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mercoledì 24 agosto 2022


LE NOTTI DEL TERRORE 

Titolo originale: Le notti del terrore 
Titolo in inglese: Burial Ground 
AKA: The Nights of Terror, The Zombie Dead, 
      Zombi horror, Zombie Horror, Zombi 3   
Lingua originale: Italiano
Paese di produzione: Italia
Anno: 1981
Durata: 85 min
Genere: Orrore 
Sottogenere: Zombesco, etruscologico, incestuoso   
Regia: Andrea Bianchi (come Andrew White) 
Sceneggiatura: Piero Regnoli
Produttore: Gabriele Crisanti
Casa di produzione: Esteban Cinematografica
Distribuzione in italiano: Stefano Film
Fotografia: Gianfranco Maioletti
Effetti speciali: Gino De Rossi
Musiche: Elsio Mancuso, Berto Pisano
Trucco: Rosario Prestopino 
Segretario alla produzione: Mirella Cavalloro,
    Gianfranco Fornari 
Supervisore alla produzione: Marcello Spingi 
Reparto artistico: Giovanni Fratalocchi 
Tecnico sonoro: Umbreto Picistrelli 
Fotografo: Fabio Cavicchioli 
Reparto elettrico e telecamera: Paolo Cavicchioli, 
    Gianni Marras 
Continuità: Paola Villa 
Interpreti e personaggi: 
    Wilma Truccolo: Janet
    Gianluigi Chirizzi: Mark
    Simone Mattioli: James
    Antonella Antinori: Leslie
    Roberto Caporali: George 
    Mariangela Giordano: Evelyn 
    Pietro Barzocchini: Michael (come Peter Bark)
    Claudio Zucchet: Nicholas
    Anna Valente: Kathryn
    Raimondo Barbieri: Professore* 
    *Secondo IMDb.com sarebbe invece Benito Barbieri
    accreditato come Renato Barbieri, in contrasto con 
    quanto riportato da Wikipedia in italiano. 
Titoli in altre lingue: 
   Tedesco: Die Rückkehr der Zombies 
   Francese: Le Manoir de la terreur 
   Siciliano: Li notti du tirruri  
   Finlandese: Hautaholvi Helvettiin 
   Russo: Могильный холм 

Trama: 
Uno scienziato dalla barba imponente è ossessionato dai segreti degli Etruschi e studia un'antica cripta vicino a una grande villa. Nel corso degli scavi scatena accidentalmente un'antica maledizione malvagia. Il maleficio rianima i morti sepolti nella necropoli e gli zombie risorgono per divorare le interiora di colui che li ha evocati. 
Nello stesso giorno, il ricco castellano George visita la sua nobile tenuta di campagna insieme alla sua amante Evelyn e al grottesco figlio adolescente Michael, un essere nanesco e macrocefalo danneggiato dal conflitto di Edipo. Altri ospiti sono due coppie di amici, giunti per trascorrere una vacanza vacanza serena e spensierata. Il gruppo è inizialmente sorpreso dall'assenza del bizzarro scienziato che aveva promesso loro una buona notizia, ma presto prendono la propria strada. Separatamente, nel tardo pomeriggio le coppie fanno lunghe passeggiate nell'adiacente parco del castello.
Nel frattempo, le creature semidecomposte, gravemente lesionate e aggredite dai vermi, si alzano e camminano con decisione, emettendo strani rumori. La loro prima vittima è George, che, nonostante sia armato e opponga una strenua resistenza, viene circondato dalle creature e ucciso nel vicino padiglione. Prima di spirare, era riuscito con abnegazione a distrarre i mostri da Evelyn e Michael, che hanno colto l'occasione e sono fuggiti. Contemporaneamente anche le altre due coppie fanno la "conoscenza" involontaria dei cadaveri vivi, salvandosi per il rotto della cuffia fuggendo verso il parcheggio o nel castello. Lungo la strada l'attraente Janet cade in una tagliola e si ferisce in modo atroce un piede. Il suo amico, il fotografo Mark, dopo aver respinto un attacco di morti viventi, finalmente la libera dalla lama e cerca di condurla in salvo. 
Il gruppo si barrica nella villa assieme al personale di servizio. La fuga con le auto sembra impossibile, perché gli zombie, dando prova di un'intelligenza sinistra e inquietante, hanno tagliato le gomme. I morti viventi iniziano il loro assedio dopo il tramonto e mostrano livelli insolitamente alti di cooperazione e d'ingegno, riuscendo ad usare strumenti come le asce per sfondare le porte. Ogni volta che la situazione sembra essersi un po’ calmata, le creature riprendono le loro incursioni con immutata ferocia. Oltre all'uso degli strumenti, questi esseri ripugnanti possiedono anche inaspettate capacità di arrampicata, tanto da fare diverse vittime tra la servitù. Diventa presto chiaro che il rifugio, percepito come sicuro, non può resistere all'assalto dei cadaveri in decomposizione. Il grottesco Michael, dal cranio angoloso e deforme, simile a un'incudine, ha così tanta paura che cerca la vicinanza e l'amore di sua madre. La tocca avidamente, fa di tutto per palparle i seni morbidissimi, per prenderle in bocca i capezzoli e ciucciarli. Al culmine della sua passione incestuosa, le mette le mani tra le gambe, facendosi strada fino a quell'umido e tiepido passaggio da cui tempo prima era uscito come feto! La madre, turbata dalle avance del figlio, gli fa capire che non tollererà in alcun modo questo rapporto incestuoso. Michael rimane sconvolto dal rifiuto della donna che lo ha messo al mondo. Poco tempo dopo, il ragazzo disturbato viene ucciso e cannibalizzato dalla domestica Leslie, che era morta e ora è risorta come zombie, prima di cadere anch'essa vittima di Evelyn, che si vendica fracassandole il cranio. Nel frattempo, l'edificio nobiliare viene invaso da un'orda di zombi, così numerosi da non poter essere fermati. Il gruppo decimato decide di attirare tutti i mostri nell'edificio per ottenere così un vantaggio sufficiente per la fuga imminente. Il loro piano riesce, così scappano. 
All'alba, Mark, James, la traumatizzata Evelyn e la ferita Janet raggiungono quello che sembra essere un monastero sicuro, ma a un esame più attento si rivela essere una roccaforte degli zombie: i fratacchioni sono stati contaminati e trasformati in cadaveri deambulanti! In una sala di preghiera, James viene sopraffatto e le sue viscere sono divorate da un'orda di creature demoniache che vestono ancora il saio bruno. Come risultato di questo atto, consumato tra forti urla, anche lui si trasforma in uno zombie affamato di carne, mentre i tre sopravvissuti scappano. La loro odissea li porta in un'opificio lì vicino, anch'esso popolato da zombie. Tra questi esseri dell'Inferno c'è il risorto Michael, che non sembra toccato dalle forze ctonie della decomposizione. Non sembra appartenere a CALU. La sua pelle è rosea e florida. Piena di gioia materna, Evelyn lo prende tra le braccia, credendo che le sia stato davvero restituito dall'Ade. A questo punto Michael le morde il seno, la strazia e la uccide brutalmente. Alla fine delle sequenze, anche Janet e Mark vengono circondati e sommersi da un gran numero di zombie famelici. Non è fornita alcuna informazione su dove si trovino a questo punto. 

Citazioni: 

"Sembrano corrosi dal tempo!"
"È incredibile: dei mostri viventi!" 
"Mamma, questo coso odora di morte!" 

  
Recensione: 
Il filone incentrato sugli Etruschi aveva una certa importanza nel complesso universo dei B-movie italiani. Ad affascinare il pubblico era il mistero impenetrabile di questa civiltà scomparsa, percepita come lugubre, rivolta interamente all'Annientamento e proiettata in un Oltretomba incubico, infernale. In altre parole, una civiltà della Morte Eterna. Il lavoro di Andrea Bianchi ha una sua peculiarità degna di nota: a quanto ne so, è l'unico film "etruscologico" a trattare il tema degli zombie. Inoltre introduce un'ulteriore innovazione. Dà agli zombie una marcia in più, rendendoli in qualche modo sociali e tecnologici. Il morto vivente classico non è in grado di comunicare né di aggregarsi ai suoi simili lavorando per un fine comune, così come si dimostra incapace di servirsi di utensili. Ne Il giorno degli zombi (Dawn of the Dead, 1985), George A. Romero ci mostra un morto vivente che riesce ad usare una pistola, ma in seguito a un intenso addestramento e con grande fatica. Le notti del terrore pullula di morti viventi in grado di usare spontaneamente falci, asce, forconi e addirittura di cooperare per fondare un portone servendosi di un tronco come ariete. Indubbiamente si è prodotto qualcosa di nuovo, che però non ha potuto svilupparsi. Non è stato capito il genio. I film devono essere classificati per regista, non per genere, come molti si ostinano a fare. Pochi sanno che Andrea Bianchi, a cui si deve questa buona pellicola zombesca, ha diretto anche una ventina di film pornografici. Cosa ha a che fare la produzione porno con una pellicola horror come questa? A unire tutti i film biancheschi è sicuramente lo stile: una particolare luce cupa che pervade ogni meandro della creazione cinematografica. La critica, velenosa, odia mortalmente questo regista ispirato e inveisce, giudicando immondizia le sue opere. Me ne frego delle opinioni di simili mezze calzette e insorgo contro di loro: Le notti del terrore è un capolavoro immortale! Non m'interessa se i mezzi sono trash e minimalisti (corpi di morti viventi che sembrano di cartapesta, cervelli colanti che sembrano gelato alla fragola squagliato al sole, interiora fatte di liquame di uova marce, etc.). L'idea che anima il tutto è sublime! 


