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martedì 15 giugno 2021

 
LA DONNA VESPA 
 
Titolo originale: The Wasp Woman 
AKA: Insect Woman; The Bee Girl
Lingua originale: Inglese
Paese di produzione: Stati Uniti d'America
Anno: 1959
Durata: 73 min
Dati tecnici: B/N
Rapporto: 1,85 : 1
Genere: Orrore, fantascienza
Regia: Roger Corman
Sceneggiatura: Leo Gordon 
Soggetto: Kinta Zertuche 
Produttore: Roger Corman
Casa di produzione: Film Group Feature, Santa Cruz
     Productions
Fotografia: Harry Neumann
Montaggio: Carlo Lodato
Musiche: Fred Katz
Scenografia: Daniel Haller
Trucco: Grant Keate
Interpreti e personaggi: 
    Susan Cabot: Janice Starlin
    Anthony "Fred" Eisley: Bill Lane
    Barboura Morris: Mary Dennison
    William Roerick: Arthur Cooper
    Michael Mark: Eric Zinthrop
    Frank Gerstle: Les Hellman
    Bruno VeSota: Guardiano notturno
    Roy Gordon: Paul Thompson
    Carolyn Hughes: Jean Carson
    Lynn Cartwright: Maureen Reardon
    Lani Mars: Segretaria
    Frank Wolff: Primo uomo della consegna
    Philip Barry: Secondo uomo della consegna
    Roger Corman: Medico all'ospedale
    Aron Kincaid: Renfrew, l'apicoltore 
Titoli in altre lingue: 
   Tedesco: Die Wespenfrau 
   Francese: La Femme Guêpe 
   Portoghese (Brasile): A Mulher Vespa 
   Spagnolo (Spagna): La mujer avispa 
   Spagnolo (Venezuela): La mujer insecto 
   Polacco: Kobieta-osa 
   Russo: Женщина-оса 
Budget: 50.000 dollari US (stimato) 

Trama: 
Prologo: uno scienziato pazzo, il dottor Eric Zinthrop, viene licenziato dal suo lavoro in una fattoria di miele per aver condotto perigliosi esperimenti con le vespe. La fondatrice e proprietaria di una grande azienda di cosmetici, la milf brunetta Janice Starlin, è turbata quando capisce che le vendite della sua azienda iniziano a diminuire dopo il suo incipiente invecchiamento è divento evidente alla sua base di clienti. Zinthrop è stato capace di estrarre fantomatici enzimi dalla cacca reale, pardon, dalla pappa reale estratta della vespa regina. Questa poltiglia viscosa è in grado di invertire il processo di invecchiamento negli esseri umani. La volitiva e dispotica Janice accetta di finanziare ulteriori ricerche, senza badare a spese, a condizione di poter servire come suo soggetto umano, ossia come cavia. Non sopporta l'idea di essere destinata ad invecchiare e sogna un elisir di eterna giovinezza. Scontenta della lentezza dei risultati, irrompe fuori orario nel laboratorio dello scienziato. Presa dalla pazzia furiosa e dall'isterismo, si inietta dosi extra della formula. Zinthrop si rende conto che alcuni degli imenotteri su cui aveva condotto i test stanno diventando violenti. Così si muove per avvertire Janice del pericolo, ma prima che possa raggiungere qualcuno, subisce un improvvido incidente d'auto. La donna ha grossi problemi a rintracciarlo, ma alla fine riesce a identificare l'ospedale in cui è ricoverato e si occupa delle cure mediche necessarie. Nel frattempo lei continua a iniettarsi il siero anti-invecchiamento, ottenendo risultati portentosi: arriva a perdere vent'anni di età nel corso di un fine settimana. Presto però capisce che c'è uno spiacevole effetto collaterale, ben peggiore di una malattia venerea: le iniezioni innescano sempre più spesso la sua trasformazione in un'orrida creatura con caratteri teriomorfi di vespa, posseduta da una bramosia omicida. Alla fine, dopo una girandola di eventi rocamboleschi, Zinthrop le lancia in faccia un contenitore pieno di acido carbonico (un acido debolissimo), mentre un ex spasimante la colpisce con una sedia facendola precipitare da una finestra. Nella rovinosa caduta, la donna-vespa si schianta al suolo e perde la vita.  

 
Recensione: 
Trovo che sia un prodotto scadente, certo non uno dei migliori esempi della filmografia cormaniana. Banale fino alla nausea, prevedibile, caratterizzato da effetti speciali grossolani quanto grotteschi, deve la sua fama principalmente al fatto che negli States era trasmesso a ciclo continuo dalla TV horror a tarda notte. Era in rotazione permanente! In pratica è stato fatto un vero e proprio lavaggio del cervello agli spettatori: sono ancora numerosissime le persone che ricordano di aver visto questo film un gran numero di volte, al punto di conoscere a memoria le sequenze e le battute. Questa è un'interessante testimonianza: "Non posso dirvi quante volte la mia mente è stata deformata da questo piccolo gioiello nel corso degli anni. Sembrava che fosse sempre in onda e praticamente tutti quelli che conoscevo lo vedevano più e più volte. È diventato una specie di scherzo, come la quintessenza del "brutto film". Il suo mostro dagli occhi di insetto in calzamaglia era esattamente il tipo di mostro che non volevate vedere in un film." (Fonte: IMDb). Qui in Italia per fortuna questo escremento di celluloide non è così conosciuto e non si sembrano essersi dati simili casi di trasmissione aggressiva.   
 
Questa pellicola non sarebbe stata possibile senza L'esperimento del dottor K., diretto da Kurt Neumann (1958), anche se i presupposti dell'ibridazione umano-insetto sono diversi. Neumann mostra gli effetti di un imprevisto in un congegno del teletrasporto, mentre Corman parla di un siero in grado di alterare il genoma - anche se a quell'epoca le idee sul DNA dovevano essere abbastanza nebulose (il primo modello accurato della struttura a doppia elica è del 1953, ma per i non addetti ai lavori non si andava oltre i piselli di Mendel). Il fatto che così poco tempo separi l'uscita dei due film rende l'idea di come nel mondo di Hollywood imperasse un plagio spudorato, anche soltanto parziale, e di come il meccanismo della rapacità agisse rapidamente.   
 
 
Errori concettuali e ignoranza 
 
Il concetto portante del film di Corman si basa su un errore provocato dall'ignoranza della lingua greca, che porta in molti a ritenere che ciò che cura sia sempre per necessità distinto da ciò che intossica e uccide. Già ai mocciosi dovrebbe essere insegnato che la parola farmaco deriva dal greco φάρμακον (phármakon), che ha un duplice significato: 
 
1) medicina;
2) veleno. 

Esistono anche altri significati, come "incantesimo", "pigmento" e via discorrendo. L'etimologia ultima della parola greca è assai oscura e l'ipotesi più credibile è che sia un relitto del sostrato pre-ellenico. Questo però non cambia di un iota ciò che intendo dire. Una sostanza che è in grado di curare una malattia se usata a una certa dose, potrebbe diventare dannosissima o addirittura letale se usata in dose eccessiva. Purtroppo questa verità non è così diffusa e compresa come dovrebbe. Quando ero giovane, in Brianza era ancora molto radicata una grave stortura mentale. Moltissime persone, soprattutto anziane, erano convinte che ogni medicina in grado di apportare un effetto benefico, avrebbe sortito in automatico un beneficio doppio applicando un raddoppio della dose. In modo deterministico e lineare. I bugiardini di moltissime medicine raccomandano di non raddoppiare la dose per compensare una dose saltata. La protagonista del film va anche oltre nella sua follia: non si limita ad applicare il raddoppio della dose, la moltiplica.

Un'altra delittuosa forma di ignoranza è quella che porta a confondere specie di imenotteri sociali tra loro molto diverse. Così per il regista e per lo sceneggiatore non esiste alcuna reale differenza tra api e vespe. "È facile confondere un'ape da una vespa per via del colore: entrambe sono a strisce gialle e nere. Puoi notare, però, delle differenze: le vespe presentano un corpo più snello e liscio, le api sono più robuste e pelose. Le api pungono solo se minacciate: dopo aver punto, perdono il pungiglione e muoiono." (Fonte: Insectum.it). In realtà nemmeno i colori sono gli stessi: l'ape da miele (Apis mellifera) non presentano lo stesso giallo sgargiante tipico delle vespe (famiglia Vespidae), bensì una tonalità di arancione pallido. Quando si tratta di distinguere la forma di insetti diversi, sono numerosissime le persone che mostrano soprendenti forme di agnosia. Nonostante il titolo e le ripetute affermazioni secondo cui il siero proverrebbe dagli "enzimi" della vespa, i titoli di testa sono sovrapposti a filmati di repertorio di un alveare di api e lo stesso filmato viene mostrato dopo la prima iniezione.  
 

