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venerdì 12 maggio 2023

 
KAGEMUSHA - 
L'OMBRA DEL GUERRIERO 

Titolo originale: Kagemusha (影武者 "Guerriero Ombra")
Paese di produzione: Giappone
Anno: 1980
Durata: 159 min (versione italiana)
     180 min (versione integrale)
Colore: Colore
Audio: Sonoro
Rapporto: 1,85:1
Genere: Drammatico, storico
Regia: Akira Kurosawa
Soggetto: Akira Kurosawa, Masato Ide
Sceneggiatura: Akira Kurosawa, Masato Ide
Produttore: Akira Kurosawa
Produttore esecutivo:
   Akira Kurosawa e Tomoyuki Tanaka 
   (versione giapponese),
   Francis Ford Coppola e George Lucas 
  (versione internazionale)
Casa di produzione: Kurosawa Production Co., Toho,
     20th Century Fox 
Distribuzione (Italia): 20th Century Fox, Balmas
Fotografia: Takao Saitō, Masaharu Ueda
Montaggio: Akira Kurosawa
Effetti speciali: Toho Special Effects Group
Musiche: Shinichirō Ikebe
Scenografia: Yoshirō Muraki
Interpreti e personaggi:
    Tatsuya Nakadai: Takeda Shingen / Kagemusha
    Tsutomu Yamazaki: Takeda Nobukado
    Kenichi Hagiwara: Takeda Katsuyori 
    Jinpachi Nezu: Tsuchiya Sohachiro 
    Hideji Otaki: Yamagata Masakage
    Daisuke Ryū: Oda Nobunaga 
    Masayuki Yui: Tokugawa Ieyasu
    Kaori Momoi: Otsuyanokata
    Mitsuko Baisho: Oyunokata
    Hideo Murota: Baba Nobuharu 
    Takayuki Shiho: Naitō Masatoyo
    Koji Shimizu: Atobe Katsusuke
    Noburo Shimizu: Hara Masatane 
    Sen Yamamoto: Oyamada Nobushige 
    Shuhei Sugimori: Kōsaka Masanobu 
    Kota Yui: Takemaru
    Yasuhito Yamanaka: Mori Ranmaru 
    Eiichi Kanakubo: Uesugi Kenshin 
    Francis Selleck: Prete cattolico 
    Jirō Yabuki: Cavaliere 
    Kamatari Fujiwara: Dottore 
Doppiatori italiani:
    Marcello Tusco: Takeda Shingen 
    Silvio Spaccesi: Kagemusha 
    Luigi Pistilli: Takeda Nobukado 
    Rodolfo Traversa: Takeda Katsuyori 
    Dario Penne: Oda Nobunaga 
    Pietro Biondi: Tokugawa Ieyasu 
    Roberto Villa: Takemaru
Titoli in altre lingue: 
   Tedesco: Kagemusha - Der Schatten des Kriegers 
   Francese: Kagemusha, l'Ombre du guerrier 
   Polacco: Sobowtór  
   Finnico: Kagemusha - varjokenraali 
Budget: 6 - 7,5 milioni di dollari US
Box office: 33 milioni di dollari US

Trama: 
Anno del Signore 1571. Giappone feudale, Epoca Sengoku. Il potere sull'intero Arcipelago è conteso dal clan Takeda e dal clan Tokugawa. Takeda Shingen, signore feudale (大名 Daimyō) della provincia di Kai, incontra un ladro che suo fratello Nobukado ha risparmiato dalla crocifissione a testa in giù. Questo non è accaduto per pietà (concetto sconosciuto), bensì a causa della strana  e assoluta somiglianza tra il furfante e lo stesso Shingen. 
I due fratelli concordano sul fatto che si rivelerebbe molto utile poter disporre di un sosia, così decidono di usare il ladro come guerriero-ombra (影武者 kagemusha). Sarebbe un perfetto escamotage politico che permette a Shingen di non esporsi troppo ai tempi pericolosi. Più tardi, mentre l'esercito dei Takeda assedia un castello di proprietà di Tokugawa Ieyasu, Shingen viene ferito gravemente da un colpo di archibugio. Stava ascoltando un flauto che con ostinazione suonava nell'accampamento nemico. 
Col fiato che gli resta, Shingen ordina alle sue truppe di ritirarsi. Prima di soccombere alle ferite, dà disposizione ai suoi generali di mantenere segreta la sua morte per tre anni. Nel frattempo, i rivali di Shingen, Oda Nobunaga, Tokugawa Ieyasu e Uesugi Kenshin, si interrogano sul motivo della ritirata di Shingen, ignari della sua morte. 
Nobukado presenta il ladro ai generali di Shingen, proponendogli di impersonare il signore feudale a tempo pieno. Sebbene inizialmente il ladro non sia a conoscenza della morte di Shingen, alla fine ne trova il cadavere conservato in un'immensa giara: aveva violato quella strana sepoltura credendo che contenesse un tesoro. A questo punto i generali decidono di non potersi fidare del ladro e lo congedano. Senza ulteriori perdite di tempo, la giara viene gettata nelle acque del lago Suwa. Dell'evento sono testimoni alcune spie al soldo dei Tokugawa e degli Oda. Sospettando che Shingen sia morto, vanno a riferire la loro osservazione. Tuttavia il ladro, dopo aver ascoltato i discorsi di queste spie, torna dai Takeda, riferisce tutto e si offre di lavorare come kagemusha. Il clan accetta la proposta e continua l'inganno; per calmare l'inquietudine del volgo, fa annunciare che la giara conteneva un'offerta di sakè alla divinità del lago. Le spie, tornate per origliare, vengono infine convinte dalle grandi capacità recitative del ladro. 
Rientrato al castello, il kagemusha convince il seguito di signore della guerra dei Takeda imitandone i gesti e scoprendo sempre di più su di lui. Quando il kagemusha deve presiedere una riunione del clan, Nobukado gli ordina di rimanere in silenzio finché i generali non avranno raggiunto il consenso. A questo punto il kagemusha si limiterà a concordare con il piano dei generali e a sciogliere il consiglio. Esiste tuttavia un grave problema: Katsuyori, il figlio di Shingen, è indignato per il decreto del padre, che prevede una durata di tre anni per l'inganno. Questo infatti ritarderebbe il passaggio dell'eredità al giovane e la sua guida del clan. Katsuyori decide quindi di mettere alla prova il kagemusha di fronte al consiglio, con la speranza di farlo crollare, ben sapendo che la maggior parte dei presenti è ancora all'oscuro della morte di Shingen. Così, durante una riunione, chiede direttamente al kagemusha quale linea d'azione intraprendere, ma questi è in grado di rispondere in modo perfettamente appropriato, per di più con lo stesso tono di Shingen, convincendo ulteriormente i generali.
Nel 1573, Oda Nobunaga mobilita le sue forze per attaccare Azai Nagamasa, continuando la sua campagna nell'Honshū centrale per mantenere il controllo di Kyōto contro la crescente opposizione. Quando le forze dei clan Tokugawa e Oda lanciano un attacco contro i Takeda, l'impulsivo Katsuyori inizia una controffensiva contro il parere dei suoi generali. Il kagemusha è quindi costretto a guidare i rinforzi nella battaglia di Takatenjin e contribuisce a ispirare le truppe alla vittoria. La sua recitazione è all'apogeo. Tuttavia, in un successivo impeto di eccessiva sicurezza, decide di cavalcare il cavallo notoriamente bizzoso di Shingen e cade in modo rovinoso. Quando coloro che accorrono in suo aiuto si accorgono che non ha le cicatrici di battaglia di Shingen, viene smascherato come un impostore, finisce in disgrazia e viene cacciato in malo modo, permettendo a Katsuyori di succedere al padre, assumendo il comando dell'esercito del clan. Percependo l'estrema debolezza del nemico, le forze degli Oda e dei Tokugawa si sentono incoraggiate a lanciare un'offensiva su vasta scala, penetrando in profondità nel territorio dei Takeda. 
Nel 1575 Katsuyori guida una controffensiva contro Oda Nobunaga a Nagashino. Nonostante l'immenso valore dell'assalto, diverse ondate di cavalleria e fanteria dei Takeda vengono sterminate dalle raffiche di fuoco degli archibugieri schierati dietro le palizzate di legno. L'intero esercito del clan Takeda è annientato. Il kagemusha, che aveva seguito l'esercito dei Takeda, impugna disperatamente una lancia e carica verso le linee degli Oda prima di essere colpito a sua volta. Ferito a morte, tenta di recuperare lo stendardo fūrinkazan, caduto in un fiume, ma soccombe alle ferite e viene trascinato via dalla corrente. È come se con quel gesto folle di insensato eroismo, avesse dato senso alla sua esistenza, anche soltanto per una manciata di istanti. 