Rituali dell'Immortalità 

Era credenza degli Etruschi che ci fosse la possibilità concreta di ottenere l'immortalità recitando apposite formule. Chi si fosse trovato a dire le giuste parole davanti agli Dei, avrebbe avuto in automatico la Vita Eterna. Non esistevano requisiti morali di alcun tipo: una persona sadica e malvagia che avesse recitato correttamente ogni sillaba, avrebbe vinto la Morte. Queste formule sinistre non ci sono giunte, sappiamo soltanto che sono esistite. Sarebbe stato molto interessante poterle analizzare per amore della Conoscenza e della Filologia. Com'è ovvio, non si può credere che abbiano alcuna efficacia. Del resto, il film di Andrea Bianchi dovrebbe essere un monito sempiterno verso che si illuda di poter far durare oltre ogni limite la condizione dell'esistenza terrena. 
 

Morbosità estrema 

Anche se appena abbozzati, i contenuti incestuosi sono sconvolgenti. Una volta che li si è visionati, restano per sempre stampati nella memoria! Pietro Barzocchini (anglicizzato in Peter Bark) è l'attore che ha interpretato il figlio della sensualissima Evelyn, perennemente sconvolto da incalzanti pulsioni edipiche. A dispetto delle apparenze, non era affatto un bambino. In realtà era un adulto affetto da una forma di nanismo ipofisario. All'epoca delle riprese aveva circa 26 anni (è nato nel 1955) e si può ben immaginare che fosse capace di poderose erezioni. Il regista ha fatto ricorso all'utilizzo di un attore adulto perché doveva aggirare leggi che impedivano di impiegare minorenni in scene dai contenuti erotici o violenti. Dal canto suo, sembra che la splendida Mariangela Giordano non abbia particolarmente apprezzato il proprio ruolo basato sulle fantasie d'incesto dell'attore nanesco. In particolare, a proposito della sequenza del seno strappato a morsi, ha dichiarato quanto segue: 
 
"Quella scena era così ridicola. Non riuscivo quasi a mantenere la faccia seria. Avevo un seno di gomma adattato al mio, che sembrava così finto che non posso credere che qualcuno lo prendesse sul serio!"  

Mentre la Giordano ha potuto godere di una carriera cinematografica lunga e varia, così non è stato per Barzocchini, che in qualche misura è stato colpito dallo stigma. Se è vero che l'interpretazione nel film di Bianchi gli ha dato una certa notorietà, questa non è stata certo positiva. Il pubblico italiano ha una mentalità molto chiusa e piena di pregiudizi, non apprezza questo genere di cose. Ha il terrore superstizioso. La Giordano è stata considerata una vittima innocente delle attenzioni del figlio malefico, ritenute "disgustose" e in grado di far adirare l'Artefice. La colpa della rappresentazione scenica dell'incesto è quindi ricaduta interamente su Barzocchini. Perché tutto questo? Semplice: il pubblico mostra più facilmente clemenza verso una bella donna che verso un uomo dai tratti inusuali. 


Adozione zombesca 

L'opinione comune del pubblico e della critica è che gli zombie etruschi a un certo punto si siano travestiti da frati, indossando sai marroni, allo scopo di far cadere in trappola i fuggitivi. Mi stupisce che sia fatta un'ipotesi così contorta. Sono convinto che la spiegazione sia molto più semplice e diretta: gli zombie etruschi hanno contaminato i frati, trasformandoli a loro volta in morti viventi. Sappiamo che le persone uccise dagli zombie etruschi sono destinate ad essere assimilate a loro, a condividerne l'atroce destino. Si può parlare di una vera e propria adozione. Il bambino grottesco e incestuoso, una volta ucciso, diventa a tutti gli effetti uno degli zombie, anche se non sono presenti segni di decomposizione sul suo corpo abnorme, inquietante, orribile. È come se gli zombie, sia quelli etruschi che quelli adottati, formassero un tutt'uno, parti diverse di un unico essere animato dalla volontà dell'Ade!  

 
Le profezie del Ragno Nero 

Secondo Renzo Baschera, studioso di paranormale e misteriologia, il Ragno Nero era una persona reale ed era davvero un profeta. Era un oscuro monaco bavarese, vissuto nel XVI secolo; voci sparse lo danno invece per austriaco o addirittura italiano. Il suo vero nome ci è sconosciuto; un commentatore in IMDb.com ipotizza che si chiamasse Federico Martell, senza specificare la fonte della sua illazione. Il soprannome del monaco profetico derivava dalla sua abitudine di siglare ogni foglio da lui manoscritto con il disegno di un ragno nero, sopra al testo. Avrebbe predetto con sorprendente precisione una lunga serie di luttuosi eventi futuri come le due bombe atomiche sganciate sul Giappone a Hiroshima e Nagasaki, il disastro di Chernobyl e la pandemia di AIDS. Le sue previsioni, classificate per anno, arrivano fino al 2042, in cui colloca una "Grande Trasformazione", seguita dall'Era dello Spirito (nello stile di Gioacchino da Fiore). La "profezia" mostrata nel cartello alla fine del film, tuttavia, è apocrifa. Questo è il testo in inglese, che riporto con i refusi originali ("nigths" per "nights"; "profecy" per "prophecy"): 

The earth shall tremble... 
graves shall open...
they shall come among the living 
as messengers of death and there shall be
the nigths of terror... 
"Profecy of the Black Spider"

Traduzione: 

La Terra tremerà... 
le tombe si apriranno... 
verranno tra i vivi 
come messaggeri di morte, e ci saranno
le notti di terrore... 
"Profezia del Ragno Nero" 

Va notata una cosa alquanto singolare: delle profezie del Ragno Nero, pubblicate dallo stesso Baschera, che ne sarebbe lo scopritore, ci è ignoto il testo originale. Il mondo accademico le giudica falsi grossolani, della cui reale esistenza non esistono prove concrete - mentre sono numerosi gli indizi che siano una fabbricazione (le profezie sono chiarissime fino all'anno dell'edizione di Baschera, non esatte o incomprensibili per gli anni seguenti; non sembrano essere conosciute nel mondo germanico, etc.). Il nome tedesco del Ragno Nero, che dovrebbe essere Die Schwarze Spinne (Spinne "ragno" è di genere femminile!), viene spesso riportato in modo erroneo e non grammaticale, come Der Schwarze Spinne o addirittura Schwarzer Spinner. Nel Web si trova una gran confusione sull'ordine di appartenenza del monaco: c'è chi lo vuole Cistercense, chi Francescano. Nonostante queste gravi difficoltà, tra i cattolici tradizionalisti esiste la tendenza a considerare autentico il materiale in questione. Si giunge a una desolante conclusione. Andrea Bianchi ha composto un passo apocrifo attribuito a un testo con ogni probabilità a sua volta apocrifo. 

Curiosità 

Il set del laboratorio visto al culmine del film è presente anche in Inferno (1980) di Dario Argento, in Contamination - Alien arriva sulla Terra (1980) di Luigi Cozzi e in Apocalypse domani (Cannibal Apocalypse, 1980) di Antonio Margheriti. Era un set di interni situato proprio nei Des Paolis Studios di Roma. 

Uno degli zombie indossa chiaramente una maschera di Frankenstein di Boris Karloff con abbondanza di sangue e una parrucca aggiunta per oscurarne le origini. 

Il film è stato girato a Villa Parisi, già Villa Taverna Parisi-Borghese, a Monte Porzio Catone, nei pressi di Roma. È una delle dodici Ville Tuscolane. Per molti anni vi abitò Paolina Bonaparte, moglie del principe Camillo Filippo Ludovico Borghese. Se non ricordo male, era quella che ha posato nuda per una statua di Venere, mostrando le tette prosperose. Nel 1966 a Villa Parisi fu girato in gran parte il film La lama nel corpo, diretto da Elio Scardamaglia con lo pseudonimo di Michael Hamilton. Nel 2019 il regista Dean Craig vi ha girato il film Un amore e mille matrimoni, una deprecabile commedia romantica con Sam Claflin, Olivia Munn ed Eleanor Tomlinson. 

Le riprese del film bianchesco sono durate in tutto quattro settimane. Il Tricolore è visibile in una delle stanze in cui gli zombie attaccano. 

Errori 

L'acconciatura della bionda Janet cambia continuamente nel corso del film, anche tra un'inquadratura e l'altra di alcune scene. A volte ha i capelli crespi, a volte sono lisci.

Quando Michael viene mostrato morto, ucciso da Leslie, una delle sue braccia è stata rimossa. Si vede che la stessa assassina sta masticando la carne dell'arto amputato. Tuttavia, quando Michael ritorna come zombie nel finale del film, ha entrambe le braccia intatte.

Ad un certo punto, un personaggio dichiara giustamente che sparare alla testa degli zombie è l'unico modo per ucciderli, anche se non viene spiegato come sia arrivato ad avere questa informazione. Spara e uccide alcuni zombie con un fucile, poi dice che sono rimasti solo due proiettili. Quando gli zombie irrompono nella villa, il fucile e la tattica vengono presto dimenticati. Alla fine del film Mark colpisce gli zombie senza una logica, ma ormai dovrebbe sapere che l'unico modo per ucciderli è distruggere loro la testa.

Quando i sopravvissuti nella villa sono circondati su tutti i lati da zombie mangiatori di carne, in grado di usare strumenti, a un personaggio viene un'idea incongrua. Suggerisce così che gli zombie potrebbero semplicemente volere qualcosa che si trova nella casa. La sua soluzione è quindi aprire le porte e lasciarli entrare. Non che abbia importanza, dato che gli zombie sanno come usare un ariete con cui presto forzano la porta d'ingresso. Inoltre, la teoria secondo cui gli zombie desidererebbero qualcosa oltre a mangiare carne umana non viene mai ulteriormente spiegata. 