Pubblicità ingannevole 
 
Nella locandina del film compare una creatura che ha testa di donna e corpo di vespa. Non si trova la benché minima traccia di un simile essere nel film: è soltanto una trovata pubblicitaria. Anche la scritta in fondo alla locandina è concepita a bella posta per trarre in inganno lo spettarore: "Una bella donna di giorno, una lussuriosa vespa regina di notte" (originale "A beautiful woman by day - A lusting queen wasp by night"). Non ho ravvisato alcun contenuto di natura sessuale nel film. La creatura che si vede è l'esatto contrario di quella mostrata nella locandina. Ha una testa che nella delirante fantasia del regista dovrebbe essere quella di una vespa, mentre il corpo resta quello di una donna. 
 

Curiosità 

L'attrice protagonista, la bellissima Susan Cabot, purtroppo soffriva di gravi malattie mentali. Cercò di curarle assumendo l'ormone della crescita con cui era trattato suo figlio, affetto da nanismo ipofisario. Questo trattamento che la donna intraprese contro ogni sano principio, proprio come Janice Starlin nel film, esacerbò la sua follia. In un attacco particolarmente furioso aggredì il figlio, che la uccise a sprangate; il tribunale decise che si era trattato di autodifesa. Il vero nominativo della Cabot era Harriet Shapiro. Dal cognome si evince all'istante che la sua stirpe era ashkenazita, cosa che non la risparmiò da un'infanzia disagiata e infelice. Nel film cormaniano La leggenda vichinga (1957) ha interpretato il ruolo di Enger, la Sacerdotessa di Thor. 
 
Esiste anche una versione colorizzata del 1964, conaltri 11 minuti in cui lo scienziato viene licenziato dal suo lavoro di apicoltore per aver condotto esperimenti sulle vespe anziché sulle api, il che conclude la trama del film da quando smette di lavorare per Janice Starlin. Nella versione originale in bianco e nero, il film inizia con un incontro in cui la Starlin discute del fallimento dei suoi affari con i subalterni; poi incontra lo stesso dottore nella scena successiva, dove anche il pubblico lo vede per la prima volta. Trovo che la pratica della colorizzazione dei vecchi film in bianco e nero sia deleteria quanto inutile: se dipendesse da me applicherei ai colorizzatori i sistemi usati dai Tokugawa per eradicare il Cristianesimo dal Giappone. 
 
In una delle scene finali, una bottiglia di acido viene lanciata a Susan Cabot, ma lei non sta recitando quando alza le mani dopo essere stata colpita. Qualcuno aveva riempito d'acqua la "bottiglia separabile", ed era così pesante che quando è stata colpita l'attrice ha detto: "Pensavo che i denti mi fossero stati sbattuti nel naso!" ("I though my teeth had been knocked through my nose!"). Anche il finto fumo usato per simulare l'acido la soffocava; dopo essere caduta dalla finestra, incapace di respirare, si è strappata via un po' di pelle insieme al suo trucco abnorme, lasciando un gigantesco livido sul collo. 
 
Il copyright del film è del 1959, ma alcune parti sono state girate nel 1964 o addirittura successivamente. Quando l'investigatore privato ottiene l'indirizzo di Eric Zinthrop, chiama Jerry e gli dice di mettersi subito al lavoro. Nella scena seguente, mentre lui e un altro ragazzo vanno in giro alla ricerca di Zinthrop, passano accanto a diverse Chevrolet del 1961-1964. Quando i due si fermano all'ingresso dell'ambulanza e Jerry scende dall'auto, una Chevy Impala bianca del 1964 è parcheggiata sul lato destro dello schermo. A stento saprei distinguere una Ferrari da una Cinquecento, ma mi fido di chi ha fatto notare questi dettagli. Sarebbe anche bene che un film non venisse più manipolato dopo la sua uscita. Che senso ha andare avanti a masturbarlo per anni?  

Anche se i detective stanno cercando il signor Zinthrop a Manhattan, la loro auto ha una targa della California, lo skyline dietro di loro è quello di Los Angeles. Si vedono infatti solo edifici bassi e molti spazi aperti anziché gli edifici alti e compressi di Manhattan. Si notano poi almeno tre palme da dattero che non potrebbero mai sopravvivere e crescere nei freddi inverni di New York.
 
Remake 
 
Il brutto vizio americano, quello di fare remake dei film, si è manifestato con la produzione di ben due pellicole: Rejuvenatrix (Brian Thomas Jones, 1988) e il film per la televisione The Wasp Woman (Jim Wynorski, 1995). Si segnala che Roger Corman è stato uno dei produttori esecutivi dell'opera di Wynorski. Credo che di simili rifacimenti si sentisse scarso bisogno.  

venerdì 18 dicembre 2020

DUE ENIGMATICHE DENOMINAZIONI DEL CALABRONE: APONALE E CRAVUNARO ROSSO

Queste informazioni sono presenti da tempo sulla Wikipedia in italiano alla voce "Vespa crabro"
 

"Il calabrone (Vespa crabro Linnaeus, 1761), detto anche aponale o cravunaro rosso, è il più grosso vespide europeo. Nel linguaggio comune con il termine "calabrone" vengono spesso erroneamente identificati anche l'ape legnaiola (Xylocopa violacea) e il bombo terrestre (Bombus terrestris)." 
 
Quando mi sono imbattuto in questa descrizione wikipediana, sono rimasto allibito. Non mi ero mai imbattuto, da che sono al mondo, nei nomi aponale e cravunaro rosso attribuiti al calabrone (Vespa crabro). Mi sono quindi chiesto chi in concreto ne facesse uso. La prima cosa che ho fatto è stata una ricerca nei dizionari della lingua italiana a mia disposizione, in formato cartaceo o nel Web. Non ho trovato un ben nulla. Non si fa alcuna menzione dell'aponale e del cravunaro rosso nel vocabolario Zingarelli, tanto per fare un esempio, e neppure nel vocabolario Treccani, che è consultabile online. 
 
Si trova comunque qualche menzione in pochi siti del Web, il che non significa proprio nulla, dal momento che la fonte delle parole aponale e cravunaro rosso è in ultima analisi proprio Wikipedia in italiano. Riporto in questa sede quanto ho trovato. 
 
In un sito di cruciverba si ha la definizione "Insetto chiamato anche aponale". Ecco uno dei link (ne esistono diversi, ma sono tutti sostanzialmente identici): 
 

Mi sono imbattuto in numerosi siti, anche di aziende che si occupano di disinfestazione, che riprendono la definizione wikipediana. Ad esempio questo: 
 
 
"La disinfestazione calabroni a Treviso può rivelarsi indispensabile in alcuni casi, difatti questo Vespide europeo, anche chiamato cravunaro rosso o aponale, può pungere l’uomo iniettandogli un veleno potenzialmente pericoloso." 
 
E ancora: 
 
 
"La più grande delle vespe europee e nordamericane è sicuramente il calabrone, che forse conosci sotto il nome di cravunaro rosso, aponale o Vespa crabro; molto frequentemente questo insetto viene scambiato per l’ape legnaiuola o con il bombo terrestre."

Anche il famoso sito Bufale.net riporta le problematiche (e forse fantomatiche) denominazioni della Vespa crabro, prendendo per oro colato ciò che si trova su Wikipedia: 
 
 
"Innanzitutto, l’animaletto riportato nella foto non è un’ape, ma un normalissimo Calabrone Europeo, per gli amici Aponale o Cravunaro Rosso." 

Se questi nomi del calabrone fossero tanto diffusi, costituendo addirittura la norma, come mai non si riesce a trovare una fonte che ne dia una chiara spiegazione? La stessa pagina di Wikipedia in italiano non riporta alcunché di utile. 

In Wikispecies si ritrovano alcuni nomi dell'insetto in altre lingue. Informazioni ancor più dettagliate si trovano in Wikimedia Commons. 
 

 
Nessuna voce aponale o cravunaro rosso è stata trovata nel Wikizionario.  


È un grande piacere intellettuale sapere che in bavarese il calabrone è chiamato Huanaus e che in curdo è chiamato pîzang. Detto questo, siamo al punto di partenza.
 
