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venerdì 12 aprile 2019


SCANNERS

Titolo originale: Scanners
Lingua originale:
Inglese
Paese di produzione: Canada
Anno: 1981
Durata: 103 min
Rapporto: 1,78:1
Genere: Orrore, fantascienza, thriller
Regia: David Cronenberg
Sceneggiatura: David Cronenberg
Produttore: Claude Héroux
Produttore esecutivo: Pierre David, Victor Solnicki
Casa di produzione: Filmplan International
Distribuzione in italiano: Italian International Film
Fotografia: Mark Irwin
Montaggio: Ronald Sanders
Effetti speciali: Gary Zeller
Musiche: Howard Shore
Scenografia: Carol Spier
Costumi: Delphine White
Trucco: Brigitte McCaughry
Interpreti e personaggi
    Jennifer O'Neill: Kim Obrist
    Stephen Lack: Cameron Vale
    Patrick McGoohan: Paul Ruth
    Lawrence Dane: Braedon Keller
    Michael Ironside: Darryl Revok
    Robert Silverman: Benjamin Pierce
    Mavor Moore: Curtis Trevellyan
    Anthony Sheerwod: Aiden
    Fred Doederlein: Dieder Tautz
    Victor Désy: Dottor Gatineau
    Louis Del Grande: Scanner della ConSec 
    Alex Stevens: Programmatore ConSec
    Murray Cruchley: Progammatore ConSec
    William Hope: Impiegato Bicarbon Amalgamate
    Christopher Britton: Impiegato Bicarbon Amalgamate
    Leon Herbert: Impiegato Bicarbon Amalgamate
    Neil Affleck: Studente di medicina 
    Jerome Tiberghien: Killer nell'attico
    Sony Forbes: Killer nell'attico
    Denis Lacroix: Killer nel granaio
    Adam Ludwig: Arno Crostic
Doppiatori italiani
    Melina Martello: Kim Obrist
    Dario Penne: Cameron Vale
    Marcello Tusco: Paul Ruth
    Oreste Rizzini: Darryl Revok
Didascalie: 
   There are 4 billion people on earth. 237 are Scanners.
   They have the most terrifying powers ever created...
   and they are winning.
   ... Their thoughts can kill.
   10 seconds: The Pain Begins
   15 seconds: You Can't Breathe
   20 seconds: You Explode.
Budget: 3,5 milioni di dollari USA
Box office: 41,2 milioni di dollari USA

Trama: 

La ConSec è una compagnia militare privata che vuole presentare una nuova terribile arma. Si tratta degli scanners, individui dotati di poteri paranormali devastanti, come la percezione extrasensoriale, la telepatia, la telecinesi e la psicocinesi. Accade però qualcosa di imprevisto e di spaventoso: quando la ConSec si accinge a dare la dimostrazione pratica dei poteri di un suo agente, il volontario scelto per l'esperimento, Darryl Revok, dimostra di essere uno scanner molto più dotato. Non appena lo scanner della ConSec cerca di sondargli la mente, questi gli oppone una fiera resistenza, lo manda in crisi e infine gli fa esplodere il cranio. Gli ufficiali della compagnia cercano di catturare Revok, ma lui riesce a sfuggire loro in modo rocambolesco e ad ucciderli tutti. Il capo della Sicurezza, Braedon Keller, è talmente traumatizzato dall'accaduto da decidere di terminare il programma di ricerca sugli scanners. Come prevedibile, la decisione di Keller incontra la fiera opposizione del dottor Paul Ruth, che è proprio a capo del programma messo in discussione: secondo lui gli omicidi e la fuga sarebbero proprio una chiara dimostrazione del grande potenziale bellico dei telepati. Altra ossessione del subdolo Ruth è l'esistenza - mai dimostrata - di una rete clandestina di scanners ostili alla ConSec. Stando a questi deliri paranoici, Revok farebbe parte proprio di tale organizzazione e il rimedio consisterebbe nel reclutare nuovi scanners per infiltrarla. Il piano viene approvato e la ricerca ha inizio. Un candidato viene presto riconosciuto in uno squallido fast food. Si tratta di un vagabondo in condizioni terminali, coperto di stracci e sudicio, che sopravvive ingerendo avanzi di hamburger. Alcune ragazze altezzose della classe media lo guardano con disprezzo estremo, come solo le Figlie di Venere sanno fare. "Ma come fa un uomo a ridursi in quelle condizioni? Non mi fa pena, mi fa solo schifo!", questa è la sentenza che una di queste giovani pronuncia nei confronti del derelitto, colpevole ai suoi occhi di essere un perdente genetico, un aborto, un rifiuto dell'Evoluzione. L'uomo concentra la sua attenzione sulla sua detrattrice, che cade vittima di un attacco epilettico provocato dal suo potere telepatico. Si mostra ancora generoso: al suo posto avrei provocato in quella fallofora il cedimento di un'arteria nel cranio. Il peggio è evitato dagli agenti della ConSec, che catturano il telepate, il cui nome è Cameron Vale. Il malcapitato viene sottoposto a sedazione profonda: il farmaco utilizzato allo scopo è conosciuto come ephemerol, e ha il potere di inibire temporaneamente ogni facoltà telepatica. Vale si risveglia sul lettino di contenzione dopo molte ore di sonno. Quando è riuscito a schiarirsi il cervello, Ruth gli spega la situazione e inizia un addestramento per aiutarlo a controllare i propri poteri. Il problema è che il capo della sicurezza, Keller, all'insaputa di tutti lavora per conto di Revok, facendo la spia. I frutti di questo tradimento non tardano a manifestarsi: Revok viene a conoscenza del piano di infiltrazione e manda alcuni assassini a uccidere Vale quando questi prende contatto con Benjamin Pierce, un artista scanner privo di affiliazioni. Pierce viene colpito a morte, mentre Vale fugge e riesce ad uccidere alcuni sicari. Nella mente del bohémien morente, capta il nome di una donna, Kim Obrist, indizio che gli permette di risalire a una nuova organizzazione clandestina di scanners, questa volta opposti al gruppo di Revok e alle sue mire malvage. Quando Vale si mette in contatto con la Obrist, i sicari di Revok colpiscono ancora, facendo un massacro alla riunione del gruppo. Soltanto Vale e la Obrist sopravvivono. Il canovaccio si ripete: Vale capta nella mente di uno degli assassini il nome di una società farmaceutica e la infiltra - cosa che ormai gli riesce del tutto naturale. Finalmente il piano di Revok si staglia in tutta la sua natura aberrante sullo sfondo già tenebroso. L'ephemerol, somministrato anni prima a un certo numero di donne gravide, aveva avuto come effetto collaterale la nascita degli scanners. Non soltanto si scopre che Revok e Vale sono in realtà fratelli: il loro padre segreto è proprio il dottor Ruth. L'interesse della congrega di telepati revokiani nella multinazionale ha il suo preciso motivo, perché tramite i suoi impianti chimici vengono prodotte tonnellate di ephemerol allo scopo di dar vita a una nuova generazione di persone telepatiche tramite cui dominare il mondo. Al termine di una convulsa e adrenalinica girandola di eventi, è inevitabile il duello all'ultimo sangue tra Vale e Revok, il cui esito si dimostrerà davvero sorprendente!

Recensione: 

Un thriller di tutto rispetto, capace di lasciare la sua sacrosanta traccia mnestica in un encefalo in formazione. Così mi è capitato di rimanere fulminato da alcune sue sequenze quando è stato trasmesso in televisione - ero appena un moccioso - e posso assicurare che si tratta di lampi indelebili! Ricordo ancora il faccione dello scanner della ConSec in tremenda tensione, mentre le forze psichiche di Revok mandavano il cranio in risonanza! Il risultato, simile a un'improvvisa eruzione, è il vero colpo di genio: un torrente di poltiglia encefalica mista a coaguli di sangue, che esplode inondando ogni cosa nel raggio di alcuni metri! Consiglio vivamente a tutti la visione di questa gloriosa pellicola! Al giorno d'oggi non si trovano più molti prodotti paragonabili.  


