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giovedì 4 maggio 2023


PINK FLOYD - THE WALL

Titolo originale: Pink Floyd - The Wall
Lingua originale: Inglese
Paese di produzione: Regno Unito
Anno: 1982
Durata: 95 min
Genere: Drammatico, musicale, animazione 
Sottogenere: Dramma surrealista, opera rock 
Tematiche: Alienazione, solipsismo, autismo, 
    fascismo, rapporto uomo-donna 
Regia: Alan Parker
Soggetto: Roger Waters (dall'album The Wall)
Sceneggiatura: Roger Waters
Produttore: Alan Marshall
Casa di produzione: MGM 
Distribuzione: United International Pictures 
Fotografia: Peter Biziou
Montaggio: Gerry Hambling
Musiche: Pink Floyd, Bob Ezrin, Michael Kamen
Scenografia: Gerald Scarfe
Interpreti e personaggi:
    Bob Geldof: Pink
    Kevin McKeon: Pink adolescente
    David Bingham: Pink bambino
    Christine Hargreaves: La madre iperprotettiva
       e asfissiante di Pink

    Eleanor David: La moglie fulva e cornificatrice
       di Pink

    Alex McAvoy: Il maestro di scuola frustrato
       dalla moglie megera

    Bob Hoskins: Il manager
    Michael Ensign: Il direttore dell'albergo
    James Laurenson: J.A. Pinkerton, padre di Pink
    Jenny Wright: Una groupie statunitense
         senza cervello

    Margery Mason: La moglie oppressiva
         del maestro coglione

    Ellis Dale: Il medico inglese sadico
    James Hazeldine: L'amante israelita della moglie
         di Pink

    Ray Mort: Il padre al parco giochi
    Robert Bridges: Il medico statunitense
    Joanne Whalley: Una groupie senza cervello
    Nell Campbell: Una groupie senza cervello
    Emma Longfellow: Una groupie senza cervello
    Lorna Barton: Una groupie senza cervello
    Marie Passarelli: La cameriera spagnola
    Iain Owen Moor: Un testimone di nozze
    Roger Kemp: Un testimone di nozze
    Joanna Andrews: Una testimone di nozze
    Diana King: Una testimone di nozze
    Marilyn Thomas: Insegnante sadica
    Brenda Cowling: Insegnante sadica
    Michael Burrell: Insegnante sadico
    Malcolm Rogers: Insegnante sadico
    John Broughton: Insegnante sadico
    Albert Moses: La guardia che si fa fellare
        dalla sporcacciona 
    Vincent Wong: Un paramedico
    Marc Atwood: Un paramedico

    Non identificati:
       La sporcacciona succhiante *
       Neonazista autentico: Squadrista 1 
       Neonazista autentico: Squadrista 2 
       Neonazista autentico: Squadrista 3 
       Neonazista autentico: Squadrista 4 
    * Sarà compresa tra le attrici sopra riportate,
    ma non mi è stato possibile capire chi fosse.
Budget: 10-12 milioni di dollari US 
Box office: 22,3 milioni di dollari US
Premi: 
    2 BAFTA Film Awards 

Tracce musicali: 
   1) When the Tigers Broke Free 
   2) The Little Boy that Santa Claus Forgot
   3) In the Flesh? 
   4) The Thin Ice 
   5) Another Brick in the Wall, Part 1 
   6) Goodbye Blue Sky
   7) The Happiest Days of Our Lives 
   8) Another Brick in the Wall, Part 2 
   9) Mother 
   10) Empty Spaces 
   11) What Shall We Do Now?
   12) Young Lust 
   13) One of My Turns 
   14) Don't Leave Me Now
   15) Another Brick in the Wall, Part 3
   16) Goodbye Cruel World 
   17) Is There Anybody Out There 
   18) Nobody Home 
   19) Vera 
   20) Bring the Boys Back Home 
   21) Comfortably Numb 
   22) In the Flesh 
   23) Run Like Hell 
   24) Waiting for the Worms 
   25) 5:11 AM (The Moment of Clarity)
   26) Stop 
   27) The Trial 
   28) Outside the Wall 
N.B.
Rispetto all'album The Wall, è stato omesso il brano Hey You, considerato "ridondante". Avrebbe dovuto essere prima di Comfortably Numb; la scena è stata girata e poi non inclusa.


Trama:

