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giovedì 18 agosto 2022


IL POLIZIOTTO È MARCIO 

Titolo originale: Il poliziotto è marcio 
Titolo in inglese: Shoot First, Die Later 
Lingua originale
: Italiano
Paese di produzione: Italia, Francia
Anno: 1974
Durata: 91 min
Rapporto: 1,85:1
Genere: Poliziesco, drammatico, noir 
Sottogenere: Poliziottesco, gangsterologico 
Regia: Fernando Di Leo
Soggetto: Sergio Donati
Sceneggiatura: Fernando Di Leo
Produttore: Galliano Juso, Alberto Marras,
    Ettore Rospoch 
Casa di produzione: Cinemaster, Mount Street Films,
    Mara Film
Distribuzione in italiano: Titanus
Fotografia: Franco Villa
Montaggio: Amedeo Giovini
Effetti speciali: Rémy Julienne (sequenze acrobatiche)
Musiche: Luis Bacalov
Scenografia: Francesco Cuppini
Costumi: Giorgio Gamma
Trucco: Antonio Mura 
Parrucchiera: Vittoria Silvi 
Segretario alla produzione: Gino Soldatelli 
Reparto artistico: Sandro Bellomia, Cristiano Tessari 
Reparto sonoro: Goffredo Salvatori, Massimo Turci 
Assistente alla telecamera: Enrico Biribicchi 
Fotografo: Ermanno Consolazione 
Cameraman: Gaetano Valle 
Continuità: Renata Franceschi 
Interpreti e personaggi: 
    Luc Merenda: Commissario Domenico Malacarne
    Richard Conte: Corrado Mazzari*
    Delia Boccardo: Sandra Rizzo
    Raymond Pellegrin: Pascal Dupont
    Gianni Santuccio: Questore
    Vittorio Caprioli: Serafino Esposito
    Salvo Randone: Maresciallo Antonio Malacarne
    Rosario Borelli: Pietro Garrito
    Monica Monet: La cronista Barbara
    Elio Zamuto: Rio il Portoghese
    Massimo Sarchielli: Rabal il Portoghese   
    Loris Bazzocchi: Sgherro di Pascal
    Sergio Ammirata: Vicecommissario Mario Curcetti
    Gino Milli: Il travestito Gianmaria
    Salvatore Billa: Agente Rizzo   
    Marcello Di Falco: Sgherro di Pascal
    Attilio Duse: Sgherro di Pascal**  
    Marisa Traversi: Contessa Nevio 
    Giampiero Arba: Sgherro di Pascal 
    Mario Garriba 
    Luigi Antonio Guerra: Giovane agente 
    Non accreditati: 
    Bruno Alias: Uomo nella galleria d'arte 
    Calogero Azzaretto: Passante 
    Lucia Baldi: Giornalista 
    Bruno Bertocci: Poliziotto 
    Adriana Bruno: Donna nella galleria d'arte 
    Empedocle Buzzanca: Sgherro nella pista da bowling 
    Dolores Calò: Donna alla stazione di polizia 
    Omero Capanna: Rapinatore in auto 
    Angelo Casadei: Poliziotto 
    Carlo Cattaneo: Uomo nella galleria d'arte 
    Lella Cattaneo: Donna nella galleria d'arte 
    Enrico Cesaretti: Uomo nella galleria d'arte 
    Enrico Chiappafreddo: Sgherro sleale di Pascal 
    Massimo Ciprari: Uomo nella galleria d'arte 
    Luca Damiano: Fotografo di Barbara 
    Domenico Demitri: Poliziotto 
    Ciro Di Mola: Poliziotto alla conferenza
    Gianni Di Segni: Ufficiale al funerale 
    Gilberto Galimberti: Rapinatore col giornale 
    Decio Gambini: Uomo nella galleria d'arte 
    Alfonso Giganti: Ufficiale dei Carabinieri 
    Augusto Innocenzi: Uomo nella galleria d'arte
    Giuseppe Marrocco: Uomo nella galleria d'arte 
    Quinto Marziale: Fotografo nella galleria d'arte 
    Giulio Massimini: Poliziotto alla conferenza 
    Carlo Micolano: Giornalista 
    Attilio Pelegatti: Gioielliere 
    Anna Maria Perego: Donna nella galleria d'arte 
    Virgilio Ponti: Sgherro sleale di Pascal
    Franco Ricci: Poliziotto 
    Mimmo Rizzo: Sgherro di Mazzari 
    Nando Sarlo: Poliziotto 
    Riccardo Satta: Prete 
    Oscar Sciamanna: Giornalista 
    Attilio Severini: Sgherro sleale di Pascal 
    Alvaro Tei: Uomo nella galleria d'arte 
    Sergio Testori: Agente alla stazione di polizia 
    Clemente Ukmar: Sgherro slerale di Pascal 
    Aldo Valletti: Poliziotto alla conferenza 
    Isabella Zanussi: Donna nella galleria d'arte 
    Lidia Zanussi: Donna nella galleria d'arte 
     *Molti riportano Mazzanti. I siti in inglese chiamano
     il personaggio Dr. Nazzari o addirittura Dr. Mazzoni.
     **Secondo Wikipedia in italiano è l'agente Aniello.
Doppiatori originali: 
    Sergio Graziani: Commissario Domenico Malacarne
    Giorgio Piazza: Corrado Mazzari
    Pino Locchi: Pascal
    Arturo Dominici: Maresciallo Antonio Malacarne
    Vittoria Febbi: Cronista Barbara
    Luciano De Ambrosis: Pietro Garrito
    Massimo Turci: Il travestito Gianmaria
    Renato Mori: Sgherro di Pascal 
Titoli in altre lingue: 
    Francese: Salut les pourris 
    Spagnolo: Corrupción policial 
    Portoghese (Brasile): Atire Primeiro, Morre Depois 
    Russo: Продажные полицейские 
    Greco (traslitterato): O ektos nomou ekdikitis 
    Turco: İt sürüsü 

Trama: 
Primi anni '70. Milano incubica. Domenico Malacarne è un commissario di polizia che ha un certo successo nello scoprire piccoli traffici di droga e arrestare criminali di poco conto. Tuttavia ha un suo oscuro segreto: è corrotto, al soldo della gang del boss marsigliese Pascal e del suo perfido consigliori, Mazzari. Viene pagato dai criminali per fornire informazioni utili e per offrire copertura a un traffico di sigarette e caffè di contrabbando. L'ingranaggio funziona alla perfezione, anche se c'è qualche attrito: il Commissario Malacarne, con la complicità dell'agente Pietro Garrito, riesce a mettere da parte ben 60 milioni di lire, ad abitare in un appartamento di lusso e a godere di una bellissima amante, la fulva Sandra. Qualcosa però a un certo punto inizia ad andare storto. Pascal fa pressione per ottenere copertura a un traffico di armi e droga, cosa che desta problemi di coscienza del funzionario corrotto. Come a dire: finché si tratta di sigarette e di caffè, va tutto bene, quando si passa a roba davvero pesante, allora non va bene più. Malacarne si mette in mente di ostacolare i corruttori che gli fanno intascare le mazzette. C'è di più: un napoletano trapiantato a Milano, certo Serafino Esposito, sporge denuncia per una macchina che gli ha bloccato l'ingresso di casa. Ricordando il numero di targa del veicolo e avendolo comunicato nel corso denuncia, l'informazione è verbalizzata e si trova nell'esposto. La macchina apparteneva a un uomo di Pascal. Il boss mafioso pressa il commissario affinché metta le mani sul documento, lo sottragga e glielo consegni. Le cose si complicano in modo insostenibile: il padre di Malacarne è un onesto maresciallo dei Carabinieri, in comando proprio nella caserma in cui il napoletano ha sporto denuncia. Di fronte alle insistenze del figlio, che vorrebbe a tutti i costi portarsi via il verbale, il Maresciallo Malacarne comincia ad insospettirsi. Quando Serafino Esposito viene trovato morto, soffocato da un sacchetto di plastica (persino il suo gatto è stato soppresso nello stesso modo), i sospetti si fanno sempre più incalzanti, fino a culminare in una scenata, in cui il commissario ammette platealmente la propria corruzione. Tutto va in merda. Il Maresciallo Malacarne, ferito nel più profondo dei sentimenti, si decide ad agire: consegna l'esposto problematico al figlio, nonostante disapprovi fortemente la sua corruzione. Subito dopo, mentre si trova in riva a un fontanile, viene aggredito e soffocato da un travestito. È Gianmaria, l'amante passivo di Pascal, femmineo ma letale. Si scatena un vortice di inaudita violenza omicida. Il Commissario Malacarne si vendica, massacrando di botte il sodomita e spezzandogli il collo. Il mafioso marsigliese a sua volta fa brutalizzare e uccidere in modo atroce la bellissima Sandra. Alla fine, il funzionario marcio riesce a ottenere la sua vendetta, sparando un colpo nel cranio a Pascal, ma viene a sua volta abbattuto allo stesso modo dall'agente Garrito, che non vedeva l'ora di prendere il suo posto! 


Recensione: 
Innovativo e anticonvenzionale, questo poliziottesco nichilista è a dir poco eccellente. Uno dei massimi capolavori della Settima Arte in Italia. È il primo film italiano di questo genere a trattare in modo esplicito lo scomodo tema della corruzione, avendo come protagonista un funzionario spietato e marcio fin nel midollo delle ossa. Tramite le sue sequenze cupissime ci si immerge in un mondo in cui è morta ogni traccia anche vaga di illusione, per non parlare di redenzione. Pessimismo estremo, apocalittico. Anche per questo mi piace così tanto. La regia è perfetta, il cast è ricchissimo e straordinariamente complesso. Memorabili le scene con gli inseguimenti.  
Ingovernabile e irruento, Luc Merenda è a mio avviso particolarmente azzeccato nel suo ruolo così strano e inedito, innervato di ambiguità. Ha capelli di un indefinibile colore castano-biondiccio tagliati a caschetto e occhi che sembrano carboni ardenti come quelli di Caronte. Il suo corpo è un fascio di muscoli sempre contratti, come quello di una lucertola che guizza perennemente al minimo stimolo dell'ambiente esterno.  
Richard Conte è perfetto nel suo personaggio intriso di perfidia. La sua fisionomia untuosa lo rende particolarmente ripugnante, con quello sguardo diabolico che irradia dai piccoli occhi neri da faina, con quelle orecchie dal lobo allungato, con ciuffi di peli scuri che escono dal condotto uditivo! Sembra in tutto e per tutto un vampiro appena uscito dalla tomba!  
Splendida e sensualissima la fulva Delia Boccardo nella parte di Sandra, una ragazza con velleità artistiche, sempre pronta ad accettare il suo uomo senza porsi troppe domande sui suoi aspetti più controversi: pagherà per questo un prezzo spropositato.  
Raymond Pellegrin ottimo interprete del ruolo del boss viscido e brutale, capace di incredibili efferatezze. Ogni dettaglio della sua odiosa fisionomia sottolinea la natura infernale del personaggio. Calvo, con occhi minuscoli e scuri come pozzi dell'Inferno, pelle lucida come quella di una zecca rigonfia di sangue, corrisponde a certe descrizioni dei vampiri che si dice imperversassero in Ungheria, provocando episodi di panico di massa!
Salvo Randone si distingue per la sua espressione umanissima quanto sofferente. Sembra la personificazione del pathos. È crocifisso in ogni singolo istante della sua esistenza e lo lascia trasparire con tutti i suoi sguardi, con tutte le sillabe che pronuncia.   
Vittorio Caprioli gode di un vasto plauso nel Web, tutti ne dicono mirabilia, eppure lo trovo poco comico nel suo ruolo di attempato napoletano sradicato dalla sua città e diventato acido, insofferente verso tutto e tutti, chiuso nel culto del suo gatto. Eccessivamente querulo, finisce con l'essere molesto quasi come una blatta caduta nel caffè della colazione. Ok, va bene, non esageriamo. Non dico che sia insopportabile, ma poco ci manca. 
Rosario Borelli indimenticabile con la sua espressione truce e la sua postura fiera. Mefistofelico fino all'ultimo istante!   
Gianni Santuccio interpreta bene il ruolo del Questore furibondo. Capelli grigiastri, occhi accesi, carattere bilioso, nutre un particolare odio verso i cosiddetti "capelloni", considerandoli il capro espiatorio di ogni malefatta compiuta dal genere umano nel corso dei millenni. 
Cronologicamente, Il poliziotto è marcio si colloca dopo la celeberrima Trilogia del milieu. È stato commissionato da Galliano Juso, che poco dopo ha prodotto anche La città sconvolta: caccia spietata ai rapitori, sempre diretto da Fernando Di Leo (1975). Tra le altre cose, Juso è stato anche lo sceneggiatore di Chicken Park (Jerry Calà, 1994)! 


Nomen omen

A quanto ho potuto constatare, è opinione comune tra i commentatori e i critici nel Web che il cognome "Malacarne" sia un nomen omen, essendo il suo ovvio significato quello di "cattiva carne". La carne cattiva, ossia guasta, si corrompe e si riempie di vermi. Quindi simboleggia la corruzione morale. Questa accezione si applica innanzitutto al funzionario corrotto, per ovvie ragioni, eppure in qualche modo persino suo padre non viene risparmiato. Si suppone che l'indole marcia sia passata al figlio per ereditarietà, come un carattere mendeliano qualsiasi. Infatti a un certo punto il Commissario Malacarne si rivolge così al genitore, gettando su di lui ombre con l'intenzione di sporcarne l'onestà: 

“Ma chi sei tu per farmi la morale? Io ti ho visto leccare le scarpe per tutta la vita. Quante volte hai massacrato di botte dei poveracci con la benedizione dei superiori? Quante prove hai fabbricato per trovare dei colpevoli qualsiasi? Quanti soprusi, quanti inghippi... per un panettoncino a Natale! Pure questa è corruzione, ma corruzione da fessi!”  

In ogni caso non mi sembra giusto che le cose siano descritte in questi termini. I due Malacarne non possono in alcun modo essere ridotti a un denominatore comune. Il padre del Commissario può essere biasimato per avere usato mezzi un po' troppo violenti, ma in fin dei conti ha semplicemente eseguito gli ordini. In una struttura militare, gerarchica e apicale, è difficile pensare che avrebbe avuto molto margine per agire in modo diverso. Non ha alcun senso l'insinuazione che abbia agito così allo scopo di guadagnarsi un panettone: è una pura e semplice malignità. Invece il Commissario è andato ben oltre i propri limiti, diventando a tutti gli effetti un criminale egli stesso. 


Origine e diffusione del cognome Malacarne 

A quanto ho potuto notare, tra i recensori del Web, è data per scontata l'origine meridionale e napoletana del cognome "Malacarne". Si tratta di un clamoroso errore, nato da superficialità.
Consultando il sito Gens Labo, che permette di ottenere mappe sulla presenza dei cognomi nei comuni italiani, si deduce che "Malacarne" è particolarmente diffuso nelle regioni del Nord e in Toscana. A settentrione si riscontra una grande densità in Lombardia, Veneto, Trentino ed Emilia-Romagna; è poco presente in Piemonte, in Valle d'Aosta e in Friuli Venezia Giulia. Si trovano alcuni Malacarne anche in diversi comuni del Sud Italia, ma in modo sporadico: se ne hanno tracce in Lazio, Campania, Basilicata e Puglia; a quanto pare sono invece assenti in Sicilia, in Calabria e in Sardegna. 

La pagina di Facebook Origine dei cognomi italiani, riporta alcune interessanti note sull'origine del cognome "Malacarne":  

"Dovrebbe derivare da un soprannome originale riferito ad un macellaio che vendeva carne di cattiva qualità; potrebbe essere riferito anche a persona di cattivi sentimenti."

E ancora: 

"Questo cognome, tipicamente settentrionale, è praticamente presente in tutte le province del Nord Italia ed in modo particolare in quelle di Belluno, Ferrara, Milano e Mantova. In Trentino ne troviamo un  centinaio (sempre con riferimento agli  utenti del telefono), principalmente a  Riva del Garda e nel comune di Bleggio Inferiore." 

Il luogo d'origine della stirpe era con ogni probabilità nelle Valli Giudicarie, in Trentino Occidentale. A parer mio è probabile che l'antenato comune dei Malacarne fosse così chiamato per motivi religiosi, perché si diceva che avesse una cattiva tunica di carne. In altre parole, era particolarmente predisposto alle opere della carne e della corruzione. Forse il regista aveva fatto qualche studio.   

Questo è riportato sul sito Cognomix.it (il corsivo è mio): 


"Tracce di questa cognominizzazione si trovano nel trentino almeno dalla prima metà del 1400 e così pure a Spoleto in un testo del 1414 dove si legge: "...Li caporali de Re eranu Sforza da cotogniola, Paulu Ursinu, lu Conte da Carrara, Malatesta da Cesena, messer Malacarne et Tartaglia...:". Vi è inoltre a Riva del Garda un registro comunale relativo all'anno 1619: "...Laurentius filius domini Ioseph Orlandi alias de Malacarnis...".
Il cognome Malacarne ha ceppi nel trentino, nel bellunese, nel pisano ed in Lombardia." 