Citazioni:  

"Io non ho rubato che un po' di soldi, qualche manciata di roba, e nient'altro! E mi chiamate criminale! Un delinquente della vostra forza! Ma se voi ne avete uccisi a migliaia, e saccheggiato intere regioni! ... Chi è più colpevole?! Voi o io?"
(Il ladro, rivolto al Principe Shingen) 

"Quello che hai detto è la verità. Forse non c'è un delinquente peggiore di me. Ho scacciato mio padre, con le armi, e ho ucciso il mio primo figlio. Farei qualsiasi cosa per poter arrivare a dominare tutto il nostro Paese. In un mondo in cui il sangue si lava col sangue, se non verrà qualcuno, qualcuno che ci unisca e che imponga la sua legge in nome dell'Imperatore, i fiumi di sangue scorreranno ancora, e le montagne di cadaveri si innalzeranno sempre di più."
(Il Principe Shingen, in risposta al ladro)


Recensione: 
Gran parte del film racconta eventi storici reali, tra cui la morte di Shingen e il segreto durato due anni (sui tre previsti), nonché la cruciale battaglia di Nagashino del 1575. Anche queste scene sono modellate fedelmente sui resoconti dettagliati della battaglia. L'adattamento delle vicende storiche può essere considerata un'impresa sovrumana. La complessità della politica del Giappone feudale è tale che occorrono grandi capacità per poterla seguirla in dettaglio. Vidi Kagemusha per la prima volta al cinema e ne rimasi conquistato. La sua lentezza, che molti considerano esasperante, non mi pesava affatto. Anche se non tutto mi era chiaro, mi sembrava di essere immerso in quel contesto così diverso da qualsiasi cosa a me nota, tanto da poter essere quasi parte di un altro pianeta - se non fosse stato per pochi ma significativi dettagli: le armi da fuoco e i missionari. Nacque in me un particolare interesse per la storia del Giappone, che cominciai ad approfondire. 

Spettacolare Tasuya Nakadai nel doppio ruolo di Takeda Shingen e del guerriero-ombra!  
Notevole l'interpretazione dell'attore Daisuke Ryū nel ruolo di Oda Nobunaga. Quando riceve notizie non convincenti dalle spie, va in escandescenze. I suoi occhi palpitano d'ira, ardono a tal punto da trasmettere una profonda inquietudine. Considerando che gli occhi sono scurissimi, come per la massima parte degli abitanti dell'Arcipelago, il risultato è ancor più eccellente! 
Meno convincente è invece l'interpretazione di Masayuki Yui nel ruolo di Tokugawa Yeyasu. Sembra che l'attore, grassoccio e impacciato, sia poco entusiasta. Eppure dispensa parole di un'immensa saggezza: "Anche se lui (Shingen) mi ha sconfitto nella battaglia di Mikatagara, non sono un vile e non mi posso rallegrare di una sventura capitata al mio più grande nemico."
Ci sono anche due scene in cui la tensione sembra venir meno per qualche istante, per lasciar spazio a una certo umorismo: 
1) L'archibugiere paffuto e grottesco spiega a tre esponenti degli Oda, dei Tokugawa e dei Toyotomi come ha sparato a Shingen, puntando l'arma da fuoco verso un seggio su cui si sarebbe dovuto sedere un nobile, usando un peso per segnare il punto esatto da cui aveva preso la mira, marcandone la posizione con alcuni sassi, per poi aspettare la notte e sparare alla cieca. 
2) I Takeda temono che che il kagemusha possa essere scoperto dalle concubine di Shingen. Un anziano generale ripete quanto già era stato deciso a proposito del cavallo bizzoso, che si lasciava montare soltanto dal suo padrone: "Il Principe Shingen è stato ammalato e perciò, come abbiamo già detto, deve astenersi dal cavalcare"

I colori incantano gli occhi, dall'inizio alla fine. Non mancano gli spunti di riflessione filosofica sull'identità dell'individuo, sulla sua consistenza o sulla sua illusorietà. La cura dei dettagli è quasi maniacale: si notano le insegne autentiche dei clan in lotta. Per trovare alcune inesattezze, bisogna scavare a fondo. Mi dispiace soltanto di non essere mai riuscito a reperire la versione integrale, quella che dura tre ore! 


Sequenze oniriche

I sogni del guerriero-ombra sono caratterizzati da colori sgargianti, chimici, psichedelici, che aggrediscono gli occhi. Egli vede se stesso dall'esterno, come in un trip indotto dal peyote! La giara colossale in cui è stato sepolto il Daimyō dei Takeda si erge su una distesa di polimeri biancastri, leggeri come l'aria, che disegnano un paesaggio di dune sulle rive di un lago di sangue corrotto. Il cielo è pieno di nubi variopinte, che disegnano strutture cristalline. Il colore della giara funebre è bruno scuro e richiama la Morte. Subito il massiccio recipiente va in frantumi e ne esce un morto vivente: Shingen in armi e corazza, col volto violaceo, gli occhi senza iride né pupilla! Lo zombie avanza minaccioso verso il kagemusha, Il suo volto è bagnato, come se il percolato cadaverico lo ricoprisse. Poi, a un certo punto l'armigero si ferma e si volta, andandosene via. Il kagemusha è smarrito, sconvolto come se gli fosse venuto a mancare un riferimento fondamentale. Si inoltra nelle candide dune, ma si perde. Si sveglia di soprassalto, terrorizzato, madido di sudore!      


Produzione 

Quando la casa di produzione Toho Studios non riuscì a soddisfare le richieste di budget del film, i registi americani George Lucas e Francis Ford Coppola intervennero per aiutare Kurosawa. Il regista nipponico era in visita a San Francisco nel luglio del 1978 e incontrò Lucas e Coppola. I due convinsero la 20th Century Fox, ancora sulla cresta dell'onda dopo il successo di Guerre stellari (Star Wars, 1977) di Lucas, a finanziare in anticipo il film e a finanziare la parte rimanente del budget. Ciò avvenne in cambio dei diritti di distribuzione mondiale del film al di fuori del Giappone. I diritti di distribuzione di un film giapponese sono stati venduti in anticipo per la prima volta a un importante studio di Hollywood.  
Dopo aver assistito Kurosawa nella raccolta di fondi, George Lucas e Francis Ford Coppola furono produttori esecutivi e supervisionarono la preparazione delle copie sottotitolate in inglese. La pubblicità sosteneva che i sottotitoli fossero tra i più chiari e facili da leggere mai visti su un film in lingua straniera. Inoltre, i due promossero attivamente la pellicola nel mondo occidentale e in particolare nei territori di lingua inglese. 