La vita del giovane Pink è una Tragedia della Natura. Suo padre è caduto ad Anzio durante la Seconda Guerra Mondiale. Sua madre, una donna paranoide, lo ha cresciuto da sola. Un giovane Pink scopre alcune reliquie del servizio militare e della morte del padre. Un'animazione mostra la guerra e l'assoluta inutilità della morte delle persone, il cui sangue cola in un tombino e finisce nelle fogne. A scuola, Pink viene sorpreso a scrivere poesie e umiliato dall'insegnante, che legge alla classe una sua poesia affinché i bulli possano schernirlo, quindi lo punisce duramente. Tuttavia, presto si scopre che il trattamento iniquo riservato agli studenti è dovuto all'infelicità del matrimonio dell'insegnante, sposato a un'arpia ripugnante che lo tormenta senza sosta. 
A distanza di anni, Pink ricorda un sistema scolastico oppressivo, immaginando i bambini che cadono in un tritacarne, finendo macinati. I loro lineamenti sono indistinti, come quelli di pupazzi, per via delle maschere che indossano. Pink fantastica, immaginando i bambini che si ribellano e bruciano la scuola prima di gettare l'insegnante tra le fiamme. 
Da adulto, Pink ricorda la madre iperprotettiva. Ricorda il proprio matrimonio in crisi. Sua moglie, una donna dai capelli rossi come il fuoco, gli provoca immense sofferenze. Durante una telefonata, Pink si rende conto che lei lo tradisce, nel momento stesso in cui un uomo risponde al telefono. Le esperienze traumatiche del protagonista sono rappresentate come mattoni nel muro che costruisce intorno a sé e che lo separa emotivamente dalla società e dal mondo. 
Pink, diventato una rockstar depressa, torna nella stanza d'albergo con una stupida groupie. Cade in preda a un furore da berserk e distrugge ogni cosa, scagliando i mobili contro le pareti e fracassandoli. Esasperato, pensa a sua moglie che lo cornifica e si sente intrappolato nella sua stanza. Poi ricorda ogni mattone del suo muro, che si rivela finalmente completo. La sua segregazione è totale. 
Intrappolato nel suo muro, Pink non esce dalla stanza d'albergo e inizia a perdere la testa delirando di metaforici "vermi". Si rade tutti i peli del corpo, ferendosi fino a sanguinare, poi guarda la televisione, in particolare l'epico film di guerra, I guastatori delle dighe (The Dam Busters, Michael Anderson, 1955). Immerso nel delirio, il giovane Pink cerca nelle trincee, ritrovando infine se stesso adulto. Sconvolto, fugge terrorizzato e raggiunge una stazione ferroviaria, dove i soldati si riuniscono ai loro cari. Non riesce a vedere suo padre e la gente chiede che i soldati tornino a casa. Sprofonda nell'incoscienza. Infine Pink viene trovato dal suo manager nella stanza d'albergo distrutta, completamente privo di sensi. Un paramedico gli inietta dei potenti farmaci per fargli riprendere i sensi e permettergli di esibirsi. 
In questo stato di alterazione, Pink allucina di essere un dittatore fascista e plasma il suo concerto come un raduno neonazista, in cui i suoi seguaci attaccano neri, omosessuali ed ebrei. Si riuniscono in squadre d'assalto e si scatenano, portando devastazione! Compaiono i cani feroci: sono i mastini da guerra, che vengono scagliati contro gli immigrati. Scoppiano scontri tra gli squadristi e le Forze dell'Ordine. Poi il cantante organizza un raduno a Londra, dove al culmine del delirio vede con i propri occhi centinaia di giganteschi martelli da guerra incrociati che marciano al passo dell'oca tra le rovine. Quando smette di avere allucinazioni da droga ed è sconvolto da una lucidità improvvisa, urla come se gli fosse stato infilato nel cranio un aculeo incandescente: "Stop!" Prende l'inesplicabile decisione di non voler più rimanere intrappolato dietro il muro. Si rintana in una latrina, in mezzo agli escrementi, canticchiando a bassa voce mentre una guardia giurata gli passa accanto. 
Come una bambola di pezza animata e inerme, Pink si sottopone a processo infernale per "aver mostrato sentimenti di natura quasi umana". Il suo insegnante stronzo e la moglie aguzzina lo accusano e lo consigliano per le sue azioni, mentre sua madre asfissiante cerca di riportarlo a casa perché "non vuole che si metta nei guai"
Il gigantesco giudice, un cazzone moscio antropomorfo che tuona dall'orifizio urinario sopra i testicoli immensi, simili a dirigibili rosacei, condanna Pink "ad essere esposto davanti ai suoi coetanei", così dà l'ordine di abbattere il muro. Dopo un lungo silenzio, il muro viene smantellato, proprio come il Mudo li Merlino! Pink urla di terrore! Il destino finale di Pink rimane sconosciuto, ma si sa per certo che sarà ben misero, più o meno come quello di uno spurgatore di fogne nell'India profonda. Una domanda pressante: Non sarebbe stato meglio rimanere un dittatore fascista? In ogni caso si scorge un vaghissimo segno di speranza: alcuni bambini puliscono un mucchio di detriti e raccolgono mattoni, con uno di loro che svuota una molotov. Un oscuro augurio sorge a questo punto nello spettatore: possano questi bimbi diventare altrettanti Pink! 


Recensione:
Questo film ha meriti immensi. Ne vidi per la prima volta alcune sequenze in un bar non distante dalla sede di Fisica in Via Celoria, a Nuova Sodoma, pardon, a Milano. Sorgeva nei pressi del Neurologico, dove talvolta avevo l'audacia di entrare per usare il telefono pubblico. In quel bar, il cui nome era Pink Floyd, avevo trovato un rarissimo succo di frutta di banana, il cui sapore ricordo ancora. È difficilissimo ridurre la banana a un succo, per questo il prodotto è quasi irreperibile e prezioso. Mentre gustavo quel nettare, un grande schermo stava proiettando proprio Pink Floyd: The Wall. Da quel momento, per me quel film è stato una vera e propria ossessione. Spesso lo noleggiavo in videocassetta e me lo guardavo (ai tempi i mezzi tecnologici erano primitivi, rudimentali). 
Ricordo i commenti di un'anziana signora sul treno, che esprimeva la sua angoscia a un'amica: aveva visto il film di Parker e ne era rimasta sconvolta. Diceva che in quelle sequenze vedeva la negazione totale dell'essere umano, la sua degradazione, una disperazione assoluta e pervasiva. Mi è subito parso chiaro che quella donna fosse una convinta sostenitrice dell'idea teleologica dell'Uomo come fine dell'Universo, come metro e misura di tutte le cose. Un'idea data per scontata nel corso di lunghi, era stata sfidata apertamente. La cosa mi ha fatto gongolare! 
Dai banchi di memoria stagnante dell'epoca universitaria ogni tanto riemerge il ricordo di Jacopo D., figlio del più famoso Valentino D., un pittore abbastanza quotato e defunto da tempo. Jacopo D. cercava in tutti i modi di distogliermi dalle immagini mentali che saturavano il mio essere. In particolare, provava un genuino orrore per Pink Floyd - The Wall. In un'occasione mi disse che erano gli incubi di drogati. Non aveva tenuto conto di una cosa: sono uno spirito ribelle! 


Una sinistra profezia

Mia madre (RIP), quando alle medie avevo gravi problemi di socializzazione, si sentiva molto inquieta e un giorno mi disse che le sembrava che io stessi costruendo un muro tra me e il mondo. La causa di ciò erano i professori maligni, che si lamentavano della mia fortissima tendenza ad isolarmi, a chiudermi in me stesso, persino della mia incapacità di sorridere. A sentire queste canaglie, avrei dovuto stare con i bulli e farmi da loro giulivamente massacrare. Avrei dovuto essere felice di subire persecuzione! All'epoca non si parlava di autismo, era un argomento tabù. Semplicemente lo si rimuoveva. I genitori e i professori aderivano alla funesta dottrina cattolica del libero arbitrio, così davano ai perseguitati la colpa di ciò che accadeva loro. Dicevano che era necessario "modificarsi". Dentro di me brillava un solo desiderio: la vendetta! Vendetta contro il genere umano! 
Tutto ciò accadde prima dell'uscita del film di Parker, di cui mia madre non poteva sapere assolutamente nulla. Quando potei visionare la pellicola, mi resi conto all'istante del contenuto profetico delle parole che erano state da lei pronunciate! 

  
L'essenza della scuola 

Pink rivela al genere umano una delle Verità Ultime: il sistema scolastico è stato inventato da Mefistofele! La scuola semina demenza, accresce in modo esponenziale le sofferenze dei dannati che la subiscono e merita l'annientamento. Non c'è nulla di buono in tale istituzione abominevole: è un immenso meccanismo stritolatore, una vite senza fine che riduce gli studenti in poltiglia. Queste vittime, che sono come fantocci svuotati del tutto privi di ontologia, una volta ridotti a carne macinata somigliano in modo straordinario a masse di vermi. Questa è la scuola! L'ideale sarebbe colare su ogni scuola un sarcofago di cemento come quello di Chernobyl, ovviamente murandovi dentro docenti e bulli. 