Variante rara: Malacarni


Questa è la distribuzione, assoluta e percentuale, delle 930 famiglie Malacarne nelle singole regioni: 

Lombardia: 291 (31,3%) 
Toscana: 161 (17,3%)
Veneto: 154 (16,6%) 
Emilia-Romagna: 106 (11,4%)
Trentino Alto Adige: 100 (10,8%) 
Piemonte: 40 (4,3%) 
Lazio: 20 (2,2%)
Liguria: 19 (2,0%) 
Campania: 10 (1,1%)
Basilicata: 10 (1,1%)
Valle d'Aosta: 8 (0,9%)
Puglia: 5 (0,5%)
Friuli Venezia Giulia: 3 (0,3%)
Umbria: 1 (0,1%)
Sicilia: 1 (0,1%)
Abruzzo: 1 (0,1%) 

Quanto esposto mette in evidenza quanto sia facile incorrere in errori grossolani. Quando ci si atteggia a recensori ruggenti, si corre e si danno sempre troppe cose per scontate. È necessario indagare su ogni singolo dettaglio, anche se l'impresa è di una difficoltà erculea e le insidie sono molteplici. Ho imparato in numerose occasioni quanto sia facile distorcere i fatti. 
P.S. 
Nell'adattamento in lituano, il protagonista si chiama Domenikas Malakarnis. In quella lingua è inconcepibile usare cognomi indeclinabili: vengono sempre assegnati a una declinazione e trattati di conseguenza. 


Incertezze nell'onomastica 

Wikipedia riporta il nome del boss interpretato da Richard Conte come Corrado Mazzanti. A quanto ricordo, è nominato nel corso del film poche volte, mai per nome di battesimo e in modo confuso: ho trovato una sequenza in cui a nominarlo era Pascal e mi è parso di sentire "Mazzani", con una consonante -n- molto debole e senza traccia alcuna di -t-. Non sembra che la forma originale fosse "Mazzanti". Quale grado di affidabilità ha Wikipedia in casi simili? Comunque sia, si è creata tutta una serie di equivoci. Visto che molti trascrivono "Mazzari" e usano questa forma in modo sistematico, ho riguardando il film con attenzione, potendo constatare che il cognome è proprio "Mazzari". Questa sembra la variante più diffusa nel Web, anche se "Mazzanti" è ben attestato. Passando all'inglese, il cognome è diventato "Nazzari" o addirittura "Mazzoni". Il sito cinematografico IMDb.com ha proprio "Nazzari". Nell'adattamento in lituano, il cognome del boss è invece "Mazonis": è stata lituanizzata proprio la forma "Mazzoni". Questa spaventosa confusione è dovuta al fatto che il copione non era chiaro già all'origine. Dovendo dipendere tutto da una singola menzione bisbigliata, il cognome cambiava da un passaggio all'altro. Il mio sospetto è che sia tutta colpa dei doppiatori raffreddati! 


Gusti pesanti 

Pascal spara il suo sperma nell'intestino retto dell'effeminato Gianmaria. Gli buca le chiappe, gli schiaccia la prostata col glande rigonfio, lo possiede carnalmente. La cosa sembra essere in qualche modo tollerata, anche se con riluttanza, ma non ci si deve lasciar ingannare. Infatti, a un certo punto il sulfureo Mazzari (alias Mazzoni, Mazzanti, Nazzari) fa un'allusione inattesa: "I suoi gusti, Pascal, sono piuttosto pesanti". Un'allusione che è anche un monito
Una legge ferrea e non scritta del crimine organizzato vieta l'omosessualità, attiva o passiva che sia. Chi la infrange, presto o tardi paga con la vita. Ci si può chiedere perché Pascal, che si crede "intoccabile", a un certo punto venga lasciato in balìa della volontà vindice del Commissario Malacarne. La risposta è semplice, addirittura lapalissiana: ciò accade per il solo motivo che Pascal è omosessuale e per questo, terminata la sua utilità, deve essere soppresso. Un misto di pragmatismo e di rigore puritano. 
P.S. 
Nell'adattamento in lituano, Pascal diventa Paskalis

Alcune divertenti ingenuità 

Se si prendesse per oro colato quanto visto nel corso di questa pellicola e di altre dello stesso genere, la mafia avrebbe sede in uffici di fantomatiche agenzie import-export in palazzoni fatiscenti, all'interno di immensi cantieri inattivi (le famose "cattedrali nel deserto"). Se uno avesse l'ardire di recarsi in quei luoghi abbandonati e polverosi, pieni di calcinacci, troverebbe proprio i boss in persona, seduti in una stanza dall'arredamento spartano e circondati dai gorilla, enormi gangster dal ceffo patibolare. Appena fuori dall'ingresso, sulla parete sarebbe sempre in bella mostra un'insegna pubblicitaria dell'aperitivo Punt e Mes

Alcune bizzarrie

Nel corso della conferenza compare di sfuggita il sulfureo Aldo Valletti, proprio lui, il fainesco interprete di Salò o le 12o giornate di Sodoma (Pier Paolo Pasolini, 1975). Si fa molta fatica a notarlo. Il meglio di sé lo ha dato come adoratore dell'ano e delle feci della Signora Maggi!  

Il titolo in turco, İt sürüsü, significa "Branco di cani" (it "cane"; sürüsü "branco", "gregge").  


I due portugnoli 

Per alleggerire un po' la carica drammatica della pellicola, sono stati inseriti due personaggi insensati, comici. Sono i due portoghesi incredibilmente grotteschi che parlano una specie di spagnolo (ad esempio dicono "hasta la vista"). La questione è comunque interessante. Pochi sanno che esistono i Portugnoli. Sono genti di confine, che abitano in zone dove le lingue sovrappongono e si confondono, subiscono osmosi. Ad esempio il Portogallo al confine con la Spagna, il Brasile al confine con l'Uruguay, il Brasile al confine con il Perù e via discorrendo. I nativi di queste aree si esprimono quindi in un idioma indefinito, nebuloso, il portugnolo (Portunhol, Portuñol). Il nome è una parola macedonia: 

Portoghese: Português + Espanhol => Portunhol 
Spagnolo: Portugués + Español => Portuñol 
Italiano: Portoghese + Spagnolo => Portugnolo 

Chiaramente i due corrieri che si vedono nel film hanno nazionalità portoghese, come viene più volte ripetuto, ma in realtà sono portugnoli a tutti gli effetti. Dopo aver mostrato un campionario di espressioni facciali distorte, abatantuonesche, dopo aver fatto mille lazzi altisonanti, finiscono freddati in Piazza del Duomo, in mezzo ai piccioni, su una lettiera di stronzi. In genere i due portugnoli non sono affatto apprezzati dai commentatori del Web: sono ritenuti elementi incongrui, insensati, di cui si farebbe volentieri a meno. 


Feroce odio antisodomitico

Oggi questo film non potrebbe più essere girato. Sarebbe accusato di diffondere contenuti omofobici. Quando il Commissario Malacarne entra nell'ufficio di Pascal, subito esprime la sua avversione per il travestito Gianmaria, pronunciando parole violente. Ecco il dialogo: 

Gianmaria: "Ooh! Ciao, bell'uomo!"
Commissario: "Ecco Gianmaria con la vestaglia cinese! Gianni davanti e Maria di dietro!" 
Gianmaria: "Che lato vuoi provare per primo?" 
Commissario (davanti alla gang riunita): "Quanta bella gente! Date un ricevimento? E le donne dove sono? O ci pensa Gianmaria per tutti?" 
Mazzari: "Il Commissario è di buon umore. Il Commissario è un uomo di successo." 
Pascal: "Dobbiamo parlare."
Commissario: "Con tutti questi presenti? Allora non è così importante." 
Pascal (rivolto a Mazzari): "Dagli il suo!" 
Mazzari: "Ecco, per questo mese, Commissario. C'è quell'aumento che abbiamo concordato. Conti!"
Gianmaria: "Te li conto io!"
(Il Commissario lo spinge via)  
Gianmaria: "Ehi, bell'uomo, calma!" 
Commissario: "Allora, gente! Se Gianmaria vi diverte, è bene per voi! A me fa schifo, è chiaro?! Non deve chiamarmi più in Questura, né lui né chiunque altro, è chiaro?"

Trema, ricolmo d'ira funesta, è talmente alterato che sembra quasi dica: "... è pene per voi"! 
L'occlusiva labiale perde la sua sonorità. Si potrebbe parlare di "desonorizzazione isterica". In tale stato, un soggetto sarà incapace di distinguere "bene" da "pene". Così si azzerano le differenze tra "buffo" e "puffo", tra "baffuto" e "paffuto", tra "bollo" e "pollo", etc. Non si tratta di naturali mutamenti fonetici: è il cervello ad andare in tilt. In genere questo marasma si accompagna ad allucinazioni tattili, ossia sensazioni di pressione sull'ano. Esistevano davvero queste reazioni folli, esagerate, patologiche, anche se si direbbero scomparse dal sapere comune. 
Qualcuno si chiederà perché io insorga di continuo contro il politically correct dei nostri tempi. Si deve tener conto del fatto che negli anni '70 non regnava certo la libertà di parola. In particolare non si poteva parlare di argomenti come l'omosessualità - eppure ci sono stati registi che lo hanno fatto. Ci si dovrebbe piuttosto chiedere se quella che c'è oggi sia davvero "libertà", o se non sia piuttosto una subdola forma di indottrinamento a un contorto sistema di distorsioni mentali. 
In sintesi, le cose stanno così: 
1) Secondo la mentalità perbenista, menzionare l'omosessualità equivaleva a farne l'apologia. 
2) Secondo la mentalità neo-perbenista, menzionare l'omosessualità in modo diverso da come impongono i dettami del politically correct equivale ad essere etichettati come "omofobi"

Il mito melvilliano  

Ho trovato menzione di una singolare leggenda. A parlarne è un navigatore il cui nick è Dandy, sul sito Mymovies.it. Sembra che all'inizio Di Leo avesse in mente di dirigere il film assieme a Jean-Pierre Melville, che però morì proprio quando il progetto stava per concretizzarsi. A quanto pare, avrebbero dovuto esserci attori del calibro di Anthony Quinn e di Lino Ventura. Non sono riuscito ad appurare la veridicità o meno di questo racconto. Tuttavia è certo che Di Leo è spesso soprannominato "Il Melville italiano", avendo sempre considerato suo maestro il regista francese. 
 
Censura 

Quello di cui si parlerà sempre troppo poco sono le persecuzioni che il regista ha dovuto affrontare per aver osato affrontare lo scomodissimo tema della corruzione nelle Forze dell'Ordine. In pratica questo film in Italia non lo abbiamo potuto visionare per ben 30 anni. Non è cosa di poco conto, mi pare. Soltanto nel 2012 è stato pubblicato su DVD dalla casa di produzione e distribuzione indipendente RaroVideo. A partire dal maggio 2022 è disponibile in versione integrale su YouTube. Questo è il link:  


Queste sono le parole di Fernando di Leo a proposito delle sue gravi vicissitudini: 

"Credo di essere stato l'unico ad avere girato un film che parlasse della corruzione delle forze dell'ordine ne Il poliziotto è marcio. Il solo titolo e i manifesti irritarono il Viminale a tal punto che ricevetti telefonate minatorie da voci che a quel ministero facevano riferimento. Va da sé che forse le telefonate le fecero quelle bestie stupide e feroci conosciute come benpensanti".
(Fonte: Nocturno Dossier n. 14, Calibro 9 - Il cinema di Fernando Di Leo, a cura di Davide Pulici e Manlio Gomarasca)

E ancora: 

"Per Il poliziotto è marcio, il solo titolo fu trovato insultante. Il fatto che ci fossero i manifesti con il titolo 'Il poliziotto è marcio', sdegnò talmente i celerini, e naturalmente il Viminale, che io ebbi varie telefonate, con un tono minatorio tipo: 'Lei non si deve permettere...', a cui io rispendevo con parolacce, quali che fosse l'interlocutore, che doveva essere anche di alto grado. Mi attaccarono pure quando feci Brucia ragazzo, brucia (...) Dopo che il film  fu assolto, feci mettere una pubblicità sui giornali: 'Finalmente la giustizia ha detto sì al sano erotismo.' Che era uno sfottò per tutti quelli che si erano incazzati, perché il film era stato assolto a Rimini da un pubblico ministero che fece la più bella critica che io abbia mai avuto su Brucia ragazzo, brucia."
(Fonte: "La seconda mano del gioco", extra a cura di Nocturno cinema contenuto nel DVD RaroVideo)

Dal verbale allegato al n.o. n. 64039 (25 febbraio 1974):

"Poiché l'interessato dichiara di non poter aderire alla proposta dei tagli, la Commissione esprime parere favorevole alla concessione del n.o. di proiezione in pubblico, con il divieto di visione ai minori degli anni 18. Tale divieto è in relazione, innanzitutto, alla tematica del film, che ha come protagonista un commissario di P.S. ed un suo dipendente che si lasciano corrompere da una banda di delinquenti al solo fine di appagare desideri di vita agiata e lussuosa; né alla conclusione del film si ha uno spiraglio di luce, poiché al capo della banda ed al commissario uccisi subentrano altri da una parte e dall'altra decisi a perseverare nella losca ed illegale attività. A ciò si deve aggiungere che il film consiste in una serie ininterrotta di scene di violenze, alcune delle quali presentano carattere di particolare ferocia ed efferatezza."

Metri di pellicola dichiarata: 2595 (circa 94'40" su pellicola in 35 mm, uguale a 90'-91' su DVD o nei passaggi televisivi codificati PAL).

Una seconda commissione, datata 14 novembre 2012 (v.c. n. 106749), ha espresso parere favorevole al rilascio del nulla osta per la proiezione in pubblico, senza più limitazioni per i minori. 


Il cartello finale 

Nel tentativo, risultato poi vano, di mitigare il furore dei censori, il regista decise di inserire uno scritto esplicativo subito dopo l'uccisione del commissario corrotto. L'ho visto con i miei occhi, era in lingua inglese: 

"You have just witnessed a true story: four months later detective Pietro Garrito was arrested, tried and convicted on six separate charges of graft and conspiring to obstruct Justice... crime does not pay." 

Traduzione: 

"Avete appena assistito a una storia vera: quattro mesi dopo, l'agente Pietro Garrito è stato arrestato, processato e condannato con sei distinte accuse di corruzione e cospirazione per ostacolare la Giustizia... il crimine non paga."

Ho anche visionato una versione del tutto simile, ma senza il cartello, in cui tutto si concludeva con la parola "Fine". Non ho mai visto con i miei occhi il cartello in lingua italiana. 

Una lezione morale 

La diffusione di questo film era molto temuta. La paura era che potesse minare nei cittadini la fiducia nelle Forze dell'Ordine e più in generale in ogni istituzione. Menzionare un problema  grave come la corruzione era considerato equivalente al fare apologia del crimine. Negli anni '70 erano ancora molto comuni le persone incapaci di distinguere la realtà dalla finzione cinematografica. Si sentivano molto spesso, specie dagli anziani, frasi come: "È vero, l'ho visto al cinema", "È vero, l'ho visto alla televisione". Moltissimi erano convinti che i film fornissero resoconti attendibili degli eventi storici. Credevano che Maciste e Ursus fossero personaggi realmente esistiti, solo per fare alcuni esempi. "È Storia", commentavano ogni volta che vedevano un film peplum. Il pericolo era che qualcuno potesse dire: "I poliziotti sono tutti marci, sono tutti corrotti, l'ho visto al cinema, l'ho visto alla televisione." Possibile che nessuno abbia invece tratto una lezione morale dal film di Di Leo? Assistendo a quelle sequenze, si dovrebbe dire: "Vedete dove si arriva se la corruzione prevale?", "Vedete cosa succede se si lascia spazio ai corrotti?" 


Critica 

Riporto un cut-up di opinioni, frasi smozzicate tratte dalla pagina dell'ottimo sito Il Davinotti e ricucite insieme senza una logica apparente. Come di costume, riporto i refusi dei testi originali, quindi si impicchino i pedanti che dovessero fare "gnè-gnè-gnè" per qualche parola scritta male. 