Duello telepatico e trasmigrazione 

Il finale comporta un certo numero di riflessioni. Cameron Vale e Darryl Revok si affrontano servendosi dei loro spaventosi poteri, scatenando l'inferno. Il maligno Revok sembra prevalere e riesce addirittura ad incendiare il cranio dell'avversario, ma a causa dello sforzo ha un tracollo fisiologico che lo fa incontro alla morte subitanea. Vale, il cui corpo ha cessato di vivere, è tuttavia vivo nel suo Spirito, nella sua più pura essenza immateriale, che riesce ad utilizzare la fortunata circostanza per prendere possesso del cadavere di Revok - evidentemente privo di danni tali da renderlo inidoneo al sostentamento della vita. In pratica Vale continua a vivere indossando la veste di carne e di ossa lasciata dal telepate defunto. Questo implica il presupposto filosofico del più puro platonismo, in netto contrasto col materialismo che Cronenberg ha sempre affermato di professare. Le domande sono molte. Se Vale vive in Spirito, entrando nel corpo inanimato che ha davanti a sé, cosa ne è dell'essenza di Revok, che occupava proprio quel corpo fino a pochi istanti prima? Forse che c'è stata una battaglia tra i due spiriti - due pacchetti di autocoscienza - in cui solo uno ha avuto la meglio? Ritengo che sia alquanto probabile. Una cosa di una logica semplice quanto gravida di conseguenze filosofiche. Infatti alla fine, si osserva il movimento delle labbra del corpo di Revok animato dall'essenza di Vale, che articolano le seguenti parole: "Sono io, Kim, Cameron. Abbiamo vinto. Abbiamo vinto..." (nell'originale "We've won"). Le brevi frasi sono pronunciate con la voce di Vale, come se la stessa intonazione non fosse in sé un fatto puramente fisico. Adesso mi piacerebbe sapere una cosa. Perché Cronenberg nel 1993 si è rifiutato di prendere in considerazione il finale di Videodrome in cui il protagonista si ritrova in una trasmissione televisiva dopo essersi sparato nel cranio? In quell'occasione il regista canadese aveva dichiarato di non voler dare l'impressione di credere in una sopravvivenza ultraterrena dell'autocoscienza umana. Come mai invece nel 1981, non si era posto il problema? Tra l'altro, la sua obiezione si dimostra incoerente. Non è necessario immaginare una sopravvivenza dello Spirito alla morte in Videodrome: il protagonista si spara, ma la sua morte può ben essere un'illusione, un dettaglio della sua vicenda allucinatoria. Invece in Scanners questo non è plausibile. Qui si mostra nel modo più chiaro che lo Spirito di Vale esce dal corpo in fiamme, combatte contro lo Spirito di Revoke, lo scaccia e quindi entra nel corpo che aveva indossato. In pratica Vale sfugge al pungiglione di Thanatos. Azrael non ha potuto prendere la sua preda, perché questa si è infilata in un corpo che ha potuto sostenerla, che è diventato il suo nuovo tempio. In eXistenZ vediamo che si è avuta un'evoluzione ulteriore: questa volta la morte stessa diventa un concetto illusorio.
Ricapitolando: 
1981: Cronenberg afferma la trasmigrazione delle anime
1993: Cronenberg afferma la mortalità delle anime.
1999: Cronenberg rimuove la Morte e afferma l'eternità dei corpi.

Trovo tutto questo decisamente bizzarro. Mi piacerebbe sapere qualche dettaglio in più sui sommovimenti magmatici che dovevano regnare nel calderone cerebrale dell'uomo di Toronto. A volte l'apparente irrazionalità di una visione dell'universo è dovuta soltanto all'insufficienza delle parole, al voler a tutti costi proiettare negli asfittici confini di uno spazio tridimensionale qualcosa che ha un numero di dimensioni più elevato. 

Il Potere della Telepatia 

Esiste la telepatia? Senza dubbio sì, risponderei a pelle. Ne sono convinto, dentro di me ritengo la telepatia reale come l'aria che respiro. Oppure questa certezza viscerale è frutto della mia paranoia? Più di una volta sono stato sicuro del fatto che alcuni individui erano davvero in grado di leggermi il pensiero. In altre occasioni ho sentito pulsare nel mio cranio pensieri altrui. Il problema è che non posso dimostrare la realtà di questi fenomeni, né tantomeno sono stato capace di ripetere gli eventi da me sperimentati. Avrò occasione di parlarne diffusamente in altra sede. Se cerco di analizzare il problema dal punto di vista razionale, debbo dirmi piuttosto scettico sul reale fondamento biologico del fenomeno telepatico. Sono però sicuro di un'altra cosa: esiste una telepatia che non è un potere innato dell'essere umano, qualcosa che può emergere in condizioni estreme o in determinati individui particolarmente dotati, bensì il risultato di una tecnologia specifica. In altre parole, esistono macchine in grado di captare il pensiero, scansionando il cervello proprio come farebbe un telepate cronenberghiano. Mark Zuckerberg ha dato ampia prova di questo fatto, facendo comparire ovunque banner e suggerimenti di pagine pertinenti a cose che si sono soltanto pensate, che non sono mai state tradotte neppure nel più esile dei suoni a fior di labbra. Forse un giorno su tutte queste cose sarà fatta chiarezza e risulterà che esistono spiegazioni molto convincenti, soltanto che non sono ovvie. Se esistessero scanners veri e propri, se ci fossero persone in grado di controllare facoltà telepatiche e telecinetiche, si saprebbe. Il vantaggio che tali poteri sono in grado di dare è talmente immenso da non poter passare sotto silenzio. Chi potesse leggere nella mente, provocare malori, spostare oggetti, influenzare gli altri, userebbe di certo tutto ciò a proprio vantaggio, causando danni inauditi al prossimo e all'intero genere umano. Danni che ormai risulterebbero evidenti a tutti. Le dottrine di Darwin permettono al mondo scientifico di giungere alla conclusione che il vantaggio evolutivo dei poteri degli scanners sarebbe troppo grande: se di simili capacità non si ha notizia, è perché la Natura non è riuscita a produrle.     


Scanners e Cyberpunk 

Nel film è contenuto un elemento che sono incline a giudicare ridicolo, pur con tutto il rispetto che nutro per Cronenberg e per le sue opere: a un certo punto il segnale telepatico lanciato dallo scanner Cameron Vale si propaga attraverso una linea telefonica, corre lungo il cavo e giunge a destinazione provocando spaventose deflagrazioni. Come se fosse un banalissimo segnale elettrico, in grado tra l'altro di essere convertito in corrente alternata e quindi spacchettato al punto di destinazione per esplodere in tutta la sua apocalittica potenza. Eppure qualcuno potrebbe rinfacciarmi che ancora una volta sto banalizzando e giudicando poco rilevante il tema della fusione uomo-macchina. Per quanto inverosimili siano i dettagli tecnici, quello che vediamo è il collegamento di Vale a una rete di computer usando il proprio cervello come interfaccia per immergersi in un larvato cyberspazio. Qualcosa di decisamente cyberpunk, qualche anno prima che il genere Cyberpunk giungesse alla sua piena maturazione. Non possiamo dire, come pure mi è capitato di leggere, che Scanners avrebbe anticipato le tematiche cyberpunk di almeno un decennio. Il tema del collegamento tra i cervelli di proto-hackers e computer talmente ingombranti da occupare interi edifici si sarebbe sviluppato nel corso degli anni '80, per poi essere rapidamente surclassato dalla realtà. La tecnologia ha subìto una tale accelerazione da far apparire coeva ai dinosauri non soltanto tutta l'informatica che vediamo in Scanners, ma anche quella descritta in Neuromancer (1984).