L'animazione di Gerald Scarfe: 
Empty Spaces

L'essenza del rapporto tra uomo e donna è terrore, è sopraffazione, è morte ontologica! Il sesso è merda. Ne siamo attratti, certo, ma resta comunque merda. Il maschio non è il predatore, è la preda. La femmina agisce come una mantide. Ghermisce il maschio, lo annienta, lo divora, lo condanna a una vita che è come un dente cariato, una maledizione di cancrena. Il frutto di pochi attimi di piacere costa strazi indicibili. Questa raccapricciante dinamica, di cui le genti sono vittime, è illustrata in modo splendido nella famosa sequenza di animazione in cui due fiori combattono una feroce battaglia. Il fiore maschile sembra un grosso pistillo eretto che si conficca tra i petali del fiore femminile. Ha inizio una lotta tremenda e alla fine il fiore femminile si chiude sul fiore maschile e lo fagocita! A questo punto il vincitore si trasforma in un immenso dragone, nero come la pece! 


La sporcacciona succhiante  

Il protagonista cerca conforto gettandosi a capofitto in una vita all'insegna del famoso trinomio sesso-droga-rock'nroll, sperando così di obliare i suoi dolori e il suo passato di repressione. Lasciarsi dietro la moglie. Lasciarsi dietro la madre. Come facevano i Lotofagi, Pink vuole rimuovere la realtà avversa, troppo dura per essere sopportata. A un certo punto si unisce a una festa orgiastica e canta "I need a dirty woman". Il titolo del brano è Young Lust, ossia "Giovane lussuria". Arrivano le troie, si sentono i loro tacchi che battono sul corridoio mentre avanzano impettite. Una ragazza china la sua testa sull'inguine di una guardia giurata, un poderoso mandingo, e gli accoglie in bocca il glande sporco di smegma, poppandolo. Questa sequenza mi è rimasta particolarmente impressa. 
L'abbandonarsi a feste orgiastiche non è comunque di alcun aiuto: le speranze di Pink sono vane, perché il dolore ha preso dimora in lui e non lo lascia nemmeno per un istante, come un verme che rosicchia una terminazione nervosa particolarmente sensibile. Il punto è che la libertà sessuale, per com'è intesa, non è la libertà di amoreggiare, di avere relazioni soddisfacenti con donne libere (e fantomatiche): è invece la libertà di andare con le puttane. Si risolve con il pagamento delle marchette. L'istituzione del matrimonio ha rovinato i rapporti umani a tal punto da fare terra bruciata al di fuori di sé, riducendo ogni cosa allo squallore! 


L'animazione di Gerald Scarfe: 
Don't Leave Me Now  

Mentre scorrono le note di Don't Leave Me Now, ha inizio una potente animazione. Mentre Pink, sfinito dalla droga che si è iniettato, giace su una poltrona nella sua stanza spettrale e solitaria, compare dietro di lui l'ombra della moglie. La silhouette femminile avanza e muta, fino a trasformarsi in una mostruosa mantide religiosa, che si ingigantisce e si scaglia contro il cantante terrorizzato. La Moglie-Mostro ha una bocca che ha la forma di una vagina irta di zanne, pronta a dilaniare la vittima! Mentre l'assalto procede, si sovrappongono le scene dell'amante che penetra con ardore la donna! Tutto ciò è agghiacciante! Ecco la natura del rapporto uomo-donna! Ecco la natura del matrimonio! 
La mia mente è fervida e veloce. Riempie tutti i buchi narrativi dei film ogni volta che lo guardo. Questa capacità mi rivela tutti gli arcani, li mette a nudo come se fosse un potere magico. Pink veniva deriso dalla moglie perché aveva un esiguo falletto ed eiaculava troppo in fretta. Così lei lo umiliava e si rifiutava di praticargli la fellatio, concessa  invece al suo nerboruto amante, che quindi procedeva a penetrarla, ad arare il suo ventre, a zapparlo. Questo amante era un israelita: ecco il seme da cui nasce e si sviluppa l'antisemitismo furioso del futuro Signore dei Vermi. 


L'Aguzzina e la causa di tutto 

La Moglie-Predatrice ricompare durante il Processo: è uno scorpione terrificante che trafigge col suo aculeo il povero Pink, regredito a livello di feto informe, cieco e paralitico, completamente incapace di opporre la benché minima resistenza. Rievoca gli eventi passati, quando ha iniettato nel pover'uomo un potentissimo veleno ontologico, che ha innescato la sua trasformazione. Sua è la colpa di tutto ciò che è accaduto in seguito! 
L'altra figura tremenda che si mostra al Processo è la Madre.  Il suo ruolo è ancor più cruciale di quello della Moglie-Predatrice: ha procreato Pink per egoismo e ignoranza. Avrebbe potuto lasciarlo nel Ventre del Nulla, in pace, invece ho la scaraventato nella realtà sensibile, in questa fucina di colori violenti e di rumori insopportabili, in cui si viene torturati senza sosta! 


Solipsismo 

Non c'è nessuno là fuori. L'Universo, abisso infernale, è tenuto lontano da una barriera impenetrabile: il Muro. Catatonia. Autismo profondo. Bisogna imparare a cadere nel baratro interiore, se si vuole riemergere. Il mondo non è un insieme di opportunità da cogliere, come si sente dire fin troppo spesso in questa società futile. Il mondo è un luogo ostile, a cui ci si deve opporre con tutte le forze, con ogni mezzo, ma le forze mancano, non ci sono i mezzi. Resta soltanto l'inerzia assoluta. Lo splendido e commovente brano Comfortably Numb descrive questa condizione, in cui viene raggiunta la massima vicinanza con il Non Essere. Il manager, uomo gretto e avidissimo, è interessato unicamente al guadagno che potrebbe trarre dall'esibizione di Pink. Non gliene frega nulla del cantante come essere umano: se sapesse che non potrà più portargli soldi, lo lascerebbe morire. I manager sono esseri privi di scrupoli e ripugnanti, meritevoli di essere gettati in Malebolge e torturati dai diavoli con la pece incandescente, per l'Eternità! Pink sembra già trapassato, non si riesce a sentire il suo respiro. "H
ello? Is there anybody in there?", chiede il manager.


Metamorfosi, rinascita  

Come un grosso bruco, Pink si impupa. Il suo essere si dissolve in un brodo primordiale e si riorganizza. Quindi rinasce in una forma completamente rinnovata, sfarfallando dal bozzolo! Non è più inerme. Irrompe nella realtà come un genocida, il cui scopo ultimo è uno solo: annientare il genere umano, annientare la vita nel Cosmo! Come un cristallo di tenebra assoluta, irradia la Luce Nera dell'Odio Eterno. Questa è la sua seconda nascita, l'unica vera. È invulnerabile! Nell'atto di emergere dal bozzolo, egli è come il Dio della Guerra degli Aztechi, Huitzilopochtli, che scaturì dal grembo di sua madre Coatlicue già adulto e armato con una spada dai denti di ossidiana!    