Tentativi di spiegazione dell'enigma 
 
La prima cosa che mi viene in mente è che si tratti di definizioni provenienti da qualche lingua locale. 
 
1) CRAVUNARO ROSSO 
Si risolve subito il problema dell'origine del cravunaro rosso: è tipicamente calabrese. La forma più diffusa per indicare la Vespa crabro è carvunaru, alla lettera "carbonaio". A San Marco Argentano (provincia di Cosenza) si ha la variante gravunaru. A Savelli (provincia di Crotone) troviamo carvunaru russu, alla lettera "carbonaio rosso". Evidentemente proprio questo carvunaru russu è stato italianizzato in cravunaro rosso.  
 

 
Come si è avuto lo slittamento semantico da "carbonaio" a "calabrone"? Per via di un'evoluzione del latino cra:bro:ne(m) "calabrone", che portava alla confusione con carbo:ne(m) "carbone". Siccome a un certo punto appariva illogico chiamare "carbone" una grossa specie di vespa, si è aggiunto un suffisso agentivo, identificando l'insetto con un "carbonaio". Così carbo:na:riu(m) si è evoluto in carvunaru, gravunaru, con entrambi i significati di "carbonaio" e "calabrone". Per qualche motivazione tabuistica è stata aggiunto l'aggettivo russu, probabilmente perché sia il carbonaio che il calabrone erano connessi col Diavolo. L'insetto era ritenuto diabolico per la sua aggressività e per il suo veleno spesso mortale. Si credeva che il Diavolo all'Inferno attizzasse i carboni, li facesse ardere per rigirarvi sopra i dannati: era quindi concepito come il Carbonaio per eccellenza. Queste sono immagini tradizionali molto radicate. 
 
Esistono numerose altre denominazioni del calabrone diffuse in Calabria. Ad esempio: vùmbaku (Centrache, prov. Cosenza), skalambruni (Polistena, prov. Reggio Calabria), lapuni (Conidoni di Briatico, prov. Vibo Valentia), vómmuku russu (Saracena, prov. Cosenza).  Non si comprende bene perché proprio il nome carvunaru russu, e non altri, abbia trovato la via per arrivare fino a un'importante pagina di Wikipedia.      

2) APONALE 
Anche se la terminazione -ale rimane al momento inspiegabile, ci sono pochi dubbi sul fatto che aponale sia un derivato di apone, accrescitivo di ape. Questa denominazione apone è molto comune e può designare diversi insetti, non solo imenotteri come il calabrone ma persino grossi ditteri come il tafano. Si trova in molti luoghi nella Penisola e in Sicilia con l'articolo determinativo agglutinato: lapone.
 
Non si pensi che nellla lingua italiana sia sconosciuto questo apone! Primo: non si devono considerare sinonimi le parole "dialetto" e "immondizia", come l'iniquo sistema scolastico italiano ha insegnato per secoli. Secondo: non si deve credere che la lingua italiana sia solo e soltanto quella insegnata dalle maestrine isteriche in quel vivaio di immondi bulli che gli stolti osano definire "istituzione"! Della presenza dell'apone in italiano mi accingo ora a portare evidenze solidissime, come ogni lettore potrà vedere. 
 
L'interessante lemma apone "fuco", è spiegato nel Dizionario della Lingua Italiana di Niccolò Tommaseo (quello che è diventato cieco a causa della sifilide): 
 

APONE. S. m. Accr. di APE. Pecchione, Ape maschio, Fuco. Non com. Ficin. Vit. san. l. 2. p. 58. (Gh.) E che desiderio sarebbe il nostro cercare che costoro (i poltroni e inerti) lungo tempo vivessero ? Certo che non sarebbe altro che nutrire i fuchi o aponi che chiamano, e non le pecchie. 
 
Il termine si trova anche in tempi più moderni, in un romanzo di Andrea Camilleri, autore la cui lingua è un immaginifico miscuglio di siciliano e italiano: 


LAPÒNE

CAMILLERI in Il birraio di Preston 1995 [= Sellerio 2000]: "si sentiva la testa che gli faceva zumzum come se fosse piena di mosche, lapi e lapòni" (p. 219). 
 
Enregistré par DEI III 2167 lapone "XIX sec., entom.; fuco; v. pis. volterr., e merid. (calabr., sic. lapuni); cfr. lapa", Piccitto II 442 lapuni " pecchione, maschio dell'ape .2. calabrone...3. vespa...5. ronzone terrestre...Anche *apuni...", cf. Rohlfs 356 lapuni, -una, lapuni carvunaru pecchione, sp. di ape grossa che ronza volando senza pungere...calabrone, vespa grossa...v. apune". Calabro-sic. lapuni < calabro-sic. apuni, apune, augmentatif de calabro-sic. apa < lat. APE(M) avec changement de classe. 
 
Nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini (TLIO), troviamo apone come sinonimo di tafano

 
APONE

1 [Zool.] Lo stesso che tafano.

[1] Gl Senisio, Declarus, 1348 (sic.), 27r, pag. 133.32: Asilus li... musca, que boves stimulat, que vulgo dicitur tavanu... etiam dicitur qui spargit apes et mel comedit, qui vulgo dicitur apuni
 
Un riassunto dialettale 
 
Esiste l'utilissimo sito NavigAIS (Digital Atlas of Italian Dialects), che riporta un gran numero di mappe linguistiche.  


L'utente può imparare con grande facilità ad usare il sito. Le mappe sono numerate. Ogni numero corrisponde alla mappa di una parola, di cui vengono mostrate le attestazioni in un gran numero di località italiane. La mappa relativa al CALABRONE è la numero 462.  

L'aponale non lo troviamo in questa forma esatta, ma ci sono numerosi nomi come apone, apuni, apune, apona, lapuni, etc. Abbiamo scoperto che proprio in Calabria esiste una curiosa variante apunaru (Melissa, prov. Crotone). Sembra che all'origine ci sia un'ibridazione davvero bizzarra tra carvunaru e apuni, che ha dato apunaru, essendo le originali etimologie di queste parole completamente oscurate nel corso dei secoli. Forse la forma apunaru è stata adattata in italiano, dando origine proprio ad aponale, anche se ci saremmo aspettati *aponaro. La terminazione continua ad essere oscura. Questo è quanto di meglio abbiamo potuto fare.

Conclusioni desolanti 

Wikipedia non è necessariamente una fonte cristallina di informazioni, anche se la sua utilità è indiscutibile. Si dice che un comitato vigili di continuo su ogni singola modifica, impedendo l'inserimento di dati erronei o infondati, ma nonostante ciò l'aggiunta di inconsistenze avviene a ciclo continuo. Questo perché esiste una gerarchia di wikipediani: più uno è in alto in tale gerarchia, meno vengono controllate le modifiche che apporta. Quindi può inserire ogni sorta di assurdità, anche soltanto per un gioco infantile. Se io decidessi di scrivere che la lucertola ocellata (Timon lepidus) è conosciuta anche come badalesco o dragonazzo, verrei bloccato all'istante. Se però lo facesse un wikipediano che gode di qualche credito, la modifica non sarebbe intercettata, nessuno capirebbe che è infondata, se non per puro caso, magari dopo anni. Nessuno si ricorda dell'esecrabile caso del "Conflitto Bicholim"? Una pagina su una fantomatica guerra tra nazioni dell'India e Portogallo, detta per l'appunto Bicholim, rimase consultabile per diversi anni, anche se era del tutto infondata. Allo stesso modo non mi stupirei se un giorno qualcuno definisse il lombrico (genere Lumbricus) col nome di bauscino e il lumacone nudo (Limax maximus) col nome di bauscione rosso. Qual è il pericolo? Se una guerra chiamata Bicholim è un'invenzione rozza e stupida come la merda, non è la stessa cosa dire che il calabrone è detto aponale o che la lucertola ocellata è detta badalesco. In tali casi si tratta infatti di informazioni che hanno un'apparenza verosimile, ragionevole, tutto sommato dotata di etimologie possibilissime. In altre parole, sono invenzioni furbe quanto pericolose.

domenica 2 agosto 2020

UN IMPORTANTE VOCABOLO VANDALICO IN SARDO: GRISARE 'SCHIFARE'

Nella Cloaca Maxima di Facebook mi sono imbattuto in un flame il cui argomento era il formaggio sardo chiamato casu marzu, caratterizzato da infestazione di larve della mosca Piophila casei, avvezza a frequentare i cadaveri. L'amica Lina S., nativa della Sardegna, difendeva il bizzarro prodotto gastronomico, affermando che i vermi in esso brulicanti sarebbero "fatti di formaggio" e del tutto innocui. In tono di sfida, citava il fatto che i pastori sardi sono notoriamente assai longevi. Il suo commento ironico era qualcosa come: "Hanno più di cent'anni e il casu marzu l'hanno sempre grisau, vero?" - quindi aggiungeva la glossa: grisau = schifato. Qualcosa in me si è illuminato. Ho infatti compreso che il vocabolo in questione è un residuo della dominazione dei Vandali, che in Sardegna è durata circa ottant'anni. Credo che sia una cosa importante farlo notare, alla faccia dei romanisti che vorrebbero cancellare ogni eredità germanica dalla faccia della Terra. Del celebre formaggio verminoso, eredità neolitica, parleremo in un'altra occasione.
 
