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venerdì 18 giugno 2021

 
L'INCREDIBILE TRAPIANTO
A DUE TESTE
 
 
Titolo originale: The Incredible 2-Headed Transplant
Anno: 1971
Paese: Stati Uniti d'America
Lingua: Inglese  
Durata: 87 min
Rapporto: 1.85:1
Genere: Orrore, fantascienza  
Regia: Anthony M. Lanza  
Sceneggiatura: James Gordon White, John Lawrence, 
   Ross Massbaum
Produzione:  John Lawrence, Miguel Zacarías,
   Nicholas Wowchuk, Alvin L. Fast, Arthur N. Gilbert
Musiche: John Barber  
Fotografia: Glen Gano, Paul Hipp, Jack Steely 
Costumi: Susan Arnold
Direzione artistica: Ray Markham 
Trucco: Gloria Betrue, Barry Noble  
Effetti speciali: Ray Dorn
Interpreti e personaggi:
   Bruce Dern: Dott. Roger Girard
   Pat Priest: Linda Girard
   Casey Kasem: Dott. Ken Anderson
   Albert Cole: Manuel Cass
   John Bloom: Danny Norton
   Leslie Cole: Young Danny
   Berry Kroeger: Dott. Max
   Larry Vincent: Andrew Norton
   Jack Lester: Sceriffo
   Jerry Patterson: Deputato
   Darlene Duralia: Miss Pierce
   Raymond Thorne: Motociclista n.1
   Gary Kent: Motociclista n.2
   Mary Ellen Clawsen: Motociclista femmina
   Janice P. Gelman: Vittima adolescente
   Mike Espe: Vittima adolescente
   Andrew Schneider: Adolescente
   Eva Sorensen: Adoloscente 
Titoli in altre lingue: 
   Tedesco: Der Mann mit den zwei Köpfen 
Slogan: This brain wants to love... This brain wants to kill
 
Trama: 
Il dottor Roger Girard è un ricco scienziato che sperimenta il trapianto craniale sugli animali, ottenendo meraviglie mitologiche come cani a due teste. Il suo custode ha un figlio di nome Danny, che è un uomo adulto estremamente robusto ma con la mente di un bambino a causa di un danno cerebrale subìto in un incidente in miniera. In un'insolita svolta degli eventi, Manuel Cass, uno psicopatico e serial killer fuggito recentemente, ha ucciso il custode del dottor Girard e rimane a sua volta gravemente ferito. Data una possibilità senza precedenti di utilizzare soggetti umani - un malato di mente ferito a morte e un disabile con poche possibilità di sopravvivere senza aiuti - nessuno dei quali mancherà al mondo - il dottor Girard trapianta la testa di Cass sul corpo di Danny per dimostrare che le sue tecniche possono essere applicate anche agli esseri umani. La nuova creatura bicipite, con una testa di un assassino e l'altra con la capacità mentale di un bambino di otto anni, attaccata a un corpo estremamente potente, fugge e semina il caos, commettendo molteplici omicidi. Dopo che il mostro a due teste ha rapito Linda, la moglie del dottor Girard, si scatena una caccia per neutralizzarlo. Ecco che il dottor Girard, il dottor Max e il dottor Anderson lo inseguono fino a respingerlo in una miniera abbandonata. Anderson riuscirà a salvare Linda, ma Girard, Max e la creatura morranno nel crollo del cunicolo minerario. 

 
Recensione:  
Questa pellicola è abbastanza squallida e può essere considerata soltanto un nullità assoluta. Non si può in alcun modo difendere questo schifo abietto. In pratica quello che viene mostrato è un trapianto estremamente grossolano: una testa mozzata cucita alla bell'e meglio sul tronco di un'altra persona. Il regista non aveva la benché minima idea sulle difficoltà pratiche di un simile intervento. Forse pensava addirittura che una testa si possa avvitare su un tronco come si fa con una lampadina! Se ne fregava del problema della colonna vertebrale e delle difficoltà date dalle terminazioni nervose, per non parlare dei vasi sanguigni. Trionfa un'ignoranza totale di ogni principio basilare dell'anatomia. Il film di Lanza ha sempre esercitato un certo fascino sui fan degli horror del più infimo livello, per via della mostruosa combinazione tra il ghigno sdentato di Albert Cole e la sua natura di mostro folle, allucinato e allucinante, che prende facilmente il controllo sul pianto di un ritardato John Bloom, lasciandosi dietro una scia di sangue e di morte. Queste desolanti sequenze a basso budget sono accompagnate da una colonna sonora stridente, tipica dei primi anni '70. Non credo proprio che rivedrò L'incredibile trapianto a due teste una seconda volta.     
 
Problemi di ontologia  

Come deve essere considerata una creatura bicipite? Difficile rispondere. Possiamo soltanto dire questo: nel caso del film di Lanza non abbiamo a che fare con un vero mostro dalle due teste, perché non c'è una fusione credibile tra parti provenienti da due persone diverse, cucite assieme in modo tanto grossolano che al confronto anche una sarta cinese se la sarebbe potuta cavare egregiamente. Si tratta così di due esseri distinti in tutto, costretti a condividere uno stesso corpo. Cosa anche più assurda, il pieno controllo dell'intero corpo è soltanto in potere del cervello della testa del maniaco. La testa che è stata impiantata dovrebbe essere un mero parassita, invece è quella che determina ogni movimento, rendendo impotente l'altra, nonostante tutte le difficoltà tecniche che ho descritto.     
 
Curiosità 
 
Le riprese furono completate in soli sei giorni. L'attore protagonista, Bruce Dern, rivelò in seguito di non essere stato pagato per il suo lavoro. Gli era stato emesso un assegno di 1.700 dollari US durante le riprese; quando è andato in banca per incassare il compenso, l'assegno è risultato scoperto. Tornato sul set il giorno successivo, come previsto per le riprese, tutto era già stato sbaraccato. 

Quando il dottor Girard mostra al dottor Anderson i suoi esperimenti sugli animali a due teste, lo spettatore viene ingannato e indotto a credere che siano bicefali genuini. Tra questi animali ci sono una scimmia, una volpe e un coniglio. L'unico mostrato in primo piano e autentico è un serpente a due teste. Infatti i serpenti a due teste esistono davvero. 

Prima che inizino i titoli di coda, c'è una ripresa di un robot giocattolo abbandonato, quando i personaggi si allontanano dopo la tragica scomparsa della creatura a due teste. Il simulacro proviene dalla collezione di giocattoli Zeroids della Ideal Toy Company nel 1968: in particolare è lo Zeroid d'argento, Zintar. L'inquadratura dello Zeroid gettato via come un rifiuto sembra essere una metafora della Scienza del dottor Frankenstein: la creazione della creatura a due teste ha contribuito a portare al rifiuto della Scienza da parte del genero umano. Un contenuto irrilevante solo in apparenza, in realtà tristemente profetico.
 
Un doppione da record! 
 
La cosa che più sorprende è l'esistenza di un altro film, intitolato La cosa con due teste (The Thing with Two Heads), uscito a un anno di distanza, nel 1972! Spesso le due pellicole, estremamente simili, sono addirittura confuse.  
 
