrymore
 Kenneth Williams ... Sir Henry Baskerville
 Roy Kinnear ... Selden the Axe Murderer
 Lucy Griffiths ... Iris (as Lucy Griffith)
 Dana Gillespie ... Mary Frankland
 Penelope Keith ... Massage Receptionist
 Jessie Matthews ... Mrs. Tinsdale
 Prunella Scales ... Glynis

TRAMA: 

Qualcuno è fermamente determinato ad estinguere la casata nobiliare dei Baskervilles. L'ultimo erede è sconvolto da un terrificante cagnaccio, che ha già sbranato suo zio. Si rivolge quindi a Sherlock Holmes e a Watson, descrivendo loro la bestia come un mostro perverso dotato di genitali smisurati, con la tendenza a violentare le sue vittime prima di ucciderle. Sherlock Holmes invia a Baskervilles Hall il suo fedele assistente Watson, e qui ha inizio una girandola di eventi a mio parere esilaranti. Gli abitanti dei pantani si rivelano genti stravaganti e dedite ad aberrazioni di ogni specie. Troviamo così un campionario incredibile di degenerati: un assassino cannibale che fa a pezzi la gente con un'ascia, una domestica rinchiusa da anni in una  latrina piena di mosche, un cacciatore folle legato alla sorella da una relazione incestuosa, una ninfomane scatenata che sogna di copulare con il cagnaccio, un allevatore di chihuahua dall'apparato urinario incredibilmente sviluppato. Tutto il film è giocato sull'ambiguità e sul grottesco.
Anche il ritratto di Sherlock Holmes è molto diverso dal solito stereotipo: lo vediamo tra l'altro in un bordello le cui "ragazze" sono carampane ipertricotiche e manesche, mentre l'unica donna appetibile, la maitresse, non trova di meglio che proporgli un "cetriolino eccitante" da assumersi a mo' di supposta. E che dire delle perle di Logica Lapalissiana esibite da Holmes? Egli arriva a dedurre, dopo elaborati giri di parole, che dove avviene un furto si viene a scoprire sempre che il colpevole è un ladro. Vi è persino una maliziosa allusione a John Holmes, quando il nome dell'investigatore di Baker Street viene convertito in codice in un irresistibile "Salsiccia Holmes". 

CRITICA:

Il Cagnaccio dei Baskervilles è stato ritenuto la peggiore pellicola di tutta la storia del cinema. A mio parere questo giudizio è ingeneroso. Era l'epoca in cui Dudley Moore era sposato con una Rothschild, che a quanto pare era una domina spietata che lo costringeva a pratiche di umiliazione estrema. Questo clima morboso deve avere influenzato l'opera.

Questa recensione, in assoluto la più significativa che ho trovato, è apparsa a suo tempo anche sul Corriere: 

Quante volte è stato portato sullo schermo il romanzo The Hound of the Baskervilles, scritto da Sir Arthur Conan Doyle nel 1902? Sfogliando l’Encyclopedia of Mistery & Detection (McGraw Hill, 1976), alla voce «Sherlock Holmes» ci imbattiamo subito in un film francese del 1915, seguito due anni dopo da un film tedesco diretto da Richard Oswald che lo rifà in Gran Bretagna nel 1929. Pochi anni dopo, nel 32, altro remake britannico con Robert Rendel; nel 39 è la volta di Basil Rathbone in un film hollywoodiano diretto da Alfred Werker; nel 59 l’inchiesta sul mastino omicida viene ripresa in patria da Peter Cushing, regia di Terence Fisher; dieci anni fa la caratteristica casquette dell’investigatore finisce sulla testa di Stewart Granger. Ora l’americano Paul Morrissey si è buttato sul vecchio libro con il programma di strappare risate a tutti i costi. Non sempre ci riesce, in un clima esagitato di comica finale, ma nel suo insieme lo spettacolaccio regge. Ai numerosi ammiratori di Flesh e di Trash, che si stupiranno di veder coinvolto l’ex allievo di Warhol in un’impresa tanto incongrua, consigliamo di ripescare l’agghiacciante intervista fatta a Morrissey da Dante Matelli (su La Repubblica», 6 agosto 78). In questo colloquio il cineasta si proclama di estrema destra e aggiunge: «Sa perché sono contento che in USA non si studi più il greco? Perché il greco significa democrazia».
Da Tullio Kezich, Il nuovissimo Mille film. Cinque anni al cinema 1977-1982, Oscar Mondadori