Informazioni di estremo interesse si trovano sul dizionario online di lingua e cultura sarda (Ditzionàriu in línia de sa limba e cultura sarda), della Regione Autonoma della Sardegna: 
 
 
grisai, grisare, crisare 
traduzione: schifare, provare ribrezzo 
sinonimi in sardo:
   provare ischifu, abborrèschere, afeai, ascamare, aschiai,
   ghelestiare, ischifare, ispucire 
glossa francese: éprouver du dégoût
glossa inglese: to loathe 
glossa spagnola: sentir asco, repugnar 
glossa tedesca: verschmähen. 

Nel suo vocabolario, Spano riporta le forme meridionali grìsu "ribrezzo; paura" e grisòsu "che ha ribrezzo".

Non è difficile risalite all'etimologia genuina di questi vocaboli. 
 
Protogermanico:
      *gri:sanan
"essere atterrito;
provare orrore
Corrispondente atteso nel gotico di Wulfila:
      *greisan /'gri:san/ "essere atterrito; provare orrore"
 
Corrispondenti in germanico occidentale:
Antico inglese: 
       âgrîsan "rabbrividire; temere" 
Antico frisone:
       gryslic "spaventoso" 
Medio olandese: 
      grîsen "rabbrividire"
Medio basso tedesco: 
       grisen, gresen "rabbrividire"; greselîk "spaventoso"
 
Non ho trovato in giro brillanti idee dei romanisti, tali da poter fornire materia di discussione e di confutazioni, così concludo qui la mia trattazione.  

venerdì 31 luglio 2020

 

DARWIN E LA TEODICEA 
 
A distanza di tanto tempo, le polemiche sull'evoluzionismo non accennano a placarsi. Fin dal suo primo apparire, la teoria dell'Evoluzione della Specie fu attaccata dai religiosi in modo vigoroso perché ritenuta atea. In realtà l'ateismo di Charles Darwin non fu una scelta facile, ma il risultato di un lungo tormento interiore. Nell'autobiografia postuma del naturalista, pubblicata nel 1887, egli sostiene di non poter credere che “un essere così potente, onnisciente e dall’assoluta benevolenza come un Dio che abbia creato l’universo, possa trarre giovamento dal veder soffrire per un tempo infinito gli esseri inferiori”
 
E ancora, in una lettera ad Asa Gray (1860):  
 
“Rispetto alla visione teologica della domanda: questo è sempre doloroso per me. Sono sconcertato. Non avevo intenzione di scrivere in modo ateistico, ma ammetto che non riesco a vedere chiaramente come fanno gli altri e, come vorrei, prove del disegno e della benevolenza da tutte le parti di noi. Mi sembra che ci sia troppa miseria nel mondo. Non riesco a convincermi che un Dio buono e onnipotente abbia potuto creare gli icneumonidi facendo deliberatamente in modo che si nutrissero del corpo di bruchi ancora vivi, o che un gatto dovrebbe giocare con i topi. Non credendo questo, non vedo alcuna necessità nella convinzione che l'occhio sia stato espressamente progettato. D'altra parte non posso comunque accontentarmi di vedere questo meraviglioso universo e specialmente la natura dell'uomo, e concludere che tutto è il risultato della forza bruta. Sono propenso a considerare tutto come risultante da leggi progettate, con i dettagli, buoni o cattivi che siano, lasciati all'elaborazione di ciò che possiamo chiamare caso. Non che questa idea mi soddisfi affatto. Sento più profondamente che l'intero argomento è troppo profondo per l'intelletto umano. Un cane potrebbe anche speculare sulla mente di Newton: "Lascia che ogni uomo speri e creda ciò che può." Certamente sono d'accordo con te sul fatto che le mie opinioni non sono affatto necessariamente atee. Il fulmine uccide un uomo, buono o cattivo che sia, a causa dell'azione eccessivamente complessa delle leggi naturali, - un bambino (che può rivelarsi un idiota) nasce dall'azione di leggi ancora più complesse, - e posso vedere nessun motivo per cui un uomo, o un altro animale, potrebbe non essere stato originariamente prodotto da altre leggi; e che tutte queste leggi potrebbero essere state espressamente progettate da un Creatore onnisciente, che prevedeva ogni evento e conseguenza futuri. Ma più penso e più mi stupisco; come in effetti ho probabilmente dimostrato da questa lettera.”
 
Proprio il sistema riproduttivo degli imenotteri parassitogeni diede un contributo determinante nel convinsere Darwin dell'infondatezza del teleologismo propugnato dal filosofo William Paley, le cui dottrine sostenevano che nella Natura fosse insito un progetto divino tendente a un fine benefico. Data la sua formazione eminentemente religiosa, Darwin visse come un'intima tragedia lo stridore tra le costruzioni mentali dei teleologisti e quanto ebbe occasione di studiare, avendolo osservato con i propri occhi. L'unica soluzione che gli parve logica, fu quindi di ammettere che “la presenza di così tanta sofferenza si sposa con la visione che tutti gli esseri viventi si siano sviluppati attraverso l’evoluzione e la selezione naturale”.  
 
Questo ha scritto Denis O. Lamoureux nel suo articolo Theological Insights from Charles Darwin (University of Alberta, 2004): 
 
Purtroppo, sia i secolaristi che numerosi cristiani evangelici hanno dipinto un quadro oscuro e sinistro delle implicazioni religiose della teoria della rivoluzione biologica di Charles Darwin. Ciò ha portato a un mito culturale che lo vede come uno dei moderni apostoli dell'incredulità. Tuttavia, la letteratura storica primaria rivela che Darwin ha pensato teologicamente per tutta la sua carriera e che le sue riflessioni erano sofisticate. In particolare, si è occupato dei temi religiosi del disegno intelligente in natura, del problema del dolore e della sovranità divina sul mondo. Le intuizioni teologiche di Charles Darwin sono preziose per comprendere le sfide che l'evoluzione biologica presenta alla religione. 
 
L'autore dell'articolo, che a quanto pare è un sostenitore delle dottrine del Disegno Intelligente, tende a negare che le conclusioni a cui Darwin giunse fossero realmente in contrasto con il teleologismo. Anche se trovo questa idea abbastanza opinabile, reputo di estremo interesse quanto esposto.  
 
Il primo periodo di riflessione religiosa del naturalista inglese va dal 1836 al 1839. Lo scetticismo si è fatto strada lentamente, iniziando dalla critica degli aspetti più stravaganti e pacchiani della narrazione veterotestamentaria: 

A quel punto ero gradualmente giunto a vedere che l'Antico Testamento per la sua storia manifestamente falsa del mondo, con la Torre di Babele, l'arcobaleno come segno, etc., ettc., e per il suo attribuire a Dio i sentimenti di un tiranno vendicatico, non era da prendersi sul serio più dei libri sacri degli Indù o di qualsiasi barbaro. 
 
Il passo successivo è stato il riconoscimento della regolarità dei processi naturali. Il rifiuto dei miracoli narrati nel Nuovo Testamento fu una conseguenza quasi automatica: 
 
Più conosciamo le leggi fisse della Natura, più incredibili diventano i miracoli... Gli uomini a quel tempo (I secolo d.C.) erano ignoranti e creduli a un livello per noi quasi incomprensibile. 
 
Nonostante rigettasse la divinità personale professata dal Cristianesimo, Darwin continuava a credere fermamente nell'esistenza di un Creatore. Si può dire che egli smise di aderire al teismo per passare a una forma di deismo. Va detto che all'epoca i religiosi non facevano molta distinzione tra deismo e ateismo. 
 