Cronenberg e i medici: un cattivo rapporto

Così scrive Antonello Sarno ne Il cinema dell'orrore (citazione da www.darkitalia.com):

"Cronenberg odia i medici, portatori di disastro piuttosto che di salute, forse perché egli stesso, dopo lunghi studi biologici, conosce bene i pericoli della scienza e li trasforma nel fil rouge dei suoi incubi<.> i pericoli della medicina moderna, che sembra non fermarsi più davanti a niente e a nessuno travolgendo ogni confine (cavie umane, bioetica, religione), diventano vere e proprie ossessioni per il disastro, incombente sul nostro avvenire." 

Non ci sono dubbi, ognuno dovrebbe meditare su questo spinoso tema, che emerge in modo prepotente in diversi capolavori del regista canadese, come Shivers - il demone sotto la pelle (1975), Rabid - sete di sangue (1977) e Brood - la covata malefica (1979). Se le multinazionali onnipotenti preparano una distopia incubica... per capire che le alternative sono persino peggiori mi basta dare un'occhiata alla putrescente galassia della "controcultura" complottista

Curiosità varie 

L'effetto mirabile dell'esplosione cranica dello scanner della ConSec, è stato realizzato in modo alquanto ingegnoso utilizzando una testa posticcia fatta di lattice e riproducente le fattezze del faccione dell'attore, tutta riempita di un intruglio di cibo per cani, fegati di coniglio, avanzi di pasti e grumi di sangue finto. Una volta preparato questo artefatto, gli è stato sparato un colpo da dietro con un fucile da caccia di calibro 12. Resto sempre basito dall'avversione per le frattaglie mostrata dagli anglosassoni nordamericani. Per quanto mi riguarda, sono un avido divoratore di interiora e non sprecherei mai degli ottimi fegati di coniglio, nemmeno per la causa della Fantascienza. 

In una scena si ha la collisione di un'auto in corsa, che penetra in un negozio di dischi devastando ogni cosa. In un cartellone pubblicitario campeggia la sigla della casa discografica RSO, che sta per Robert Stigwood Organization. Orbene, la RSO esisteva davvero e pagò per questa pubbicità occulta (una pratica all'epoca molto comune). Tuttavia quando il film uscì, l'etichetta discografica in questione era già fallita, quindi abbiamo a che fare con un bizzarro fossile.

Altro ghiotto dettaglio macabro. Mentre brucia, nel finale, gli occhi di Revok escono dalle orbite, senza più né iride né pupilla: sono due bocce bianche, lucide e terrificanti. Ebbene, quegli occhi finti che l'attore Michael Ironside indossava erano proprio quelli usati da Dustin Hoffman nel film Il piccolo grande uomo (Little Big Man, 1970), diretto da Arthur Penn.  

Già nell'ormai remoto 1976 era pronto un soggetto cronenberghiano, intitolato Telepathy 2000, che può essere considerato a tutti gli effetti il precursore di Scanners. L'azione era ambientata agli inizi del XXI secolo, all'epoca percepito come un futuro lontanissimo. Il protagonista si chiamava Harley Quinn e stuprava telepaticamente una donna in metropolitana. In pratica era un proto-Revok. La trama era spionistica, tutta imperniata sulla contrapposizione tra una multinazionale senza scrupoli, la Cytodyne Amalgamated, che addestrava scanners maligni e un gruppo di scanners filogovernativi buoni che cercava di resistere.  

Il cognome Revok, ben documentato in Inghilterra e in Scozia nella seconda metà del XIX secolo, negli USA si trova attualmente in due stati: New York e Pennsylvania. Non è facile risalire alla sua vera etimologia, anche se appare subito chiaro che non ha alcuna connessione col verbo inglese to revoke "revocare". L'origine del cognome in questione potrebbe essere gaelica: forse viene da reabhach "ciarlatano", che è anche un epiteto popolare del Diavolo. L'ortografia è decisamente bizzarra. C'è da domandarsi se Cronenberg fosse al corrente di questa possibilità o se si tratti di una mera coincidenza.

La telepate Kim Obrist è stata chiamata così dal nominativo di una assistente del produttore del film, Claude Héroux. Il cognome Obrist ha avuto la sua origine in Svizzera, dove è tuttora portato da circa 2.400 persone. Si trova anche in Italia, in Francia e in Germania. Negli USA ha la sua massima diffusione nello stato dell'Oregon (circa 150 persone). Anche nello stato di New York e in California ci sono alcuni Obrist, una sessantina in tutto. In altri stati l'occorrenza è trascurabile o addirittura nulla. In ultima analisi l'origine del cognome dovrebbe essere dal tedesco Oberst "colonnello".

L'idea di un'organizzazione telepatica ostile sembra essere stata presa dal romanzo di William S. Burroughs Il pasto nudo (1959). In un capitolo di tale è infatti descritta la setta dei Senders (ossia "I Mandanti"), che è il chiaro precedente letterario della rete di telepati creata da Darryl Revok. Cosa abbastanza singolare, dieci anni esatti dopo Scanners lo stesso Cronenberg ha diretto il film Il pasto nudo (1991), tratto dall'omonima opera dello scrittore di St. Louis. 

In una scena del film Kim Obrist viene sondata dal feto telepatico di una donna incinta. Questa idea dello psichismo dei bambini nel grembo materno deve aver traumatizzato l'attrice, Jennifer O'Neill, che in seguito è diventata una convulsionaria, ha scritto un libro di propaganda antiabortista e lavora attualmente come portavoce di un movimento "pro-life". Non mi sono documentato su quale sia questa organizzazione. Mi limito a far notare che in genere si tratta di sètte violente e fanatiche: non sono rari in America casi di talebani "pro-life" che uccidono medici abortisti. 

Il dottor Ruth afferma di aver fondato la Biocarbon Amalgamate nel 1942. Eppure l'attore che lo ha impersonato, l'ottimo Patrick McGoohan, nel 1942 aveva soltanto 14 anni. Un'incoerenza non da poco, mi pare.

Altre recensioni e reazioni nel Web:  

Frugando nel Web ho scovato qualcosa su Filmtv.it. Nulla di eccelso, in ogni caso. Riporto gli interventi come li ho trovati: i refusi di vario genere (es. "deu" per "due") sono degli autori. 

SaintlySinner ha scritto:

Trama intrigante, tematiche fantapolitiche, "Scanners" ha sicuramente un certo fascino. Tuttavia per me non è fra i lavori più riusciti di Cronenberg. Ci sono momenti un pò banali e soprattutto la narrazione risulta troppo spesso lenta e faticosa a scorrere. Michael Ironside è perfetto e inquietante nella parte. Lo scontro finale è davvero uno spettacolo.

Bellahenry ha scritto:

partendo da una buona idea di questi "scanners" capaci di entrare nella testa delle persone per fargli fare tutto ciò che vogliono, il film risulta lo stesso un po noioso!
anche l'ottimo risvolto critico-polito-economico alle multinazionali chimiche e farmaceutiche non rende questo un buon film. la trama a volte è ridicola e il soggetto non rende quanto possa sembrare: dov' c'è emozione se i potagonisti possono liberarsi facilmente di chiunque?
le deu scene degne di nota sono il cervello che esplode e lo scontro finale...tutto il resto sia comestoria che visivamente mi ha lasciato perplesso!
secondo me cronenberg aveva ottime idee in principio ma la sceneggiature non è stata all'altezza...