"Luci e ombre per un poliziottesco che nonostante sia ben lontano dalla perfezione, è comunque superiore alla media di genere" 
"Di Leo prosegue la sua personalissima strada del noir poliziesco, stavolta affrontando il tema della corruzione di un commissario (il bravo Merenda)"
"Interessante noir di Di Leo, che si fa perdonare le cadute solite"
"Belle le ambientazioni milanesi, anche se qua e la è fin troppo chiaro che in realtà si è a Roma"
"Non siamo ai livelli di altri classici del regista, comunque buono"
"Buoni i dialoghi, serrato il montaggio" 
"Lontanissimo dai commissari di ferro del poliziesco, il corrotto Domenico Malacarne è parente stretto degli antieroi del noir, con cui condivide un destino nichilista e tragico"
"Il regista, pur non rinunciando ad alcune scene d'azione ben fatte, preferisce però indagare la psicologia del personaggio e mette in scena un dramma duro e spietato, senza speranza nemmeno nel crudo finale" 
"De Leo disarticola scientemente il poliziottesco, innervandolo con elementi di solidità strutturale originali per il genere e ribaltando il cliché del commissario incorruttbile (un Merenda di cui viene sfruttata l’ambiguita del phisique e visage, du role)"
"Nomi significativi (Malacarne quello del poliziotto protagonista); ambientazioni metropolitane (una caotica Milano)"
"Da annotare l'ambiguità di un Luc Merenda commissario eroe-antieroe e soprattutto l'ambiguità di farlo apparire migliore dei suoi superiori, non marci, ma fortemente prevenuti e attenti più all'apparenza che alla sostanza" 
"Migliora col tempo, seppur non raggiunge le altezze della grande trilogia"
"Perfetto Conte"
"Purissimo cinema di regia"
"C'è poi un velato (ma non troppo) confronto tra polizia e carabinieri" 
"Di questo stupendo film girano copie immonde in vhs dalla qualità più marcia del poliziotto in questione"
"Un mistero come questo film non abbia avuto la stessa risonanza mediatica de La piovra"
"Qui il poliziotto è marcio già dal titolo"
"Il marciume del titolo alla fine copre quasi tutti i personaggi del film, in un un pot-pourri di tradimenti, parole mancate e colpi alle spalle"
"Noir teso, cupo e violento, in pieno stile Di Leo"
"Abbiamo degli autentici mostri sacri del poliziesco all'italiana: Pellegrin nei parti di un criminale bastardissimo, Conte nei panni del solito intrallazzatore e Merenda che naviga tra corruzione e sensi di colpa, che alla fine tenterà di fare giustizia"
"Sui canoni del poliziesco all’italiana, fusi con le atmosfere noir di cui era maestro, Di Leo innesta la figura ambigua di un poliziotto corrotto ma non privo di coscienza, più complesso dei ferrei tutori dell’ordine tipici del genere"
"Spietato e marcio (come da titolo) questo noir mette in mostra un "anticommissario" che è la reincarnazione del concetto di corruzione"
"Noir e amaro"
"Trattasi di un prodotto di notevole livello"
"Appena sotto la mitica trilogia, ma da vedere assolutamente"
"Il titolo fa tremare i muri per le inconfutabili verità che purtroppo rivela"
"molto probabilmente il film più riuscito di Di Leo dopo Milano calibro 9
"In negativo gli inserti "umoristici", con alcune macchiette inutili (su tutti i due portoghesi "italo-spagnoli")" 
"Ottimo poliziesco non conforme al cliché dell'epoca"
"In tempi di fiction-promozione per le forze dell'ordine, un titolo del genere oggi è impensabile ed improponibile"
"Ci voleva Di Leo per avere un commissario che esce dagli stereotipi del senso del dovere e del sacrificio"
"Prodotto originale nel mostrare un poliziotto che scende allo stesso livello dei delinquenti che persegue. E che sono brutti ceffi da far paura, capaci di ammazzare uomini e gatti coi sacchetti di plastica"
"Poco incisiva la caratterizzazione di Caprioli (altrove ben più piacevole) mentre Randone regala il suo sguardo severo e malinconico al padre del protagonista corrotto" 

mercoledì 20 ottobre 2021

ETIMOLOGIA DI AZERBAIGIAN E RETROFORMAZIONE DELL'ETNONIMO AZERI

Il nome dell'Azerbaigian (adattamento italiano di Azerbaijan) è di origine persiana e deriva da quello di un'antica provincia della Persia, che era chiamata Atropatene. Ai nostri giorni è sia il nome di una nazione indipendente, la cui capitale è Baku, che di una provincia dell'Iran, chiamata Azerbaigian iraniano o Azerbaigian persiano. Quando si formò il toponimo, la lingua parlata nella regione era iranica, non turca come nell'epoca attuale. Il nome degli Azeri è stato retroformato proprio dal toponimo Azerbaijan (azero Azərbaycan, persiano آذربایجان). L'accento è sulla seconda sillaba: Azéri /a'zeri/. La consonante -z- è una fricativa sibilante sonora. La pronuncia comunemente usata in Italia, Àzeri /'adzeri/, è da considerarsi erronea per l'accento; la consonante affricata è di origine ortografica. Come esattamente sia avvenuta questa strana retroformazione è ancora un mistero. Forse si è interpretata la seconda parte del toponimo, -baijan, come un suffisso, anche se non sembra avere alcuna funzione e alcun significato concreto, scorporando in questo modo Azeri. Questo processo, che ha dato origine all'etnonimo nella forma in cui lo conosciamo, era avvenuto già nell'antica lingua iranica della regione. In persiano si ha آذری Āzarīs. Comunque sia, non esiste nulla di simile nella lingua turca degli Azeri, che chiamano se stessi Azərbaycan türkləri, ossia "Turchi dell'Azerbaigian", oppure Azərbaycanlılar (-lar è il tipico suffisso plurale). In persiano esiste anche un altro termine per dire "azero": تُرْکی torki, ossia "turco". Dall'etnonimo retroformato si è poi avuta un'ulteriore derivazione tramite il suffisso aggettivale -i: Azerbaijani

Questa è la documentazione:
 
1) In greco il toponimo Ἀτροπατηνή (Atropatēné) è la sostantivazione del femminile dell'aggettivo Ἀτροπατηνός (Atropatēnós), a sua volta derivato dall'antroponimo persiano Ἀτροπάτης (Atropátēs). L'originale forma persiana di tale antroponimo doveva essere *Ātṛpāta, in cui significato è "Protetto dal Fuoco". Questo nome fu portato da un generale dei Medi che combattè nella battaglia di Gaugamela e che fu il primo satrapo della Media Atropatena nel 328 a.C. L'antroponimo è attestato in epoca medievale come Āturpāt
2) Sinonimo di Ἀτροπατηνή: Ἀτροπατία (Atropatía). 
3) Denominazione partica dell'Atropatene: Āturpātākān.
4) Denominazione medio persiana dell'Atropatene in epoca medievale preislamica: Ādurbādagān.
5) Attestazione in armeno: Atrpatakan.
6) Attestazione in georgiano: Adarbadagan.
 
La storia medievale dell'Atropatene è complessa e tristissima. Conquistata dagli Arabi, tale provincia persiana fu sottoposta a una terribile tirannia il cui fine era l'imposizione forzata dell'Islam e l'annientamento dell'autoctona religione di Zoroastro. Fu imposta la cosiddetta "tassa dell'anima", chiamata جزية jizya in arabo. La cosa funzionava così: chi proprio non voleva convertirsi, doveva pagare una somma consistente dei suoi introiti; se non ci riusciva e perseverava nel rifiuto di passare alla nuova fede, gli veniva confiscato ogni avere e si trovava ridotto in schiavitù. In tempi recenti, tale pratica è stata applicata nello Stato Islamico. Ricordo ancora che un giornalista chiedeva agli uomini del Califfo come calcolassero l'ammontare della jizya e questi glissavano, facevano finta di non aver sentito. A motivo dei metodi brutali con cui questo regime religioso aveva ottenuto il successo, le genti dell'Azerbaigian furono infine conosciute come "musulmani di spada": la loro resistenza secolare era stata annientata col ferro e soffocata nel sangue. Nel XI secolo i Turchi Selgiuchidi, di etnia Oghuz meridionale, giunsero nell'area che già professavano l'Islam, quando il processo di conversione della maggior parte della popolazione locale si era già completato. Iniziò quindi una profonda turchizzazione linguistica. Il più significativo elemento del sostrato iranico presente nella lingua azera è a mio avviso l'assenza dell'armonia vocalica, così tipica delle lingue altaiche. I popoli Turchi in genere portano nomi antichissimi e originali. Nel caso degli Azeri, il nome è invece proveniente dalla popolazione non turca e assimilata. 

La trafila fonetica dal partico Āturpātākān ad Azerbaijan è degna di nota per i suoi fenomeni di assibilazione e di palatalizzazione. Queste sono le radici avestiche:
 
Avestico: ātarš "fuoco", genitivo āθrō "del fuoco".
Avestico: pā-, pāiti- "proteggere":
   -pāta
"protetto";
    pātā, pātar- "protettore".
   La radice è la stessa di paitiš "signore", "marito" (deriva dalla radice indoeuropea ha dato anche il latino potis "potente", "capace", etc.).
 
Tutto ciò deve far meditare sul cambiamento linguistico, una forza ineluttabile di cui le genti del mondo non si rendono conto. Si tratta di qualcosa di lento: nessuno si accorge che la generazione presente pronuncia le parole in modo lievemente diversa dalla generazione precedente. Tramite piccolissimi cambiamenti che si accumulano nel corso dei secoli, alla fine si manifestano grandi differenze. Questa evoluzione delle lingue è irreversibile come la cottura di un uovo: una volta che albume e tuorlo si sono rassodati, nemmeno una divinità può ripristinare l'originario stato liquido. Nessuna istituzione scolastica o politica è in grado di frenare il mutamento, né tantomeno di impedirlo.   
 
Grottesche memorie universitarie
 
Un fisico azero venne in visita all'Università degli Studi di Milano. Tenne la sua lezione in uno pseudoinglese tremendo, che definire osceno sarebbe ancor poco. Era assolutamente ridicolo. Un clown ubriaco avrebbe saputo fare di meglio! Queste sono alcune "perle", giunte ai nostri esausti nervi acustici: 

i) cucucucù: si sentiva spesso questa parola onomatopeica, ma non abbiamo mai compreso cosa volesse significare. 
ii) nitrina : senza dubbio significa "neutrini" ed è un termine preso a prestito dal russo scientifico.
iii) pancini pancioni: si suppone che questo balbettamento stesse per il nome del fisico Pacini
iv) La congiunzione and suonava nitidamente ènta
v) Un compagno di sventura ha giurato di aver sentito ripetere più volte qualcosa che suonava come Abdullah
vi) zanzara: si è sentita questa parola, intercalata spesso e senza alcun significato comprensibile. Si è notato che alcuni ascoltatori sentivano Abdullah e altri zanzara, mai le due cose assieme. Sono ancora in attesa di elaborare una spiegazione plausibile di questo fenomeno acustico.

Non si riesce a spiegare l'origine della maggior parte di queste distorsioni percettive: soltanto un paio sono chiare. Questo è il rumore di fondo, potenza sempre all'opera nell'Universo. È quel disturbo permanente che alla fine non ci farà comprendere i colori, i suoni e le forme dell'esistenza. 

giovedì 29 luglio 2021

LA CLASSIFICAZIONE DELLA LINGUA DEGLI UNNI

Perché la lingua degli Unni, detta anche lingua unnica, è ancor oggi considerata inclassificabile? Perché si adduce una fantomatica mancanza di dati quando abbiamo numerose e significative informazioni dagli antroponimi attestati? Eppure è ben chiaro che il Codex Cumanicus sarebbe servito in gran parte per intendersi con Attila e che la lingua unnica è in buona sostanza una forma di turco antico. La risposta a questo interrogativo è semplice, per quanto frustrante. Il mondo accademico è stato preso dal terrore che qualche turco matto intendesse raccogliere l'eredità di Attila! Poi ci sono gli Ungheresi strepitanti, che giustamente ritengono Attila e Bleda eroi nazionali: per questo motivo si stracciano le vesti per far credere a tutti che gli Unni parlassero una forma di magiaro, ascrivibile quindi alla famiglia ugrofinnica. Come si può ben capire, non è esattamente un clima sereno in cui tenere un dibattito costruttivo. In altre parole, il rifiuto di classificare l'unnico è un fatto politico, non scientifico. Siamo di fronte a un evidente caso di influenza politica sul mondo accademico, la cui onestà non è sempre specchiata come comunemente si crede. 
 
Per illustrare il problema e risolverlo una volta per tutte, il modo migliore è senza dubbio quello di passare in rassegna i dati disponibili. Un lavoro estremamente interessante è senza dubbio quello dello storico ucraino Omeljan Yosypovych Pritsak (1919 - 2006), The Hunnic Language of the Attila Clan (1982).  

 
Questo è il link a un altro documento di capitale importanza, The World of the Huns, di Otto Maenchen-Helfen (University of California Press, 1973):   
 
 
Riporto in questa sede un elenco di antroponimi di Unni riportati dalle fonti latine e greche (Giordane, Prisco di Panion, Agazia, Teofane di Bisanzio, Olimpiodoro di Tebe, Socrate di Costantinopoli, Teodoreto di Antiochia, Sozomeno di Gaza e altri), commentandoli brevemente. Molti sono trattati da Pritsak, gli altri comunque si trovano nell'opera di Maenchen-Helfen. Le forme originali dei nomi, deducibili a partire dalle attestazioni in greco e in latino (che mostrano spesso adattamenti morfologici), sono riportate in grassetto. Per ognuna è fornita anche la pronuncia ricostruibile. 

Adami
Attestazione in greco: Ἀδάμις (nominativo), Ἀδάμει (dativo)
Genere: maschile 
Significato: "Cammello castrato" 
    Proto-turco: *atan "castrato, eunuco" 
        Turco: atan "cammello castrato" (hapax) 
       > Mongolo occidentale atan "cammello castrato"  
       Turco (XIV sec.): atġan, ataġan "cammello castrato" 
       Kirghiso: atan tȫ "cammello castrato" 
       Noghai: atan "cammello castrato"
       Tuvano: adan "cammello castrato"
       Yakuto: attā- "castrare" 
Pronuncia ricostruibile: /a'damɨ/
Note: 
Il nome era portato da un funzionario che potrebbe essere stato un eunuco, secondo Pritsak. Maenchen-Helfen si limita a ritenere l'antroponimo di origine incerta e non procede oltre. Pritsak menziona la problematica terminazione -m, considerandola un suffisso attributivo, senza ulteriore approfondimento. Resta il fatto che più probabilmente il suffisso è dal proto-turco *-me, o l'antroponimo non sarebbe stato grecizzato adattandolo alla declinazione in -i-.
 
Aigan 
Attestazione in greco: Ἀϊγάν
Genere: maschile
Significato: "Principe Luna" 
    Proto-turco: *āń(k) "luna; mese" 
        Cumano: ay "luna, mensis" 
        Turco moderno: ay "luna; mese" 
        Kirghiso: ay "luna; mese"  
        Tataro: ay "luna; mese"   
        Uzbeko: oy "luna; mese" 
        Proto-bulgaro: ayxı "luna"; ayıx "mese"  
        Ciuvascio: ujăh "luna; mese"
    Proto-turco: *qaγan "sovrano, re" 
        Turco antico siberiano: qaγan "sovrano"
        Cumano: can "imperator"
Pronuncia ricostruibile: /ai'γa:n/
Note: 
Uno dei sei figli del leggendario eroe Oghuz khan si chiamava Aï-khan "Principe Luna" (scritto Aï-can da Maenchen-Helfen). Si noti la lenizione del secondo membro del composto. Pritsak non menziona questo antroponimo nel suo lavoro.  
 
Alathar 
Attestazione in greco: Ἄλαθαρ
Attestazione in latino: Alathor, Alathort 
Significato ipotizzabile: "Uccello Screziato"  
   Proto-turco: *āla "variegato" 
       Turco moderno: ala "variegato", alaca "lentiggine" 
       Azero: ala "variegato"; "blu (detto di occhi")
       Yakuto: ala "pezzato"
       Ciuvascio: ola, ula "maculato"
   Proto-turco: *tAr- "tipo di uccello" 
       Turco medio: tarağay "specie di allodola"
       Turco moderno: tarağay :"falco" 
       Oyrat: tarqat "mergo" 
       Uzbeko: torğoq "specie di anatra" 
       Kirghiso: tartar "Re di quaglie" 
       Chakasso: taraγaj "mergo"; tārt "Re di quaglie" 
Pronuncia ricostruibile: /ala'θar/, /ala'θɔr(t)/
Note: 
Pritsak non tratta questo antroponimo. Maenchen-Helfen lo considera di incerta attribuzione e forse "germanico".