 
LA COSA CON DUE  TESTE 
 
Titolo originale: The Thing with Two Heads  
AKA: The Beast with Two Heads; The Man with Two Heads;
     L'esperimento diabolico
Anno: 1972 
Paese: Stati Uniti d'America
Lingua: Inglese 
Durata: 90 min
Rapporto: 1.85:1
Genere: Orrore, fantascienza, blaxploitation 
Regia: Lee Frost 
Soggetto: Wes Bishop, Lee Frost 
Produttore: Wes Bishop
Produttore esecutivo: John Lawrence, James H.
    Nicholson
Musiche: Robert O. Ragland
Fotografia: Jack Steely
Effetti speciali: Gail Brown, Tom Burman, Peter
   Peterson, Charles  Schram, Dan Striepeke, James
   White
Interpreti e personaggi: 
   Ray Milland: Dott. Maxwell Kirshner
   Rosey Grier: Jack Moss
   Don Marshall: Dott. Fred Williams
   Roger Perry: Dott. Philip Desmond
   Kathy Baumann: Patricia
   Chelsea Brown: Lila Moss
   John Dullaghan: Thomas
   John Bliss: Donald
   Jane Kellem: Signorina Mullen
   Rod Steele: Rappresentante medico
   Lee Frost: Sergente Hacker
   Wes Bishop: Dott. Smith
   Rick Baker: Gorilla bicipite 
   Britt Nilsson: Infermiera
   Joan Prather: Infermiera (non accreditata)
   Phil Hoover: Poliziotto
   Ray Sebastian: Poliziotto in auto (non accreditato)
   Michael Viner: Guardia carceraria
   Jerry Butler: Guardia carceraria
   William Smith: Energumeno condannato
   Tommy Hook: Prete
   George E. Carey: Mitch
   Dick Whittington: Cronista TV
   Ron Gans: Cronista (non accreditato)
   Albert Zugsmith (cameo)
Titoli in altre lingue: 
   Tedesco: Das Ding mit den 2 Köpfen
   Francese: La chose à deux têtes
   Spagnolo: El experimento diabólico
   Portoghese (Portogallo): O Homem com Duas Cabeças
   Portoghese (Brasile): O Monstro de Duas Cabeças 
   Rumeno: Monstrul cu două capete
   Russo: Нечто с двумя головами 
   Finlandese: Kaksipäinen hirviö
 
 
Trama: 
Il dottor Maxwell Kirshner arriva in una villa su una sedia a rotelle; una volta entrato chiede se il suo esperimento ha avuto successo. Un inserviente gli risponde affermativamente. Il dottor Kirshner viene portato nel seminterrato e vede l'esito dell'esperimento: un gorilla a due teste. Il dottor Kirshner torna al suo istituto ospedaliero per supervisionare un'operazione eseguita dal suo caro amico e medico associato, Phillip Desmond. Poi torna nel seminterrato dal suo gorilla bicipite per rimuovere una delle teste dal suo corpo. Ordina ai suoi assistenti di sedare la sua creatura, ma i piani vanno male: la scimmia aberrante si adira non appena vede l'ago e fa cadere il dottor Kirshner dalla sua sedia a rotelle, ferendolo gravemente, quindi distruggere il laboratorio e fugge. Entra in un supermercato, vi porta devastazione e si ingozza di banane. Presto però la bestia viene sedata e catturata. Kirshner assume un nuovo medico, Fred Williams, per aiutare Desmond, ma quando scopre che è afroamericano gli dice che non è più necessario. Williams si offende molto per il razzismo di Kirshner. La seconda testa del gorilla viene rimossa con successo. Tutto è pronto per il trapianto a un donatore sano. Desmond non ne è sicuro e teme che le cose vadano in merda. Il dottor Kirshner lo rassicura, dicendogli che la testa rimossa dal gorilla è quella originale, il che dimostra che una testa trapiantata può continuare a funzionare su un altro corpo. Nel frattempo, nel braccio della morte, ai detenuti viene detto che donare i loro corpi alla scienza li salverà dalla sedia elettrica. Il detenuto Jack Moss - anche lui un afroamericano - viene condotto al luogo dell'esecuzione e decide di offrirsi volontario per l'esperimento scientifico, perché vuole aver modo di dimostrare la propria innocenza. Viene così scortato al centro trapianti per questo esperimento. I dottori sono sorpresi nel vedere un grosso mandingo portato al loro cospetto, sapendo benissimo che la cosa non piacerà affatto al feroce razzista Kirshner. Tuttavia lavorano 24 ore su 24 e riescono a trapiantare la testa del dottor Kirshner sul corpo di Moss. Si scatena l'Inferno...  
 

Recensione:  
Rispetto al film di Lanza, quello di Frost è considerato dalla critica un prodotto di qualità decisamente migliore, anche se è ben lungi dal poter essere considerato mainstream e resta in ogni caso un escremento di celluloide. Si differenzia inoltre per l'introduzione di un tema sensibile: il razzismo e il pregiudizio contro gli afroamericani. Si può quindi assegnarlo al genere soprannominato Blaxploitation (da "Black exploitation", ossia "sfruttamento dei neri"). Il professore la cui testa viene usata per il trapianto non è però un semplice razzista del Bar Sport: è un Gran Dragone del Ku Klux Klan! Gli effetti speciali, che sono spesso lodati dai commentatori nel Web, sono a mio avviso assolutamente deprecabili. Quando si vede la figura del gorilla bicipite in fuga, si capisce subito che è soltanto un grottesco pupazzo: non si ha il benché minimo accenno di verosimiglianza. Non mancano episodi di una comicità involontaria. Quando la testa del luminare affiliato al KKK prende il controllo del corpo, ne approfitta per assestare alla faccia del gigantesco mandingo una serie di sberle. Le battute feroci e caustiche dell'incappucciato sono ritenute da alcuni il solo elemento interessante del film. Un quarto della pellicola consiste nella fuga in moto della creatura a due teste, inseguita dalle auto della polizia che carambolano e si schiantano senza sosta. Assolutamente ridicolo è il finale. La testa dell'odioso dottor Kirshner viene rimossa con successo dal tronco di Moss e collegata a una macchina cuore-polmone; incapace di morire e trasudante biliosa malvagità, chiede di essere trapiantata su un altro corpo, quello di un discendente di Seth razzialmente puro. Nessuno si occupa di realizzare i suoi desiderata. Mi dispiace che il regista non abbia avuto la geniale idea di farne eseguire il trapianto sul corpo del gorilla: sarebbe stato a dir poco memorabile. Quanto accade dopo è ancor più straniante. L'ex detenuto, ormai liberato dal terribile parassita, viaggia in auto assieme alla moglie Lila e al dottor Williams, cantando con gioia Oh Happy Day (Edwin Hawkin Singers, 1969). Vanno a fare una cosa a tre!    

martedì 15 giugno 2021

 
LA DONNA VESPA 
 
Titolo originale: The Wasp Woman 
AKA: Insect Woman; The Bee Girl
Lingua originale: Inglese
Paese di produzione: Stati Uniti d'America
Anno: 1959
Durata: 73 min
Dati tecnici: B/N
Rapporto: 1,85 : 1
Genere: Orrore, fantascienza
Regia: Roger Corman
Sceneggiatura: Leo Gordon 
Soggetto: Kinta Zertuche 
Produttore: Roger Corman
Casa di produzione: Film Group Feature, Santa Cruz
     Productions
Fotografia: Harry Neumann
Montaggio: Carlo Lodato
Musiche: Fred Katz
Scenografia: Daniel Haller
Trucco: Grant Keate
Interpreti e personaggi: 
    Susan Cabot: Janice Starlin
    Anthony "Fred" Eisley: Bill Lane
    Barboura Morris: Mary Dennison
    William Roerick: Arthur Cooper
    Michael Mark: Eric Zinthrop
    Frank Gerstle: Les Hellman
    Bruno VeSota: Guardiano notturno
    Roy Gordon: Paul Thompson
    Carolyn Hughes: Jean Carson
    Lynn Cartwright: Maureen Reardon
    Lani Mars: Segretaria
    Frank Wolff: Primo uomo della consegna
    Philip Barry: Secondo uomo della consegna
    Roger Corman: Medico all'ospedale
    Aron Kincaid: Renfrew, l'apicoltore 
Titoli in altre lingue: 
   Tedesco: Die Wespenfrau 
   Francese: La Femme Guêpe 
   Portoghese (Brasile): A Mulher Vespa 
   Spagnolo (Spagna): La mujer avispa 
   Spagnolo (Venezuela): La mujer insecto 
   Polacco: Kobieta-osa 
   Russo: Женщина-оса 
Budget: 50.000 dollari US (stimato) 