Ad un certo punto entrambi i gruppi di sopravvissuti si riuniscono davanti al castello con tre zombie visibili. Si sente una donna chiedere "dove andiamo adesso?", e lo zombie più vicino nell'inquadratura alza chiaramente la mano sinistra e indica con entusiasmo nella direzione e tutti corrono in quella direzione.


Critica 

Consiglio agli eventuali lettori, giunti in questo antro solitario, la lettura del cut-up ricavato dai commenti apposti sul famoso sito di critica cinematografica Il Davinotti


"Perla imperdibile del trash italiano che vanta numerosissimi estimatori" 
"Il fascino del brutto colpisce ancora, in questo imperdibile B-movie"
"Mega-cult del trash nostrano"
"Se siete in cerca di crasse risate questo è il film che fa per voi" 
"i dialoghi ridicoli, gli attori impresentabili, l'inverosimiglianza di alcune situazioni (frutto di una sceneggiatura pessima e grossolana) contribuiscono a renderlo indimenticabile" 
"Bianchi infiamma la libido con un'opera zozza e morbosissima, dove salta fuori l'indole del regista di Cora e La moglie di mio padre
"Effetti splatter artigianali ma copiosi, recitazione terribile da parte dell'intero cast, scene di una ridicolaggine quasi ricercata, incesti edipici con attori nani in vece di bimbi, dialoghi che brillano di luce propria"
"il putridume alla Oltretomba è servito con portate di puro weird marcio e puzzolente e l'ossessione incestuosa resta un must"
"squallidissimo, accatastato su una sceneggiatura (di Piero Regnoli) pressoché inesistente" 
"Va riconosciuto: per scalcinato che sia l’acting, il necro-serraglio etrusco di Bianchi un timor panico più certo che vago lo incute ancora oggi: un lebbrosario deossoriano, un défilé di putredo che i morituri romerian-fulciani te salutant" 
"lo zombi etrusco qui proposto (credo peraltro unico caso nel cinema) per i canoni di allora è assolutamente convincente" 
"Risvegliare il sonno dei morti (etruschi in questo caso) non sembra una grande idea" 
"Una zombata pazzesca" 
"Lo script del matusa dei generi, Piero Regnoli, è carne putrida più che riscaldata, di cui il sig. Bianchi compie perfetto apocalittico macello" 
"Zombie-movie all'amatriciana (anzi alla coratella) con un'atmosfera generale fra il demenziale e l'assurdo, ma non priva di qualche attrattiva divertente"
"Uno dei capisaldi dell'horror-trash nostrano" 
"Pessimo" 
"Bianchi annienta da subito ogni logica ammannendoci (ex abrupto) adolescenti inquieti, copule, magie etrusche e frati zombi putrescenti" 
"L'incedere del film, ipnagogico e macilento, è quello stesso degli zombi"
"Con assoluto mestiere Bianchi concilia "alla perfezione" erotismo patinato, pulsioni incestuose ed esplosioni ultra-splatter"
"Esilaranti la pistoletta con ben undici colpi e l'inopinata tagliola. Non male il trucco dei mortacci"
"Allucinante, indifendibile, quindi prezioso"
"Paradossalmente assume un certo fascino malgrado la pochezza che lo caratterizza e la completa assenza di trama"
"Bravo Andrea Bianchi!"
"Il narrato, che appiattisce il fantastico en plein air tra fontane e roseti, è oscenamente pedestre" 
"Non lesina in quanto a teste fracassate e smembramenti con tanto di frattaglie sempre in bella vista oltre che a zombi a non finire" 
"Mistico" 
"È un oggetto che lascia ipotizzare un composto di immagini plasmate secondo idee in libertà di cinema eversivo (a suo modo, ovviamente)" 
"Il più assurdo degli zombie-movie made in Italy e quindi, trashisticamente parlando, il più imperdibile"
"la violenza e lo splatter che malgrado tutto nel finale inquietano"
"Qui gli zombi sono evoluti (prima di Romero, chissà?): usano falci, martelli, picconi e addirittura travestimenti" 
"I soldi sono pochi e Bianchi non si perde in chiacchiere" 
"Bistrattata da molti per l'animo trash e amatoriale, la pellicola lascia invece il segno per questo suo modo di essere che rende le atmosfere più morbose, acide, malsane" 
"Conoscendo il pedigree di questo film, perfino all'estero, è impossibile aspettarsi neanche lontanamente un erede di Fulci" 
"la pellicola sconfina nello splatter e nell'eccesso di dettagli ripugnanti (zombie con i vermi, banchetti di interiora umane) che inutilmente cercano di coprire la modestia complessiva dell'opera"
"Film imprescindibile per tutti gli amanti del cinema trash italiano" 
"Indimenticabile (!) il personaggio del "piccolo" Michael, specialmente nel suo ricongiungimento finale con la madre"
"Il film più trash che i mie occhi abbiano mai visto" 
"Il film m'è piaciuto parecchio" 

domenica 14 agosto 2022


OPERAZIONE PAURA

Titolo originale: Operazione paura 
Titolo in inglese: Kill, Baby, Kill! 
Paese di produzione: Italia 
Lingua: Italiano 
Anno: 1966
Durata: 85 min
Genere: Orrore, gotico 
Regia: Mario Bava
Soggetto: Roberto Natale, Romano Migliorini
Sceneggiatura: Mario Bava, Roberto Natale,
     Romano Migliorini
Produttore: Nando Pisani e Luciano Catenacci per la
     F.U.L. Film 
Casa di distribuzione: Internazionale Nembo Distribuzione
     Importazione Esportazione Film
Fotografia: Mario Bava, Antonio Rinaldi
Montaggio: Romana Fortini
Musiche: Carlo Rustichelli
Scenografia: Alessandro Dell'Orco
Costumi: Tina Grani
Trucco: Maurizio Giustini 
Effetti speciali: Ettore Catalucci, Mario Bava 
Reparto sonoro: Romano Pampaloni, Armando Tarzia, 
    Giulio Tagliacozzo 
Continuità: Rosalba Scavia 
Assistente alla regia: Lamberto Bava 
Interpreti e personaggi:
    Giacomo Rossi Stuart: Dott. Paul Eswai
    Erika Blanc: Monica Schuftan
    Fabienne Dali: Maga Ruth
    Piero Lulli: Ispettore Kruger
    Max Lawrence: Borgomastro Karl
    Micaela Esdra: Nadienne
    Franca Dominici: Martha
    Giuseppe Addobbati: Taverniere
          (come John McDouglas)
    Mirella Pamphili: Irina Hollander
          (come Mirella Panfili)
    Valerio Valeri: Fantasma di Melissa Graps
    Giovanna Galletti: Baronessa Graps
          (come Giana Vivaldi)
    Aldo Barozzi: Paesano interrogato 
    Salvatore Campochiaro: Cocchiere 
    Quinto Marziale: Cliente della locanda 
    Mario Passante: Padre di Monica 
    Carla Cassola: Domestica dei Graps 
    Alfredo Rizzo: Maggiordomo dei Graps 
Doppiatori originali: 
    Renato Izzo: Dott. Paul Eswai
    Luisella Visconti: Monica Schuftan
    Benita Martini: Maga Ruth
    Antonio Guidi: Ispettore Kruger
    Giorgio Piazza: Borgomastro Karl
    Laura Carli: Baronessa Graps 
Titoli alternativi (inglese): Kill, Baby... Kill!;
    Dont' Walk in the Park; Operation Fear;
    Curse of the Dead; Curse of the Living Dead 
Titoli in altre lingue: 
    Tedesco: Die toten Augen des Dr. Dracula 
    Francese: Opération peur 
    Spagnolo (Spagna): Operación miedo 
    Spagnolo (Messico, Argentina): Mata, bebé, mata 
    Portoghese (Portogallo): Operação Medo 
    Portoghese (Brasile): O Ciclo do Pavor 
    Polacco: Operacja strach 
    Sloveno: Smrt iz onostranstva 
    Ungherese: 
    Greco (moderno): I katara ton zontanon nekron 
    Giapponese: 呪いの館 (Noroi no yakata) 
Location: Studi Titanus (Roma); Villa Grazioli (Roma); Faleria (Viterbo); Calcata (Viterbo)  
Box office: 201 milioni di lire italiane 