Il Signore dei Vermi

Gli squadristi sono denominati "Vermi" dal loro stesso capo. Non è un insulto o un termine di dileggio, come in apparenza potrebbe sembrare. Non ha nulla a che fare con appellativi come "topi di fogna", che nel Web sono spesso rivolti ai militanti dell'estrema destra. Un cagnotto è una creatura in apparenza fragile, dal corpo molle e cedevole, ma è dotato di prodigiose mascelle, di una forza incredibile. Una massa di cagnotti spolpa con facilità l'enorme carogna di un bufalo. 
La Marcia dei Martelli procede verso una destinazione spaventosa: la Guerra Totale! Proprio quando l'ordine costituito minaccia di collassare, ecco il prodigioso "Stop!" di Pink, urlato a pieni polmoni. Roger Waters suggerisce che il Dittatore, folgorato da una visione apocalittica delle conseguenze mostruose della sua propaganda, abbia voluto fermare tutto, far ritornare indietro il tempo, annullando il proprio stesso Essere. Ciò non è possibile in un Universo dominato dall'Irreversibilità. Per l'illusione di Waters, c'è stato un prezzo da pagare...


I Fascisti di Pink

Il ruolo dei Fascisti di Pink, descritti come i devastanti Vermi che imperversano nelle strade di un Regno Unito annientato, è stato rimosso a tal punto che nel vasto Web non si riesce nemmeno a trovare i nominativi degli attori che hanno interpretato questi squadristi! Follia del politically correct? Censura? Niente di tutto questo. Sono riuscito a reperire qualche informazione soltanto dopo una lunga ricerca. 
Ebbene, molte delle comparse nelle sequenze di Run Like Hell e Waiting for the Worms erano autentici neonazisti, robusti e fanatici, scelti per garantire un alto grado di realismo. A un certo punto Gerald Scarfe si spaventò a morte, temendo che la situazione stesse degenerando: un giorno, durante le riprese, diversi di questi squadristi d'assalto si erano presentati sfoggiando con fierezza l'emblema di Pink ai lati del cranio rasato. In seguito, alla fine degli anni '80, nacque un bellicoso gruppo neonazista chiamato Hammerskins, il cui simbolo era costuito proprio dai due martelli da guerra incrociati. Grande fu la costernazione di Scarfe, Parker e Waters, le cui intenzioni erano di rendere la rappresentazione antifascista. Invece resero affascinante e travolgente la violenza organizzata, come se avessero evocato lo spirito della Sturmabteilung. Beh, non si può spargere un seme e poi cercare di rintuzzare il raccolto che ne nasce! 


Il caso di Ian Stuart  

Ian Stuart Donaldson (1957 - 1993) era un musicista e cantante britannico molto controverso, i cui generi di appartenenza erano il punk rock e il rockabilly. Era un neonazista. Era amico di Lemmy dei Motörhead. Tuttavia, Lemmy non volle più avere niente a che fare con lui quando dichiarò pubblicamente le sue simpatie hitleriane, temendo un devastante danno d'immagine. Ian Stuart arrivò a fondare un gruppo politico neonazista, Blood & Honour. Morì in seguito alle lesioni riportate in un incidente d'auto. Sul letto di morte chiese ai suoi sostenitori di rifondare la Gioventù Hitleriana. Tutto ciò ha sorprendenti analogie con le vicende di Pink. Sono convintissimo che proprio il film Pink Floyd - The Wall abbia influenzato in modo decisivo la formazione di questo singolare elemento della galassia dei fascisti inglesi


Una leva solleva il mondo 

Roger Waters ha avuto un'intuizione degna di nota: visto che i comizi incendiari sono stati banditi dalla politica e dalla vita pubblica, una personalità inquietante come Adolf Hitler potrebbe avere successo e trascinare le masse soltanto presentandosi come una rockstar. Tecnicamente parlando, il discorso è ineccepibile. Archimede disse: "Datemi una leva e vi solleverò il mondo." Facciamo un passo oltre: non è nemmeno necessario che questa rockstar esista veramente. Sarebbe tuttavia un grave errore pensare che si tratti di un problema meramente politico. Le radici sono profonde come l'Abisso
Quando nasce anche soltanto un individuo in cui si accende, per qualsiasi motivo, il desiderio di distruzione della propria specie, è come se si creasse una grave discontinuità ontologica. Nel mondo è stata immessa una scintilla mortifera che non scomparirà con la morte di quell'individuo. Troverà la sua via, in qualche modo: trasmigrerà in altri individui, si presenterà in altre forme e in altri contesti, fino a che non sarà riuscita a portare l'Estinzione. 


L'ombra di Syd Barrett 

Bob Geldof era terrorizzato dal sangue e ha trovato la scena della lametta estremamente difficile da girare. Era previsto che avrebbe dovuto radersi soltanto le sopracciglia. Sentendosi preso dal ruolo, si è galvanizzato e ha improvvisato la scena, passandosi il rasoio anche sul torace; si è però rifiutato di decalvarsi. Come gran parte dell'album The Wall, questa sequenza è stata ispirata dal fondatore dei Pink Floyd, Syd Barrett (1946 -  2006), che fu colpito da una malattia mentale e lasciò la band alla fine degli anni '60. A quanto è riportato, Barrett una volta si allontanò da una cena affollata, andò a casa, si rasò malamente la testa e tornò sanguinante alla tavolata, comportandosi come se fosse la cosa più normale del mondo. Alcune delle persone vicine a lui durante il suo straziante declino, sono uscite dal cinema quando hanno visto la scena interpretata da Bob Geldof, trovandola estremamente inquietante. 


Critica

Questo è riportato nel Lexikon des Internationalen Films (1995):  

"Grell-monströse Illustrationen zum gleichnamigen Rock-Oratorium der englischen Popgruppe Pink Floyd: Ein Rockmusiker durchlebt in einem Hotelzimmer in Los Angeles Stationen seiner tristen Kindheit, seines gescheiterten Privatlebens und seiner steilen Karriere. Die visionären Fragmente seines Deliriums fügen sich zu einer Mauer, die ihn in völliger Kommunikationsunfähigkeit einschließt. Auf optische wie akustische Reizüberflutung angelegt und mit unausgegorenen Symbolismen überladen, beeindruckt der wirre Film allein durch die konsequente Verbindung von Musik und Bild im Stil moderner Videoclip-Ästhetik." 