Questa è la sommaria descrizione fornita dal Morandini:

Sherlock Holmes in burletta: indagando in casa Baskerville inciampa in situazioni al limite del paradosso e, mentre il cagnaccio si diverte, deve persino difendersi dalle attenzioni di una "ninfomane" scatenata. E una parodia dell'arcifamoso romanzo (1902) di Arthur Conan Doyle, portato più volte sullo schermo. Nonostante le premesse e la presenza di attori discreti, è un film mancato. Oltre a interpretare Watson e, travestito, la madre di Holmes, Moore ha collaborato alla sceneggiatura e ha firmato le musiche.

Ancor più lapidaria ed impietosa la recensione del Dizionario del Cinema:

Terribile parodia della storia di Conan Doyle, scritta da Cook (che interpreta Sherlock Holmes), Moore (allo stesso tempo Watson e madre di Holmes) e dal regista Morrissey. Dopo un po' di risate, il film scade nello squallido e non recupera più. Che spreco di talento! La versione americana dura 78 minuti, con sequenze in ordine diverso.

I commenti aggiunti dai navigatori sono ancora più impietosi. Ne riporto uno abbastanza rappresentativo quanto devastante, lasciato in imdb il 9 settembre 2001:

A deeply horrendous film

I have scarcely, if *ever*, been so disappointed with a film as I was with this. My expectations were hardly particularly high going into the viewing... I certainly did expect more from a film involving Peter Cook, based around the enjoyable Holmesian mythos.
To begin with, the direction was appallingly unsuitable. Paul Morrissey evidently had all the wrong ideas about how to film a comedy and how to illicit comedic performances; he is following the Carry On formula, but this film considerably outstrips the majority of those in terms of the cringe-worthy. Morrissey merely 'directs' an astonishingly experienced and talented cast to go horribly - and I mean horribly - Over The Top, shout a lot, and mixes this with pointless, inapposite crudity. The veteran comic talents of Max Wall - barely in the film, much to his overwhelming relief I suspect - Joan Greenwood, Cook, Moore and Spike Milligan are frittered away carelessly, and allowed to dissolve in an acrid bath of self-abuse. The ageing Greenwood is given an appallingly crass role and embarrassing 'things to do'; Terry-Thomas, clearly an ill man by all accounts at this time, looks completely out of it: a saddening sight. Is Kenneth Williams another to be added to this unfortunate role-call of British comedy greats forcibly desecrated...? Well yes, his performance is every bit the unsubtle, irritating stereotype that many expect of him, including it seems, Paul Morrissey. Such a waste considering the ill-tapped talent the man clearly had; it is hardly surprising to read his increasing despondency about this project in his diaries.
Apparently, Pete n' Dud had a hand in the script-writing, but it really doesn't show; this is committee stuff to the letter, including 'topical' take-offs of "The Exorcist" (1973) as well as the spirit-crushingly inept attempts to 'emulate' the Carry Ons. There are, at best, perhaps one or two middling gags of theirs that surface, but they seem hopelessly out of kilter with the film's remainder. Cook is an aloof, stony-but-insubstantial presence as an 'actor' in this 'picture', Morrissey allowing him no scope for his usual absurdism, shoehorning him into a cardboard nonentity of a role - though surely he himself is culpable, if scripting? Moore is worse, faring poorly as an inept, 'Welsh' Holmes; never once amusing.
This truly is a dire, unspeakable film. The production side of matters is, if anything, as shabby as the rest of the picture; a slipshod shoddiness makes the visuals outright repellent. Strikingly, there is no attempt to truly parody or spoof the Sherlock Holmes mythos; it makes even mediocre films like "The Adventure of Sherlock Holmes's Smarter Brother" (1975) or "The Seven Per Cent Solution" (1976) seem like satiric masterworks in comparison. All this ends up doing is lamentably degrading the Holmes mythos it claims association with.
I hated this film intensely - as I am sure you gathered - and can say with the utmost confidence that it symbolises the utter fall from grace of a tradition of British (film) comedy.

In tutto il Web ho trovato soltanto un timido utente a difendere il Cagnaccio. Il suo intervento, che mi ha commosso, è questo: 

"Versione comica del mastino dei baskervilles. Mi ha fatto morire dal ridere.Pieno di situazioni assurde..."