Althia
Attestazione in greco: Ἀλϑίας (nominativo)
Genere: maschile
Significato: "Sei" 
    Proto-turco: *altï "sei (6)"  
       Turco moderno: altı "sei (6)"  
       Cumano: alti "sex"  
       Ciuvascio: ultta "sei (6)" 
       Yakuto: alta "sei (6)"  
Pronuncia ricostruibile: /al'θɨa/
Note: 
Maenchen-Helfen (1973) riporta alcuni nomi di persona e di clan khazaki derivati da questo numerale: Altybai, Altyortak, Altyate e il patronimico Altyev, presi da Rásonyi (1961). Pritsak non tratta questo antriponimo. Se si analizza la finale -a come una terminazione, non la si comprende bene, a rigor di logica dovrebbe servire a formare patronimici, ma un simile suffisso non sussiste nelle lingue turche; è più probabile che sia solo un modo di trascrivere un suono non familiare, un dittongo sviluppatosi a partire dalla vocale /ɨ/

Anagai
Attestazione in greco: Ἀνάγαιος (nominativo)
Significato: "Uccello Augurale" 
   Proto-turco: *ana / *eńe "madre" 
Pronuncia ricostruibile: /ana'gai/ 
Note: 
Sono attestati molti nomi di uccelli augurali sia nelle lingue turche che in quelle mongole, con la caratteristica terminazione -gay, -kay, -qay. Così abbiamo in turco ottomano daragai "merlo". La prima parte dell'antroponimo è di origine incerta, forse è stata sottoposta a etimologia popolare per via di un tabù. 

Apsich 
Attestazione in greco: Ἀψίχ
Genere: maschile 
Significato: "Cavallino" 
    < Alanico: *apsa "cavallo" 
        Ossetico (Digor): æfsæ "giumenta"
Pronuncia ricostruibile: /ap'sɨχ/
Note: 
Un prestito iranico, con il suffisso diminutivo unnico -ch. Maenchen-Helfen (1973). 
 
Apsikal 
Attestazione in greco: Ἀψικάλ
Genere: maschile
Significato ipotizzabile: "Davanti al Cavallino"; "Parte 
    Anteriore del Cavallino"  
     < Alanico: *apsa "cavallo" 
         Ossetico (Digor): æfsæ "giumenta"
     Proto-turco: *āl- "fronte; davanti; parte anteriore"
         Turco moderno: alın "fronte"
         Kirghiso: al, aldı "parte anteriore"
         Baschiro: al, aldı "parte anteriore"
         Cumucco: al "parte anteriore"; aldan "verso la parte
              anteriore di" 
         Gagauz: annı "fronte" (< *al-nı)
         Ciuvascio: om "parte anteriore" (< *al-m)
Pronuncia ricostruibile: /apsɨ'kal/ 
Note: 
Maenchen-Helfe analizza il nome come Aps-ik-al, ma non si azzarda a fornire una traduzione concreta, pur riconoscendo che la prima parte corrisponde ad Apsich (vedi sopra). Il problema è che nelle lingue turche l'aggettivo viene sempre preposto al nome: -al non può essere dal Proto-turco *āl "rosso". Se -al derivasse da un radice verbale, (ad esempio Proto-turco *al- "ottenere"), avrebbe un suffisso agentivo. Questo antroponimo fu portato da un ostrogoto. Esisteva l'uso di attribuirsi un nome unno per incutere terrore, pur essendo visibilmente di altra stirpe. Si potrebbe pensare che l'ostrogoto abbia plasmato il suo nome a partire da elementi di unnico, usando però un ordine erroneo delle parole (un unno avrebbe detto *Alapsich "Cavallino Rosso"). Resta più verosimile l'idea che -al sia una postposizione.  

Argek 
Attestazione in greco: Ἀργήκ
Significato: "Maschio", "Uomo Virile"
   Proto-turco: *ẹr-kek "uomo; maschio; marito" 
      Turco moderno: erkek "uomo"  
      Oyrat: erkek "uomo; marito"
      Azero: erkäk "uomo" 
      Tuvano: irgek "maschio" 
      Yakuto: irgex "maschio"
      Salar: ärkex "uomo"  
Pronuncia ricostruibile: /ær'gek/ 
Note:  
Sembra plausibile: spero che si potrà dimostrare che la mia è una buona idea.

Askan 
Attestazione in greco: Ἀσκάν
Genere: maschile 
Significato "Antico Re"; "Grande Re"
    Proto-turco: *es-(kü) "vecchio, anziano; grande" 
       Turco moderno: eski "vecchio" (detto di oggetti)
       Azero: äski, äsilli "cresciuto" 
       Yakuto: ösük "tempi antichi" 
       Ciuvascio: as-lъ "grande"  
    Proto-turco: *qaγan "sovrano, re" 
       Turco antico siberiano: qaγan "sovreno" 
       Cumano: can "imperator" 
Pronuncia ricostruibile: /as'ka:n/
Note: 
Pritsak non tratta questo antroponimo, che pure non risulta di analisi difficile. Probabilmente si ha /as-/ al posto di /es-/ per la natura complessa della protoforma.
 
Atakam 
Attestazione in greco: Ἀτακάμ
Genere: maschile 
Significato: "Padre Sciamano" 
    Proto-turco: *Ata / *Ete "padre" 
        Turco moderno: ata "antenato"
        Cumano: ata "pater" 
        Cumucco: ata "padre"
        Tataro: ata, eti "padre" 
        Oyrat: ada "padre; antenato"
    Proto-turco: *Kiam, *kām "sciamano"
       Turco antico siberiano: qam "sciamano" 
       Turco moderno: kam "sciamano"
       Cumano: kam katun "incantatrix"(lett. sciamano
          regina"); kamadi "fascinavit", kamaladir "fascinat, 
          fascinando movet"  
       Tataro: qam "sciamano"
       Ciuvascio: jomś, jumśă "sciamano"
Pronuncia ricostruibile: /ata'kam/
Note: 
L'antroponimo, studiato da Pritsak, era forse un antico titolo religioso.  
 
Attila 
Attestazione in greco: Ἀττίλας, Ἀττιλᾶς (nominativo) 
Attestazione in latino: Attila
Genere: maschile 
Significato (forma gotizzata): "Piccolo Padre" 
Significato (forma originale): "Rinomato, Famoso" 
     Proto-turco: *āt "nome" 
         Turco antico siberiano: at "nome; reputazione;
           rango; fama"
         Turco moderno: ad "nome; reputazione; fama" 
         Cumano: at "nomen"   
         Uzbeko: ot "nome" 
         Turkmeno: āt, ād- "nome" 
         Baschiro: at "nome; reputazione" 
         Yakuto: aat "nome; fama"
         Ciuvascio: jat "nome"
Pronuncia ricostruibile (gotica): /'attila/ 
Pronuncia ricostruibile (originale): /at'la/ 
Note: 
Il nome Attila è verosimilmente una forma gotica, formata come calco proprio a partire dall'unnico ata- "padre". Anche se Pritsak è di diverso avviso, reputo implausibile il suo tentativo di ridurre Attila a una formazione genuinamente turca. Egli confonde il glorioso antroponimo con l'idronimo attestato nelle fonti greche come Ἀττίλαν (accusativo), Τίλ, Ἀτηλ, Ἀστηλ (Attila-, Til, Atel, Astel), nome del Volga in proto-bulgaro e Khazaro (da as "grande"; cfr. tunguso tilkan "inondazione"), che a mio avviso va tenuto distinto. A parer mio il nome originario del sovrano unno avrebbe potuto essere *Atla "Famoso", derivato dal proto-turco *āt "nome" (cumano at "nomen", atli "nominatus") e reinterpretato come nome gotico, forse con un preciso intento politico. Esiste anche la possibilità che derivi dal proto-turco *at "cavallo", *at-la- "saltare", *at-la-t- "superare, vincere" (cumano at "equus", atlu chisi "eques"). Risolvere la questione non è facile. Si nota che il nome proprio Attila era già comune tra i Goti e che ha avuto nei secoli una certa fortuna. 

Balach 
Attestazione in greco: Βαλάχ
Genere: maschile 
Significato: "Vitello"  
   Proto-turco: *bāla "giovane animale" 
       Turco moderno: bala "giovane animale; bambino" 
       Cumucco: bala "giovane animale; bambino" 
       Baschiro: bala "giovane animale; bambino"
       Uzbeko: bola "giovane animale; bambino"
Pronuncia ricostruibile: /ba'laχ/
Note: Il nome è formato col tipico suffisso diminutivo -ch. Esiste anche un omofono che indica la gamba dei calzoni (proto-turco *bAlak "caviglia; gamba dei calzoni; suola"). Portava questo nome il marito della Regina Boareg (vedi), che ne rimase vedova.

Balamir
Attestazione in latino (Giordane): Balamir, Balamber
     Balaber, Balambyr, Balamur
Genere: maschile
Significato: "Selvaggio", "Indomito"  
     Mongolo: balamud, balamad "selvaggio, indomito" 
     > Unnico  
Pronuncia ricostruibile: /balam'bɨr/, /bala'mɨr/
Note: 
Mongolo orientale bala bol- "perdere la memoria per intossicazione" (Pritsak, 1982). Non sono ancora riuscito a trovare un corrispondente in proto-turco. Probabilmente è un prestito da una lingua mongola. Maenchen-Helfen è dell'idea che si tratti del nome germanico orientale Valamer (Valamir) che sarebbe stato soggetto a distorsioni. L'idea salta subito all'occhio come implausibile e inconsistente, già soltanto a motivo della fonologia soggiacente alle varianti, che è incompatibile con un'origine gotica. La vocale ricostruibile per la sillaba finale è infatti /ɨ/. Nell'ortografia turca moderna si scriverebbe Balamır. Questo esclude altre etimologie che sono state proposte, come la connessione con il proto-turco bir "uno", che ha sempre una vocale anteriore. Nel Codex Cumanicus si trova una parola a prima vista allettante, mir "princeps", che però non può andar bene: la pronuncia doveva essere /mi:r/ e l'etimologia è dal medio persiano mihr "principe", a sua volta dal Sacro Nome di Mithra

Balmach 
Attestazione in greco: Βαλμάχ
Significato: "Dito della mano"
   Proto-turco: *biarŋak "dito della mano" 
       Cumano: barmac "digitus"
       Turco moderno: parmak "dito della mano"
       Turco moderno (dial.): barnak id.
       Tataro: barmaq "dito della mano" 
       Turkmeno: barmaq "dito della mano" 
       Ciuvascio: pürne "dito della mano"
Pronuncia ricostruibile: /bal'maχ/
Note: 
Maenchen-Helfen ritiene questo antroponimo una forma corrotta di Balach (vedi sopra), anche se portato da una diversa persona.

Basich
Attestazione in greco: Βασίχ
Genere: maschile 
Significato ipotizzabile: "Simile a una pantera"  
    < bars "pantera" + *-sig "simile" 
Pronuncia ricostruibile: /ba'sɨχ/
Note: 
La rotica di bars "pantera" (di origine iranica, vedi Oebars) sarebbe andata perduta per assimilazione a causa della sibilante doppia: *bars-sig > *bas-sich. Pritsak riporta che il suffisso *-sig si trova in antico turco; immagino che non fosse più produttivo, in ogni caso lo studioso non menziona esempi concreti di parole che lo contengono. Maenschen-Hilfen rigetta questa interpretazione e sostiene che l'antroponimo sia soltanto un diminutivo di baš "testa", col significato di "piccolo capitano". L'uso di baš col senso di "capo, comandante" è presente in tutte le lingue turche. Per risolvere la questione, dovremmo disporre dell'esatta pronuncia dell'antroponimo, cosa che è al di là della nostra portata.

Berich
Attestazione in greco: Βέριχος (nominativo)
Genere: maschile 
Significato: "Forte, Potente, Solido, Stabile" 
    Proto-turco: *berk "potente"  
        Turco antico siberiano: berk "potente"  
        Turco moderno: berk "potente" 
        Kazako: berĭk "potente" 
        Baschiro: birĭk "potente" 
        Sary-Yughur: perik "potente" 
        Turkmeno: berk "potente"       
        Azero: bärk "potente"   
        Yakuto: bert "potente"   
        Ciuvascio: parga "potente"    
Pronuncia ricostruibile: /'beriχ/
Note: 
L'accento deve essere stato sulla prima sillaba. Gli esiti più simili sono quelli del Kazako e del Baschiro.

Bleda, Blida
Attestazione in greco: Βλήδας, Βλίδας (nominativo) 
Attestazione in latino: Bleda, Blida
Genere: maschile 
Significato: "Sapiente" 
    Proto-turco: *bil- "sapere, conoscere" 
        Turco antico siberiano: bil- "sapere, conoscere" 
        Turco moderno: bil- "sapere, conoscere"  
        Azero: bil- "sapere, conoscere"
        Tataro: bel- "sapere, conoscere" 
        Baschiro: bel- "sapere, conoscere"  
        Tuvano: bil- "sapere, conoscere"
        Ciuvascio: peʷl- "sapere, conoscere" 
    Proto-turco: -da, suffisso agentivo  
Pronuncia ricostruibile: /'blɪdæ/
Note: 
La metatesi di *bil- in ble-, bli- è tipica dell'unnico. 
 
Boareg, Boarig
Attestazione in greco: Βωαρήξ, Βωαρίξ (nominativo); 
     Βωα Ρηγισσα (Malala)
Genere: femminile
Significato: "Vergine Boas" (il Boas era un fiume) 
    Proto-turco: *arɨ- "pulito, puro; pulire, purificare" 
      Turco antico siberiano: arïγ "pulito, puro" 
      Turco moderno: arı "pulito, puro"
      Tataro: aru "pulito, puro" 
      Kirghiso: aruu "pulito, puro"
Note:  
Questo era il nome di una famosa regina dei Sabiri, tribù unna nel cui territorio scorreva il fiume Βώας (Boas). Eppure è riportato che gli accademici ungheresi hanno studiato la questione per mezzo secolo, senza venirne a capo. Si capisce subito che la Regina Boareg era una sacerdotessa adorata come una personificazione del fiume Βώας.

Bocha 
Attestazione in greco: Βώχας (nominativo) 
Genere: maschile 
Significato: "Toro" 
    Proto-turco: *būka "toro" 
       Turco antico siberiano: buqa "toro" 
       Turco moderno: boğa "toro"
       Cumano: boga, buga "taurus" 
Pronuncia ricostruibile: /'bo:χa/
Note: 
L'antroponimo Buqa "Toro" è diffuso tra tutti i popoli turchi. 

Chalazar 
Attestazione in greco: Χαλαζάρ
Genere: maschile 
Significato: "Abile ad ammucchiare"
  Proto-turco: *Kāla- "ammucchiare"; *yara- "essere 
       profittevole"
Pronuncia ricostruibile: /χala'zar/
Note: 
Maenchen-Helfen non conclude alcunché su questo antroponimo. Nessuno sembra volersene occupare. Forse la mia proposta etimologica è la prima, non sono riuscito a reperirne altre.
 
Charaton 
Attestazione in greco: Χαράτων
Genere: maschile 
Significato: "Veste Nera" 
   Proto-turco: *Kara "nero" 
      Turco antico siberiano: qara "nero; povero" 
      Turco moderno: kara "nero; scuro"
      Cumano: kara, chara "niger" 
      Azero: qara "nero; fantasma; allucinazione; incubo" 
      Oyrat: qara "nero"
      Uzbeko: qora "nero"
      Ciuvascio: hura "nero; scuro"
   Proto-turco: *tōn "veste" 
       Turco moderno: don "mutande; calzoni"
       Cumano: ton "vestimentum" 
       Azero: don "veste femminile; gonna" 
       Baschiro: tun "pelliccia"
       Ciuvascio: tum "veste"
Pronuncia ricostruibile: /χara'to:n/
Note: 
Il proto-turco *tōn è in ultima analisi un chiaro prestito dal Saka (iranico) thauna "veste". 

Chelchal 
Attestazione in greco: Χελχάλ
Genere: maschile
Significato: "Davanti all'animale da carico" 
     Proto-turco: *gȫl- "animale da carico" 
        Turco antico siberiano: kölük "animale da carico"
        Turco moderno: gölük "animale da carico"
        Oyrat: kölkö "animale da carico
        Kirghiso: kölük "animale da carico" 
        Tuvano: xöl, xölge "an imale da carico 
        Yakuto: kölö, kölgö "animale da carico"
     Proto-turco: *āl- "fronte; davanti; parte anteriore" 
         Turco moderno: alın "fronte" 
         Kirghiso: al, aldı "parte anteriore" 
         Baschiro: al, aldı "parte anteriore"
         Cumucco: al "parte anteriore"; aldan "verso la parte 
              anteriore di" 
         Gagauz: annı "fronte" (< *al-nı)
         Ciuvascio: om "parte anteriore" (< *al-m)
Pronuncia ricostruibile: /χöl'χal/
Note: 
L'armonia vocalica non si applica, data la peculiare struttura del composto. Maenchen-Helfen cita una tribù Ogurica denominata Chelch, Kolch, che ha verosimilmente la stessa origine. 
 