Gli astronomi potrebbero aver detto in precedenza che Dio ha ordinato a ogni pianeta di muoversi secondo il proprio particolare destino - Allo stesso modo Dio ordina a ciascun animale una certa forma in un determinato paese. Ma quanto più semplice e sublime è il potere di lasciare che l'attrazione agisca secondo a determinate leggi; queste sono conseguenze inevitabili; lasciare che gli animali siano allora creati dalle leggi fisse della generazione ... L'uomo nella sua arroganza si considera una grande opera degna dell'interposizione di una divinità; credo che sia più umile e più vero considerarlo creato a partire dagli animali.  
 
Stando a Lamoureux, la teoria dell'Evoluzione, secondo questa sua prima formulazione, non può essere propriamente definita come atea. Ancora dopo la prima pubblicazione della sua opera seminale L'origine della Specie (Origin of the Species), nel 1859, permane in lui la credenza nell'esistenza di un Creatore. In successive edizioni dell'opera (la seconda del 1860 e quella finale del 1872), compare addirittura la locuzione originariamente emanate dal Creatore (originally breathed by the Creator), in riferimento alle forme di vita primordiali. Si tratta però di un Creatore impersonale.   
 
Eppure, in una lettera al botanico Joseph Dalton Hooker, erutta in tutta la sua potenza la luminosa consapevolezza della Verità sulla natura dell'Artefice: 

Che libro potrebbe scrivere un cappellano del Diavolo sulle goffe, insensate, maldestramente abiette opere della Natura! 
 
La stessa esperienza di Darwin col dolore deve averlo portato a comprendere che l'Universo non è un giardino di delizie. Non soltanto egli fu straziato dalla morte della sua figlia di dieci anni, ma in seguito al suo famoso viaggio sul Beagle contrasse una malattia che lo portò a soffrire di nausea, vomito, vertigini, dolori al torace e palpitazioni per il resto della sua esistenza. Nel corso di un secondo intenso periodo di riflessione religiosa negli anni 1860-1861, cominciò a farsi strada in lui la necessità di rimuovere il concetto stesso di sovranità del Creatore in quanto non necessaria. Nel 1861 scrisse questo in una lettera a Charles Lyell: 
 
Il punto di vista secondo cui ogni variazione è stata provvidenzialmente organizzata mi sembra rendere completamente superflua la Selezione Naturale, e in effetti prendi l'intero caso della comparsa di nuove specie al di fuori della portata della Scienza. ... Mi sembra che le variazioni in condizioni domestiche e selvatiche siano dovute a cause sconosciute, e siano senza scopo, e finora accidentali; e che diventino dotate di scopo solo quando sono selezionate dall'uomo per il proprio piacere, o da ciò che chiamiamo Selezione Naturale nella lotta per la vita, e in condizioni mutevoli. Io non voglio dire che Dio non abbia previsto tutto ciò che sarebbe seguito; ma qui ci si avvicina molto allo stesso tipo di miserabile imbroglio come quello tra il libero arbitrio e la necessità preordinata.” 
(la parola imbroglio è in italiano nel testo originale)
 
Fu quello che i Catari chiamano peccato di disperazione a portare un uomo dal così grande ingegno ad abolire ogni concetto di Spirito, di Essere superiore all'origine della consapevolezza umana e di un Avversario all'origine del dolore. Questo possiamo dedurre con grande chiarezza: se Darwin fosse vissuto in altri tempi sarebbe stato un glorioso Manicheo. Semplicemente non ha trovato un modello religioso atto a spiegare l'immane crudeltà di un teatrino universale tanto sanguinario, preservando al contempo la bontà e la misericordia di Dio. Non è riuscito a concepire l'esistenza di un Dio del Male, eternamente separato dal Dio del Bene e ontologicamente dissimile.

sabato 20 giugno 2020

 
INVINCIBILE

Titolo originale: Invincible
Titolo in tedesco: Unbesiegbar

Lingua originale: Inglese
Paese di produzione: Regno Unito, Irlanda, Stati Uniti
     d'America, Germania

Anno: 2001
Durata: 133 min
Rapporto: Widescreen
Genere: Drammatico, storico
Regia: Werner Herzog
Soggetto: Werner Herzog
Sceneggiatura: Werner Herzog
Produttore: Gary Bart, Werner Herzog
Distribuzione in italiano: Ripley's Film
Fotografia: Peter Zeitlinger
Montaggio: Joe Bini
Effetti speciali: Mike Kelt, Alan Marques
Musiche: Klaus Badelt, Hans Zimmer
Scenografia: Ulrich Bergfelder, Markus Wollersheim
Costumi: Jany Temime
Trucco: Katharina Gütter, Bruny Ruland
Interpreti e personaggi:
    Tim Roth: Erik Jan Hanussen (nato Hermann Chaim 
          Steinschneider)

    Jouko Ahola: Zishe Breitbart
    Anna Gourari: Marta Farra
    Max Raabe: Presentatore effeminato
    Jacob Wein: Benjamin Breitbart
  
  Renate Krößner: Signora Breitbart
 
  Gary Bart: Yitzak Breitbart

    Gustav-Peter Wöhler: Alfred Landwehr
    Udo Kier: Conte Wolf-Heinrich von Helldorf
    Herbert Golder: Rabbino Edelmann
    Gary Bart: Yitzak Breitbart
    Alexander Duda: Heinrich Himmler
    Klaus Händl (Haindl): Joseph Goebbels
    Joachim Paul Assböck: Squadrista d'assalto
    Hark Bohm: Giudice
    André Hennicke: Investigatore
    Milena Gulbe: Infermiera
    James Mitchell: Dottore
    Juris Strenga: Insegnante
    Grigorij Kravec: Taglialegna
    Valerijs Iskevic: Giovane uomo
    Silvia Zeitlinger Vas: Signora Holm
    Hans-Jürgen Schmiebusch: Signor Peters
    Les Bubb: Rothschild (guitto che interpreta il ladro dei
        proventi della Grande Guerra)
    Tina Bordihn: Hedda Christiansen
    Rudolph Herzog: Mago
    Adrianne Richards: Ragazza del coro
    Amanda Lawford: Ragazza del coro 
    Beatrix Reiterer: Ragazza del coro
    Francesca Marino: Ragazza del coro
    Karin Kern: Ragazza del coro 
    Kristy Wone: Ragazza del coro
    Natalie Holtom: Ragazza del coro
    Sabine Schreitmiller: Ragazza del coro
    Ieva Alexandrova-Eklone: Dalila
    James Reeves: Colosso di Rodi
    Klaus Stiglmeier: Direttore del circo
    Jurgis Krasons (Karsons): Rowdy
    Rebecca Wein: Rebecca
    Raphael Wein: Raphael
    Daniel Wein: Daniel
    Chana Wein: Chana
    Guntis Pilsums: Taverniere
    Torsten Hammann: Capobanda
    Ben-Shion Hershberg: Gershon
 