Le scene di battaglia resero necessario l'impiego di centinaia di cavalli e migliaia di comparse. Secondo George Lucas, erano almeno cinquemila le comparse nella sequenza finale della battaglia di Nagashino del 1575. Le riprese del film durarono nove mesi. Quasi due mesi furono dedicati alle scene finali della battaglia nella pianura di Yuhara, a Hokkaidō. Kurosawa si affidò ai consigli del suo amico Ishirō Honda, che vantava esperienza militare e conoscenze nel campo degli effetti speciali cinematografici. Honda dirigeva e coordinava le formazioni dei soldati. Costumi e armature autentici del XVI secolo furono prestati dai musei giapponesi affinché gli attori li indossassero nel film. Si dice che fossero importanti tesori nazionali del Giappone. 

Inizialmente, Shintarō Katsu avrebbe dovuto interpretare il ruolo del protagonista, ma Kurosawa lo scartò per via di un singolare incidente: Katsu si era presentato a una prova con una videocamera, dicendo che voleva documentare l'esperienza per un corso di recitazione che stava tenendo. Dopo che Kurosawa licenziò Katsu dal ruolo principale, i produttori americani chiesero che al suo posto venisse scelta una star di fama internazionale. Poiché Kurosawa si era allontanato da Toshirō Mifune più di un decennio prima, Tatsuya Nakadai era la sua unica opzione praticabile. Consapevole della situazione, Nakadai accettò la parte senza nemmeno leggere la sceneggiatura. In seguito ammise che la decisione non fu facile, dato che era in buoni rapporti con Katsu. A quanto pare, Katsu non parlò con Nakadai per diversi anni dopo l'accaduto: era permalosissimo! 


Kurosawa e i Kirishitan
 
I Kirishitan, ossia i Cristiani, nel cinema giapponese sono quasi un tabù - sia quelli dell'epoca feudale che i loro discendenti in tempi più moderni. In realtà ci sono alcune pellicole nipponiche che trattano specificamente l'argomento, ma sono di nicchia e quasi sempre difficilissime da reperire. Allo stato attuale delle mie conoscenze, ne posso giusto citare pochissime: Amakusa Tokisada - The Rebel (Amakusa Shirō Tokisada, Nagisa Ōshima, 1962), Silence (Chinmoku, Masahiro Shinoda, 1971) e Il Cristo di bronzo (Seidō no Kirisuto, Minoru Shibuya, 1955). Quando si riesce a trovare una di queste opere, bisogna rassegnarsi a visionarla in giapponese, senza sottotitoli. Non si capisce il perché di questa interdizione perpetua, dato che i Kirishitan non sono certamente più un pericolo per la società nipponica. Attualmente non possono nemmeno più essere definiti "cristiani" in senso stretto: la loro è piuttosto una religione popolare giapponese, come quella di tante congregazioni buddhiste e shintoiste. In Kagemusha, Kurosawa ritrae il Secolo Cristiano del Giappone mostrando soltanto un missionario nell'atto di benedire un non ancora anticristiano Nobunaga, senza fare altri riferimenti espliciti ai Kirishitan. Per quanto ne sappiamo, quell'inserviente dei Takeda o quell'altro potrebbe essere un Kirishitan. Lo stesso kagemusha potrebbe essere un Kirishitan. Non lo sappiamo con certezza, possiamo soltanto analizzare gli indizi, ruminandoci sopra. 

In origine nella pellicola c'era una seconda comparsa di un ecclesiastico. Kurosawa ha dato una piccola parte al suo attore fisso di lunga data Takashi Shimura. Kagemusha è stato l'ultimo film di Kurosawa in cui appare Shimura, anche se la scena è stata tagliata dalla versione estera del film. La sua modesta parte è quella di un servitore che accompagna a un incontro con Shingen un missionario cattolico le cui mansioni includono l'esercizio della professione medica. Questa è un'ulteriore prova dell'interesse del regista per i Kirishitan. L'edizione DVD del film della Criterion Collection ha ripristinato questa scena del missionario ricevuto da Shingen e circa altri diciotto minuti della pellicola. Shimura è deceduto nel 1982, due anni dopo l'uscita di Kagemusha.   

 
Un simbolo occulto? 

Nella sequenza iniziale della pellicola, quando il ladro è portato al cospetto dei Takeda, si nota sulla parete un simbolo bizzarro. Consiste in un rombo attraversato da una specie di croce di Sant'Andrea, che è il vessillo Takeda - ma è un po' deformato, somiglia quasi a un fiore. Ovviamente non ha origini cristiane, ma si nota che a questa composizione è sovrapposta una diversa croce, con bracci orizzontali lunghi e bracci verticali corti. Sembra una croce cristiana coricata: se si facesse ruotare il simbolo di 90 gradi, la somiglianza sarebbe evidente. Lo stesso stemma composto ricorre anche in altre sequenze. Perché Kurosawa avrebbe nascosto qualcosa di Kirishitan nel suo film? Nell'Epoca Sengoku non c'era alcun bisogno di nascondere croci, perché il Cristianesimo era rampante, si diffondeva e non era perseguitato. Soltanto nella successiva Epoca Edo, in piena persecuzione, sono state adottate tecniche di occultamento delle croci cristiane. Ebbene, quello che reputo probabile è che Kurosawa abbia voluto attirare l'attenzione su qualcosa che riguarda le proprie origini. 
Potrei anche sbagliarmi. Non è facile districarsi in un groviglio di linee e di simboli così inconsueti. Vorrei che intervenisse qualche esperto di storia e cultura del Giappone feudale, per dirmi ciò che pensa della mia idea. Sono tuttavia quasi certo che non accadrà. 


Il suicidio rituale dei Takeda 

Un intero clan è votato all'annientamento. I Takeda si immolano finendo falciati dalle raffiche degli archibugi, perché sono vincolati dall'Onore, che impone loro di obbedire al loro capo fino all'estremo sacrificio. Katsuyori, dipinto dal regista come un uomo stupido e testardo, ignora un portento funesto, l'arcobaleno apparso sulle rive del lago in cui è stato sepolto Shingen. Così il fato del suo clan si compie in modo ineluttabile. La catastrofe viene presentata come un vero e proprio atto di immolazione collettiva. 
In realtà il completo sterminio dei Takeda e la morte di Katsuyori non avvennero nel 1575 nella battaglia di Nagashino, bensì nel 1582 nella battaglia di Tenmokuzan - anche nota come battaglia di Toriibata. Kurosawa ha presentato i fatti di Nagashino, con gli archibugieri che sparano dalla palizzata, come l'epilogo dei Takeda. In realtà a Nagashino andarono perduti i due terzi delle forze armate di Katsuyori, che tuttavia riuscì a scamparla. In seguito, il Daimyo dei Takeda decise di dare fuoco al castello di Shinpu, che era incapace di difendere con i pochi uomini rimasti, e di ritirarsi tra le montagne. Il suo intento era asserragliarsi in un'altra fortezza a Iwadono, che era custodita dal suo vassallo Oyamada Nobushighe. Questo vassallo si ribellò e negò l'ingresso a Katsuyori e ai suoi. L'esercito di un generale degli Oda, Takikawa Sakon, piombò sui Takeda facendone strage. Di fronte a questo disastro, Katsuyori fece seppuku assieme a tutta la sua famiglia.  