Dengizich 
Attestazione in greco: Δεγγιζίχ 
Attestazione in latino: Dingitzic, Dintzic 
Forme corrotte: Δεγζίχιρος, Δεγζίριχος 
Genere: maschile 
Significato: "Piccolo Mare" (i.e. "Vento Marino") 
    Proto-turco: *teŋiŕ "mare, lago"  
        Cumano: tengis "mare", tengizich "flatus a partibus
          maris proveniens" 
        Turco moderno: deniz "mare" 
        Uzbeko: dengiz "mare, oceano" 
        Turkmeno: deŋiz "mare"
        Tataro: diŋgez "mare 
        Ciuvascio: tinĕs "mare" (< Tataro)
Pronuncia ricostruibile: /deŋi'ziχ/ 
Note:   
L'antroponimo Dengizich "Piccolo Mare" (corrispondente al cumano tengizich "vento marino") è di importanza cruciale perché dimostra che la lingua degli Unni non era una forma di "turco r" (anche detto "turco LIR"), come il Ciuvascio, unico superstite delle lingue oghurice, bensì una forma di "turco z" (anche detto "turco SHAZ"), proprio come la maggior parte delle varietà moderne di turco. In altre parole, il fonema proto-turco */ŕ/ dava come esito una sibilante sonora /z/, con la possibile eccezione di alcuni prestiti. Per questo motivo, Pritsak, fautore della tesi opposta, ha cercato di forzare i dati sostenendo che la forma originale dell'antroponimo sarebbe quella contenente /r/ (Δεγζίχιρος) e ipotizzando la presenza del suffisso -siġ nel tentativo di spiegare la contemporanea presenza di /z/. Come giustamente fa notare Maenschen-Helfen, la forma Δεγγιζίχ è la sola autentica, che è stata sentita da Prisco con le proprie orecchie quando si trovava alla corte di Attila.   
 
Donat 
Attestazione in greco: Δονάτος (nominativo)
Genere: maschile 
Significato: "Cavallo" (segno zodiacale)
    Proto-turco: *junt- "cavallo, giumenta"
       Turco antico siberiano: yunt "cavallo"
       Turco medio: yunt, yunad "cavallo"
       Turco moderno (dial.): yont "cavallo" 
       Chagatai: yunt, yund "cavallo" 
Pronuncia ricostruibile: /dʲo'nat/
Note: 
Si noti il mutamento dall'approssimante palatale proto-turca /j/ a un'occlusiva dentale sonora  palatalizzata /dj/, trascritta con d-. Un simile mutamento si nota in diverse lingue imparentate. Maenchen-Helfen è invece dell'idea che si tratti semplicemente del nome latino Donatus e che il personaggio che lo portava fosse un romano disertore. Pritsak fa una dettagliata trattazione sui significati esoterici di questo nome, riferito dall'Anno del Cavallo e dato al predecessore di un re il cui nome significava "Veste Nera". Non si hanno prove dirette che questo personaggio fosse un re e che fosse di stirpe unna, tuttavia non è improbabile che il suo nome sia stato assimilato a un nome romano per una somiglianza fonetica fortuita. Servono studi più approfonditi per risolvere la questione. 

Edekon 
Attestazione in greco: Ἐδέκων 
Genere: maschile
Significato: "Seguace"  
   Proto-turco: *Eder- "seguire" 
       Turco antico siberiano: eder- "seguire"
       Tataro: iyär- "seguire" 
       Uzbeko (dial.): eyär- "seguire" 
       Sary-Yughur: ezer- "seguire"
       Tuvano: eder- "seguire" 
       Ciuvascio: jer- "seguire"
   Proto-turco: *Kün "persona; gente"
Pronuncia ricostruibile: /edæ'kü:n/
Note: 
Maenschen-Helfen ritiene l'antroponimo di origine germanica, cosa che mi pare oltremodo improbabile.

Ellac 
Attestazione in latino: Ellac 
Genere: maschile 
Significato: "Sovrano, Re"  
    Proto-turco: *ēl "regno; pace; regione" 
        Turco antico siberiano: él "unione di tribù"
        Turco moderno: el "paese, patria; provincia"
        Cumano: el "pax"; "regio" 
        Baschiro: il "paese, stato; gente" 
        Yakuto: il "pace; stato" 
        Uiguro: el "paese, nazione; popolazione; tribù"
        Ciuvascio: jal "villaggio"
    Radice quasi omofona: Proto-turco *el- "mano" 
        Cumano: el "manus"
Pronuncia ricostruita: /el'læχ/
Note: 
L'antroponimo è formato tramite il suffisso verbale -la-, dando origine al verbo *el-lä- "regnare", esteso con un ulteriore suffisso deverbativo . Il processo è lo stesso che si riscontra nell'antico turco baš-la- "iniziare", derivato da baš "testa" e che dà origine a baš-la-ġ "inizio".

Elmingir, Elminzur, Emnetzur
Attestazione in greco: Ἐλμίγγειρος (nominativo), Ἐλμίνζουρ 
Attestazione in latino: Emnetzur
Genere: maschile 
Significato: "(Uomo della) Tribù del Cavallo" 
     Tunguso: elmin "giovane cavallo"  
Pronuncia ricostruibile: /elmin'gir/, /elmin'tʃür/
Note: 
Un caso difficile. Secondo Maenschen-Helfen, la somiglianza di questo antroponimo con la parola tungusa elmin "cavallo" sarebbe una coincidenza, dato che non si trovano altri plausibili prestiti tungusi in unnico. Il ragionamento è paralogico: può darsi che non si tratti di un prestito dal tunguso all'unnico, ma di una parola antichissima comune alle due lingue e poi andata perduta. Maenschen-Helfen è convinto che sia un derivato di el "regno" (vedi Ellac), con un suffisso -min la cui funzione sarebbe del tutto indeterminabile. In cumano esiste elm "mundus", che però non va bene: è un prestito dall'arabo ˁalam "mondo". Ai tempi di Attila le genti di lingua turca non avevano alcun contatto con l'arabo: l'Islam non esisteva ancora. 
La terminazione -zur (documentata in molte lingue turche come čur) è un'apposizione che compare in nomi di nobili. Dato che Elminzur e Elmingeir sono varianti dello stesso antroponimo, si deduce che -geir /-gir/ equivale a -zur. Vedi nel seguito per ulteriori considerazioni su questi suffissi.  

Ernac 
Attestazione in greco: Ἠρνάχ, Ἡρνάχ    
Attestazione in latino: Ernac, Hernac
Attestazione in bulgaro (VIII sec.): Ирникъ
Genere: maschile 
Significato: "Piccolo Eroe"  
    Proto-turco: *ēr "uomo", pl. *eren "uomini" 
       Turco antico siberiano: er "uomo" 
       Turco moderno: er "uomo; maschio; guerriero"
       Cumano: er "mas, masculus; maritus" 
       Baschiro: ir "uomo; marito" 
       Turkmeno: ǟr "uomo; marito" 
       Yakuto: er "uomo; maschio; marito"
       Ciuvascio: ar "uomo" 
Pronuncia ricostruibile: /er'næχ/
Note: 
L'antroponimo è un diminutivo in -ch dell'originaria forma plurale *eren, che da "uomini" passò a significare "eroe". Sulla semantica Pritsak mi pare un po' confuso, incapace di integrare le informazioni disponibili per arrivare a una traduzione univoca.  
 
Eskam 
Attestazione in greco: Ἐσκάμ
Genere: maschile 
Significato: "Grande Sciamano" 
    Proto-turco: *es-(kü) "vecchio, anziano; grande" 
       Turco moderno: eski "vecchio" (detto di oggetti)
       Azero: äski, äsilli "cresciuto"
       Yakuto: ösük "tempi antichi"
       Ciuvascio: as-lъ "grande"
    Proto-turco: *Kiam, *kām "sciamano" 
       Turco antico siberiano: qam "scianamo"
       Turco moderno: kam "sciamano"
       Cumano: kam katun "incantatrix" (lett. "sciamano
          regina"); kamadi "fascinavit", kamaladir "fascinat, 
          fascinando movet" 
       Tataro: qam "sciamano"
       Ciuvascio: jomś, jumśă "sciamano"
Pronuncia ricostruibile: /es'kam/
Note: 
Un interessante antroponimo religioso, che testimonia la persistenza dell'antico sciamanesimo delle steppe. L'armonia vocalica non si applica.

Esla 
Attestazione in greco: Ἤσλας (nominativo)
Genere: maschile 
Significato: "Intelligente" 
   Proto-turco: es "mente, intelligenza" 
      Cumano: es "intellectus" 
Pronuncia ricostruibile: /'εslæ/
Note: 
Secondo Pritsak si trattebbe di un derivato dell'aggettivo es "grande", che si trova anche nell'antroponimo Eskam (vedi sopra). Questa ipotesi mi pare poco plausibile, anche per via della diversa trascrizione della vocale. Secondo Maenchen-Helfen, si tratterebbe di un derivato del sostantivo , "compagno" (dal proto-turco *ēĺ- "compagno, amico"). Un suffisso -la (dal proto-turco *-lig), che forma aggettivi ma anche sostantivi, è tipico di molte lingue della famiglia, es. cumano: borla "vigna", derivato da bor "vino". Si noti il precoce dileguo della consonante finale della protoforma.  

Giesm 
Attestazione in greco: Γιέσμου (genitivo)
Genere: maschile 
Significato: "Buona Fortuna, Grazia" 
   Proto-mongolo: *kesig "grazia, favore"  
      Mongolo medio: kešig "parte di carne sacrificale"  
   > Proto-turco: *kes- "grazia, favore" 
      Ciuvascio: kasmăk jaški "tipo di zuppa augurale"
      Turco Ottomano (dial.): kesimiş "dono di nozze"; kesim 
      "affare, accordo"; kesme aşi "tipo di zuppa augurale"
Pronuncia ricostruibile:/'gʲesəm/ 
Note: 
Dal proto-mongolo la radice è stata presa in prestito anche dallo yakuto (käsi "presentino") e dal tunguso (Manchu käsi "favore; benedizione; fortuna; dono).  
 
Gubulgudu 
Attestazione in greco: Γουβουλγουδοῦ
Significato: "Motivo di Orgoglio" 
   Proto-turco: *güb- "orgoglioso, fiero; orgoglio; speranza"  
      Turco antico siberiano: küvez "orgoglioso"; küven- 
          "essere fiero, essere arrogante"
      Turco moderno: güven- "essere arrogante; sperare" 
      Noghai: küjez "orgoglioso" 
      Baschiro: köjäδ "orgoglioso"
   Proto-turco: *gǖd- "pascolare; assistere; aspettare;
          rispettare" 
      Turco moderno: güt- "controllare; amministrare"; 
          güdü "causa, motivo" 
      Gagauz: güt- "pascolare" 
      Baschiro: köt- "assistere; pascolare"
Pronuncia ricostruibile: /gübülgü'dü/ 
Note: 
Maenchen-Helfen non è stato in grado di cogliere un'etimologia così cristallina; non sembra averci nemmeno provato. Si nota che la radice *güb- mostra in unnico un suffisso particolare che non si trova nelle altre lingue turche.

Hunigasi, Onegesi 
Attestazione in greco: Ὀνηγήσιος (nominativo)
Attestazione in latino: Hunigasius (nominativo) 
Significato: "Onesto, Fedele" 
    Proto-mongolo: üne- "giusto, corretto"
       Mongolo: ünen "verità" 
       Calmucco: ünn "verità"  
    Proto-turco: *-gās, nomen futuri (necessitatis) + *-i 
Preonuncia ricostruibile: /üne'gæsi/
Note: 
Molto probabilmente un antico prestito dal proto-mongolo, come giustamente notato da Pritsak. Maenchen-Helfen ritiene che l'antroponimo sia germanico, riportando argomentazioni non convincenti. 
 
Iliger 
Attestazione in greco: Ἰλιγερ
Genere: maschile
Significato: "Principe-Uomo" 
    Proto-turco: *il(i)k "parte anteriore; prima; Est"
        Turco antico siberiano: ilk "primo" 
        Turco moderno: ilk "primo"  
        Azero: ilk "primo" 
        Ciuvascio: ĕlĕk "prima; tempo fa" 
    Proto-turco: *ēr "uomo" 
Pronuncia ricostruibile: /ili'γer/
Note: 
Si noti la lenizione di -k in -g
 
Krekan 
Attestazione in greco: Κρέκαν, Κρέκα, Χρέχα, Ἡρέκαν, 
    Ἠρέκαν
Genere: femminile 
Significato: "Focolare domestico", "Famiglia", "Moglie"
    Mongolo: gergei, gergen "moglie" 
    > Yakuto: kärgän "famiglia; casa; le persone che vivono in 
         una casa; membro di una famiglia"  
Pronuncia ricostruibile: /'krekæn/, /χrekæn/
Note: 
Un caso difficile. Sono stati fatti diversi tentativi di emendare l'antroponimo. Secondo Willi Bang-Kaup (1916), andrebbe letto *Αρέκαν (Arékan) e interpretato come *Ariqan "Pura Principessa" - senza contare che il femminile di qan "sovrano" è qatun "sovrana". Secondo Maenchen-Helfen riconosce l'esistenza di Κρέκα (Kréka) in diversi codici del testo di Prisco, ma nota che in altri si ha invece Ἡρέκαν (Herékan) e Ἠρέκαν (Erékan). Egli fa notare che gli autori aboliscono -n ma non la aggiungono quando è assente (a meno che non sia l'uscita dell'accusativo). Poi cita i nomi germanici attribuiti alla moglie dei Attila, che sono i seguenti: Herche, Helche (medio alto tedesco), Hrekja (norreno), Erka (norreno). A parer mio, il norreno Hrekja è compatibile con Κρέκαν. Pavel Poucha (1955) collegò l'antroponimo alla parola mongola gergei "moglie", conclusione cui giunse anche Pritsak in modo indipendente.   

Kuridach 
Attestazione in greco: Κουρίδαχος (nominativo) 
Genere: maschile 
Significato: "Piccolo Lupo" 
    Proto-turco: *Kūrt "verme"
        Turco moderno: kurt "lupo"; kurtçuk "cagnotto"
        Azero: qurd "lupo; verme" 
        Kirghiso: kurt "verme" 
        Uiguro: qurut "verme" 
        Baschiro: qort "verme; ape" 
        Baschiro (arcaico): qort "lupo"
        Tuvano: kurt "verme" 
        Cumucco: xurt "verme; bruco"
        Ciuvascio: hort, hurt "verme; ape" 
Pronuncia ricostruibile: /kuri'daχ/
Note: 
Lo slittamento semantico da "verme" a "lupo" non è recente come è stato sostenuto, ma affonda le sue radici in un tabù anticissimo. Il fatto che questo slittamento semantico sia comune a tutte le lingue Oghuz sembrerebbe provare che l'unnico parlato da Attila apparteneva a tale raggruppamento di lingue turche. Va però notato che il senso di "lupo" si trovava un tempo anche in Baschiro, mentre in turco moderno è chiamata kurt anche la grossa larva del maggiolino e di altri coletteri.

Kursich 
Attestazione in greco: Κουρσίχ
Genere: maschile
Significato: "Simile a un Eroe" 
   Proto-turco: *gür "eroico; nobile; denso; universale"   
       Turco moderno: gür "denso, abbondante" 
       Tataro: kör "eroico, coraggioso; ben nutrito" 
       Chakasso: kür "eroico, coraggioso" 
       Kirghiso: kür "potente" 
       Cumucco: kür "eroico, coraggioso" 
       Tuvano: xür "ben nutrito, in salute"
       Yakuto: kür "ampio, vasto"
   Proto-turco: *-sig "simile a" 
Pronuncia ricostruibile: /kür'siχ/
Note: 
Pritsak fa notare che un capo dei Peceneghi portava il nome Kürä (trascritto in cirillico come Куря), derivato da kür "eroico; nobile; universale" tramite un suffisso e avente il significato di "eroe". Per il suffisso -sich vedi Basich. Maenchen-Helfen è invece convinto che si debba dividere Kurs-ich e riporta a sostegno della sua idea l'esistenza dell'antroponimo Churs, documentato in Armenia, che è senza dubbio dall'iranico xorz "buono". Il nome unnico ha però una fonologia incompatibile: se fosse derivato dalla parola iranica, avrebbe avuto una consonante iniziale aspirata e sarebbe stato scritto *Χουρσίχ. Il nome del generale bizantino Kurs (Κούρς), di probabile nascita unna, è con ogni probabilità sinonimo di Kursich e non prova che si debba dividere Kurs-ich: sarà piuttosto da analizzarsi come Kur-s. Sono necessari ulteriori studi.  

Kutilzi 
Attestazione in greco: Κούτιλζις (nominativo)
Genere: maschile 
Significato: "Molto Fortunato" 
   Proto-turco: *Kut "sorte; buona fortuna"
       Turco antico siberiano: qut "buona fortuna"  
       Turco moderno: kut "buona fortuna"
       Kazako: qūt "grazia, abbondanza, ricchezza" 
       Kirghiso: kut "anima"
       Yakuto: kut "anima"
Pronuncia ricostruibile: /kutil'zi/
Note: 
Secondo Maenchen-Helfen, il turco antico qut significa "maestà", ma è chiaro che si tratta di un significato secondario. La traduzione "Molto Fortunato" parrebbe plausibile, anche se non è chiaro il suffisso -ilzi. Maenchen-Helfen è incerto se si debba segmentare -il-zi o se sia invece -elči; fatto sta di una traduzione concreta non la azzarda. L'armonia vocalica a quanto pare non si applica.  