Traduzione: 

"Illustrazioni vistosamente mostruose per l'omonimo oratorio rock del gruppo pop inglese Pink Floyd: un musicista rock rivive le fasi della sua triste infanzia, della sua vita personale fallita e della sua fulminea carriera in una stanza d'albergo di Los Angeles. I frammenti visionari del suo delirio si combinano per formare un muro che lo rinchiude in una totale incapacità di comunicare. Progettato per una sovrastimolazione visiva e acustica e sovraccarico di un simbolismo incompleto, il film confuso colpisce solo per la sua coerente combinazione di musica e immagini nello stile dell'estetica moderna dei videoclip." 

Questo ha scritto Norbert Stresau (1983): 

"Realität und Phantasie mischen sich immer weiter ineinander: […] Ein symbolischer Abschluß […] entläßt den Zuschauer, je nach Fassungsvermögen überwältigt oder erdrückt, aus einer Flut surrealer Sequenzen […] Alan Parker praktiziert hier die Überladung der Sinne in einer Perfektion, gegen die sich Ken Russell wie ein Adept dritten Grades ausnimmt. Rapide folgen die Schnitte aufeinander, der Dialog beschränkt sich auf ein Minimum, die Songs sprechen für sich. Auch technisch nützt der Film die Ressourcen des Kinos in höchstem Maß, es ist beinahe ein Muß, The Wall in der 70-mm-Dolby-Fassung zu sehen. Die Schauspieler kommen in der Kakophonie des Lichts recht gut weg: Bob Geldof etwa, der Leadsänger der Boomtown Rats, schöpft aus eigener Erfahrung und macht Pink zu einer verstörenden Figur. […] The Wall ist auch ein Film, der beim Sezieren mit dem Kritikmesser wie eine schillernde Seifenblase zerplatzt; den man entweder als extravaganten Audiovisionstrip akzeptiert oder als sinnlosen und sinnbeleidigenden Mischmasch ablehnt. Verfilmung der gleichnamigen Pink-Floyd-LP: Ein Rockmusiker am Rande des Wahnsinns treibt in den Halluzinationen seiner Ängste, Sehnsüchte und Erinnerungen und bewältigt sie zum Schluß. Die aufgebaute Schutzmauer bricht zusammen. Eine technisch brillante Kakophonie aus Licht und Ton überschüttet hier den Zuschauer und beraubt ihn jeglicher Möglichkeit der Verarbeitung des Gesehenen. So kaschiert der Film gekonnt seinen Mangel an echter Relevanz, eine Analyse im Nachhinein versucht man besser nicht." 

Traduzione: 

"Realtà e fantasia continuano a fondersi: [...] Una conclusione simbolica [...] libera lo spettatore, sopraffatto o schiacciato, a seconda delle sue capacità, da un'ondata di sequenze surreali [...] Alan Parker pratica qui il sovraccarico sensoriale con una perfezione che fa sembrare Ken Russell un adepto di terzo grado. I tagli si susseguono rapidamente, i dialoghi sono ridotti al minimo, le canzoni parlano da sole. Anche tecnicamente, il film sfrutta al meglio le risorse del cinema; vedere The Wall nella versione Dolby 70mm è quasi d'obbligo. Gli attori si distinguono piuttosto bene nella cacofonia di luci: Bob Geldof, il cantante dei Boomtown Rats, ad esempio, attinge alle proprie esperienze e trasforma Pink in una figura inquietante. […] The Wall è anche un film che scoppia come una bolla di sapone scintillante quando viene sezionato con un coltello critico; o lo si accetta come un viaggio audiovisivo stravagante o lo si rifiuta come un miscuglio insensato e offensivo. Un adattamento cinematografico dell'omonimo LP dei Pink Floyd: un musicista rock sull'orlo della follia vaga nelle allucinazioni delle sue paure, dei suoi desideri e dei suoi ricordi e alla fine li supera. Il muro protettivo che ha costruito crolla. Una cacofonia di luci e suoni tecnicamente brillante travolge lo spettatore e lo priva di ogni possibilità di elaborare ciò che ha visto. In questo modo, il film nasconde abilmente la sua mancanza di reale rilevanza; è meglio non tentare alcuna analisi retrospettiva." 


Roger Waters e il Mudo li Merlino

Ho assistito in diretta televisiva al concerto The Wall - Live in Berlin, tenuto da Roger Waters e da numerosi artisti ospiti a Berlino il 21 luglio 1990, per commemorare la caduta di quello che l'ineffabile Luca Giurato chiamava il Mudo li Merlino - e, direi, per sancirne lo smantellamento fisico, all'epoca quasi completato. Per la precisione, l'evento ha avuto luogo in Potsdamer Platz ed è stato trasmesso in diretta in ben 52 Paesi. In Italia la trasmissione è avvenuta su Canale 5 (in leggera differita); bisogna riconoscere che persino Berlusconi pochissime cose buone in vita sua le ha pur fatte :). Sono stati momenti molto emozionanti e ho visto anche la replica su Italia 1 l'anno successivo. 
Questi sono gli ospiti che hanno partecipato: Scorpions, Ute Lemper, Bryan Adams, Cyndi Lauper, Sinéad O'Connor, Van Morrison, Joni Mitchell, Paul Carrack, The Runfunk Orchestra & Choir, The Military Orchestra of the Soviet Army, The Bleedin Heart Band, Marianne Faithfull, Albert Finney, Tim Curry, Thomas Dolby. Tramite il concerto sono stati raccolti fondi per il Memorial Fund for Disaster Relief, un'organizzazione inglese che si occupa di assistere le vittime di disastri e calamità. Sono molto scettico sulla reale efficacia di iniziative di questo genere. Chi garantisce che i soldi non finiscano in tasca a qualche malfattore? Non è fornito alcun resoconto consultabile sul loro effettivo utilizzo benefico e sui risultati ottenuti. 

venerdì 7 aprile 2023


LA MERDA
 
 
Regia: Cristian Ceresoli
Autore: Cristian Ceresoli
Protagonista: Silvia Gallerano 
Anno di produzione: 2012 
Tempo di lavorazione: circa 2 anni 
Produzione: Frida Kahlo Productions, Richard Jordan
    Productions, Produzioni Fuorivia 
Collaborazioni: Summerhall, Teatro Valle Occupato 
Durata: 100 minuti
Numero atti: 1
Tempi: 3
   Le Cosce
   Il Cazzo 
   La Fama
   Più un controtempo: L'Italia
Tipologia narrativa: Monologo, flusso di coscienza 
Direttore tecnico: Giorgio Gagliano 

Sinossi (da Teatro.it): 
"Il “brutale, disturbante e straordinario” testo sulla condizione umana già tradotto in numerose lingue di Cristian Ceresoli attraverso l’interpretazione “sublime e da strapparti la pelle di dosso” di Silvia Gallerano si manifesta come uno stream of consciousness dove si scatena la bulimica e rivoltante confidenza pubblica di una “giovane” donna “brutta” che tenta con ostinazione, resistenza e coraggio, di aprirsi un varco nella società delle Cosce e delle Libertà. La Merda arriva a Lecce dopo il clamoroso e scioccante successo di pubblico e critica in tutto il mondo, con Edimburgo, Copenhagen, Madrid, São Paulo, Glasgow, Berlino, Vilnius, Adelaide e Londra con quattro anni consecutivi di tutto esaurito, nonostante una sottile e persistente censura in Italia." 