Il Giappone, il vino e l'Occidente

Ad un certo punto, Oda Nobunaga riceve Tokugawa Ieyasu nel suo campo e gli offre una bevanda inconsueta nel Giappone dell'epoca: il vino. Ieyasu guarda con sospetto quel liquido di un colore violaceo e scuro, che gli appare innaturale. Quando, spinto da Nobunaga ("Il colore è quello del sangue, ma è vino straniero"), si decide finalmente ad assaggiarne un sorso, ne rimane disgustato. L'episodio desta grande ilarità nel suo ospite e nel giovane servitore. Il giovane Nobunaga era ambizioso e intraprendente, amante delle novità e insaziabile nella sua brama di conoscere il mondo nuovo che gli lasciavano intravedere le genti giunte dal lontano Occidente. Portoghesi, Spagnoli, Olandesi, portavano cose nuove, incredibili, che potevano essere di grandissima utilità, come ad esempio le armi da fuoco, tecniche e nozioni mai viste prima. Portavano anche nuove idee, come il Cristianesimo. Tutto ciò ha avuto esiti paradossali. Col passare degli anni, man mano che si approfondiva la conoscenza di Nobunaga e di Ieyasu, l'Occidente cominciava a piacere loro ogni giorno di meno. Se i Gesuiti all'inizio erano parsi potenziali alleati, a un certo punto fu chiara la loro estrema pericolosità per il Giappone. In particolare, le cose cambiarono in modo drammatico quando venne al pettine un nodo molto problematico: la pederastia! Sia Nobunaga che Ieyasu erano pederasti. Facevano travestire dei giovanotti femminei e li sodomizzavano, deponendo lo sperma nelle feci. Queste costumanze non piacevano affatto ai missionari, che esercitavano pressioni fortissime perché fossero abbandonate. Quando riuscì a prendere il potere assoluto, il nobile Tokugawa rese il Giappone un Paese chiuso (鎖国 Sakoku
), ossia blindato, posto in isolamento. Gli stranieri furono tenuti lontani e considerati come portatori di peste. 

Alcune note etimologiche

Anche a costo di ripetermi all'infinito, sono convinto fermamente che non sia possibile avvicinarsi alla conoscenza più profonda delle persone e delle cose se non si compie un'approfondita ricerca etimologica. Se non si conosce la corretta etimologia di un nome, ciò che designa perde parte della sua sostanza ontologica, si fa sfocato, fino a non riuscire più a comunicare nulla. Certo, mi si dirà che non è un'impresa facile, perché la scienza etimologica ha spesso confini incerti. Bisogna saper discriminare tra ciò che è verosimile e ciò che è invece una grottesca invenzione di una mente confusa. 


Etimologia di Kagemusha

No. Con buona pace di Giovanni C., il nome Kagemusha non significa "fa la cacca moscia". In giapponese kage significa "ombra", mentre musha è la parola che significa "guerriero".  Così 影武者 Kagemusha significa "Guerriero Ombra". Si tratta di un composto ibrido e strano: il primo membro, 影 kage, è una parola giapponese autoctona (pronuncia kun'yomi), mentre il secondo membro, 武者 musha, è formato da due parole importate dal cinese (pronuncia on'yomi): 武 bu "guerra" e  sha "persona", "uno che". Parole giapponesi autoctone per esprimere il concetto di "guerra", "combattimento", "battaglia" sono  ikusa,  take戦い tatakai. La parola giapponese autoctona per esprimere il concetto di "persona" è  mono (scritta もの in sillabario Hiragana). Composti difficili come ikusamono "guerriero" e takemono "guerriero" sembrano esistere, anche se sono senza dubbio poco usati. Della stessa etimologia di musha, ma con un diverso secondo membro, è 武士 bushi "guerriero", "samurai" (la pronuncia è simile a quella del cognome anglosassone Bush!). La trasformazione della sillaba bu- iniziale in mu- nella parola musha è un fenomeno non inusuale. 


Etimologia di Shingen 

Il Signore di Kai, 武田 信玄 Takeda Shingen, da bambino era chiamato 太郎 Tarō ("Figlio più anziano") o 勝千代 Katsuchiyo ("Mille Vittorie"). Quando divenne maggiorenne, gli fu dato il nome 晴信 Harunobu ("Fedeltà della Primavera"), ma  in seguito scelse una vita ascetica e adottò un nome collegato alla pratica del Buddhismo: 信玄 Shingen ha una pronuncia di origine cinese (on'yomi) e deriva dalle parole 信 shin "verità", "credere" e 玄 gen "misterioso", "cosa occulta". Era il nome del monaco suo padre spirituale. 
Shingen è spesso chiamato "la Tigre del Kai" (甲斐の虎 Kai no tora) per le sue eroiche gesta sui campi di battaglia. Nel film si nota che Oda Nobunaga chiama Shingen "Scimmia dei monti Kai", con evidente disprezzo. 


Etimologia di Takeda 

Il nome del clan 武田 Takeda, scritto anche 竹田ha un'etimologia piuttosto ambigua, potendo significare "Risaia della battaglia" o "Risaia del bambù". Infatti esistono due parole omofone: 武 take "battaglia", "guerra" e 竹 take "bambù". Il suffissoide  ta, lenito in -da a causa della posizione intervocalica dell'antica occlusiva dentale -t-, significa "risaia" e compare in numerosi cognomi (tra questi anche Oda, vedi sotto).  


Etimologia di Oda 

Il nome del clan 小田 Oda, scritto anche 織田, ha un'etimologia piuttosto ambigua, potendo significare "Piccola risaia" o "Risaia intrecciata". Infatti esistono due parole omofone: 小 o- "piccolo" e 織 o- "tessere, intrecciare". Il suffissoide  ta, lenito in -da a causa della posizione intervocalica dell'antica occlusiva dentale -t-, significa "risaia". Ota è una variante arcaizzante e attestata di Oda, priva della lenizione.  
Il nome 信長 Nobunaga è un composto di 信 nobu "fedele", "fedeltà" e 長 naga "cosa lunga", "capo". Significa "Capo Fedele". 


Etimologia di Tokugawa 

Il nome del clan 徳川 Tokugawa deriva da toku "virtù", "benevolenza" o "bontà" e da 川 gawa "fiume". Significa quindi "Fiume della Virtù", "Fiume della Benevolenza". La nobile casata in origine si chiamava 松平 Matsudaira, che deriva da 松 matsu "pino" e da  daira "pianura", "campo (pianeggiante)". Significa quindi "Pianura del Pino". Talmente contorta è la storia dei diversi nomi portati da Tokugawa Ieyasu, che già soltanto cercare di esporla e di razionalizzarla provoca l'emicrania. Per riassumere la questione, durante l'infanzia era chiamato 松平 竹千代 Matsudaira Takechiyo, poi divenne 松平 次郎三郎 元信 Matsudaira Jirosaburo Motonobu, quindi 松平 蔵人佐 元康 Matsudaira Kurandonosuke Motoyasu e infine arrivò al definitivo 徳川 家康 Tokugawa Ieyasu
Il nome 家康 Ieyasu è un composto di 家 ie "casa" e 康 yasu "pace, tranquillità". Significa "Tranquillità della Casa". 
Quella era una società stratificata in modo incredibile, dove non ci si poteva permettere il lusso di sbagliare o di non tenere bene a mente qualcosa.  


Altre recensioni e reazioni nel Web 

Sempre utilissimo è il sito di critica cinematografica Il Davinotti, che dedica una pagina all'importante capolavoro di Kurosawa. 