Muageri 
Attestazione in greco: Μουάγερις (nominativo)
Significato: "Ululante" (i.e. "Lupo")
   Proto-turco: *böŋre- "ululare" 
      Kirghiso: mööröö "muggire" 
      Baschiro: möŋräv "muggire" 
      Tataro: mögrärgä "muggire"
      Turkmeno: möŋŋürmek "sospirare"
      Tuvano: mööreer "ululare" 
      Yakuto: maŋıraa "muggire"
Pronuncia ricostruibile: /mü'æŋeri/ 
Note: 
Un'etimologia popolare attribuisce a questo antroponimo l'origine dell'endoetnico degli Ungheresi, magyar (antico mogyër), o il contrario. In realtà l'antico ungherese mogyër deriva dal proto-ugrico *mańćɜ "uomo; persona", come il nome dei Mansi.
 
Mundzuc, Mundzuch  
Attestazione in greco: Μουνζίουχον (accusativo)
Attestazione in latino: Mundzuco, Mundzicco (ablativo)  
Genere: maschile 
Significato: "Gioiello, Perla"; "Vessillo" 
   Proto-turco: *bōnčok "perline" (da *bōń, *bōjn "collo)
       Turco moderno: boncuk (pron. /bon'dʒuk/) "perline" 
       Azero: muncuq "perline" 
       Tataro: muncak "perline" 
       Uzbeko: munčoq "perline"
       Kirghiso: mončoq "perla; perline" 
       Cumucco: minčaq "perline"
Pronuncia ricostruibile: /mun'dʒuχ/
Note: 
Questo è ancora il bunchuk dei Cosacchi (russo e ucraino Бунчук; polacco Buńczuk). Si tratta di un vessillo, tipico dei Turchi e del Mongoli. 
 
Octar 
Attestazione in greco: Οὔπταρος (nominativo)
Genere: maschile 
Significato: "Fiero" 
      Mongolo: öktem "forte, imperioso; fiero"; ökte-
        "diventare solido"
      Calmucco: öktem "forte, imperioso; fiero" 
    > Proto-turco: *ökte- "essere superbo"
         Chagatai: ökte-, öktä- "incoraggiare" 
         Cumano: öctem "superbus", öctelik "superbia", 
              öctenlänir "gloriatur"
Pronuncia ricostruibile: /ök'tær/
Note: 
Non è chiaro se questa radice sia un prestito da una lingua turca al mongolo o viceversa. Pritsak afferma che la sola lingua turca in cui è attestata, oltre all'unnico, sarebbe il Chagatai. Invece si trova anche in cumano (vedi Codex Cumanicus). Il suffisso -m è un deverbativo sia in turco che in mongolo. In mongolo, questo -m alterna con -ri, il cui corrispondente turco a detta di Pritsak è -z. Quindi la forma unnica sembrerebbe un po' anomala. Tuttavia si nota l'esistenza di un altro suffisso rotico molto diffuso nelle lingue turche, che deriva dal proto-turco *-ür. In turco moderno gli esiti sono -ar, -er, -ir, -ır, -ur, -ür, -r, a seconda della vocale della sillaba precedente. Forma sostantivi e aggettivi a partire da verbi.    

Oebarsi
Attestazione in greco: ᾯηβάρσιον (accusativo)
Genere: maschile 
Significato: "Come un Leopardo Bruno" 
   Proto-turco: *oń "grigio; bruno" (detto di manto equino) 
       Karakhanide: oy "grigio; bruno"
       Tuvano: oy "grigio; bruno"
Pronuncia ricostruibile: /oe'barsɨ/
Note: 
La parola bars "pantera, leopardo, tigre" è di origine iranica (< pārs). Si nota che l'adattamento greco del nome porta due accenti, uno circonflesso sulla prima sillaba e uno acuto sulla terza: questa peculiarità è eccezionale.  

Odolgan 
Attestazione in latino: Odolgan 
Attestazione in greco: 
Significato ipotizzabile: "Falcone del Regno" 
   Proto-turco: *ēl- "regno; pace; regione"  
   Proto-turco: *togan "falcone" 
      Turco antico siberiano: toγan "falcone
      Turco moderno: doğan "falcone" 
      Pecenego: towan "falcone"
Pronuncia ricostruibile: /oldo'gan/, /oldogan'do:n/ 
Note: 
La spiegazione più semplice è che sia occorsa una metatesi da Oldogan a Odolgan. Maenchen-Helfen riporta un antroponimo che compare nell'iscrizione runica di Uyuk-Tarlak, senza azzardarsi a fornire una traduzione. Il testo menziona un personaggio il cui nome traslitterato è El Togan Totoq, che si definisce "ambasciatore del suo regno del Cielo" (totoq significa "governatore"). Alla lettera, El Togan è il "Falcone del Regno". Potrebbe essere il nome di una figura mitologica e corrispondere all'antroponimo unno. Bisognerà indagare più a fondo. Per curiosità, il cognome turco Erdoğan significa "Uomo-Falcone".

Ruga, Rugila
Attestazione in greco: Ῥούγας (nominativo), Ῥοῦα (genitivo),
       Ῥωίλας (nominativo)
Attestazione in latino: Rua, Roas, Ruga, Rugila

Genere: maschile 
Significato: "Uomo-Onore" 
    Proto-turco: *ēr "uomo" 
    Proto-turco: *ȫ- "pensare"; *ȫ-g "pensiero; 
       -ge / -ga, suffisso che forma sostantivi:
      *ö-ge "onore; lode" 
Pronuncia ricostruibile: /ṛö(γ)æ/
Note: 
Il suffisso -ila della forma Rugila è evidentemente il famoso diminutivo maschile gotico. Formazioni di questo genere ricorrono di frequente in antroponimi e titoli dei popoli turchi: Er Böri "Uomo-Lupo", Er Buġa "Uomo-Toro", etc.

Sandil, Sandilch 
Attestazione in greco: Σάνδιλ, Σάνδιλχος (nominativo)
Genere: maschile
Significato: "Piccola Barca" 
Pronuncia ricostruibile: /san'dil/, /san'dilχ/
Note: 
La variante Sandilch (Σάνδιλχος) ha un tipico suffisso diminutivo -ch. Maenchen-Helfen nota che tra i Mamelucchi esisteva l'antroponimo Sandal, con lo stesso significato. 
 
Sigizan 
Attestazione in greco: Σιγίζαν 
Genere: maschile 
Significato: "Topo"
   Proto-turco: *sɨčgan "topo; ratto" 
      Turco antico siberiano: sïčγan "topo; ratto"
      Turco moderno: sıçan "ratto" 
      Baschiro: sısqan "topo" 
      Cumucco: çıçqan "topo"
Pronuncia ricostruibile: /sɨγɨ'tʃan/
Note:  
Alla lettera il nome proto-turco del topo significa "defecatore" (< *sɨč- "defecare"). Si noti la metatesi, probabilmente dovuta a un tabù. Maenchen-Helfen reputa questo antroponimo un nome germanico dalla ben nota radice sigi- "vittoria", senza poter specificare alcunché sulla sua terminazione.  

Simma 
Attestazione in greco: Σίμμας (nominativo) 
Significato: "Gallo cedrone"
   Proto-turco: *sɨm "gallo cedrone"
      Shor: sınma "gallo cedrone" 
      Oyrat: sımda "gallo cedrone" 
Pronuncia ricostruibile: /'sɨmma/
Note: 
Si nota l'assimilazione progressiva da -nm- in -mm-. L'etimologia è mia; Maenchen-Helfen non conclude alcunché su questo antroponimo.

Skotta 
Attestazione in greco: Σκόττας (nominativo)
Genere: maschile 
Significato: "Impetuoso, Testa calda" 
    Proto-turco: *sök- "spaccare; fare a pezzi" 
        Turco antico siberiano: sök- "fare a pezzi; abbattere; 
             irrompere", causativo sökit- (hapax) 
    Proto-turco: -da, suffisso agentivo
Pronuncia ricostruibile: /'sköttä/
Note: 
Trovo convincente l'etimologia data da Pritsak. 
 
Tarrach 
Attestazione in greco: Ταρράχ
Genere: maschile 
Significato ipotizzabile: "Spanditore"; "Ramo di Fiume"
   Proto-turco: *tar-, *dar- "spargere, spandere; biforcarsi" 
      Tataro: tar- "spargere"; tarmaq "ramo"
      Baschiro: tarmaq "ramo di fiume, biforcazione; 
           ramificazione"
      Yakuto: tarğaa "spargere, diffondere"
Pronuncia ricostruibile: /tar'raχ/
Note: 
Secondo Maenchen-Helfen, questo antroponimo "non può essere turco". Credo che ciò sia falso. Tra i Tuvani è ben noto il fiume Tarlak, il cui nome deriva dalla radice *tar- "spargere, spandere". La terminazione -lak è fossilizzata. In unnico il gruppo consonantico -rl- deve essere diventato -rr- per assimilazione regressiva. Ridicola l'idea di quegli accademici che hanno tentato di ridurre Tarrach al nome del santo Tarachus.

Tuldach 
Attestazione in greco: Τουλδάχ
Genere: maschile 
Significato: "Piccolo Sazio" 
   Proto-turco: *tōl- "essere pieno" 
     Turco moderno: dol- "essere pieno"; dolu "pieno"
        Cumucco: tolu "pieno"
        Baschiro: tulı "pieno; completo"
        Yakuto: tuol "essere pieno"
        Ciuvascio: tul "essere pieno"; tulli "pieno"
Pronuncia ricostruibile: /tul'daχ/
Note: 
Trovo implausibile l'idea di un'origine dalla stessa radice di Uldin: lo stesso Maenchen-Helfen fa questa ipotesi, senza poter dire nulla sul fantomatico prefisso t-.

Tuldich, Tuldila 
Attestazione in greco: Τουλδίχ 
Attestazione in latino: Tuldila  
Genere: maschile 
Significato: "Piccolo Sazio"
   Proto-turco: *tōl- "essere pieno" 
       Turco moderno: dol- "essere pieno"; dolu "pieno" 
       Cumucco: tolu "pieno" 
       Baschiro: tulı "pieno; completo"
       Yakuto: tuol "essere pieno"
       Ciuvascio: tul "essere pieno"; tulli "pieno"
Pronuncia ricostruibile: /tul'dɨχ/, /'tuldila/
Note: 
Il suffisso -ila è un diminutivo maschile, una traduzione letterale del suffisso -ch dell'unnico. Per il resto, vedi Tuldach.

Turgun 
Attestazione in greco: Τουργοῦν
Genere: maschile 
Significato: "Corvo" 
   Proto-mongolo: *turaγu "corvo, cornacchia" 
        Mongolo medio: tura'un "corvo, cornacchia"
   Proto-turco: *torgay "specie di uccellino, allodola" 
   Proto-Tunguso: *ture "corvo, cornacchia"  
Pronuncia ricostruibile: /tur'gu:n/
Note: 
L'antroponimo unnico somiglia molto alla forma proto-mongola. In turco ottomano Turgay è un nome proprio di persona maschile. 

Tutizar 
Attestazione in latino: Tutizar 
Genere: maschile 
Significato: "Abile ad afferrare" 
    Proto-turco: *tut- "afferrare"; *yara- "esser profittevole"
Pronuncia ricostruibile: /tuti'zar/
Note: 
Nome unnico portato da un ostrogoto. Maenchen-Helfen non conclude alcunché su questo antroponimo. Nessuno sembra volersene occupare. Forse la mia proposta etimologica è la prima, non sono riuscito a reperirne altre.  

Uldach 
Attestazione in greco: 
Genere: maschile 
Significato: "Piccola Fortuna"  
   Proto-mongolo: *ol-dige- "buon auspicio" 
      Mongolo: olje, oljei, öljei "buon auspicio" 
    > Proto-turco: *öldi- "buon auspicio"
Pronuncia ricostruibile: /öl'dæχ/
Note: 
L'antroponimo, non trattato da Pritsak, è chiaramente dalla stessa radice di Uldin (vedi sotto), con il tipico suffisso diminutivo -ch. Deve essere un prestito dal proto-mongolo. 
 
Uldin
Attestazione in greco: Οὔλδης, Οὔλδις (nominativo), Οὔλδιν 
      (accusativo)
Attestazione in latino: Uldin, Huldin
Genere: maschile
Significato: "Fortuna"  
    Proto-mongolo: *ol-dige- "buon auspicio"
       Mongolo: olje, oljei, öljei "buon auspicio"
    > Proto-turco: *öldi- "buon auspicio"       
Pronuncia ricostruibile: /öl'din/
Note: 
Deve essere un prestito dal proto-mongolo, come giustamente sostenmuto da Pritsak. La radice proto-turca *öldi- "buon auspicio" è stata da me ipotizzata sulla base di questo antroponimo e di altri simili.

Ultzindur 
Attestazione in latino: Ultzindur
Genere: maschile 
Significato: "(uomo della) Tribù della Fortuna" 
     Proto-mongolo: *ol-dige- "buon auspicio"
     > Proto-turco: *öldi- "buon auspicio"
Pronuncia ricostruibile: /öldʒin'dür/
Note: 
Nome portato da un figlio di Attila. Spesso è scritto Vltzindur, ma non si comprende il perché di questa scelta arbitraria, dato che in latino non esisteva la distinzione tra le due lettere u e v.  
 
Zengilach 
Attestazione in greco: Ζηγγιλάχος (nominativo)
Significato: "Giovinetto" 
   Proto-turco: *jaŋɨ- / *jeŋi- "nuovo" 
      Turco antico siberiano: yaŋï "nuovo" 
      Turco moderno: yeni "nuovo"
      Baschiro: yaŋı "nuovo" 
      Tataro: yaŋa "nuovo"
      Oyrat: d´aŋı "nuovo"
      Dolgan: haŋa, hiŋil "giovane" 
      Yakuto: saŋa "nuovo" 
      Ciuvascio: śĕnĕ "nuovo"
Pronuncia ricostruibile: /zeŋi'laχ/
Note:  
Antroponimo formato con il tipico suffisso diminutivo.
 
Zerkon 
Attestazione in greco: 
Genere: maschile
Significato: "Ufficiale di Camera"
   Proto-turco: *ič- "interno di qualcosa; intestino; ventre";
          -er (suffisso che marca il divenire); *Kün "persona"
      Proto-bulgaro: HTZHRGOY 
Pronuncia ricostruibile: /tʃer'kü:n/  
Note: 
Questo era il nome di un nano di stirpe maura che fungeva da buffone per Bleda. Prisco ci riporta che nei suoi numeri, questo personaggio nanesco mescolava diverse lingue: l'unnico, il gotico e il latino. Attila aveva una vera e propria fobia nei confronti dei nani e si rifiutava persino di guardarlo. L'obiezione di Maenchen-Helfen è assolutamente ridicola: egli sostiene che non sarebbe stato dato a un nano di corte un nome altisonante. Evidentemente ignora tutto sulla natura umana. 

Zilgibi 
Attestazione in greco: Ζιλγίβις (nominativo)
Genere: maschile
Significato: "Simile a un Cembalo"  
   Proto-turco: *zil "cembalo" (< iranico)
   Proto-turco: *kēpi "simile a", "come" 
       Turco antico anatolico: gibi "simile a", "come" 
       Turco moderno: gibi "simile a", "come" 
       Azero: kimi "simile a", "come" 
       Turkmeno: kimīn "come" 
       Uzbeko: kabi "come" 
       Baschiro: kivik, kevek "come"
Pronuncia ricostruibile: /zil'gibi/
Note: 
Nome di principi unni del Caucaso. Anche in turco moderno gibi, esito di *kēpi, è postposto al nome a cui si riferisce. La traduzione sembra plausibile e non si capisce perché Maenchen-Helfen abbia ritenuto questo antroponimo impenetrabile.

Zolbon 
Attestazione in greco: Ζόλβων
Genere: maschile
Significato: "Stella del Pastore" (i.e. "Venere") 
    Proto-mongolo: *čolbun "Venere (stella del mattino)" 
    > Pr0to-turco: *čolbon "Venere (stella del mattino)"
        Turco moderno: çolpan "il pianeta Venere" 
              (si trova anche çoban yıldızı
        Tataro di Crimea: çolpan "il pianeta Venere"
        Cumucco: čolpan "il pianeta Venere"
        Kazako: šoban, šolpan "il pianeta Venere"
        Kirghiso: čoban, čolpon "pastore" 
Pronuncia ricostruibile: /tʃol'bon/
Note: 
Tra i Mamelucchi esisteva l'antroponimo Çolpan (pron. /tʃol'pan/), con lo stesso significato. 
 