Michel ha scritto:

LE CAVIE DI PAPÀ
La scienza matrigna ha prodotto altri mostri; chi ci salverà? Forse un novello Abele, sempre che questa volta riesca a sopraffare il fratello cattivo. Alle prese con i consueti corpi mutanti dentro una storia fatta con cascami parapsicologici, questa volta Cronenberg non convince. La messa in scena fredda e claustrofobia non è dozzinale e non manca qualche momento efficace, ma il tentativo di realizzare un incubo cinematografico con tanto di attori che recitano in stato catatonico è vanificato da troppe lungaggini e da qualche scivolone nella comicità involontaria.

mercoledì 17 ottobre 2018

I RACCONTI SATIRICI DI EDGAR ALLAN POE

Se si facesse un'intervista fermando gente per strada e si chiedesse a ciascuno di nominare le opere di Edgar Allan Poe (1809-1849) di cui ricorda almeno il titolo, è assai pobabile che quasi tutti menzionerebbero alcuni famosissimi racconti dell'incubo e del terrore, come ad esempio Una discesa nel Maelström, La maschera della morte rossa, Il pozzo e il pendolo, La sepoltura prematura e Il gatto nero. La cosa non deve stupire: questi scritti hanno accompagnato molti di noi dall'adolescenza e hanno formato il nostro immaginario, trasmettendoci una straordinaria sensibilità all'orrore, insinuando nel più profondo del nostro essere un'inquietudine capace di togliere il sonno. Altri racconti invece sono meno noti, al punto che ben poche persone ne sanno anche soltanto menzionare il titolo. Se mi recassi in un'università e chiedessi agli studenti se conoscono racconti come Una storia delle Ragged Mountains, Mellonta Tauta oppure Rivelazione mesmerica, secondo voi che accadrebbe? A parer mio pochissimi saprebbero di cosa si sta parlando. Magari sanno tutto sui pompini e sulle spagnole, ma se dicessi che i capolavori menzionati sono stati composti da un esule klingoniano, potrebbero anche credermi! Purtroppo miete le sue vittime il pregiudizio comune che classifica Poe come autore esclusivo di horror, senza sapere che compose anche un certo numero di opere di vari generi: alcune potrebbero essere definite proto-fantascientifiche, altre sono invece grottesche e satiriche. Tutte sono pervase da una vena di umorismo geniale. Passiamo qui in rassegna alcune trovate alquanto divertenti contenute nei racconti satirici, che hanno un notevole valore anche se spesso non sono più pienamente godibili per i moderni, essendo il mondo molto cambiato dall'epoca in cui l'autore li ha composti.

Il genio della truffa

Il racconto La truffa considerata come scienza esatta (Diggling) ci mostra un Poe davvero inedito e originale, che descrive alcuni trucchi per ingannare il prossimo e ottenerne gratis piccoli vantaggi. All'epoca era possibile praticare piccoli baratti in molti luoghi pubblici, anche nei bar. Un uomo poteva ad esempio cedere una stecca di tabacco e averne in cambio un bicchiere di liquore. Siccome non esistevano scontrini e imperversava una gran confusione ai banconi dei saloon, era abbastanza facile farsi dare una stecca da un inserviente e rifilarla al mescitore di liquori all'altro capo del banco per averne un cicchetto. Oggi non funzionerebbe più: si acquista alla cassa pagando in moneta sonante e ricevendo lo scontrino, che poi si mostra al banco. Nessuno accetta baratti e sono in vigore regole molto severe sulla merce che può essere venduta: non è che un avventore può portare una bottiglia di whisky al barman e pensare che questi ne serva il contenuto. Anche se le cose sono cambiate, esistono ancora eredi della tradizione truffaldina descritta dall'ingegnoso scrittore di Boston. Ho visto coi miei occhi un muratore bergamasco entrare in mensa con una bottiglietta vuota di plastica verde, di quelle da mezzo litro tipiche dell'acqua minerale. Tra un porcus e l'altro la riempiva alla spina di vino bianco, quindi si riempiva anche un boccale da mezzo litro. Giunto alla cassa, pagava il boccale di vino. Il mezzo litro di vino bianco nella bottiglietta lo pagava come acqua!

Una fucina satirica 

Poe ironizza in modo feroce sul mondo del giornalismo e dell'editoria, in cui giocava un importante ruolo l'arte di scopiazzare da articoli già pubblicati in altre testate. Il racconto Vita letteraria di Thingum Bob (The Literary Life of Thingum Bob, Esq.) narra di una guerra senza esclusione di colpi tra diverse testate giornalistiche. Il testo, fittissimo, pullula di quotidiani dai nomi stravaganti e di suggestivi pseudonimi di personaggi implausibili. Eccone alcuni: 

Crab "Granchio"
Slyass
"Asino Scaltro"

Toad
"Rospo" 

Mole "Talpa"
Mumblethumb "Biascicapollice"
Fatquack "Grassocialtrone"
Daddy-Long-Legs "Papà Gambalunga"
Mademoiselle Cribalittle "Signorina Copiaunpoco"
Mrs. Fibalittle "Signora Menteunpoco"
Mrs. Squibalittle "Signora Beffaunpoco"
Snapping Turtle "Tartaruga che morde" 


Il racconto X-atura di un paragrafo aka Come icsare un paragrabo (sic) (X-ing a Paragrab) è ambientato nell'immaginaria città di Alessandromagnopoli (Alexander-The-Great-o-nopolis)
Indispettito dalle accuse di usare troppo la parola oh, il direttore del Tè bollente compone un testo in cui tutte le parole hanno soltanto la vocale o. Il garzone della tipografia sostituisce tutte le lettere o, che sono state trafugate dalla cassetta dei caratteri, con altrettante x, quindi il bizzarro testo viene pubblicato. La popolazione inferocita crede di avere a che fare con demoniache formule di magia nera, così insorge e cerca il direttore per linciarlo - constatandone la fuga.

Le prodezze linguistiche della Succhiatrice Snob

Riporto il link a un'interessante pagina in cui si parla diffusamente delle rime comiche utilizzate da Edgar Allan Poe:


I racconti Come scrivere un articolo alla Blackwood (How to Write a Blackwood Article) e Una situazione imbarazzante (A Predicament) sono una vera miniera da cui emergono pure gemme di genio. L'ineffabile Suky Snobbs, la Succhiatrice Snob, non è capace di ricordarsi le citazioni apprese dal Signor Blackwood e le deforma in un modo esilarante. Già abbiamo trattato il caso della frase di Demostene 'Ανὴρ ὁ φεὺγων καὶ πὰλιν μαχήσεται, per via delle implicazioni della sua imitazione sulla pronuncia della lingua greca in auge in America. La giornalista rigurgita quanto ha mal digerito, creano il personaggio enigmatico di Andrew O'Phlegethon, che in italiano suonerebbe Andrea de' Flegetontis:  

«Io gli lanciai dietro le veementi parole di Demostene: Andrew O'Phlegethon, you really make haste to fly,
e mi rivolsi dalla parte della mia prediletta, la mia irsuta e monocola Diana.»


Qualcuno dirà che la lingua greca antica è alquanto difficile e che non si può pretendere una sua pronta assimilazione. Il punto è che la fervida mente della Snobbs distorce qualsiasi lingua.  

Ecco una canción riportata Miguel de Cervantes Saavedra (1547-1616) nel Don Chisciotte (II, XXXVIII): 

Ven muerte tan escondida,
  Que no te sienta venir; 
  Porque el plazer del morir
No me torne à dar la vida.

Ecco come riduce questi sublimi versi la nostra cara Snobby Sucker:

Vanny Buren tan escondida
Query no te senty venny
Pork and pleasure delly morry
Nommy torny, darry widdy! 