Trama: 
Anno del Signore 1907, Impero Austro-Ungarico terminale. Il Dottor Paul Eswai viene inviato nel villaggio germanofono di Kermingen, in un impervio distretto dei Carpazi, che vive immerso in un orrido clima di superstizione e terrore del Diavolo. Il medico ha il compito di eseguire un'autopsia su Irina Hollander, una donna morta in circostanze misteriose, gettandosi dal campanile di una chiesa abbandonata. La fulva Monica Schufftan, una studentessa di medicina nativa di Kermingen che è recentemente tornata a visitare le tombe dei suoi genitori, viene assegnata al medico come testimone. Durante l'autopsia, i due constatano che una moneta d'argento è stata conficcata nel cuore della defunta Hollander. I nativi ricorrono a pratiche magiche e a credenze superstiziose che il Dottor Eswai trova assurde: essi affermano che il borgo di Kermingen è perseguitato dal fantasma di una bambina biondiccia che maledice tutti coloro che hanno la sventura di vederlo, condannandoli all'Inferno. Dopo che Nadienne, la figlia del locandiere del paese, riceve la visita della bambina spettrale, giunge la strega Ruth, che esegue un macabro e sadico rituale per impedire alla maledizione di fare il suo corso. Quella sera, il Dottor Eswai incontra l'Ispettore Kruger, che intende visitare la villa della Baronessa Graps. Quando l'Ispettore Kruger sembra scomparso nel nulla, il medico va a cercarlo alla grande casa nobiliare decrepita. Qui l'anziana nobildonna lo informa però che non conosce nessun Kruger. Mentre l'uomo si avvia verso l'uscita, ecco che scorge il fantasma della bambina che gioca con la palla; lui le domanda quale sia il suo nome e lei gli risponde "Melissa"
Nel frattempo, Monica ha un incubo in cui le appare la bambina spettrale e al risveglio trova una bambola grottesca ai piedi del suo letto. Fugge dalla sua stanza e per strada incontra il Dottor Eswai, che si offre di portarla alla locanda perché possa dormire. Qui il medico scopre che la giovane Nadienne indossa un cilicio di filo spinato attorno al suo corpo, come parte del trattamento di Ruth. Vedendo che questa insana pratica le sta causando atroci sofferenze e ritenendo che possa mettere in pericolo la sua vita, le rimuove il cilicio nonostante le accorate preoccupazioni della sua  famiglia. Nel cimitero locale, il dottore trova due becchini che seppelliscono il cadavere di Kruger e constata che il funzionario asburgico è stato colpito alla testa. Contemporaneamente, Nadienne viene svegliata dalla bambina spettrale che le si mostra alla finestra e la costringe a trafiggersi a morte con un candelabro acuminato. 
Il Dottor Eswai e Monica vengono informati dal calvo Borgomastro Karl che la bambina spettrale è Melissa Graps, la figlia defunta della Baronessa, e che proprio la nobildonna è la responsabile della morte di Hollander e Kruger. A Monica viene rivelato che gli Schufftan non erano i suoi veri genitori. Quando il notabile va a recuperare le prove che dimostrano tutte queste cose, viene costretto da Melissa a distruggere i documenti e ad uccidersi sgozzandosi. Allontanati dal taverniere a causa della sua morte di sua figlia Nadienne, il medico e Monica tentano disperatamente di attirare l'attenzione dei riluttanti abitanti del villaggio suonando la campana maledetta della chiesa diroccata. 
All'interno della chiesa i due trovano un passaggio segreto, dove Monica sperimenta il déjà vu. Scoprono così la tomba della famiglia Graps, che include quella della biondiccia Melissa, morta nel 1887, all'età di sette anni. Tramite una scala che conduce fuori dalla tomba, giungono all'interno di Villa Graps, dove la Baronessa li affronta nel corridoio. La nobildonna rivela che Melissa è stata investita da una carrozza mentre cercava di recuperare una palla durante una grande festa pubblica in cui tutti erano ubriachi: nessuno l'ha soccorsa ed è morta dissanguata. Melissa appare nella stanza e Monica scompare improvvisamente attraverso una porta. Il dottore la insegue attraverso una serie ripetuta di porte che sono come il riflesso di uno specchio in uno specchio, girando a vuoto; nella sua affannosa e onirica ricerca, affronta un Doppelgänger di se stesso, quindi viene lasciato in una stanza chiusa e successivamente portato fuori dalla villa. Perde conoscenza e si risveglia a casa della strega Ruth. La fattucchiera gli spiega che le monete trovate nei cuori delle vittime sono state collocate da lei come talismani per allontanare i poteri soprannaturali della Baronessa, che ha usato poteri medianici per evocare il fantasma di sua figlia e punire gli abitanti di Kermingen. Quindi dichiara che intende uccidere la Baronessa per vendicare il Borgomastro pelato Karl, che era il suo amante. 
A questo punto la Baronessa rivela a Monica di essere sua madre e che Melissa è quindi sua sorella maggiore. Dopo la morte di Melissa, i servi della Baronessa, gli Schufftan, hanno preso Monica sotto la loro protezione, facendo sì che fosse cresciuta ed educata a Gräfenberg. Appare la bambina fantasma, che insegue Monica giù per le scale fino alla tomba e la spinge a gettarsi da un balcone vicino. Ruth arriva e affronta la Baronessa, che reagisce pugnalandola al petto con un attizzatoio. Prima di spirare, la strega riesce a strangolarla a morte, dando così riposo all'anima di Melissa; il Dottor Eswai arriva giusto in tempo per salvare Monica. I due, che ormai fanno coppia, lasciano Villa Graps mentre il sole sorge in lontananza. Vanno a ficcare! 


Recensione: 
Il punto di partenza è stata la mia ossessione per l'inconsueta rappresentazione del Diavolo nella forma di una bambina bionda. Tutto è cominciato con Toby Dammit, terzo episodio del film collettivo Tre passi nel delirio (1968), diretto da Federico Fellini. Il potere traumatizzante della bambina satanica è superiore a quello di qualsiasi mostro di gomma, proprio per la sua natura incongrua, fuori posto, che proietta nel mondo dei viventi l'ombra di un universo di annientamento della vita. È la manifestazione stessa dell'Inferno nella sua atroce vastità. Quando ho indagato l'origine di questa iconografia demoniaca, mi sono imbattuto nell'opera di Mario Bava. Finalmente ho potuto visionare questa ottima e potente pellicola, capolavoro del gothic horror, e ne sono subito rimasto entusiasta! 
Quando uscì nelle sale cinematografiche, Operazione paura non ebbe un grande successo, tuttavia in seguito riuscì ad ottenere una meritata immortalità.  

Alcune note sul titolo

Il titolo originale in italiano è stato scelto davvero male. Dare un titolo così a un film è insensato e controproducente, un po' come se uno decidesse di sua volontà di spararsi una fucilata in un piede. Eppure quando i produttori della F.U.L. Film, che a colazione mangiavano pane e volpe, imposero di chiamare la pellicola baviana Operazione paura, erano convinti di sfruttare il successo di opere che c'entravano come i cavoli a merenda, ad esempio Operazione Crossbow (Michael Anderson, 1965), Agente S 03: Operazione Atlantide (Domenico Paolella, 1965) e il pessimo Operazione San Gennaro (Dino Risi, 1966). Di grazia, quale sarebbe l'operazione? Non vedo nulla nella trama che possa essere descritto come "operazione", a parte forse l'autopsia. Non è il massimo nemmeno il titolo in inglese, Kill, Baby, Kill!, anche se è già più accettabile. Nella maggior parte delle altre lingue, si ha la traduzione letterale del titolo in italiano (ad esempio Operacion miedo) o di quello in inglese (ad esempio Mata, bebé, mata!). Come spesso accade, il tedesco si distingue per originalità, con il suo Die toten Augen des Dr. Dracula, ossia "Gli occhi morti del Dottor Dracula".

Alcune note sul soggetto 

Il soggetto è accreditato a Romano Migliorini e Roberto Natale, gli stessi che hanno concepito l'idea alla base di un'altra pellicola geniale, Il Boia Scarlatto (Massimo Pupillo, 1965) - che ovviamente non ha nulla a che vedere con gli scritti dell'ottimo Marchese de Sade, a dispetto di quanto sostenuto nella promozione. Alla coppia Migliorini-Natale si deve anche il soggetto di 5 tombe per un medium, anche questo diretto da Massimo Pupillo (1965). Quelli erano tempi, in cui la creatività poteva ancora esprimersi! Non come nella nostra luttuosa epoca di remake e di profitto a qualsiasi costo! Parafrasando Ezra Pound, si può dire che ormai non si dipinge più perché l'usura ha fatto arrugginire il pennello


Geometrie non euclidee

Una delle caratteristiche più inquietanti del film è la distorsione percettiva che ricorre nelle sequenze cruciali, manifestandosi nell'alterazione dello spaziotempo e nel cromatismo aberrante, esasperato, ai confini della psichedelia. Alcuni effetti furono realizzati tramite una speciale lastra in grado di alterare la luce. Questo dispositivo è stato utilizzato dal padre di Mario Bava, Eugenio, che fu scenografo, scultore e direttore della fotografia. Due sequenze geniali colpiscono in modo particolare:  

1) Il loop infinito 
Il Dottor Eswai sembra essere stato catturato in un circuito temporale chiuso in cui vede la sua stessa figura da dietro, inseguendola e cercando di raggiungerla. Nella stanza ci sono due porte una di fronte all'altra e ognuna di essa è sia l'ingresso che l'uscita. Sembra che la scena debba durare in eterno, come un incantesimo, quando si produce un lievissimo sfasamento tra l'inseguitore e l'inseguito, che porta al contatto. Quando si rompe la magia, il Dottor Eswai raggiunge e tocca quell'inspiegabile se stesso, che si volta verso di lui, rivelandosi come il suo Doppelgänger. Terrificante!  

2) Una scala a chiocciola per l'Inferno 
Mi ha sorpreso molto vedere materializzata una delle mie paure più profonde: la scala a chiocciola che rappresenta la Catabasi infinita. Nei miei incubi mi sono trovato spesso a dover scendere per una scala senza fondo, del tutto simile a quella del film, che portava a pianerottoli sempre più bui, fino ad arrivare a un punto in cui la tenebra era assoluta e potevo soltanto procedere alla cieca, finendo per svegliarmi in preda al terrore. Ero certo che la scala procedesse all'infinito in quell'Abisso, nella Morte Eterna! 

Se che molti non approveranno le mie parole, ma sono convinto che questo film incubico avrebbe decuplicato la sua carica di orrore se fosse stato girato in bianco e nero.  