Trama: 
Zishe Breitbart è un giovane e robusto fabbro che vive con la famiglia in uno shtetl della Polonia orientale, nella profonda terra ashkenazita. Il ragazzo lavora con suo padre, un uomo molto pio e osservante, un charedì. A un certo punto giunge nello shtetl un impresario teatrale tedesco, cinico e grassoccio, con i capelli radi e rossicci, che nota le grandi doti di Zishe e gli propone quindi di seguirlo per lavorare con lui a Berlino. Data la struttura della famiglia ashkenazita, molto oppressiva e soffocante, il padre del ragazzo non vorrebbe farlo partire. Tuttavia è anche vero che l'impresario mette l'anziano in una posizione insostenibile. Il patriarca non può ammettere di comandare a bacchetta il suo figlio maschio, così è costretto a lasciargli la libertà di scelta, anche perché l'impresario è uno che maneggia i soldi e promette una grande fama. Riflettendo sulla propria vita, alla fine Zishe decide di seguire l'uomo giunto dalla Germania. Il suo ragionamento è semplice e cristallino: "Dio mi ha dato molta più forza di quanta ne serve a un fabbro". Così il giovane vigoroso prepara i bagagli e parte. Viaggia verso Berlino a piedi, macinando miglia senza prendere un mezzo, se si eccettua un passaggio su un carro. Un'impresa assai degna di nota. Alla fine riesce ad arrivare dal suo nuovo datore di lavoro, l'eccentrico Erik Jan Hanussen, che ha fama di medium e di chiaroveggente: il locale di cabaret da lui gestito, denominato "Palazzo dell'Occulto" (Palast des Okkulten), è molto frequentato dagli squadristi d'assalto e dalla dirigenza del Partito Nazionalsocialista. È proprio in questo contesto che Zishe viene per la prima volta a conoscenza dell'esistenza di un violento antisemitismo in Germania. Hanussen, che è un personaggio molto ambiguo e sinistro, per convenienza sostiene Adolf Hitler, da cui sogna di essere nominato Ministro dell'Occulto. Dà al giovane ashkenazita vesti sceniche e un elmo cornuto, in modo tale che sembri un antico teutone. Quindi lo presenta col nome di Siegfried, facendolo esibire in numeri di forza particolarmente apprezzati dalle Camicie Brune - che ignorano quali siano le sue vere origini. Lo acclamano e lo identificano con il concetto di superiorità razziale ariana. Tra uno spettacolo e l'altro, Zishe si innamora della bella pianista, Marta Farra, che ha un'umiliante relazione con Hanussen. Un giorno, all'improvviso, non reggendo più l'impostura, sentendo in sé fierezza in seguito a una visita della madre e del fratellino, il ragazzo rivela in pubblico di essere ebreo, di essere un Sansone e non un Sigfrido. Alle SA la cosa non fa certo piacere (intonano all'istante Deutschland erwache!), ma Hanussen non si scompone affatto: da quella sera si moltiplicano gli spettatori della Comunità Ebraica, che vedono in Zishe un eroe. I guadagni così sono moltiplicati. Non potendo comunque permettersi di perdere i clienti con l'Armband, il mago decide di screditare Zishe tramite un grottesco numero in cui tramite il mesmerismo pretende di dare a Marta Farra una forza immensa, ma la macchinazione non ha l'effetto sperato. Il forzuto ragazzo denuncia Hanussen per truffa e la cosa finisce in tribunale. Durante il processo, si scopre che il cognome del medium è tipicamente ebraico: Steinschneider. Per lui è l'inizio della catastrofe. Gli squadristi lo prelevano e lo fanno sparire. Il corpo maciullato viene trovato di lì a poco e proprio Zishe è chiamato dalla polizia ad effettuare il riconoscimento - cosa che avviene. Non avendo altro da fare in Germania, il nerboruto giovane decide di tornare in Polonia, nel suo borgo natio. Si convince di avere una missione. Ha ricevuto da Hanussen i suoi poteri di chiaroveggenza: vede la tremenda persecuzione che si scatenerà a breve e si convince di essere stato scelto da Dio per difendere il suo popolo, come un novello Sansone. Mentre cerca di convincere i suoi compaesani, molto scettici, si ferisce a una coscia con un chiodo ed è colpito dalla setticemia. Morirà tra atroci tormenti, in un ospedale israelitico, dopo ben unidici vane operazioni. Il suo trapasso avverrà proprio due giorni prima dell'ascesa di Hitler al potere, il 28 gennaio 1933.

Alcune scene memorabili: 
1) Herr Hanussen palpa avidamente le natiche della sua infelice amante, Fräulein Farra, esclamando alla faccia dell'allibito Zishe: "Guarda, ragazzo mio, il sedere più rotondo di tutta la terra di Dio! Ed è mio! Tutto mio!"  
2) Gli incubi di Zishe, in cui innumerevoli e voraci granchi rossi invadono la terra, salendo dal mare. Non ci sono dubbi: sono portenti sinistri e spaventosi, che annunciano l'annientamento degli Israeliti europei.  
 

Recensione: 
Un capolavoro immenso e toccante, che non mi stancherei mai di rivedere. Al centro della narrazione c'è un uomo solo e disadattato che lotta contro l'insensatezza di un mondo a lui estraneo. Giunge fino all'estremo limite, con fatica e strazio, ma ecco che a quel punto interviene l'Angelo della Morte, distruggendo le sue speranze illusorie. Come in altre occasioni, Herzog mescola inestricabilmente la storia all'invenzione. Ci sono dettagli della vita dei personaggi che sono stati molto cambiati rispetto alla realtà, cosa che ha attirato numerose critiche al regista. Potremmo parlare di contrapposizione tra vero poetico e vero storico. Altri, poco clementi, parlano di falsificazione storica - accusa che mi pare davvero ingenerosa. All'eroico Zishe Breitbart sono stati attribuiti ben 7 anni di vita in più (morì il 12 ottobre 1925 e non il 28 gennaio 1933, come riportato dalla scritta che compare alla fine del film). Non penso che si tratti di una svista da parte del regista, come pure è stato ipotizzato. Con ogni probabilità è una licenza poetica intenzionale. Quando si guarda il film, è consigliabile prenderlo per quello che è, per il significato che ha, sospendendo la critica. La ricostruzione dello shtetl e della sua gente è talmente realistica che sembra di aver viaggiato con una macchina del tempo. L'attore che ha interpretato Zishe Breitbart, il finlandese Jouko Ahola, è realmente un forzuto che ha compiuto i sollevamenti e gli altri numeri visti nella pellicola herzoghiana. Direi che nel ruolo è eccellente, anche considerando che non è un attore professionista. Ottima e molto efficace è l'interpretazione di Tim Roth nel ruolo dell'inquietante Erik Jan Hanussen: certamente l'attore si è calato nel personaggio, tanto da trasmettere allo spettatore l'impressione di avere davanti l'emissario di un universo di tenebra assoluta, densissima, annichilente. 
 
 
Il vero Zishe Breitbart

Siegmund "Zishe" Breitbart (1883 - 1925) nacque a Łódź, in Polonia, da una famiglia ebraica che da generazioni tramandava di padre in figlio la professione del fabbro. I suoi genitori scoprirono presto che possedeva una forza a dir poco straordinaria: quando aveva solo tre anni riuscì a sollevare con facilità una grossa sbarra di ferro che gli era caduta addosso. A quattro anni iniziò a lavorare alla forgia. Durante la Grande Guerra fu reclutato dall'esercito russo e fu preso prigioniero dai tedeschi. Finito il conflitto rimase in Germania, dove visse esibendosi in mercati e fiere con numeri straordinari in cui piegava sbarre di ferro, tranciava catene coi denti, spezzava ferri di cavallo con le mani, sorreggeva enormi pesi che gli gravavano sul torace. Fu soprannominato Eisenkönig, ossia "Re di Ferro". Non sembravano esserci limiti alla sua forza erculea: arrivò a trainare servendosi solo dei denti un grande carro con sopra 40 persone. La morte lo colse prematuramente a 42 anni. Mentre si trovava a Berlino, si stava esibendo in un suo numero classico: piantava chiodi a mani nude in una spessa tavola di legno. Uno di questi chiodi, trapassato il legno, gli perforò una coscia, proprio come si vede nel film di Herzog - anche se il contesto era diverso. I medici non furono in grado di arrestare l'infezione. Breitbart morì dopo otto giorni di agonia, avendo subìto l'amputazione di entrambe le gambe. In realtà non era ingenuo come il personaggio herzoghiano. Aveva inventato e pubblicizzato un apparecchio per aumentare la forza fisica, il "Breitbart Apparatus", fatto di manubri e piastre di metallo, che vendeva assieme a un corso per corrispondenza. Viaggiò a lungo in Europa e in America con il Circo Busch. Divenne addirittura cittadino americano nel 1923. Non ci sono dubbi sul fatto che per un certo periodo divenne un simbolo della resistenza degli Isreaeliti all'antisemitismo rampante.
 