A quanto pare i critici non hanno dato la dovuta importanza a quel pork and pleasure "carne di porco e piacere". Secondo alcuni, i demenziali versi della Snobbs scimmiotterebbero quelli della poesia To Sir John Lade, On His Coming of Age, di Samuel Johnson (1709-1784): Pride and pleasure, pomp and plenty "orgoglio e piacere, sfarzo e abbondanza". Nel sito Eapoe.org si cita il componimento con il titolo erroneo A Lady Coming of Age. A questo punto si potrebbe trovare un riferimento criptico alla giornalista fellatrice, interpretando in modo furbesco il vocabolo pomp "sfarzo, magnificenza" come derivato dall'italiano pompa, pompino "fellatio". La sezione etimologica di Google riporta che pompino è attestato per la prima volta nel 1917, ma è ben possibile che la voce fosse molto più antica nel gergo postribolare. Callari glossa pumpinara come "prostituta che pratica il coito orale" nel suo lavoro Prostituzione e prostitute in Sicilia (1903). Non ho la prova diretta che il vocabolo fosse già usato un secolo prima e che fosse conosciuto negli ambienti frequentati da Poe. Non posso citare documenti in sostegno della mia ipotesi: per ora la si prenda come una mera congettura. Se fosse valida, si avrebbe un'ottima spiegazione di come dal verso del Dr. Johnson e dal pompino sia stato fabbricato Pork and pleasure. Questo sarebbe dunque il processo: 

Pride and pleasure + pompa, pompino =>
Pork and pleasure

Questo in un tempo in cui la fellatio era illegale in tutti gli Stati americani e considerata "innaturale" persino se praticata all'interno del matrimonio.

Blackwood attribuisce ad Ariosto i seguenti versi:

Il pover'huomo che non se'n era accorto,
Andava combattendo, e era morto.

In realtà sono tratti, alterati, dall'Orlando Innamorato di Francesco Berni (1497-1535). Questi sono i versi corretti (LIII, 60): 

Così colui, del colpo non accorto,
Andava combattendo, ed era morto.

Suky Snobbs compie una metamorfosi: 

Il pover hommy the non sera corty
And have a combat tenty erry morty.

Anche l'alterazione del tedesco è esilarante:

«Duk she! Duk she! Essa apre bocca, parla, e parla, cielo! nel tedesco di Schiller:
Unt stubby duk, so stubby dun
Duk she! Duk she!» 


Questo è l'originale, attribuito da Blackwood a Friedrich Schiller (1759-1805):

Und sterb'ich doch, so sterb'ich denn
Durch sie - durch sie!


In realtà le parole sono di Johann Wolfgang von Goethe (1749-1832), e per giunta riportate male. Questi sono i versi della poesia Das Veilchen (La Violetta): 

Es sank und starb, und freut' sich noch:
und sterb' ich denn, so sterb' ich doch
durch sie, durch sie,
zu ihren Füßen doch! 

"Lui cadde e morì, ma si rallegrò:
e se io muoio, tuttavia muoio,
per lei, per lei,
ai suoi piedi, almeno!"

Si noti che in varie edizioni delle opere di Poe si riscontrano distorsioni nei versi già alterati: dock per doch e no per so. Per lenire la misoginia evitando di offendere troppo le carampane e le Erinni, Poe ha usato l'ortografia duk she anziché il più immediato e logico duck she, o sarebbe subito apparsa come un'allusione alle tante anatre starnazzanti che affollavano i salotti! L'ortografia eufemistica è la stessa incontrata in Suky Snobbs, che doveva mascherare un meno anodino Sucky Snobs, ossia Snobby Sucker, il cui nome formato da to suck "succhiare" non poteva essere evocato in modo esplicito.

Pompeo! 

Secondo una certa letteratura non proprio favorevole alla cultura degli Stati del Sud, Pompeo (Pompey) incarna lo stereotipo dello schiavo nero dotato di immenso Priapo e utilizzato come sollazzo dalle signore dell'aristocrazia. Queste dame, annoiate dai mariti e schifate dal loro "cockcheese" troppo rancido, non avrebbero esitato a manipolare i membri giganteschi dei mandingo di loro proprietà. Chiaro è a mio avviso il riferimento che sta dietro al nome usato da Poe per descrivere il servo della Signora Psyche Zenobia. Anche se non ne viene fatta parola, non è poi così difficile immaginare che la giornalista si servisse del colossale Pompeo come di uno strumento di piacere: gli praticava il sesso orale. Così si rivolge a lui la fellatrice: "Pompey, my negro! - sweet Pompey!" È ben possibile che Poe conoscesse ben più di qualche rudimento di italiano: così come Suky Snobbs = Sucky Snobs = Snobby Sucker, allo stesso modo vediamo l'associazione Pompeo = Pompini. Si noti come il termine colloquiale per indicare la fellatio, di origine siciliana (vedi Callari, 1903), è incline a cambiamenti e traslati: pompino => pompelmo => chinotto (nome di agrume e di bevanda; per questa voce esistono anche altre proposte etimologiche). Potremmo essere di fronte alle prime attestazioni, seppur indirette, di queste forme gergali. Notevole il fatto che il termine snob nel senso di "person who vulgarly apes his social superiors" è documentato per la prima volta nel 1843, e il racconto è stato pubblicato per la prima volta soltanto un anno prima, nel 1842. Poe è perfettamente consapevole del significato attribuito alla parola, che appare già diffuso. Come spiega la stessa Signora Psyche Zenobia: "In quanto a Snobbs - basta guardarmi per rendersi subito conto che non mi chiamo Snobbs. La signorina Tabitha Turnip ha sparso la voce per pura e semplice invidia." Non sono un sostenitore della fallacia logica post hoc ergo propter hoc, ed è ben probabile che la coincidenza nelle attestazioni del vocabolo snob sia casuale. Tuttavia potrebbe anche non esserlo e si pone la possibilità che il primo ad usare snob in questa accezione sia stato proprio Edgar Allan Poe. Questo è il link alla voce snob del dizionario etimologico Etymonline.com:


Si noterà che uno pseudonimo Snob si trova anche nel racconto Vita letteraria di Thingum Bob, in cui il significato attuale della parola sembra già essere dato per scontato e conosciuto su larga scala:

«L'attuale composizione poetica su "La Lozione di Bob" ha suscitato l'interesse e la curiosità generale circa l'identità di colui che si cela dietro l'ovvio pseudonimo di "Snob" - curiosità che, fortunatamente, siamo in grado di soddisfare. Snob è il nom de plume del signor Thingum Bob, nostro concittadino - congiunto del grande signor Bob (da cui prende il nome) e imparentato con le più illustri famiglie dello Stato. Suo padre, Thomas Bob, Esq., è un prospero mercante di Smug.»  

E ancora: 

«Al numero che abbiamo sotto gli occhi hanno collaborato il signor CRAB (l'esimio direttore), SNOB, Mumblethumb, Fatquack, e altri; ma, dopo le inimitabili composizioni dello stesso direttore, quella che maggiormente ci piace è lo sfavillante parto letterario di un poeta nascente, il quale scrive con la firma "Snob", un nom de guerre che ci spinge a predire che egli offuscherà, in futuro, il fulgore di "Boz".»

Questo smentisce la tesi degli autori di Etymonline.com, che fanno risalire la vasta diffusione del vocabolo al 1848, anno in cui fu pubblicato il Book of Snobs di William Makepeace Thackeray (1811-1863). 

Un babbuino alcolizzato

All'epoca di Poe l'oppio si vendeva nelle farmacie ed era consentito a chiunque di abusarne, anche ai bambini e alle vergini. Se era ritenuto sconveniente per una vergine intossicarsi usando bevande alcoliche, le era permesso abusare del laudano, che teneva a freno la sua isteria. Il Signor Blackwood cerca di fare impressione sulla Snobby Suker, sperando di ricavarne qualche leccata intima. Così le spiega: 

«Poi abbiamo avuto le "confessioni di un mangiatore d'oppio" - bello, bellissimo! - magnifica immaginazione - profonda filosofia - acuta speculazione - pieno d'ira e di furia, riccamente condito con quanto c'è di decisamente incomprensibile. Un bel cumulo di fandonie che la gente ha mandato giù con entusiasmo. C'è chi sosteneva che fosse opera di Coleridge - ma non era così. Fu scritto dal mio babbuino addomesticato, Juniper, davanti a un bicchierone di gin tonic, "caldo, senza zucchero".» 