La Merda e il Pasolinismo 
(da Radio Onda Rossa): 

"Dedicato ai 150 anni dell'Unità d'Italia. L'interprete dà sfogo al proprio flusso interiore nelle sue (inumane) escursioni vocali, insegue il successo con seriosa ferocia da belva e lucida determinazione assassina. Si deve ridere. È una tragedia in tre tempi: 'Le Cosce', 'Il Cazzo', 'La Fama' e un controtempo: 'L'Italia'. Attraverso un percorso creativo in cui la parola suona e si fa carne, una scrittura ispirata allo "stream of consciousness" in cui si scatena la bulimica e rivoltante confidenza di una "giovane" donna "brutta" che tenta con ostinazione, resistenza e coraggio, di aprirsi un varco nella società delle cosce e delle libertà. È preponderante la chiave dell'invettiva, del grido, del corpo che sussulta la sua storia personale nel flusso di pensieri/parole raccontati come suoni. Strazi. Assordanti rumori di urla contratte, sopite. Implose. Uno spettacolo sulla condizione della Bellezza, femminile, e della Storia (di questo Paese). L'attrice si offre come in un banchetto, pronta a venire sbranata da tutti, nelle sue escursioni vocali, nelle sue cadute tonali, nella sua progressiva umiliazione. Una scrittura che nasce così dalla carne e alla carne ritorna. 'La Merda' ha come spinta propulsiva il disperato tentativo di districarsi da un pantano o fango ultimi prodotti di quel genocidio culturale di cui parlò Pier Paolo Pasolini all'affacciarsi della società dei consumi. Quel totalitarismo, secondo Pasolini, ancor più duro di quello fascista poiché capace di annientarci con dolcezza."

Questo commento riportato sul sito di Radio Onda Rossa è stato a sua volta preso da Radio Teatro: dell'originale resta soltanto una pagina sbiadita e piena zeppa di refusi nella "macchina del tempo" di Archive.org.


Alcuni estratti: 

(In questo brano la protagonista masturba un disabile, gli ritrae il prepuzio e gli provoca un'eruzione di sperma) 

"Non devo vomitare. Non devo vomitare. Ingoia, mi dico. E chiudo gli occhi. Dopotutto, ho tredici anni, è il primo coso che mi capita di avere tra le mani, sì, e anche se è sordo e ha l’apparecchio e sbava e mette sempre ste camicine verdi, immagino che ce l’abbia come gli altri, no? O gli handicappati ce l’hanno diverso? Ma poi li fanno, i figli, gli handicappati? Ma no, dev’essere come quella differenza tra i muli ed i cavalli, fratelli d’Italia. Ma si è mai visto un handicappato presentare il telegiornale? Insomma, provo a fare quel che mi pare giusto, con questa carne tra le mani, un po’ bislacca, e caldina, e tiro, ahia, e giro, e glie lo schiaccio un po’, ma ci dev’essere qualcosa che non va, perché si arrabbia, ahiaaa, e poi mi grida qualche cosa come piano e non capisco, perché sto con gli occhi chiusi per non piangere e poi non devo vomitare e se mettiamo proprio adesso esce qualcuno, un professore, e poi ci vede e io sono così, piccolina, da sola, che non ho altri al mondo che lui, sì, lui, il mio popstar, il mio eroe che mi sussurra nelle cuffie e canta, per me, solo per me, e canta così piano che io non sono più qui, nel parcheggio, col mio compagno handicappato e la mia tuta da ginnastica rosa, ma sono lì, con lui, che mi tiene tra le braccia e canta per me e poi dopo fa il concerto nello stadio e quando ha finito il concerto andiamo via con la sua macchina e mi porta a mangiare il gelato e mi dice che mi porterà nella sua villa dove c’è un acquario grandissimo e ci mettiamo a guardare i pesci e mentre siamo lì che li guardiamo, con quella luce blu dell’acqua, io, chiudo gli occhi, e non sento più niente. Lui mi dice qualche cosa come piano, ma io non capisco, e resto giù, vicino a lui. Finché mi sporca sui capelli. Sì. Tutti i capelli. Come la colla. Poi dice uffa, e lo rimette a posto. Dentro le mutande, usato. E se ne va. Ma dove va? Ma dove va, mi dico io, ma dove va questo cretino che neanche mi saluta. Ma cosa crede, che lui basta che si tira giù i pantaloni e io son qui, pronta?"  

(Il finale scatofilo, scatofago!) 