Operazione paura e Toby Dammit
un rapido confronto 

In realtà c'è una grande differenza ontologica tra la bambina spettrale del film di Bava e quella del Toby Dammit di Fellini. La prima è l'anima inquieta di una bambina che ha vissuto su questo mondo, in carne ed ossa, trapassando a causa dell'iniquità delle genti di Kermingen. La seconda è Satana. 
Le implicazioni teologiche sono profonde. Melissa Graps e il fato di Kermingen almeno in parte rientrano nell'economia cristiana della Salvezza: la colpa degli abitanti del borgo nasce da un grave peccato (la negligenza che porta alla morte della bambina) e viene espiata tramite una punizione (la maledizione spiritica della Baronessa). Il fato del Toby Dammit felliniano invece è diverso, in quanto la colpa è in questo caso connaturata all'essere della vittima e non riconducibile a quella proprietà che i cattolici chiamano "libero arbitrio". Ricorda invece quanto scrisse Lutero nel De servo arbitrio, con il Diavolo che cavalca la giumenta che sarà dannata e Dio che cavalca quella che sarà salvata, senza possibilità di sottrarsi al proprio destino: 

"Così la volontà umana è posta tra i due come un giumento; il quale, se sul dorso abbia Dio, vuole andare e va dove vuole Dio, come dice il Salmo: «Io sono divenuto come un giumento e sono sempre con te»; se invece sul suo dorso si sia assiso Satana, allora vuole andare e va dove Satana vuole, e non è sua facoltà di correre e cercare l’uno o l’altro cavalcatore, ma i due cavalcatori contendono fra loro per averlo e possederlo."

Così le genti di Kermingen alla fine sono liberate dalla maledizione, mentre Toby Dammit è dannato, senza aver commesso altra colpa all'infuori della propria nascita. 


Il toponimo Kermingen 

Sembra che un centro abitato chiamato Kermingen si trovi in Germania. In ogni caso non nei Carpazi. Non esistono notizie nel Web riguardo a questo paesino (il che sarebbe assai strano se esistesse davvero) ma ho potuto comunque reperire un'unica interessante menzione. A quanto pare, una certa Suzanne Hessendens nacque proprio a Kermingen nel 1834, si trasferì in Algeria e lì si sposò con un francese, certo Jean-Baptiste Guillaume Badaroux. La data della morte della donna, avvenuta in Algeria, non risulta conosciuta. Riporto il link, sperando che resti attivo a lungo e non diventi "rotto": 


Non posso assicurare che quanto scritto in questa pagina sia fidedigno. Il dubbio è d'obbligo, visto che le fonti sono di una particolare tenuità. Va segnalato che il toponimo è scritto Karmingam nella versione inglese. La spiegazione è semplice: Karmingam è la trascrizione fatta da un responsabile del doppiaggio che non aveva alcuna familiarità con la lingua tedesca. Questa terminazione -ingam ricorda toponimi anglosassoni come Nottingham, Birmingham, anche se manca ogni traccia di -h-. L'inglese -ham corrisponde etimologicamente al tedesco -heim che si trova ad esempio in Mannheim, Pförzheim e via discorrendo. Dall'inglese, Karmingam è poi ritornato in italiano e si trova tuttora in svariati siti di critica cinematografica come trascrizione difettosa di Kermingen. Esempi di toponimi tedeschi formati col suffisso -ingen: Göttingen (italiano Gottinga), Esslingen, Oettingen, Gerolfingen, Bad Kissingen, etc. In genere -ingen marca la discendenza di una comunità da un antenato illustre. Ad esempio Gerolfingen indicava in origine i discendenti di un certo Gerolf. Invece è oscurissima la radice da cui Kermingen è stato tratto.   

Il cognome Graps 

Il cognome nobiliare Graps deriva dall'antico alto tedesco graban "scavare" (tedesco moderno graben). Il capostipite della stirpe doveva essere un fossore, ossia uno scavatore di fosse sepolcrali o di tombe. In pratica un becchino. Mi domando se Bava, Migliorini e Natale ne fossero consapevoli. Trovo difficile pensare a una pura e semplice coincidenza! 
Nonostante l'origine indiscutibilmente tedesca del cognome, è molto raro in Germania (1 persona), mentre è più frequente in Italia (95 persone), in Australia (10 persone), in Estonia (8 persone), negli Stati Uniti (8 persone) e in Brasile (7 persone). 


Il cognome Eswai 

Quando ho visionato il film di Bava, essendo sordastro ho interpretato il cognome del medico asburgico, Eswai, come Epswein. Non ho trovato riscontro per Epswein, tuttavia esiste Esswein (Eßwein), da alcuni ritenuto una variante di Ösenwein e interpretato come "forte bevitore di vino", dal medio alto tedesco ösen "ingurgitare, tracannare", wîn "vino". L'etimologia mi convince poco, soprattutto per ragioni grammaticali (ci aspetteremmo "vino-bevitore" e non "bevi-vino") e fonetiche (non ci aspetteremmo la sibilante -ss-, -ß-). Le etimologie popolari devono aver giocato un ruolo importante nella formazione di questi cognomi, ormai oscuri.  Secondo il sito Forebears.io, in Germania ci sono 706 persone che portano il cognome Eßwein, mentre in Svizzera ce n'è una sola. Non si può escludere che Esswein sia la forma originale nell'opera baviana, che sia stata male interpretata da un doppiatore con problemi di udito o trascritta male già in fase di sceneggiatura. 
A un certo punto mi è venuto in mente che Eswai potrebbe essere di origine ungherese, con una trascrizione secondo l'ortografia tedesca, con -w- che sta per l'ungherese -v-: non dimentichiamoci che, ai tempi dell'Austria-Ungheria, De  Gasperi per l'anagrafe era Degasperi e firmava i suoi articoli come De Gaßperi (l'ho visto coi miei occhi in un documentario). Detto questo, non ho trovato riscontro alcuno di un'origine ungherese di Eswai.
Il rarissimo cognome Eswai si trova in Libia (4 persone), in India (1 persona), in Malesia (1 persona) e in Svezia (1 persona); in quest'ultima nazione sarà stato importato. Un cognome assonante, Eshwai, si trova invece in Iran (8 persone). Mi piacerebbe proprio sapere cos'è passato per la mente a Bava e a Migliorini-Natale! 




Il cognome Schufftan 

In questo caso sono in grado di determinare ciò che ha dato origine all'ispirazione del regista e degli sceneggiatori. Il cognome utilizzato è quello dell'operatore tecnico e cinematografico Eugen Schüfftan (Breslavia, 1893 - New York, 1977). Da lui ha preso il nome il processo Schüfftan, una tecnica di effetti speciali che utilizzava specchi per inserire attori in set in miniatura. Uno dei primi utilizzi del processo fu per Metropolis (1927), diretto da Fritz Lang. La tecnica è stata ampiamente utilizzata per tutta la prima metà del XX secolo fino a quando non è stata soppiantata dal nuove tecniche, come il travelling matte e il bluescreen. Il riferimento è proprio alle tecniche mirabolanti usate da Bava! L'uso della vocale -u- al posto di -ü- (con l'Umlaut) è dovuta alla solita mancanza di dimestichezza con la lingua tedesca. Il cognome Schüfftan, chiaramente ashkenazita, è attualmente portato da 7 persone in Germania. Presenta le varianti Schüftan (15 persone in Germania), Schuftan (20 persone negli Stati Uniti, 4 in Australia, 3 in Cile, 3 in Israele, 1 in Brasile, 1 in Repubblica Dominicana, 1 in Sudafrica) e Schueftan (20 persone negli Stati Uniti, 8 in Cile e 5 in Brasile). Parrebbe che la variante Schuftan, diffusa in paesi non germanofoni, sia dovuta a una cattiva trascrizione di Schüftan: la stessa difficoltà incontrata da Bava e da Migliorini-Natale. L'origine ultima è dall'ebraico שפטן shiftán "giudice", "giudiziale", a sua volta dal verbo שפט shafát "giudicare". 


Il cognome Kruger, che ha le varianti Krüger e Krueger, è diffuso sia nell'area del basso tedesco che in quella dell'alto tedesco. Nella prima significa "Taverniere", mentre nella seconda significa "Vasaio". Deriva dalla parola Krug "brocca" (antico alto tedesco kruog "brocca"), che in alcuni composti significa "taverna" (Dorfkrug "taverna principale del paese"); in medio basso tedesco krôch, krûch significa "taverna". Kruger è un tipico cognome ashkenazita, derivato dalla professione esercitata dal capostipite. L'alternanza tra le vocali -u- e -ü- in questo caso non è dovuta a errori di trascrizione, si tratta di diversi esiti locali di una stessa antica protoforma. La distribuzione di questi cognomi nelle nazioni della Terra richiederebbe una trattazione a parte, cosa che esula dallo scopo di questo contributo: mi limiterò a riportare alcuni link utili. 





Curiosità 

La bambina fantasma Melissa Graps fu in realtà interpretata da un bambino, accreditato come "Valerio Valeri". Con ogni probabilità questo non era il vero nome dell'attore, la cui vera identità permane sconosciuta. Ho trovato soltanto una menzione sul fatto che fosse il figlio del portiere di Bava. Non mi risultano suoi ruoli in altri film. 

Parti della colonna sonora di Operazione paura erano stati precedentemente utilizzati nel film giallo-thriller Sei donne per l'assassino (1964), diretto dallo stesso Bava. Il compositore è Carlo Rustichelli, a cui si devono molte colonne sonore di film spaghetti-western.

A due settimane dall'inizio delle riprese, i produttori rimasero senza soldi. Il regista e il cast decisero di finire ugualmente il film senza pretendere il compenso. Questo è eroismo! Chi farebbe una cosa tanto coraggiosa ai nostri giorni?  