Riporto un collage di frammenti estratti dai commenti a mio avviso più interessanti: 

Belfagor ha scritto: "Il guerriero ombra è un guscio vuoto, il termine ultimo della spersonalizzazione indotta dalla guerra. L'identità del protagonista si disperde in modo lento ma costante, culminando nella maestosa battaglia finale." E ancora: "Il potente cromatismo delle scene di massa e l'atmosfera shakespeariana mettono in luce il fondamentale (anti) titanismo della storia." 
Daniela ha scritto: "Opera paradossale: temi tanto intimi quali quelli della ricerca della propria identità, della dicotomia fra essere ed apparire, del rapporto fra volto e maschera in cui talvolta è l'abito a fare il monaco, che si inseriscono nel quadro di un monumentale affresco storico, di grande potenza visiva." 
Pigro ha scritto: "La storia in sé è sottilissima nel tratteggiare la psicologia del simulatore sempre più immedesimato. Ma il film procede con una lentezza incongrua e ingiustificata, che spesso distilla ciò che non è necessario distillare." La sua conclusione è eccessiva: "Capolavoro mancato."
Pinhead80 ha scritto: "La lentezza non lo rende facilmente fruibile ma rimane comunque un capolavoro. La storia affascinante e l'attesa di uno scontro che sembra non arrivare mai sono solo due degli innumerevoli elementi che rendono questa pellicola unica." 

giovedì 28 ottobre 2021

 
L'ULTIMO DEI MOHICANI 
 
Titolo originale: The Last of the Mohicans
Paese di produzione: Stati Uniti d'America
Anno: 1992 
Lingua: Inglese, Francese, Cherokee, Mokawk, Lakota, Inupik 
Durata: 112 min
Genere: Azione, storico, drammatico
Regia: Michael Mann
Soggetto: James Fenimore Cooper (romanzo), Philip Dunne, 
   John L. Balderston, Paul Perez, Daniel Moore
   (sceneggiatura film 1936)
Sceneggiatura: Christopher Crowe, Michael Mann
Produttore: Michael Mann, Hunt Lowry
Produttore esecutivo: James G. Robinson
Casa di produzione:
Morgan Creek Productions
Distribuzione in italiano: Penta Film
Fotografia: Dante Spinotti
Montaggio: Dov Hoenig, Arthur Schmidt
Effetti speciali: Thomas L. Fisher, Jim Rygiel
Musiche: Trevor Jones, Randy Edelman
Scenografia: Wolf Kroeger, Robert Guerra, Richard Holland,
     Jim Erickson, James V. Kent
Costumi: Elsa Zamparelli
Trucco: Peter Robb-King, Vincent J. Guastini
Interpreti e personaggi: 
    Daniel Day-Lewis: Nathaniel "Occhio di Falco"
    Madeleine Stowe: Cora Munro
    Russell Means: Chingachgook
    Eric Schweig: Uncas
    Jodhi May: Alice Munro
    Steven Waddington: Maggiore Duncan Heyward
    Wes Studi: Magua
    Maurice Roëves: Colonnello Edmund Munro
    Patrice Chéreau: Generale Louis-Joseph de Montcalm
    Edward Blatchford: Jack Winthrop
    Terry Kinney: John Cameron
    Tracey Ellis: Alexandra Cameron
    Justin M. Rice: James Cameron
    Dennis Banks: Ongewasgone, Capo geli Irochesi
    Pete Postlethwaite: Capitano Beams
    Sebastian Roché: Martin 
    Colm Meaney: Maggiore Ambrose 
    Mac Andrews: Generale Webb 
    Malcolm Storry: Phelps 
    David Schofield: Sergente Major 
    Mike Philips: Il Sachem degli Uroni 
    Dylan Baker*: Capitano De Bouganville 
    Tim Hopper: Ian 
    Gregory Zaragoza: Capo degli Abenaki 
    Scott Means: Guerriero Abenaki 
    William J. Bozic Jr.: Ufficiale d'artiglieria francese 
    Patrick Fitzgerald: Aiutante del Generale Webb 
    Mark Joy: Henri 
    Steve Keator: Rappresentante coloniale
    *Accreditato come Mark Edrys
Doppiatori italiani:
    Massimo Corvo: Nathaniel "Occhio di Falco"
    Cinzia De Carolis: Cora Munro
    Gianni Musy: Chingachgook
    Oreste Baldini: Uncas
    Laura Lenghi: Alice Munro
    Angelo Maggi: Maggiore Duncan Heyward
    Paolo Buglioni: Magua
    Michele Kalamera: Colonnello Edmund Munro
    Carlo Valli: Jack Winthrop 
 
Trama: 
Anno del Signore 1757. Una famiglia un po' anomala viaggia nottetempo per i boschi del Nordamerica, cacciando cervi e cercando di fuggire alla guerra che oppone i Francesi agli Inglesi. Il bizzarro gruppetto è composto da Chingachgook, da suo figlio Uncas e da Nathan "Occhio di Falco", un inglese adottato da bambino dopo essere rimasto orfano dei suoi genitori. Questi superstiti sono tutto ciò che resta della tribù morente dei Mohicani. La loro destinazione è un luogo quasi mitologico dove pensano di trovare la pace: le Pianure Occidentali. Nel corso del tragitto, i tre si imbattono in un reclutatore (non c'era piaga peggiore nell'Impero Britannico), il cui lavoro consiste nell'arruolare "volontari" tra i nativi. Naturalmente non si trattava davvero di volontari, bensì di soggetti a una vera e propria coercizione: l'alternativa era tra l'entrata nei ranghi e l'essere impiccati. Chingachgook e i suoi, che rifiutano con fermezza la leva, riescono a fuggire col favore delle tenebre e ad andare avanti imperterriti. A un certo punto salvano una compagnia inglese da un'imboscata degli Uroni guidati dal fierissimo Magua, animato da propositi di vendetta. Lo scopo della compagnia, guidata dal perfido Maggiore Duncan Heyward, era fare da scorta alle figlie del Colonnello Edmund Munro, Cora e Alice. Proprio Edmund "Capello Grigio" Munro e la sua prole sono l'oggetto dell'odio eterno di Magua, i cui figli sono stati uccisi per opera sua. Gli aggressori finiscono sterminati, tranne Magua che riesce a fuggire. Così Chingachgook e i suoi scortano le figlie del Colonnello fino al forte, che trovano assediato dai Francesi e dagli Uroni loro alleati, riuscendo comunque a intrufolarsi. Cora, che ha rifiutato la proposta di matrimonio dell'odioso Maggiore Heyward, si invaghisce di Nathan, mentre Alice è attratta da Uncas. Questo attira sul figlio adottivo di Chingachgook l'odio del militare respinto. Il Colonnello Munro è sorpreso di vedere le sue figlie: aveva infatti inviato una lettera avvertendole di stare alla larga. La missiva non le ha mai raggiunte. Viene tentata una sortita notturna: un miliziano parte per raggiungere il Generale Webb a Fort Edward e chiedergli rinforzi. Chingachgook e i suoi, appostati sul forte, gli forniscono il fuoco di copertura. Il problema è che Munro vieta l'applicazione di un accordo fatto da Webb, che permetteva ai miliziani di raggiungere le loro fattorie per difenderle in caso di attacco. Per reazione, Nathan aiuta la fuga di alcuni di loro, finendo così arrestato per sedizione e condannato all'impiccagione. Presto il Colonnello Munro apprende che il Generale Webb non gli invierà alcun rinforzo: l'unica alternativa è la resa ai Francesi. Il Generale Louis-Joseph de Montcalm, che concede a Munro e ai suoi uomini di lasciare il forte indossando con onore le armi. Il fierissimo Magua, sentendosi tradito, guida un attacco ai soldati inglesi e ai civili che stanno lasciando il forte, facendone grande strage. Munro viene catturato e  ferito a morte: Magua gli giura che ucciderà le sue figlie con il proprio coltello, quindi gli strappa il cuore dal petto e lo divora! Nathan, Chingachgook e Uncas riescono a fuggire con le canoe portando con sé Cora, Alice e Heyward. Trovando riparo in una grotta dietro una cascata, ma Magua piomba loro addosso. Il gruppo si divide. Nathan dice a Cora e Alice di sottomettersi agli Uroni, quindi si getta nella cascata assieme ai due Mohicani, dopo aver promesso che arriverà a liberarle. Il rancido Heyward resta con le figlie di Munro e accusa Nathan di codardia. Magua porta le sue prede in un grande insediamento degli Uroni. Mentre sono tutti al cospetto del Sachem, arriva Nathan disarmato per implorare la vita dei prigionieri. L'anziano Sachem degli Uroni è colui che decide chi deve vivere e chi deve morire. Stabilisce così che il malevolo Heyward debba essere restituito agli Inglesi. Condanna le due donne a una sorte ben più crudele: Alice deve essere data a Magua come risarcimento, mentre Cora deve essere bruciata viva. Nathan viene lasciato libero, ma in preda alla disperazione si offre di essere arso aposto della sua amata Cora. Il Sachem capisce soltanto la lingua degli Uroni e il francese, quindi Heyward fa da interprete. Sbaglia però a tradurre un pronome personale e finisce lui sul rogo al posto del suo rivale. Il figlio adottivo di Chingachgook lascia il villaggio con Cora e spara a Heyward per risparmiargli un'atroce agonia tra le fiamme: ricambia la perfidia con la misericordia. Nella fuga disordinata che segue, Uncas tenta disperatamente di salvare Alice e attacca battaglia con gli Uroni, ma viene ucciso da Magua e precipita da un dirupo. Annientata dal dolore, Alice rifiuta di consegnarsi a Magua e si suicida gettandosi dallo stesso dirupo. Si scatena una battaglia, in cui Chingachgook riesce a uccidere Magua colpendolo con un Tomahawk a forma di fucile e a vendicare la morte del figlio. Rimasto solo con Nathan, Chingachgook prega il Grande Spirito di ricevere Uncas, proclamandosi "l'ultimo dei Mohicani".  