La Succhiatrice Snob sembra non bersela, e di certo il suo interlocutore non ottiene da lei ciò che desidera. Questo è l'inciso della maliarda a commento della grottesca sparata del babbuino scrittore: "[Questo non lo avrei mai creduto se a dirmelo non fosse stato il signor Blackwood, che me lo garantì.]"

Vediamo subito quanto fosse arguto Poe. Troviamo a colpo d'occhio un riferimento al Macbeth: "pieno d'ira e di furia" riecheggia la famosissima definizione della vita come una favola raccontata da un idiota, piena di suono e di furia (full of sound and fury), che non significa nulla. Gli interessi filologici dell'autore emergono nel nome del babbuino addomesticato Juniper, che è da iuniperus, la parola latina per indicare il ginepro - ritroviamo ancora la stessa radice nel gin tonic di cui l'estrosa scimmia volentieri abusa. Infine, il beverone del primate ingegnoso è descritto come l'oppio ingerito da Thomas Penson De Quincey (1785-1859) nella sua autobiografia Confessions of an English Opium-Eater (1821): "caldo e senza zucchero". Gli scritti del De Quincey - che può essere definito un precursore di William Seward Burroughs e l'antesignano della letteratura tossica - avevano senza dubbio destato un certo scalpore in America. Poe era un sensibile termometro sociale e un membro attivissimo della cultura della sua epoca: raccoglieva ogni suggestione e la usava per creare autentici gioielli letterari, splendidi ma poco adatti a chi non ama la fatica del pensiero. Il quoziente intellettivo medio e il grado di attenzione a quei tempi e in quel contesto dovevano essere nettamente superiori rispetto alla media dei nostri giorni. 

mercoledì 18 ottobre 2017


IL PASTO NUDO

Titolo originale: Naked Lunch
Paese di produzione: Canada, Regno Unito, Giappone
Anno: 1991
Durata:
115 min
Genere: Drammatico, fantastico, fantascienza
Regia: David Cronenberg
Soggetto:
William S. Burroughs
Sceneggiatura: David Cronenberg
Produttore: Jeremy Thomas
Casa di produzione: Film Trustees Ltd.
Distribuzione (Italia): DARC - Erre Produzioni (1993)
  Vivivideo, Panarecord (VHS)
  Eagle Pictures (DVD)
Fotografia: Peter Suschitzky
Montaggio: Ronald Sanders
Effetti speciali:
David Wiezer
Musiche: Howard Shore, Ornette Coleman
Scenografia: James McAteer, Elinor Rose Galbraith
Interpreti e personaggi    
    Peter Weller: Bill Lee
    Judy Davis: Joan Lee/Joan Frost
    Ian Holm: Tom Frost
    Julian Sands: Yves Cloquet
    Roy Scheider: dottor Benway
    Joseph Scoren: Kiki
    Monique Mercure: Fadela
    Nicholas Campbell: Hank
    Michael Zelniker: Martin
Doppiatori italiani    
    Luigi La Monica: Bill Lee
    Bruno Alessandro: Tom Frost
    Fabrizio Pucci: Yves Cloquet
    Michele Kalamera: dottor Benway
    Edoardo Nordio: Kiki
    Angelo Maggi: Hank
    Roberto Del Giudice: Martin
    Rodolfo Bianchi: voce delle creature


Trama: 

William Lee per vivere fa lo sterminatore di scarafaggi e sogna di diventare scrittore. Presto scopre che la moglie si droga iniettandosi la polvere gialla di piretro da lui usata nel suo lavoro. Portato alla polizia con l'accusa di possesso di stupefacenti, in preda ad allucinazioni vede un bacherozzo gigantesco che gli ordina di uccidere la moglie, a sua detta una spia della Interzone Incorporated. In preda alla furia, Lee ammazza l'insetto. Riuscito a sottrarsi ai poliziotti e tornato a casa, vi trova la moglie intenta a copulare col suo amico Hank. Mentre la donna a gambe aperte viene stantuffata meccanicamente dall'amante annoiato e incapace di giungere al culmine, il giovane Martin recita poesie senza né capo né coda. A questo punto Lee dice alla moglie che è giunto il momento di giocare a Guglielmo Tell: le mette un bicchiere sulla testa, quindi estrae la pistola e le pianta una pallottola in fronte. A causa di questo spiacevole incidente, William Lee deve lasciare l'America. Finisce così in un bar in cui incontra un mugwump, ossia un grosso alieno grigiastro e verrucoso che sembra il prodotto di un incubo. Il mugwump fornisce al fuggiasco un biglietto per l'Interzona e gli raccomanda di acquistare in loco una macchina da scrivere "Clark Nova" per comporre i suoi rapporti. È l'inizio di un incubo lisergico. L'aspirante scrittore, giunto nell'Interzona - che in buona sostanza è il Marocco - perde definitivamente il contatto con la realtà quando si imbatte in Joan Frost, una donna che somiglia talmente alla sua defunta consorte da poter essere un clone. Tutto procede in modo precipitoso fino al paradossale epilogo... 

Recensione:

Questo disturbante film di Cronenberg è stato soltanto in piccola parte tratto dall'omonimo romanzo dello scrittore William Seward Burroughs (Saint Louis, 1914 - Lawrence, 1997), esponente della Beat Generation e tossicomane estremo, che nella vita ha sperimentato ogni genere di droga in quantità tanto massicce da poter sterminare un esercito, vivendo abbastanza a lungo per descrivere le sue esperienze. Si è iniettato di tutto. Ha fumato di tutto. Ha inalato di tutto. Ha inghiottito di tutto. Si è infilato di tutto tramite supposte. Dato che la trama del romanzo è a dir poco confusa, il regista ha deciso di svilupparla includendovi numerosi episodi della vita reale dello scrittore di Saint Louis. Così le deliranti sequenze in cui si vede William Lee giocare a Guglielmo Tell con la moglie, fulminandola con una pallottola in fronte, si basano su fatti realmente accaduti. Burroughs dovette davvero fuggire a causa dell'uxoricidio preterintenzionale, rifugiandosi a Tangeri dopo lunghe peregrinazioni. Proprio l'ambiente della Casba marocchina, in cui un pappone procurava prostituti ai visitatori occidentali e la droga circolava liberamente, ha fornito l'ispirazione della famosa Interzona. I nomi non sono certo casuali. Studiando un po' la biografia di Burroughs, si comprendono le origini del nominativo del suo alter ego William Lee, che trae il suo cognome da quello della madre, Laura Lee. Egli lavorò davvero come disinfestatore, ovvero come sterminatore di scarafaggi, lavoro che lo tenne impegnato per sei mesi. Ci vorrebbero anni per sviscerare ogni dettaglio della vita di un personaggio così complesso. Un'altra vicenda realmente accaduta è mostrata nella seconda parte del film, quando due suoi amici, Martin e Hank, lo raggiungono nell'Interzona, trovandolo in preda al delirio tossico. Senza perdersi d'animo lo riconducono nella sua stanza e lo aiutano a sistemare i suoi scritti sparsi in centinaia di fogli, incitandolo a farne un volume e a pubblicarlo. Ecco, in realtà Martin e Hank rappresentano Allen Ginsberg e Jack Kerouac. Proprio da questi appunti sparsi è nato il romanzo Naked Lunch (noto anche come The Naked Lunch). In realtà sembra che il titolo dell'opera avrebbe dovuto essere Naked Lust, ossia "Lussuria Nuda", soltanto che Ginsberg lesse male la scrittura di Burroughs e se ne uscì a pronunciare "lust" come "lunch". L'idea piacque e della scelta nata dal caso fu data dallo stesso Kerouac la seguente spiegazione: "Il titolo significa esattamente ciò che le parole esprimono: Pasto NUDO – l’istante, raggelato, in cui si vede quello che c’è sulla punta della forchetta."  