Secondo una retrospettiva di Bava del 1985 scritta da Tim Lucas per la rivista Fangoria (numero 43), il film è stato concepito in parte come una scommessa con i distributori americani sul fatto che il regista avrebbe potuto completare un film in 12 giorni. La sceneggiatura di 30 pagine è stata quindi scritta direttamente sul posto. Sembra tuttavia più probabile che le riprese siano state così rapide a causa della mancanza di budget. 

Il calvo Borgomastro Karl rimane ucciso quando la bambina fantasma lo costringe a tagliarsi la gola con uno strumento che è stata descritta come "un grande machete ricurvo". In realtà è una roncola, detta anche falcastro, proprio come quella con cui Carino da Balsamo ha spaccato il cranio dell'inquisitore Pietro da Verona. Una morte simile a quella del notabile pelato è mostrata nel successivo film giallo-thriller Reazione a catena (1971), diretto dallo stesso Bava. 

Diverse inquadrature di Melissa sono state girate con Valeri che esegue le azioni al contrario, conferendo un'atmosfera inquietante ai movimenti del personaggio. La scomparsa del suo fantasma alla fine del film è stata ottenuta attenuando la luce che proiettava il riflesso dell'attore bambino su una lastra di vetro angolata. 

Bava è rimasto impressionato dal borgo medievale di Calcata (da non confondersi con Calcutta!), descrivendolo come semideserto e arroccato su una grande altura di tufo. A quanto pare, all'epoca delle riprese il luogo era abitato quasi soltanto da una specie di comune di Figli dei Fiori. 

Il film baviano fu molto stimato da Luchino Visconti, Martin Scorsese, Joe Dante, Tim Burton e persino dall'antipaticissimo Quentin Tarantino.   

Secondo il giudizio del francese Jean-Louis Leutrat (Vichy, 1941 - Parigi, 1911), insegnante di storia del cinema, la palla bianca e lucidissima con la quale gioca ossessivamente la piccola Melissa Graps deriverebbe in ultima analisi da M - Il mostro di Düsseldorf (M), diretto da Fritz Lang (1931). 


Altre recensioni e reazioni nel Web 

Chuck Bowen ha scritto su Slant Magazine nel 2019:

"Il villaggio dei Carpazi di Operazione paura è uno dei successi più indelebili di Mario Bava: un regno di paura materializzato. [...] Bava usa la location come fonte del ritrovato espressionismo tedesco, fondendo le finestre inclinate e gli angoli apparentemente irrazionali delle strade e degli edifici accatastati con una cinematografia color caramello e set decisamente artificiali. Questo contrasto tra scoperto e creato suggerisce un confine poroso tra realtà e soggettività, passato e presente, antiquato e modernizzato. In Operazione paura, come in molti altri film di Bava, un personaggio può passeggiare per strade riconoscibili in dimensioni radicate nella sua stessa psiche, intrappolandosi in cicli temporali che possono incarnare una follia invadente. Bava interpreta la follia sia come luogo che come contagio." 

Pablo Kjolseth (Turner Classic Movies) ha scritto nel 2017:

"Se apprezzi l'umore e l'atmosfera rispetto ai moderni brividi viscerali, ci sono buone probabilità che finirai in quest'ultimo campo. Ricchi schemi di colori, edifici eleganti e fatiscenti, strade acciottolate coperte di nebbia, taverne polverose, vorticose scale a chiocciola e corridoi infiniti con decorazioni e disegni inquietanti, tutto aiuta a creare una manciata di esterni e interni che rendono magico il film."

Giuseppe Salza ha scritto sulla rivista Segnocinema nel 1984: 

"Una favola di Grimm al rovescio, dove la tragica e ignorata morte di una bambina apre un cerchio di sangue, destinato a concludersi soltanto nel sangue. Horror surrealista e supermanierato (...) l'apice del virtuosismo di Bava." 

Norbert Moutier ha scritto nel 1990: 

"Abbondano le scene oniriche ammirevolmente servite da effetti ottici che dilatano l'immagine, un po' alla Roger Corman."

Questo è un cut-up di opinioni tratte dal Web e in particolar modo dai siti Il Davinotti e Filmtv

"Ghost story di ambientazione ottocentesca in cui il clima cupo è accompagnato da colori vividi e caldi, spesso con effetti antinaturalistici." 
"la bimba con la palla "copiata" da Fellini" 
"uno dei migliori gotici italiani" 
"La solida sceneggiatura, che mescola con grande maestria il registro onirico con quello realistico, avvince lo spettatore tenendolo incollato alla sedia fino alla fine." 
"Non ai livelli de La maschera del demonio, ma poco ci manca; influenzerà tanti horror a venire." 
"Non sono un baviano: mi pare che il film in questione sia però fra i suoi migliori." 
"La scala tortile richiama una nota opera di Bosch." 
"La sceneggiatura parla della solita maledizione, ma sa farlo in modo inquietante, svelandosi poco a poco come fosse un giallo." 
"villaggio infestato, sinistre presenze, incubi, vento perenne e una mortifera bambina-fantasma che subirà svariati tentativi di imitazione" 
"Colonna sonora e lugubre ambientazione creano la giusta atmosfera" 
"Tutto è studiato ad arte per creare un clima di paura, anche se, qua e là, può risultare ingenuo." 
"cupissima storia di fantasmi e di vendetta con un tema musicale che non si dimentica" 
"Discreti gli attori anche se passano spesso in secondo piano." 
"Un Mario Bava praticamente in stato di grazia ci propone un vero e proprio capolavoro onirico, nel quale la coerenza della trama non ha nessun valore" 
"Splendido horror che farà scuola: lo ritroveremo non solo in Fellini (la bambina in Tre passi nel delirio) ma anche in Lynch (l'agente Cooper che insegue se stesso)." 
"La magia di Bava è la sua capacità di creare dal nulla (a volte CON nulla) un mondo fantastico completamente autonomo e sensato" 
"Molti registi successivi hanno saccheggiato questo film per prendere diverse idee." 
"Maestria pura." 
"Il film chiude il genere gotico e, probabilmente, ne costituisce l'esempio più alto." 
"Un archetipo cinematografico"   

venerdì 12 agosto 2022


IL BOIA SCARLATTO 

Titolo originale: Il boia scarlatto 
AKA: Io...il Marchese de Sade; Il castello di Artena  
Titoli in inglese: Bloody Pit of Horror; A Tale of Torture; 
    Crimson Executioner; The Scarlet Executioner; 
    The Scarlet Hangman; Some Virgins for the Hangman; 
    The Castle of Artena 
Paese di produzione: Italia, Stati Uniti d'America 
Lingua: Italiano 
Anno: 1965
Durata: 87 min
Genere: Orrore 
Sottogenere: Gotico, sadismo 
Regia: Massimo Domenico Pupillo (come Max Hunter)
Soggetto: Roberto Natale, Romano Migliorini
Sceneggiatura: Roberto Natale, Romano Migliorini
Produttore: Francesco Merli (come Frank Merle), 
    Ralph Zucker 
Produttore esecutivo: J.R. Coolidge, Felix C. Ziffer  
Casa di produzione:  M.B.S. Cinematografica, 
    
International Entertainment Corp.
Fotografia: Luciano Trasatti
Montaggio: Mariano Arditi (come Robert Ardis) 
Effetti speciali: Carlo Rambaldi
Musiche: Gino Peguri
Scenografia: Franco Fontana (come Frank F. Arnold) 
Decorazione del set: Franco Calfapietra (come Richard 
    Godlberg o Richard Colbert) 
Costumi: Richard Colbert 
Trucco: Maria Luisa Garbini (come Lucille Gardner),
    Duilio Scarozza (come Alan Trevor) 
Segretario alla produzione: Nicola Princigalli 
Reparto sonoro: Goffredo Salvatori (come
    Geoffrey Sellers) 
Dialoghi: Dom Leone 
Interpreti e personaggi: 
    Mickey Hargitay: Travis Anderson
    Walter Brandi: Rick (come Walter Brandt) 
    Luisa Baratto: Edith (come Louise Barrett)
    Rita Klein: Nancy 
    Alfredo Rizzo: Daniel Parks (come Alfred Rice) 
    Barbara Nelli: Suzy (come Barbara Nelly) 
    Moa Tahi: Kinojo
    Femi Benussi: Annie (come Femi Martin) 
    Ralph Zucker: Fotografo uranista Dermott
    Nando Angelini: Perry (come Nick Angel) 
    Albert Gordon: Raoul 
    Gino Turini: Primo scagnozzo russo  
    Roberto Messina: Secondo scagnozzo russo
Doppiatori italiani: 
    Renato Turi: Travis Anderson
    Pino Locchi: Rick
    Rosetta Calavetta: Edith
    Flaminia Jandolo: Nancy
    Bruno Persa: Daniel Parks
    Fiorella Betti: Suzy
    Rita Savagnone: Kinojo
    Oreste Lionello: Fotografo uranista Dermott
    Sergio Graziani: Perry
    Massimo Turci: Raoul
    Glauco Onorato: Primo scagnozzo russo  
    Manlio Busoni: Voce narrante  
Location: Castello Piccolomini, Balsorano (esterni); 
    Palazzo Borghese, Artena (interni) 
Titoli in altre lingue: 
    Francese: Vierges pour le bourreau 
    Tedesco: Scarletto – Schloß des Blutes 
    Danese: Torturbødlen 
    Russo: Кровавая бездна ужаса 
    Giapponese: 惨殺の古城 