Trama: 
Prologo: uno scienziato pazzo, il dottor Eric Zinthrop, viene licenziato dal suo lavoro in una fattoria di miele per aver condotto perigliosi esperimenti con le vespe. La fondatrice e proprietaria di una grande azienda di cosmetici, la milf brunetta Janice Starlin, è turbata quando capisce che le vendite della sua azienda iniziano a diminuire dopo il suo incipiente invecchiamento è divento evidente alla sua base di clienti. Zinthrop è stato capace di estrarre fantomatici enzimi dalla cacca reale, pardon, dalla pappa reale estratta della vespa regina. Questa poltiglia viscosa è in grado di invertire il processo di invecchiamento negli esseri umani. La volitiva e dispotica Janice accetta di finanziare ulteriori ricerche, senza badare a spese, a condizione di poter servire come suo soggetto umano, ossia come cavia. Non sopporta l'idea di essere destinata ad invecchiare e sogna un elisir di eterna giovinezza. Scontenta della lentezza dei risultati, irrompe fuori orario nel laboratorio dello scienziato. Presa dalla pazzia furiosa e dall'isterismo, si inietta dosi extra della formula. Zinthrop si rende conto che alcuni degli imenotteri su cui aveva condotto i test stanno diventando violenti. Così si muove per avvertire Janice del pericolo, ma prima che possa raggiungere qualcuno, subisce un improvvido incidente d'auto. La donna ha grossi problemi a rintracciarlo, ma alla fine riesce a identificare l'ospedale in cui è ricoverato e si occupa delle cure mediche necessarie. Nel frattempo lei continua a iniettarsi il siero anti-invecchiamento, ottenendo risultati portentosi: arriva a perdere vent'anni di età nel corso di un fine settimana. Presto però capisce che c'è uno spiacevole effetto collaterale, ben peggiore di una malattia venerea: le iniezioni innescano sempre più spesso la sua trasformazione in un'orrida creatura con caratteri teriomorfi di vespa, posseduta da una bramosia omicida. Alla fine, dopo una girandola di eventi rocamboleschi, Zinthrop le lancia in faccia un contenitore pieno di acido carbonico (un acido debolissimo), mentre un ex spasimante la colpisce con una sedia facendola precipitare da una finestra. Nella rovinosa caduta, la donna-vespa si schianta al suolo e perde la vita.  

 
Recensione: 
Trovo che sia un prodotto scadente, certo non uno dei migliori esempi della filmografia cormaniana. Banale fino alla nausea, prevedibile, caratterizzato da effetti speciali grossolani quanto grotteschi, deve la sua fama principalmente al fatto che negli States era trasmesso a ciclo continuo dalla TV horror a tarda notte. Era in rotazione permanente! In pratica è stato fatto un vero e proprio lavaggio del cervello agli spettatori: sono ancora numerosissime le persone che ricordano di aver visto questo film un gran numero di volte, al punto di conoscere a memoria le sequenze e le battute. Questa è un'interessante testimonianza: "Non posso dirvi quante volte la mia mente è stata deformata da questo piccolo gioiello nel corso degli anni. Sembrava che fosse sempre in onda e praticamente tutti quelli che conoscevo lo vedevano più e più volte. È diventato una specie di scherzo, come la quintessenza del "brutto film". Il suo mostro dagli occhi di insetto in calzamaglia era esattamente il tipo di mostro che non volevate vedere in un film." (Fonte: IMDb). Qui in Italia per fortuna questo escremento di celluloide non è così conosciuto e non si sembrano essersi dati simili casi di trasmissione aggressiva.   
 
Questa pellicola non sarebbe stata possibile senza L'esperimento del dottor K., diretto da Kurt Neumann (1958), anche se i presupposti dell'ibridazione umano-insetto sono diversi. Neumann mostra gli effetti di un imprevisto in un congegno del teletrasporto, mentre Corman parla di un siero in grado di alterare il genoma - anche se a quell'epoca le idee sul DNA dovevano essere abbastanza nebulose (il primo modello accurato della struttura a doppia elica è del 1953, ma per i non addetti ai lavori non si andava oltre i piselli di Mendel). Il fatto che così poco tempo separi l'uscita dei due film rende l'idea di come nel mondo di Hollywood imperasse un plagio spudorato, anche soltanto parziale, e di come il meccanismo della rapacità agisse rapidamente.   
 
 
Errori concettuali e ignoranza 
 
Il concetto portante del film di Corman si basa su un errore provocato dall'ignoranza della lingua greca, che porta in molti a ritenere che ciò che cura sia sempre per necessità distinto da ciò che intossica e uccide. Già ai mocciosi dovrebbe essere insegnato che la parola farmaco deriva dal greco φάρμακον (phármakon), che ha un duplice significato: 
 
1) medicina;
2) veleno. 

Esistono anche altri significati, come "incantesimo", "pigmento" e via discorrendo. L'etimologia ultima della parola greca è assai oscura e l'ipotesi più credibile è che sia un relitto del sostrato pre-ellenico. Questo però non cambia di un iota ciò che intendo dire. Una sostanza che è in grado di curare una malattia se usata a una certa dose, potrebbe diventare dannosissima o addirittura letale se usata in dose eccessiva. Purtroppo questa verità non è così diffusa e compresa come dovrebbe. Quando ero giovane, in Brianza era ancora molto radicata una grave stortura mentale. Moltissime persone, soprattutto anziane, erano convinte che ogni medicina in grado di apportare un effetto benefico, avrebbe sortito in automatico un beneficio doppio applicando un raddoppio della dose. In modo deterministico e lineare. I bugiardini di moltissime medicine raccomandano di non raddoppiare la dose per compensare una dose saltata. La protagonista del film va anche oltre nella sua follia: non si limita ad applicare il raddoppio della dose, la moltiplica.

Un'altra delittuosa forma di ignoranza è quella che porta a confondere specie di imenotteri sociali tra loro molto diverse. Così per il regista e per lo sceneggiatore non esiste alcuna reale differenza tra api e vespe. "È facile confondere un'ape da una vespa per via del colore: entrambe sono a strisce gialle e nere. Puoi notare, però, delle differenze: le vespe presentano un corpo più snello e liscio, le api sono più robuste e pelose. Le api pungono solo se minacciate: dopo aver punto, perdono il pungiglione e muoiono." (Fonte: Insectum.it). In realtà nemmeno i colori sono gli stessi: l'ape da miele (Apis mellifera) non presentano lo stesso giallo sgargiante tipico delle vespe (famiglia Vespidae), bensì una tonalità di arancione pallido. Quando si tratta di distinguere la forma di insetti diversi, sono numerosissime le persone che mostrano soprendenti forme di agnosia. Nonostante il titolo e le ripetute affermazioni secondo cui il siero proverrebbe dagli "enzimi" della vespa, i titoli di testa sono sovrapposti a filmati di repertorio di un alveare di api e lo stesso filmato viene mostrato dopo la prima iniezione.  
 

Pubblicità ingannevole 
 
Nella locandina del film compare una creatura che ha testa di donna e corpo di vespa. Non si trova la benché minima traccia di un simile essere nel film: è soltanto una trovata pubblicitaria. Anche la scritta in fondo alla locandina è concepita a bella posta per trarre in inganno lo spettarore: "Una bella donna di giorno, una lussuriosa vespa regina di notte" (originale "A beautiful woman by day - A lusting queen wasp by night"). Non ho ravvisato alcun contenuto di natura sessuale nel film. La creatura che si vede è l'esatto contrario di quella mostrata nella locandina. Ha una testa che nella delirante fantasia del regista dovrebbe essere quella di una vespa, mentre il corpo resta quello di una donna. 
 

Curiosità 

L'attrice protagonista, la bellissima Susan Cabot, purtroppo soffriva di gravi malattie mentali. Cercò di curarle assumendo l'ormone della crescita con cui era trattato suo figlio, affetto da nanismo ipofisario. Questo trattamento che la donna intraprese contro ogni sano principio, proprio come Janice Starlin nel film, esacerbò la sua follia. In un attacco particolarmente furioso aggredì il figlio, che la uccise a sprangate; il tribunale decise che si era trattato di autodifesa. Il vero nominativo della Cabot era Harriet Shapiro. Dal cognome si evince all'istante che la sua stirpe era ashkenazita, cosa che non la risparmiò da un'infanzia disagiata e infelice. Nel film cormaniano La leggenda vichinga (1957) ha interpretato il ruolo di Enger, la Sacerdotessa di Thor. 
 
Esiste anche una versione colorizzata del 1964, conaltri 11 minuti in cui lo scienziato viene licenziato dal suo lavoro di apicoltore per aver condotto esperimenti sulle vespe anziché sulle api, il che conclude la trama del film da quando smette di lavorare per Janice Starlin. Nella versione originale in bianco e nero, il film inizia con un incontro in cui la Starlin discute del fallimento dei suoi affari con i subalterni; poi incontra lo stesso dottore nella scena successiva, dove anche il pubblico lo vede per la prima volta. Trovo che la pratica della colorizzazione dei vecchi film in bianco e nero sia deleteria quanto inutile: se dipendesse da me applicherei ai colorizzatori i sistemi usati dai Tokugawa per eradicare il Cristianesimo dal Giappone. 
 