Cose poco note sul Guglielmo Tell

Burroughs sparò nel cranio della moglie a Città del Messico e sull'accaduto non è mai stata fatta piena luce. Molti si sono chiesti perché lo scrittore non sia stato condannato per omicidio volontario. La storia, come al solito molto intricata, iniziò qualche tempo prima. Lo scrittore si amputò una falange in un non meglio precisato "rituale iniziatico indiano", partorito con ogni probabilità dalla sua fantasia malata. Si recò dallo strizzacervelli con la falange vantandosi dell'accaduto e come conseguenza fu subito internato. Uscito dal manicomio, si sposò con Joan Vollmer, un'amica appassionata consumatrice di stupefacenti, proprio come lui. Va detta una cosa: Burroughs era omosessuale. All'epoca era convinzione diffusa che l'omosessualità fosse curabile tramite il matrimonio, e forse fu questa la ragione della scelta. Mentre lo scrittore e la moglie abitavano in Texas, generarono un figlio, quindi si spostarono in Louisiana. Siccome era nell'aria un possibile arresto, i due espatriarono in Messico, pensando di rimanervi almeno cinque anni: giusto il tempo necessario per far cadere in prescrizione le imputazioni. Occorre considerare che in America la prescrizione giunge in fretta, ma decade all'istante e per sempre se un imputato viene arrestato anche solo un giorno prima della scadenza. A Città del Messico la coppia giunse presto ai ferri corti. Lo scrittore, trovandosi senza eroina, cominciò ad abusare delle droghe disponibili, principalmente benzedrina, cosa che gli destò un'insopprimibile avidità di rapporti sodomitici con altri uomini. Questo ingelosì la moglie, che si sentì abbandonata e si diede all'alcol. In preda all'ubriachezza, strombazzava a destra e a manca i vizietti del marito. Essere un maricón in Messico a quei tempi era molto più di un gravoso fardello: comportava il rischio di attacchi violenti e persino di linciaggio. Fu così che Burroughs trovò la moglie in un noto bar frequentato da americani, estrasse una pistola e in stato di alterazione le disse: "It's time for our William Tell act." La moglie, essa stessa ubriaca, costrinse il marito a metterle sul capo un bicchiere e a centrarlo. Il colpo partì, ma non colpì il bicchiere. Il Messico era un paese arretrato che tollerava in sostanza l'uxoricidio. Dopo 13 giorni di  carcere, gli ufficiali che si dovevano occupare del caso furono corrotti dal fratello di Burroughs, che riuscì a far liberare il prigioniero. Alla fine il tribunale lo condannò in contumacia a due anni di prigione, una pena irrisoria per un omicidio che in ogni caso fu ritenuto preterintenzionale. L'accaduto lasciò profonde cicatrici nell'autore di Naked Lunch, e nel film la scena del Guglielmo Tell è addirittura mostrata due volte.    

 

Entomologia burroughsiana

Il perno attorno a cui ruota l'intero film è costituito da una bizzarra forma di vita aliena che prende corpo nella fantasia allucinatoria dello sterminatore di scarafaggi fino a diventare densa e concreta come solo la realtà di veglia sa essere. Si tratta di un grosso coleottero senziente dalle elitre coriacee e dal ventre molle, rosato, con in mezzo un ano carnoso e flatulento che usa per proferire verbo. Questo insetto, che compare per la prima volta mentre Lee si trova al commissariato, in seguito prende forma dalla sua macchina da scrivere, fondendosi con le sue parti meccaniche, tanto da presentare sul suo capo una tastiera distorta, accartocciata tra i minuscoli occhi e le poderose mascelle. Anche senza considerare la capacità di parlare, l'ano dorsale è un dettaglio unico, che rende la creatura uno pseudo-coleottero, in realtà tassonomicamente molto distante dai veri insetti.

 

Il Mugwump

Nella lingua algonchina dei Massachusett, detti anche Natick o Wampanoag, la parola mugumquomp (anche mugquomp, mugguomp) indica il signore della guerra. Da questa parola indiana deriva il vocabolo inglese americano mugwump, che in origine aveva un forte connotato politico: era il soprannome dato a quei repubblicani che andando contro il loro partito sostennero il candidato democratico nelle presidenziali del 1884. Nel film descrive invece un alieno molto bizzarro, con la pelle coriacea e ricoperta da strane escrescenze, il muso vagamente simile a quello di un pappagallo. Sulla testa ha turgide appendici eccitabili e simili a peni, da cui scaturiscono fiotti di un liquido inebriante che è chiaro simbolo dello sperma. Quando William Lee conosce per la prima volta un mugwump in un bar, gli viene presentato come un amico "specializzato in ambivalenze sessuali". L'alieno dal muso di pappagallo sta lì seduto al bancone, sorseggiando con la sua lingua nera e carnosa un succo di frutta (forse di banana, ma potrebbe benissimo essere uno zabaione). Verso la fine del film, si vede uno spaventoso allevamento in cui i Mugwump vengono tenuti in catene e appesi, mentre numerose persone di ambo i sessi fellano avidamente le appendici peniene situate sul cranio corrugato per ottenerne il succo intossicante. Inutile dire che questa operazione di mungitura ricorda in modo sorprendente la fellatio.


Un simbionte degno di Ridley Scott

Il film di Cronenberg è stato realizzato anni dopo Alien di Ridley Scott (1979) e dopo Aliens - Scontro finale di James Cameron (1986), così possiamo pensare che il simbionte che sbuca da una macchina da scrivere sia stato concepito proprio grazie all'influenza della creatura parassitogena a noi tutti ben nota. In pratica è proprio un simbionte di xenomorfo con un paio di chiappe di donna proprio sotto il carapace dorsale e le esili zampe, con la coda che si prolunga dal coccige. A parte l'aspetto poco rassicurante, questa creatura sembra del tutto innocua, al più affetta da qualche stravagante morbosità sessuale: la domina Fadela la caccia via a frustate quando la scopre nell'atto di strusciarsi sui genitali di Joan Frost. A mio avviso le potenzialità di queste creazioni xenobiologiche erano immense, peccato che siano state disperse in una narrazione con poco costrutto. 

Il meme della droga telepatica  

Burroughs era convinto che la telepatia si sarebbe sviluppata tra gli oppressi, diventando l'arma con cui difendersi dal potere dello Stato e dalla sua capillare ingerenza. Spinto da questa certezza incrollabile, egli pensava di poter ottenere tali facoltà di comunicazione telepatica attraverso l'ingestione di un'erba amazzonica chiamata yagé. La sua previsione non si è affatto realizzata. Anzi, vediamo che la telepatia esiste, ma non è affatto il prodotto di una droga: è invece il prodotto della tecnologia ed è in mano ai potenti. Zuckerberg controlla telepaticamente la popolazione servendosi di captatori che scandagliano in tempo reale centinaia di milioni di cervelli che nulla possono contro la sua tirannia. Si può affermare senza timore di essere smentiti che la telepatia che siamo costretti a subire sia l'esatto contrario della fantomatica telepatia liberatoria di cui parlava l'autore di Naked Lunch. Ancora una volta vediamo come un genio del XX secolo si sia dimostrato incapace di profetizzare lo spaventoso mondo della nostra epoca. Per quanto riguarda la pretesa erba telepatica detta yagé, altro non è che l'ayahuasca, da cui si produce un intruglio potentemente emetico che non è certo in grado di permettere a chi lo ingurgita di leggere la mente altrui. A propalare il meme dei poteri dell'ayahuasca a quanto pare è stato un viaggiatore, Rafael Zerda Bayón, nel 1905. Quasi due decenni dopo, nel 1923, il chimico colombiano Guillermo Fischer Cárdenas avrebbe addirittura isolato una sostanza nell'ayahuasca, subito battezzata col nome di "telepatina". Queste informazioni, tratte dal Web dove compaiono ripetute ad nauseam, potrebbero essere a loro volta pacchetti memetici senza fondamento. Fatto sta che il meme della droga telepatica negli anni '30 e '40 si è indebolito ed è caduto in quiescenza, come spesso accade, per poi essere riesumato proprio da Burroughs. 