Trama: 
Anno del Signore 1648, giorno 5 Dicembre. Inghilterra. Per i suoi crimini efferatissimi, John Stewart, detto il Boia Scarlatto, è condannato a morte tramite supplizio. Viene così rinchiuso in una "vergine di Norimberga" e trafitto a morte dalle lame dello strumento di tortura. 
Molto tempo dopo, negli anni '60 del XX secolo, al castello in cui John Stewart fu giustiziato, giunge un gruppo di debosciati parassitari che include lo scrittore Rick, il suo editore-lenone Daniel Parks, la sua segretaria-fellatrice Edith, l'effeminato fotografo Dermott e cinque giovani modelle puttaneggianti. L'intento di questi individui repellenti è scattare squallide foto per un fotoromanzo horror. Credendo che il castello sia disabitato, vi si introducono abusivamente. Il maniero è in realtà occupato da un ex attore, Travis Anderson, che ha al suo servizio alcuni sgherri molto efficienti: è molto seccato dell'intrusione e inizialmente desidera mandare via il nocivo gruppo. Quando riconosce Edith, che una volta era la sua fidanzata, cambia idea in modo repentino, permettendo ai molesti visitatori il soggiorno per una notte, pur decretando che nessuno possa entrare nei sotterranei. Il gruppo ignora questo avvertimento e procede comunque a scattare foto anche nelle segrete. Questo atto manda su tutte le furie Anderson, che assume l'identità del Boia Scarlatto, indossandone il costume. Uccide in modo atroce gli intrusi, uno ad uno, finché restano soltanto Edith e Rick. L'uranista Dermott, che aveva tentato di fuggire per andare ad avvisare la polizia, viene trafitto da una freccia nelle carotidi, finendo dissanguato. La ragazza hawaiana viene morsa da un improbabile ragno velenoso e spira tra dolori lancinanti. Una brunetta viene trafitta dalle lame della vergine di Norimberga. Una ragazza biondiccia rimane uccisa da un flusso di acqua ghiacciata sulla schiena nuda, un'altra viene ustionata con la pece sulla schiena e poi trafitta con un dardo di balestra da uno degli scagnozzi. Il viscido Parks spira dopo una lunga agonia tra le fiamme. Possiamo dire che è meritata? Edith, che era stata messa su una fornace, viene tratta in salvo da Rick prima di arrostire. Alla fine, dopo aver a lungo sfuriato, il fierissimo Anderson soccombe ai suoi stessi dispositivi di tortura, venendo trafitto dalle punte avvelenate della macchina denominata "Amante della Morte". Una fine ingloriosa. Peccato! Edith e Rick si allontanano da quel luogo di orrori, commentando in modo futile la follia dell'attore diventato chissà perché un misantropo tanto estremo e fanatico della Purezza. 

Frasi promozionali (in inglese): 

"He was a homicidal maniac who LIVED TO KILL!"
"He lured beautiful women to his horror chamber. He lived in evil."
"In Horrorcolor"
"Inspired by the Writings of THE MARQUIS DE SADE"
"In Color of Dripping Blood" 


Recensione: 
Senza dubbio è uno dei film più strani in cui mi sia imbattuto nella mia esistenza infelice! L'ho guardato volentieri e non mi è sembrato poi così brutto. Le sue caratteristiche principali sono le invettive enfatiche del protagonista, giusto odiatore dell'umanità, oltre agli effetti granguignoleschi. Qualcuno ha addirittura parlato di "esaltazione dell'eugenetica" e di "superomismo di Nietzsche", anche se a parer mio si tratta più che altro di disgusto per individui infimi che lo meritano pienamente. Per una sorta di timore superstizioso, non hanno voluto dare al fantasioso seviziatore la soddisfazione di gongolare nella sua identità demoniaca e di affermare davanti al mondo intero la consapevolezza che il suo spirito è realmente quello dell'antico carnefice, trasmigrato in un nuovo corpo. È come se il regista e lo sceneggiatore fossero partiti con una vera e propria trasmigrazione dello spirito del Boia Scarlatto nel corpo dell'attore (ad esempio il prologo della vendetta di sangue, il sigillo spezzato della vergine di Norimberga, lo scheletro del carnefice che poi scompare, etc.). Poi, presi dal terrore, hanno pensato di imporre una sorta di scetticismo addirittura cartesiano. "Tu non sei il Boia Scarlatto", gli dice il pappone prima di morire arso vivo nella gabbia di ferro. "Il vero Boia Scarlatto è cenere da secoli", sentenzia lo scrittorucolo di pseudo-horror alla fine della vicenda. La stessa morte dell'attore-torturatore, trafitto dal pungiglione avvelenato di un pupazzo, è quasi un escamotage per impedire al Boia Scarlatto di imperversare sulla Terra, immortale! 


Avrebbe potuto essere un capolavoro!

Pupillo è stato accusato di aver "esagerato", mentre in realtà si è molto trattenuto perché aveva paura. Temeva sopra ogni cosa il rischio dell'emulazione. Cosa gli sarebbe capitato se da qualche parte, ad esempio nei sobborghi di una disumana metropoli come Milano, fosse sorto un pazzoide esaltato e si fosse identificato fino all'ultima fibra nel Boia Scarlatto? Era un rischio grave, da non sottovalutare. Ecco perché la fallofora, pardon, la modella hawaiana non viene trafitta dalle frecce! Immaginate che potenza avrebbe avuto la sua immagine se fosse diventata una versione femminile di San Sebastiano! L'opera di Pupillo sarebbe entrata nel Pantheon della Settima Arte, anche se a caro prezzo. Il cineasta sarebbe infatti stato accusato di essere un mostro. Geniale ma al contempo aberrante. Eppure avrebbe dovuto rischiare, se lo avesse fatto sarebbe stato considerato pari al Divino Marchese! Invece ha messo lì quel "ragno" inguardabile. Mein Gott! Quando si dice perdere le occasioni! 


Il ragno grottesco! 

Quando parlo di "ragno" inguardabile, intendo dire qualcosa di talmente insensato da far sbellicare dalle risate, se non ci fosse da piangere. L'aracnide è un grosso pupazzo polveroso, più o meno delle dimensioni di un pollo. Non è stato considerato alcun rudimento seppur elementare di anatomia dei ragni! Occhi con iride giallastra e pupilla, dotati di palpebre, e due zampe anteriori con le chele di un crostaceo! Sembra un granchio gigante di un raccapricciante Z-movie di Roger Corman!! Schifo, ribrezzo e crassa ignoranza! Questa porcheria infame del ragno posticcio è bastata a far sì che molti etichettassero la pellicola come "merda"! Eppure Pupillo avrebbe fatto una figura più bella se avesse filmato un ragno vero, magari un pingue ragno crociato (Araneus diadematus), inserendo le immagini nelle sequenze! 


Russi in Inghilterra negli anni '60? 

I domestici del proprietario del castello sono senza dubbio appartenenti a un'etnia slava. Soltanto le plebi gli Slavi possono essere così brutali, ottuse e grossolane! Resta tuttavia da stabilire a quale popolo slavo appartengano questi figuri. Dovrebbero venire dalla Russia, anche considerato che portano una caratteristica camicia marinaresca a strisce orizzontali bianche e blu, simile a quella chiamata tel'njaška o anche tel'nik. Le strisce sono più larghe, ma l'ispirazione è quella. C'è tuttavia un grave problema concettuale: all'epoca in cui si svolge il film c'erano alcune cosette simpatiche conosciute come "Guerra Fredda" e "Cortina di Ferro"! C'era il Mudo li Merlino! Nei paesi dell'Est non si poteva andare e venire come si voleva, ogni movimento era controllato e se necessario impedito sul nascere. Se qualcuno riusciva nella difficile impresa di fuggire dall'Unione Sovietica e giungeva nel Regno Unito, doveva essere un intellettuale dissidente o un artista, non certo un tagliagole. Di mafia russa si cominciò a parlare soltanto dopo la la caduta del Mudo li Merlino, per l'appunto. 
P.S. 
Sembra che i Russi odino tutto ciò che è blu, perché nella loro lingua la parola galuboj significa sia "blu" che "omosessuale" (un residuo di Bisanzio e delle sue fazioni). Ben strano che la tel'njaška faccia eccezione e permetta un colore altrimenti detestato!

La balestra: un'arma non banale 

Poche cose sono più incomprensibili al pubblico e ai cineasti del modo in cui funziona la balestra. Tutti credono che sia facile maneggiarla e soprattutto che si possa tendere a mani nude la sua corda, considerata a torto simile a quella di un arco. Ebbene, non è affatto possibile tendere la corda di un'autentica balestra senza servirsi di un argano, chiamato "crocchio". Proprio questa caratteristica rende la balestra un'arma da getto micidiale e terribile. Per usare l'argano, che è simile a una manovella o a una leva, è necessario infilare un piede in una staffa, il pedale. Nella balestra usata nel film, questo pedale è ben visibile, eppure non viene usato, proprio perché Pupillo ignorava il suo scopo! 

Norimberga: vergini e vedove 

A un certo punto lo scrittore da quattro soldi chiama lo strumento noto come "vergine di Norimberga" con un nome sbagliato: "vedova di Norimberga" (la mia memoria distorcente aveva attribuito l'enormità al fotografo uranista Dermott). Per questo errore grossolano, il regista è stato crocifisso dalla critica e additato come ignorante. Santo Cielo, l'ignorante semmai è il personaggio che ha pronunciato lo sproposito! Se in un film compare una persona ignorante, si deve forse accusare di questo il regista o lo sceneggiatore? 
Un tempo si credeva alla reale esistenza della vergine di Norimberga, poi a quanto pare è stato dimostrato che si tratta di un'invenzione risalente al tardo XVIII secolo o all'inizio del XIX, nata dalla smania tipica dei Giacobini di coprire di infamia il Medioevo, descrivendolo come più atroce di quanto in realtà non fosse. Credo che esuli dagli scopi di questa recensione trattare l'argomento in modo approfondito. In ogni caso, è possibile che la vergine di Norimberga abbia avuto origine da un equivoco: esistevano strumenti simili a sarcofagi, conosciuti come "mantelli della vergogna" (in tedesco Schandmantel), in cui erano rinchiusi i condannati che venivano fatti sfilare ed esposti al pubblico ludibrio. Immaginare che contenessero lame o lunghi chiodi è stato un attimo. 