 
Recensione: 
Se devo essere franco, mi stomaca tutto il romanticume che tanto è piaciuto agli spettatori. Nathan "Occhio di Falco", Chingachgook e Uncas sono personaggi deboli, anodini, privi di carattere, quasi evanescenti. La loro inconsistenza trova una parvenza di riscatto soltanto quando Chingachgook, rimasto l'ultimo del suo popolo, pronuncia parole poetiche per il funerale del figlio Uncas. Sono queste:
 
"Grande Spirito, e Creatore della Vita, un guerriero va a te, veloce e dritto come una freccia lanciata nel sole. Da' lui benvenuto, e lascia lui prendere posto in Gran Consiglio di mio popolo. È Uncas, mio figlio. Dì lui di essere paziente, e da' a me una rapida morte, perché loro sono tutti là, meno uno, io, Chingachgook, l'Ultimo dei Mohicani." 
 
Si deve però notare che egli non riconosce Nathan "Occhio di Falco" come genuino prosecutore della stirpe dei Mohicani, proprio perché vale il Principio del Sangue. Soltanto il Sangue conta. Nathan non è nato dal seme dei Mohicani, bensì da quello degli Inglesi, quindi è e resterà sempre un inglese. Tutto il resto non ha alcun valore. Non esiste nessuno ius soli. Vale unicamente lo ius sanguinis, come è fin dai più remoti tempi della preistoria, anche se questo non piacerebbe ai fautori del politically correct woke autorazzista. 
 
La realtà è questa: l'unico personaggio autentico e possente è Magua. Lui è il fulcro dell'intera narrazione. Senza la sua figura crollerebbe tutto in un istante. Cosa ce ne faremmo di quegli stupidissimi amori di cui è piena la pellicola? Non servono a nulla: sono sdolcinati, privi di qualunque senso, messi lì apposta per compiacere il gusto degenere dei moderni e dei postmoderni. C'è più significato nel crudo atto di cannibalismo compiuto da Magua che in tutto il resto! Quando scrissi su Facebook che ammiravo Magua in modo sviscerato, qualcuno mi accusò: "Perché stai dalla parte del malvagio". Così replicai: "Sto dalla parte di chi è stato stritolato dalla vita!" So bene come decidere chi è il perdente. Lo capisco a pelle, fin da subito. Il perdente odia l'esistenza, che lo ha devastato. Il mio giudizio poi viene puntualmente confermato facendo un bilancio di tutte le vicissitudini del personaggio, dalla sua comparsa nel film fino al triste epilogo. Questo è ciò che ha detto l'Eroe degli Uroni al Marchese Joseph-Louis de Montcalm:
 
"Il villaggio di Magua è stato bruciato e i figli di Magua sono stati uccisi dall'Inglese. Magua è stato fatto schiavo dai Mohawk che combattevano per Capello Grigio. La moglie di Magua, credendo lui morto, è diventata la moglie di un altro. Capello Grigio era il padre di tutto questo. Col tempo, Magua è diventato fratello di sangue dei Mohawk, per tornare libero, ma sempre in suo cuore lui è Urone. E il suo cuore tornerà a volare il giorno che Capello Grigio e suo seme muore." 

Come non commuoversi davanti a queste vibranti parole? I vincenti, i "buoni e giusti", sono tutte persone ipocrite che hanno successo sessuale e procreativo, la cui progenie riesce a prevalere; in aggiunta a ciò, appestano il mondo con le loro boiate idealistiche. L'odio feroce che anima i perdenti non ha invece sfogo alcuno nell'architettura narrativa, per colpa del moralismo schifoso degli autori. Il fuoco degli sconfitti, che dovrebbe ardere il mondo, resta un mero spauracchio. Proprio come i sogni di Magua, che vede un futuro di immensa gloria per il suo popolo: immagina l'ascesa degli Uroni tra le nazioni del mondo, fino a farli diventare "non meno dei Bianchi, e forti come i Bianchi" ("pas moins que les Blancs, et forts comme les Blancs"). Poi finisce tutto nel Nulla. Una cosa senza senso, giusto per garantire la tranquillità allo spettatore conformista. 
 
 
Inconsistenza delle figure femminili 
 
Cora ed Alice non significano nulla. Sono soltanto ombre. Magua le vuole uccidere per annientare ogni traccia della vita del loro padre, che per lui è stato tanto calamitoso. La stupida morale del regista garantisce che il potere dell'Odio non può e non potrà mai prevalere sull'Amore. Mann e Crowe non sono tuttavia riusciti a dar vita a una sceneggiatura decente per personaggi futili come le figlie di "Capello Grigio" Munro. Hanno messo queste sensuali e vuote creature nel film soltanto perché per avere successo ci deve essere un po' di figa! Avendo un animo sanguigno, vendicativo e affine a quello di Magua, non mi lascio certo commuovere dalle infinite stronzate propinate da registi e sceneggiatori melensi!  