Altre recensioni e link interessanti:

Segnalo due sintetiche recensioni, una su Mymovies.it e l'altra su Comingsoon.it:



(Trovare un banner pubblicitario dei salumi Rovagnati nel bel mezzo di una pagina su Naked Lunch non ha prezzo. 😀)

Riporto infine qualche pagina che può essere utile per approfondimenti: 





domenica 10 maggio 2015


LA MOSTRA DELLE ATROCITÀ
di James G. Ballard
Recensione di 7di9

Pubblicato in Italia nel 1992, e quindi con notevole ritardo rispetto all'anno di uscita dell'edizione originale risalente al 1969, La mostra delle atrocità è una conferma dell'intento profondamente analitico di cui è portavoce James G. Ballard, autore forse tra i più rappresentativi di quel filone letterario fantascientifico che predilige l’analisi sociologica dell’interazione tra l’uomo e l’ambiente che lo circonda alla mera creazione di mondi alternativi rispetto alla normalità, alieni.
Il romanzo è diviso in quindici capitoli, ciascuno composto da varie sezioni, più un’appendice, costituita da cinque racconti, e aggiunta dall’autore successivamente alla pubblicazione della prima edizione. Ogni capitolo può essere letto come un racconto a sé stante, essendo l'intero romanzo un puzzle di frammenti tra loro incastrati e legati, nonostante la specifica e relativa autonomia che distingue i singoli passi. Come frattali, i passi sviluppano tematiche che possono essere rintracciate con continuità in tutto il romanzo. La mostra delle atrocità è principalmente – ma non esclusivamente – la storia di un uomo, il cui nome varia in ogni capitolo, anche se mantiene la T iniziale (Travis, Talbot… Molteplicità che rappresenta le diverse fasi del suo io) e del suo rapporto con la realtà,vista in particolare in quei elementi che in un qualche modo sono connessi alla sessualità e al modo in cui essa viene alterata dagli eventi, biologici e non – in particolare massmediatici – che la investono.
Ma La mostra delle atrocità non è una semplice opera di fantasia. E’ anche, e potremmo dire soprattutto, un romanzo tendenzialmente autobiografico. Come simbionti, i ricordi e l'esperienza biografica di Ballard si mescolano al plot, alternandosi in maniera omogenea al flusso narrativo,creando un'interessante ed equilibrato – e volutamente fuorviante – effetto di estraneità. L'autore sembra quasi voler ricoprire due ruoli: interprete del proprio processo creativo – e quindi non solo scrittore, ma anche esegeta del proprio testo – e allo stesso tempo reale protagonista della storia, “anima” nascosta dietro le maschere indossate dai vari personaggi che la popolano. Ne emerge una lettura estremamente complessa, stratificata. Di fatto fortemente coinvolgente, poiché soddisfa, per mezzo del suo carico di note esplicative e spiegazioni – scientificamente fondate o del tutto inventate – la profonda curiosità, spesso latente, di chi legge.
Ballard sembra quasi voler divenire egli stesso cavia della sua tesi sociologica. Voler dimostrare come la psiche del cittadino moderno – e in particolare la sfera riguardante le sue pulsioni sessuali 1 – sia ormai divenuta un'estensione della società circostante, dei media, della tecnologia, del parco giochi costituito da quella che è l’attuale (del suo tempo come del nostro) società postindustriale. Per supportare questa prospettiva, Ballard viviseziona la propria personalità attraverso un’attenta e minuziosa autopsia dei personaggi del romanzo, elencando, come in una dettagliatissima cartella clinica, l'insieme dei processi psicologici e associativi che lo hanno portato alla stesura delle varie parti della storia, spesso anche facendo ricorso a veri e propri interventi di autoanalisi, ora puramente letteraria, ora invece psichiatrica. L'autore si fa rappresentante di quella stessa realtà sociale che ha deciso di analizzare, come in un processo di identificazione tra paziente e medico.
In generale, il romanzo può essere analizzato attraverso l'enucleazione di tre elementi fondamentali: la memoria dell'autore (nella quale è bene far confluire anche il carico delle variabili esterne: le vite private dei personaggi dello spettacolo che ne hanno influenzato l’immaginario sessuale e non, i fenomeni mediatici ecc.), il processo creativo (apparentemente unico spazio veramente libero concesso a chi scrive: a chi vive?) e il romanzo stesso, l'ibrido finale scaturente dalla fusione dei primi due elementi, “mostra delle atrocità” della quale si è in fin dei conti semplici spettatori e protagonisti solo parziali.
Da un punto di vista della storia della letteratura, appare evidente come l'intero percorso di costruzione del romanzo di Ballard costituisca una cesura rispetto ai canoni del romanzo dei primi anni del novecento, il cosiddetto romanzo moderno, la cui linearità e chiarezza diegetica lo differenziano radicalmente dall'estetica postmoderna abilmente sublimata ne La mostra delle atrocità. Non più la semplice narrazione, l'invenzione fine a se stessa, ma anche, e soprattutto,l'indagine attenta, vera – o almeno verosimile – dei processi che conducono alla creazione, alla selezione delle componenti “altre” rispetto al processo meramente letterario – stimoli biografici, curiosità, eventi storici, sapere tecnico e così via – che per mezzo della penna dello scrittore confluiscono in maniera voluta e tangibile nella sua psiche. Se in sintesi è questo il nucleo della poetica postmoderna, allora La mostra delle atrocità ne è un illustre ed esemplare rappresentante. A tal proposito però, è necessario un distinguo nell'analisi del confronto tra l'opera di Ballard e l'antro letterario dal quale questa è emersa. Se infatti il citazionismo (sia letterario che di altra natura) si pone come ingranaggio centrale delle letteratura definita dal postmodernismo, nel romanzo di Ballard esso supera il suo significato stretto, divenendo dichiarazione espressa, dunque esso stesso romanzo, oltre che strumento di sovrapposizione tra la vita dell'autore e il plot, tra le impressioni –spesso contingenti e slacciate da quello che potrebbe costituire un unicum letterario – e le necessità strutturali della narrazione. 2
Lo stile di Ballard è impeccabile. La prosa risulta fluida, di altissimo livello, elegante, sia da un punto di vista strettamente sintattico che di gestione del periodo. L'autore, inoltre, attingendo dalla sua esperienza di studente di medicina, ricorre spesso all'uso di termini appartenenti a questo specifico campo del sapere. Nel pieno rispetto della tesi sopra sostenuta, avviene che la scrittura risulta irrimediabilmente contaminata dalla cultura personale dello scrittore, dalla sua stessa vita,che è messa a nudo nella sua totalità. La scelta stilistica descritta appare pienamente condivisibile, anche alla luce dell'intento decostruttivo del romanzo stesso: le architetture, i corpi, sono sezionati nelle loro componenti di base, quasi fossero oggetti da laboratorio, vittime di un intervento di chirurgia sintattica, oltre che riflessiva. Ballard pone sotto il suo sguardo attento – ma sempre soggettivo – la complessità del mondo che lo circonda, nel quale vive, decostruendola attraverso un sistema che potrebbe risultare paradossale: il caos letterario, che nella sua pur (illusoria) non-linearità, costituisce concretamente un museo di quella che è la realtà attuale, una mostra di efferatezze “alla quale i pazienti” non sono stati invitati e che presenta “un segno inquietante: tutti i temi” insistono “sul tema della catastrofe planetaria”. 3 

1 Scrive William S. Burroughs nella prefazione al romanzo "[...] le radici non sessuali della sessualità".  
2 Esempio pregevole di questo tipo di letteratura è dato certamente da Thomas Pynchon, manipolatore colto del genere del pastiche e della contaminazione, degli stili letterari così come dei vari settori del sapere.
3 Citazioni tratte del primo capitolo del romanzo, intitolato La mostra delle atrocità