In una delle scene finali, una bottiglia di acido viene lanciata a Susan Cabot, ma lei non sta recitando quando alza le mani dopo essere stata colpita. Qualcuno aveva riempito d'acqua la "bottiglia separabile", ed era così pesante che quando è stata colpita l'attrice ha detto: "Pensavo che i denti mi fossero stati sbattuti nel naso!" ("I though my teeth had been knocked through my nose!"). Anche il finto fumo usato per simulare l'acido la soffocava; dopo essere caduta dalla finestra, incapace di respirare, si è strappata via un po' di pelle insieme al suo trucco abnorme, lasciando un gigantesco livido sul collo. 
 
Il copyright del film è del 1959, ma alcune parti sono state girate nel 1964 o addirittura successivamente. Quando l'investigatore privato ottiene l'indirizzo di Eric Zinthrop, chiama Jerry e gli dice di mettersi subito al lavoro. Nella scena seguente, mentre lui e un altro ragazzo vanno in giro alla ricerca di Zinthrop, passano accanto a diverse Chevrolet del 1961-1964. Quando i due si fermano all'ingresso dell'ambulanza e Jerry scende dall'auto, una Chevy Impala bianca del 1964 è parcheggiata sul lato destro dello schermo. A stento saprei distinguere una Ferrari da una Cinquecento, ma mi fido di chi ha fatto notare questi dettagli. Sarebbe anche bene che un film non venisse più manipolato dopo la sua uscita. Che senso ha andare avanti a masturbarlo per anni?  

Anche se i detective stanno cercando il signor Zinthrop a Manhattan, la loro auto ha una targa della California, lo skyline dietro di loro è quello di Los Angeles. Si vedono infatti solo edifici bassi e molti spazi aperti anziché gli edifici alti e compressi di Manhattan. Si notano poi almeno tre palme da dattero che non potrebbero mai sopravvivere e crescere nei freddi inverni di New York.
 
Remake 
 
Il brutto vizio americano, quello di fare remake dei film, si è manifestato con la produzione di ben due pellicole: Rejuvenatrix (Brian Thomas Jones, 1988) e il film per la televisione The Wasp Woman (Jim Wynorski, 1995). Si segnala che Roger Corman è stato uno dei produttori esecutivi dell'opera di Wynorski. Credo che di simili rifacimenti si sentisse scarso bisogno.  

domenica 13 giugno 2021

 
LA LEGGENDA VICHINGA 
 
Titolo originale: The Saga of the Viking Women and Their 
     Voyage to the Waters of the Great Sea Serpent 
Aka: Viking Women and the Sea Serpent;
       Le donne vichinghe e il dio serpente
Lingua: Inglese
Paese di produzione: Stati Uniti d'America
Anno: 1957
Durata: 66 min
Colore: B/N
Rapporto: 1,85:1
Genere: Avventura, fantastico
Regia: Roger Corman
Soggetto: Irving Block
Sceneggiatura: Lawrence L. Goldman
Produttore: Roger Corman
Produttore esecutivo: Samuel Z. Arkoff, James H. Nicholson 
Casa di produzione: Malibu Productions 
Direttore artistico: Robert "Bob" Kinoshita
Fotografia: Monroe P. Askins
Effetti speciali: Irving Block, Louis DeWitt, Jack Rabin
Musiche: Albert Glasser
Costumi: Gwen Fitzer
Trucco: Harry Ross 
Fonico: Herman Lewis
Interpreti e personaggi:
    Abby Dalton: Desir
    Susan Cabot: Enger
    Bradford "Brad" Jackson: Vedric
    June Kenney: Asmild
    Richard Devon: Stark
    Betsy Jones-Moreland: Thyra
    Jonathan Haze: Ottar
    Jay Sayer: Senya
    Lynette "Lynn" Bernay: Dagda
    Sally Todd: Sanda
    Gary Conway: Jarl
    Michael "Mike" Forest: Zarko 
    Herman Hack: Cavaliere Grimault 
    Signe Hack: Donna Grimault
    Wilda Taylor: Danzatrice Grimault 
    Ross Sturlin: Guerriero Grimault 
Titoli in altre lingue: 
    Spagnolo (Spagna): Las mujeres vikingo y la serpiente del mar
    Spagnolo (Messico): La serpiente del averno 
    Spagnolo (Perù): Mujeres vikingos  
    Spagnolo (Venezuela): La leyenda de las vikingas y su viaje
         a las aguas del gran dios serpiente 
    Russo: Сага о женщинах-викингах и об их путешествии
         по водам Великого Змеиного Моря 
    Serbo: Saga o vikinškim ženama i njihovom putovanju
        do voda Velike morske zmije
Budget: 65.000 dollari US
 
Trama: 
In una fantomatica terra nordica chiamata Stannjold tumultua senza sosta un gruppo di donne guidate dalla splendida Desir. Sono autentiche virago. I loro uomini sono scomparsi e devono essere ritrovati ad ogni costo, giusto per essere randellati a dovere. Il clima di Stannjold è tropicale, vi splende perennemente il solleone e tutte vanno in giro mezze nude. Desir e le sue seguaci salpano su una lunga nave e in seguito a un vortice marino fanno naufragio in una terra sconosciuta, oltre il Mare Sconosciuto. Qui trovano i loro uomini imprigionati nelle miniere da guerrieri di un popolo crudele che somiglia per aspetto fisico e per costumi agli Unni. Sono i Grimault, crudeli e dai capelli corvini. Sono governati dal tiranno Stark. Dopo mille peripezie, le donne vichinghe riescono a liberare i loro uomini, il cui capo è Vedric, raggiungendo così la costa. Qui avviene un drammatico confronto con i Grimault. Il figlio effeminato del tiranno Stark viene colpito da Thor, che lo uccide con la folgore. Gli uomini e le donne di Stannjold riescono a impadronirsi di un'imbarcazione, prendendo il largo. Affrontano una gigantesca lucertola gommosa scaturita da un immane gorgo, piena di creste che paiono condilomi venerei acuminati, e la uccidono servendosi di una minuscola spada, la cui punta non è certo acuminata. Secondo l'idea del regista, anche un coltellino svizzero sarebbe bastato a squarciare quella massa gelatinosa! Prima di spirare per l'esigua puntura, il mostro marino distrugge con le sue convulsioni la barca dei Grimault lanciata all'inseguimento dei Vichinghi gloriosi. Evidentemente i Grimault erano un popolo piccolissimo: il potere di Stark è distrutto nell'incidente e non giungono altre minacce. Così gli eroici Vichinghi e le loro robuste compagne riescono a raggiungere la torrida patria.
 
Recensione:  
Questo film è un autentico escremento di celluloide, come a volte sono i prodotti di Corman (altri sono invece notevoli). Non penso che esista una sola ragione al mondo perché si debbano vedere simili porcherie. A spingermi deve essere il mio innato masochismo. Qui siamo addirittura a livelli di autolesionismo. Certo, la sensibilità era molto diversa all'epoca in cui la pellicola cormaniana fu distribuita. Senza dubbio lo era anche la mia: non ero ancora nato! 

 
L'onirostorico Paese di Stannjold 
 
All'inizio della pellicola viene mostrata una mappa con la geografia del Nord tropicale cormaniano. Si nota all'istante una cosa stravagante: quella che ora è la Danimarca è invece denominata "Stonjold", mentre "Land of the Danes" (ossia "Terra dei Danesi") indica la costa meridionale del Mar Baltico. Il regista immagina che in seguito quattro o cinque Danesi sarebbero migrati a nord, stanziandosi nella terra di Stannjold e imponendosi sui quattro o cinque nativi, cambiando il nome alla nazione. Secondo l'idea di Corman e di Goldman, tutti i popoli dell'antico Settentrione sarebbero stati talmente esigui come consistenza numerica da poter essere spazzati via da una semplice epidemia di raffreddore! Non ci si possono aspettare idee realistiche sulle antiche migrazioni da individui con una conoscenza tanto limitata. Non mancano gli anacronismi, che sono abbastanza gratuiti e insensati. Vediamo che i Grimault hanno un immenso castello dotato di merli, come se potessero servirsi di una tecnologia assai avanzata e di una grandissima abbondanza di manodopera, ma questo non risulta: sono quattro gatti! Il Re Harald Dente Azzurro non avrebbe potuto concepire nulla di simile, pur essendo la Danimarca tanto popolosa e potente da inviare spedizioni a devastare l'Inghilterra. Se la narrazione del film di Corman è un'ucronia, non siamo in grado di determinare il Punto di Divergenza. Non siamo in grado perché non c'è. Si tratta di un delirio onirostorico, quale può essere concepito in un sogno provocato dall'eccessiva quantità di formaggio ingerito prima di coricarsi.  