 
Il vero Erik Jan Hanussen 
 
Erik Jan Hanussen (Vienna, 3 giugno 1889 - Berlino, 25 marzo 1933) si presentava come nobile danese, ma in realtà si chiamava Hermann Chaim Steinschneider. Il primo nome è riportato anche come Herschmann o Herschel. Il secondo nome, Chaim, significa "Vita" ed è comune tra gli Ashkenaziti; a dispetto dell'assonanza, non è connesso con Caino, che ha una diversa etimologia. Suo padre era l'attore ebreo moravo Siegfried Steinschneider, secondo alcuni "girovago e nullatenente", secondo altri "curatore di una sinagoga". Sua madre era la cantante viennese Antonie Julie Kohn, anch'essa ebrea. È riportato che la famiglia Kohn, molto osservante, non accettava la sua relazione con un attore e costrinse la ragazza a partorire segretamente in una cella di un commissariato di Vienna. Per poco il travaglio non si risolse in un aborto: se questo fosse successo, Hanussen non sarebbe mai esistito e Adolf Hitler non sarebbe mai andato al potere. Hermann ebbe un'infanzia molto movimentata e travagliata. Dopo la Grande Guerra iniziò la sua carriera di ipnotista e mentalista a Berlino, che gli permise di raggiungere in breve tempo un'immensa fama. Ebbe grande familiarità con i Nazisti, nonostante le sue origini ebraiche. Herzog ha tratteggiato molto bene il carattere del paragnosta, tuttavia fa credere allo spettatore che Adolf Hitler e i suoi uomini non fossero al corrente della sua ascendenza. In realtà il Führer e i dirigenti della NSDAP sapevano tutto nei minimi dettagli, fin dall'inizio. Hitler volle incontrare Hanussen ugualmente, ne ascoltò con estrema attenzione le profezie che gli predicevano l'ascesa al potere. Non soltanto: apprese da lui le tecniche della mimica e dell'oratoria che gli permisero di accrescere a dismisura la propria popolarità, ottenendo così il trionfo. La morte di Hanussen non è certo stata causata dalla stizza dei Bruni per essere stati ingannati da un astuto israelita. Siamo di fronte a uno dei più grandi misteri del XX secolo. Le ipotesi fatte per portare qualche lume in questo buio sono tutte abbastanza insoddisfacenti. L'opinione corrente è che l'omicidio del mago sia stato ordinato dai gerarchi che lo odiavano perché gelosi della predilezione che Hitler gli aveva accordato. Tuttavia è molto difficile credere che qualcuno nel Partito potesse prendere la decisione autonoma di far sopprimere una persona gradita al Führer.  

 
Gli insondabili enigmi di Hanussen 

Descritto come illusionista e ciarlatano, in realtà Hanussen ha dato prova di possedere capacità inspiegabili. Anche se ha fatto ampio uso di capacità mentalistiche e di trucchi, restano pur sempre dati di fatto che non si riescono facilmente ad analizzare. Ha risolto numerosi casi di furti e omicidi, considerati estremamente difficili dalla polizia tesesca, austriaca e ceca. Ha predetto la morte di numerose persone e le sue previsioni si sono puntualmente verificate, sia nel tempo che nei modi. Non soltanto ha previsto l'instaurazione del III Reich: ha previsto anche la fine del regime tra bombardamenti e fiamme, dopo un periodo di 12 anni. Ha previsto la morte di Stalin nel 1953, sbagliando solo di pochi mesi. Ha previsto la propria morte in tempi non sospetti. Herzog dipinge i dirigenti della NSDAP come incapaci di trattenere un piano segreto, pronti a rivelare ogni cosa alle attrici e alle prostitute. Vediamo Himmler, in stato di ebbrezza, farfugliare del progetto di incendiare il Reichstag. In realtà il mago aveva predetto ripetutamente l'incendio del Reichstag pochi giorni prima che accadesse realmente. Questa profezia accadde la sera del 24 febbraio 1933 e ancora il 26 febbraio. Il Palazzo andò in fiamme il giorno 27. Diversi storici tedeschi hanno anche suggerito che Hanussen fosse proprio l'ideatore di tale piano (Gordon, 2004). La cosa non mi sorprenderebbe affatto. Il punto è che l'accaduto andava troppo oltre. Era di assoluta importanza per il Partito mettere a tacere ogni sospetto. Il medium si rese irreperibile, cambiando di continuo identità e residenza, ma fu raggiunto dalle SA, portato alla sede della Gestapo, torturato atrocemente e ucciso con tre colpi di pistola sparati a bruciapelo nel cranio. Nel giro di poco tempo, ogni traccia dello scomodo rapporto con Hanussen fu rimossa - il che non ha impedito che le evidenze siano giunte fino a noi, come un cadavere emerso dalle sabbie mobili. 

 
Heinrich Himmler e le sue bizzarrie  

Hanussen era famoso per i suoi festini, a cui erano regolarmente invitati gli esponenti della NSDAP. Nel film di Herzog assistiamo a un'orgia sfrenata, in cui Heinrich Himmler, riconoscibile all'istante dalla sua peculiare fisionomia nipponica, si prostra in adorazione dei sensuali piedi di un'attrice, versando champagne in una scarpetta e bevendo avidamente, con voluttà infinita. Non ci sono dubbi, egli è un personaggio universalmente esecrato in quanto criminale genocidario. Resta però il fatto che ha avuto una morte fulminea e senza pena, degna di grande invidia. Soprattutto invidio una morte così perché sono costretto a vivere in una nazione che rende quasi impossibile la rapida e indolore liberazione dal carcere corporale, in nome della tirannia di un abominevole culto neolitico della "sacralità della vita". Vorrei poter disporre della fatidica capsula, in caso di bisogno, con buona pace delle convulsionarie che chiamano "opportunità" l'orrore dell'Esistenza. Detto questo, ci sono molte cose che mi incuriosiscono nella figura del Reichsführer delle Schutzstaffel. Come si possono spiegare la sue caratteristiche fisiche? Avrebbe potuto benissimo essere un giapponese. Aveva la plica mongolica. All'inizio pensavo ad atavismi risalenti agli Unni, ma la cosa non mi convinceva del tutto: come poteva essersi conservato per tanto tempo un fenotipo così marcato? A un certo punto sono giunto a ipotizzare che il suo vero padre fosse un diplomatico del Sol Levante, ma ho dovuto desistere di fronte a un fatto inoppugnabile. Quando ho visto una foto del padre di Heinrich Himmler, Joseph Gebhard, mi sono reso conto all'istante che gli somigliava quasi come se ne fosse stato un clone! Resto a brancolare nel buio, senza spiegazioni attendibili.  
 

La natura del Tempo -
Conversazione tra Hanussen e Himmler 
 
Riporto in questa sede un dialogo che reputo di estremo interesse. 
 
Himmler: "Posso farvi una domanda da parte del nostro Führer, signore?"
Hanussen: "Ne sono onorato."
Himmler: "Il Führer, che apprezza le vostre predizioni per il futuro, e che riguardo alla vostra previsione storica è totalmente d'accordo con voi, signor Hanussen, l'altro giorno ha chiesto in un ristretto circolo come la chiaroveggenza possa essere in accordo con il principio di causa e di effetto, che è una legge della Natura." 
Hanussen: "Alla Natura non importa cosa pensiamo di essa, né delle leggi che le attribuiamo. Nella realtà non esiste veramente la chiaroveggenza, perché per me non c'è il futuro."
Himmler: "Cosa intendete?"
Hanussen: "Non esiste il futuro. Solo uno stato di cose e di eventi. Non si può immaginare il Cosmo come qualcosa che è stato o che sta per essere. Gli eventi sono punti fermi. Solo l'uomo corre in avanti. Immaginate il tempo come un dado e le sezioni del tempo come le facce del dado. L'essere umano comune vede solo una faccia, la faccia che ha di fronte, e che è il presente. Il chiaroveggente invece, nello stato di trance, percorre tutte le facce del dado e lo vede anche da dietro, e quella è la faccia del futuro, che con il tempo diventerà il presente. Signor Himmler, per favore dite al Führer che io ho visto il suo avvento, e che gli do il benvenuto come il redentore del popolo tedesco."
 
Hitler e Himmler sono legati alla concezione newtoniana del tempo come dimensione indipendente o contenitore delle cose e degli eventi. Quella che Hanussen illustra è invece un'ontologia temporale B-eternista, non tensionale, che non riconosce alcuna intrinseca differenza tra passato, presente e futuro. In essa la sensazione di scorrimento è illusoria e la natura del tempo è indistinguibile da quella dello spazio: gli eventi sono soltanto punti immobili in una specie di Iperuranio. 
 