Ho i crampi alla pancia. Dolore. Corro in bagno. Abbasso le mutande. Alzati. No. Trattieni. In piedi. Esci. Coraggio. Resisti. No. Alzati. No. Resisti. Esci dal bagno. Resisti. No. Non ce la faccio. Resisti. No. Non ce la faccio. Resisti. Viene. Alzati. Tienila. Viene. No. Viene. No. Vedo. Io. Vedo. Dal. Mio. Culo. Pezzi di ragazzini nelle loro camicie rosse, nella mia merda. Spaghetti attorcigliati al pomodoro e sangue, dal mio culo, e nella mia merda. Mozzarella spiaccicata sui binari e mille tappi malnutriti, nella mia merda. Ho tredici anni e c’è la bara di mio padre, nella mia merda. Lo stadio, le scale, l’ascensore e gli elettrodi infilzati nella carne, nella mia merda. La nazionale, il mondiale e la domenica all’acquario, nella mia merda. Il delfino e i maschi forti e i maschi allegri e gli storpi e i ritardati sui tappeti rossi, nella mia merda, gli autografi e le stampelle senza gamba, nella mia merda, la misericordia la pietà la paura la ginnastica e la religione, sì, nella mia merda il mio popstar handicappato i miei capelli e la colla e l’Austria e l’Ungheria nella mia merda le convention e i cazzi e i palinsesti nella mia merda i miei denti, sì, i miei denti a pezzi e la vittoria e il mio pianto dal mio culo il pianto di piangere la merda e la mia bella gioventù e la mia età e i tonni e le sirene e le ragazze che vogliono farcela. Fine crescendo, respiro. Sì, dovunque, qui, sul mio divano, proprio adesso, dal mio culo. Proprio ora che domani ho il mio provino. Proprio adesso che ero quasi grassa. E ce l’avevo quasi fatta. Guardarsi allo specchio. Penso. A cosa avrebbe fatto il mio piccolo papà. Penso. Respiro. Penso. Respira. Piano. È la mia ultima occasione. Non posso permettermi di perdere il mio treno. Il mio appuntamento con la storia. Oltrepassare la linea gialla. Forza. Buttati. Riprendi gli spaghetti, con le mani. Riprendi in bocca tutto. Riprendi la mozzarella, in pezzi. Riprendi il mio paese. La mia patria. E la nazione. Riprendi in bocca tutto, con le mie mani. Riprendi la merda, tutta la merda, nella mia bocca. Sì. Ecco. Così. Pezzo per pezzo, tutta la merda e il mio paese nella mia bocca. Mangia. Mangia. Mangia. Sì, mangio. Mangia. Sì, mangio, mamma, mangio. Coraggio. Rimangio tutta la mia merda e sono gonfia, sul divano. E so cantare. E sono pronta, gorda, grassa, adiposa, fetida. Ho i buchi di grasso nella faccia, e nella testa. Così, come vogliono loro. E non mi fa più schifo. No. Non mi fa più schifo niente. IL SESSO MASCHILE LA NOSTRA BANDIERA, IL SESSO MASCHILE LA NOSTRA BANDIERA. Controfinale cantato, disperato, unplugged, blues, straziante. Un inno comico al disgusto, eseguito con raffinata sapienza canora. Frateeelli d’Itaaalia, l’Itaaalia s’è deeesta, dell’eeelmooo di Sciiipiooo, s’è ciiintaaa la teeestaaa. Dov’èee la vittooooriaaa? Le porga la chioooma, ché schiaaava di Roooma Iddio la creò. Frateeelli d’Itaaalia, l’Itaaalia s’è deeesta, dell’eeelmooo di Sciiipiooo, s’è ciiintaaa la teeestaaa. Dov’èee la vittooooriaaa? Le porga la chioma, ché schiaaava di Roooma Iddio la creò. Stringiamci a coorte, siam pronti alla morte, siam prooonti alla morte, l’Italia chiamò. Stringiamci a coorte, siam pronti alla morte, siam prooonti alla morte, l’Italia chiamò. Su gli applausi l’interprete ricopre la sua nudità con una stoffa tricolore, verde bianco rossa. 


Recensione: 
Il palco è occupato da una donna nuda dai muscoli contratti. In preda alle convulsioni, vomita la sua bile in faccia all'Artefice del Cosmo. Il volto di questa dannata è una maschera atroce di sofferenza, stravolta come una gorgone urlante. Si consuma un atto di coprofagia pantagruelica, a cui segue una marea di acido gastrico che inonda il mondo intero - in particolare questo distretto di Malebolge che siamo abituati a chiamare Italia! All'ingestione di escrementi concettuali e alla conseguente violentissima espulsione di vomito fecaloide, segue una nuova ingestione della densa materia rigettata, con successiva digestione e fuoriuscita dal deretano sanguinolento e suppurato! Tutto questo è ATELORREA! Vomito e scatofagia senza fine! Come in un dipinto entelechiano dello spettrale Roland Topor, il panico è assoluto, totalizzante! Sembra che all'orizzonte incombano nubi nere come il petrolio, foriere di una tempesta inconcepibile. Nubi di annientamento! La protagonista si trova a sedere su una montagna di deiezioni miste ad ogni tipo di liquame schifoso, che cola sulle colonie concentrate di Escherichia coli! Una morchia tenace, oleosa e nerissima, come petrolio! Talmente immonda da dare conati al solo pensiero, da rivoltare lo stomaco! La tensione lirica è incessante, a tratti insopportabile nella sua natura merdosa. Tutto ciò è pari ai più profondi deliri infernali di Dante! Queste sono cose etterne, fatte di una sostanza abominevole che non può venir meno. Come negli Inferi degli antichi Egiziani, in cui i dannati camminano a testa in giù defecando dalla bocca! In alcuni passaggi si raggiungono vette incredibili, paragonabili a quelle del Sommario di decomposizione di Cioran! È un olocausto visceraleUna simile capacità di sputare sulla realtà, sull'Esistenza, è quanto di più sublime possa esistere! 
P.S.
Ai nostri tempi, un'opera teatrale di una tale potenza non potrebbe più essere creata! Se La Merda viene ancora rappresentata, è soltanto per pura e semplice inerzia. Non soltanto l'uso del suo linguaggio susciterebbe le furie dei fanatici buonisti politically correct (figuriamoci se sarebbe possibile usare parole come "handicappato" - per non parlare di cazzi scappellati da una tredicenne): l'uso delle parole dell'Inno di Mameli sarebbero considerate un sacrilegio dalla Piccoletta Biondiccia e dai suoi mirmidoni! Il termine tecnico è "vilipendio".

Il linguaggio destrutturato dei giornalisti

Quando leggo sui siti del Web titoli come "La Merda di Silvia Gallerano e Cristian Ceresoli", nella mia mente si materializza l'immagine dell'attrice e dell'autore che smerdano in un enorme bacile: dai loro ani esce una quantità impressionante di pastone escrementizio, denso e fetido! Di quello greve, schifoso, che si fa un'enorme fatica ad asportate dal perineo con la carta igienica, perché consiste in una scia incancellabile di tarzanelli scuri. Si consumano mezzi rotoli e ne resta traccia anche dopo essersi fatti il bidet! Si capisce che i giornalisti introducono nella realtà tali distorsioni da alterarne in modo permanente il tessuto ontologico! 

Altre recensioni e reazioni nel Web 

Ho raccolto alcuni interessanti frammenti di recensioni e di critica teatrale, che riporto qui come una specie di collage.

La Merda: il grido disperato di un essere umano 

"Sei volte a Milano per sei sold-out. Uno spettacolo che vuole essere un urlo di dolore: scritto da Cristian Ceresoli, interpretato dalla straordinaria, ironica, infantile e dannatamente feroce Silvia Gallerano. "La Merda" è un fiore all'occhiello del teatro contemporaneo, e nel 2019 sarà a New York..."
(StarsSystem Magazine, 2012, YouTube.com)

"La merda è un monologo scorretto che se la prende con tutto e tutti, non per un atto di cinismo e di mero nichilismo ma per richiamarci a un significato diverso dell’esistere. La protagonista della pièce accetta di tutto. Ingoia, ingoia, ingoia. Accetta tutta la merda che viene proposta come se fosse la cosa più naturale del mondo. Riesce persino a giustificarla. Soltanto nell’atto finale si renderà conto di quanto questo nutrirsi di merda sia devastante, e come debba essere chiamato col suo vero nome, merda."
(Gianfranco Falcone, 2022, mentinfuga.com)