 
Un fulvo stranamente odioso 

Ho sempre avuto una grande simpatia per le persone con i capelli rossi, che mi paiono un attributo divino. Ebbene, Michael Mann è riuscito a portare in scena un uomo con i capelli rossi, che tuttavia non ha riscosso il mio favore. Un caso più unico che raro. Il Maggiore Duncan Heyward mi ha ispirato fin da subito un'antipatia vivissima, al punto che ho biasimato Nathan "Occhio di Falco" per avergli concesso l'eutanasia: ho pensato che avrebbe fatto meglio a negargli una rapida morte con un colpo di fucile mentre ardeva orrendamente sul rogo. In fondo, lo stesso Heyward non avrebbe concepito pietà alcuna, non avrebbe esitato per un solo istante a fare impiccare Nathan, se ne avesse avuto la possibilità! 
 
La confusione di due popoli 
 
Lo scrittore James Fenimore Cooper ha confuso due popolazioni diverse, entrambe di lingua algonchina, a causa dell'assonanza dei loro rispettivi nomi. I Mohicani (in origine Mahican), stanziati nel territorio che è attualmente parte dello Stato di New York, erano infatti ben distinti dai Mohegan stanziati nel Connecticut. Il romanzo di Fenimore Cooper ha contribuito in modo determinante a diffondere tra il grande pubblico questa confusione, che ritroviamo ovviamente tal quale nel film di Michael Mann. Il nome Mohegan deriva da Monahiganeuk, che nella lingua algonchina Narragansett significa "Popolo del Lupo": proto-algonchino *mahi·nkana "lupo". La prima attestazione risale al 1614 (Fonte: Dizionario Merriam-Webster). Il nome Mahican significa invece "Popolo dell'Estuario": proto-algonchino *menahanwi "isola". Si vede che la somiglianza con Mohegan è puramente esteriore. Il passaggio da Mahican (con -a-) a Mohican (con -o-) è stato causato proprio dall'influenza di Fenimore Cooper. Come conseguenza di questo marasma cognitivo, la forma Mohican è stata usata anche al posto di Mohegan

 
Etimologia di Chingachgook 
 
L'antroponimo Chingachgook significa "Grande Serpente". Nella lingua dei Lenape, strettamente imparentata a quella dei Mohicani, xinkw- significa "grande" e xkuk significa "serpente": ne deriva così xinkwixkuk "grande serpente". Il suono /x/ in Lenape è la fricativa velare che troviamo nel tedesco Bach /bax/ "ruscello". La sua trascrizione con il digramma ch ha portato alla pronuncia ortografica di Chingachgook con l'affricata postalveolare /tʃ/ che troviamo nell'inglese church /tʃə:(ɹ)tʃ/ "chiesa". Simili fraintendimenti non sono rari nella trascrizione delle lingue della famiglia Algonchina. Il problema è che le pronunce ortografiche, per quanto fuorvianti, hanno la bruttissima tendenza a consolidarsi, fino a diventare induscutibili. Questo è uno dei modi più insidiosi di distorsione della realtà. 
 
 
Etimologia di Uncas 
 
L'antroponimo Uncas significa "Volpe" e deriva dalla lingua dei Mohegan: nella lingua algonchina di quel popolo la volpe è chiamata wonkus /'wɔŋkəs/. In Narragansett è wonkis. Uncas era per l'appunto il nome di un capo storico dei Mohegan stanziati nel territorio del Connecticut, dei Pequot e dei Narragansett - non dei Mohicani stanziati nel territorio dell'attuale Stato di New York. Visse qualche decennio prima degli eventi narrati nel film di Mann e nel libro di Fenimore Cooper. Non ci sono dubbi sul fatto che la figura storica di questo Uncas abbia contribuito in modo sostanziale al mito dell'Ultimo dei Mohicani. 
 
 
Etimologia di Magua 
 
Qui cominciano i problemi. Non è stato agevole trovare l'etimologia dell'antroponimo Magua e nemmeno capirne il significato. Magua è anche conosciuto come Volpe Astuta (in francese Renard Subtil), ma ci sono serie ragioni di dubitare che questa sia la traduzione esatta del suo nome Urone. Nella lingua degli Uroni, che appartiene alla famiglia Irochese, il suono /m/ è molto raro e nella maggior parte dei casi è un semplice allofono dell'approssimante labiale /w/; inoltre /m/ non sembra trovarsi in posizione iniziale di parola. Questa carenza della nasale labiale /m/ è tipica delle lingue irochesi. Un aiuto ci viene dall'etnonimo dei Mohawk /ˈmoʊhɔːk/, che sono un nobile e valoroso popolo del ceppo Irochese. Ebbene, i Mohawk non si chiamano tra loro con questo nome, che non è irochese, bensì algonchino. Si tratta di un esoetnico, che deriva dalla lingua algonchina dei Narragansett: mauquàuog, mohowaúgsuck, che significa "essi mangiano esseri viventi", chiaro eufemismo per "cannibali". Ecco finalmente spiegato il glorioso antroponimo Magua: significa "Cannibale". I Mohawk, nella cui lingua manca del tutto il suono /m/, chiamano se stessi Kanienʼkehá:ka’. Per quale ragione un guerriero degli Uroni dovrebbe darsi un nome in una lingua algonchina? Probabilmente il suo nome serviva a terrorizzare i nemici, che avevano un fortissimo tabù per il cannibalismo. 
 
Etimologia di Uroni  

Il nome con cui tutti conoscono il glorioso popolo degli Uroni in realtà potrebbe essere di origine francese. Certamente si tratta di un esoetnico, ossia di un nome attribuito a una comunità da altri. L'endoetnico è invece Wyandot (Wendat): è così che gli Uroni chiamavano se stessi. Secondo l'opinione accademica più accreditata, l'esoetnico Huron deriva dal francese hure, che significa "testa di animale selvatico", specialmente "testa di cinghiale". La glossa data dal dizionario del Centre Nationale de Resources Textuelles et Lexicales (CNRTL) è "tête d'une sanglier, du porc, p.ext. de certaines bêtes fauves et de poissons à tête allongée" (ossia "testa di un cinghiale, del porco, per est. di certe bestie selvatiche e di pesci dalla testa allungata"), Esempi: une hure d'un sanglier "una testa di cinghiale"; la hure d'un lion "la testa di un leone"; la hure d'un loup "la testa di un lupo"; la hure d'un esturgeon "la testa di uno storione". Il riferimento sarebbe all'acconciatura dei guerrieri Wyandot o al loro aspetto particolarmente belluino. L'etimologia di hure è a sua volta incerta; in genere viene considerato un vocabolo di origine germanica, anche se non ho potuto reperire dati in grado di dimostrarlo. Esite però anche la possibilità che l'esoetnico Huron derivi da una parola contenente la radice Irochese ronon "nazione", presente anche nella lingua Wendat. A riprova di questa genuina derivazione amerindiana, si riporta che le Quattro Nazioni Wyandot derivavano dai resti dei Tionontati, degli Attignawantan e dei Wenrohronon (History - Wyandotte Nation). Ebbene, l'etnonimo Wenrohronon, attestato anche come Wenro, ha tutta l'aria di essere la vera origine di Huron.  
 