 
Una profonda ignoranza del norreno 

Chiaramente Corman non conosceva l'antico nordico. Nemmeno Goldman ne sapeva granché. Probabilmente non avevano la benché minima natura di che lingua fosse. Se qualcuno avesse detto loro che parole inglesissime come big, black, window, fellow, skipper, they, take, call, cast, get e molte altre sono in realtà prestiti dalla lingua dei Vichinghi, ne sarebbero rimasti sconvolti. In ogni caso, il regista e lo sceneggiatore sono riusciti a escogitare alcune cose notevoli, anche se a tratti grottesche. Forse ce l'hanno fatta per puro caso.     
L'antroponimo femminile Desir sembra semplicemente un prestito dall'antico francese desire, che significa "Desiderio". C'è anche un'altra possibilità. In norreno esiste la parola Dísir che indica alcune divinità femminili minori invocate soprattutto in occasione della morte. La forma singolare è dís, il suffisso -ir indica il plurale. In norreno non si hanno forme plurali usate come antroponimi, cosa che già di per sé rende questa etimologia implausibile. I problemi fonetici potrebbero risolversi facilmente se pensassimo che lo sceneggiatore abbia trascritto con una -e- la vocale lunga /i:/ del norreno. 
L'antroponimo femminile Dagda corrisponde al teonimo maschile irlandese Dagda. Come il nome della divinità Dagda è dal protoceltico *dago-dēwos "Buon Dio", Corman ha escogitato un femminile Dagda, la cui protoforma sarebbe *dago-dēwā "Buona Dea". Non sembra difficile né irrazionale, anche se questo nome non risulta attestato. Non credo che lo sceneggiatore conoscesse le lingue celtiche e la loro origine: è più facile pensare che abbia preso il nome a caso da qualche scritto sull'antica Irlanda, scegliendolo soltanto per via della sua sonorità.
L'antroponimo femminile Enger ha una terminazione tipica di un nome maschile. Dovrebbe derivare dal norreno engr "stretto", ma non ha alcuna corrispondenza nella reale antroponimia della Scandinavia: ha tutta l'aria di essere stato inventato di sana pianta. Non ha alcun senso pensare che possa essere derivato da engi "nessuno; nulla" (negazione di einn "uno" tramite il suffisso -gi). 
L'antroponimo femminile Thyra è una latinizzazione del nome della madre del Re Harald Dente Azzurro (Haraldr Blátǫnn), Thurvi (antico danese Þurvi). In islandese moderno è Þuri. Si nota che la vocale tonica è breve. L'etimologia è incerta. Gli accademici concordano nel considerare il nome un derivato del teonimo Thor (Þórr). In effetti si potrebbe ricostruire una protoforma *Þunra-wīχō "Consacrata a Thor" (cfr. gotico weihs "santo", weiha "prete"). La fonetica è altamente irregolare. 
L'antroponimo femminile Asmild viene dal norreno áss (ǫ́ss) "divinità della stirpe degli Asi" (pl. Æsir "gli Asi"), dal protogermanico *ansuz. Il secondo membro del composto viene dall'aggettivo mildr "mite" (femminile mild), che corrisponde all'inglese mild "mite". Non ho presenti attestazioni di questo nome nelle saghe, ma in Danimarca esistono famiglie il cui cognome è Asmild.  
L'antroponimo maschile Ottar (norreno Óttarr) è ben attestato e deriva regolarmente da una protoforma *Ōχti-χarjaz "Esercito del Terrore". La somiglianza di Ottar col norreno otr "lontra" è soltanto casuale. 
L'antroponimo maschile Jarl significa "Conte" ed è una parola norrena ben conosciuta, che deriva dalla protoforma *irilaz "nobiluomo". Più che altro è un titolo, anche se a rigor di logica potrebbe benissimo essere usato come nome proprio di uomo. 
L'antroponimo maschile Vedric pare più che altro di origine celtica. Lo faccio facilmente derivare dal protoceltico *Widu-rīks "Re dei Boschi", nonostante la leggera anomalia del vocalismo. In norreno ci aspetteremmo *Viðrekr, la cui trasposizione cormaniana attesa sarebbe stata *Vidric anziché Vedric. In Norvegia esiste una fattoria chiamata Vidringstad, il cui nome può essere derivato proprio dall'antroponimo *Viðrekr, che ha un perefetto corrispondente nell'antico alto tedesco Witrih
Il nome del tiranno Stark è trasparente e ben comprensibile: è derivato dal norreno sterkr "forte" (anche starkr), a sua volta dal protogermanico *starkuz / *starkjaz. Dalla stessa radice è stato formato il nome dell'eroe Starkaðr, che non temeva alcuna potenza soprannaturale eccetto il Dio Thor. 
Due nomi dei Grimault risultano assolutamente privi di connessioni col norreno: Zarko e Senya. Un verbo to zark, sinonimo di to fuck "fottere", è stato coniato dallo scrittore, sceneggiatore e umorista britannico Douglas Noel Adams, autore della famosa Guida galattica per autostoppisti (The Hichhicker's Guide to the Galaxy), romanzo del 1978 - molto dopo il film di Corman. L'imperativo zark off "fottiti" suona quasi come Zarko. Non so se Adams abbia preso l'idea dall'antroponimo goldmaniano; non si può escludere, anche se mi sembra piuttosto improbabile. Cosa curiosa, in armeno zark significa "colpire, battere" e potrebbe essere la fonte sia del neologismo di Adams che del nome del personaggio del film di Corman. Forse il tramite di queste bizzarre creazioni lessicali è stato un discendente di immigrati armeni, la cui identità ci sarà sconosciuta per sempre.  
Per il resto non ci sono dubbi: la lingua nativa dei Grimault non è il norreno. Il tiranno Stark afferma in un'occasione di aver imparato qualche parola dai prigionieri, anche se risulta che non ci siano difficoltà di comprensione tra lui e le donne vichinghe. Questa è una cosa ben stravagante. Da che mondo è mondo, sono i prigionieri ad imparare per necessità qualche parola della lingua dei loro carcerieri, non il contrario. Le comunicazioni sono spesso difficili quando i prigionieri non hanno alcuna conoscenza della lingua del paese in cui sono detenuti. Si riporta il caso di un danese che fu imprigionato dai Franchi di Carlomagno. Paolo Diacono fu incaricato dal Re di comunicare con questo vichingo, perché nessuno comprendeva le sue parole, nessuno riusciva a farsi capire. Non funzionavano né la lingua germanica del sovrano e della sua corte, né la lingua protofrancese dei sudditi. Paolo Diacono cercò di farsi capire usando il longobardo e il latino, senz'altro risultato che il riconoscimento dei nomi di due divinità adorate dal danese, riportati come Waten (ossia Odino) e Thonar (ossia Thor) - e solo perché erano simili alle corrispondenti forme longobarde. Per ulteriori dettagli di questa vicenda poco conosciuta si rimanda al datato ma interessantissimo Des Paulus Diaconus Leben und Schriften (Dahn, 1876). 
 
 
 
Etimologia di Stannjold 
 
Il fantatoponimo Stannjold (variante Stonjold) non ha alcuna etimologia credibile. Forse lo sceneggiatore voleva suggerire un'origine dall'inglese stone "pietra", anglosassone stān, il cui corrispondente in norreno è però steinn. In ultima analisi tutte le forme storiche provengono dal protogermanico *stainaz attraverso mutamenti molto facili da comprendere. All'origine delle elucubrazioni di Goldman doveva esserci l'idea di una lingua germanica settentrionale diversa dal norreno, poi perduta nel tumulto della Storia, che avesse *stánn, *stónn "pietra" anziché steinn. Anche senza considerate che la Danimarca non è un paese di rupi e scogliere (né lo era nemmeno in epoca antica), resta il fatto che l'elemento -jold sembra privo di qualsiasi parentela discernibile. Non è plausibile una sua connessione col norreno jól "metà inverno", dato che non si spiegherebbe la terminazione -d e non ne verrebbe fuori alcuna semantica credibile. La vera atrocità in questa creazione deforme è senz'altro la pronuncia: Stannjold suona /'stɔndʒold/, con un'orrida consonante postalveolare! 
 