Nel patrimonio onomastico unno si notano alcuni nomi di chiara origine iranica. Alcuni sono attribuiti ai Massageti, popolo scitico, ma Maenchen-Helfen ritiene che si tratti di identificazioni fittizie. Riporto i seguenti antroponimi: 
 
Aischman 
Attestazione in greco: Αἰσχμάνῳ (dativo) 
Genere: maschile 
Significato: "Mente Potente"
Pronuncia ricostruibile: /e:ʃ'man/ 
Note: 
Maenchen-Helfen riporta la forma nominativa come Αἰσχμάνος, che tuttavia non sembra essere attestata. Il primo membro del composto equivale all'avestico aēša- "potente": il merito di questa etimologia va al linguista Alexis Manaster Ramer.
 
Ambazuka 
Attestazione in greco: Ἀμβαζούκης (nominativo) 
Genere: maschile 
Significato: "Forte Braccio"
Pronuncia ricostruibile: /am'bazuka/ 
Note:  
Avestico ama- "forte", bāzu- "braccio"
 
Balas 
Attestazione in greco: Βάλας  
Genere: maschile
Significato: antroponimo non trasparente 
Pronuncia ricostruibile: /'balas/
Note: 
È un comune nome persiano, che deriva in ultima analisi dal partico Walagaš "Splendente di Forza". In greco e in latino è documentato con moltissime varianti anche molto divergenti: Βάλας, Οὐαλᾶς, Βλάσης, Βλάσος, Vologaesus, etc.  
 
Chinialon 
Attestazione in greco: Χινιαλών
Significato: "Alano dell'Odio" i.e. "Alano Odiatore"
Pronuncia ricostruibile: /khinia'lo:n/ 
   Antico persiano: *kaina- "odio, rancore; vendetta" 
      Medio persiano: kyn "odio, rancore; vendetta"
      > Azero kin "odio, rancore; vendetta"
   Proto-scitico: *Aryanu "Terra degli Arii" 
      Proto-alanico: *Allānʉ "Terra degli Arii"  
Pronuncia ricostruibile: /kʰini'alo:n/
Note: 
A quanto risulta, la mia proposta etimologica sarebbe la prima, non sono riuscito a reperirne altre.
 
Chorsoman 
Attestazione in greco: Χορσομάνος (nominativo)
Significato: "Che ha Buone Intenzioni"
Pronuncia ricostruibile: /χorso'man/ 
Note:  
Ossetico xorz-aman "che ha buone intenzioni"

 
Chorsomanti, Chorsamanti 
Attestazione in greco: Χορσομάντις, Χορσάμαντις 
      (nominativo) 
Significato: "Che ha Buona Fortuna" 
Pronuncia ricostruibile: /χorso'manti/, /χorsa'manti/
Note: 
Ossetico xorz-amond "che ha buona fortuna". Manaster Ramer riporta l'antroponimo come Χορσάμαντις, ma la sostanza non cambia.

Hormidac 
Attestazione in latino: Hormidac
Significato: "Figlio di Hormizd" 
Pronuncia ricostruibile: /hormɨz'dak/
Note:  
È un comune nome persiano, Hormizdak, trascritto male. Hormizd è il Dio Supremo della religione di Zoroastro: il nome avestico è Ahura Mazdā. Maenchen-Helfen è convinto che il gruppo consonantico -zd- sia stato scritto erroneamente come -d-.

Styrak, Tyrank
Attestazione in greco: Στύραξ, Τύραγξ (nominativo)
Significato: "Grande" 
   Ossetico: styr "grande, ampio"
Pronuncia ricostruibile: /'stɨrak/, /'tɨrank/
Note: 
Nonostante il suffisso e le distorsioni, l'etimologia è riconoscibile.

Zabergan 
Attestazione in greco: Ζαβέργαν, Ζαβεργάν 
Significato: "Luna Piena" 
Pronuncia ricostruibile: /za'bergan/, /zaber'gan/
Note: 
Nome di un capitano dei Kutriguri. Maenchen-Helfen, che non era un iranologo, ha utilizzato questo criterio per identificare l'origine dell'antroponimo: siccome un ministro di Cosroe I si chiamava Zaberganes ed era certamente un persiano, doveva esserlo anche il suo nome. 

Zarter 
Attestazione in greco: Ζαρτήρ
Significato: "Mercurio d'Oro"
Pronuncia ricostruibile: /zar'tɪ:r/ 
Note: 
Come Henning ha dimostrato, l'antroponimo è formato a partire dal neme della divinità persiana Tīr, corrispondente a Mercurio, per indicare un gemello divino di Zarmihr (Mihr < Mithra); zar- significa "oro".
 
Il problema degli etnonimi

Rispetto agli antroponimi, gli etnonimi presentano maggiori difficoltà etimologiche. Notevole è la presenza del suffisso -gir, già visto nell'antroponimo Ἐλμίγγειρος. Indagando, ho scoperto che ha una corrispondenza notevole nelle lingue tungusiche: si trattava in origine di un plurale/collettivo in -r formato a partire da un nome locativo in -gi. La stirpe dei Tungusi è formata da molte tribù, tra le quali si menzionano le seguenti: Bultogir, Samagir, Manegir, Kindigir, Lakšikagir, Čapogir e ... Elmingir!

Akatzir, Akatir
Attestazione in greco:  Ἀκατίροι, Ἀκατζίροι
Attestazione in latino (Giordane): Acatziri
Significato al momento non determinabile 
Note: 
Un caso difficile. L'interpretazione (erronea) proposta da Tomaschek (1872) vorrebbe che questo etnonimo derivasse dalla parola turca ağaç "albero" e da un derivato di er "uomo": nel dizionario turco-arabo del 1245 pubblicato da Houtsma (Leida, 1894) è attestato realmente un termine Agaǰ-eri "uomini degli alberi", analogamente a Qum-eri "uomo delle sabbie", Turuk-eri "Turco" e Rum-eri "Romano". Il punto è che agaç "albero" deriva dal proto-turco *ï-gač, la cui radice è "legno"; -gač è un suffisso e non mostra alcuna variante con un'occlusiva sorda -k-. Se la proposta di Tomaschek fosse corretta, l'etnonimo Acatziri sarebbe stato trascritto con una sonora -g-, cosa che non avviene mai. Un'altra interpretazione comune, dovuta a Henning e Hamilton, è che gli Akatziri derivino il loro nome da *Aq-Khazar, ossia "Khazari Bianchi". Va detto che l'etnonimo dei Khazari non ha chiare origini e che questa etimologia, per come è enunciata, presenta gravi criticità: l'etnonimo Acatziri sarebbe stato trascritto con un'aspirata -ch-, -χ-, cosa che non avviene mai. Maenchen-Helfen mena il can per l'aia ma non arriva ad alcuna conclusione. 
 
Alpidzur 
Attestazione in greco: Ἀμιλζύροις (dativo)
Attestazione in latino (Giordane): Alpidzuros (accusativo) 
Forma corrotta: Alcildzuros
Significato: "Tribù dell'Eroe" 
   Proto-turco: *ălp "guerriero; eroe; coraggioso" 
        Turco moderno: alp "eroe; coraggioso" 
Pronuncia ricostruibile: /alpɨ'tʃur/
Note:  
Maenchen-Helfen considera correttamente questo nome come turco e ne individua la radice alp- "eroe", ma attribuisce all'elemento -i(l)- il significato di "popolo" (dal proto-turco *ēl "regno; regione"), che non pare molto plausibile: -i- sarà piuttosto una semplice vocale epentetica, mentre -l- sembra il prodotto di trascrizioni distorte. Si nota l'aggiunta del suffisso -čur già visto in alcuni antroponimi e diffuso nelle antiche lingue turche.  
 
Altziagir  
Attestazione in latino: Altziagiri, Altziagri, Ultziagiri
     Aultziagri 
Significato: "Tribù dei Sei"
Pronuncia ricostruibile: /alθɨa'gir/, /altsɨa'gir/
Note: 
L'etnonimo è formato dal numerale ALTHIA "sei" e dal suffisso -gir. Si notano evoluzioni fonetiche. 

Angiskir
Attestazione in greco: - 
Attestazione in latino (Giordane): Angisciros (accusativo) 
Forme corrotte: Augistiros, Angistros  
Significato: "Tribù delle Stoppie"
    Proto-turco: *(i)aŋɨŕ "campo di stoppie" 
       Turco medio: aŋız "stoppia" 
Pronuncia ricostruibile: /aŋɨs'kɨr/
Note:  
Si noti l'esito in sibilante della rotica palatale del proto-turco, tipico di tutte le lingue turche non oghuriche. Tra le lingue non oghuriche figura quella degli Unni di Attila, con buona pace di Pritsak. Il secondo membro è -gir, -kir, che compare negli antichi nomi tribali.  
 
Bardur, Bardor 
Attestazione in greco: 
Attestazione in latino: Bardores
Significato: "Tribù del Grande Fiume" 
Pronuncia ricostruibile: /bar'dur/
Note: 
L'etnonimo è formato con il suffisso -dur, -tur a partire dall'idronimo Var, nome unnico del Dniepr, di chiara origine iranica (< *varu- "ampio"). Un altro antico nome del Dniepr, attestato da Erodoto, è Βορυσθένης (Borysthénēs), derivato da *varu- "ampio" e da -stāna "terra".
 
Barselt 
Attestazione in greco: Βαρσήλτ, Βαρσῆλτ
Significato al momento non determinabile
Note: 
La prima parte del composto è chiara: deriva dall'iranico *varu- "ampio". Il problema è la seconda. Maenchen-Helfen è convinto che si tratti dello stesso nome tribale degli Ζάλοι (vedi Zal), ma la consonante iniziale non quadra. Come riporta lo stesso studioso, alcuni cercano di spiegare la -t finale come un plurale alanico. 

Burugund, Vurugund 
Attestazione in greco: Βουρουγούνδοι, Ουρουγούνδοι 
Attestazone in latino: Vurugundi, Urugundi
Significato ipotizzabile: "Aquile" 
   Proto-turco: *bürküt "aquila" 
       Turkmeno: bürgüt "aquila" 
Pronuncia ricostruibile: /bürü'günd/, /βürü'günd/
Note: 
Non vanno confusi con i Burgundi germanici. L'elemento nasale è con ogni probabilità il residuo di un antico suffisso plurale fossilizzato: *bürküt-n > *bür(ü)gund
 
Elminzur 
Attestazione in greco: Ἐλμινζούρ 
Significato ipotizzabile: "Tribù del Cavallo" 
    Tunguso: elmin "giovane cavallo"
Pronuncia ricostruibile: /elmin'ʃür/
Note: 
Questo etnonimo corrisponde all'omonimo antroponimo già analizzato. Non è raro che un nome proprio di persona derivasse da quello di una tribù.  

Sabir 
Attestazione in greco: Σάβιροι, Σαβεῖροι, Σαβήρ, Σαβίρ,  
     Σάπειρ
Attestazione in latino: Sabiri, Saviri
Attestazione in armeno: Sawirk', Sabirk'
Significato ipotizzabile: "Quelli del (fiume) Sabir" 
    Proto-turco: *sapɨ- "ondeggiare, agitare, scuotere" 
Pronuncia ricostruibile: /sa'bɨr/
Note: 
Un caso di etimologia ingannevole. Nessun accademico a quanto ha considerato che i Sabiri traevano il loro nome da quello di un fiume, il Sabir, anche chiamato Boas. L'informazione è riportata da Procopio di Cesarea, nella sua opera Storia delle guerre (Guerra Persiana, Libro II, 29, 14-15). Così Gyula Németh e Paul Pelliot hanno cercato un'etimologia adatta a un popolo di nomadi di cui non si sapeva altro, scegliendo il proto-turco *sap- "errare, vagare, andare fuori strada", il che... li ha portati fuori strada, per ironia. A parer mio la radice giusta è quasi omofona, *sapɨ-, che fa riferimento al moto impetuoso del fiume, anche se nelle lingue attuali si riferisce soprattutto al moto dei rami ad opera del vento.  
 
Sadagari 
Attestazione in greco: Σαδαγάρες  
Attestazione in latino: Sadagarii, Sadages; Sadagas 
       (accusativo); Sadares 
Significato ipotizzabile: "Uomini del Turcasso"
   Proto-mongolo: *saxadag "turcasso" 
    > Proto-turco: *sadak "turcasso"  
   Proto-turco: *ēr "uomo"
Pronuncia ricostruibile: /sada'γæri/ 
Note: 
Riprendo la prima etimologia data da Altheim, che mi sembra verosimile. Non tutti sono d'accorsdo sull'identificazione dei Sadagarii con i Sadages, ma questo non cambia la sostanza Il fatto che non siano mai indicati come Unni e che sembrino essere Sciti non è un argomento valido: è sempre possibile che abbiano adottato nomi unnici.

Ultzinzur
Attestazione in greco: Οὐλτίνζουροι
Attestazione in latino: Ultzinzures, Ultingures
Significato ipotizzabile: "Tribù del Buon Auspicio" 
    Proto-mongolo: *ol-dige- "buon auspicio"
       Mongolo: olje, oljei, öljei "buon auspicio"
     > Proto-turco: *öldi- "buon auspicio"
Pronuncia ricostruibile: /öltin'zür/, /öltʃin'zür/, /öldʒin'zür/
Note: 
Vedi l'antroponimo Ultzindur, che ne è derivato. 

Zal 
Attestazione in greco: Ζάλοι
Significato ipotizzabile: "Forza, Energia vitale"     
   Proto-turco: *jạlaŋuk "persona" 
   Proto-mongolo: *sülde "energia, vitalità"
Pronuncia ricostruibile: /zal/ 
Note: 
Non mi risulta siano state proposte finora etimologie per questo etnonimo. 

Zebender 
Attestazione in greco: Ζεβενδέρ
Significato ipotizzabile: "Anime dei Morti"
   Proto-turco: *jẹbe- "cimitero, tomba; anima dei morti;
         fantasma; funerale"
Pronuncia ricostruibile: /zeben'der/, /zeβen'der/
Note:  
Questo etnonimo è di un'importanza somma, perché attesta la desinenza plurale dei sostantivi unnici, corrispondente al turco moderno -lar, -ler. Dimostra anche che la desinenza diventava -dar, -der a seconda della consonante precendente, come in Kirghiso.
 
Solo in apparenza meno problematici sono i seguenti nomi di popoli Unni terminanti in -gur (greco -γουροι, latino -guri, -gures), che sono stati utilizzati da Pritsak per sostenere la sua idea di appartenenza dell'unno alle lingue oghuriche. Il punto è che questi etnonimi possono essere giunti ai Bizantini tramite mediazione di altri popoli, più precisamente di genti che parlavano proto-bulgaro. Spesso sono attestate molte forme diverse, tanto che è difficile comprendere come sia stata la forma originale. Suppongo che la terminazione -gur derivi dal proto-turco *ōkuŕ, a cui si può attribuire il senso di "tribù, popolo" (è un'estensione di *ōk "lignaggio"). Non si può tuttavia nascondere che in qualche caso troviamo varianti trascritte in greco con -γηροι, che sembra piuttosto rimandare a -gir. La confusione è tuttora grande. 

Bittugur 
Attestazione in greco: Βίττορες, Βίτγορες
Attestazione in latino: Bittugures, Bittugores
Forme corrotte: Burtugures, Buturgures  
Significato ipotizzabile: "Tribù dell'Amuleto" 
   Proto-turco: *bitig "scrittura; amuleto" + *ōkuŕ "tribù" 
Forma proto-unnica ricostruita: BITIG OGUZ
Forma proto-bulgara ricostruita: BITIG OGUR
Note: 
Questa tribù si è unita agli Ostrogoti nella loro migrazione in Italia.
 
Kutrigur 
Attestazione in greco: Κουτρίγουροι, Κουτούργουροι
    Κοτρίγουροι, Κοτρίγοροι, Κουτρίγοροι, Κοτράγηροι
    Κουτράγουροι, Κοτριαγήροι, Κοτζαγηροί
Adattamento in italiano: Kutriguri, Cutriguri
Significato: "Nove Tribù" 
    Proto-turco: *tokuŕ "nove" + *ōkuŕ "tribù"
Forma proto-unnica ricostruita: KOTUZ OGUZ  
Forma proto-bulgara ricostruita: KOTUR OGUR
Note: 
Senza dubbio è avvenuta un'antica metatesi, che ha portato da TOKUZ OGUZ a KOTUZ OGUZ. Si noterà che gli antichi Turchi siberiani, gli Uighuri (con -r-), chiamavano se stessi proprio Tokuz Oguz, ossia "Nove Tribù" (con -z-). Gli attuali Uiguri, pur non essendo loro discendenti diretti, potrebbero essere resti di Unni Kutriguri che si sono addentrati nelle immensità della Cina, rimanendo isolati dai loro consanguinei!