Il Boia Scarlatto e l'omosessualità 

Ai tempi in cui il film di Pupillo uscì, c'erano ancora idee molto confuse sull'omosessualità. L'opinione comune era che un omosessuale dovesse essere necessariamente misogino. C'era una sorta di "teorema dei tre punti": se erano dimostrate due proprietà tra omosessualità, misoginia e impotenza, la terza doveva conseguirne in modo automatico. Ricordo ancora di essermi imbattuto in persone molto ignoranti che non erano in grado di distinguere una vasta gamma di concetti tra loro radicalmente dissimili, come omosessualità (attiva o passiva), misoginia, impotenza, sterilitàcastrazione, ermafroditismo, travestismo, transessualità. Va comunque detto che questi vecchiacci sono ormai finiti sotto terra. Sembra che non se ne trovino più. A causa di questa confusione un tempo imperante, al Boia Scarlatto fu appioppata l'etichetta di "omosessuale". La sua ex fidanzata Edith affermava che egli era ossessionato da un ideale di Purezza, del tutto irraggiungibile, aggiungendo che non aveva mai avuto da lui un bacio. Questo non implica affatto che un uomo così problematico debba per forza provare diletto a giocare coi cazzi. 


Genesi del Boia Scarlatto 

Lo storico del cinema Roberto Curti è stato il primo ad aver notato una forte somiglianza del Boia Scarlatto con certi personaggi mascherati che impazzavano nei fotoromanzi e degli anni '60 e nei fumetti dei decenni precedenti. In particolare, sembra che all'origine del personaggio descritto da Pupillo ci fosse proprio The Phantom, eroe dei fumetti conosciuto in italiano come L'Uomo mascherato; un altro suo epiteto è "Ombra che cammina" (chiaro riferimento shakespeariano). Fu creato dallo sceneggiatore Lee Falk nel lontano 1936 e disegnato da Ray Moore. The Phantom è descritto come un uomo in calzamaglia senza superpoteri, per quanto dotato di particolari abilità, che ha avuto grande successo, soprattutto a causa del suo fascino misterioso e del complesso intreccio delle trame. Fatto sta che la somiglianza esteriore è innegabile, anche se le analogie non vanno oltre. Mi sento in dovere di riportare una stranezza che potrebbe ridurre la portata del paragone con il Boia. Falk aveva pensato il suo personaggio con un costume grigio, tanto che voleva chiamarlo The Gray Phantom. Per un errore di stampa, il costume risultò invece viola. La cosa traumatizzò l'autore, che tuttavia alla fine dovette rassegnarsi, seppur schiumando bile. In varie nazioni in cui il fumetto fu stampato a colori, il colore del costume fu scelto secondo i gusti personali dell'editore: blu in Scandinavia, marrone in Nuova Zelanda e rosso in Italia. Così si dimostra che Pupillo trasse ispirazione proprio dall'edizione italiana. 


Hargitay Miklós Karoly 

Il vero nome di Mickey Hargitay (Budapest, 1926 - Los Angeles, 2006) è Hargitay Miklós Karoly. Nel 1958 sposò Jayne Mansfield, che in seguito divenne Alta Sacerdotessa della Chiesa di Satana fondata da Anton Szandor LaVey. Dall'unione sono nati tre figli, i maschi Miklós, Zoltán e la femmina Mariska. Sono cresciuti tutti come pupilli dello zio Anton, ne sono certo! 

Critica

Questo ha scritto Marcel M.J. Davinotti Jr.: 

"Un cult per lungo tempo ricercato dai collezionisti. E non se ne capisce bene il motivo, vista la qualità modesta del film." 

La risposta è molto semplice. Questo film è particolarmente ricercato perché si vede il Boia che tortura e uccide le zoccole! Lo spettatore ha fino all'ultimo l'illusione che il protagonista riuscirà a finire il suo lavoro! 

Il politico, giornalista e critico cinematografico Gian Paolo Pillìtteri ha scritto quanto segue: 

Non è vero che ogni volta si tocchi il fondo; c’è sempre un'altra volta e c'è sempre un film più brutto. È la gara a chi ne inventa una di più, a chi perfeziona le trovate più oscene. [...] Il clou di questo spaventevole pasticcio è dato dalle scene di tortura. Tutte le aberrazioni di una mente malata sono messe in azione: ragni velenosi, frecce acuminate, carrucole che abbassano inesorabilmente degli aculei, casse speciali dotate all'interno di spade, macchine che rompono le ossa, gabbie di ferro in cui il prigioniero viene abbrustolito, fantocci con punte avvelenate eccetera. Il campionario, ovviamente, è messo in funzione ai danni di ragazze ignare regolarmente discinte. Aveva ragione il grande Petrolini: "C'è sempre un cretino che le inventa e un imbecille che le perfeziona!" 

Ricordo un Pillìtteri che inveiva furibondo contro alcuni autisti di tram che stavano scioperando, urlando loro: "Fascisti! Squadristi!" Non sono però sicuro al 100% che fosse lo stesso Pillìtteri che ha recensito il film in questione. 

Il navigatore Marco Bellini ha scritto sul sito di Amazon: 

Il film serie Z per eccellenza!!!............però il DVD della Sinister Films è assolutamente da dimenticare, la grana, i colori non rendono giustizia a questa perla di cinema di un certo livello (.........molto basso, ad essere sinceri ma che a noi, B-movie maniacs, ci piace tanto!!! eh eh..), alcune scene tagliate si possono vedere negli inserti speciali....bah (.....probabilmente questa potrebbe essere la copia rieditata nei primi anni 70 col titolo: "Io, il marchese De Sade.....") e poi la featurette su Massimo Pupillo è + o - inutile!

Nel suo libro Italian Horror Film Director, Louis Paul ha descritto il film come "una voce ridicola ma inquietante e sadica nel genere [horror]" (originale inglese: "a laughable yet disturbing and sadistic entry in the [horror] genre"), e "un esercizio di omofobia e di svilimento delle donne mascherato da intrattenimento" (originale inglese: "an exercise in homophobia and the debasement of women masked as entertainment"). Si capisce lontano un miglio che questo critico è animato dall'ideologia woke, politically correct, radical-femminista e autorazzista! 

Ecco un cut-up raccolto dal sito del Davinotti: 

"Divertente e sregolato gotico fumettistico"
"Gustoso fumettone" 
"Uno dei punti più bassi toccati dal gotico italiano degli anni d'oro" 
"Il culmine del ridicolo lo raggiunge il guittesco Hargitay"
"Attori pessimi, dialoghi bambineschi" 
"Un Hargitay fumettistico che gesticola vaneggiando di superomismo ed eugenetica"
"La paura si trasforma in ghigno, che è forse l'ancora di salvezza dell'opera di Pupillo." 
"A tratti retorico e ridicolo..." 
"Elevato al rango di cult per la sua atmosfera da fumettaccio nero" 
"Ridicolo tentativo di horror-sexy nazionale" 
"Complessivamente non male, dopotutto!" 
"Per lo spettatore dell'epoca, che si aspettava un vero horror, fu probabilmente una delusione"
"Certo, girato dieci anni dopo sarebbe stata un'altra storia...." 
"Incredibilmente trash" 
"Non male il livello di sadismo, eccessivo per l'epoca" 

Fortunatamente esistono anche estimatori! Ecco un blog in cui nel 2016 si sono celebrati i 50 anni del Boia Scarlatto! 


Curiosità 

Nel Regno Unito il film fu bandito già nel 1967: gli fu rifiutato qualsiasi certificato. Non ho informazioni sulla situazione attuale.  

Questo film fa parte della famigerata serie tedesca "SchleFaZ" ed è andato in onda nel settembre 2022 sulla stazione televisiva Tele5. ("SchleFaZ" è un'abbreviazione che significa "i peggiori film di sempre"). Nella serie, due conduttori presentano la pellicola considerata oltraggiosa, vestendosi come i personaggi principali e discutendo dell'incompetenza delle persone coinvolte. 

Stranamente le autorità tedesche non hanno notato i discorsi del Boia Scarlatto sulla Purezza, su individui contaminanti e sull'infraspeciazione, o avrebbero urlato al ritorno di Hitler e delle SS! Ai tempi del famigerato Mudo li Merlino, quella roba che hanno buttato giù nel 1989-90, non sembra che l'opera di Pupillo sia mai stata distribuita tra i Teutoni. 

In questo film ha esordito l'attrice Luisa Baratto. Non è proprio una sconosciuta. Ha interpretato altri 10 film: Requiescant (Carlo Lizzani, 1967), Killer Kid (Leopoldo Savona, 1967), Sette winchester per un massacro (Enzo G. Castellari, accreditato come E.G. Rowland, 1967), Devilman Story (Paolo Bianchini, 1967), Colpo doppio del Camaleonte d'Oro (Giorgio Stegani, 1967), Il lungo giorno del massacro (Alberto Cardone, accreditato come Albert Cardiff, 1968), Il pistolero segnato da Dio (Giorgio Ferroni, accreditato come Calvin Jackson Padget, 1968), L'invincibile Superman (Paolo Bianchini, accreditato come Paul Maxwell, 1968), Scacco internazionale (Giuseppe Rosati, 1968), Colpo di Stato (Luciano Salce, 1969),