Etimologia di Grimault
 
L'origine dell'etnonimo Grimault è dal norreno grimmr "crudele", a sua volta dal protogermanico *grimmaz "crudele, severo". Potrebbe essere in qualche modo l'equivalente dell'aggettivo grimm-úðigr "feroce". La terminazione richiama il tipico suffisso accrescitivo e peggiorativo -ault, tipico dell'antico francese, di origine germanica (*-waldaz, che in norreno ha dato origine all'elemento antroponimico -(v)aldr). Meno plausibile mi pare una proposta di derivazione da gríma "maschera, travestimento che nasconde il capo". La pronuncia di Grimault nella versione originale del film dovrebbe essere /'gɹɪmoʊlt/. Si registrano nel Web un paio di varianti ortografiche dell'etnonimo: Grimolt e Grimold.
 
Vino d'uva per i Grimault  

Nel corso dell'improbabile festa in onore delle donne vichinghe giunte dal Sud, una rozza serva dei Grimault porta loro una brocca piena di vino rosso. Si tratta certamente di succo d'uva fermentato, non possono esserci dubbi al riguardo. Si direbbe che la Terra immaginata da Corman e da Goldman si trovasse in un periodo interglaciale, caldissimo, in grado di far crescere l'uva anche nelle regioni polari più impervie.  
 

Thor e l'omosessualità
 
Verso il finale del film Thor fulmina un arga. Senya, il gracile e inetto figlio del Re dei Grimault, è evidentemente un omosessuale effeminato che assume ruoli passivi con i guerrieri, comportandosi come una giumenta con gli stalloni (era questo il modo di dire usato nella Scandinavia pagana per descrivere la situazione). Per questo motivo Senya è odiato dalla divinità uranica dei Vichinghi, che lo abbatte senza pietà scagliandogli contro i suoi strali. Qual è il motivo di questo odio, che al giorno d'oggi sarebbe definito "omofobia"? Semplice: Thor era adorato come divinità dei fenomeni celesti e della fertilità. Era diffusa tra le genti del Nord l'assurda convinzione che il sesso anale, anche tra uomini, potesse essere fecondo e portare alla nascita di sventurati. Si credeva nella reale esistenza del parto anale. Ovviamente Thor, che benediceva gli sposi e favoriva la procreazione, era offesissimo dalla generazione di bambini tramite l'intestino. La reazione era prevedibile: scagliava la folgore! Nella mitologia esiste il caso di Loki, che ha ingerito il cuore ancora caldo della gigantessa Angrboða appena bruciata sul rogo, rimanendo in un innaturale stato di gravidanza. I frutti di tale orrida fecondazione erano mostri: il lupo Fenrir, il Serpente del Mondo (Jǫrmungandr) e la Signora degli Inferi, Hel. Con un altro parto anale Loki ha dato alla luce il cavallo Sleipnir, dotato di otto zampe, che è diventato il destriero di Odino. Per concepirlo, l'ambiguo Loki si era trasformato in una giumenta, venendo montato da uno stallone eccitato. Quando aveva la forma di una cavalla, l'ambigua divinità era dotata di una fica. Ritornato nella sua forma naturale, questa fica era scomparsa e restava soltanto l'intestino retto come unica risorsa per far uscire la vita che era stata concepita nel ventre. A differenza delle molte inconsistenze mostrate nelle sequenze della pellicola di Corman, questa trovata di Thor che fulmina Senya sembra abbastanza verosimile e dotata di buone basi filologiche. 

 
Altre assurdità e incongruenze 
 
Il culto di Thor mostrato nel film è amministrato dalla bruna Enger, che ne è la sacerdotessa, cosa già di per sé abbastanza anomala. Inoltre è pieno zeppo di concetti cristiani, come ad esempio un'altisonante quanto vana menzione della rinuncia ai piaceri della carne. Ciò è di una palese assurdità, visto che nella mitologia nordica Thor è descritto come un formidabile mangiatore e bevitore! Un'altra assurdità è un'invocazione pronunciata da Vedric nell'atto di scagliare la sua spada dalla punta smussata contro il mostro marino: "Che Thor abbia pietà delle nostre anime!" C'è stata una fase di commistione tra il Cristianesimo e il culto degli antichi Dei, cosa che può essere ben documentata da molte fonti storiche attendibili, eppure sono certo che le cose non siano andate come le ha descritte Corman.  
 
 
Curiosità varie 

Il regista in un'occasione ebbe a dire: "Il titolo completo è The Saga of the Viking Women and Their Voyage to the Waters of the Great Sea Serpent. Non siamo riusciti a trovare un modo per mettere il titolo in due o tre parole, quindi ho detto "andiamo all'altro estremo e diamo loro il titolo più lungo che abbiano mai visto per poi usare il più grande cliché nelle immagini storiche dell'epoca, che è quello di aprire con un libro di pelle incisa, una mano che entra e apre la copertina del libro, e c'è il titolo del film." Avevo un vago sospetto che il geniale cineasta facesse uso di sostanze pregiate. Dopo aver letto queste sue considerazioni stravaganti, ne ho l'assoluta certezza. 
 
A quanto pare Senya, il principe arga, nella versione in inglese ha un fortissimo accento di Brooklyn, cosa grottesca che ha portato un commentatore a schernire il film ("I didnt' realize that the Grimolts originally hailed from Brooklyn"). Un'irrisione giustissima, ci tengo a precisare.  

Conclusioni 

In sostanza, l'unico aspetto positivo di quest'opera di Corman sono le sensualissime creature femminili!

sabato 28 novembre 2020


KRULL

Titolo originale: Krull
Lingua: Inglese
Paese: Gran Bretagna, Stati Uniti d'America
Anno: 1983
Durata: 116 min
Rapporto: 2,35 : 1
Genere: Avventura, fantascienza, fantasy
Regia: Peter Yates
Soggetto: Stanford Sherman 
Sceneggiatura: Stanford Sherman
Produttore: Ron Silverman
Produttore esecutivo: Ted Mann
Casa di produzione: Columbia Pictures
Fotografia: Peter Suschitzky
Montaggio: Ray Lovejoy
Effetti speciali: John Evans, Derek Meddings, Mark
     Meddings, Paul Wilson
Musiche: James Horner
Scenografia: Stephen Grimes
Costumi: Anthony Mendleson
Trucco: Alan Boyle, Nick Maley
Interpreti e personaggi 
    Ken Marshall: Principe Colwyn
    Lysette Anthony: Principessa Lyssa
    Freddie Jones: Ynyr il Vecchio
    Bernard Bresslaw: Rell, il ciclope
    Alun Armstrong: Torquil, capo dei banditi
    David Battley: Ergo, il ciarlatano
    Liam Neeson: Kegan
    Francesca Annis: Vedova della Ragnatela
    John Welsh: Veggente cieco degli smeraldi
    Graham McGrath: Titch, l'apprendista del Veggente
    Tony Church: Re Turold
    Bernard Archard: Re Eirig
    Belinda Mayne: Vella
    Dicken Ashworth: Bardolph
    Todd Carty: Oswyn
    Robbie Coltrane: Rhun
    Clare McIntyre: Merith, una delle mogli di Kegan
    Bronco McLoughlin: Nennog
    Andy Bradford: Darro
    Gerard Naprous: Quain
    Bill Weston: Menno
Doppiatori originali   
    Lindsay Crouse: Principessa Lyssa
    Michael Elphick: Rhun
    Trevor Martin: Voce del Mostro
Doppiatori italiani 
    Emanuela Rossi: Principessa Lyssa
    Giorgio Piazza: Ynyr il Vecchio
    Michele Gammino: Rell, il ciclope
    Piero Tiberi: Torquil, capo dei banditi
    Massimo Giuliani: Ergo, il ciarlatano
    Roberto Chevalier: Kegan
    Paila Pavese: Vedova della Ragnatela
    Eleonora De Angelis: Titch, l'apprendista del Veggente 
    Giorgio Villa: Re Turold
    Luciano De Ambrosis: Re Eirig
    Sandro Acerbo: Oswyn
    Angelo Nicotra: Rhun 
Location: Isole Canarie (Spagna); Campo Imperatore
   (Italia); Cortina d'Ampezzo (Italia)
Budget: 47 milioni di dollari US
Box office: 16,5 milioni di dollari US
   (fonte: Boxofficemojo.com)