Onogur
Attestazione in greco: Ὀνόγουροι, Οὔρωγοι, Οὔγωροι
Attestazione in latino (Giordane): Hunuguri 
Adattamento in italiano: Onoguri
Significato: "Dieci Tribù"  
Forma proto-unnica ricostruita: ON OGUZ
Forma proto-bulgara ricostruita: ON OGUR 
    Proto-turco: *ōn "dieci + *ōkuŕ "tribù"
Note: 
Si noterà che questo etnonimo è stato attribuito a un popolo di lingua uralica, non turca. Proprio da Hunuguri è derivato Ungari

Saragur 
Attestazione in greco: Σαράγουροι
Adattamento in italiano: Saraguri 
Significato: "Tribù Bianche" 
    Proto-turco: *siarɨg "bianco; giallo" + *ōkuŕ "tribù"
Forma proto-unnica ricostruita: SARIG OGUZ 
Forma proto-bulgara ricostruita: SARIG OGUR 
Note:
 
Utigur
Attestazione in greco: Οὺτρίγουροι, Οὺττρίγουροι
    Οὺτίγουροι, Οὺτούργουροι
Adattamento in italiano: Utiguri, Utriguri 
Significato: "Trenta Tribù" 
    Proto-turco: *otuŕ "trenta" + *ōkuŕ "tribù" 
Forma proto-unnica ricostruita: UTUZ OGUZ  
Forma proto-bulgara ricostruita: UTUR OGUR
Note: 
 
Tre glosse fuorvianti 
 
Tre parole attribuite agli Unni sono state documentate da autori contemporanei ad Attila, come Prisco e Giordane: 
 
μέδος (medos) "bevanda inebriante affine all'idromele" 
κάμος (kamos) "bevanda di orzo affine alla birra"
strava "festa funebre" 
 
1) Il nome dell'idromele è chiaramente indoeuropeo, da *medhu-. Potrebbe essere una parola germanica, ma anche slava. 
2) Il nome della birra può essere ricondotto alla radice indoeuropea *kʷem- "bere, ingoiare", un cui esito si trova nel sanscrito cam- id. Non si tratta di una parola unnica: le genti della Pannonia bevevano camum molto prima che Attila comparisse (es. Editto di Diocleziano sui prezzi). Appurato che non è una parola celtica né germanica, apparterrà a quell'immenso continuum di lingue satem che dall'Illiria giungeva fino al Baltico e all'India.
3) Il nome della festa funebre è chiaramente slavo.  

Proto-slavo: *sъtrava "cibo"
Deriva da *sъ(n) "con" e dal verbo‎ *trāvìti "consumare"  

Esiste una parola omofona (strabae, pl.), che Lattanzio riporta per indicare un rito barbarico in cui le spoglie del nemico erano distese e accumulate per onorare la vittoria. A parer mio questa parola non ha nulla a che vedere con la cena funebre e potrebbe ben derivare dal gotico straujan "spargere", anche se il verbo è usato soprattutto parlando della paglia. 
 
Molto semplicemente le tre glosse "unniche" non appartengono affatto alla lingua di Attila, bensì a lingue parlate da popoli sottomessi e associati agli Unni. Molto probabilmente si tratta di Slavi (Anti, Sclaveni o Veneti), la cui progenie tuttora prospera.  

Il nome del turcasso 
 
Una parola unnica genuina ha invece dato origine al medio greco κούκουρον (koukouron) "turcasso, faretra". Le sue origini sono lontane e risalgono all'impervia Mongolia.
 
Proto-mongolo: *köke-xür "recipiente di cuoio per liquidi" 
   Bonan: kokor  
   Buriato: xüxüür 
   Khalkha: xöxüür  
   Calmucco: kökür  
 
Questa parola è stata presa a prestito da numerose lingue turche: 
 
   Kirghiso: köökör 
   Chakasso: küger
   Tuvano: kögeer 
   Yakuto: köğüör 

Da una lingua turca la parola è giunta anche nelle lingue uraliche, col senso di "borsa":
 
   Estone: kukkur
   Finnico: kukkaro
   Ingriano: kukkoro
   Careliano: kukkaro
   Veps: kukor
 
Anche nelle lingue a noi più familiari si trovano discendenti di questa radice: antico inglese cocer "turcasso", francese antico quiver id., da cui l'inglese moderno quiver. Maenchen-Helfen si mostra a torto scettico, argomentando che l'antica parola turca per indicare la faretra è sadaq. Non esiste problema alcuno. L'unnico aveva due parole con lo stesso significato: uuna era un eufemismo, /kö'kür/, mentre l'altra era sacra, /sa'daγ/ e ha dato l'etnonimo Sadagarii.
 
Ricostruzione delle radici proto-turche
 
Questo è il database con le radici proto-turche, compilato da Anna Dybo, contenuto nel sito The Tower of Babel, sulla cui capitale importanza spenderò sempre molte parole:   
 
 
Anche il Wiktionary contiene un database di radici proto-turche che dà un importante contributo:  
 

Tramite questi potenti strumenti il lavoro di indagine si è fatto enormemente più facile.
 
Armonia vocalica  
 
Nell'ortografia usata nelle fonti latine e greche non si trova presente alcun modo efficace per trascrivere alcuni tipici suoni vocalici delle lingue turche, che noi trascriviamo con ä, ö, ü, ï (ı). Tuttavia l'armonia vocalica deve essere esistita in unnico. Si nota che i fonemi /ö/ e /ü/ sono in genere resi in greco con ου anziché con υ, come sarebbe forse stato più logico. 

Esito del proto-turco *j-

A quanto ho potuto constatare, l'esito del proto-turco *j- dipende strettamente dalla vocale che segue. Se il fonema seguente è /a/, /a/, /e/, l'esito è /z/. Se il fonema seguente è /o/, /ö/, /u/, /ü/, l'esito è /d/ o /dʲ/. Se il fonema seguente è /i/, /ɨ/, la consonante scompare.

L'endoetnico del Cumani

Questo si trova scritto nel Codex Cumanicus: 
 
"Equidem vocabulum huun, cui in aliis dialectis turcicis formam respondentem non inveni, Cumanum interpretor. Cumani enim Hungariae se ipsos KŪN nominant (cum longa vocali in medio nominis)" 
 
Vediamo chiaramente che ancora all'epoca in cui fu compilato il Codex Cumanicus, i Cumani stanziati in Ungheria chiamavano se stessi Huun, Kūn, ossia Unni. In realtà, prima che si diffondessero denominazioni come Turchi e Tatari (adattato poi come Tartari), tutte le genti che parlavano una lingua della famiglia turca chiamavano se stesse con l'antico e glorioso nome degli Unni. 

Origine del nome degli Unni 
 
La radice proto-turca *Kün "persona" è imparentata con il proto-mongolo *küɣün, *kümün "persona". Potrebbe addirittura trattarsi di un prestito. La ricostruzione proto-turca infatti non rende conto di alcune peculiarità, come la vocale lunga e  l'esistenza dell'aspirazione iniziale nel nome degli Unni, che in greco era trascritto come Οὔννοι e in latino come Hunni, ma anche Chunni o Chuni.

Proto-mongolo: *küɣün, *kümün
Significato: persona
   Mongolo scritto: kümün
   Mongolo medio: gu'un, komon, kumnɛt, kuw(u)n
   Khalkha: xün (pl. xümǖs), xömǖn
   Buriato: xün
   Calmucco: kǖn, kümṇ
   Ordos: kün, kümǖn 
   Dongxian: kun
   Baoan: kuŋ
   Dagur: xuar, huare
   Shary-Yoghur: kūn
   Monguor: kun
   Mogol: ku, kut
 
Possa questo Sacro Nome durare fino alla Fine dei Tempi!
 
Glossario Unnico - Italiano: 
 
Il mio lavoro ha uno scopo ambizioso: riportare sulla Terra la voce di Attila e dei suoi Unni! Così comincio a compilare brevi liste di parole. L'ortografia, basata sulle attestazioni analizzate, è per necessità abbastanza instabile.
 
ADAMI "cammello castrato" 
AI "luna; mese"  
-AL "davanti; parte anteriore" 
ALA "variegato"  
ALON "Alano"
ALP "guerriero; eroe"
ALTHIA "sei (6)"  
AREG, ARIG "vergine; pura"
ATA "padre" 
BALACH "vitello"; "gamba dei calzoni"
BALAMIR "selvaggio, indomito"
BALMACH "dito della mano"  
BARS "pantera, leopardo; tigre" 
BERICH "forte, solido, stabile" 
BLEDA "saggio, sapiente"  
BOCHA "toro" 
CHARA "nero" 
CHARATON "veste nera"  
CHELCH "animale da carico" 
CHINI "odio"
DENGIZ "mare"  
DENGIZICH "piccolo mare"; "vento marino"  
DONAT "cavallo" (segno zodiacale)
EL "mano"
EL "pace" 
EL "regno" 
ELLAC "sovrano" 
ELMIN "cavallo"
ER "uomo, maschio" 
ES "grande; anziano" 
ES "intelletto" 
-GIBI "simile a" 
HUN, -KUN "persona, gente (i.e. "unno, Unni") 
ILIG "prima; principe" 
KAM "sacerdote pagano, sciamano"  
KAN, -GAN "re" (cumano can "imperator")
KUR "eroe, nobile" 
KURID "lupo; verme" 
KUT "maestà; fortuna" 
MUNDZUCH "gioiello; vessillo"
OE "bruno, scuro" 
ON "dieci (10)" 
SANDIL, SANDILCH "barca, imbarcazione" 
-S, -SI, -SICH "simile a"
TON "veste" 
TULD "pieno, sazio" 
UGA, UA "onore" 
ZENGIL "giovane"
ZIL "cembalo" 
ZOLBON "il pianeta Venere"
 
A questo punto oso procedere oltre, ricostruendo un certo numero di vocaboli unnici a partire dalle evidenze disponibili. Le forme unniche ricostruite sono in grassetto corsivo. Ho mostrato anche il corrispondente cumano, dove possibile. Credo che possa essere un esercizio interessante, di quelli che terrorizzano il mondo accademico: eppure ogni mia ricostruzione è ineccepibile e sono pronto a difenderla con accanimento.   
 
AC "bianco" (cumano ak, ac "albus") 
AIRAN "latte fermentato"
AIU "orso" (cumano ayu "ursus")  
AL "rosso" (cumano al "vermiculatus")  
ALMA "mela" (cumano alma "pomum")
ALTHUN "oro" (cumano altun "aurum")  
AND "giuramento"  
ANDAR "loro" (cumano anlar "ipsi")
ARIA "ape; vespa"
ARPA "orzo" (cumano arpa "hordeum")
AT "cavallo" (cumano at "equus") 
AT "nome" (cumano at "nomen") 
ATIM "il mio cavallo" 
ATIM "il mio nome"
BAL "miele" (cumano bal "mel")
BALA "bambino; giovane animale" (cumano balazuc 
    "pullaster") 
BALABAN "falco" (cumano balaban "falco")
BALICH "pesce (cumano balik, baluc "piscis") 
BAS "testa" (cumano bas "caput")
BIR "uno" (cumano bir "unus")
BIZ "noi" (cumano bix "nos") 
BODUN "popolo, paese" 
BOL "pieno"  
BOR "vino d'uva" (cumano bor "vinum") 
BORU "lupo" (cumano boru, böri "lupus")  
BOZ "grigio" 
BOZA "specie di birra o idromele" 
BULAN "alce maschio"
BURUN "naso" 
BUZAGU, BUZAU "vitello" (cumano buxau "vitulus")
CHAN "sangue" (cumano can, kan "sanguis")  
CHARGA "corvo"
CHUMURSCHA "formica" 
DONGUZ "maiale" (cumano tongus "porcus")  
DUZ "cento (100)"
DUMURTCHA "uovo" (cumano jumurtka "ovum")
DURT "accampamento" (cumano jurt "mansio")
ELIM "il mio regno"
ELMECH "pollice (dito)"
ELTZI "messaggero" (cumano elči "nuncius") 
ESAC "asino" (cumano esac, esek "asinus")  
ILAN "serpente" (cumano ilan "serpens")
ILME "pioppo tremulo"; "olmo"
INGAC "vacca, mucca" (cumano ynac "vacca")
IT "cane" (cumano it, itt "canis") 
KATON "regina" (cumano can catonj "imperatrix") 
KONGUR "bruno, marrone"  
KUM "sabbia" 
KUMIZ "latte fermentato"  
MEN "io" (cumano men "ego") 
MENG "cervello" (cumano meng "cerebrum") 
MING "mille (1.000)" 
MUAGUZ "corno" (cumano müz, müjüz, mügüz "cornu") 
MUNG "sofferenza, dolore" 
OBUR "vampiro, spirito maligno" 
OGUL "figlio" (cumano ogul, oul "filius")
OGUZ "bue" (cumano ogus "bos") 
OL "egli" (cumano ol "ille")
OLUG "morto" (cumano olu "mortuus")
OLUM "morte" (cumano olum "mors")
ONG "destro" (cumano ong "dexter")
ONG "salute" (cumano ong "salus")
ONGURTCHA "spina dorsale"  
ORMAN "foresta" (cumano orman "silva") 
OT "fuoco" (cumano ot "ignis")
SEN "tu" (cumano sen "tu")
SINGIR "nervo, tendine" (cumano singir "nervus") 
SIZ "voi" (cumano six "vos")
SU "acqua" (cumano su "aqua") 
TAS "pietra" (cumano tas "lapis") 
TEMUR "ferro" (cumano temir "ferrum")
TEMURTZI "fabbro" (cumano temirzi "faber ferrarius")
TENGRI "Dio; cielo" (cumano Tengri "Deus") 
TIL "lingua" (cumano til "lingua") 
TZALMUR "fango" 
UR, YR "canto" (cumano ur, yr, ir "cantus", "cantilena") 
URMACH "flagello" (cumano urmach "flagellum") 

MEN ATLA, TENGRING URMACH "Io sono Attila, il Flagello di Dio"
 
Mi spingo anche oltre: riporto qualche traduzione di parole unniche nella lingua di Wulfila. 
 
Glossario Unnico - Gotico 
(Le parole ricostruite sono in grassetto corsivo)  

ADAMI : ULBANDUS GALDIÞS
AI ("luna") : MENA 
AI ("mese") : MENOÞS
ALTHIA : SAIHS 
AREG, ARIG : HRAINS  
ATA : ATTA, FADAR  
BALACH : KALBO 
BALMACH : FIGGRS 
BARS : LIUBARDUS, KATTUS 
BERICH : MAHTEIGS 
BLEDA : FRODA, MANNA FROÞS   
CHARA : SWARTS 
CHARATON : PAIDA SWARTA  
CHINI : HATIS
DENGIZ : MAREI, SAIWS  
DONAT : AIǶS, MARHS   
EL ("mano") : HANDUS 
EL ("pace") : FRIÞUS 
EL ("regno") : ÞIUDINASSUS, ÞIUDANGARDI 
EL ("regno, dominio") : REIKI 
ELLAC : ÞIUDANS 
EMLIN : AIǶS, MARHS  
ER : MANNA, WAIR, ABA 
ES : MIKILS 
-GIBI : GALEIKS
KAN : ÞIUDANS 
KUR : HALIÞS  
KURID ("lupo") : WULFS 
KURID ("verme") : MAÞA, WAURMS 
KURIDACH : WULFILA
OE : BRUNS, AIRPS  
ON : TAIHUN
SANDIL, SANDILCH : SKIP  
- SICH : GALEIKS 
TON : PAIDA 
TULD : FULLS 
ZENGIL : JUGGS 
 
Queste sono alcune forme unniche ricostruite con la traduzione in gotico:  
 
AC : ǶEITS 
AIU : BAIRA
AL : RAUÞS  
ALMA : APLUS  
ALTHUN : GULÞ 
AND : AIÞS
ARPA : BARIS
BAL : MILIÞ
BALA : BARN 
BALICH : FISKS  
BAS : HAUBIÞ
BIR : AINS  
BIZ : WEIS
BOL : FULLS 
BOR : WEIN  
BORU : WULFS 
BOZ : GREWS 
BOZA : ALUÞ, MIDUS 
CHAN : BLOÞ  
CHARGA : HRABNS
DONGUZ : SWEIN
DUMURTCHA : ADDI 
DURT : ÞAURP 
ESAC : ASILUS 
IT : HUNDS  
MEN : IK  
MENG : ǶAIRNEI 
MING : ÞUSUNDI 
MUNG : SAURGA
OT : FON 
SEN : ÞU
SIZ : JUS 
SU : WATO  
TAS : STAINS
TEMUR : EISARN 
TEMURTZI : SMIÞA
TENGRI ("cielo") : HIMILS 
TENGRI ("Dio") : GUÞ
TIL : TUGGWO  
TZALMUR : FANI 
UR, YR : SAGGWS
 
Come si può ben vedere, si tratta di due lingue completamente diverse. L'unica somiglianza (unnico ATA "padre" : gotico atta "padre") è priva di qualsiasi valore, essendo in ultima analisi una forma espressiva infantile originatasi da una lallazione e presente in moltissime lingue prive di connessioni prossime ed evidenti.