"La Merda si conferma uno spettacolo rivoluzionario per la portata del messaggio che colpisce tutti, donne e uomini, che si possono rispecchiare sulla superficie del corpo nudo di una donna che grida il suo dolore, la sua rabbia e la sua solitudine."
(Francesca Nardelli, 2019, teatro.it

All'Italia con disgusto 

"Il monologo femminile – ma scritto da un uomo – ha dunque la stessa struttura dell’alimentazione: nutrimento, trasformazione, defecazione tramite un flusso interiore che la liberi, la purifichi da tutto questo, la rinnovi del disgusto in cui ha condotto chi la ascolta quando anche la materia espulsa costituisce nuovo nutrimento. Ha intensità e padronanza di mezzi Silvia Gallerano, è urgente e nobile il progetto di Cristian Ceresoli (e di Marta Ceresoli, che con lui lo produce), ben scritto il suo testo e cadenzato con sapienza sulla scena, ma mi resta in fondo una vaga sensazione di essere in un luogo in cui davvero molto difficili sono il dibattito e il conflitto, in cui non si saprà mai evadere dall’adesione, dall’applauso, dalla complicità di riconoscersi fuori dal male cui si fa riferimento."
(Simone Nebbia, 2012, teatroecritica.net

Curiosità: 

Nel 2016, accadde un fatto increscioso: a Torino, un'azienda di trasporti rifiutò la pubblicità alla meritoria pièce teatrale. Siccome il titolo "La Merda" avrebbe potuto "offendere il pudore", ne vietò l'affissione sulle fiancate degli autobus e dei tram. Come se i bigottoni fossero privi di funzioni escretorie. Come se fossero in grado di far sparire tutto il cibo ingurgitato, nel nulla, come per un gioco di prestigio. Certo, non stupisce più di tanto che ciò sia accaduto proprio nella città di Piero Angela, che in decenni di opera di divulgazione scientifica non nominò mai l'esistenza delle feci. 

Questo riportò Andrea Gianbartolomei il 5 febbraio 2016, commentando l'accaduto: 

"L’autore ha provocatoriamente deciso di cambiare il nome del suo monologo in La Cacca. In un post su Facebook esprime il suo rammarico: «Non è questa, in verità, la forma di censura che più ci umilia e progressivamente va distruggendoci» spiega. «Quella più pericolosa è una più oscura e subdola, che si manifesta attraverso una sorta di isolamento, che qui in Italia ci viene imposta»."

martedì 28 febbraio 2023


WHATEVER THAT HURTS 

Gruppo: Tiamat 
Album: Wildhoney 
Anno: 1994 
Paese: Svezia  
Lingua: Inglese 
Genere: Gothic Metal, Death Metal 
Formato: CD 
Etichetta: Century Media 
Formazione: 
  Johan Edlund - voce, chitarra
  Johnny Hagel - basso
  Lars Sköld - batteria
  Magnus Sahlgren - chitarra solista
  Waldemar Sorychta - tastiere
  Birgit Zacher - voce addizionale 
Etimologia del nome del gruppo: da Tiāmat, nome accadico della Dea degli Abissi, Madre del Cosmo (cfr. ebraico Tehōm "Abisso")
Link: 


Testo in inglese: 

Whatever that hurts

Decoction of Jimsonweed
Slimy trailing plants distil
Claustrophobia and blood mixed seed
Cursed downstairs against my will
Cobweb sticks to molten years
Cockroaches served with cream
I wipe the silver bullet tears
And with every tear a dream
With every tear a dream..
Honey tea, psilocybe larvae
Honeymoon, silver spoon
Psilocybe tea
Energy trickles with the tide
Masterminds and the suicide squad
Drink acid water by my side
Stake the saviour of their daily fraud
Overfilled toothpaste tubes
Sleepless and timeless faces
Drippety drop on sugarcubes
The one eyed's eye twinkles and gazes
Twinkles and gazes...
Honey tea, psilocybe larvae
Honeymoon, silver spoon
Psilocybe tea 

Traduzione: 

Qualsiasi cosa dia fastidio 

Decozione di stramonio 
Piante rampicanti viscide distillano
Semi di claustrofobia mista a sangue 
Maledetto piano inferiore 
Contro la mia volontà 
La ragnatela si attacca 
Agli anni fusi 
Scarafaggi serviti con panna 
Asciugo le lacrime del proiettile d'argento 
E con ogni lacrima un sogno... 
Tè al miele, larve di psilocybe  
Luna di miele, cucchiaio d'argento 
Tè alla psilocybe 
L'energia scorre con la marea
I cervelloni e la squadra suicida
Bevono acqua acida al mio fianco
Perfora col palo il salvatore della loro frode quotidiana 
Tubetti di dentifricio stracolmi
Volti insonni e senza tempo
Goccia gocciolante su zollette di zucchero
L'occhio del guercio brilla e guarda... 
Tè al miele, larve di psilocybe
Luna di miele, cucchiaio d'argento
Tè alla psilocybe 

Recensione: 
Il brano è semplicemente esaltante. Il video è uno spettacolare viaggio allucinatorio in un Inferno psichedelico. I colori sono abbacinanti, quasi esplosivi. Si scorgono forme transeunti, vorticose, in cui volti oscuri si ridefiniscono istante dopo istante, sfaldandosi, frammentandosi, ricomponendosi. Un pupazzo si contorce, il suo capo è fatto con una sigaretta mezza combusta. Si contorce, danzando come gli spettri di stelle morenti sul margine di un Orizzonte degli Eventi che annienta l'Essere! Un Buco Nero ontologico! Un burattinaio agita le dita di legno rossiccio, cercando di stringere un pupazzo che è una specie di mosca plasmata da un Demiurgo folle! Intanto dall'alto colano fiotti di un miele allucinogeno, tossico, che uccide i viventi. 

San Isidro o la carne degli Dei 

La Psilocybe cubensis (Earle) Singer, 1948 è un fungo basidiomicete della famiglia delle Strophariaceae. Ha poteri psichedelici, contenendo il principio attivo detto psilocibina. Questo fungo, noto anche con il sinonimo scientifico di Stropharia cubensis, in Messico è denominato San Isidro, che in spagnolo significa "San Isidoro". Gli Aztechi ne facevano largo uso e lo chiamavano teōnacatl, ossia "carne degli Dei" (più precisamente "fungo degli Dei", da teōtl "divinità" e nanacatl "fungo", alla lettera "quasi-carne", forma reduplicata di nacatl "carne"). Francamente non so se sia infestato da larve o se queste si siano prodotte nella mente frenetica del cantante dei Tiamat. Nemmeno so se con questo fungo ci facciano del tè, se lo mettano in infusione. Molti anni fa mi capitò di conoscere in chat un pazzoide che ci faceva delle fritture. Poi parlava di Rettiliani e delle opere di Carlos Castaneda.