Trama:
Krull è un pianeta di tipo terrano che orbita intorno a una coppia stretta di stelle simili al nostro sole. Nei suoi cieli splendono due soli. In questo è come Tatooine, ma non è affatto un torrido deserto. Il clima è ottimale, la biosfera ricchissima. Ci sono monti, fiumi, laghi, foreste, oceani, etc. Gli abitanti sono umani e indistinguibili dagli europei, potrebbero benissimo essere Anglosassoni o Celti. La situazione culturale e politica di Krull non è invece tra le più felici, dato che si trova sprofondato in un perenne medioevo, diviso in regni tra loro belligeranti. A un certo punto irrompe una minaccia letale dallo spazio esterno: è un gigantesco mostro che vive in un'astronave tutta fatta di calcinacci, simile a una cometa deforme, fragile, messa assieme con la cazzuola e la malta. Questo essere dal corpo colossale, che è animato da una malvagità incommensurabile, viaggia tra i mondi della Galassia sottomettendoli uno dopo l'altro. Come strumenti di conquista il mostro dell'astronave di calcinacci, nota come Fortezza Nera, si serve di un esercito di guerrieri a cavallo, solo con un aspetto un po' meno medievale dei Krulliani: sono i Massacratori, che indossano una specie di armatura che li rende vagamente simili agli incursori imperiali di Guerre Stellari. Detto in estrema sintesi, il mostro è inferocito perché possiede un membro virile colossale quanto puzzolente, ma non riesce a trovare nessuna che gli titilli le papule sulla corona del glande: con le donne è timidissimo e prova una smisuarata vergogna per il suo odore ripugnante, per il suo aspetto verrucoso. Così egli odia tutto e tutti, al punto da voler ridurre in cenere ogni civiltà umana dell'Universo. 
Di fronte a una minaccia così spaventosa, i sovrani di due importanti regni di Krull decidono di unire le loro forze contro l'invasore. Il Principe Colwyn e la Principessa Lyssa stanno celebrando le loro nozze per cementare questo patto, quando i Massacratori compiono un'incursione, interrompendo la cerimonia e uccidendo entrambi i Re. La Principessa Lyssa viene rapita e portata nella Fortezza Nera. Il Principe Colwyn, rimasto ferito, viene  curato da Ynyr il Vecchio (che è anche la voce narrante della storia), che gli rivela come il Mostro e i Massacratori possano essere sconfitti unicamente tramite il potere di un'arma magica denominata Glaive, simile a una stella metallica a cinque punte, che rifiuta di essere usata dagli indegni. Il Principe Colwyn, che non conosce macchia né paura, riesce a trovare il Glaive nella caverna in cui è custodito e ad usarlo. Questo però è soltanto il primo passo della sua impresa, visto che la Fortezza Nera si teletrasporta ogni giorno in un luogo diverso di Krull e che non è possibile prevedere in anticipo le sue mosse. 
Inizia un lunghissimo peregrinare. Il Principe e il Vecchio incontrano il ciarlatano Ergo, soprannominato "Il Magnifico", una sorta di prestidigitatore da strapazzo, che si unisce alla compagnia. Poi vengono assaliti dai banditi, guidati da Torquil. Questi sono i loro nomi: Kegan, Rhun, Oswyn, Bardolph, Menno, Darro, Nennog e Quain. Col suo coraggio e con la calma olimpica che lo contraddistingue, Olwyn riesce a convincere Torquil e i suoi uomini a unire le loro forze alle sue, combattendo col comune scopo di liberare Krull dalla tirannia del Mostro e dei Massacratori. Alla comitiva si aggiunge infine Rell, un rappresentante dell'antica stirpe dei Ciclopi, che il Mostro ha deportato da un altro mondo. Un tempo erano uomini come tutti gli altri, ma diedero un occhio  per poter avere la conoscenza del futuro. Furono beffati orribilmente, restando con un solo occhio e potendo conoscere soltanto l'istante della loro morte! Ynir il vecchio non ama il popolo di Rell, considerandolo lamentoso e degno di commiserazione. Tuttavia resta il dato di fatto che i Ciclopi sono guerrieri eroici e implacabili nel loro odio verso i Massacratori. 
Dopo innumerevoli avventure, il Principe Colwyn e i suoi seguaci riescono nell'ardua impresa, espugnando l'astronave fatta di calcinacci ove risiede il Mostro e liberando la Principessa Lyssa, seppur con gravi perdite. Il finale è nel segno della più assoluta banalità. Scompare la maledizione che gravava sul pianeta Krull, che realizza la sua unità politica in seguito alle nozze tra Colwyn e Lyssa. Torquil è eletto Gran Maresciallo del Regno e i suoi uomini sopravvissuti, un tempo galeotti, diventano maggiorenti. La voce narrante afferma che i figli della coppia regale avranno il dominio sull'intera Galassia: una profezia da Star Wars!   
 

Recensione:
Quando vidi questo film per la prima volta frequentavo il liceo. Simili mer(d)aviglie le passavano spesso alla televisione e io le divoravo tutte. Quando di recente ho deciso di rivedere Krull, per ritrovare un po' dell'atmosfera di quei tempi, sono rimasto mortalmente deluso. Questo mi sono chiesto: "Ma come faceva a piacermi una simile porcheria?" Mi spiace dirlo, ma si è rivelato un fantasy grossolano quanto banale, noioso al punto di riuscire nauseabondo. Le reminiscenze tolkieniane sono innumerevoli. Basti pensare all'Occhio Malvagio del Signore Oscuro, ai Massacratori le cui figure spettrali ricordano quelle dei Cavalieri Neri, oppure al ragno gigante che somiglia a Shelob, nonostante la diversa pigmentazione. Si nota anche una forte influenza delle leggende di Re Artù. A questo sostrato tolkieniano e arturiano si sovrappone quello fantascientifico di Merde Stellari. Si potrebbe definire un escremento di celluloide della serie Star Wars degli Anelli! Persino il futile mondo dell'editoria americana si accorse subito del carattere ibrido dell'opera, tanto che sulla rivista Variety il film di Yates fu descritto con queste parole: "Excalibur meets Star Wars"


Il Fantasma Formaggino 
 
La vicenda sembra procedere per iterazione infinita di un singolo elemento: la ricerca disperata di un esotico rimedio alla situazione di pericolo. Prima c'è il Veggente Cieco degli Smeraldi, poi la Vedova della Ragnatela, seguita dai Cavalli di Fuoco. Il passo successivo è il Fantasma Formaggino!  

La lingua di Krull

La lingua di Krull sembra affine al gallese per sonorità e struttura (basti pensare a nomi come Rhun, Nennog, Ynyr), anche se non mancano assonanze germaniche come nei suffissi -old e -olph. Oswyn sembra anglosassone, col significato di "Amico degli Asi". Siamo quasi tentati di interpretare Turold come "Dominatore di Thor" e Bardolph come "Lupo dei Longobardi". Potremmo addirittura ricostruire le forme protogermaniche di questi antroponimi e dire che Oswyn deriva da *Ansu-winiz, che Turold deriva da *Þunra-waldaz e che Bardolph deriva da *(Langa-)barda-wulfaz. Con un po' di buona volontà potremmo trovare qualche altra etimologia di questo genere, ma commetteremmo senza dubbio un grave arbitrio: morfi come Os-, Tur-, Bard-, -wyn, -old, -olph avranno infatti valori semantici molto diversi da quelli a noi noti. Sarebbe un campo di sperimentazione molto interessante, purtroppo non vengono fornite glosse e chiavi d'interpretazione degli antroponimi e dei toponimi, così non si può definire granché. Possiamo essere certi in modo ragionevole che Krull (pron. /krʌl/) significhi Terra. Il nome dell'arma magica, Glaive (pron. /gleɪv/, nella versione italiana /glεv/) potrebbe significare "stella" o qualcosa del genere, ma sarà certamente diversa dalla parola comune usata per esprimere questo concetto nella lingua di Krull. Proverrà forse da un'antica lingua estinta, una specie di "latino krulliano"? In realtà glaive è una parola inglese, anche se ormai obsoleta. Indica un'arma dotata di asta e terminante con lama ricurva e dentata. Deriva a sua volta dall'antico francese glaive "lancia; spada" (dal celtico *kladiwos "spada", imparentato col latino gladius). Non si tratta però di un'arma da getto come quella vista nel film. 