La sfida tra Hanussen e Breitbart 

Un pronipote di Zishe Breitbart, Gary Bart (produttore del film assieme a Herzog), ha rilasciato un'intervista in inglese d'America spiegando come sono andate realmente le cose. Nel lontano 1924 Hanussen volle sfidare Breitbart per umiliarlo. Il suo piano era a dir poco contorto: il celebre illusionista sosteneva di essere in grado di servirsi del mesmerismo per trasmettere una forza immensa alla sua collaboratrice Martha Kohn, nota come Marta Farra (ne aveva altre due che usavano quello pseudonimo). La sfida si svolse in un ristorante. Accadde però che un ingegnere presente tra il pubblico riuscì a smascherare un sofisticato trucco, una specie di pistone idraulico nascosto, dimostrando così che Hanussen stava barando. Ne nacque una causa legale. Herzog ha preso spunto da questo episodio, ma presentandolo in un contesto del tutto diverso. La Farra ipnotizzata, a detta del paragnosta, aveva ricevuto una forza tale da permetterle di sollevare un elefante (in realtà non era debole e passiva come nel film: aveva comunque una certa forza fisica). In particolare, nel 1924 è sommamente improbabile la presenza di SA e di dirigenti del Partito Nazionalsocialista: ricordiamoci che nell'inverno del 1923 si è svolto il fallimentare Putsch della Birreria e che Hitler ai tempi della sfida tra Hanussen e Breitbart si trovava in carcere a scrivere il Mein Kampf
 
Per maggiori dettagli rimando al sito dello Yiddish Book Center
 


I 36 Giusti Sconosciuti 
 
Il Rabbino Edelmann descrive a Zishe Breitbart una singolare dottrina. Riporto in questa sede il dialogo: 
 
Zishe Breitbart: "All'improvviso mi ha colpito come una grande luce, e tutto mi si è chiarito. È stato come... come se Dio Onnipotente mi parlasse."
Rabbino Edelmann: "Hai trovato la tua fede, hai trovato Dio. Mi è stato chiaro dal primo giorno in cui ti ho conosciuto, che Lui ti aveva trovato tanto tenpo fa."
Zishe Breitbart: "E come posso diro, il mio Fato, il mio Destino, finalmente mi è stato rivelato."
Rabbino Edelmann: "E qual è, amico mio?"
Zishe Breitbart: "Vedo arrivare qualcosa di terribile. Così terribile che non trovo parole per descriverlo. Un pericolo, un terribile pericolo per noi Ebrei."
Rabbino Edelmann: "Come posso capire quello che stai dicendo?" 
Zishe Breitbart: "Non lo capisco neanch'io. È come... è come se io adesso fossi diventato Hanussen, il chiaroveggente. Voglio dire, vedo tutto qui davanti a me."
Rabbino Edelmann: "Che vuoi dire? Che intenzioni hai?"  
Zishe Breitbart: "Ho una missione, sono stato chiamato. Devo essere il nuovo Sansone per il mio popolo."
Rabbino Edelmann: "Sai, Zishe, parlo come se fossi uno dei Giusti Sconosciuti."
Zishe Breitbart: "Come sarebbe? Chi sono?"
Rabbino Edelmann: "Ecco, vedi, Zishe, In ogni generazione nascono fra gli Ebrei 36 uomini che Dio ha scelto per portare il fardello della sofferenza del mondo, e ai quali ha concesso il privilegio del Martirio. Il mondo si appoggia su 36 comuni mortali, totalmente indistinguibili da noi. Spesso non si riconoscono neppure fra loro. I più commiserevoli sono gli uomini giusti che rimangono ignoti anche a se stessi. Quando un giusto sconosciuto sale in cielo, è così congelato che Dio deve riscaldarlo per mille anni fra le sue dita, prima che la sua anima si possa aprire al Paradiso. Ed è noto che alcuni rimangono per sempre inconsolabili alle pene degli uomini, tanto che neanche Dio stesso riesce a scaldarli. E quindi, di tanto in tanto, il Creatore, benedetto sia il Suo Nome, mette l'orologio del Giudizio Universale avanti di un minuto."
 
Proprio quando Zishe Breitbart crede di aver trovato il senso profondo dell'Esistenza, viene abbattuto. Le parole con cui cerca di descrivere il futuro agli abitanti dello shtetl richiamano quelle del Colonnello Kurtz. "Ascoltate! Ascoltatemi! Io lo vedo! Lo vedo!", avverte. "Che cosa?", chiede un giovane irridente. "L'Orrore... L'Orrore...", risponde Zishe. Gli astanti se ne vanno infastiditi, considerandolo un pazzo. Quando gli viene chiesto di dare una prova di quello che dice, accade l'irreparabile. Proprio quando egli in qualche modo chiama Dio a testimone della sua missione, si produce un evento infausto. Inizia a piantare alcuni chiodi in una tavola di legno, servendosi delle nude mani come se fossero martelli. A un certo punto pianta un chiodo con troppa forza. La punta acuminata e arrugginita trapassa la tavola di legno e si conficca in coscia. Uno dei presenti propone di usare della vodka per disinfettare la ferita, ma Zishe prende la cosa alla leggera, dicendo che è meglio bere il distillato anziché sprecarlo. Ormai è troppo tardi. L'Assurdo ha fatto irruzione nella sua vita, annientandola. Ma forse il Rabbino Edelmann direbbe che al povero Zishe è stato accordato proprio il privilegio del Martirio.  


I granchi rossi dell'Isola di Natale 

Esiste a sud di Giava e Sumatra una piccola isola, conosciuta col nome di Isola di Natale (Christmas Island). Appartiene all'Australia ed è il luogo di origine di una peculiare specie di crostaceo: il granchio rosso (Gecarcoidea natali). Da ottobre a dicembre, durante la stagione umida, avvengono imponenti migrazioni di questi amabili animaletti dalla parte interna e selvosa dell'isola verso le spiagge, che sono il luogo favorito per l'accoppiamento. Le uova, scaricate in mare, si schiudono a contatto con l'acqua. Le larve che non vengono trasformate in sterco dai predatori, si sviluppano fino a diventare simili a minuscoli gamberetti, il cui nome scientifico è megalope. Diventano poi piccoli granchi che emergono dai flutti, simili a creature lovecraftiane. La popolazione è decimata dall'introduzione accidentale di un insetto alloctono, la formica pazza gialla (Anoplolepis gracilipes), chiamata così per i movimenti convulsi ed erratici che compie quando viene disturbata. Questo imenottero si insinua nelle pieghe tra le placche della corazza del granchio rosso, penetrando nelle carni succulente e dilaniandole! So che il crostaceo è una specie protetta. Tuttavia quello che mi sono chiesto è perché i nativi non l'abbiano da lungo tempo estinta facendone colossali fritture e ingurgitando a quattro palmenti la polpa. Ebbene, a questa angosciante interrogativo c'è una risposta deprimente: i granchi rossi non sono commestibili, perché contengono una tossina molto velenosa che resiste alla cottura! Quanta biomassa sprecata!

Curiosità 

Invincibile è stato per Herzog il primo film dotato di trama dopo quasi un decennio di documentari. Spesso nei siti di critica cinematografica si parla di questo evento, etichettandolo come "ritorno alla fiction".
 
Pur essendo stato presentato al Festival del cinema di Venezia il 3 settembre 2001, nelle sale italiane è uscito soltanto il 26 luglio 2008, con ben 7 anni di ritardo. La scarsa considerazione che quest'opera ha ricevuto ha dell'incredibile.  

Udo Kier, l'attore che interpreta il Conte Wolf-Heinrich von Helldorf, è realmente un nobile tedesco. Grande è la somiglianza di Kier con un amico: quando l'ho visto, per un attimo ho quasi pensato che fosse lui - anche se dubito molto che sarebbe contento di un simile ruolo.

Alcune delle scene con i granchi rossi dell'Isola di Natale compaiono anche in un altro film di Herzog, il documentario Echi da un regno oscuro (Echos aus einem düsteren Reich, 1990), incentrato sulla controversa figura di Jean-Bedel Bokassa. 

Le canzoni d'epoca sono cantate realmente da Max Raabe, fondatore e bandleader del gruppo Palast Orchester: nel film interpreta l'antipatico presentatore degli spettacoli del Palazzo dell'Occulto. Ho subito notato il suo strano e ambiguo portamento. 
 
Il tavolo usato da Hanussen per le sedute spiritiche è identico a quello visto nel film Il dottor Mabuse, di Fritz Lang (1922).
 
Citazioni 

"In un paese lontano, non so bene quale, comunque una terra lontana, un principe impazzì e si convinse di essere un gallo. Si nascondeva sotto il tavolo, stava nudo e mangiava solo grano. Il Re suo padre chiamò per guarirlo dottori e stregoni, ma invano. Un giorno arrivò a corte un saggio che nessuno conosceva; si spogliò e andò sotto il tavolo con il principe, dicendo che era anche lui un gallo; e alla fine lo convinse a vestirsi e a sedersi a tavola con gli altri. "Ma non crediate - disse il saggio - che solo perché mangia seduto a tavola con gli altri un gallo smetta di essere tale." Qualunque cosa tu faccia con gli uomini, o per gli uomini, rimani sempre il gallo che eri prima."
(storiella raccontata da Zishe al fratellino, Benjamin)