 
Etimologia di Sachem "Grande Capo" 

La parola sachem (inglese /'seɪtʃəm/, /'sætʃəm/; francese /sa'ʃɛm/), che indica un capotribù, è di origine Algonchina. Più precisamente, deriva dal Narragansett sâchim, la cui pronuncia è /'sa:tʃem/. In altre parole, non si ritrova l'errore della pronuncia ortografica già vista in Chingachgook, dove il suono /x/ simile a quello del tedesco Achtung è stato realizzato come il suono /tʃ/ dell'inglese much. In ogni caso, l'affricata /tʃ/ si è sviluppata da una più antica occlusiva /k/. L'origine ultima della parola è la radice proto-algonchina *sa·kima·wa "capo (maschio)". Questi sono i suoi discendenti: 
 
Algonchino Orientale: *sākimāw 
Mi'kmaq: saqamaw 
Malecite-Passamaquoddy: sakom 
Abenaki: sôgmô, sôgemô
Penobscot: sagəma, sagama, sagemo, sangemo
Wangunk: sequin
Narragansett: sâchim
Mohegan-Pequot: sôcum
Lenape: sakima

Algonchino Centrale: *okimāwa
Cree: okimahkân
  Cree delle Pianure: okimâw
  Cree Sudorientale: uchimaa
Fox: okimâwa
Ojibwe: ogimaa
  Ottawa: gimaa
Potawatomi: wgema
Miami: akimaawa, akima
 
Dalla lingua Penobscot (non dal Mi'kmaq come qualcuno sostiene) è derivato in inglese il termine sagamore (/'sæɡəmɔː/, /'sæɡəˌmɔɹ/), usato come sinonimo di sachem. In altre parole, sachem e sagamore costituiscono un fenomeno allotropo. 

 
Occhio di Falco 
 
Il soprannome o nome indiano di Nathan nella versione italiana è "Occhio di Falco". Nell'originale inglese è Hawkeye. Nel libro di Fenimore Cooper è Hawk-eye, con il trattino. Trovo interessante questo composto. Si noti l'assenza del genitivo sassone: non è Hawk's Eye. Il vero antroponimo del personaggio è in realtà Nathaniel Bumppo. I soprannomi sono numerosi: Natty, Hawk-eye, Œil de Faucon (traduzione di Hawk-eye in francese), La Longue Carabine (Long Rifle), Leatherstocking ("Calze di Cuoio"). Compare anche in altre opere dello stesso autore: ad esempio è soprannominato Pathfinder ("Esploratore") in The Pathfinder, or the Inland Sea (1840). Il cognome Bumppo mi pare impenetrabile e misteriosissimo. Nel vasto Web non sono stato finora in grado di trovare alcunché di utile a rischiararne l'etimologia.  
 
 
"Capello Grigio" Munro  
 
Il Tenente Colonnello George Monro (talvolta scritto Munro) è il personaggio storico a cui è ispirato il Colonnello Edmund Munro. Mi è sconosciuta la ragione di questo cambiamento del nome di battesimo, da George a Edmund. Era nato a Clonfin, nella Contea di Longford (Contae an Longfoirt), in Irlanda, da una famiglia militare scozzese. Apparteneva alla Libera Muratoria. Nella realtà egli non si accompagnava a donne e non aveva alcuna figlia, ma Fenimore Cooper gli ha attribuito un'indole libidinosa: in gioventù l'ufficiale avrebbe posseduto carnalmente una prosperosa mulatta, procreando Cora. A quanto ho potuto appurare, nel romanzo Munro non è mai menzionato col suo nome di battesimo. Ne deduco che Edmund debba essere un'invenzione del regista. Non capirò mai la tendenza irresistibile degli anglosassoni a cambiare i nomi delle persone. Se i suoi genitori lo hanno chiamato George, perché diamine dovrebbe diventare Edmund?
 
L'enigmatico Ongewasgone 
 
L'antroponimo Ongewasgone, menzionato di sfuggita nel corso del film, ha dato origine a una serie di grottesche distorsioni percettive, essendo stato inteso male dagli spettatori, come "Uncle Wiscone" /ʌŋkḷ wɪ'skoʊn/ o addirittura come "How Go Ascone" /hɑʊ goʊ æ'skoʊn/. Ecco il link alla pagina in cui ho trovato i thread buffoneschi: 
 
 
Questo dimostra che gli stessi parlanti anglosassoni hanno gravissimi problemi acustici, proprio come me, al punto che non sono in grado di intendere in modo corretto qualsiasi nome, di qualsiasi origine. Di fronte a qualcosa di non familiare, reagiscono cercando di ricondurlo a ciò che è loro noto.
In un sito web è stato commesso un grave errore: è stato attribuito il nome Ongewasgone al Capo degli Uroni. Mi sono accorto di questa incongruenza cercando in Google l'etimologia dell'antroponimo irochese - che non è stata trovata.  

L'importanza della Guerra dei Sette Anni 

La Guerra dei Sette Anni (1756 - 1763), di cui la Guerra Franco-Indiana è stata la manifestazione principale in Nordamerica, ha coinvolto tutte le principali potenze dell'epoca. Winston Churchill la considerò la vera Prima Guerra Mondiale, dato che aveva anticipato le caratteristiche di quella che nel XX secolo sarà definita "guerra totale". Gli schieramenti comprendevano da un lato il Regno di Gran Bretagna, il Regno di Prussia, l'Elettorato di Hannover, altri Stati minori della Germania Nordoccidentale e il Regno del Portogallo (dal 1762); dall'altro lato, la coalizione composta da Regno di Francia, Monarchia Asburgica, Sacro Romano Impero (in particolare l'Elettorato di Sassonia), Impero Russo, Svezia e Spagna (dal 1762). Non fu combattuta soltanto in Europa: Francesi e Britannici utilizzarono ampiamente come alleati popolazioni native dell'America settentrionale e dell'India.  
 

Le atrocità dell'assedio di Fort William Henry 
 
Ricordo di aver visto un documentario in cui si parlava del fatto storico su cui si basa il romanzo di Fenimore Cooper: l'assedio di Fort William Henry (provincia di New York), avvenuto nel 1757. Quando gli Uroni assaltarono gli Inglesi che stavano lasciando il forte, si abbandonarono a violenze inimmaginabili. Nel loro furore arrivarono al punto di esumare i cadaveri sepolti nel cimitero, scotennandoli e facendone scempio. Ne nacque una terribile epidemia di vaiolo, che portò sterminio tra gli Uroni. Dai resti ritrovati in loco, si è potuto appurare che le condizioni di salute dei coloni britannici erano tremende. Soffrivano di malformazioni della spina dorsale, di ernie vertebrali e di rachitismo, conseguenze di malnutrizione cronica. Mai avere nostalgia per epoche in cui non si è vissuti!  
 
Curiosità
 
Le riprese del film hanno coinvolto ben 900 nativi amerindiani, in gran parte dei casi appartenenti al popolo Cherokee. Wes Studi, che ha interpretato l'eroico Magua, è per l'appunto un Cherokee. In un'occasione ha dichiarato che quando doveva essere girata una scena in cui avveniva una conversazione tra Indiani, ogni attore parlava la propria lingua, senza badare alla sua comprensibilità da parte degli altri. Così Wes Studi parlava in Cherokee, mentre Mike Philips, che interpretava il Sachem degli Uroni, era un Mohawk e non capiva niente. Allo stesso modo, il supposto dialogo nella lingua dei Mohicani tra Chigachgook e Uncas era incoerente: Russel Means parlava in Lakota e non poteva essere capito da Eric Schweig, che parlava invece in una lingua degli Inuit del Canada occidentale. 
 
I dialoghi in francese sembrano di buona qualità. Tuttavia sono riuscito a individuare un grossolano errore commesso da Wes Studi (o più probabilmente dal suo doppiatore): a un certo punto usa la parola poison "veleno" pronunciandola /poi'zɔ̃/ anziché /pwa'zɔ̃/ o il più arcaico /pwɛ'zɔ̃/: praticamente utilizza il dittongo dell'omografa parola inglese. Potrebbero esserci altre inconsistenze di questo genere, che però mi sono sfuggite. Splendida e risonante la frase "Je n'ai pas peur de les Français!", incarna l'essenza stessa dell'eroismo! Sarebbe bello se Micron trovasse simili avversari.