 
Rudimentali riflessioni sulla Natura del Tempo 
 
Come Rell ci spiega, ogni ciclope conosce in anticipo il proprio fato. Il Signore Oscuro della Fortezza avrebbe imbrogliato in modo crudele quella stirpe monocola, dando a ogni suo membro la conoscenza di un solo evento futuro, quello della propria morte, e stabilendo anche che ogni tentativo di cambiare gli eventi avrebbe soltanto moltiplicato il dolore della fine. Sembra tutto molto lineare e semplice. Emergono tuttavia stridenti contraddizioni e paradossi. Se il Mostro in questione avesse davvero avuto un simile potere di manipolazione sul Tempo, non sarebbe certo stato sconfitto. Ci sono soltanto due possibilità: 
 
1) Il Mostro è soggetto alle stesse limitazioni imposte ai Ciclopi: prevede unicamente la propria morte e non può evitarla; 
2) Il Mostro non è soggetto alle limitazioni imposte ai Ciclopi: è padrone del Tempo e può manipolarlo a proprio piacimento. 
 
Nel primo caso, avendo egli sostanziali limitazioni, non si capisce come possa imporle ad altri. Paradosso: se qualcuno non può essere padrone della propria esistenza, non sarà a maggior padrone di quella altrui.  
Nel secondo caso, non avendo egli limitazione alcuna, non si capisce come possa permettere ad altri di trovare il suo punto debole e di approfittarne. Paradosso: se qualcuno è padrone della propria esistenza, non potrà essere sopraffatto da qualcuno che non lo è, da qualcuno che ha meno potere di lui. 
Regista e sceneggiatore non sembrano essersi fatti molte domande sull'ontologia temporale del loro universo, se sia presentista o eternista.
 
Possibili fonti d'ispirazione 
 
Il regista e lo sceneggiatore di Krull potrebbero aver preso ispirazione dall'opera di Paul Edwin Zimmer, che mescola il fantasy con elementi fantascientifici. La saga zimmeriana del Dark Border è composta da quattro romanzi, più un quinto ancora inedito: 
 
1) The Lost Prince (Il principe rapito), 1982
2) King Chondos' Ride (Il ritorno del principe), 1982 
3) A Gathering of Heroes (La chiamata degli eroi), 1987 
4) Ingulf the Mad, 1989  
5) The King who was of Old (mai pubblicato)

I primi due di questi romanzi, che furono pubblicati in Italia per la prima volta nel 1987, circolavano già in America quando Yates fece il suo film. Paul Edwin Zimmer, che è deceduto nel 1997, aveva una sorella ben più famosa di lui, Marion Zimmer Bradley, a sua volta deceduta nel 1999. Era anch'essa un'autrice di opere di fantascienza-fantasy, ma molto più prolifica del fratello. La sua creazione più nota è senza dubbio il mondo di Darkover, che ha ispirato innumerevoli romanzi e racconti. La prima opera nota del Ciclo di Darkover è il romanzo The Planet Savers (Le foreste di Darkover), pubblicato negli States nel lontano 1958. Ha fatto seguito  The Sword of Aldones (La spada di Aldones), pubblicato alcuni anni dopo, nel 1962. Sono state pubblicate opere della Zimmer Bradley ancora anni dopo la sua morte. Thunderlord, uscito nel 2016, non è al momento ancora comparso tradotto in italiano. Come è logico aspettarsi, ci sono molte analogie tra il Ciclo di Darkover e la Saga del Dark Border, visto che due parenti tanto stretti condividono in genere molte cose: è una massa caotica di materiale le cui idee fondanti circolavano da un pezzo quando Yates e Sherman si imbarcarono nell'infelice impresa di dar vita a Krull.
 
Curiosità varie 
 
Questa pellicola fu una delle più dispendiose dell'epoca. Ken Marshall fu scelto dopo aver interpretato il ruolo di protagonista nella serie televisiva Marco Polo (1982). Per prepararsi al ruolo del Principe Colwyn, l'attore si è impegnato duramente prima delle riprese principali, allenandosi in sport come l'equitazione, lo scherma e la boxe. 
 
Nel 2018 Lysette Anthony, l'attrice che ha interpretato la Principessa Lyssa, ha dichiarato che Harvey Weinstein l'ha stuprata nel 1983, poco dopo essere stata scelta per questo film. Ha anche fornito alcuni dettagli ripugnanti. Weinstein si sarebbe presentato da lei una mattina, trovandola in camicia da notte. L'avrebbe denudata e messa a terra a carponi, quindi si sarebbe gettato su di lei, schiacciandola con la propria immensa mole di grasso e riuscendo in qualche modo a penetrarla. Auguro a quell'essere immondo che qualcuno possa castrarlo con un coltellaccio. Questo è quanto.  

Quando Yates realizzò il suo film era già in progetto un seguito, Krull 2, che per fortuna non si è mai materializzato a causa del clamoroso fallimento al botteghino, uno dei più catastrofici della storia della Settima Arte. Nonostante l'insuccesso, col passare degli anni Krull è diventato una pellicola cult.
 
Errori

Quando compaiono i Cavalli di Fuoco, si vede che hanno gli zoccoli ferrati. Nei fotogrammi immediatamente successivi, gli zoccoli, da cui escono fiamme, non sono più ferrati. Domanda: chi avrebbe ma osato ferrare tali prodigiosi equini, visto che avevano fama di essere indomabili? A che scopo?  

Un incidente grottesco. Ynyr il  Vecchio torna dalla Vedova della Ragnatela e dichiara che all'alba la Fortezza Nera apparirà nel Deserto di Ferro. Mentre pronuncia queste parole, cade e danneggia la "roccia" su cui si trova, rivelando il polistirolo da cui è composta.
 
Quando il ciclope Rell viene atrocemente stritolato tra due pareti rocciose, non si vede una sola goccia di sangue, né traccia di organi interni. Non è stato fatto nulla per simulare un corpo di carne: lo spettatore può vedere che si tratta di un fantoccio di gomma. Si capisce lontano un miglio che gli stessi muri che schiacciano il ciclope hanno la stessa composizione, essendo morbidi ed elastici. 
 
Alla fine del film, quando Colwyn, Lyssa e i loro seguaci scappano dalla Fortezza Nera e iniziano a scendere, l'immensa struttura di calcinacci inizia a rompersi e viene risucchiata nel cielo da una specie di antigravità. Nella scena successiva il gruppo corre a perdifiato attraverso un campo a un miglio o più di distanza dalla fortezza ancora in via di disgregazione. Com'è possibile ciò? Non basterebbero pochi secondi per scendere dalla fortezza collassante e percorrere un simile tragitto. 
 
La novellizzazione e il suo autore 

Il soggetto è di Stenford Sherman, mentre il romanzo Krull (1983) è un adattamento letterario del film di Yates, compiuto da Alan Dean Foster. Il romanzo di Foster, che apporta ben pochi elementi rispetto alla pellicola, è stato pubblicato su Urania (numero 966) nel Marzo 1984. Questa è la stringata sinossi, tratta da Mondourania.com
 
"La Fortezza Nera piomba dallo spazio portando morte e distruzione sul pianeta Krull. Chi difenderà il pianeta dalla Bestia, il mostruoso uomo-rettile che s'annida nell'Esagono della Fortezza?" 
 
Alan Dean Foster è un autore specializzato in novellizzazioni. Ha scritto tra l'altro le riduzioni a romanzo dei film della serie di Alien: 
 
Alien (Alien) (1979)
Aliens - Scontro finale (Aliens) (1986)
Alien³ (Alien³) (1992)
Alien: Covenant (2017) 
 
Ha collaborato con George Lucas alla novellizzazione di Guerre Stellari, titolo originale Star Wars: From the Adventures of Luke Skywalker, pubblicata nel 1976 dopo l'uscita del film. In Italia la prima edizione è del 1977, col titolo Guerre Stellari. Quest'opera, cosa alquanto insolita, presenta notevoli differenze rispetto al film. Interamente a Foster si deve invece la novellizzazione di Star Wars: Il risveglio della Forza (2015), film a dir poco esecrabile. Il libro mi rifiuterei persino di toccarlo.
 
Francamente non amo le novellizzazioni. Le reputo opere di una totale inutilità, fatte al solo scopo di raschiare il fondo della pentola dei profitti.